il punto della situazione
Prime osservazioni sulla modifica dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice.
L’art. 5, comma 1, del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 – recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione” – ha sostituito l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (da qui in poi anche “il Codice”), relativo ai gravi illeciti professionali che comportano l’esclusione degli operatori economici dalle procedure d’appalto.
Per comprendere l’effettiva portata della novella occorre richiamare i problemi interpretativi sinora posti dalla disposizione modificata dal c.d. decreto-legge semplificazioni[1].
L’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice prevedeva - nel testo vigente sino al 14 dicembre scorso - l’obbligo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione alla procedura d’appalto qualora la stazione appaltante avesse dimostrato “con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
Subito dopo la norma precisava che “tra questi [i.e. tra i gravi illeciti professionali] rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
La norma, dunque, differiva dall’art. 57, par. 4, della Direttiva 2014/24/UE (c.d. Direttiva Appalti) per almeno due profili.
In primo luogo, infatti, per il legislatore italiano il grave illecito professionale costituiva - e costituisce tuttora - una causa di esclusione obbligatoria (“le stazioni appaltanti escludono”), mentre la Direttiva Appalti lo colloca tra le cause di esclusione facoltativa, tant’è che all’art. 57, par. 4, prevede espressamente che “le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere”.
In secondo luogo - ed è questo il profilo che in questa sede rileva - la norma interna, nella sua versione originaria, si discostava dal menzionato art. 57, par. 4, della Direttiva anche a livello strutturale, ossia nell’articolazione delle singole cause di esclusione.
Non sfugge, infatti, che la Direttiva 2014/24/UE considera quali autonome cause di esclusione i gravi illeciti professionali (lett. c)), le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto (lett. g)) e le condotte lato sensu illecite serbate in corso di gara (lett. i))[2].
Il d.lgs. n. 50 del 2016, invece, faceva del grave illecito professionale il genus entro il quale ricondurre sia le significative carenze che le condotte illecite.
A tanto provvedeva attraverso la locuzione “tra questi rientrano” che, se da un lato chiariva - in senso verticale - il rapporto di continenza con la categoria generale del grave illecito professionale[3], dall’altro complicava - in senso orizzontale - i rapporti tra i casi puntualmente considerati dalla norma e tutti gli altri che, nella realtà concreta, potevano verificarsi (e nei fatti si sono verificati).
La lettera della norma, difatti, non precisava se l’elencazione contenuta nel secondo periodo dell’art. 80, comma 5, lett. c), fosse tassativa oppure no[4].
Il problema - com’è noto - è tutt’altro che teorico, giacché la preferenza per l’una o l’altra opzione si traduce, in concreto, nella più o meno ampia discrezionalità della stazione appaltante nell’esclusione di un determinato operatore economico dalla procedura.
Qualora le tre ipotesi puntualmente individuate nel secondo periodo dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice costituissero un numerus clausus, la stazione appaltante potrebbe disporre l’esclusione per gravi illeciti professionali solo nei detti casi, predeterminati dal legislatore.
Viceversa, ove quell’elencazione fosse ritenuta meramente esemplificativa di alcune ipotesi tipiche di grave illecito professionale, senza alcuna pretesa d’esaustività e tassatività, la stazione appaltante potrebbe escludere un operatore economico anche per il verificarsi di circostanze ulteriori, diverse dalle prime ma parimenti riconducibili alla categoria del grave illecito professionale tale da rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore medesimo.
Entrambe le posizioni richiamate sono state sostenute dalla giurisprudenza amministrativa[5], ma ad oggi è da ritenersi senz’altro prevalente la seconda, sulla quale, peraltro, Palazzo Spada - sia in sede consultiva che giurisdizionale - si era da subito assestato.
In tal senso giova ricordare che già nel primo parere reso sulle Linee Guida ANAC la Commissione Speciale del Consiglio di Stato aveva rilevato che la casistica di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice “deve ritenersi esemplificativa e non tassativa”[6].
Ancora, nel parere reso sull’aggiornamento delle linee guida ANAC n. 6 del 2016, il Consiglio di Stato osservava che “la circostanza che l’operatore economico si sia reso «colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità» costituisce un tipico concetto giuridico indeterminato e la categoria dei concetti giuridici a contenuto indeterminato attiene ad una particolare tecnica legislativa nella quale, per individuare il fatto produttivo di effetti giuridici, la norma non descrive la fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva, ma rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nell’ipotesi normativa, all’integrazione dell’interprete, mediante l’utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici” [7].
Per l’effetto, “è solo la valutazione della stazione appaltante che potrà ritenere sussunta la fattispecie concreta nel concetto di grave illecito professionale descritto in astratto dalla norma”.
Nella recente sent. Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299, il Consiglio di Stato ha peraltro chiarito che “l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione «con mezzi adeguati», sia dall’incipit del secondo inciso («Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]») che precede l’elencazione”.
Quest’ultima, anzi, avrebbe “anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con «mezzi adeguati»”.
E difatti – prosegue la sentenza – “la sussistenza e la gravità dell’inadempimento o del ritardo ovvero del comportamento scorretto ai fini dell’esclusione dalla gara sono dimostrate, per tabulas, ed obbligano all’esclusione, ogniqualvolta essi abbiano prodotto gli effetti tipizzati dalla norma”.
Viceversa, quando la stazione appaltante “esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, comma 5, lett. c) [...] dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio di siffatta discrezionalità (che concerne la gravità dell’illecito, non la conseguenza dell’esclusione, che è dovuta se l’illecito è considerato grave) e dovrà previamente fornire la dimostrazione della sussistenza e della gravità dell’illecito professionale contestato con «mezzi adeguati»”.
In buona sostanza il grave illecito professionale può configurarsi anche al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate nel secondo periodo dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice. Nondimeno, in questo caso per la stazione appaltante v’è un onere motivazionale aggravato, atteso che dovrà dimostrare sia la sussumibilità della fattispecie concreta nel concetto di grave illecito professionale sia la sussistenza e la gravità dello stesso.
La via prospettata dal Consiglio di Stato mira dunque a rintracciare un equilibrio tra esigenze di certezza - qui intesa come prevedibilità della decisione di esclusione -, esercizio della discrezionalità amministrativa e semplificazione operativa.
Tale aspetto è stato peraltro ribadito di recente[8] dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato, che ha ricordato che “resta ineliminabile – e opportuno, […] – un margine significativo di discrezionalità ovvero di apprezzamento della stazione appaltante nel valutare in concreto, con riguardo alla singola fattispecie trattata, i comportamenti idonei a costituire gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, non essendo possibile, pena un eccessivo irrigidimento del sistema con potenziale vanificazione delle finalità della norma, vincolare l’amministrazione a un elenco tassativo e automatico di casi di esclusione”.
Nella stessa sede è stata ritenuta “chiara e inequivoca – e logica e forse inevitabile – la scelta del legislatore, prima di tutto e al massimo grado di quello eurounitario, di optare per una tecnica normativa imperniata sull’uso di termini generici introduttivi di concetti giuridici indeterminati, che rimandano naturalmente al completamento del precetto in sede applicativa mediante integrazione del fatto facendo ricorso a nozioni e valutazioni anche extragiuridiche (paradigmatico è l’art. 57 par. 4 lett. c) della direttiva UE 24/2014”.
Tanto in ragione del fatto che “la casistica degli illeciti è molto vasta, oltre che mutevole, e che l’apprezzamento del fatto in questa materia ha un peso preponderante, il che rende impossibile ovvero illusorio e controproducente prevedere ex ante ogni singola ipotesi”.
Ebbene, il quadro sin qui delineato potrebbe dover essere ripensato a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 135 del 2018, il cui art. 5 ha sostituito la lett. c) dell’art. 80, comma 5, del Codice con le lettere c), c-bis) e c-ter), prevedendo ora, in luogo della categoria generale del grave illecito professionale, tre diverse cause di esclusione.
La prima si verifica quando “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (così la lett. c) nel testo vigente).
In secondo luogo l’esclusione dalla procedura è comminata quando “l'operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” (c-bis)).
Una terza ipotesi di esclusione si verifica quando “l'operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa” (c-ter)).
Emerge ictu oculi che la novella del dicembre scorso ha sostanzialmente trasposto nel corpo dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, le già menzionate lett. c), i) e g) dell’art. 57, par. 4, della Direttiva Appalti.
Di ciò non fa mistero la Relazione di accompagnamento al d.d.l. di conversione del d.l. n. 135 del 2018, ove si legge che le modifiche introdotte dal suo art. 5 “sono tese ad allineare il testo dell’articolo 80, comma 5, lettera c), [...] del decreto legislativo n. 50 del 2016 alla direttiva 2014/24/UE, articolo 57, paragrafo 4, che considera in maniera autonoma le quattro fattispecie di esclusione indicate erroneamente, a titolo esemplificativo, nell'attuale lettera c) del comma 5 dell'articolo 80”[9].
Occorre allora stabilire se la novella in commento sia idonea a smantellare l’intero sistema che la giurisprudenza amministrativa ha sin qui ricostruito intorno alla categoria generale del grave illecito professionale, sulla scorta della vecchia formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), e traendo spunto dalle Linee Guida ANAC n. 6 del 2016.
L’interrogativo da porsi, in buona sostanza, è se i moduli e le categorie sui quali fino a ieri stazioni appaltanti e operatori economici potevano, in linea di massima, fare affidamento abbiano ancora una qualche utilità o debbano essere funditus ripensati.
La risposta - a parere di chi scrive - va differenziata a seconda delle ormai autonome cause di esclusione interessate dalla modifica.
L’ipotesi meno problematica sembra essere quella prevista dalla lett. c) del novellato art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, esattamente identica al primo periodo della previgente norma e concernente la dimostrazione “con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.
Non sfugge, infatti, che - come rilevato supra - il “grave illecito professionale” è stato sin qui articolato come fattispecie generale e aperta, cui ricondurre sia le ipotesi espressamente tipizzate nell’elencazione esemplificativa, sia quelle emergenti dalle Linee Guida ANAC, nonché quelle che nel caso concreto l’Amministrazione dimostri esser state idonee a rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità dell’operatore economico.
Così stando le cose, l’elisione - dalla nuova lett. c) - della sola elencazione esemplificativa non sembra di per sé idonea a mutare la portata della nozione di “grave illecito professionale” per come sin qui ricostruita, ma anzi pare proprio confermarne il carattere generico e (nei suesposti limiti) aperto. Con l’ovvia precisazione, però, che dal suo perimetro applicativo andranno da qui in avanti escluse sia le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, sia le condotte illecite tenute nel corso della gara, ormai assurte ad autonome cause di esclusione.
Venendo a esse, in questa sede è opportuno segnalare che, con riferimento al tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate, il d.l. n. 135 del 2018 si è limitato a traslare la previsione normativa dall’elencazione esemplificativa alla nuova lett. c-bis), senza per nulla modificare l’enunciato.
Viceversa, per quanto concerne le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione (attuale lett. c-ter)) la novella è intervenuta più incisivamente.
Anzitutto a essere sanzionate non sono più le sole carenze “significative”, ma anche, in via alternativa - argomentando dall’impiego della disgiuntiva “o” -, quelle “persistenti”.
In secondo luogo è venuto meno il riferimento alla non contestazione o alla conferma giudiziale della risoluzione anticipata, atteso che l’attuale formulazione dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter), discorre soltanto di “significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili”.
Da ultimo, la norma prevede – innovando, sul punto, sia rispetto alla disciplina previgente che alla stessa Direttiva Appalti – che “su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa”.
È direttamente il Codice, dunque, a indicare alcuni degli elementi che debbono essere tenuti in considerazione dalla stazione appaltante nella motivazione dell’esclusione.
Alla luce di quanto sin qui osservato sembra dunque possibile affermare che le modifiche introdotte dal d.l. n. 135 del 2018, benché non radicali, suggeriscano un aggiornamento delle Linee Guida ANAC, da riparametrare - a parere di chi scrive - alla nuova modulazione delle cause di esclusione.
Nondimeno, giova segnalare che, al momento, non è stato oggetto di modifiche il comma 13 dell’art. 80 del Codice, che continua a stabilire che l’ANAC “può precisare [...] quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell'esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c)”.
La norma, dunque, fa riferimento alla sola ipotesi prevista dalla lett. c), che nel testo vigente possiede un perimetro applicativo diverso da quello cui il comma 13 faceva in origine riferimento.
Per l’effetto, ad oggi l’ANAC conserva la possibilità di indicare soltanto i mezzi di prova adeguati per la dimostrazione dei gravi illeciti professionali, di cui al comma 5, lettera c), vigente.
Viceversa, pare assai difficile - stando alla littera legis - continuare a ritenere legittimata l’ANAC a indicare “quali carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto siano significative”, a meno che il comma 13 non sia modificato sostituendo la locuzione “ai fini del medesimo comma 5, lettera c)” col riferimento alla lett. c-ter), che contempla ora in via autonoma l’ipotesi di esclusione per significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto.
Solo dopo la conversione in legge sarà dato stabilire con certezza se il mancato adeguamento del comma 13 dell’art. 80 costituisca una mera svista o il frutto di una meditata scelta del legislatore.
[1] Presentato al Senato per la conversione in legge in data 14 dicembre 2018 e, al momento, in corso di esame in Commissioni riunite Affari Costituzionali e Lavori pubblici, comunicazioni.
[2] L’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE - rubricato “Motivi di esclusione” - dispone al par. 4 che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni:[…] c) se l'amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità; […] g) se l'operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili; […] i) se l'operatore economico ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale dell'amministrazione aggiudicatrice, ha tentato di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti rispetto alla procedura di aggiudicazione dell'appalto, oppure ha fornito per negligenza informazioni fuorvianti che possono avere un'influenza notevole sulle decisioni riguardanti l'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione”.
[3] Definito dal Consiglio di Stato nel parere 13 novembre 2018, n. 2616, “rapporto […] tra fattispecie generale e fattispecie tipizzanti”.
[4] Il carattere problematico di tale passaggio era stato già colto dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel parere 1° aprile 2016, n. 855, reso sullo “Schema di decreto legislativo recante «Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione”, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n. 1»”. In quella sede, infatti, si osserva che “Al comma 5, lett. c), […] le parole «tra questi rientrano», andrebbero sostituite con «tra questi, a titolo esemplificativo, rientrano»”. Il suggerimento non è stato, però, accolto.
[5] Con specifico riferimento all’illecito antitrust si veda, per la prima tesi, TAR Campania, Salerno, Sez. I, 2 gennaio 2017, n. 10 (ove si legge che “l’esclusione per difetto dei requisiti morali viene disposta ove ci si trovi in presenza di determinate situazioni tassativamente indicate, che proprio in virtù della loro gravità e rilevanza comportano l’obbligatoria ed immediata esclusione” e che “la sanzione irrogata dall’AGCM non può essere astrattamente ricondotta alla norma di cui all’art. 80”) e, per la seconda, TAR Lazio, Sez. III-quater, 22 dicembre 2017, n. 12640 (ove si afferma che “L’impianto normativo primario [...] depone senz’altro per l’inclusione del c.d. illecito antitrust tra le condotte professionali valutabili ai fini della possibile esclusione di un concorrente da una gara pubblica, ancorché non espressamente menzionato nel catalogo disegnato dalla lettera c) [...] E infatti, anche a voler prescindere dalla chiara emergenza lessicale («tra questi rientrano») che depone per un’elencazione puramente esemplificativa, occorre considerare che la formula utilizzata dalla prima parte della disposizione in esame («gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità») si colloca, secondo un principio di efficienza normativa, in un perfetto equilibrio tra l’esigenza di garantire la tassatività delle cause di esclusione e quella, di eguale rilievo pubblicistico, di assicurare alla stazione appaltante un aggiudicatario affidabile e corretto, secondo un giudizio espresso dall’amministrazione non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria (tra le tante, C.d.S, IV, 11 luglio 2016, n. 3070)”.
[6] Parere 3 novembre 2016, n. 2286.
[7] Parere 25 settembre 2017, n. 2042.
[8] Parere 13 novembre 2018, n. 2616.