Cassazione, Sezioni Unite, ord., 17 gennaio 2019, n. 1251
La ripartizione del potere giurisdizionale tra gli arbitri ed il giudice amministrativo nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva di quest'ultimo non dà luogo ad una questione di competenza, ma ad una questione di giurisdizione, la cui mancata riproposizione ad opera delle parti attraverso l'impugnazione del lodo con cui gli arbitri abbiano dichiarato il proprio difetto di giurisdizione non impedisce al giudice amministrativo, dinanzi al quale la causa sia stata riassunta, di sollevare d'ufficio il conflitto di giurisdizione
Con la pronuncia in esame le Sezioni Unite chiariscono il rapporto tra arbitrato rituale di diritto e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Nel caso in oggetto, la Cassazione ribadisce l'ammissibilità del conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal Tar Lazio, in occasione della declinatoria di giurisdizione pronunciata dal collegio arbitrale in materia di adeguamento dei prezzi ex art. 133, quarto comma, del d.lgs. n. 163 del 2006[1].
Sulla base di tale presupposto, il giudice nomofilattico devolve la controversia al collegio arbitrale, in presenza di rituale clausola compromissoria, in considerazione della natura di diritto soggettivo della res controversa.
La vicenda concreta ha origine dalla proposizione di una domanda di arbitrato, dinnanzi alla Camera arbitrale per i contratti pubblici, relativamente all'incremento sopravvenuto nei costi dei materiali di costruzione e conseguente diritto alla compensazione ex art. 21, comma 4 bis e ss., l. 11 febbraio 1994, n. 109.
A fronte della rilevazione del difetto di giurisdizione da parte del Collegio, la domanda viene proposta innanzi al Tar Lazio il quale, a sua volta, solleva conflitto negativo di giurisdizione, ex art. 11, comma 3, d. lgs. n. 104/ 2010.
Le Sezioni Unite ripercorrono l'excursus storico-normativo, in rapporto alla conseguente evoluzione giurisprudenziale sul punto, rilevando la natura sostanzialmente giurisdizionale dell'arbitrato[2].
In particolare, con l'entrata in vigore dell'art. 6, comma 2, l. n. 205/2000, (trasfuso nell'art. 23 d. lgs. n. 104/2010), "le controversie concernenti diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo" possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.
La Corte non ritiene che possano, al riguardo, valere quei dubbi di costituzionalità, sollevati da parte della dottrina, che afferma, per tale ipotesi, la sussistenza di una violazione della garanzia del giudice naturale.
In particolare, secondo tale posizione, riconoscendo la facoltà di avvalersi dell'arbitrato per la definizione delle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si consentirebbe alle parti di sottrarsi al giudice precostituito per legge.
Venendo poi alla controversia in esame, la Cassazione ribadisce che la posizione giuridica dell'appaltatrice non è qualificabile come interesse legittimo, bensì come diritto soggettivo avente ad oggetto il riconoscimento di un maggiore corrispettivo dovuto, trovando così applicazione l'art. 6, comma 2, della legge n. 205/2000, che consente il deferimento al collegio arbitrale, alla duplice condizione che l'arbitrato abbia carattere rituale e la decisione abbia luogo secondo diritto.
La clausola compromissoria contenuta nell'art. 22 del contratto di appalto stipulato tra le parti rispetta entrambe le condizioni, pertanto, le Sezioni Unite dichiarano la giurisdizione del collegio arbitrale.
Civile Ord. Sez. U Num. 1251 Anno 2019
Presidente: SCHIRO' STEFANO
Relatore: MERCOLINO GUIDO
Data pubblicazione: 17/01/2019
ORDINANZA
sul ricorso per conflitto di giurisdizione, iscritto al n. 25062/2017 R.G., sollevato dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con ordinanza in data 18 ottobre 2017 nel procedimento vertente tra la TUBOSIDER S.P.A., da una parte, e l'ANAS S.P.A., dall'altra, ed iscritto al n. 6577/2012 R.G. di quell'Ufficio.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 novembre 2018 dal Consigliere Guido Mercolino;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giovanni GIACALONE, che ha concluso per la dichiarazione del difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, con l'emissione delle pronunzie conseguenti per legge.
FATTI DI CAUSA
1. La Tubosider S.p.a., appaltatrice di lavori da eseguirsi lungo l'autostrada A19 Catania-Palermo, in virtù di un contratto stipulato con l'Anas S.p.a. 29 luglio 2004, propose domanda di arbitrato ai sensi dell'art. 22 del contratto d'appalto, per sentir accertare il proprio diritto alla compensazione prevista dall'art. 26, commi 4-bis e ss., della legge 11 febbraio 1994, n. 109, in relazione all'incremento sopravvenuto nei costi dei materiali da costruzione, con la condanna della committente al pagamento della somma di Euro 444.635,62 o della maggiore o minor somma effettivamente dovuta, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
1.1. Con lodo depositato presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici il 17 maggio 2012, il collegio arbitrale rilevò d'ufficio il proprio difetto di giurisdizione, osservando che, in quanto riconducibile all'art. 26, commi 4- bis e ss. della legge n. 109 del 1994, trasfuso nell'art. 133, commi terzo e quarto, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, la controversia doveva ritenersi devoluta alla giurisdizione del Giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 244, comma terzo, del d.lgs. n. 163 cit.
2. La domanda fu pertanto riproposta al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, dinanzi al quale si costituì l'Anas, che eccepì l'omessa impugnazione del lodo arbitrale dinanzi al Giudice ordinario, ai sensi dell'art. 808-quinquies cod. proc. civ.; oppose inoltre il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, sostenendo che, in quanto avente ad oggetto la corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali, e segnatamente il riconoscimento di un importo in ordine al quale l'Amministrazione non gode di alcun margine di discrezionalità, la controversia riguardava diritti soggettivi perfetti, e rientrava quindi tra quelle deferibili ad arbitri, ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2010.
2.1. Con ordinanza del 18 ottobre 2017, il Tar Lazio ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 11, comma terzo, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
Premesso che il meccanismo della compensazione previsto dall'art. 26, comma 4-bis, della legge n. 109 del 1994 ha consistenza di diritto soggettivo, non essendone il riconoscimento subordinato al compimento di valutazioni o apprezzamenti discrezionali della stazione appaltante, il Giudice amministrativo ha ritenuto che la controversia spetti alla cognizione degli arbitri, ai sensi dell'art. 22 del contratto d'appalto, trovando applicazione l'art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2010, che, riproducendo l'art. 6, comma secondo, della legge 21 luglio 2000, n. 205, consente di risolvere mediante arbitrato rituale di diritto ai sensi degli artt. 806 e ss. cod. proc. civ. le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. 3. Le parti non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, occorre dare atto dell'ammissibilità del conflitto di giurisdizione, la cui proposizione non risulta preclusa dalla circostanza che la controversia, devoluta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma primo, lett. e), n. 2 del d.lgs. n. 104 del 2010, sia stata deferita ad un collegio arbitrale ai sensi dell'art. 12 del medesimo decreto, dovendosi ritenere che il rapporto intercorrente tra il Giudice amministrativo e gli arbitri non sia configurabile negli stessi termini di quello tra gli arbitri ed il Giudice ordinario: questa Corte ha infatti chiarito da tempo che, mentre stabilire se una controversia spetti alla cognizione del Giudice ordinario o a quella degli arbitri dà luogo ad una questione di competenza, stabilire se la stessa appartenga alla giurisdizione del Giudice ordinario, e in tale ambito a quella degli arbitri, o a quella del Giudice amministrativo dà invece luogo ad una questione di giurisdizione (cfr. Cass., Sez. Un., 12/ 10/1983, n. 5922; 4/07/1981, n. 4360). Tale affermazione, precedente alla entrata in vigore della legge 5 gennaio 1994, n. 5 e del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, è stata ribadita anche a seguito delle innovazioni da quest'ultimo introdotte, che hanno indotto la giurisprudenza di legittimità a riconoscere la natura giurisdizionale dell'arbitrato e la funzione sostitutiva dallo stesso svolta rispetto alla giurisdizione statale (cfr. Cass., Sez. Un., 13/06/ 2017, n. 14649; 20/01/2014, n. 1005; 25/10/2013, n. 24153). La conferma della natura sostanzialmente giurisdizionale dell'arbitrato ha comportato il superamento dell'indirizzo, a lungo prevalso, che, attribuendo alla pronuncia degli arbitri la natura di atto di autonomia privata e configurando il compromesso come una rinuncia alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria, escludeva che la relativa eccezione potesse dar luogo ad una questione di giurisdizione o di competenza, affermando che il rapporto tra giudice ed arbitri non si poneva sul piano della ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici, ma su quello del merito, ed escludendo quindi la proponibilità del regolamento di giurisdizione e di competenza (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. Un., 11/02/2002, n. 17646; 3/08/2000, n. 527; Cass., Sez. III, 19/02/ 2003, n. 2501). Nel contempo, l'entrata in vigore dell'art. 6, secondo comma, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (poi trasfuso nell'art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2010), che ha consentito di risolvere mediante arbitrato rituale di diritto «le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo», ha risolto definitivamente la questione concernente la compatibilità dell'arbitrato con l'indisponibilità degl'interessi normalmente coinvolti nelle materie riservate alla cognizione di detto giudice, circoscrivendo l'inutilizzabilità di tale strumento di definizione alle controversie aventi ad oggetto interessi legittimi, e ciò al fine di evitare che l'evoluzione del quadro normativo nel senso dell'espansione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo possa tradursi nella perdita o nella limitazione della facoltà delle parti di affidare ad arbitri la risoluzione di controversie riguardanti diritti soggettivi. L'assenza di disposizioni volte a disciplinare specificamente il procedimento arbitrale nelle predette materie ha tuttavia indotto a ritenere che, così come accade in quelle devolute alla giurisdizione ordinaria, l'impugnazione della pronuncia degli arbitri debba aver luogo dinanzi alla corte d'appello, la quale, in caso di accoglimento, ha il potere-dovere, quale giudice naturale dell'impugnazione, di decidere la controversia anche nel merito, non assumendo alcun rilievo la circostanza che la stessa, ove non fosse stata deferita agli arbitri, sarebbe spettata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cass., Sez. Un., 5/07/ 2013, n. 16887; 5/10/2009, n. 21198; 3/07/2006, n. 15204). Tale soluzione, originariamente giustificata con l'impossibilità di riconoscere al Consiglio di Stato, in qualità di giudice amministrativo di secondo grado, una competenza analoga a quella attribuita alla corte d'appello in tema d'impugnazione del lodo arbitrale, avente carattere autonomo rispetto agli ordinari criteri previsti dagli artt. 18 e ss. cod. proc. civ., ha trovato successivamente conforto nell'art. 1, comma primo, lett. a), del d.lgs. 15 novembre 2011, n. 195, il quale ha modificato l'art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2010, introducendovi un espresso richiamo agli artt. 806 e ss. cod. proc. civ., da cui traspare chiaramente l'intento del legislatore di assoggettare integralmente alla disciplina processualcivilistica, ivi comprese le norme concernenti l'impugnazione del lodo e la relativa competenza, l'arbitrato nelle materie devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo. Ciò significa peraltro che, in tali materie, il deferimento della controversia agli arbitri non comporta una mera deroga convenzionale alla ripartizione di compiti nell'ambito del medesimo ordine giurisdizionale, ma il definitivo distacco della stessa dalla sfera di attribuzioni del plesso giurisdizionale al quale è assegnata dalla legge, con il transito in quella del giudice ordinario, nell'ambito della quale essa resta devoluta, per volontà delle parti, alla cognizione degli arbitri. In tal senso depongono anche il carattere eccezionale delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, previste in relazione a particolari materie in cui maggiormente si avverte l'esigenza di una concentrazione della tutela processuale, in quanto più stretto si presenta l'intreccio tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, nonché la considerazione che, ove sia venuta meno la predetta concentrazione, per effetto del consentito deferimento ad arbitri del compito di decidere la controversia, non vi è motivo di rimettere l'impugnazione ad un giudice diverso da quello cui spetta ordinariamente la giurisdizione in materia di diritti soggettivi. In quest'ottica, non possono condividersi neppure i dubbi di legittimità costituzionale sollevati da una parte della dottrina, secondo cui il riconoscimento della facoltà di avvalersi dell'arbitrato per la definizione delle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si tradurrebbe in una violazione della garanzia del giudice naturale, in quanto consentirebbe alle parti di sottrarsi al giudice precostituito per legge, pregiudicando anche la finalità, perseguita dal legislatore attraverso la previsione della giurisdizione esclusiva, di garantire unicità di sede e concentrazione di tutele all'azione giudiziaria. Anche sotto tale profilo, resta pertanto confermato che la ripartizione del potere giurisdizionale tra gli arbitri ed il giudice amministrativo nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva di quest'ultimo non dà luogo ad una questione di competenza, ma ad una questione di giurisdizione, la cui mancata riproposizione ad opera delle parti attraverso l'impugnazione del lodo con cui gli arbitri abbiano dichiarato il proprio difetto di giurisdizione non impedisce al giudice amministrativo, dinanzi al quale la causa sia stata riassunta, di sollevare d'ufficio il conflitto di giurisdizione.
2. Tanto premesso, si osserva che nella specie la controversia deferita al giudizio degli arbitri ha ad oggetto il riconoscimento in favore dell'impresa appaltatrice del diritto all'adeguamento previsto dall'art. 26, comma 4-bis, della legge n. 109 del 1994 (introdotto dall'art. 1, comma 550, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successivamente trasfuso nell'art. 133, comma quarto, del d.lgs. n. 163 del 2006), in deroga al prezzo chiuso, per l'ipotesi in cui il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni, in aumento o in diminuzione, superiori al dieci per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell'anno di presentazione dell'offerta. La controversia, devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 244, comma terzo, del d.lgs. n. 163 cit. (a sua volta trasfuso nell'art. 133, comma primo, lett. e), n. 2 del d.lgs. n. 104 del 2010), ha ad oggetto un diritto soggettivo dell'appaltatrice, riguardando il riconoscimento di un maggior corrispettivo dovuto, in virtù della norma richiamata, sulla base di un meccanismo destinato a scattare in modo automatico al verificarsi dei presupposti di fatto indicati dalla legge. Il beneficio di cui l'attrice invoca l'applicazione è infatti determinato in modo automatico e diretto dall'art. 26, comma 4-bis cit., senza che al riguardo possano riconoscersi spazi di valutazione o margini di discrezionalità in favore della stazione appaltante, non essendo richiesta neppure l'adozione di provvedimenti aventi efficacia costitutiva, ma solo di atti ricognitivi del quantum effettivamente spettante nel caso specifico, con la conseguenza che la posizione giuridica dell'appaltatrice non è qualificabile come interesse legittimo. Avendo la controversia ad oggetto diritti soggettivi, trova applicazione l'art. 6, comma secondo, della legge n. 205 del 2000 (vigente all'epoca della stipulazione del contratto d'appalto, e successivamente trasfuso nell'art. 12 del d.lgs. n. 104 del 2010), il quale consente di deferirne la risoluzione ad arbitri, alla duplice condizione che l'arbitrato abbia carattere rituale e che la decisione abbia luogo secondo diritto: condizioni, queste ultime, entrambe rispettate dalla clausola compromissoria contenuta nell'art. 22 del contratto di appalto stipulato tra le parti il 29 luglio 2004, il quale, nel prevedere il deferimento ad arbitri delle relative controversie, richiama espressamente le disposizioni di cui al capo VI del capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici.
3. Va pertanto dichiarata la giurisdizione del collegio arbitrale in ordine alla controversia in esame, con il conseguente annullamento del lodo depositato il 17 maggio 2012.
La proposizione d'ufficio del conflitto di giurisdizione esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
dichiara la giurisdizione del collegio arbitrale ed annulla il lodo.
Così deciso in Roma il 6/11/2018
Il Presidente
Stefano Schirò
[1] Cfr., Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1983, n. 5922, ed ancora Cass., Sez. Un., 4 luglio 1981, n. 4360.
[2] Vedi in tal senso, Cass., Sez. Un., 13 giugno 2017, n. 14649; Cass., Sez. Un., 20 gennaio 2014, n. 1005; Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24153;
Il precedente indirizzo, ormai superato, riconosceva, invece, natura di atto di autonomia privata alla pronuncia degli arbitri, così configurando il compromesso come una rinuncia alla giurisdizione ed all'azione giudiziaria, ed escludendo, pertanto, che la relativa eccezione potesse dar luogo ad una questione di giurisdizione o competenza (v., Cass., Sez. Un., 11 febbraio 2002, n.17646, ed ancora Cass., Sez. Un., 3 agosto 2000, n. 527).