Corte di giustizia, sent. 18 ottobre 2018, causa C-606/17, IBA Molecular Italy c. Azienda ULSS n. 3, Istituto Sacro Cuore Don Calabria di Negrar e a., (ECLI:EU:C:2018:843).
1. Rientra nella nozione di appalto pubblico l’attribuzione ad un operatore economico di un finanziamento da parte di un’autorità pubblica, interamente finalizzato alla fabbricazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente a più amministrazioni, anche se queste ultime siano esentate dal pagamento di qualsiasi corrispettivo a favore dell’operatore stesso, ad eccezione del versamento di un importo forfetario per spese di trasporto. Tali contratti devono considerarsi a titolo oneroso ai sensi dell’art. 1, par. 2, lett. a) della dir. 2004/18/CE, ora art. 2, par. 1, n. 5) della dir. 2014/24/UE (1)
2. L’art. 1, par. 2, lett. a), e l’art. 2 della dir. 2004/18/CE, ora rispettivamente art. 2, par. 1, n. 5) e art. 18 della dir. 2014/24/UE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, la quale, equiparando gli ospedali privati «classificati» a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti. (2)
(1) In senso conforme: Corte giust, sent. 19 dicembre 2012, causa C-159/11, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., EU:C:2012:817, p. 29; in senso conforme: sent. 13 giugno 2013, causa C-386/11, Piepenbrock, EU:C:2013:385, p. 31; sent. 11 dicembre 2014, causa C-113/13, ASL n. 5 “Spezzino”, EU:UC:2014:2440, p. 37.
(2) Non constano precedenti relativi alla fattispecie in esame.
SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)
18 ottobre 2018 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici di forniture – Direttiva 2004/18/CE – Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) – Affidamento senza previo esperimento di una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico – Nozione di “contratti a titolo oneroso” – Nozione di “entità pubblica”»
Nella causa C‑606/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione del 6 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 20 ottobre 2017, nel procedimento
IBA Molecular Italy Srl
contro
Azienda ULSS n. 3,
Regione Veneto,
Ministero della Salute,
Ospedale dell’Angelo di Mestre,
nei confronti di:
Istituto Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar,
Azienda ULSS n. 22,
LA CORTE (Ottava Sezione),
composta da M. Vilaras, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente dell’Ottava Sezione, J. Malenovský e D. Šváby (relatore), giudici,
avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Regione Veneto, da C. Zampieri, E. Zanon, A. Manzi, C. Drago e B. Barel, avvocati;
– per la Commissione europea, da G. Gattinara e P. Ondrušek, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49, 56, 105 TFUE e seguenti, nonché degli articoli 1 e 2 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la IBA Molecular Italy Srl (in prosieguo: la «IBA») all’Azienda ULSS – Unità sanitaria locale n. 3 (Italia), alla Regione Veneto (Italia), al Ministero della Salute (Italia), nonché all’Ospedale dell’Angelo di Mestre (Italia), in merito all’affidamento diretto, da parte dell’Unità sanitaria locale n. 3 e dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre, all’Istituto Sacro Cuore – Don Calabria di Negrar (in prosieguo: il «Sacro Cuore»), della fornitura triennale del radiofarmaco a base di 18 F‑fluoro-desossi‑glucosio, denominato «fluorodesossiglucosio (18F) IBA» (in prosieguo: il «farmaco 18‑FDG»).
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 Sotto il titolo «Definizioni», l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e paragrafo 9, della direttiva 2004/18 dispone quanto segue:
«2. a) Gli “appalti pubblici” sono contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ai sensi della presente direttiva.
(…)
9. Si considerano “amministrazioni aggiudicatrici”: lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico.
Per “organismo di diritto pubblico” s’intende qualsiasi organismo:
a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale,
b) dotato di personalità giuridica, e
c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
(…)».
4 L’articolo 2 della direttiva 2004/18, intitolato «Principi di aggiudicazione degli appalti», così dispone:
«Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».
Diritto italiano
5 Risulta dall’articolo 1 della legge del 12 febbraio 1968, n. 132, recante norme sugli enti ospedalieri e sull’assistenza ospedaliera (GURI n. 68, del 12 marzo 1968), che gli ospedali «classificati» sono «istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l’assistenza ospedaliera». Il quinto comma di detto articolo prevede, più precisamente, quanto segue:
«Salva la vigilanza tecnico‑sanitaria spettante al Ministero della sanità, nulla è innovato alle disposizioni vigenti per quanto concerne il regime giuridico‑amministrativo degli istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano l’assistenza ospedaliera».
6 Secondo il giudice del rinvio, risulta in particolare dall’articolo 41 della legge del 23 dicembre 1978, n. 833, intitolata «Istituzione del servizio sanitario nazionale» (supplemento ordinario alla GURI n. 360, del 28 dicembre 1978; in prosieguo: la «legge n. 833»), da un lato, che «i rapporti delle unità sanitarie locali competenti per territorio con gli istituti, enti ed ospedali di cui al primo comma che abbiano ottenuto la classificazione ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132, nonché l’ospedale Galliera di Genova e con il Sovrano Ordine militare di Malta, sono regolati da apposite convenzioni», e, dall’altro lato, che «le istituzioni sanitarie riconosciute che esercitano l’assistenza pubblica conservano la loro posizione di soggetti attivi nel sistema pubblico dell’assistenza».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
7 La IBA è un’impresa specializzata nella produzione di radiofarmaci. Essa è concessionaria esclusiva in Italia del farmaco 18‑FDG, che è un mezzo di contrasto isotopico utilizzato in alcuni esami radiografici.
8 Con un ricorso in data 29 aprile 2015, essa ha contestato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio (Italia) i provvedimenti e gli atti convenzionali mediante i quali l’Unità sanitaria locale n. 3 e l’Ospedale dell’Angelo di Mestre hanno affidato al Sacro Cuore, direttamente e senza previo esperimento di una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, per un periodo di tre anni, l’appalto per la fornitura del farmaco 18‑FDG.
9 Pur essendo una struttura religiosa di diritto privato, il Sacro Cuore è inserito nel sistema pubblico della programmazione sanitaria della Regione Veneto, sulla base di un’apposita convenzione, nella sua qualità di ospedale «classificato», equiparato in quanto tale ad una struttura pubblica.
10 La convenzione conclusa nell’ambito del suddetto appalto di fornitura prevede che il Sacro Cuore debba fornire il farmaco 18‑FDG gratuitamente ai nove ospedali pubblici regionali, dietro rimborso di una somma per il trasporto del prodotto fissata forfettariamente a EUR 180 per ciascun invio.
11 A sostegno della propria domanda intesa ad ottenere l’annullamento dell’affidamento diretto al Sacro Cuore dell’appalto per la fornitura del farmaco 18‑FDG, nonché la susseguente organizzazione di un procedimento di gara d’appalto per la fornitura di tale farmaco, la IBA ha contestato i seguenti provvedimenti:
– la concessione di un finanziamento di EUR 700 000, erogato dalla Regione Veneto al Sacro Cuore e destinato a coprire il costo dell’impegno di fornire gratuitamente il farmaco 18‑FDG a tutte le aziende sanitarie venete interessate;
– la convenzione tipo, predisposta dalla Regione Veneto, concernente la costituzione del rapporto di fornitura tra le singole strutture sanitarie pubbliche regionali e il Sacro Cuore, e
– vari atti regionali e statali riguardanti l’affidamento controverso e i presupposti per lo svolgimento della produzione e della fornitura del radiofarmaco.
12 Con sentenza in data 26 aprile 2016, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto il ricorso della IBA sulla base, principalmente, di due motivi.
13 In primo luogo, la contestata fornitura del farmaco 18‑FDG doveva ritenersi essenzialmente gratuita, in quanto né il finanziamento regionale di EUR 700 000 concesso al Sacro Cuore né la presa in carico delle spese di trasporto del farmaco avrebbero avuto la natura di un corrispettivo diretto.
14 In secondo luogo, anche supponendo che il contratto di fornitura del farmaco suddetto avesse carattere oneroso, l’affidamento controverso avrebbe costituito un accordo tra amministrazioni pubbliche, cui sarebbe inapplicabile la normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici.
15 La IBA ha dunque proposto un ricorso contro la sentenza suddetta dinanzi al Consiglio di Stato (Italia). In sostanza, quest’ultimo giudice ritiene che la valutazione compiuta dal giudice di primo grado in merito all’interpretazione della nozione di contratto a titolo oneroso sia erronea. Per contro, esso condivide la valutazione del giudice di prime cure secondo cui il contratto di fornitura controverso istituisce una cooperazione tra entità pubbliche sottratta all’ambito di applicazione della normativa sugli appalti pubblici.
16 In primo luogo, esso rileva, principalmente, che il Sacro Cuore, a parte il rimborso delle spese di trasporto del farmaco 18‑FDG, formalmente non riceve alcuna remunerazione per la fornitura di quest’ultimo alle strutture sanitarie pubbliche destinatarie.
17 Tuttavia, secondo un’interpretazione teleologica dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, il carattere oneroso di un contratto dovrebbe ritenersi provato nei casi in cui l’esecutore della fornitura riceva un vantaggio economico significativo da parte di un’amministrazione pubblica diversa dall’amministrazione aggiudicatrice, qualora sia ragionevole ritenere che detto finanziamento sia finalizzato proprio alla fornitura del bene in questione. Orbene, nella presente fattispecie, sarebbe questa la finalità della sovvenzione di EUR 700 000 concessa dalla Regione Veneto al Sacro Cuore.
18 In secondo luogo, il Consiglio di Stato ritiene che il codice italiano degli appalti pubblici e la normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici trovino applicazione ad una procedura quale quella contemplata al punto 8 della presente sentenza.
19 Infatti, risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte che i contratti a titolo oneroso conclusi tra due amministrazioni pubbliche costituiscono appalti pubblici, anche qualora l’amministrazione che si trova ad operare quale contraente privato non persegua un preminente scopo di lucro. La natura di appalto pubblico del contratto stipulato non può essere messa in dubbio per il solo fatto che la remunerazione sia limitata ad un mero rimborso delle spese sostenute per fornire il servizio.
20 Inoltre, nessuna delle due ipotesi in cui è ammessa una deroga all’applicazione della normativa sugli appalti pubblici sarebbe soddisfatta nella fattispecie di cui al procedimento principale. Infatti, il giudice del rinvio ritiene di non essere in presenza né di un contratto concluso da un’amministrazione con un’altra entità pubblica giuridicamente distinta sulla quale tale amministrazione esercita un «controllo analogo» a quello che essa esercita sui propri servizi, ai sensi della sentenza del 18 novembre 1999, Teckal (C‑107/98, EU:C:1999:562), né di un contratto che istituisce una cooperazione tra entità pubbliche finalizzata al solo adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a queste ultime, ai sensi in particolare della sentenza del 13 giugno 2013, Piepenbrock (C‑386/11, EU:C:2013:385).
21 Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato, il Sacro Cuore, in quanto ospedale classificato, meriterebbe, nella fattispecie di cui al procedimento principale, di essere pienamente equiparato ad un’amministrazione aggiudicatrice, anche se esso non costituisce un organismo di diritto pubblico.
22 Infine, il giudice del rinvio rileva che la Corte non ha ancora avuto occasione di pronunciarsi sulla situazione del tutto particolare di organismi come gli ospedali «classificati», che sono funzionalmente inseriti nel sistema sanitario regionale, sebbene la loro gestione resti privata sul piano del finanziamento, della nomina degli amministratori e delle regole di funzionamento interno.
23 Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli articoli l e 2 della direttiva [2004/18], comprenda nel proprio ambito applicativo anche le operazioni complesse mediante le quali un’amministrazione pubblica aggiudicatrice intenda attribuire direttamente ad un determinato operatore economico un finanziamento di scopo, interamente finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore; se, di conseguenza, la citata normativa europea osti ad una disciplina nazionale che consenta l’affidamento diretto di un finanziamento di scopo finalizzato alla realizzazione di prodotti destinati ad essere forniti, senza ulteriore procedura di gara, a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di un qualsiasi corrispettivo al predetto soggetto fornitore.
2) Se la disciplina europea in materia di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e, segnatamente, gli articoli 1 e 2 della direttiva 2004/18, e gli articoli 49, 56, 105 [TFUE e seguenti], ostino ad una normativa nazionale che, equiparando gli ospedali privati “classificati” a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, in assenza dei requisiti per il riconoscimento dell’organismo di diritto pubblico e dei presupposti dell’affidamento diretto, secondo il modello dell’in house providing, li sottrae alla disciplina nazionale ed europea dei contratti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di realizzare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, ricevendo contestualmente un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione di tali forniture».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
24 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18 debba essere interpretato nel senso che la nozione di «contratti a titolo oneroso» ricomprende la decisione mediante la quale un’amministrazione aggiudicatrice attribuisce ad un determinato operatore economico direttamente, e dunque senza previo esperimento di una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, un finanziamento interamente finalizzato alla fabbricazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente da detto operatore a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di qualsiasi corrispettivo a favore dell’operatore stesso, ad eccezione del versamento, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio.
25 In via preliminare, risulta che, nella fattispecie di cui al procedimento principale, la Regione Veneto e il Sacro Cuore hanno concluso un contratto mediante il quale tale istituto si è impegnato a produrre e a distribuire gratuitamente il farmaco 18‑FDG agli ospedali pubblici regionali, dietro corresponsione però, da parte di questi ultimi, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio. A tal fine, la Regione Veneto versa al Sacro Cuore una sovvenzione di EUR 700 000 interamente destinata alla produzione del farmaco suddetto.
26 Non sussiste alcun dubbio riguardo al carattere oneroso di un contratto siffatto.
27 Infatti, in conformità dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, per rientrare nella nozione di appalti pubblici, un contratto concluso tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni giudicatrici deve essere stato concluso «a titolo oneroso».
28 Orbene, risulta dal senso giuridico abituale dei termini «a titolo oneroso» che questi ultimi designano un contratto mediante il quale ciascuna delle parti s’impegna ad effettuare una prestazione quale corrispettivo di un’altra prestazione.
29 Così, un contratto che preveda uno scambio di prestazioni rientra nella nozione di appalto pubblico anche nel caso in cui la remunerazione prevista sia limitata al rimborso parziale delle spese sostenute per fornire il servizio concordato (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., C‑159/11, EU:C:2012:817, punto 29, nonché del 13 giugno 2013, Piepenbrock, C‑386/11, EU:C:2013:385, punto 31).
30 Dunque, nel caso in discussione nel procedimento principale, la valutazione del carattere oneroso del contratto di produzione e di fornitura di un farmaco deve tener conto dell’esistenza del corrispettivo versato al fornitore di tale farmaco mediante una sovvenzione di EUR 700 000 erogata dalla Regione Veneto.
31 Ne consegue che un contratto come quello in discussione nel procedimento principale, mediante il quale un operatore economico si impegna a fabbricare e a fornire un prodotto a diverse amministrazioni quale corrispettivo di un finanziamento interamente finalizzato alla realizzazione di tale obiettivo, rientra nella nozione di contratto «a titolo oneroso», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, quand’anche i costi di fabbricazione e di distribuzione del suddetto prodotto non siano interamente compensati dalla sovvenzione di cui sopra ovvero dalle spese di trasporto che possono essere fatturate alle amministrazioni summenzionate.
32 Occorre dunque rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «contratti a titolo oneroso» ricomprende la decisione mediante la quale un’amministrazione aggiudicatrice attribuisce ad un determinato operatore economico direttamente, e dunque senza previo esperimento di una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, un finanziamento interamente finalizzato alla fabbricazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente da detto operatore a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di qualsiasi corrispettivo a favore dell’operatore stesso, ad eccezione del versamento, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio.
Sulla seconda questione
33 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 2 della direttiva 2004/18 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, equiparando gli ospedali privati «classificati» a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti.
34 A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18, per costituire un appalto pubblico e dunque vedersi applicare la normativa dell’Unione in materia, il contratto concluso a titolo oneroso di cui trattasi deve essere stato stipulato tra uno o più operatori economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici.
35 Come risulta da una costante giurisprudenza, due tipi di appalti conclusi da entità pubbliche non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici (sentenza del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., C‑159/11, EU:C:2012:817, punto 31).
36 Si tratta, in primo luogo, dei contratti conclusi tra un’entità pubblica che soddisfa le condizioni stabilite dall’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18 per essere qualificata come «amministrazione aggiudicatrice» ai sensi di tale direttiva e un soggetto giuridicamente distinto dall’entità suddetta, qualora quest’ultima eserciti su tale soggetto un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e questo soggetto realizzi la parte essenziale delle proprie attività con l’entità o le entità che la detengono (v., in tal senso, sentenze del 18 novembre 1999, Teckal, C‑107/98, EU:C:1999:562, punto 50, nonché dell’11 gennaio 2005, Stadt Halle e RPL Lochau, C‑26/03, EU:C:2005:5, punto 49).
37 A questo proposito, è sufficiente constatare come dalle indicazioni del giudice del rinvio risulti che né la Regione Veneto, né le amministrazioni aggiudicatrici menzionate al punto 8 della presente sentenza esercitano un controllo sul Sacro Cuore analogo a quello che esse esercitano sui propri servizi.
38 Pertanto, una normativa nazionale come quella controversa nel procedimento principale non può sottrarre alla sfera di applicazione delle norme in materia di appalti pubblici i contratti conclusi tra un istituto come il Sacro Cuore e un’entità pubblica fondandosi sull’eccezione ricordata al punto 36 della presente sentenza.
39 In secondo luogo, non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici neppure i contratti conclusi a titolo oneroso che istituiscono una cooperazione tra entità pubbliche finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a queste ultime, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra entità pubbliche, senza la partecipazione di una parte privata, che nessun operatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti e che la cooperazione istituita da detti contratti sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2009, Commissione/Germania, C‑480/06, EU:C:2009:357, punti 44 e 47, nonché del 13 giugno 2013, Piepenbrock, C‑386/11, EU:C:2013:385, punti 36 e 37).
40 Poiché i criteri menzionati al punto precedente della presente sentenza sono cumulativi, un appalto tra entità pubbliche può esulare dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici a titolo di tale eccezione soltanto qualora il contratto relativo all’appalto soddisfi tutti i suddetti criteri (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, Piepenbrock, C‑386/11, EU:C:2013:385, punto 38).
41 Il primo dei criteri di cui sopra attiene per l’appunto all’esigenza che questa forma di cooperazione sia realizzata tra entità pubbliche.
42 Occorre constatare che tale criterio non viene manifestamente soddisfatto nel caso di specie. Infatti, gli ospedali «classificati», come il Sacro Cuore, costituiscono persone giuridiche la cui gestione resta, sotto il profilo sia del finanziamento e della nomina degli amministratori sia delle regole di funzionamento interno, interamente privata, come risulta dal punto 37 della presente sentenza.
43 Occorre dunque rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 2 della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, equiparando gli ospedali privati «classificati» a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti.
Sulle spese
44 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
1) L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «contratti a titolo oneroso» ricomprende la decisione mediante la quale un’amministrazione aggiudicatrice attribuisce ad un determinato operatore economico direttamente, e dunque senza previo esperimento di una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, un finanziamento interamente finalizzato alla fabbricazione di prodotti destinati ad essere forniti gratuitamente da detto operatore a diverse amministrazioni, esentate dal pagamento di qualsiasi corrispettivo a favore dell’operatore stesso, ad eccezione del versamento, a titolo di spese di trasporto, di un importo forfettario di EUR 180 per ciascun invio.
2) L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 2 della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale, come quella controversa nel procedimento principale, la quale, equiparando gli ospedali privati «classificati» a quelli pubblici, attraverso il loro inserimento nel sistema della programmazione pubblica sanitaria nazionale, regolata da speciali convenzioni, distinte dagli ordinari rapporti di accreditamento con gli altri soggetti privati partecipanti al sistema di erogazione delle prestazioni sanitarie, li sottrae alla disciplina nazionale e a quella dell’Unione in materia di appalti pubblici, anche nei casi in cui tali soggetti siano incaricati di fabbricare e fornire gratuitamente alle strutture sanitarie pubbliche specifici prodotti necessari per lo svolgimento dell’attività sanitaria, quale corrispettivo per la percezione di un finanziamento pubblico funzionale alla realizzazione e alla fornitura di tali prodotti.
Con sentenza del 18 ottobre u.s., l’Ottava Sezione della Corte di giustizia si è pronunciata, su rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato, su un quesito relativo all’applicabilità della normativa europea in materia di appalti pubblici ad una “convenzione” tra la Regione Veneto e l’Istituto Sacro Cuore Don Calabria, struttura sanitaria religiosa di diritto privato.
Tale convenzione aveva per oggetto la concessione di un finanziamento di 700.000 euro da parte della Regione, a fronte dell’impegno dell’Istituto Sacro Cuore di fornire gratuitamente per tre anni un farmaco, denominato 18-FDG, a nove aziende ospedaliere pubbliche, ottenendo unicamente il rimborso delle spese di trasporto, forfetariamente fissate in euro 180 per ogni invio.
La società IBA Molecular Italy, concessionaria esclusiva per l’Italia del farmaco 18-FDG, impugnava gli atti in questione dinanzi al TAR del Lazio, sostenendo che, mediante la suddetta convenzione, la Regione avesse, di fatto, affidato direttamente, e senza esperire alcuna procedura, la fornitura triennale del farmaco medesimo. Tuttavia, con sentenza del 26 aprile 2016, il TAR respingeva il ricorso, assumendo che gli atti impugnati costituissero un accordo tra amministrazioni pubbliche, cui sarebbe inapplicabile la normativa dell’Unione sugli appalti. Inoltre, il Tribunale escludeva che tale accordo potesse costituire un “contratto a titolo oneroso” poiché né il finanziamento di euro 700.000 né il rimborso spese di euro 180 per ogni consegna dovevano considerarsi il corrispettivo per la fornitura del farmaco.
La IBA impugnava la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, che, ai sensi dell’art. 267 TFUE chiedeva, in sostanza, alla Corte di giustizia: i) se, in base alla normativa europea in materia di appalti pubblici, la convenzione in esame dovesse ritenersi “contratto a titolo oneroso”; ii) se l’esclusione degli ospedali privati “classificati” ex lege n. 132/1968 dall’applicazione della disciplina nazionale ed europea in materia di appalti pubblici dovesse ritenersi incompatibile con la dir. 2004/18.
La Corte, in primo luogo, rileva che, secondo la propria giurisprudenza, la nozione di contratto a titolo oneroso, di cui all’art. 1, par. 2, lett. a) della dir. 2004/18/CE, trasfuso nell’art. 2, par. 1, n. 5) della dir. 2014/24/UE, comprende anche fattispecie nelle quali la remunerazione a favore dell’appaltatore sia limitata al rimborso parziale delle spese.
La conclusione della Corte appare in linea con numerosi precedenti analoghi (in tal senso, v. Corte giust, sent. 19 dicembre 2012, causa C-159/11, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., EU:C:2012:817, p. 29; in senso conforme: sent. 13 giugno 2013, causa C-386/11, Piepenbrock, EU:C:2013:385, p. 31; sent. 11 dicembre 2014, causa C-113/13, ASL n. 5 “Spezzino”, EU:UC:2014:2440, p. 37), e risulta ampiamente giustificata alla luce del criterio teleologico che deve guidare l’interprete al fine di stabilire se il contratto sia gratuito o meno: l’onerosità deve ritenersi dimostrata allorché l’appaltatore riceva un vantaggio economico significativo da parte dell’amministrazione aggiudicatrice o anche di un’autorità pubblica diversa. Il ragionamento appare del tutto lineare, anche perché qualsiasi diversa argomentazione finirebbe per consentire agli Stati membri di vanificare l’applicazione delle norme europee, attraverso il ricorso a schemi contrattuali più o meno articolati.
In merito al secondo quesito, la sentenza premette che la direttiva 2004/18 si applica ai contratti a titolo oneroso stipulati tra una o più amministrazioni aggiudicatrici ed uno o più operatori economici; inoltre, gli ospedali “classificati”, come l’Istituto Sacro Cuore, sono entità giuridiche privatistiche, sotto il profilo del finanziamento, della nomina e delle regole di funzionamento, e non possono perciò considerarsi organismi di diritto pubblico. Ne consegue che la stipulazione di una convenzione come quella in esame, che preveda il versamento di un contributo ed il rimborso forfetario di spese a fronte della consegna di una merce, non può essere esclusa dall’ambito di applicazione delle norme europee in materia di appalti pubblici.
Al riguardo, la Corte opportunamente ricorda la propria giurisprudenza sulle due eccezioni: i) i contratti conclusi tra un’amministrazione aggiudicatrice e un soggetto giuridicamente distinto da essa, su cui quest’ultima esercita un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (c.d. in house providing, di cui alle sent. 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal, EU:C:1999:562, p. 50; e 11 gennaio 2005, causa C- 26/03, Stadt Halle, EU:C:2005:5, p. 49) e ii) i contratti che istituiscono una cooperazione tra entità pubbliche finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a queste ultime, a condizione che tali contratti siano stipulati esclusivamente tra entità pubbliche e purché nessun operatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai propri concorrenti (sent. 9 giugno 2009, causa C-480/06, Commissione c. Germania, EU:C:2009:357, p. 44 e 47). Tali due tipi di contratto, nonostante l’onerosità, non rientrano nell’ambito applicativo delle direttive europee sugli appalti pubblici.
Di qui l’agevole conclusione raggiunta dalla Corte: non ricorrendo alcuna delle due eccezioni, la “convenzione” in esame non può essere sottratta all’applicazione delle norme europee in materia di appalti pubblici, poiché, nel caso di specie, l’Istituto Sacro Cuore è un ente formalmente e sostanzialmente privato.
La sentenza evita di addentrarsi nella complessa questione giuridica, tutta italiana, dei c.d. “ospedali classificati” di proprietà degli enti ecclesiastici, inseriti nel circuito sanitario pubblico attraverso la legge n. 132/1968. Tali enti, in ragione della funzione svolta, sono stati sottoposti dalla normativa nazionale alle regole generali operanti per il servizio ospedaliero pubblico, nonostante la personalità giuridica di diritto privato (v. Cons. Stato, Sez. III, sent. 8 febbraio 2013, n. 735).
Invero, in casi simili, la Corte aveva riconosciuto che gli Stati dovessero disporre di un margine di discrezionalità normativa per stabilire il livello di garanzia della sanità pubblica ed il modo in cui raggiungere e mantenere tale livello, eventualmente coinvolgendo enti non lucrativi, nell’organizzazione di alcuni servizi (sent. 11 dicembre 2014, causa C-113/13, ASL n. 5 “Spezzino”, EU:C:2014:2440, p. 53 ss.). La fattispecie in esame, tuttavia, appare sostanzialmente diversa sia per la tipologia del contratto (fornitura e non servizio) sia per l’oggetto dell’appalto (costituito da un farmaco protetto da brevetto), difficilmente riconducibili ad una collaborazione tra amministrazioni aggiudicatrici ed enti non lucrativi.