Consiglio di Stato sez. V 7 giugno 2018 n. 5334
La questione dell’individuazione del quadro normativo applicabile deve essere dunque risolta alla luce della generale previsione di cui comma 1 dell’articolo 216 del decreti legislativo n. 50 del 2016, secondo cui le sue previsioni si applicano “alle procedure e ai contratti per le quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore”.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1001 del 2018, proposto dalla Gesta S.p.A. in proprio e in qualità di Mandataria di RTI con il Consorzio Integra Soc. Coop., con la Coopservice Soc. Coop. con la SGN San Gabriele Nuova Energia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico, 7
contro
Città Metropolitana di Genova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Carlo Scaglia, Valentina Manzone e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare, 14;
C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Cintioli, Aristide Police e Gennaro Rocco Notarnicola, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Cintioli in Roma, via Vittorio Colonna, 32;
Siram S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Botto e Giuseppe Inglese, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Botto in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, 67
nei confronti
Iren Energia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Anselmi, Mario Sanino e Giulio Bertone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
Apleona Hsg S.p.A. in proprio e in qualità di Mandataria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Alberto Quaglia, Rosa Pellerano e Andrea Callea, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Callea in Roma, via Cesare Beccaria, 88
per la riforma della sentenza del T.A.R. della Liguria, Sezione II, n. 860/2017
FATTO
Con Atto Dirigenziale n. 1157/2016 del 15 aprile 2016 la Direzione Sviluppo Economico e Sociale - Servizio Progettazione e Manutenzione Edile della Città metropolitana di Genova ha autorizzato l’affidamento del “Servizio di Gestione integrata in global service dei servizi gestionali, manutentivi e di pulizia e igiene ambientale da eseguirsi sugli immobili, in uso e/o di competenza della Città Metropolitana di Genova” mediante l’esperimento di una procedura aperta da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’articolo 83 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, approvando nel contempo il relativo Capitolato d’oneri.
Con Atto Dirigenziale n. 1172 del 15 aprile 2016 del Responsabile della Direzione Amministrazione – Stazione Unica Appaltante è stata approvata la documentazione relativa alla procedura di gara in argomento (Bando di gara, Norme di Partecipazione, Progetto Offerta e relativi allegati), in conformità alla normativa vigente in materia di contratti pubblici, con particolare riferimento all’art. 64, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’articolo 83 del medesimo decreto legislativo.
Il Bando di Gara veniva pubblicato sul Profilo di Committente della Stazione Appaltante in data 18 aprile 2016 ed inviato nella medesima giornata alla GUCE. Sempre in data 18 aprile 2016 il bando veniva pubblicato sul sito informatico dell’Osservatorio Regionale dei Contratti Pubblici e sull’Albo Pretorio. Seguivano le pubblicazioni sulla GURI n. 48 del 29 aprile 2016 e sulla GUCE n. S79 del 22 aprile 2016.
Il termine di presentazione dell'offerta era fissato per il giorno 6 luglio 2016; la seduta pubblica di apertura delle offerte tecniche si teneva in data 18 ottobre 2016, quella delle offerte economiche il 25 gennaio 2017.
All’esito delle operazioni di gara risultava provvisoriamente aggiudicatario il R.T.I. SIRAM s.p.a. di Milano quale mandataria di un raggruppamento composto da CNS Consorzio Nazionale Servizi soc. coop. e IREN Gestioni Energetiche s.p.a..
Da ultimo, con atto dirigenziale n. 329 del 15 febbraio 2017 la Città metropolitana approvava le operazioni di gara e disponeva l’aggiudicazione definitiva a favore di RTI Siram, collocando al secondo posto della graduatoria finale il R.T.I. guidato dalla Bilfinger Sielv Management s.r.l. e l’odierna ricorrente R.T.I. Gesta S.p.A. al terzo posto.
Con ricorso, depositato in data 16 marzo 2017, l’odierna appellante impugnava gli atti conclusivi della procedura e ne chiedeva l’annullamento lamentando svariati profili di illegittimità.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso dichiarandolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Gesta s.p.a. la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
I) Motivo di Appello: Quarto motivo di ricorso di primo grado. Error in proce-dendo ed error in judicando. Violazione di Legge: Violazione e falsa applica-zione degli artt. 216, 217 e 220 del D. Lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 delle disposizioni della legge in generale. Violazione e falsa applicazione degli artt. 66 e 122, D.lgs. 163/2016 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell’art. 72 D.lgs. 163/2006 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione degli artt. 72 e 73, comma 4, D.lgs. 50/2016. Violazione e falsa applicazione dell’art. 90, Direttiva 2014/24/UE. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 1 e 12, Legge 28 gennaio 2016 n. 11. Eccesso di potere in alcune delle sue tipizzate figure sintomatiche (difetto d’istruttoria e di motivazione, travisamento di atti e di fatti, sviamento, carenza di presupposti, contraddittorietà, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia).
II) Motivo di Appello: Primo motivo di ricorso di primo grado. Error in judicando ed error in procedendo. Violazione di Legge: Violazione e falsa applica-zione degli artt. 1, 2, 38, 86, 88 e ss. del D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80 del D. Lgs. n. 50/2016. Violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 4, lett. f), Direttiva 2014/24 UE. Violazione falsa applicazione dell’art 101 TFUE e dell’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dei principi (anche di matrice comunitaria) di par condicio, trasparenza, imparzialità, pubblicità e buon andamento della P.A.. Eccesso di potere in alcune delle sue tipizzate figure sintomatiche (difetto d’istruttoria e di motivazione, travisamento di atti e di fatti, sviamento, carenza di presupposti, contraddittorietà, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia);
III) Motivo di Appello: Secondo motivo di ricorso di primo grado. Error in ju-dicando e error in procedendo. Violazione di Legge: Violazione e falsa applicazione degli artt. 86, 88 e ss. del D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9.3 delle Norme di Partecipazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dei principi (anche di matrice comunitaria) di par condicio, trasparenza, imparzialità, pubblicità e buon andamento della P.A.. Eccesso di potere in alcune delle sue tipizzate figure sintomatiche (difetto d’istruttoria e di motivazione, travisamento di atti e di fatti, sviamento, carenza di presupposti, contraddittorietà, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia).
IV) Motivo di Appello: Terzo motivo di ricorso di primo grado. Error in judi-cando e error in procedendo. Violazione di Legge: Violazione e falsa applica-zione degli artt. 86, 88 e ss. del D.lgs. n. 163/2006 e s.m.i.. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9.3 delle Norme di Partecipazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della L. n. 241/1990 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dei prin-cipi (anche di matrice comunitaria) di par condicio, trasparenza, imparzialità, pubblicità e buon andamento della P.A.. Eccesso di potere in alcune delle sue tipizzate figure sintomatiche (difetto d’istruttoria e di motivazione, travisamento di atti e di fatti, sviamento, carenza di presupposti, contraddittorietà, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia).
Si è costituita in giudizio la Città Metropolitana di Genova la quale ha concluso nel senso dell’inammissibilità, irricevibilità e/o dell’infondatezza dell’appello.
Si è inoltre costituito in giudizio il Consorzio C.N.S. – soc. coop. il quale ha a propria volta concluso ne senso della inammissibilità, irricevibilità e/o dell’infondatezza dell’appello.
Si è poi costituita in giudizio la Siram s.p.a. la quale ha a propria volta concluso nel senso ella inammissibilità e/o dell’infondatezza dell’appello.
Si è infine costituita in giudizio la Iren Energia s.p.a. (mandante del raggruppamento aggiudicatario) la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 7 giugno 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla Gesta s.p.a., attiva nel settore del General Management di immobili (la quale aveva partecipato in raggruppamento temporaneo alla gara di appalto indetta dalla Città Metropolitana di Genova per l’aggiudicazione dei servizi digeneral management sui propri immobili e si era classificata al terzo posto della graduatoria finale) avverso la sentenza del T.A.R. della Liguria con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui la gara è stata aggiudicata al raggruppamento temporaneo capeggiato dalla SIRAM s.p.a.
2. Va in primo luogo osservato che, in sede di ricorso, l’appellante Gesta s.p.a. ha riproposto
- sia i motivi di ricorso secondo e terzo i quali, laddove accolti, le consentirebbero di ottenere l’aggiudicazione in vece del R.T.I. Siram (si tratta del secondo e del terzo motivo di appello – coincidenti con il primo e il secondo dei motivi articolati in primo grado);
- sia il primo motivo di appello (il quale, laddove accolto, determinerebbe l’integrale caducazione della procedura in quanto svolta sulla base di un quadro normativo in tesi radicalmente erroneo - quale quello di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 -).
Va altresì osservato che, mentre con il ricorso di primo grado la Gesta aveva espressamente indicato il motivo di carattere pan-demolitorio come subordinato rispetto al mancato accoglimento degli altri due motivi, al contrario con il presente appello la stessa Gesta non ha indicato alcun ordine di priorità nell’esame dei motivi di ricorso.
Al contrario, il motivo di appello di carattere pan-demolitorio (già articolato come quarto motivo in primo grado) è stato nella presente sede di appello proposto come primo motivo.
2.1. Una volta rilevata la sostanziale assenza di indicazioni da parte dell’appellante circa la corretta tassonomia dei motivi di appello (con altrettanto sostanziale abdicazione in parte qua del relativo potere dispositivo), occorre domandarsi
- se la ricostruzione dell’ordo quaestionum debba essere operata dal Giudice muovendo dalla logica del criterio del massimo soddisfacimento dell’interesse della parte
- ovvero se tale ricostruzione debba essere ispirata dalla diversa logica del criterio della radicalità del vizio.
2.2. La questione è stata affrontata dalla sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio 27 aprile 2015, n. 5.
Vero è che la sentenza in parola ha reso statuizioni essenzialmente riferite al giudizio amministrativo di primo grado (laddove il giudizio di impugnazione risulta governato dal principio “tantum devolutum quantum appellatum”), ma è altresì evidente che tali statuizioni risultano pienamente riferibili anche al grado di appello nelle ipotesi in cui la parte attrice – come nel caso in esame - non abbia fornito alcuna indicazione circa l’ordo quaestionum dei motivi articolati in appello.
Ebbene, con la richiamata decisione l’Adunanza plenaria ha rilevato una sorta di ontologica alternativa fra due possibili approcci (i quali corrispondono, a ben vedere, a due diverse visioni della funzione stessa del processo amministrativo):
- in base a un primo approccio, nel determinare le domande da esaminare in via prioritaria, il Giudice dovrebbe ispirarsi al criterio del soddisfacimento del massimo interesse della parte. Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, a fronte di domande di annullamento basate su vizi dell’atto di diversa natura, il Giudice dovrebbe privilegiare quelli – per così dire: di carattere conservativo – idonei a garantire il più ampio soddisfacimento dell’interesse di parte rispetto a quelli idonei a palesare un vizio più radicale (e, in via mediata, l’integrale caducazione della procedura);
- in base a un antitetico approccio, invece, anche in sede di determinazione dell’ordine di esame dei motivi il Giudice dovrebbe evitare per quanto possibile che il processo rappresenti la sedes per disarticolare una realtà sostanziale unitaria e per sostituire ad essa una impropria “realtà processuale” i cui contorni siano definiti (in ipotesi) dalle scelte opportunistiche e dalle contingenti convenienze delle parti in lite.
2.3. Ebbene, l’Adunanza plenaria ha infine aderito alla seconda delle richiamate opzioni e ha chiarito che tale adesione risulti di fatto necessitata dalla considerazione dell’interesse pubblico generale che comunque resta sotteso alla natura stessa della vicenda amministrativa, dovendosi avere ben presente l’interesse generale alla corretta gestione della cosa pubblica e degli stessi rimedi processuali (essa ha affermato al riguardo che «l’interesse pubblico di cui è portatrice una delle parti in causa rimane il convitato di pietra che impronta più o meno consapevolmente svariate disposizioni [del nuovo codice del processo amministrativo]»).
L’Adunanza Plenaria ha quindi concluso nel senso che, in assenza della graduazione operata dalla parte (e in ragione del particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato al controllo sull’esercizio della funzione pubblica), il Giudice deve stabilire l’ordine di trattazione dei motivi e delle domande di annullamento “sulla base della loro consistenza oggettiva (radicalità del vizio) nonché del rapporto corrente fra le stesse sul piano logico – giuridico e diacronico procedimentale”.
In ipotesi quale quella che qui rileva, quindi, il criterio della radicalità del vizio dedotto assume rilievo prevalente rispetto al criterio del massimo soddisfacimento dell’interesse della parte attrice.
2.4. Ne consegue che nel caso in esame debba essere prioritariamente scrutinata la questione (di carattere potenzialmente ‘pan-demolitorio’) relativa alla dedotta erroneità nell’individuazione della stessa normativa applicabile alla procedura di gara per cui è causa.
In punto di fatto è pacifico fra le parti:
- che in data 18 aprile 2016 (i.e.: il giorno anteriore alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il nuovo ‘Codice dei contratti pubblici’) il Comune ha pubblicato il bando inditivo della procedura sul proprio profilo di committente, sul sito informatico dell’Osservatorio e sul proprio Albo pretorio;
- che in pari data il Comune ha altresì trasmesso il bando alla Gazzetta ufficiale nazionale e alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Risulta, tuttavia in atti che la prima di tali pubblicazioni ha avuto luogo il 29 aprile 2016 e la seconda di esse ha avuto luogo il 22 aprile 2016 (i.e.: dopo l’entrata in vigore del richiamato ‘Codice’).
3. Già con il ricorso di primo grado l’appellante aveva lamentato la radicale illegittimità della procedura in quanto svola sulla base di un quadro normativo (quello di cui al ‘Codice’ del 2006) non più applicabile in ragione della tempistica di pubblicazione de bando.
Il primo Giudice (con statuizione puntualmente contestata dall’appellante) ha dichiarato in parte qua inammissibile il ricorso rilevando che la stessa appellante non avesse puntualmente indicato quali illegittimità si sarebbero in concreto verificate per avere la stazione appaltante svolto la procedura sulla base di un quadro normativo ormai non più attuale.
3.1. La statuizione di inammissibilità deve essere riformata.
Si osserva al riguardo che l’odierna appellante aveva puntualmente indicato le ragioni per cui riteneva che la gara si fosse svolta sulla scorta di un quadro normativo radicalmente erroneo (sul merito della questione si tornerà fra breve) e che la radicalità di tale censura avrebbe comportato - laddove accolta – la caducazione della gara.
Non può infatti ammettersi che, una volta allegata e provata una siffatta, generalizzata forma di illegittimità (per diversione rispetto al corretto paradigma normativo), spetti poi all’appellante l’ulteriore onere di dimostrare la puntuale violazione di ciascuna delle decine e decine delle disposizioni codicistiche (modificate rispetto al previgente decreto legislativo n. 163 del 2006) idonee a regolare la gara, la sua pubblicità e il suo svolgimento.
L’odierna appellante ha assolto i suoi obblighi di allegazione e prova indicando che la procedura era stata svolta sulla base di un paradigma normativo profondamente diverso (e quindi alternativo e non compatibile) rispetto a quello effettivamente pertinente.
La procedura, infatti, era per ciò stesso ‘illegittima’ in senso proprio.
Se del caso, quindi, sarebbe spettato all’amministrazione intimata dimostrare in relazione a ciascun aspetto della gara che il nuovo paradigma normativo fosse sostanzialmente compatibile con il previgente e che la dedotta violazione non avesse alterato in senso sostanziale il complesso e molteplice novero di disposizioni che regola le pubbliche gare e le relative modalità di svolgimento e di pubblicità.
Per quanto riguarda, poi, l’interesse in capo all’appellante a dedurre il richiamato vizio di carattere radicale, non può negarsi che essa vantasse un siffatto interesse quanto meno in via strumentale, in vista di una possibile riedizione della gara
3.2. La sentenza in epigrafe deve dunque essere riformata per aver dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.
4. In ragione dell’effetto devolutivo dell’appello occorre quindi domandarsi (anche alla luce delle considerazioni svolte retro, sub 2 per ciò che riguarda la tassonomia dei motivi) se sia fondato il motivo – puntualmente riproposto in appello – con cui la Gesta s.p.a. ha lamentato la radicale illegittimità della procedura in quanto svolta sulla scorta di un quadro normativo non coretto (quello di cui al decreto legislativo n 163 del 2006).
Come si è già anticipato, in data 18 aprile 2016 il Comune di Genova aveva realizzato alcune delle attività finalizzate a pubblicizzare l’indizione della gara per cui è causa (in particolare, il Comune di Genova aveva pubblicizzato la procedura sul proprio profilo di committente, sul sito informatico dell’Osservatorio e sul proprio Albo pretorio; in pari data aveva spedito il bando per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e in quella dell’Unione europea).
Occorre a questo punto domandarsi se le attività in tal modo realizzate fossero sufficienti a radicare e giustificare l’applicabilità delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006.
Ad avviso del Collegio al quesito deve essere fornita risposta in senso negativo.
4.1. Le attività in questione sono state realizzate il 18 aprile 2006 (i.e.: nell’ultimo giorno di vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006).
L’articolo 66, comma 8 di quel ‘Codice’ (evidentemente ancora in vigore alla data del 18 aprile 2016) stabiliva che “gli effetti giuridici che l’ordinamento connette alla pubblicità in ambito nazionale decorrono dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”. E’ pacifico che la determinazione del quadro normativo applicabile a una determinata procedura di gara costituisca un effetto giuridico connesso alla pubblicità (e probabilmente, il più importante di tali effetti giuridici).
Ne consegue che, nella vigenza del ‘Codice’ del 2006, non si era realizzata alcuna forma di pubblicità idonea a radicare (con una sorta di effetto prenotativo) l’applicabilità a tale procedura delle previsioni del decreto legislativo n. 163 del 2006. In particolare, le ulteriori forme di pubblicità realizzate dal Comune in data 18 aprile 2016 non risultavano idonee (alla luce del richiamato articolo 66, comma 8) a radicare l’applicabilità del decreto legislativo n 163 del 2006 e a determinarne una sorta di ultravigenza.
Non a caso, del resto, l’articolo 66, cit. (il cui comma 8 fissava gli effetti della pubblicazione in GURI dinanzi esaminati) chiariva al comma 7 il carattere soltanto aggiuntivo delle ulteriori forme di pubblicazione sul profilo di committente della stazione appaltante, sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sul sito informatico presso l'Osservatorio.
In particolare, il ricorso all’avverbio “altresì” chiariva il carattere soltanto aggiuntivo di tali ulteriori forme di pubblicazione alle quali certamente non poteva essere riconnesso l’effetto di determinare il quadro giuridico applicabile (quadro giuridico che, come si è detto, il comma 8 del medesimo articolo 66 individuava invece sulla base del momento della pubblicazione in GURI).
4.2. Del resto, anche all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo ‘Codice’, la disposizione transitoria di cui all’articolo 216, comma 11 ha stabilito che, fino alla data di adozione del decreto di cui all’articolo 73, comma 4 (decreto pubblicato il 25 gennaio 2017 e pertanto non rilevante ai fini della presente vicenda), continuassero a trovare applicazione le previsioni di cui all’articolo 66, comma 7 del previgente ‘Codice’, in tema di pubblicazione dei bandi e degli avvisi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
4.3. Né può ritenersi che la scelta del Legislatore di ancorare la determinazione del regime normativo vigente al momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale risultasse incongrua in ragione del fatto che il momento di tale pubblicazione non rientra nella disponibilità delle stazioni appaltanti (dipendendo, piuttosto, dalla tempistica di pubblicazione da parte dell’IPZS).
Si osserva in contrario che il secondo periodo del comma 7 dell’articolo 66 del previgente ‘Codice’ (nel testo sostituito dall’articolo 26 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66) stabiliva che “la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana è effettuata entro il sesto giorno feriale successivo a quello de ricevimento della documentazione da parte dell’Ufficio inserzioni dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato”.
Anche nella vigenza del decreto legislativo n 163 del 2006, quindi, le stazioni appaltanti disponevano di un adeguato grado di certezza in ordine al momento in cui (su proprio impulso) sarebbe avvenuta la pubblicazione dei bandi e degli avvisi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, in tal modo determinando la fissazione degli effetti giuridici connessi alla pubblicazione (e, in primis, l’effetto relativo all’individuazione del paradigma giuridico applicabile alla procedura).
Non può dunque essere condivisa la tesi del primo Giudice secondo cui “lo iato temporale tra la spedizione e l’effettiva pubblicazione non può certo essere addebitato all’Amministrazione”.
4.4. La questione dell’individuazione del quadro normativo applicabile deve essere dunque risolta alla luce della generale previsione di cui comma 1 dell’articolo 216 del decreti legislativo n. 50 del 2016, secondo cui le sue previsioni si applicano “alle procedure e ai contratti per le quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore”.
Non essendo quindi stata realizzata alcuna (idonea) forma di pubblicità nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, ne consegue che la procedura per cui è causa restasse disciplinata dalle sopravvenute previsioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016.
4.5. Non può essere condivisa la tesi del primo Giudice secondo cui, a fronte di un’incertezza circa quale fosse l’atto-pubblicità al quale connettere gli effetti giuridici della pubblicazione, dovrebbe aderirsi a “una nozione più ampia di pubblicazione, tale da includere ogni comunicazione idonea ad ingenerare, in una platea indeterminata di soggetti, un serio affidamento circa l’efficacia dell’atto”.
In primo luogo l’affermazione in questione non può essere condivisa in quanto prende le mosse da un presupposto non esatto (quello secondo cui il decreto legislativo n 163 del 2006 non recasse adeguata chiarezza in ordine alla nozione di ‘pubblicazione’ al cui perfezionamento erano da riconnettere gli effetti giuridici propri della gara di appalto).
Al contrario, nella vigenza di quel ‘Codice’ tali effetti erano senza dubbio riconnessi alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale nazionale, conformemente alla previsione di cui all’articolo 66, comma 8 (sul punto ci si limita qui a rinviare a quanto esposto retro sub 4.1).
In secondo luogo la tesi del primo Giudice non può essere condivisa in quanto finisce per introdurre una nozione eterodossa di ‘pubblicazione’, la quale prescinde dal chiaro dettato normativo e che (laddove condivisa) rimetterebbe di fatto alle scelte delle stazioni appaltanti (e non alla chiara scelta del Legislatore) l’individuazione degli effetti della pubblicazione di un atto.
Laddove si aderisse alla richiamata prospettazione, quindi, verrebbero meno le ragioni stesse sottese alla chiara scelta del Legislatore di ricollegare a un atto e a un momento preciso (quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) gli effetti in ambito nazionale riconnessi all’indizione di una procedura, con i conseguenti effetti giuridici.
L’adesione a tale prospettazione, quindi, non aiuterebbe, ma al contrario ostacolerebbe il primario interesse alla certezza dei rapporti giuridici in un settore dell’Ordinamento di cruciale rilievo anche economico.
5. Dall’accoglimento del primo motivo di appello (reiterativo del secondo motivo del ricorso di primo grado) discende l’integrale annullamento degli atti della procedura, con conseguente assorbimento di ogni altro profilo di doglianza.
Il Collegio ravvisa giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto – in riforma della sentenza appellata – accoglie il ricorso di primo grado e dispone l’annullamento degli atti in tale sede impugnati.
Guida alla lettura
Nell’affrontare la questione di diritto afferente alla dedotta erroneità nell’individuazione della normativa applicabile alla procedura di gara per cui è causa, la V Sezione del Consiglio di Stato richiama la decisione del Plenaria 5/2015 in merito al corretto ordine di trattazione dei motivi di ricorso in assenza di indicazioni da parte del soggetto ricorrente.
Al riguardo va invero premesso che se è vero che la richiamata decisione del Supremo Consesso amministrativo afferiva essenzialmente al giudizio amministrativo di primo grado, di contro ben può rilevarsi come le raggiunte conclusioni possano trovare applicazione anche con riguardo al grado di appello.
Ciò posto, e richiamando in estrema sintesi l’approdo cui è giunta la Corte, può affermarsi che “in sede di determinazione dell’ordine di esame dei motivi il Giudice deve evitare, per quanto possibile, che il processo rappresenti la sedes per disarticolare una realtà sostanziale unitaria e per sostituire ad essa una impropria realtà processuale i cui contorni siano definiti dalle scelte opportunistiche e dalle contingenti convenienze delle parti in lite….L’interesse pubblico di cui è portatrice una delle parti in causa rimane il convitato di pietra che impronta più o meno consapevolmente svariate disposizioni…”.
Alla luce delle conclusioni fatte proprie dalla Plenaria, secondo cui in assenza di una graduazione operata dalla parte (e in ragione dee particolare oggetto del giudizio impugnatorio legato al controllo sull’esercizio della funzione pubblica), il Giudice deve stabile l’ordine di trattazione dei motivi e delle domande di annullamento “sulla base della loro consistenza oggettiva (radicalità del vizio) nonché del rapporto corrente tra le stesse sul piano logico – giuridico e diacronico procedimentale”, nel caso in esame deve essere prioritariamente scrutinata la questione relativa alla dedotta erroneità nell’individuazione della stessa normativa applicabile alla procedura di gara per cui è causa.
Ciò posto, con la pronuncia in commento la Corte rileva come l’odierna appellante ha assolto i propri obblighi di allegazione e prova indicando che la procedura è stata svolta sulla base di un paradigma normativo profondamente differente rispetto a quello in concreto pertinente, del tutto improprio risultando l’ulteriore onere di dimostrazione della puntuale violazione di ciascuna delle decine e decine di disposizioni codicistiche idonee a regolare la procedura di gara.
Venendo, dunque, alla valutazione del primario motivo, di carattere pan-demolitorio, i Giudici rilevano come non essendo stata realizzata alcuna idonea forma di pubblicità nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, la procedura di gara oggetto di causa non può che rimanere soggetta alla sopravvenuta disciplina di cui al Decreto legislativo n. 50 del 2016: anche richiamando la previsione di cui all’art. 66, comma 8 D.lgs. 163/2006, infatti, si afferma che “gli effetti giuridici che l’ordinamento connette alla pubblicità in ambito nazionale decorrono dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana”. Orbene, è pacifico che la determinazione del quadro normativo applicabile a una determinata procedura di gara costituisca un effetto giuridico connesso alla pubblicità. Ne consegue che, nella vigenza del Codice del 2006, non si era realizzata alcuna forma di pubblicità idonea a radicare (con una sorta di effetto prenotativo) l’applicabilità a tale procedura di gara delle previsioni del decreto legislativo n. 163 del 2006.
La questione del quadro normativo applicabile deve essere dunque risolta alla luce della generale previsione di cui al comma 1 dell’art. 216 D.lgs. 50/2016, secondo cui le sue previsioni trovano applicazione “alle procedure e ai contratti per le quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore”.
Da ultimo il Supremo Consesso rileva come non può essere condivida la posizione dei Giudici di I grado secondo cui, a fronte di un’incertezza circa quale fosse l’atto-pubblicità al quale connettere gli effetti giuridici della pubblicazione, dovrebbe aderirsi “a una nozione più ampia di pubblicazione, tale da includere ogni comunicazione idonea ad ingenerare, in una platea indeterminata di soggetti, un serio affidamento circa l’efficacia dell’atto”.
Due le argomentazioni a sostegno richiamate: da un lato, la predetta ricostruzione trae avvio da un errato presupposto, consistente nella assenza della nozione di pubblicazione dalla quale far decorrere gli effetti giuridici propri della gara di appalto sotto la vigenza del Codice n. 163/2006; dall’altro, seguendo l’interpretazione dei Giudici liguri si finisce per introdurre una nozione eterodossa di pubblicazione, la quale prescinde dal chiaro dettato normativo e che, laddove condivida, rimetterebbe di fatto alle scelte delle stazioni appaltanti (e non alla chiara scelta del Legislatore), l’individuazione degli effetti della pubblicazione dell’atto, così finendo per minare la certezza dei rapporti giuridici, stella polare dell’ordinamento giuridico.