un quadro d'insieme a due anni dall'entrata in vigore del nuovo codice
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Principio di trasparenza: Art. 29 Codice dei contratti pubblici. 3. Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni e l’attenzione alle piccole e medie imprese: Art. 30 e Art. 51 Codice degli Appalti
1. INTRODUZIONE
Il sistema europeo degli appalti pubblici ha subito in anni recenti profonde modificazioni, anche dovute al fenomeno della globalizzazione giuridica, che ha indotto da un lato ad un’accresciuta procedimentalizzazione dell’attività contrattuale delle amministrazioni - in particolare, si pensi alla negoziazione -, dall’altro all’apertura alla concorrenza dei mercati nazionali.
Mentre la normativa comunitaria si pone dal punto di vista delle imprese per il perseguimento della tutela della libera concorrenza e dell’interesse pubblico di garantire il miglior contraente per l’Amministrazione, quella nazionale mira all’individuazione delle condizioni complessivamente più vantaggiose per l’affidamento dell’appalto.
Sul piano dell’attività amministrativa, i principi comunitari sono integralmente richiamati dall’art. 1, legge n. 241/1990, a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 15/2015, ai sensi del quale “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano i singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.
In questo quadro, si inseriscono le nuove disposizioni contenute nel nuovo Codice dei contratti pubblici, Parte I, Titolo IV (articoli da 28 a 34), dedicato ai principi comuni in materia di modalità di affidamento, Parte II, Titolo I (articoli 35-36), recante disposizioni generali in materia di soglie di valore economico per l’applicazione, Parte II, Titolo III (articoli da 44 a 53), sulle modalità comuni alle diverse procedure di affidamento.
2. IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA: ART. 29 CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI
In generale, per trasparenza dell’azione amministrativa si intende l’obbligo di garantire, ad ogni potenziale offerente interessato alla selezione, un adeguato livello di pubblicità che consenta “l’accesso ad informazioni corrette ed idonee”[1].
Il principio della trasparenza trova attuazione, anteriormente all’inizio del procedimento di selezione, nella effettuazione di una corretta pubblicità sia dell’oggetto della selezione, sia dei criteri obiettivi da applicarsi nella valutazione delle offerte; al termine del procedimento, detto principio vincola specularmente l’Amministrazione a motivare la scelta effettuata sulla base degli stessi criteri inizialmente adottati.
Il criterio orientativo, dettato dalla giurisprudenza comunitaria, consiste nell’indicazione di tante informazioni quante siano necessarie alle imprese per decidere della partecipazione al procedimento di aggiudicazione o del deposito di un’offerta, senza che ciò si traduca nell’obbligo di osservare le formalità prescritte dalle direttive di settore[2].
In estrema sintesi, sotto il profilo comunitario, il rispetto del principio di trasparenza comporta in concreto: 1) l’obbligo di disegnare la procedura in modo chiaro, preciso ed inequivocabile[3]; 2) una pubblicità adeguata; 3) la gestione della procedura secondo le regole fondamentali per garantire la corretta competizione, laddove sovente l’Autorità ha considerato carenza di pubblicità il profilo dei tempi esigui per la pubblicazione degli avvisi, ovvero in relazione ai mezzi utilizzati per porre in atto la pubblicità, qualora ritenuti inadeguati rispetto al valore dell’appalto[4].
Per quanto più strettamente di interesse nel presente capitolo, si pone l’attenzione sull’Art. 29 del Codice dei contratti pubblici, rubricato “Principi in materia di trasparenza”, che dispone quanto di seguito:
“1. Tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico di cui all'articolo 5 alla composizione della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti, ove non considerati riservati ai sensi dell'articolo 53 ovvero secretati ai sensi dell'articolo 162, devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione "Amministrazione trasparente", con l'applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell' articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito della verifica della documentazione attestante l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti, economico-finanziari e tecnico-professionali. Entro il medesimo termine di due giorni è dato avviso ai candidati e ai concorrenti, con le modalità di cui all’articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell’amministrazione digitale o strumento analogo negli altri Stati membri, di detto provvedimento, indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione. Nella stessa sezione sono pubblicati anche i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione con le modalità previste dal decreto legislativo14 marzo 2013, n.33. Gli atti di cui al presente comma recano, prima dell’intestazione o in calce, la data di pubblicazione sul profilo del committente. Fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73, comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente.
2. Gli atti di cui al comma 1, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 53, sono, altresì, pubblicati sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sulla piattaforma digitale istituita presso l'ANAC, anche tramite i sistemi informatizzati regionali, di cui al comma 4, e le piattaforme regionali di e-procurement interconnesse tramite cooperazione applicativa.
3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano collaborano con gli organi dello Stato alla tutela della trasparenza e della legalità nel settore dei contratti pubblici. In particolare, operano in ambito territoriale a supporto delle stazioni appaltanti nell'attuazione del presente codice ed nel monitoraggio delle fasi di programmazione, affidamento ed esecuzione dei contratti.
4. Per i contratti e gli investimenti pubblici di competenza regionale o di enti territoriali, le stazioni appaltanti provvedono all'assolvimento degli obblighi informativi e di pubblicità disposti dal presente codice, tramite i sistemi informatizzati regionali e le piattaforme telematiche di e-procurement ad essi interconnesse, garantendo l'interscambio delle informazioni e l’interoperabilità, con le banche dati dell'ANAC, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
4-bis. Il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'ANAC e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome per i sistemi di cui ai commi 2 e 4 condividono un protocollo generale per definire le regole di interoperabilità e le modalità di interscambio dei dati e degli atti tra le rispettive banche dati, nel rispetto del principio di unicità del luogo di pubblicazione e di unicità dell'invio delle informazioni. Per le opere pubbliche il protocollo si basa su quanto previsto dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229. L'insieme dei dati e degli atti condivisi nell'ambito del protocollo costituiscono fonte informativa prioritaria in materia di pianificazione e monitoraggio di contratti e investimenti pubblici”.
La succitata disposizione mira ad assicurare, in particolare, a mezzo di adempimenti a carico della stazione appaltante, l’effettiva conoscenza degli atti di gara da parte dei soggetti interessati, tesa a consentirne l’impugnativa e, quindi, a chiarire da quale momento questi atti, a dispetto del regime di pubblicità cui sono assoggettati, devono intendersi conosciuti.
Detta norma recepisce gli articoli da 48 a 55 della Direttiva 2014/24/UE, e da 67 a 75 della Direttiva 2014/25/UE, ed è inoltre attuativa dell’art.1 comma 1, lettere s), dd), ii), eee), della Legge delega 28 gennaio 2016, n. 11.
In particolare:
- il criterio di delega contenuto nella lett. s) prevede la revisione della disciplina in materia di pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara, in modo da fare ricorso a strumenti di pubblicità di tipo informatico, e la definizione di indirizzi generali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con ANAC, al fine di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità, prevedendo, in ogni caso, la pubblicazione su un'unica piattaforma digitale presso l'ANAC di tutti i bandi di gara;
- il criterio di delega contenuto nella lett. dd) obbliga, tra l’altro le stazioni appaltanti, per garantire la piena verificabilità dei flussi finanziari, a pubblicare nel sito internet il resoconto finanziario al termine dell'esecuzione del contratto;
- il criterio di delega della lett. ii) impone di garantire adeguati livelli di pubblicità e trasparenza delle procedure anche per gli appalti pubblici sotto la soglia di rilevanza comunitaria, assicurando, anche nelle forme semplificate di aggiudicazione, la valutazione comparativa tra più offerte, prevedendo che debbano essere invitati a presentare offerta almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nonché un'adeguata rotazione;
- il criterio di delega della lett. eee) impone di garantire adeguati livelli di pubblicità e trasparenza anche negli affidamenti di appalti e concessioni in house, prevedendo l’obbligo di pubblicazione di tutti gli atti connessi all’affidamento, assicurando, anche nelle forme di aggiudicazione diretta, la valutazione sulla congruità economica delle offerte, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, e prevedendo l’istituzione, a cura dell’ANAC, di un elenco di enti aggiudicatori di affidamenti in house ovvero che esercitano funzioni di controllo o di collegamento rispetto, ad altri enti, tali da consentire gli affidamenti diretti.
L’articolo 29 succitato dispone che tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico, nel caso non siano considerati riservati ovvero secretati, debbano essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione Amministrazione trasparente.
In tal modo si chiarisce l'inclusione tra gli atti soggetti a pubblicazione anche di quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico, in attuazione del criterio di delega sulla pubblicità e trasparenza degli affidamenti in house.
Da precisarsi che le Linee Guida n. 4 sulle Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria hanno esteso gli obblighi di cui all'art. 29 anche agli atti delle procedure “sotto soglia” disciplinate all'art. 36 del nuovo codice.
Altro elemento di ampliamento rispetto alla disciplina previgente in materia di trasparenza è la previsione dell'obbligo di pubblicazione dei resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione, che recepisce l’espresso criterio di delega.
Gli atti dovranno essere anche pubblicati sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e sulla piattaforma digitale istituita presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione, anche tramite i sistemi informatizzati delle sezioni regionali e le piattaforme telematiche di e-procurement interconnesse tramite cooperazione applicativa.
Si prevede, inoltre, che siano altresì pubblicati gli atti e gli elenchi dei concorrenti esclusi dalla procedura e di quelli ammessi e di questi ultimi la documentazione non considerata riservata, nonché la composizione della commissione giudicatrice e i curricula dei suoi componenti.
Al fine di individuare il corretto regime di pubblicità previsto per gli atti relativi agli appalti va anche considerato l’ultimo periodo dell’articolo 29, comma 1, inserito in sede di correttivo, secondo cui fatte salve le ipotesi in cui agli atti deve applicarsi il regime di pubblicità in ambito nazionale, di cui all’articolo 73, comma 5, (secondo cui gli effetti giuridici che l’ordinamento connette alla pubblicità in ambito nazionale decorrono dalla data di pubblicazione sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l’ANAC) per le restanti ipotesi di pubblicità i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla data di pubblicazione sul profilo del committente.
È stato osservato che il Legislatore non ha chiarito a quale «luogo informatico» ci si riferisca in ordine al profilo del committente, ovvero se alla sezione del sito con funzione di “albo online” (o anche denominata «avvisi e bandi»), presente sul sito istituzionale, oppure alla sottosezione «Bandi di gara e contratti» di «Amministrazione trasparente» come avvenuto per la pubblicazione dei provvedimenti di ammissione o esclusione di cui sopra.
Proprio di recente la giurisprudenza ha chiarito che nel caso vengano a mancare le modalità di pubblicazione degli atti nella sezione «Amministrazione trasparente» per come prescritte dall’articolo 29, il termine per proporre ricorso decorre dalla data di invio della Pec con cui è stato reso noto l’elenco delle ditte ammesse e di quella risultata aggiudicataria, ex articolo 76, comma 3, (ora confluito nell’articolo 29), non rilevando a questi fini l’eventuale pubblicazione degli atti sull’albo online e quindi la decorrenza dei termini da tale pubblicità (trattandosi di una sezione che non è quella di «Amministrazione trasparente»)[5].
Altra giurisprudenza ha ancorato il termine di proposizione del ricorso al momento di effettiva conoscenza del provvedimento ritenuto lesivo.
Anche nel caso in cui, infatti, la Commissione di gara, dopo la valutazione dei requisiti di ammissione, non abbia provveduto alla pubblicazione sul profilo internet della stazione appaltante delle notizie di cui all’articolo 29, comma 1, del Dlgs 50/2016, deve ritenersi applicabile, nella materia della contrattualistica pubblica, il consolidato principio per cui in difetto della formale comunicazione dell’atto e nel caso in cui il ricorrente venga ad aver contezza dell’atto prima della sua comunicazione formale, il termine di impugnazione decorre dal momento dell'avvenuta conoscenza dell'atto purché siano percepibili quei profili che ne rendano evidente l’immediata e concreta lesività per la sfera giuridica dell'interessato[6]. Infatti, come deciso dal Consiglio di Stato, la conoscenza dell’atto, per essere idonea a comportare la decorrenza del termine decadenziale, deve essere necessariamente piena, di modo che non è sufficiente che l’interessato sappia soltanto dell’esistenza dell’atto, ma è altresì indispensabile che quest’ultimo sia accessibile e conoscibile nella sua interezza, ovvero anche con riguardo alle motivazioni che hanno portato all’adozione dell’atto[7].
In via generale, poi, il giudice amministrativo ha ritenuto tardiva la proposizione di motivi aggiunti proposti avverso l’annullamento in autotutela di atti relativi a una procedura negoziata, nel caso in cui il ricorrente abbia considerato, come dies a quo per la decorrenza del termine di impugnativa, non quello di pubblicazione dell’atto sull’albo online, ma quella di deposito di documenti da parte dell’Avvocatura erariale nel processo, essendo preciso onere della parte, tanto più in pendenza di un contenzioso, di verificare sul profilo del committente la pubblicazione dell’atto conclusivo del procedimento di revoca della gara[8].
Il giudice amministrativo, infine, ha ritenuto infondata l’eccezione di irricevibilità formulata da un Comune con riguardo a un ricorso, con cui veniva impugnata la determina a contrarre e il mancato invito di un’impresa alla presentazione di un’offerta, in quanto notificato oltre i 30 giorni dalla pubblicazione all’Albo pretorio online della stazione appaltante dell’atto ritenuto lesivo.
L’ente aveva affermato nella memoria di costituzione che l’onere di pubblicazione preteso dall’articolo 29 del codice dei contratti riguarda non già tutti gli atti della procedura di affidamento del servizio, ma solo gli atti di ammissione/esclusione dalla partecipazione alla gara adottati dalla stazione appaltante, all’esito della verifica del possesso dei requisiti di partecipazione, anteriormente alla valutazione delle offerte.
Il giudice amministrativo respingendo tale eccezione ha ritenuto che l’articolo 29, comma 1, del codice degli appalti, dispone, che «tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi ... alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi ... devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente” includendo qualsiasi provvedimento indittivo di una procedura di affidamento di incarico di pubblico servizio»[9].
3. PRINCIPI PER L’AGGIUDICAZIONE E L’ESECUZIONE DI APPALTI E CONCESSIONI E L’ATTENZIONE ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE: ART. 30 E ART. 51.
Del pari, in recepimento della normativa comunitaria, in particolare dell'articolo 18 e dell’allegato X della direttiva 2014/24, dell'articolo 36 della direttiva 2014/Z5, degli articoli 3 e 30, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/23 ed ai sensi del criterio di delega di cui alla lettera ccc), l’art. 30 individua e positivizza i principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni. Il criterio di delega predetto prevede, peraltro, un “miglioramento delle condizioni di accesso al mercato degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, anche con riferimento ai servizi di architettura e ingegneria e agli altri servizi professionali dell'area tecnica, per i piccoli e medi operatori economici, per i giovani professionisti, per le micro, piccole e medie imprese e per le imprese di nuova costituzione” e “di garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e media imprese”, quest’ultima una delle finalità principali della nuova disciplina europea.
Stabilisce l’art. 30, rubricato “Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni”:
“1. L'affidamento e l'esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni, ai sensi del presente codice garantisce la qualità delle prestazioni e si svolge nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza. Nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, le stazioni appaltanti rispettano, altresì, i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice. Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell'ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.
2. Le stazioni appaltanti non possono limitare in alcun modo artificiosamente la concorrenza allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi.
3. Nell'esecuzione di appalti pubblici e di concessioni, gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell'allegato X.
4. Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.
5. In caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva relativo a personale dipendente dell'affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all'articolo 105, impiegato nell'esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all'inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile.
5-bis. In ogni caso sull'importo netto progressivo delle prestazioni è operata una ritenuta dello 0,50 per cento; le ritenute possono essere svincolate soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l'approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del documento unico di regolarità contributiva.
6. In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale di cui al comma 5, il responsabile unico del procedimento invita per iscritto il soggetto inadempiente, ed in ogni caso l'affidatario, a provvedervi entro i successivi quindici giorni. Ove non sia stata contestata formalmente e motivatamente la fondatezza della richiesta entro il termine sopra assegnato, la stazione appaltante paga anche in corso d'opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all'affidatario del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente nel caso in cui sia previsto il pagamento diretto ai sensi dell'articolo 105.
7. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese.
8. Per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”.
Detta norma prevede dunque che l’affidamento e l’esecuzione di appalti di opere, lavori, servizi, forniture e concessioni debbano garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, mentre le stazioni appaltanti devono rispettare i principi di libera concorrenza[10], non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità.
La Delibera ANAC n. 288 del 22 marzo 2017, disponendo in merito al rispetto dei principi di economicità, efficacia ed adeguatezza – nella specie in tema di affidamento di contratti sotto soglia-, in virtù di quanto precisato al punto 2.2 delle predette Linee Guida, evidenzia che il rispetto del principio di economicità impone l’uso ottimale delle risorse da impiegare nello svolgimento della selezione ovvero nell’esecuzione del contratto, il rispetto del principio di efficacia richiede la congruità degli atti assunti rispetto al conseguimento dello scopo e dell’interesse pubblico cui sono preordinati, il rispetto del principio di proporzionalità postula l’adeguatezza e idoneità dell’azione rispetto alle finalità e all’importo dell’affidamento.
Nel settore degli appalti, i principi di economicità e efficacia sono comunque recessivi rispetto ai principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza, destinati a prevalere in caso di conflitto con i primi, in virtù del più elevato grado derivante dalla connotazione comunitaria che assumono nella materia, in quanto derivanti dal Trattato stesso.
I principi di tempestività e correttezza trovano applicazione generalizzata per informare sia le fasi dell’affidamento e quindi della scelta del contraente, sia l’esecuzione dei contratti.
Il principio di tempestività è ispirato a finalità di snellimento dell’azione amministrativa.
I principi che trovano applicazione nella fase dell’affidamento devono garantire, in primo luogo, l’attuazione delle libertà fondamentali sancite dal Trattato, tutelate mediante l’osservanza dei divieti posti dal Trattato medesimo, e in particolare, il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità, i divieti di restrizioni alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, e in sostanza mirano ad evitare affidamenti esclusivamente fiduciari.
Quanto al principio di pubblicità, nell’ambito del procedimento di aggiudicazione di un appalto, si evidenzia un obbligo di pre-informazione di carattere programmatorio, che consiste nella pubblicazione di un probabile calendario dei contratti da affidarsi per ciascun esercizio finanziario.
Del pari, il principio di pubblicità connota sia la fase prodromica-principale (rilievo va assegnato all’obbligo relativo alla pubblicazione del bando, che costituisce il livello minimo inderogabile di pubblicità imposto all’amministrazione, per consentire la massima partecipazione delle imprese interessate), sia la fase di espletamento della gara, al fine di assicurare la massima trasparenza nelle operazioni strumentali all’aggiudicazione.
Di recente, in proposito, il Consiglio di Stato ha avuto modo di pronunciarsi come segue: “Come affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (cfr. Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05), confermata del resto dalla giurisprudenza della Sezione (sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26), la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste infatti carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza.”[11]
Il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti delle norme vigenti e del nuovo Codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute, dell'ambiente, del patrimonio culturale e alla promozione dello sviluppo sostenibile, anche dal punto di vista energetico.
In virtù della Comunicazione Interpretativa della Commissione delle Comunità Europee già dell’ottobre 2001, per “esigenze sociali” si fa riferimento all’accrescimento del tenore di vita, alla promozione di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, al miglioramento della qualità di vita e di lavoro, quali obiettivi entrati a far parte delle politiche comunitarie.
In riferimento poi agli obiettivi di tutela ambientale e della salute, è stato già in passato elaborato dalla giurisprudenza comunitaria il cosiddetto principio di “precauzione”, che impone all’Autorità Amministrativa di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire rischi potenziali per la sanità, la sicurezza e l’ambiente, quale espressione del più generale principio di prevenzione, secondo il quale il modello migliore di protezione ambientale risponde a una logica anticipatoria orientata verso la preferenza della strategia preventiva rispetto all’intervento successivo risarcitorio.
Per “sviluppo sostenibile”, sulla base della comunicazione interpretativa C.E.E. 15 maggio 2001 com 264/2001 “sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore”, si è inteso in ambito comunitario un approccio politico di lungo periodo dove la crescita economica possa essere in grado di sostenere il progresso sociale in uno alla salvaguardia dell’ambiente. La possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici è stata presa in considerazione dalla Commissione sin dalla comunicazione interpretativa del 4 luglio 2001, ove si è chiarito che considerazioni di natura ambientale possono entrare a far parte della definizione dell’oggetto dell’appalto, richiedendo caratteristiche di compatibilità ambientale fin dalla fase della progettazione, nella definizione delle specifiche tecniche anche attraverso l’uso di marchi ecologici, nei requisiti di capacità tecnica dei candidati escludendo, ad esempio, chi si sia reso responsabile di reati ambientali. Analogamente, considerazioni di natura ambientale possono rientrare nei criteri di aggiudicazione, nonché nelle clausole di esecuzione rese note preventivamente per ciò che concerne, ad esempio, il rispetto delle prescrizioni in tema di materiali utilizzabili o di smaltimento dei rifiuti.
Nell’ambito degli appalti pubblici, è la Corte di Giustizia UE, nel leading case “Concordia Bus Finland” (Corte giust. CE, 17 settembre 2002, causa C-513-99), ad aprire la strada alla possibilità di utilizzare criteri non solo di tipo “economico” per l’aggiudicazione di un contratto, ritenendo legittimo prevedere, nell’ affidamento di un servizio di trasporto urbano, criteri premiali di tipo ambientale, legati, nel caso, alle emissioni inquinanti dei veicoli.
La Commissione Europea con la Comunicazione interpretativa della Commissione “Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici”, 2001/C 333/07, analizzando gli aspetti qualificanti degli appalti di lavori, servizi e forniture, si è proposta di fornire un primo supporto agli enti pubblici per integrate le considerazioni di carattere ambientale nella loro politica degli appalti e di contribuire, in tal modo, ad uno sviluppo sostenibile. Le direttive del 2004 hanno poi introdotto molte novità, dalla fase di qualificazione dei concorrenti con l’esclusione dalle gare per imprese colpevoli del mancato rispetto delle norme ambientali, sia in quella dell’aggiudicazione, premiando, viceversa, con una maggiorazione di punteggio, i soggetti rispettosi dei criteri ambientali.
Le attuali direttive appalti hanno previsto numerose e più incisive misure, a partire dai principi generali, tra i quali è previsto, tra l’altro, che gli Stati membri adottano misure adeguate per garantire che gli operatori economici, nell’esecuzione di appalti pubblici, rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’ Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro.
Il considerando 47 della direttiva n. 24/2014/UE afferma che “la ricerca e l’innovazione, comprese l’eco-innovazione e l’innovazione sociale, sono uno dei principali motori della crescita futura e sono state poste al centro della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Le autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fondamentale per migliorate l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale. Ciò contribuisce a ottenere un rapporto più vantaggioso qualità/prezzo nonché maggiori benefici economici, ambientali e per la società attraverso la generazione di nuove idee e la loro traduzione in prodotti e servizi innovativi, promuovendo in tal modo una crescita economica sostenibile”.
Sul piano nazionale, la legge n. 221/2015 (il c.d. collegato ambientale) ha determinato l’obbligo per la Pubblica amministrazione di contribuire all’eco-innovazione e trainare l’economia con gli appalti verdi, una previsione che riprende e supera ampiamente le disposizioni europee, obbligando le pubbliche amministrazioni a ridurre al minimo gli impatti ambientali connessi al ciclo di vita di beni e servizi, nonché dei lavori che acquisisce.
Fermo restando quanto sopra in ordine ai principi generali disciplinati dal comma I del succitato art. 30, in riferimento specifico al principio di libera concorrenza, ai sensi del secondo comma del medesimo articolo è fatto divieto alle stazioni appaltanti di limitare artificiosamente la concorrenza allo scopo di sfavorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici o, nelle procedure di aggiudicazione delle concessioni, compresa la stima del valore, taluni lavori, forniture o servizi, viceversa è fatto obbligo agli operatori economici devono rispettare gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normative europea e nazionale, dai contratti Collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell’allegato X.
Sul tema è da segnalarsi, in particolare, il comma 5 dell’art. 30, il quale prevede che, in caso di inadempienza contributiva risultante dal DURC, relativo a personale dipendente dell'affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all'art. 105 del Codice, impiegato nell'esecuzione del contratto, la stazione appaltante debba trattenere dal certificato di pagamento l'importo corrispondente all‘inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la Cassa Edile.
L’art. 20 del decreto correttivo ha soppresso il secondo periodo del comma 5, che dispone per le ritenute in caso di inadempienza contributiva, inserendo il comma 5-bis, al fine di meglio precisare che, in caso di inadempienza contributiva, la ritenuta dello 0,50 per cento sull'importo netto progressivo o delle prestazioni, da svincolare soltanto in sede di liquidazione finale, dopo l'intervenuta approvazione del certificate di collaudo o di verifica di conformità, previo rilascio del DURC, viene operate in ogni caso.
Inoltre, in base al comma 6, il ritardo nel pagamento delle retribuzioni costituisce preciso inadempimento del contraente, che il responsabile unico del procedimento deve contestargli ed intimargli l’effettuazione dei pagamenti entro i successivi 15 giorni, e che - in mancanza di formale e motivata contestazione della fondatezza della richiesta da parte del contraente inadempiente - la stazione appaltante pagherà direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all’affidatario.
Il comma 7 dell'art. 30 dispone che i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le microimprese, le piccole e le medie imprese, in ossequio a quanto previsto nella delega e nelle direttive succitate. In particolare, tale obbligo discende dalla comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio d'Europa, al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle regioni (del c.d. Small business act) adottato il 25 giugno 2008.
Si intendono quali micro imprese quelle con meno di 10 dipendenti, piccole imprese quelle che hanno da 10 a 49 dipendenti, e medie imprese quelle con da 50 a 249 dipendenti.
La previsione e declinata in termini "negativi" (esprimendo un “divieto” di esclusione delle microimprese e delle cosiddette PMI: ad essa fa comunque da connesso corollario la previsione ”propositiva” dell'art. 51, comma 1, che così dispone:
“Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. È fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l'applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l'aggregazione artificiosa degli appalti”
Una simile previsione era contenuta all'art. 2, comma l-bis, del d.lgs. n. 163/2006, in relazione alla quale è stato precisato in giurisprudenza che la suddivisione in lotti costituisce regola generale “a tutela della concorrenza" (Cons. Stato, VI, 12 settembre 2014, n. 4669), fermo d'altra parte restando che “l'opzione sottesa alla suddivisione, o meno, in lotti dell'appalto pubblico è espressiva di una scelta discrezionale non suscettibile di essere censurata in base a criteri di mera opportunità" (Cons. St., Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081)[12].
A conferma della considerazione che la tematica della tutela delle micro-imprese e delle PMI nell'ambito della contrattualistica pubblica presenta profili di stretta interconnessione con la tutela della concorrenza, l’ultimo periodo del medesimo comma 1 dell'art. 51 del nuovo Codice ricorda al contempo che “è fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l’applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l’aggregazione artificiosa degli appalti”.
Il comunicato del Presidente dell’ANAC del 14 settembre 2016 recante “Indicazioni operative alle stazione appaltanti e agli operatori economici in materia di affidamento di servizi sociali”, per consentire il superamento delle criticità emerse nell’affidamento di servizi sociali complessi, ribadisce la necessità che le stazioni appaltanti provvedano alla suddivisione dell’appalto in lotti funzionali o prestazionali[13].
Inoltre, si richiama l’attenzione sull’efficacia, ai fini dell’apertura della concorrenza, di ulteriori strumenti, utile ad agevolare la partecipazione degli operatori alle procedure di affidamento, quali l’avvalimento dei requisiti di partecipazione, il ricorso al subappalto e la partecipazione in forma raggruppata. Il comunicato parte dalle segnalazioni di operatori del terzo settore in merito a criticità riscontrate negli affidamenti di servizi di assistenza domiciliare, in quanto le stazioni appaltanti affidano frequentemente, con unica gara, servizi assistenziali diversi, sia per tipologia di attività che per destinatari degli interventi, richiedendo l’esecuzione di prestazioni complesse.
Tale scelta operativa comporta l’introduzione di barriere all’accesso e determina forti restrizioni della concorrenza, precludendo la partecipazione alle procedure di affidamento degli operatori che, pur difettando delle capacità richieste per svolgere l’intera prestazione prevista dal bando di gara, avrebbero i requisiti necessari a eseguire almeno uno dei servizi richiesti. Al fine di superare tale criticità, l’ANAC sottolinea appunto la necessità che le stazioni appaltanti provvedano alla suddivisione dei servizi in oggetto in lotti funzionali o prestazionali, rammentando l’obbligo statuito in tal senso dall’art. 51 del d.lgs 50/2016.
In proposito, il Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza 13 dicembre 2017, n. 5854, ha così precisato:
“- che il principio della suddivisione in lotti costituisce in effetti il tipico (e forse i principale) strumento volto a garantire la più agevole partecipazione alle gare da parte delle PMI ma non rappresenta un precetto inviolabile;
- che il principio di ‘equa partecipazione delle PMI agli affidamenti di concessioni di cui al considerando 4 della Direttiva 2014/23/UE sta a indicare l’obbligo per le amministrazioni di favorire in massimo grado la partecipazione da parte delle PMI, ma pur sempre in un quadro di adeguatezza, proporzionalità ed efficienza economica;
- che, coerentemente, la ‘Direttiva concessioni (le cui previsioni sono state recepite dal nuovo Codice dei degli appalti pubblici del 2016) consentono di modulare o derogare l’obbligo di suddivisione in lotti, rispettando tuttavia - con l’obbligo, per la stazione appaltante, di motivare la decisione di non suddividere gli appalti in lotti - il c.d. criterio del conformati o spiega (apply or explain), in base al quale le amministrazioni debbono dar corso alla suddivisione in lotti oppure motivare adeguatamente le ragioni di convenienza economica che giustificano la mancata suddivisione - cfr. art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, peraltro successivo alle norme che qui vanno applicate-)”.
* Il presente contributo, a firma di Alberto Gamberini, è tratto da F. Caringella – M. Giustiniani – P. Mantini (a cura di), Manuale dei Contratti Pubblici, III Edizione, DIKE Giuridica Editrice, attualmente in corso di pubblicazione.
[1] Corte Giustizia UE, 13 ottobre 2015
[2] Corte Giustizia, C-507/03 e 532/03
[3] Sent. 16 febbraio 2012 C-72/10 e C-77/10
[4] Determinazione n. 2 del 6 aprile 2011
[5] Tar Puglia, Bari, Sez. III, 5 aprile 2017, n. 340.
[6] Tar Toscana, Sez. I, 18 aprile 2017 n. 582.
[7] Cons. St., Sez. III, 17 marzo 2017, n. 1212.
[8] Tar Lazio, Sez. I-quater, 4 aprile 2017 n. 4190
[9] Tar Campania, Napoli, Sez. II, 8 marzo 2017, n. 1336.
[10] In relazione al principio di libera concorrenza e alla sua importanza per la contrattualistica pubblica, si consideri Cons. St., Sez. III, 31 gennaio 2018, n. 643. Secondo tale pronuncia, sarebbe illegittima la determinazione della stazione appaltante di portare a conclusione l’originaria gara la cui lex specialis contenesse una clausola nulla tale da influire sulla concorrenza. La stazione appaltante, infatti, non può illegittimamente ignorare l’efficacia fattuale (in senso distorsivo della concorrenza) rivestita da una tale clausola nello svolgimento della gara, aggiudicando la procedura al soggetto che di tale effetto distorsivo aveva potuto avvantaggiarsi, peraltro dopo che la clausola sia già stata dichiarata nulla con sentenza passata in giudicato.
[11] Consiglio di Stato, Sez. 3, 18 gennaio 2018, n. 310.
[12] Cfr. anche Cons. St., Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 123, secondo cui l principio di cui all’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016, che prevede un favor per la partecipazione alle pubbliche selezioni da parte delle PMI e il conseguenziale obbligo di suddivisione in lotti della gara, non ha un pieno valore precettivo, insuscettibile di modulazioni, ma va adattato alle peculiarità del singolo caso. Sebbene il principio della suddivisione in lotti costituisca in effetti il tipico (e forse il principale) strumento volto a garantire la più agevole partecipazione alle gare da parte delle PMI, esso non rappresenta un precetto inviolabile. Il principio comunitario di ‘equa partecipazione’ delle PMI agli affidamenti di concessioni sta a indicare l’obbligo per le PA di favorirne in massimo grado la partecipazione, ma pur sempre in un quadro di adeguatezza, proporzionalità ed efficienza economica. Si consideri altresì Cons. St., Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1138, secondo cui la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto ed il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza. A tal fine, quale corollario dell’effettività della regola generale, è posta la previsione di uno specifico obbligo di motivazione (art. 51 del d.lgs. n. 50/2016), proprio perché il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza.
[13] I lotti, tuttavia, non possono essere disomogenei tra loro. Si consideri, in proposito, Tar Piemonte, Sez. II, 14 febbraio 2018, n. 219, secondo cui sarebbe illegittimo l’avviso relativo ad una gara per un contratto di servizio pubblico di trasporto che preveda lotti disomogenei, comprensivi della gestione di servizi di trasporto su ruote e trasporto ferroviario limitatamente ad alcune linee ferroviarie marginali. Ciò in quanto l’abbinamento di prestazioni afferenti a segmenti di mercato strutturalmente eterogenei, senza oggettiva giustificazione economica o funzionale, consente ad un ristretto numero di operatori ferroviari di traslare il loro peculiare potere di mercato anche al più aperto mercato del trasporto su gomma, con effetti di distorsione della concorrenza ammissibili solo in presenza di specifici e comprovati presupposti di efficientamento del servizio.