Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 45
1. La disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici, il quale però al primo comma richiama espressamente la legge n. 241/1990, salvo introdurre nei commi successivi una serie di prescrizioni riguardanti essenzialmente il differimento dell’accesso in corso di gara, senza quindi che possa sostenersi che si configuri una speciale disciplina, realmente derogatoria di quella di ordine generale della legge 241/1990 e tale da escludere definitivamente l’accesso civico.
2. L’accesso civico potrà essere in materia di appalti temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2116 del 2018, proposto da
Carbotermo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Sansone ed Eleonora E.L. Bonsignori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Provincia di Lecco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabrizio Laudani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Siram S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Todarello e Giuseppe Fuda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fabio Todarello in Milano, piazza Velasca, 4;
Energia & Risparmio S.r.l., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. FASC. 2.8/2017/9 RIF: BF/bb dell'11 luglio 2018 (doc.1) e notificato in pari data con cui la Provincia di Lecco ha respinto l'istanza di accesso (doc.2) della soc. Carbotermo datata 13 giugno 2018 e per l'accertamento del diritto di Carbotermo di esercitare il diritto di accesso ai documenti oggetto della suddetta istanza, con conseguente condanna, della Provincia di Lecco intimata alla relativa ostensione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Lecco e di Siram S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2018 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Provincia di Lecco avviava dapprima una procedura ristretta ed in seguito, dopo che la stessa era andata deserta, una procedura negoziata per l’affidamento in concessione mista di beni e servizi di interventi finalizzati all’efficienza energetica sugli edifici di proprietà comunale relativi al raggruppamento di Missaglia
La società Carbotermo Spa, pur essendo stata invitata a partecipare ad entrambe le procedure, non presentava alcuna offerta.
A conclusione della procedura negoziata, risultava aggiudicataria la società Siram Spa. Carbotermo presentava a questo punto una richiesta di accesso agli atti, da valere anche quale domanda di accesso civico, con la quale chiedeva l’ostensione delle offerte tecniche ed economiche e del piano finanziario sia di Siram sia dell’altra società che aveva preso parte alla procedura negoziata, vale a dire Energia & Risparmio Srl.
Con nota in data 11.7.2018 la Provincia di Lecco rigettava la citata istanza di accesso.
Era proposto di conseguenza il ricorso in epigrafe, affidato ad un solo ed articolato motivo.
Si costituivano in giudizio la Provincia e Siram, concludendo entrambe per il rigetto del gravame. All’udienza camerale del 20.12.2018 la causa era trattenuta in decisione.
2. Ai fini della definizione del ricorso, occorre anzitutto ribadire che la società esponente, nonostante l’invito ad essa rivolto dall’amministrazione provinciale, non ha preso parte né all’originaria procedura ristretta (cfr. il doc. 4 della resistente) né alla successiva procedura negoziata, indetta dopo che la prima era andata deserta (cfr. il doc. 3 della resistente).
Avuto notizia in data 18.5.2018 dell’aggiudicazione alla ditta Siram (così a pag. 2 del ricorso, cfr. anche il doc. 6 della resistente), la società istante presentava il 13.6.2018 una domanda di accesso, da valere anche quale accesso civico, con la quale chiedeva copia delle offerte tecniche ed economiche e del piano finanziario sia dell’aggiudicataria sia dell’altra impresa concorrente alla procedura negoziata (cfr. per la domanda il doc. 2 della resistente e della ricorrente).
La Provincia di Lecco respingeva l’istanza di accesso, sotto tutti i profili, mediante il provvedimento ivi impugnato (cfr. il doc. 1 della ricorrente e della resistente).
Nel ricorso l’esponente rivendica il proprio diritto di accesso sia con riguardo alla legge 241/1990 ed all’art. 53 del D.Lgs. 50/2016 (codice dei contratti pubblici) sia con riferimento all’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013 (c.d. accesso civico generalizzato).
2.1 Il Collegio reputa necessario valutare preventivamente la domanda di accesso civico presentata dall’esponente e respinta dal provvedimento impugnato.
Carbotermo sostiene a proprio favore l’applicazione dell’art. 5 commi 2 e 3 del D.Lgs. 33/2013, come modificato nel 2016, relativo al c.d. accesso civico generalizzato.
In base a tali norme, è consentito a “chiunque” – senza la prova di una particolare legittimazione e senza onere di motivare la relativa istanza – l’accesso a dati e documenti della pubblica amministrazione, anche ulteriori rispetto a quelli per i quali sussiste un obbligo giuridico di pubblicazione.
L’art. 5 bis comma 2 lettera c) del D.Lgs. 33/2013 esclude l’accesso civico generalizzato per evitare un “pregiudizio concreto” agli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica ed a tale norma si è richiamata l’amministrazione nel caso di specie (cfr. ancora il doc. 1 della resistente).
Il Collegio però ritiene tale richiamo apodittico e comunque non sufficiente a fondare il rigetto da parte della Provincia di Lecco.
In risposta alle difese delle parti intimate, non può certamente affermarsi che il c.d. accesso civico non possa applicarsi ai procedimenti di appalto delle pubbliche amministrazioni di cui al vigente D.Lgs. 50/2016.
In particolare, non ne suffraga la tesi il riferimento al comma 3 dell’art. 5 bis citato, secondo cui l’accesso civico è escluso «nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990».
Invero, per quanto d’interesse, tali “condizioni, modalità o limiti”, devono in generale essere correlati sia al principio generale di trasparenza, quale affermato all’art. 1 dello stesso d. lgs. 50/2016, sia al fatto che essi sono coordinati, nell’ambito della stessa previsione a “divieti d’accesso”, e non a restrizioni di minor rilievo: la disciplina di cui al citato D.Lgs. 33/2013 costituisce insomma la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, per evitare la sostanziale vanificazione dell’intendimento del legislatore di garantire l’accesso civico.
Ora, la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici, il quale però al primo comma richiama espressamente la legge n. 241/1990, salvo introdurre nei commi successivi una serie di prescrizioni riguardanti invero essenzialmente il differimento dell’accesso in corso di gara, senza quindi che possa sostenersi che si configuri una speciale disciplina, realmente derogatoria di quella di ordine generale della legge 241/1990 e tale da escludere definitivamente l’accesso civico: questo potrà essere in subiecta materia temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui ciò avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito da altre disposizioni, e così, prima di tutte, dalla chiara previsione dell’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013.
Non appare dunque legittimo il diniego provinciale, fondato sul mero richiamo al già citato comma 2 dell’art. 5 bis, considerato altresì che l’amministrazione non ha preventivamente interpellato le due imprese interessate alla domanda di accesso civico, né ha valutato l’istanza proposta in via subordinata dalla parte istante, tesa ad ottenere anche soltanto un accesso parziale, vale a dire limitato alle sole parti delle offerte non concretamente coperte da segreto (cfr. ancora il doc. 2 della ricorrente).
In altri termini, come già accennato, la motivazione del diniego si risolve in un mero richiamo alla norma preclusiva dell’ostensione, senza un preciso riferimento alle circostanze fattuali e giuridiche impeditive dell’accesso civico.
2.2 Fermo restando quanto sopra esposto relativo all’applicazione del D.Lgs. 33/2013, il ricorso in epigrafe presenta profili di fondatezza pure in ordine alla lamentata violazione della legge 241/1990.
Infatti, la motivazione del diniego appare anche sotto tale profilo laconica e frettolosa, posto che la Provincia, fra l’altro senza neppure interpellare i controinteressati come invece previsto dal DPR 184/2006, si limita ad affermare che Carbotermo “non ha presentato la propria offerta, pur essendo stata invitata...” (cfr. il doc. 2 della resistente, pag. 2), per trarre poi la conclusione che l’istanza di accesso non soddisfa i requisiti previsti dalla normativa applicabile.
Si tratta di una motivazione evidentemente insufficiente, in quanto la mancata partecipazione ad una procedura non implica di per sé l’esclusione da ogni pretesa di accesso ai documenti (cfr. TAR Veneto, sez. I, 10.1.2017, n. 16).
Il presente gravame merita pertanto accoglimento, con assorbimento di ogni altra censura e con annullamento del provvedimento ivi impugnato, mentre non è allo stato possibile ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, spettando viceversa all’Autorità che detiene la documentazione stabilire motivatamente se – e in che misura – vi ostino concretamente i vincoli posti dalla disciplina applicabile.
Per effetto del citato accoglimento, la Provincia di Lecco è onerata di una nuova valutazione dell’accesso, anche di quello civico, con interpello delle imprese interessate e con eventuale successiva valutazione di un rilascio anche parziale, per le parti dei documenti non coperti da esigenze di riservatezza ai sensi del comma 2 dell’art. 5 bis sopra citato oppure dell’art. 24 della legge 241/1990.
3. Le spese possono essere compensate, attesa la novità e la complessità delle questioni poste all’attenzione del Collegio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
La sentenza in analisi vede la società esponente richiedere l’accesso alle offerte tecniche ed economiche presentate in una gara d’appalto, a cui non aveva partecipato, da valere anche come domanda di accesso civico.
A seguito del rigetto dell’istanza la società proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sostenendo che nel suo caso si sarebbe applicato il c.d. accesso civico generalizzato, previsto dall’art. 5 commi 2 e 3 del D.Lgs. 33/2013, come modificato nel 2016.
In base a tali norme, è infatti consentito a “chiunque” – senza la prova di una particolare legittimazione e senza onere di motivare la relativa istanza – l’accesso a dati e documenti della pubblica amministrazione, anche ulteriori rispetto a quelli per i quali sussiste un obbligo giuridico di pubblicazione. Il Collegio si pronuncia positivamente sul ricorso in analisi.
Occorre brevemente rammentare che la legge 7 agosto 1990, n. 241, per anni era stata considerata come la “fonte” unica della regola generale della trasparenza amministrativa: sia perché consentiva di conoscere i documenti e gli atti adottati nell’esercizio dell’attività amministrativa mediante il riconoscimento del diritto all’accesso documentale, sia perché introduceva norme improntate alla trasparenza. Sulla scia dei concetti introdotti dal D.lgs 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di trasparenza e in attuazione della delega recata dall’art. 1, commi 35 e 36 della legge 28 novembre 2012, n. 190, in tema di “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, è stato adottato il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (c.d. Codice sulla trasparenza), come modificato dal decreto legislativo 97/2016, che ha ampliato i confini della trasparenza oggi considerata come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche. Lo strumento dell’accesso civico generalizzato consente dunque l’accesso alla documentazione in possesso delle amministrazioni, senza la necessità di un evidente interesse da parte dell’accedente, ciò sempre entro i limiti previsti dal legislatore (art. 5-bis, commi 1 e 2, d.lgs. 33/2013), a tutela di eventuali interessi pubblici o privati che possono contrastare con la volontà di conoscere del cittadino. L’ampio diritto all’informazione e alla trasparenza dell’attività delle amministrazioni e degli altri soggetti indicati nel neo-introdotto articolo 2-bis del Codice della trasparenza resta dunque temperato dalla necessità di garantire le esigenze di riservatezza, di segretezza e di tutela di determinati interessi pubblici e privati (come elencati nell’art. 5-bis del D.lgs. 33/2013) che diventano in tal modo l’eccezione alla regola.
Nel caso di specie, il TAR ritiene che il c.d. accesso civico possa applicarsi anche ai procedimenti di appalto delle pubbliche amministrazioni di cui al vigente D.Lgs. 50/2016 proprio sulla scorta di quanto osservato: non è sufficiente negare tale applicazione ai sensi dell’art 5 bis del D.Lgs 33/2013; al contrario quella del D.Lgs. 33/2013 costituisce, come visto, la regola generale e le eccezioni alla medesima devono essere interpretate restrittivamente, proprio per evitare la vanificazione della ratio legis. Ancora aggiunge, la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti si rinviene nell’art. 53 del codice dei contratti pubblici, il quale però al primo comma richiama espressamente la legge n. 241/1990, salvo introdurre nei commi successivi una serie di prescrizioni riguardanti invero essenzialmente il differimento dell’accesso in corso di gara, senza quindi che possa sostenersi che si configuri una speciale disciplina, realmente derogatoria di quella di ordine generale della legge 241/1990 e tale da escludere definitivamente l’accesso civico.
Quindi anche se la disciplina dell’accesso agli atti in materia di appalti rappresenta una disciplina peculiare, ciò non può escludere l’accesso civico.
Dalle premesse svolte ne consegue dunque che l’accesso civico potrà essere in materia di appalti temporalmente vietato, negli stessi limiti in cui avviene per i partecipanti alla gara, e dunque fino a che questa non sarà terminata, ma non escluso definitivamente, se non per quanto stabilito dall’art. 5 comma 2 del D.Lgs. 33/2013.