Cons. St., Commissione speciale, 26 ottobre 2018, Numero 02703/2018 e data 21/11/2018 Spedizione
numero affare 01747/2018
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Numero 02703/2018 e data 21/11/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Adunanza della Commissione speciale del 26 ottobre 2018
NUMERO AFFARE 01747/2018
OGGETTO:
Autorità nazionale anticorruzione - ANAC.
Linee guida recanti la disciplina delle clausole sociali
(Art. 50 d. lgs. 18 aprile 2016 n.50 come modificato dal d. lgs. 19 aprile 2017 n.56)
LA COMMISSIONE SPECIALE del 26 ottobre 2018
- vista la nota 5 ottobre 2018 prot. n.82242 del Presidente, con la quale l’ANAC ha richiesto un parere sul documento in oggetto al Consiglio di Stato nell’esercizio delle funzioni consultive proprie di esso, considerato il rilievo generale delle questioni in esame;
- esaminati gli atti trasmessi dall’ANAC, ovvero la bozza delle linee guida, la relativa relazione illustrativa e il documento che contiene le osservazioni degli interessati, espresse nel corso della pubblica consultazione indetta a tale scopo dall’ANAC stessa;
- uditi all’adunanza della Commissione del giorno 26 ottobre 2018 i relatori, Consiglieri di Stato Francesco Gambato Spisani e Silvia Martino;
osserva quanto segue.
1. Premesse.
1.1 L’istituto al quale le linee guida in esame si riferiscono è previsto dall’art. 50 del d. lgs. 50/2016, Codice dei contratti, nel testo introdotto dal decreto “correttivo” d. lgs. 56/2017, che dispone: “(Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi) Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto.”
La modifica legislativa ha reso obbligatorie (“i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono…”) le clausole in esame, che secondo il testo previgente dell’articolo erano solo facoltative (“i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possono inserire…”).
1.2 In conformità al testo della norma, nelle linee guida in esame e nella relazione illustrativa che le accompagna, si è scelto di riservare la denominazione di “clausola sociale” propriamente detta alla sola clausola che produce l’effetto di “promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato”, con le modalità che si vedranno.
Peraltro, come la stessa ANAC ricorda al § 1.2 della bozza e al successivo § 6 di essa, l’ordinamento, e in particolare l’art. 3 comma 1 lettera qqq) del Codice dei contratti, consente anche clausole sociali in senso ampio, genericamente intese a “valorizzare … aspetti che afferiscono alla protezione sociale, al lavoro e all’ambiente” (bozza, § 1.2).
1.3 La bozza in esame prende in considerazione tali “clausole sociali diverse” da quelle volte al “riassorbimento del personale” alla fine, ovvero al § 6, ove osserva che le stazioni appaltanti possono introdurre criteri di aggiudicazione dell’offerta economicamente vantaggiosa, ovvero clausole del contratto, pertinenti all’oggetto dell’affidamento, i quali considerino “fattori di rilevanza sociale ed ambientale” diversi dalla tutela dell’occupazione.
La Commissione peraltro osserva che le clausole sociali diverse, rispetto a quelle in materia di occupazione, sollevano problematiche a sé stanti, il cui rilievo richiederebbe, se mai, di predisporre linee guida ad esse specificamente dedicate. A mero titolo di esempio, ci si può riferire alla difficoltà di definire e di stimare i “costi del ciclo di vita” che possono integrare il criterio di aggiudicazione di una gara ai sensi dell’art. 96 comma 1 lettera b) del Codice dei contratti.
La Commissione suggerisce pertanto di stralciare dalla bozza l’intero § 6, intitolato “Le clausole sociali diverse dal riassorbimento del personale” e di mantenere soltanto il rinvio generale alla loro liceità e possibilità, contenuto nel § 1.2, con una formulazione ancor più sintetica, del tipo “ulteriori clausole sociali, diverse da quelle oggetto di queste linee guida, sono consentite in base all’articolo 3, comma 1, lettera qqq) del Codice dei contratti”.
1.4 Tutte le clausole sociali di cui si è detto, si ricorda ancora per chiarezza, si fondano sul disposto delle direttive europee in materia di appalti, e in particolare, come evidenziato anche nella relazione illustrativa, sui considerando nn. 37, 93 e 99 e sugli articoli 18 § 2 e 70 della direttiva 2014/24/UE. Significativo è poi anche il considerando n. 2 della medesima direttiva, sulla c.d. crescita inclusiva e sull’uso degli appalti pubblici da parte dei committenti “per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi e a valenza sociale”.
Tuttavia, le norme europee in questione non impongono uno specifico contenuto alle clausole stesse: la disciplina relativa, in particolare quella della clausola in materia di occupazione, si deve quindi considerare frutto di scelte del legislatore nazionale, soggette al diritto europeo solo in via generale, al pari di qualsiasi atto giuridico di ogni Stato dell’Unione.
1.5 Sempre per chiarezza, si ricorda che le linee guida in esame sono emanate dall’ANAC ai sensi dell’art. 213 del Codice dei contratti, se pure nel caso di specie rivestono, come la stessa Autorità evidenzia anche nella richiesta di parere, carattere sostanzialmente interpretativo. Va però evidenziato che, stante il carattere non vincolante delle linee guida in quanto tali, si tratta di una interpretazione a sua volta non vincolante, anche se in fatto, realisticamente, è la prima cui gli operatori fanno riferimento.
1.6 Al riguardo, la Commissione ritiene di evidenziare che destinatari tipici delle linee guida sono il funzionario della stazione appaltante, ad esempio in veste di RUP, e l’operatore economico del settore, ovvero soggetti che nella normalità dei casi non sono necessariamente dotati di competenze giuridiche di livello specialistico. Nel predisporre il testo delle linee guida stesse, pertanto, vanno ricercate soluzioni interpretative che uniscano alla necessaria conformità a legge la chiarezza e semplicità di applicazione, e ciò anche in base al principio costituzionale di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost.
1.7 La Commissione richiama altresì quanto già in precedenza osservato da questo Consiglio (Commissione speciale, parere n. 1767 del 2 agosto 2016) quanto all’esposizione “discorsiva” delle linee guida, che deve comunque risultare chiara ed univoca. La natura non vincolante delle linee guida giustifica un minore rigore nell’indirizzo impartito all’amministrazione; tuttavia, le stazioni appaltanti, le quali intendessero discostarsi dall’interpretazione dell’Autorità, devono adottare un atto che contenga una adeguata e puntuale motivazione che indichi le ragioni della eventuale diversa scelta amministrativa, fermo restando il rispetto delle disposizioni del Codice dei contratti e dei principi generali sull’esercizio del potere di affidamento di commesse pubbliche ricavabili dall’ordinamento euro unitario e da quello nazionale (Commissione speciale, parere n. 361 del 12 febbraio 2018).
2. Considerazioni di principio.
2.1 Definire la disciplina della clausola sociale in esame richiede un bilanciamento fra più valori, tutti di rango costituzionale, ed anche europeo, dato che si tratta comunque di valori tutelati anche in base ai principi generali del relativo ordinamento.
2.2 Ci si riferisce da un lato al rispetto della libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce “la libertà di impresa”, conformemente alle legislazioni nazionali. E’ in base al necessario rispetto di tale principio che secondo costante giurisprudenza di questo Consiglio, per tutte C.d.S. sez. III 27 settembre 2018 n.5551 e sez. V 28 agosto 2017 n.4079, l’obbligo di riassorbimento del personale imposto dalla clausola in questione deve essere inteso in modo compatibile con l'organizzazione di impresa prescelta dall'imprenditore subentrante, con le conseguenze concrete che si diranno.
In proposito, va ricordato anche il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato 11 dicembre 2015 prot. n.722361, espresso sul disegno di legge che ha portato all’attuale formulazione dell’articolo 50, in cui essa evidenzia come la clausola sociale diminuisca “sensibilmente i benefici del confronto competitivo” e possa “scoraggiare la partecipazione alla gara, limitando indebitamente la platea dei partecipanti”.
Il rispetto della libertà di impresa, nel momento in cui la clausola sociale è predisposta nell’ambito della P.A. richiede quindi il rispetto del principio di proporzionalità dell’agire amministrativo, implicito nell’art. 97 Cost. e previsto dall’art. 5 del Trattato europeo.
In tal senso, è utile ricordare anche come la Corte Costituzionale abbia dichiarato, ad esempio, l’illegittimità costituzionale di disposizioni di leggi regionali che non si limitavano a prevedere il mantenimento in servizio di personale già assunto, nel caso di discontinuità dell’affidatario, ma stabilivano in modo automatico e generalizzato “l’assunzione a tempo indeterminato” del personale già “utilizzato” dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto (Corte Cost., 3 marzo 2011, n. 68).
2.3 Ci si riferisce, dall’altro lato, in primo luogo al diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost, e dall’art. 15 della Carta di Nizza, di analogo contenuto: in proposito, ci si limita al dato di comune esperienza per cui i lavoratori degli appalti interessati più da vicino dalla clausola sociale, ovvero quelli ad alta intensità di manodopera, sono spesso soggetti svantaggiati, per i quali una protezione è particolarmente necessaria.
Sotto questo profilo, l’art. 50 del Codice dei contratti introduce, nel settore delle pubbliche commesse, la disciplina generale di un istituto già presente in disposizioni normative settoriali e, soprattutto, nella contrattazione collettiva.
Dal lato della tutela del lavoro, viene dunque in questione anche il rispetto della libertà sindacale, garantita dall’art. 39 Cost, oltre che dall’art. 12 comma 1 della Carta di Nizza. Va infatti puntualizzato che l’obbligo di formulare l’offerta in un certo modo, imposto al concorrente di una gara per raggiungere fini del tipo perseguito dalla clausola sociale, può derivare da due fonti diverse, ovvero dalla clausola stessa, ma anche da un contratto collettivo di lavoro.
Ciò posto, va osservato che il contratto collettivo rappresenta un assetto complessivo dei rapporti di lavoro che le parti, ovvero i sindacati e le associazioni datoriali, hanno ritenuto conforme ai rispettivi interessi, e come tale, dal punto di vista del datore di lavoro, esso è parte dell’organizzazione di impresa da lui prescelta. Si tratta appunto di un assetto complessivo, le cui parti sono interdipendenti, e pertanto un intervento autoritativo esterno su una sola di queste parti, in ipotesi l’inserzione di una clausola sociale imposta da un bando di gara, può portare alla disdetta dell’intero contratto, con effetti contrari a quelli di protezione sociale che la clausola vorrebbe raggiungere.
Ne deriva inevitabilmente che ove la successione tra imprese, a fini sociali, sia già prevista dai CCNL cui aderiscono le imprese del settore, non vi sarà spazio alcuno per la clausola sociale inserita nel bando.
L’effettività delle clausole sociali è dunque strettamente legata ai già evidenziati limiti di compatibilità costituzionale ed euro unitaria tracciati, oltre che dalla giurisprudenza costituzionale, da quella amministrativa, citata anche nelle Relazione illustrativa, secondo cui, da un lato, la clausola sociale è legittima nella misura in cui non implichi un indiscriminato e generalizzato dovere di assumere tutto il personale dell’impresa uscente ma permetta invece una ponderazione tra la necessità di personale per l’esecuzione del nuovo contratto e la libertà di scelta organizzativa e imprenditoriale del nuovo appaltatore; dall’altro, rientra nelle prerogative dell’imprenditore la scelta del contratto collettivo da applicare, fatta in ogni caso salva la coerenza con l’oggetto dell’attività affidata dalla stazione appaltante.
3. Tutto ciò premesso, si procede ad esaminare in dettaglio la bozza trasmessa, seguendo per chiarezza di esposizione l’ordine che corrisponde ai relativi paragrafi.
4. Note al § 1 “Finalità e contesto normativo”.
4.1 Il paragrafo 1.1 riproduce nella sostanza il testo della norma di legge; si suggerisce, per maggior chiarezza, di sostituire la frase “nei bandi e nelle lettere di invito” con “nella lex specialis di gara, comunque denominata”, formula che copre ogni possibile atto che costituisca appunto la legge speciale della procedura, e comprende in particolare sia i bandi di gara le lettere di invito nelle procedure negoziate.
4.2 Al precedente § 1.3, si sono esposte le ragioni per cui si suggerisce di sostituire il testo del § 1.2 con “ulteriori clausole sociali, diverse da quelle oggetto di queste linee guida, sono consentite in base all’articolo 3, comma 1, lettera qqq) del Codice dei contratti”.
5. Note al § 2 “Ambito di applicazione”.
5.1 Schematizzando per chiarezza il paragrafo, così come predisposto dalla bozza, la clausola sociale:
si applica necessariamente:
- ad appalti e concessioni di lavori e servizi ad alta intensità di manodopera;
- anche se relativi a settori speciali;
non si può applicare mai:
- agli appalti di servizi di natura intellettuale;
- agli appalti di fornitura;
- agli appalti e alle concessioni in cui la prestazione lavorativa sia scarsamente significativa o irrilevante;
- agli appalti di natura occasionale;
- ai subappalti, ovvero al personale dipendente dalle imprese subappaltatrici;
si può applicare, per scelta della stazione appaltante:
- a tutti gli altri appalti di lavori e servizi, anche se sottosoglia, e quindi, in concreto, agli appalti di lavori e servizi non ad alta intensità di manodopera.
Infine, se l’oggetto del contratto è scindibile in prestazioni soggette alla clausola sociale e prestazioni che non lo sono, la clausola si applica soltanto alle prime.
5.2 Nel paragrafo in esame, l’ANAC ha espresso una delle “scelte di fondo” compiute in materia, ovvero (Relazione illustrativa, § IV dal quarto rigo) quella di ritenere che negli appalti diversi da quelli ad alta intensità di manodopera la previsione della clausola sociale sia legittima, ma rimessa ad una scelta della stazione appaltante, e quindi facoltativa.
5.3 In proposito, la Commissione evidenzia che si tratta di interpretazione apparentemente contraria alla lettera della norma, in quanto l’uso del modo indicativo -“i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono”- preceduto da un frase esemplificativa -“ con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera”- potrebbe avere il significato normale di stabilire un obbligo generale per tutti i casi ricompresi nella categoria, nella specie in quella degli appalti di lavori e servizi, e di rafforzarlo per il caso espressamente menzionato. Nondimeno, la Commissione concorda con l’interpretazione, costituzionalmente orientata, proposta dall’ANAC perché coerente con la considerazione di principio per cui la clausola in esame rappresenta un limite alla libertà di iniziativa economica, che deve essere proporzionato agli obiettivi da raggiungere; è allora evidente che il fine di proteggere l’occupazione assume rilievo tale da imporre senz’altro l’intervento in esame soltanto negli appalti ad alta intensità di manodopera, mentre negli altri casi ci si può rimettere alla discrezionalità delle stazioni appaltanti. E’ appena il caso di osservare che, astrattamente, anche negli appalti sottosoglia può presentarsi una situazione di alta intensità.
5.4 Ciò posto, sui singoli punti compresi nel paragrafo in esame, la Commissione osserva anzitutto che potrebbe essere inserito nel testo delle linee guida il chiarimento contenuto nella Relazione illustrativa, a p. 8 quarto rigo, secondo il quale non è di per sé servizio di natura intellettuale sol perché svolto da personale soggetto all’obbligo di iscrizione in albi professionali, come avviene ad esempio per le professioni sanitarie; anche in questi casi, infatti, è necessario verificare se le prestazioni oggetto del servizio richiedano o no un significativo apporto di manodopera, seppure di alta qualificazione e munito di iscrizione obbligatoria ad un albo, organizzata dall’operatore economico. Più in generale, appare altresì opportuno indicare alle stazioni appaltanti di dare conto, nella delibera o determina a contrarre, dell’istruttoria svolta in ordine alla valutazione sostanziale delle prestazioni da affidare ai fini dell’eventuale esclusione dell’appalto dall’ambito di applicazione della clausola ovvero, nelle ipotesi in cui l’inserimento della clausola sia meramente facoltativo e quindi rimesso alla discrezionalità della stazione appaltante, ai fini della motivazione della scelta operata.
5.5 La Commissione dissente poi dalla scelta, operata al § 2.2 quarto rigo, di precludere in assoluto l’inserzione della clausola sociale negli appalti in cui la prestazione di lavoro sia “scarsamente significativa” ovvero “irrilevante”; osserva infatti in proposito che si tratta di concetti indeterminati, e che non si vede per qual ragione dovrebbe essere proibito offrire la protezione della clausola solo perché i lavoratori interessati sono poco numerosi, dato che oltretutto proprio in questi casi potrebbe essere più agevole riassorbirli.
5.6 La Commissione suggerisce infine di eliminare dal paragrafo in esame il riferimento alla “disciplina dei contratti collettivi” (§ 2.2 ultimo capoverso), che è oggetto specifico del seguente paragrafo 4, e il riferimento alle indicazioni da inserire negli atti di gara (ibidem, “La stazione appaltante indica nella documentazione di gara…”), che sono a loro volta oggetto specifico del successivo paragrafo 3; suggerisce ancora di eliminare dal § 2.3 l’inciso per cui la clausola sociale non interferisce con il principio di rotazione dei fornitori (“Per le procedure negoziate e gli affidamenti diretti, l’applicazione del principio di rotazione nella selezione degli operatori economici… non è ostativa alla previsione e al funzionamento delle clausole sociali”), inciso che esprime una regola pacifica, e la cui necessità quindi non è chiara.
6. Note al § 3 “Il funzionamento delle clausole sociali”, meglio detto “L’applicazione delle clausole sociali”.
6.1 Con riferimento a questo paragrafo, la Commissione richiama quanto già detto circa la necessità di interpretare la materia contemperando la libertà di iniziative economica e la protezione del diritto al lavoro, e quindi la regola per cui la clausola sociale va applicata compatibilmente con l’organizzazione aziendale dell’imprenditore subentrante; segnala in proposito anche che si tratta di una delle “scelte di fondo” compiute dall’ANAC (Relazione, § IV). La Commissione richiama altresì la necessità di privilegiare soluzioni di agevole comprensione ed applicazione, con le conseguenze di cui appresso.
6.2 Ciò premesso, la Commissione concorda con la bozza proposta quanto all’individuazione dei presupposti perché la clausola sociale si applichi. Riassumendo:
- la clausola sociale non si può applicare se la stazione appaltante non abbia in corso alcun contratto nel settore di riferimento;
- allo stesso modo non si può applicare se vi sia in essere un contratto oggettivamente incompatibile con quello da affidare;
- si applica invece se la stazione appaltante abbia in corso un contratto identico a quello in essere, ovvero ad esso oggettivamente assimilabile;
- si applica allo stesso modo se il contratto da affidare prevede prestazioni aggiuntive rispetto a quello in corso.
6.3 Sul punto specifico, la Commissione evidenzia la necessità di precisare la definizione di “incompatibilità oggettiva” contenuta nella bozza, che da un lato appare correttamente riferita alle “prestazioni dedotte nel contratto”, dall’altro non è chiara là dove è riferita ai “requisiti di qualificazione” esclusi però “profili meramente soggettivi attinenti agli operatori economici”, osservandosi che i requisiti di qualificazione sono appunto soggettivi. La Commissione evidenzia la stessa necessità di chiarezza con riguardo al caso in cui le “prestazioni aggiuntive” rispetto al contratto in corso arrivino a mutare “l’oggetto dell’affidamento”, caso in cui la clausola sociale più non si applica. Pure da chiarire appare il riferimento alla “difformità delle condizioni soggettive di accesso alla gara da parte degli operatori economici”. Se infatti con tale espressione si è inteso compendiare i requisiti di partecipazione di cui all’art. 83 del Codice, va considerato che essi hanno una stretta correlazione all’oggetto dell’appalto (al quale debbono essere “attinenti e proporzionati”), sicché appare dubbio che gli stessi possano avere autonomo rilievo ai fini della valutazione di “incompatibilità oggettiva” tra vecchio e nuovo affidamento.
Si suggerisce, pertanto, di eliminare l’espressione contenuta al par. 3.2 sesto e settimo rigo.
6.4 Ciò posto, l’effettivo contemperamento della libertà di impresa con il diritto al lavoro ad avviso della Commissione richiede l’eliminazione di un’asimmetria informativa fra i potenziali imprenditori entranti, l’imprenditore entrante e l’imprenditore uscente, che è titolare, nell’ambito che interessa, di una posizione dominante, o comunque di vantaggio informativo, della quale occorre prevenire il possibile abuso al fine di evitare fenomeni di azzardo morale.
In termini economici, infatti, l’imprenditore che già gestisce il servizio da affidare è necessariamente in possesso di tutte le informazioni sul numero degli addetti che impiega e sui relativi costi, ovvero delle informazioni che gli esterni non conoscono, e che però sono loro necessarie per concorrere alla gara con un’offerta sostenibile. Ad avviso della Commissione, applicare in modo effettivo la clausola sociale postula che la descritta asimmetria informativa venga eliminata.
In tal senso, si deve allora osservare che per le informazioni necessarie ai concorrenti esterni per formulare l’offerta si possono dare due eventualità, senza che necessariamente una escluda l’altra.
Potrebbe anzitutto trattarsi di informazioni in possesso della stazione appaltante, contenute quindi in documenti da essa formati: per tali documenti, è applicabile l’istituto generale del diritto di accesso, che consente all’interessato di averne conoscenza. Va però rilevato che si tratta del caso meno probabile, perché per comune esperienza chi acquista un servizio da un fornitore esterno non necessariamente conosce i dettagli dell’organizzazione aziendale di questi.
Potrebbe poi trattarsi, e sarà la regola per la maggior parte di esse, di informazioni di cui è in possesso solo l’imprenditore uscente: per questi dati, è rintracciabile nel sistema un obbligo di renderli noti che prescinde da specifiche previsioni contrattuali. Ci si può richiamare anzitutto alla previsione dell’art. 1375 c.c., per cui “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede” ed alla previsione di cui all’art. 1175 c.c. secondo cui le parti devono comportarsi secondo correttezza. La prima norma, com’ è noto, è il fondamento di una serie di obblighi di correttezza posteriori alla conclusione del contratto e non previsti direttamente da esso, che però si pongono soltanto nel rapporto fra contraenti, ovvero, nella specie, nel rapporto fra la stazione appaltante e l’appaltatore uscente. Il riferimento all’articolo 1175 c.c., interpretato alla luce dell’articolo 2 della Costituzione consente di individuare obblighi di informazione e di protezione non solo nei confronti della controparte, ovvero della stazione appaltante, ma anche di terzi qualificati. E’ pertanto possibile ricavare un obbligo dell’impresa uscente direttamente nei confronti dei terzi interessati sussumendolo nella nota categoria generale degli obblighi di protezione nei confronti di terzi, che si fondano direttamente sui doveri di solidarietà richiesti dall’art. 2 Cost. Dal contratto tra stazione appaltante ed impresa sorgono dunque obblighi di informazione a favore delle imprese che partecipano alla gara. A carico dell’imprenditore uscente sorgono obblighi di informazione la cui esecuzione potrebbe doversi realizzare anche successivamente alla esecuzione del contratto (c.d. obblighi post-contrattuali). Il contenuto di tali obblighi è funzionale al corretto adempimento della clausola sociale. Ovviamente il corrispondente diritto all’informazione è presidiato da obblighi di riservatezza dal momento che la indicazione dei costi relativi all’adempimento della clausola sociale potrebbe esitare nel trasferimento di informazioni sensibili concernenti l’organizzazione della impresa uscente.
Si tratta, è il caso di notarlo, di obblighi per i quali è configurabile anche una specifica sanzione, dato che il loro ingiustificato inadempimento potrebbe integrare gli estremi del grave illecito professionale di cui all’art. 80 comma 5 lettera c) del Codice dei contratti, e comunque essere valutato ai fini di un’esclusione dall’elenco degli imprenditori invitati alla gara.
A fondamento di tali obblighi di informazione, necessari per garantire l’adempimento della clausola sociale può anche richiamarsi la disciplina della concorrenza immaginando che il dovere di informazione nasca piuttosto dalla disciplina generale dell’illecito civile. Tale dovere si precisa e definisce con la identificazione dei soggetti che manifestano interesse a partecipare alla gara.
6.5 In base a quanto detto finora, la Commissione suggerisce di modificare il contenuto del paragrafo 3.5 nel senso che il bando debba comunque indicare gli elementi rilevanti per formulare l’offerta nel rispetto della clausola sociale, chiarendo che la stazione appaltante e l’appaltatore uscente sono tenuti a comunicare agli interessati, su loro richiesta, le informazioni relative. In tale contesto, rappresenterebbe invece una buona prassi migliorativa prevedere che l’amministrazione debba direttamente renderle note e che l’appaltatore uscente sia obbligato all’informazione in tal senso da una specifica clausola del contratto da lui sottoscritto.
6.6 Ciò chiarito quanto alle informazioni necessarie, la Commissione suggerisce altresì di prevedere che l’offerta debba contenere un vero e proprio “piano di compatibilità” o “progetto di assorbimento”, nel senso che essa debba illustrare in qual modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale, ovvero, detto altrimenti, spiegare come e in che limiti la clausola stessa sia compatibile con l’organizzazione aziendale da lui prescelta. Tale piano di compatibilità dovrebbe anche rendere esplicito quale concreta condotta l’aggiudicatario intenda adottare per rispettare l’obbligo nei confronti dei lavoratori interessati, condotta che dovrebbe coincidere con la formulazione di una vera e propria proposta contrattuale. Infatti, se la clausola comporta un obbligo, sia pure limitato, di riassunzione, l’impresa secondo logica è tenuta formulare una proposta che contenga gli elementi essenziali del nuovo rapporto in termini di trattamento economico e inquadramento, unitamente all’indicazione di un termine per l’accettazione. Quest’obbligo di inserimento nell’offerta è in grado, da un lato, di consentire alla stazione appaltante di valutare l’effettiva volontà di rispettare la clausola, dall’altro offre maggiori garanzie al lavoratore, attraverso la previa individuazione degli elementi essenziali del contratto di lavoro.
Di contro, il bando di gara dovrebbe inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende.
Si tratta, tuttavia, di una scelta che – sebbene volta a rafforzare l’effettività della clausola – è tuttavia rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante.
6.7 A fronte di un’offerta da formulare in tal modo, sarebbero ad avviso della Commissione superflue le considerazioni contenute nel § 3.3 circa l’individuazione dei dipendenti ai quali la clausola si applicherebbe: starebbe al prudente apprezzamento dell’offerente individuarli nel piano di compatibilità, e la soluzione da lui prescelta dovrebbe essere motivatamente valutata dalla stazione appaltante. In ogni caso, la Commissione suggerisce di ancorare ad un termine certo l’individuazione dei lavoratori interessati dalla clausola, evitando il ricorso a concetti potenzialmente indeterminati quali “incremento ingiustificato” del numero di lavoratori nel “periodo finale” e “lavoratori immessi tardivamente e senza giustificazione”
6.8 Da ultimo, la Commissione evidenzia che il paragrafo in esame contiene considerazioni su aspetti che esulano dalla competenza dell’ANAC, aspetti sottoposti oltretutto alla giurisdizione ordinaria e non a quella del Giudice amministrativo. Ci si riferisce a quanto contenuto nel § 3.3, circa la possibilità per i lavoratori non riassorbiti di fruire degli ammortizzatori sociali, di competenza di altra amministrazione, e a quanto esposto nel § 3.4 circa la possibilità che l’acquisizione di personale nell’adempimento di una clausola sociale integri trasferimento di azienda, ove le controversie relative sono appunto attribuite al Giudice ordinario.
6.9 Per tutte le ragioni sin qui esposte, la Commissione suggerisce di stralciare i §§ 3.3, 3.4 e 3.5 nel testo attuale, sostituendoli con un nuovo testo, ove il § 3.3 contenga la disciplina degli obblighi di informazione esposta al precedente § 6.5 e il § 3.4 contenga la disciplina dell’offerta secondo quanto esposto al § 6.6.
7. Note al § 4 “Il rapporto con i contratti collettivi”.
7.1 Ad avviso della Commissione, il rapporto fra la disciplina della clausola sociale in esame e clausole di analogo contenuto che possono essere contenute nei contratti collettivi va affrontato tenendo presente il principio più volte ricordato, per cui la clausola in questione va applicata nel rispetto del tipo di organizzazione aziendale prescelto dall’imprenditore subentrante. Richiamando quanto si è già detto sopra, infatti, il contratto collettivo che un imprenditore abbia eventualmente sottoscritto rappresenta senz’altro un aspetto, certo non secondario, della sua organizzazione aziendale, dato che esso contiene le condizioni alle quali egli ha scelto di impiegare il personale alle sue dipendenze, e per inciso, di sopportare i relativi costi.
7.2 Ciò posto, sempre ad avviso della Commissione, la clausola sociale inserita in un bando di gara per iniziativa della stazione appaltante può essere efficace, nel suo assetto concreto, solo in via suppletiva, ovvero nel caso in cui l’imprenditore offerente non abbia sottoscritto alcun contratto collettivo, ovvero sia parte di un contratto collettivo che delle clausole sociali si disinteressa. Viceversa, nel caso in cui l’interessato abbia sottoscritto un contratto collettivo che in materia dispone, i contenuti della clausola sociale che egli dovrà osservare saranno quelli previsti dal contratto collettivo stesso.
Tale soluzione, si noti, non contrasta con il disposto dell’art. 30 comma 4 del Codice dei contratti, secondo cui “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”. La norma, come ritenuto anche in giurisprudenza – sul punto C.d.S. sez. III 12 marzo 2018 n.1574- rappresenta un minimo di tutela che ai lavoratori va comunque garantito, e quindi fa salva la scelta da parte dell’imprenditore di un contratto diverso.
7.3 Nel caso in cui invece la clausola sociale di contratto collettivo manchi, si concorda con quanto espresso nella bozza, ovvero che la stazione appaltante debba far riferimento ai “contratti collettivi di settore di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81”, ovvero a quelli ai quali lo stesso articolo del Codice fa rinvio. Si tratta dei cd contratti leader, ovvero dei “contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” e dei “contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. Poiché nel relativo ambito l’individuazione del contratto pertinente alla concreta fattispecie, che per forza di cose è uno soltanto, può essere non agevole, la Commissione suggerisce di prevedere nelle linee guida che la stazione appaltante debba indicare quale sia il contratto leader che ritiene applicabile.
7.4 Si suggerisce quindi la riformulazione dei paragrafi nel modo seguente:
§ 4.1 Le stazioni appaltanti indicano nella documentazione di gara il contratto collettivo applicabile in ragione della pertinenza rispetto all’oggetto prevalente dell’affidamento, tenuto conto del richiamo espresso, disposto dall’articolo 50 del Codice dei contratti pubblici, all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nonché di quanto stabilito dall’articolo 30, comma 4, del Codice dei contratti pubblici.
L’operatore economico subentrante applica le disposizioni sulla clausola sociale recate dal contratto collettivo indicato dalla stazione appaltante. E’ comunque fatta salva l’applicazione della clausola sociale prevista dal contratto collettivo prescelto dall’operatore economico subentrante.
§ 4.2. Soppresso.
8. Note al § 5 “Conseguenze del mancato adempimento”
8.1 Anche con riferimento a questo paragrafo, la Commissione deve evidenziare che la presenza di considerazioni su un aspetto che esula dalla competenza dell’ANAC, ed è devoluto alla giurisdizione ordinaria, ovvero su quanto concerne l’esecuzione del contratto; per tale motivo, la Commissione suggerisce di stralciare il § 5.1 e di riformulare il § 5.5 in questi semplici termini: “L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla clausola sociale comporta l’applicazione dei rimedi previsti dalla legge ovvero dal contratto.
Nello schema di contratto le stazioni appaltanti inseriscono clausole risolutive espresse ovvero penali commisurate alla gravità della violazione.
Ove ne ricorrano i presupposti, applicano l’art. 108, comma 3, del Codice dei contratti pubblici”
8.2 Limitandosi agli aspetti di competenza che precedono l’aggiudicazione, ovvero alla possibilità che violazioni dell’art. 50 possano condurre all’esclusione del concorrente dalla gara, la Commissione osserva poi che il contenuto dei restanti §§ 5.2, 5.3 e 5.4 andrebbe rimodulato con riguardo a quanto suggerito a proposito della formulazione dell’offerta. E’ infatti evidente che l’eventualità di un esplicito rifiuto di accettare la clausola da parte dell’offerente rappresenta un’ipotesi di scuola, e che quindi le problematiche maggiori si pongono nei casi di sua accettazione formale, che però porta al suo mancato rispetto in sede di esecuzione del contratto aggiudicato. In tale contesto, prevedere che l’offerta debba essere formulata rendendo esplicito il “piano di compatibilità” che secondo l’interessato consente di rispettare la clausola stessa rappresenta una garanzia, nel senso che consente di individuare ed escludere le offerte incongrue fin dalla loro presentazione.
9. Lo stralcio proposto per l’intero § 6 “Le clausole sociali diverse dal riassorbimento del personale” è stato motivato sopra al § 2.
P.Q.M.
nelle esposte considerazioni è il parere della Commissione Speciale.
GLI ESTENSORI
IL PRESIDENTE
Francesco Gambato Spisani, Silvia Martino
Claudio Zucchelli
IL SEGRETARIO
Cinzia Giglio