CORTE DI GIUSTIZIA, UE Sez. 3^, 28/11/2018 Sentenza C-328/17
1. Sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, che non consente agli operatori economici di proporre ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.
2. Spetta al giudice nazionale valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.
Nota a sentenza
La sentenza della Corte di Giustizia dell’UE trae le mosse da una procedura di gara informale avviata nel 2015 dall’Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale della Liguria, il cui bando che aveva indetto la procedura per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico diveniva oggetto di ricorso dinanzi al Tar della Regione Liguria.
Principale doglianza delle società ricorrenti era l’affidamento del servizio in un lotto unico (relativo all’intero territorio regionale); circostanza quest’ultima che rendeva impossibile la partecipazione delle medesime alla predetta procedura di gara, a causa dell’assenza, nelle loro disponibilità, di strutture necessarie a garantire il servizio.
Le società interessate evidenziavano come la decisione adottata dall’Agenzia di affidare l’appalto in un unico lotto si ponesse in netto contrasto con l’art. 3 del decreto legge n. 138/2011, il cui dettato normativo propende per la gestione a livello provinciale di tutti i servizi pubblici locali.
Ed ancora, i ricorrenti fondavano la propria legittimazione a proporre il ricorso, sebbene non avessero preso parte alla gara, sul disposto dell’art. 1, par. 3 e sull’art. 2, par. 1, lett. b) della direttiva 89/665, i quali riconoscono il diritto ad agire degli operatori economici, allorquando la presenza di determinate clausole del bando di gara pongano gli stessi nell’impossibilità di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto.
La questione è stata anzitutto sottoposta all’attenzione della Corte costituzionale la quale, con sentenza n. 245 del 22 settembre 2016, dichiarava inammissibili le questioni di legittimità costituzionale concernenti l’art. 9 (rubricato “Ambito Territoriale Ottimale regionale per il trasporto pubblico regionale e locale”), par. 1, e l’art. 14 (“Affidamento del servizio”), par. 1, della legge regionale n. 33/2013, sollevate con ordinanza del 21 gennaio 2016 dal Tar Liguria in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, primo e secondo comma, lettere e) e s) della Costituzione.
Più precisamente, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate in quanto «l’impresa che non partecipi alla gara non può contestare la relativa procedura e l’aggiudicazione in favore di imprese terze, perché la sua posizione giuridica sostanziale non è sufficientemente differenziata ma riconducibile ad un mero interesse di fatto».
La Consulta ha rilevato, altresì, che a queste regole, derivanti dalla «piena applicazione alle procedure di gara dei principi generali in materia di legittimazione e interesse a ricorrere, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta»[1].
In questi ultimi casi, a parere dei giudici delle leggi, la domanda di partecipazione alla procedura non rileva ai fini dell’impugnazione atteso che sussistono condizioni che fanno emergere ex se una situazione giuridica differenziata.
Nel caso specifico, però, si era ritenuto che le clausole impugnate incidessero esclusivamente sulle chanches di aggiudicazione delle ricorrenti.
A questo punto, il Tar Liguria in via pregiudiziale ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’UE «se il diritto dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori sia contrario o meno ad una normativa nazionale che riconosca la possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, anche qualora la domanda giudiziale sia volta a sindacare in radice la procedura».
In sostanza, è stato posto il quesito se l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 e l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13, ostino a una normativa nazionale che non permette agli operatori economici di proporre ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice concernenti una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare, poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto pubblico. La Corte di giustizia UE ha stabilito che gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 devono essere accessibili «per lo meno» a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto[2].
Pertanto, la partecipazione a un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire, riguardo all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, una condizione che deve essere soddisfatta per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse all’aggiudicazione dell’appalto o rischia di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione di detto appalto.
Giova, però, rilevare che all’operatore economico che non abbia preso parte a una gara e non abbia presentato un’offerta, appare altamente difficoltoso dimostrare di avere interesse a opporsi a detta decisione o di essere leso o rischiare di esserlo dall’aggiudicazione[3].
Al contrario, non può ritenersi lo stesso allorquando l’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche clausole discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, tali da ostacolare l’insieme delle prestazioni richieste. Al contempo, risulterebbe eccessivo esigere che tale impresa, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto, laddove le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza di dette specifiche[4].
Tanto è stato precedentemente acclarato con la sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service (C‑230/02, EU:C:2004:93), i cui insegnamenti, sono applicabili, mutatis mutandis, nel caso di specie.
Peraltro, la Corte di Giustizia non ha fatto altro che ripercorrere quanto più volte sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa, così come chiarito anche dalla Corte costituzionale con la succitata sentenza.
In conclusione, la Corte conclude sostenendo che per ritenere soddisfatti i requisiti tanto dell’art. 1, par. 3, della direttiva 89/665, quanto dell’art. 1, par. 3, della direttiva 92/13, è necessario che l’operatore che non abbia formulato alcuna offerta disponga, in particolare, di un diritto di proporre ricorso qualora ritenga che talune clausole contenute nel regolamento di gara rendano impossibile la formulazione stessa di un’offerta.
Inoltre, atteso il carattere eccezionale di siffatto diritto di proporre ricorso, non può ritenersi eccessivo richiedere all’operatore economico di dare prova che le clausole del bando rendevano effettivamente impossibile la formulazione stessa di un’offerta.
Pertanto, in dette ipotesi, spetterà al giudice del rinvio la valutazione della sussistenza in concreto delle sopra indicate condizioni preclusive alla partecipazione alla gara, garantendo, comunque, all’impresa ricorrente, «il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva».
SENTENTENZA DELLA CORTE
(Terza Sezione)
28 novembre 2018
«Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Procedure di ricorso – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafo 3 – Direttiva 92/13/CEE – Articolo 1, paragrafo 3 – Diritto di proporre ricorso subordinato alla condizione di aver presentato un’offerta nell’ambito della procedura di aggiudicazione dell’appalto»
Nella causa C-328/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Italia), con ordinanza dell’8 febbraio 2017, pervenuta in cancelleria il 31 maggio 2017, nel procedimento
Amt Azienda Trasporti e Mobilità SpA,
Atc Esercizio SpA,
Atp Esercizio Srl,
Riviera Trasporti SpA,
Tpl Linea Srl
contro
Atpl Liguria – Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale SpA,
Regione Liguria,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta da M. Vilaras, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Malenovský, L. Bay Larsen, M. Safjan e D. Šváby (relatore), giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona cancelliere: R. Schiano, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2018, considerate le osservazioni presentate:
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Colelli, avvocato dello Stato;
Lingua processuale: l’italiano.
- per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e T. Müller, in qualità di agenti;
- per il governo spagnolo, da M.J. García-Valdecasas Dorrego, in qualità di agente;
- per la Commissione europea, da G. Gattinara e P. Ondrůšek, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 luglio 2018, ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007 (GU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Amt Azienda Trasporti e Mobilità SpA, la Atc Esercizio SpA, la Atp Esercizio Srl, la Riviera Trasporti SpA e la Tpl Linea Srl (in prosieguo: «Amt e a.») e, dall’altro, l’Agenzia regionale per il trasporto pubblico locale SpA (Italia; in prosieguo: l’«Agenzia») relativamente alla decisione di quest’ultima di indire una procedura di gara informale per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale nel territorio della Regione Liguria (Italia; in prosieguo: la «Regione»).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 89/665
3 L’articolo 1 della direttiva 89/665, intitolato «Ambito di applicazione e accessibilità delle procedure di ricorso» dispone quanto segue:
«1. La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [(GU 2004, L 134, pag. 114)], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli da 10 a 18 di tale direttiva.
(...)
Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2004/18], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che hanno violato il diritto [dell’Unione] in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono.
- Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto [dell’Unione] e le altre norme nazionali.
- Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.
(...)».
4 L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, che disciplina i «[r]equisiti per le procedure di ricorso», così prevede:
«Gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di:
(...)
b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione;
(...)».
Direttiva 92/13
5 Intitolato «Ambito di applicazione e accessibilità delle procedure di ricorso», l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU 1992, L 76, pag. 14), come modificata dalla direttiva 2007/66 (in prosieguo: la «direttiva 92/13»), prevede quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione».
Direttiva 2004/17
6 L’articolo 1 della direttiva 2004/17/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, dedicato alle «[d]efinizioni», al suo paragrafo 3, lettera b), così disponeva:
«[l]a “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».
7 Intitolato «Servizi di trasporto», l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva prevedeva, in particolare, quanto segue: «La presente direttiva si applica alle attività relative alla messa a disposizione o alla gestione di reti destinate a fornire un servizio al pubblico nel campo del trasporto ferroviario, tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo.(...)».
8 L’articolo 18 della suddetta direttiva, rubricato «Concessioni di lavori e di servizi», così disponeva: «La presente direttiva non si applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o più attività di cui agli articoli da 3 a 7, quando la concessione ha per oggetto l’esercizio di dette attività».
Regolamento n. 1370/2007
9 L’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 del Consiglio (GU 2007, L 315, pag. 1), articolo intitolato «Aggiudicazione di contratti di servizio pubblico», è redatto nei seguenti termini:
«1. I contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle norme previste nel presente regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttive [2004/17] o [2004/18] per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive. Se i contratti devono essere aggiudicati a norma delle direttive [2004/17] o [2004/18], le disposizioni dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo non si applicano.
(...)
7. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le decisioni adottate a norma dei paragrafi da 2 a 6 possano essere verificate con efficacia e rapidità, su richiesta di qualsiasi persona che sia o fosse interessata a ottenere un contratto particolare e che sia stata o rischi di essere danneggiata da una presunta infrazione, motivata dal fatto che tali decisioni hanno violato il diritto [dell’Unione] o le leggi nazionali che applicano tale diritto.
(...)».
Diritto italiano
10 L’articolo 100 del codice di procedura civile, nella sua versione applicabile al procedimento principale, dispone che «[p]er proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse».
11 Ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 1, dell’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (GURI n. 156 del 7 luglio 2010) – Codice del processo amministrativo, «[p]er quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali».
12 L’articolo 3 bis del decreto-legge del 13 agosto 2011, n. 138 (GURI n. 188, del 13 agosto 2011), convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (in prosieguo: il «decreto-legge
n. 138/2011») dispone che, di norma, i servizi pubblici locali debbano essere svolti in un ambito territoriale provinciale.
13 A norma dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 14, paragrafo 1, della legge regionale 7 novembre 2013, n. 33 (Riforma del sistema del trasporto pubblico regionale e locale), (in prosieguo: la «legge regionale n. 33/2013»), l’affidamento del servizio di trasporto pubblico nel territorio della Regione doveva essere realizzato attraverso l’individuazione di un lotto unico relativo all’intero territorio regionale e con possibile estensione anche al trasporto ferroviario.
14 In vigore dal 12 agosto 2016, la legge regionale 9 agosto 2016, n. 19, recante «Modifiche alla legge regionale [n. 33/2013]», (in prosieguo: la «legge regionale n. 19/2016») ha modificato gli articoli 9 e 14 della legge regionale n. 33/2013. Tale legge prevede che i terreni e i servizi di trasporto terrestre e marittimo non debbano più essere aggiudicati in un lotto unico che copre l’intero territorio regionale, bensì in quattro lotti relativi a quattro ambiti territoriali omogenei.
Procedimento principale e questione pregiudiziale
15 Amt e a. hanno adito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Italia), chiedendo l’annullamento di diversi atti con cui l’Agenzia ha indetto una procedura di gara informale per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico nel territorio regionale.
16 Tali società, fino ad allora gestrici di servizi di trasporto pubblico locale a livello provinciale o sub provinciale, contestano in radice le modalità di indizione e di svolgimento della procedura di gara. Il loro ricorso è rivolto in maniera specifica contro il bando inteso a selezionare gli operatori economici. In esso, l’Agenzia avrebbe indicato che il servizio di trasporto pubblico regionale sarebbe stato affidato in un unico lotto, relativo all’intero territorio regionale.
17 Ritenendo di non essere in grado di fornire, ciascuna individualmente, il servizio di trasporto pubblico a livello regionale, Amt e a. non hanno presentato alcuna offerta. Tuttavia, esse hanno adito il giudice del rinvio, contestando la decisione dell’Agenzia di affidare, nella sua qualità di amministrazione aggiudicatrice, l’appalto di cui trattasi nel procedimento principale in un unico lotto, relativo all’intero territorio regionale. Esse ritengono infatti che tale decisione violi l’articolo 3 bis del decreto-legge n. 138/2011, ai sensi del quale, in linea di principio, i servizi pubblici locali devono essere gestiti a livello provinciale, ma anche diversi articoli della Costituzione italiana, nonché gli articoli 49 e 56 TFUE.
18 A sostegno del loro ricorso, Amt e a. sostengono che un operatore economico che contesta in radice i termini di una gara d’appalto alla quale non ha partecipato ha un diritto di proporre ricorso ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665, qualora, in base alle norme che disciplinano l’offerta, è certo o altamente probabile che gli sarà impossibile ottenere l’aggiudicazione dell’appalto.
19 Secondo il giudice del rinvio, in un ambito territoriale determinato a livello provinciale, Amt e a. avrebbero avuto ottime possibilità che venisse loro aggiudicato l’appalto in questione, in quanto esse garantivano il servizio di trasporto pubblico regionale quando, prima dell’avvio della procedura di gara di cui al procedimento principale, esso era organizzato a livello provinciale. Invece, prevedendo che la gara di cui trattasi comportasse solo un unico lotto che copriva l’intero territorio regionale, il bando di gara avrebbe in pratica azzerato la probabilità che fosse selezionata una delle ricorrenti nel procedimento principale.
20 Ritenendo pertanto che un diritto di proporre ricorso dovesse essere loro riconosciuto, il giudice del rinvio, con ordinanza n. 95 del 21 gennaio 2016, ha chiesto alla Corte costituzionale (Italia) di pronunciarsi sulla costituzionalità dell’articolo 9, paragrafo 1, e dell’articolo 14, paragrafo 1, della legge regionale n. 33/2013.
21 Tuttavia, prima che la Corte costituzionale si pronunciasse, la Regione ha adottato la legge regionale n. 19/2016. Tale legge ha modificato le disposizioni la cui costituzionalità era contestata e prevede che i servizi di trasporto terrestre e marittimo non debbano più essere aggiudicati in un lotto unico che copre l’intero territorio regionale, bensì in quattro lotti corrispondenti a quattro ambiti territoriali omogenei. Inoltre, i lotti da aggiudicare devono essere definiti in modo tale da garantire la massima partecipazione possibile alla gara. Secondo il giudice del rinvio, con l’adozione della legge n. 19/2016 il legislatore regionale ha reagito alle doglianze espresse da Amt e a.
22 Nonostante la modifica degli articoli 9 e 14 della legge regionale n. 33/2013, la Corte costituzionale ha esaminato la loro costituzionalità, conformemente al principio tempus regit actum.
23 Nella sua sentenza n. 245 del 22 novembre 2016, essa ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dopo aver, in particolare, constatato che «[l]a giurisprudenza amministrativa è consolidata nel ritenere che l’impresa che non partecipi alla gara non può contestare la relativa procedura e l’aggiudicazione in favore di imprese terze, perché la sua posizione giuridica sostanziale non è sufficientemente differenziata ma riconducibile a un mero interesse di fatto (...)».
24 A tale regola fanno tuttavia eccezione le ipotesi in cui l’impresa ricorrente contesta, in particolare, clausole del bando immediatamente escludenti oppure clausole che impongono oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendono impossibile la stessa formulazione dell’offerta.
25 Nella sua sentenza n. 245, la Corte costituzionale ha considerato quanto segue: «[c]he il caso all’esame del giudice a quo non rientri in queste ipotesi eccezionali emerge dalla stessa motivazione dell’ordinanza di rimessione, laddove si afferma che le clausole impugnate inciderebbero sulle chanches di aggiudicazione delle ricorrenti che “si ridurrebbero fin quasi ad azzerarsi”, mentre, in presenza di una gara dimensionata su base provinciale e suddivisa in lotti, esse “avrebbero moltissime probabilità di aggiudicarsi il servizio, non foss’altro per effetto del vantaggio di essere state le precedenti gestrici dello stesso”. Da tale motivazione non si ricava alcun impedimento certo e attuale alla partecipazione alla gara, bensì la prospettazione di una lesione solo eventuale, denunziabile da parte di chi abbia partecipato alla procedura ed esclusivamente all’esito della stessa, in caso di mancata aggiudicazione».
26 Il giudice del rinvio rileva che, secondo l’interpretazione del requisito procedurale dell’interesse ad agire accolta in tale sentenza della Corte costituzionale, sarebbe inammissibile il ricorso proposto dall’impresa che non ha partecipato alla gara quando non fosse assolutamente certo ma soltanto altamente probabile che, per effetto della strutturazione della gara, in particolare della divisione in lotti, o per effetto della normativa di gara applicabile, l’impresa non potrebbe conseguire l’aggiudicazione dell’appalto in questione. Detto giudice ne deduce che la possibilità di accedere alla tutela giurisdizionale sarebbe così, quasi sistematicamente, condizionata alla partecipazione alla gara, partecipazione che comporta di per sé rilevanti oneri, e ciò anche nel caso in cui l’impresa intendesse contestarne la legittimità per essere la gara stessa eccessivamente restrittiva della concorrenza.
27 Nonostante la decisione dell’Agenzia di non dar seguito alla gara dopo l’adozione della legge n. 19/2016, il giudice del rinvio intende chiedere alla Corte se l’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665 debbano essere interpretati nel senso che essi conferiscono, in circostanze come quelle del procedimento principale, il diritto di proporre ricorso a un operatore economico che si è astenuto dal presentare un’offerta, in quanto era certo o assai probabile che l’appalto in questione non avrebbe potuto essergli aggiudicato.
28 La risposta della Corte sarebbe dirimente ai fini dell’ammissibilità dell’originario ricorso, con conseguenti ripercussioni in ordine alla statuizione sulle spese del giudizio.
29 In tale contesto, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se [l’articolo] 1, [paragrafi] 1, 2 e 3, e [l’articolo] 2, [paragrafo] 1, [lettera] b), della direttiva [89/665] ostino ad una normativa nazionale che riconosca la possibilità di impugnare gli atti di una procedura di gara ai soli operatori economici che abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, anche qualora la domanda giudiziale sia volta a sindacare in radice la procedura, derivando dalla disciplina della gara un’altissima probabilità di non conseguire l’aggiudicazione».
Sulla questione pregiudiziale
Sulla ricevibilità
30 Nelle loro osservazioni scritte, sia i governi italiano e spagnolo sia la Commissione europea hanno sostenuto che la domanda di pronuncia pregiudiziale era irricevibile, in quanto la questione sollevata era ipotetica, dal momento che la controversia principale è divenuta priva di oggetto dopo che l’amministrazione aggiudicatrice ha dichiarato che l’appalto non avrebbe avuto seguito. Il governo italiano ha inoltre eccepito l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale per il fatto che sussistono dubbi in merito alla natura del contratto che l’Agenzia intendeva concludere con la controparte all’esito della gara che non ha poi avuto seguito.
Sul carattere ipotetico della questione pregiudiziale
31 Occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte, ripartizione stabilita dall’articolo 267 TFUE, il giudice nazionale, che è l’unico ad avere conoscenza diretta dei fatti della causa di cui è adito come pure delle argomentazioni delle parti, e che dovrà assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giudiziaria, è nella situazione più idonea per valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna controversia e con piena cognizione di causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (v. segnatamente, in tal senso, sentenze del 22 giugno 2000, Marca Mode, C-425/98, EU:C:2000:339, punto 21, e del 1o aprile 2008, Gouvernement de la Communauté française e Gouvernement wallon, C-212/06, EU:C:2008:178, punto 28).
32 Pertanto, poiché tali questioni riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte in via di principio è tenuta a statuire (sentenza del 17 aprile 2007, AGM-COS.MET, C-470/03, EU:C:2007:213, punto 44).
33 Ne consegue che la presunzione di pertinenza inerente alle questioni proposte in via pregiudiziale dai giudici nazionali può essere esclusa solo in casi eccezionali, in particolare qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione considerate in tali questioni non abbia alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale (v., segnatamente, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C-415/93, EU:C:1995:463, punto 61; del 7 settembre 1999, Beck e Bergdorf, C-355/97, EU:C:1999:391, punto 22, e del 1o aprile 2008, Gouvernement de la Communauté française e Gouvernement wallon, C-212/06, EU:C:2008:178, punto 29).
34 Infatti, il rigetto di una domanda formulata da un giudice nazionale è possibile solo se risulti che con il procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, in contrasto con il suo scopo, si intenda in realtà indurre la Corte a pronunciarsi per il tramite di una controversia fittizia oppure sia manifesto che il diritto dell’Unione non può essere applicato, né direttamente né indirettamente, alle circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi, C-297/88 e C-197/89, EU:C:1990:360, punto 40, e del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C-28/95, EU:C:1997:369, punto 26).
35 Nel caso di specie, è innegabile che la questione se le ricorrenti nel procedimento principale disponessero, in base al diritto dell’Unione, del diritto di proporre un ricorso contro il bando pubblicato dall’Agenzia deve condizionare l’ammissibilità del ricorso proposto dinanzi al giudice nazionale. Vero è che, a causa della decisione dell’Agenzia di non dar seguito al bando dopo l’adozione della legge n. 19/2016, l’oggetto principale del ricorso è venuto meno.
36 Tuttavia, a differenza delle circostanze della causa che ha dato luogo all’ordinanza della Corte del 14 ottobre 2010, Reinke (C-336/08, non pubblicata, EU:C:2010:604), la controversia principale non è stata risolta nel merito.
37 Infine, sebbene l’esame della questione se, nelle circostanze del procedimento principale, operatori economici che avevano deliberatamente deciso di non partecipare a una gara d’appalto disponessero di un diritto di proporre ricorso ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 o dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13, sia solo intesa a consentire al giudice del rinvio di pronunciarsi sulla ripartizione delle spese nel procedimento principale, non vi è dubbio che si tratta di una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, alla quale la Corte deve rispondere al fine di preservare l’uniformità di applicazione del medesimo.
38 Sotto tale profilo, occorre dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.
Sulla mancata identificazione della natura del contratto di cui al procedimento principale
39 Vero è che, come sostiene il governo italiano nelle sue osservazioni scritte, l’ordinanza di rinvio non consente di determinare con certezza se la gara d’appalto indetta dall’Agenzia riguardasse l’aggiudicazione di una concessione di servizi di trasporto o di un appalto pubblico di servizi. Nel primo caso, l’interesse ad agire delle ricorrenti nel procedimento principale dovrebbe essere esaminato tenendo conto dell’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 1370/2007, mentre, nel secondo caso, dovrebbe essere valutato alla luce dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13.
40 Tuttavia, senza che sia necessario cercare di determinare la natura di detto contratto, compito che spetta al giudice del rinvio, è sufficiente constatare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, che l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 e l’articolo 5, paragrafo 7, del regolamento n. 1370/2007 stabiliscono regimi di ricorso analoghi a quello corrispondente della direttiva 89/665, su cui verte la domanda posta dal giudice del rinvio.
41 In tali circostanze, dal momento che il diritto a una tutela giurisdizionale è oggetto di una tutela equivalente nei tre testi di diritto derivato menzionati al punto precedente, la risposta della Corte alla questione sollevata non può variare a seconda della qualificazione del contratto di cui trattasi nel procedimento principale.
42 Occorre pertanto, anche sotto questo profilo, dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.
Nel merito
43 Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto pubblico di cui trattasi.
44 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le procedure di ricorso previste da tale direttiva siano accessibili «per lo meno» a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto pubblico e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle disposizioni nazionali che attuano tale diritto (v., in tal senso, sentenze del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02, EU:C:2004:93, punto 25, e del 5 aprile 2016, PFE, C-689/13, EU:C:2016:199, punto 23).
45 Gli Stati membri non sono dunque tenuti a rendere dette procedure di ricorso accessibili a chiunque voglia ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico, ma hanno facoltà di esigere che la persona interessata sia stata o rischi di essere lesa dalla violazione da essa denunciata (v., in tal senso, sentenze del 19 giugno 2003, Hackermüller, C-249/01, EU:C:2003:359, punto 18 e del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02, EU:C:2004:93, punto 26).
46 La partecipazione a un procedimento di aggiudicazione di un appalto può, in linea di principio, validamente costituire, riguardo all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, una condizione che deve essere soddisfatta per dimostrare che il soggetto coinvolto ha interesse all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi o rischia di subire un danno a causa dell’asserita illegittimità della decisione di aggiudicazione di detto appalto. Se non ha presentato un’offerta, tale soggetto può difficilmente dimostrare di avere interesse a opporsi a detta decisione o di essere leso o rischiare di esserlo dall’aggiudicazione di cui trattasi (sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02, EU:C:2004:93, punto 27).
47 Nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero per l’appunto impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste, sarebbe tuttavia eccessivo esigere che tale impresa, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza di dette specifiche (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02, EU:C:2004:93, punti 28 e 29).
48 Nella sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service (C-230/02, EU:C:2004:93), la considerazione in base alla quale le possibilità per la Grossmann Air Service di aggiudicarsi l’appalto erano nulle era legata al fatto, ricordato al punto 17 di tale sentenza, che essa non disponeva di aerei di grandi dimensioni, per cui non era, per definizione, in grado di fornire tutte le prestazioni richieste dall’amministrazione aggiudicatrice.
49 Gli insegnamenti della sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service (C-230/02, EU:C:2004:93), sono applicabili, mutatis mutandis, nel caso di specie.
50 Sia dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Italia) sia dalla sentenza n. 245/2016 della Corte costituzionale risulta infatti che un interesse ad agire può essere eccezionalmente riconosciuto a un operatore economico che non ha presentato alcuna offerta, nelle «ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti, o, infine, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell’offerta».
51 Si deve pertanto constatare che i requisiti sia dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 sono soddisfatti se un operatore che non ha formulato alcuna offerta dispone, in particolare, di un diritto di proporre ricorso qualora ritenga che talune specifiche contenute nella documentazione di gara rendano impossibile la formulazione stessa di un’offerta.
52 Tuttavia, occorre ricordare che un ricorso siffatto non può, a pena di violare gli obiettivi di rapidità ed efficacia previsti sia dalla direttiva 89/665 sia dalla direttiva 92/13, essere presentato dopo che la decisione di aggiudicazione dell’appalto è stata adottata dall’amministrazione aggiudicatrice (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C-230/02, EU:C:2004:93, punto 37).
53 Inoltre, poiché è solo in via eccezionale che un diritto di proporre ricorso può essere riconosciuto a un operatore che non ha presentato alcuna offerta, non si può considerare eccessiva la richiesta che quest’ultimo dimostri che le clausole del bando rendevano impossibile la formulazione stessa di un’offerta.
54 Nondimeno, benché il grado di esigenza della prova non sia di per sé contrario al diritto dell’Unione sugli appalti pubblici, non si può escludere che, tenuto conto delle circostanze specifiche del procedimento principale, la sua applicazione possa comportare una violazione del diritto di proporre ricorso che le ricorrenti nel procedimento principale derivano sia dall’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia dall’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13.
55 A tale riguardo, spetta al giudice del rinvio valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta della normativa italiana relativa alla capacità di agire in giudizio, come interpretata dal Consiglio di Stato e dalla Corte costituzionale, sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva delle ricorrenti nel procedimento principale.
56 Tuttavia, sulla base degli elementi che figurano nel fascicolo a sua disposizione, la Corte può fornire al giudice del rinvio indicazioni utili per la valutazione che spetta a quest’ultimo effettuare.
57 A tale proposito, si deve anzitutto tener conto del fatto che Amt e a. hanno garantito il servizio di trasporto pubblico regionale prima che l’amministrazione aggiudicatrice indicesse la procedura di appalto e decidesse poi di non dare seguito alla medesima. Inoltre, dal momento che la legge regionale 33/2013 specificava che il servizio di trasporto pubblico regionale da quel momento in poi sarebbe stato attribuito in un unico lotto che copriva l’intero territorio regionale, mentre l’articolo 3 bis del decreto-legge n. 138/2011 prevede che, in linea di principio, i servizi pubblici locali devono essere gestiti a livello provinciale, spetta al giudice del rinvio esaminare se il legislatore regionale ha esposto le ragioni per cui aveva ritenuto preferibile organizzare il futuro servizio di trasporto a livello regionale e non più a livello provinciale. Infine, vista la libertà dell’amministrazione aggiudicatrice nel valutare le proprie necessità, non può essere escluso a priori che la scelta della Regione di organizzare i servizi di trasporto a livello regionale fosse legittima, in quanto, ad esempio, rispondeva a considerazioni di carattere economico, quali la volontà di realizzare economie di scala.
58 Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.
Tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.
Sulle spese
59 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
Sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, sia l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del
25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che non consente agli operatori economici di proporre un ricorso contro le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice relative a una procedura d’appalto alla quale essi hanno deciso di non partecipare poiché la normativa applicabile a tale procedura rendeva molto improbabile che fosse loro aggiudicato l’appalto in questione.
Tuttavia, spetta al giudice nazionale competente valutare in modo circostanziato, tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti che caratterizzano il contesto della controversia di cui è investito, se l’applicazione concreta di tale normativa non sia tale da poter ledere il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati.
Vilaras Malenovský Bay Larsen Safjan
Šváby
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 novembre 2018.
Il cancelliere Il presidente
A. Calot Escobar K. Lenaerts
[1] Sul punto, v. anche Cons. St., sez. III, 10 giugno 2016, n. 2507; Cons. St., sez. V, 30 dicembre 2015, n. 5862; Cons. St., sez. V, 12 novembre 2015, n. 5181; Cons. St., Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9; Cons. St., Ad. Plen., 7 aprile 2011, n. 4.
[2] In tal senso, CGUE, 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C‑230/02, EU:C:2004:93, punto 25; Id., 5 aprile 2016, PFE, C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 23.
[3] CGUE, 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C‑230/02, cit., punto 27.
[4] CGUE, 12 febbraio 2004, Grossmann Air Service, C‑230/02, cit., punti 28 e 29.