Tar Puglia – Bari, sez. II, 7 agosto 2018, n. 1189

1. L’estinzione del reato, che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna, non è affatto automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere riscontrata in una decisione espressa del giudice dell’esecuzione penale (art. 676 c.p.p.), sola figura a cui l’ordinamento attribuisce la potestà di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria.

2. Solo il giudice dell’esecuzione può verificare la realizzazione di tutti i presupposti e le condizioni, di varia portata, a seconda del contenuto della condanna intervenuta, che determinano la estinzione del reato.

3. Senza l’accertamento costitutivo del giudice dell’esecuzione penale non può ritenersi sussistere, almeno per l’affidamento dei terzi, qual segnatamente è anche la stazione appaltante, l’avvenuta estinzione del reato, per via della maturazione di tutti i requisiti e le condizioni di legge.

4. Il dato testuale, ricavabile dal codice dei contratti pubblici, è nel senso secondo cui possono non essere auto-dichiarate, nei documenti di gara, le condanne che siano state, per l’appunto, “dichiarate estinte”, ossia acclarate tali, evidentemente, dall’organo giudiziario competente, su istanza di parte, posto che il codice di procedura penale vigente richiede, per l’appunto, l’iniziativa della parte interessata diligente, al fine della pronuncia della declaratoria di estinzione (art. 666, co. 1, c.p.p.), diversamente dal previgente codice Rocco del 1930, laddove era, invece, prevista (art. 578 c.p.p. abrogato) la declaratoria, anche d’ufficio in camera di consiglio dell’estinzione del reato e della pena.

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1276 del 2017, proposto da -OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Giacomo Valla, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, alla via Quintino Sella n. 36;

contro

Azienda Sanitaria Locale di Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico Semeraro, con ufficio in Taranto, al viale Virgilio 31 e domicilio digitale eletto all’indirizzo P.e.c.: semeraro.domenico@oravta.legalmail.it;

nei confronti

Hospital Scientific Consulting s.r.l., Assut Europe s.p.a., non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

- della determinazione, comunicata con nota a firma del R.U.P. e del direttore dell’Area gestione del patrimonio dell’A.S.L. di Taranto, prot. n. 0186376 del 14 novembre 2017, di esclusione della ricorrente dalla procedura aperta finalizzata alla selezione di operatori economici idonei alla conclusione di un accordo quadro, ai sensi dell’art. 59 del d.lgs. n. 163 del 2006 s.m.i., per la fornitura, per la durata di quattro anni, di protesi ortopediche e dispositivi specialistici per la traumatologia, materiali accessori e correlati servizi, per le esigenze delle Aziende Sanitarie Locali di Bari, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto, Azienda Ospedaliero-universitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia, Azienda Ospedaliero-universitaria consorziale “Policlinico” di Bari;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, compresa la predetta nota di comunicazione del 14 novembre 2017.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Locale di Taranto;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2018 il dott. Lorenzo Ieva e udito, per la parti, il difensore presente avv. Giacomo Valla;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso depositato in data 29 novembre 2017 -OMISSIS- s.r.l., avente sede legale in Bari, impugnava il provvedimento di esclusione datato 14 novembre 2017 adottato dall’A.S.L. di Taranto, amministrazione capofila nella procedura aperta finalizzata alla selezione di operatori economici idonei alla conclusione di un accordo quadro per la durata di quattro anni per la fornitura di protesi ortopediche e dispositivi specialistici per la traumatologi e materiali accessori e correlati servizi, per le esigenze delle strutture sanitarie delle Aziende sanitarie ed ospedaliere di Bari, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Foggia, Lecce, Taranto, Ospedali Riuniti di Foggia e Policlinico di Bari

A tanto l’A.S.L. di Taranto si era determinata avendo riscontrato, durante la fase di verifica amministrativa della idoneità morale della società partecipante alla procedura di gara, la sussistenza, a carico del rappresentante legale della -OMISSIS- s.r.l., di un precedente penale iscritto al casellario giudiziario (d.p.r. 14 novembre 2002 n. 313), consistente nella intervenuta sentenza irrevocabile di c.d. -OMISSIS- (art. -OMISSIS- c.p.p.) pronunciata dal Tribunale di -OMISSIS- nel lontano -OMISSIS-, con pena condizionatamente sospesa (art. 163 c.p.), per due reati di -OMISSIS- (artt. -OMISSIS-c.p.), con il vincolo della continuazione (art. 81 c.p.) e la concessione delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

Nel gravato provvedimento di esclusione del 14 novembre 2017, infatti, l’A.S.L. TA contestava alla Società di non aver dichiarato, come avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ratione temporis applicabile, detto precedente penale.

Il ricorrente ha però sostenuto, nello spiegato ricorso, che nulla doveva dichiarare, essendo il precedente penale risalente nel tempo ed oramai il reato estinto, in via automatica.

Resisteva l’A.S.L. TA, sostenendo la piena legittimità del provvedimento impugnato.

Chiamato il ricorso, alla camera di consiglio del 19 dicembre 2017, l’istanza cautelare, con ordinanza del Tribunale, è stata respinta, perché infondata in diritto.

Appellata l’ordinanza di primo grado, il Consiglio di Stato, pur dando atto di un contrasto giurisprudenziale, con ordinanza del 26 gennaio 2018 n. 374, ha respinto il gravame, ritenendolo infondato, in quanto l’art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006 s.m.i. esonera i concorrenti partecipanti ad una procedura di gara per l’affidamento di un appalto pubblico dal dichiarare precedenti penali, soltanto con riferimento alle ipotesi di reati “dichiarati estinti”, dopo la condanna stessa.

All’udienza pubblica del 3 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso va respinto.

1.- Il punto centrale della controversia verte sulla corretta interpretazione da darsi in ordine alla disposizione di cui all’art. 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, all’epoca della procedura di gara applicabile, con riferimento all’obbligo di dichiarare, ai fini della verifica dei requisiti di ordine generale e morale, i c.d. precedenti penali.

Per incidens, va specificato che l’art. 86 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 s.m.i. (costituente il. nuovo codice degli appalti pubblici), ferme restando le implementazioni informatiche, ha invece ora previsto, come regola speciale, che le stazioni appaltanti accettino, quale prova sufficiente della insussistenza di una causa di esclusione per c.d. inidoneità morale (id est: mancanza di talune condanne penali et similia), il certificato del casellario giudiziale, tanto in deroga alla regola generale del divieto di produzione alle pubbliche amministrazioni di certificati, stabilito dall’art. 40 del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445.

L’art. 38, comma 1, lett. c), del citato decreto legislativo n. 163 esclude dalla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica di affidamento di appalti gli operatori economici, per i quali con riferimento a taluni soggetti qualificati (ad es.: amministratore con rappresentanza, nel caso delle società di capitali) sia stata pronunciata una sentenza di condanna passata in giudicato o siano stati emesso un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure una sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. -OMISSIS- c.p.p., per gravi reati in danno dello Stato o della U.E., che incidono sulla “moralità professionale”, tra i quali è annoverata la -OMISSIS-.

Per tale motivo, l’art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 impone ai candidati alla procedura di gara l’obbligo di dichiarare il possesso dei requisiti, mediante dichiarazione sostitutiva, in conformità alle previsioni del t.u. sulla documentazione amministrativa di cui al d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, nella quale vanno indicate tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali si sia beneficiato della c.d. “non menzione”.

2.- Tanto premesso, l’art. 38 del decreto legislativo n. 163 cit., con riferimento ai casi di esclusione enumerati al comma 1, precisa, alla lett. c), in fine della disposizione, che l’esclusione e il divieto, in ogni caso, non operano quando il reato è stato depenalizzato ovvero quando sia intervenuta la riabilitazione, ovvero ancora “quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna”, ovvero infine in caso di revoca della condanna medesima.

Per tale motivo, con finalità di semplificazione degli oneri documentali, il comma 2 dello stesso art. 38 ha previsto che il concorrente ad una procedura di gara, ai fini dell’art. 38 (Requisiti di ordine generale), comma 1, lett. c), del decreto legislativo n. 163, non sia tenuto ad indicare, nella dichiarazione, le condanne per reati depenalizzati, ovvero “dichiarati estinti dopo la condanna stessa”, né le condanne revocate, né quelle per le quali sia intervenuta la riabilitazione.

3.- Orbene, dalle surriferite disposizioni normative, concernenti la legislazione in materia di appalti pubblici, è chiaro che, per ciò che attiene ai requisiti di ordine generale e morale di ammissibilità alla procedura di evidenza pubblica e per quanto riguarda l’assolvimento degli oneri formali di documentazione utili alla partecipazione alla gara, rileva la “dichiarazione di estinzione del reato dopo la condanna”, che, nella legislazione penale e penal-processualistica, può essere resa, su istanza di parte, solo dal giudice dell’esecuzione, ai sensi degli artt. 665-666 c.p.p., la cui precipua funzione è quella di dichiarare l’estinzione del reato, esclusivamente nelle ipotesi in cui tale causa estintiva sopravvenga al passaggio in giudicato della condanna (ad es.: art. 167 c.p. e art. 445, co. 2, c.p.p., cfr. Cass., sez. III pen., 22 giugno 1995, n. 2414).

È invero solo il giudice dell’esecuzione che può verificare la realizzazione di tutti i presupposti e le condizioni, di varia portata, a seconda del contenuto della condanna intervenuta, che determinano la estinzione del reato, che – per quanto rileva in questa sede – non è affatto detto maturi ex se, con il semplice decorrere del tempo, successivamente alla condanna penale a pena sospesa (artt. 163 e ss. c.p.), o alla pronuncia di -OMISSIS- (artt. -OMISSIS- e 445, comma 2, c.p.p.). Infatti, l’art. 167 c.p. e l’art. 445, comma 2, c.p.p. sanciscono l’estinzione del reato (rectius: la non esecuzione delle pene) se, nei termini stabiliti, il condannato non commetta un altro reato della stessa indole e abbia adempiuto agli obblighi impostigli con la pronuncia di condanna.

4.- Pur tuttavia, in merito alla necessità di una declaratoria o meno di estinzione del reato, a seguito di sospensione condizionale della pena e/o di cd. pena patteggiata, si è registrato un contrasto giurisprudenziale, che vede la tesi prevalente della necessità di una pronuncia espressa in merito alla intervenuta estinzione (ex multis: T.A.R. Lazio, sez. II, 24 maggio 2018 n. 5755; Cons. St., sez. V, 28 agosto 2017 n. 4077; Cons. St., sez. V, 15 marzo 2017 n. 1172; Cons. St, sez. V, 28 dicembre 2016 n. 5478; Cons. St., sez. V, 5 settembre 2014 n. 4528; Cons. St., sez. VI, 3 ottobre 2014 n. 4937), contraddetta da una tesi minoritaria, affiorata anche nella giurisprudenza recente (Cons. St., sez. VI, 7 maggio 2018 n. 2704), che invece reputa sufficiente la constatazione della circostanza del mero decorso del tempo successiva alla sentenza di condanna a pena sospesa o patteggiata, onde poter ricavare il maturato effetto estintivo del reato, che esima il partecipante alla procedura di evidenza pubblica dal palesare in sede di gara il precedente penale subito.

5.- Sul versante della giurisprudenza penale, invece, la talora asserita mancanza di necessità di una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione in tema di avvenuta estinzione del reato, a seguito di pena sospesa o di pena patteggiata (Cass., sez. III pen., 21 settembre 2016 n. 19954), attiene alle sole finalità intra-sistematiche del diritto penale, volte ad assicurare il favor rei nell’applicazione degli istituti penalistici c.d. premiali o comunque di favore nella valutazione della colpevolezza del reo con riferimento alla fattispecie penale concreta rilevante nel caso di specie e non può, invece, spiegare alcun altro effetto per le diverse finalità extra-sistematiche di collegamento con altri rami dell’ordinamento, come per la materia degli appalti pubblici, laddove assumono una maggiore preminenza le esigenze di certezza pubblica.

Difatti, per l’ordinamento generale, il casellario giudiziale documenta – quale particolare registro tenuto da un ufficio pubblico, ai fini di certezza – i precedenti penali, come disposto dal d.p.r. 14 novembre 2002, n. 313; ciò pone al partecipante alla procedura ad evidenza pubblica l’onere di premunirsi da eventuali contestazioni di precedenti sfavorevoli, anche non dichiarati alla stazione appaltante, facendovi ivi constatare la propria situazione aggiornata, comprendente le intervenute cause di estinzione del reato e/o della pena, agli effetti del rilascio dei relativi certificati (cfr. artt. 24-25-25-bis d.p.r. n. 313 cit.), onde poter dimostrare la piena capacità a contrarre.

Ergo, la stazione appaltante non può che ricavare da quanto risulti presso il casellario giudiziale le informazioni utili a riscontrare le situazioni soggettive, in cui versano i soggetti qualificati ex lege dell’operatore economico, che partecipino ad una procedura di gara pubblica, risultando le relative certificazioni rilasciate quanto basta per riscontrare le auto-dichiarazioni degli offerenti, con conseguente onere da parte di questi ultimi di attivarsi, per tempo, nel far constatare la propria situazione aggiornata, in virtù delle declaratorie di estinzione di reati o di pene inflitte, o ancora per la concessa riabilitazione.

In definitiva, senza l’accertamento costitutivo del giudice dell’esecuzione penale non può ritenersi sussistere, almeno per l’affidamento dei terzi, qual segnatamente è anche la stazione appaltante, l’avvenuta estinzione del reato, per via della maturazione di tutti i requisiti e le condizioni di legge.

6.- In conclusione, deve rimarcarsi che, come già anticipato in sede cautelare, ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, l’estinzione del reato, che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna, sotto il profilo giuridico, non è affatto automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere riscontrata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale (art. 676 c.p.p.), sola figura a cui l’ordinamento attribuisce la potestà di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga quel provvedimento giurisdizionale, che va di norma richiesto con istanza di parte, non può legittimamente parlarsi di reato estinto e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione, da rendersi in sede di gara pubblica, circa la sussistenza dell’intervenuta condanna (in questo senso: Cons. Stato, Sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548; Sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4118; Sez. V, 28 agosto 2017, n. 4077; Sez. V, 15 marzo 2017, n. 1172; contra: Sez. VI, 7 maggio 2018 n. 2704).

A ciò si aggiunge la considerazione per la quale, il dato testuale, ricavabile dal codice dei contratti pubblici, è nel senso secondo cui possono non essere auto-dichiarate, nei documenti di gara, le condanne che siano state, per l’appunto, “dichiarate estinte”, ossia acclarate tali, evidentemente, dall’organo giudiziario competente, su istanza di parte, posto che il codice di procedura penale vigente richiede, per l’appunto, l’iniziativa della parte interessata diligente, al fine della pronuncia della declaratoria di estinzione (art. 666, co. 1, c.p.p.), diversamente dal previgente codice Rocco del 1930, laddove – come ben rammentato dalla citata ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. III, 26 gennaio 2018 n. 374 – era, invece, prevista (art. 578 c.p.p. abrogato) la declaratoria, anche d’ufficio in camera di consiglio dell’estinzione del reato e della pena.

7.- Stante la complessità delle questioni poste e il rilevato contrasto giurisprudenziale, sussistono gravi ragioni per doversi dichiarare la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, come inciso dalla sentenza della Corte costituzionale 19 aprile 2018, n. 77, salvo l’onere del pagamento del contributo unificato che, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è posto necessariamente, in via definitiva, a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Contributo unificato trasfuso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 22, co. 8, d.lgs. n. 196 del 2003 s.m.i, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione della presente sentenza, all’oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo a rivelare l’identità ed i dati giudiziari riferibili alla società ricorrente ed al rappresentante legale della stessa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppina Adamo,   Presidente

Donatella Testini,      Referendario

Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

 

L’art. 38, comma 1, lett. c), del previgente Codice degli appalti (decreto legislativo n. 163/2006) esclude dalla partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica di affidamento di appalti gli operatori economici, per i quali, con riferimento a taluni soggetti qualificati (ad es.: amministratore con rappresentanza, nel caso delle società di capitali), sia stata pronunciata una sentenza di condanna passata in giudicato o sia stato emesso un decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure una sentenza di applicazione della pena su richiesta, per gravi reati in danno dello Stato o della U.E., che incidono sulla “moralità professionale”[1].

La norma impone impone alle imprese che partecipano alla procedura di gara l’obbligo di dichiarare il possesso dei requisiti, mediante dichiarazione sostitutiva, in conformità alle previsioni del t.u. sulla documentazione amministrativa di cui al d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445, nella quale vanno indicate tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione.

I concorrenti sono, pertanto, assolutamente privi della possibilità di operare filtri in ordine ai contenuti della dichiarazione attestante il possesso dei requisiti. Essi sono chiamati a rendere una dichiarazione esaustiva, in modo da porre la stazione appaltante nella condizione di valutare adeguatamente i reati eventualmente commessi e, dunque, di procedere ad un valido e congruo accertamento del requisito di moralità professionale richiesto.

La produzione di dichiarazioni che risultino in distonia con le prescrizioni di legge e, precipuamente, la produzione di dichiarazioni non veritiere in quanto silenti in ordine a sentenze di condanna riportate dal dichiarante valgono, dunque, a integrare un’autonoma causa di esclusione dalla procedura comparativa anche in quanto idonee a interrompere o, comunque, a inficiare il nesso fiduciario che deve presiedere ai rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che ambiscono ad espletare il servizio[2].

Unica eccezione a questa regola viene in considerazione per le condanne relative a reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti, nonché per le condanne in ordine alle quali sia intervenuta la revoca o riabilitazione. Tanto è espressamente sancito dall’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163[3] e si spiega in ragione dell’effetto privativo che l’abrogatio criminis (ovvero il provvedimento giudiziale dichiarativo della estinzione del reato) opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato[4].

Il perimetro applicativo di questa disposizione derogatoria è diversamente delineato dai giudici amministrativi a seconda che si ritenga l'estinzione del reato come un effetto automatico legato al mero decorso dei termini stabiliti dagli artt.  167 c.p.[5] e 445, comma 2, c.p.p.[6] o una circostanza giuridicamente rilevante che deve essere previamente e indefettibilmente acclarata dall'autorità giudiziaria (art. 676 c.p.p.).

Secondo la prevalente giurisprudenza amministrativa, l’estinzione del reato, che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna, non è affatto automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere riscontrata in una decisione espressa del giudice dell’esecuzione penale (art. 676 c.p.p.), sola figura a cui l’ordinamento attribuisce la potestà di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria.

Fino a quando non intervenga il provvedimento giurisdizionale del giudice dell’esecuzione penale, che va di norma richiesto con istanza di parte, non può legittimamente parlarsi di reato estinto e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione, da rendersi in sede di gara pubblica, circa la sussistenza dell’intervenuta condanna[7].

In senso contrario è stato affermato che l'effetto estintivo del reato si verifica anche in assenza di una declaratoria di estinzione del reato emessa dal giudice dell’esecuzione penale. Tale interpretazione - benché sembri essere in contrasto con la lettera della norma (sia del previgente art. 38 D.lgs. n.163/2006 che del nuovo art. 80 D.lgs. n. 50/2016), secondo cui il divieto di partecipazione non opera “quando il reato è stato dichiarato estinto” – risulta tuttavia in linea con le esigenze di semplificazione e di celere definizione dei procedimenti, che la più recente giurisprudenza (anche CEDU) ha manifestato come obiettivi primari.

In quest'ottica, il provvedimento dichiarativo di estinzione viene considerato “successivo e ricognitivo di un effetto già verificatosi, ragione per cui la pronuncia del giudice dell’esecuzione penale si rivela “estranea ai fini dell’estinzione del reato”.

Di conseguenza, essendo il Legislatore - nonché l’interprete – sempre più orientati verso un atteggiamento “sostanzialistico” piuttosto che “formalistico” nell’accertamento dei requisiti partecipativi, la mera mancanza di “declaratoria” d’estinzione di un reato non può più essere preclusiva alla partecipazione alle gare, sussistendo in ogni caso il possesso “sostanziale” del requisito da parte del concorrente[8].

Nella sentenza in commento la II sezione del Tar Puglia – Bari opta per la tesi affermata dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, che, come innanzi ricordato, ricollega ad una pronuncia espressa del giudice della esecuzione l'effetto estintivo del reato ai fini della dichiarazione sulla insussistenza di condanne penali resa dalle imprese che prendono parte ad una gara.

Secondo questa corrente di pensiero solo il giudice dell’esecuzione può verificare la realizzazione di tutti i presupposti e le condizioni, di varia portata, a seconda del contenuto della condanna intervenuta, che determinano la estinzione del reato, che non è affatto detto maturi ex se, con il semplice decorrere del tempo.

Infatti, l’art. 167 c.p. e l’art. 445, comma 2, c.p.p. sanciscono l’estinzione del reato (rectius: la non esecuzione delle pene) se, nei termini stabiliti, il condannato non commetta un altro reato della stessa indole e abbia adempiuto agli obblighi impostigli con la pronuncia di condanna. Senza l’accertamento costitutivo del giudice dell’esecuzione penale non può ritenersi sussistere, almeno per l’affidamento dei terzi, qual segnatamente è anche la stazione appaltante, l’avvenuta estinzione del reato, per via della maturazione di tutti i requisiti e le condizioni di legge.

Osserva il Collegio che sul versante della giurisprudenza penale, invece, la talora asserita mancanza di necessità di una pronuncia espressa ... in tema di avvenuta estinzione del reato....... (Cass., sez. III pen., 21 settembre 2016 n. 19954), attiene alle sole finalità intra-sistematiche del diritto penale, volte ad assicurare il favor rei nell’applicazione degli istituti penalistici c.d. premiali o comunque di favore nella valutazione della colpevolezza del reo con riferimento alla fattispecie penale concreta rilevante nel caso di specie e non può, invece, spiegare alcun altro effetto per le diverse finalità extra-sistematiche di collegamento con altri rami dell’ordinamento, come per la materia degli appalti pubblici, laddove assumono una maggiore preminenza le esigenze di certezza pubblica, che sono ampiamente garantite da quanto viene riportato, con valore di certificazione, nel casellario giudiziale[9].

Concorre, peraltro, a corroborare la tesi espressa dalla sezione barese la considerazione per la quale, il dato testuale, ricavabile dal codice dei contratti pubblici, è nel senso secondo cui possono non essere auto-dichiarate, nei documenti di gara, le condanne che siano state, per l’appunto, “dichiarate estinte”, ossia acclarate tali, evidentemente, dall’organo giudiziario competente, su istanza di parte, posto che il codice di procedura penale vigente richiede, per l’appunto, l’iniziativa della parte interessata diligente, al fine della pronuncia della declaratoria di estinzione (art. 666, co. 1, c.p.p.), diversamente dal previgente codice Rocco del 1930, laddove era, invece, prevista (art. 578 c.p.p. abrogato) la declaratoria, anche d’ufficio in camera di consiglio dell’estinzione del reato e della pena.

In applicazione dei delineati principi il Collegio ha respinto il ricorso presentato da un'impresa che era stata esclusa da una gara per non aver dichiarato l'esistenza a suo carico (rectius: a carico dei soggetti qualificati indicati dall'art. 38 del previgente Codice) di condanne penali che, seppur risalenti nel tempo, alla scadenza del termine fissato dalla lex specialis per la presentazione delle istanze di partecipazione, non risultavano estinte in forza di una espressa pronuncia giurisdizionale.

 

[1]           Analoga previsione è contenuta nel combinato disposto normativo di cui all'art. 80, commi 1 e 3 del nuovo Codice (D.lgs. 50/2016) con qualche variante in ordine alla tipologia dei reati e ai soggetti rispetto ai quali deve essere effettuata la verifica.

[2]           Cfr. ex multis Tar Roma sez. Iibis, sentenza n. 13521 del 01.12.2015.

[3]           Il nuovo codice non riproduce la previsione dell’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ma vero è anche che esso non contiene neppure un’espressa imposizione di una dichiarazione generalizzata estesa a questi ultimi. Al contrario, nel disciplinare l’uso del documento di gara unico europeo specificando che lo stesso consiste «in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico soddisfa le seguenti condizioni: a) non si trova in una delle situazioni di cui all’articolo 80; b) soddisfa i criteri di selezione etc.» (art. 85 d.lgs. n. 50/2016), il codice degli appalti finisce, sia pur indirettamente, per chiarire che gli obblighi dichiarativi restano circoscritti alle sole condizioni che incidono sulla moralità professionale delle imprese partecipanti (TAR Napoli, 30.06.2017 n. 3518).

            Ciò avvalora la conclusione che, tuttora, non occorra dichiarare in sede di gara le situazioni che, per espressa previsione legislativa, più non rilevano ai fini dell’affidabilità e dell’integrità morale del concorrente.

[4]           Cfr.  Consiglio di Stato sez. VI , 3.9.2013, n. 4392; Consiglio di Stato sez.  V, 25 febbraio 2016, n. 761

[5]           La norma disciplina gli effetti conseguenti alla sospensione condizionale della pena, stabilendo che: “se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, e adempie gli obblighi impostigli, il reato è estinto”.

[6]           A proposito degli effetti dell'applicazione della pena su richiesta, la norma dispone che “Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole [c.p. 101]. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l'applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.”

[7]           Cfr.  Cons. St., sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548; id.  5 ottobre 2016, n. 4118; id., sez. V, 28 agosto 2017, n. 4077; id. 15 marzo 2017, n. 1172.

[8]           Cfr. Cons.Stato, sez. V°, 21/8/2017 n. 4048.

[9]           L'art. 86 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50 s.m.i. prevede, come regola speciale, che le stazioni appaltanti accettino, quale prova sufficiente della insussistenza di una causa di esclusione per c.d. inidoneità morale (id est: mancanza di talune condanne penali et similia), il certificato del casellario giudiziale, tanto in deroga alla regola generale del divieto di produzione alle pubbliche amministrazioni di certificati, stabilito dall’art. 40 del d.p.r. 28 dicembre 2000 n. 445. La stazione appaltante non può che ricavare da quanto risulti presso il casellario giudiziale le informazioni utili a riscontrare le situazioni soggettive, in cui versano i soggetti qualificati ex lege dell’operatore economico, che partecipino ad una procedura di gara pubblica, risultando le relative certificazioni rilasciate quanto basta per riscontrare le auto-dichiarazioni degli offerenti, con conseguente onere da parte di questi ultimi di attivarsi, per tempo, nel far constatare la propria situazione aggiornata, in virtù delle declaratorie di estinzione di reati o di pene inflitte, o ancora per la concessa riabilitazione.