Tar Puglia, Lecce, Sez. I, sentenza 10 aprile 2018, n. 600
Il corrispettivo previsto dai contratti precedenti (non più aggiornati) non può ritenersi adeguato, non tenendo conto delle variazioni intervenute nel potere di acquisto della moneta.
Un adeguamento si impone in ragione dell’esigenza di conservare inalterato l’originario equilibrio contrattuale, sicché esso deve senz’altro ritenersi ammesso, diversamente verificandosi una inaccettabile compromissione dei diritti economici dell’aggiudicatario, costretto, in ipotesi, ad una prosecuzione sine die del servizio, dietro corresponsione di un corrispettivo pattuito anche a notevole distanza di tempo dall’emanazione dell’ordinanza extra ordinem.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1722 del 2014, proposto da:
Monteco Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Pier Luigi Portaluri, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Imbriani 36;
contro
Comune di Carosino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Meo, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Pellegrino in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;
Ministero dell'Interno, Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Lecce, via Rubichi;
per l'annullamento
dell'ordinanza contingibile e urgente n. 2 del 6.05.2014 con la quale il Sindaco del Comune di Carosino ha ordinato alla società Monteco srl di "provvedere, contestualmente alla notificazione della presente ordinanza, alla raccolta e trasporto agli impianti di smaltimento dei R.S.U. e dei servizi complementari nel territorio del Comune di Carosino, secondo le modalità i patti e le condizioni di cui all'affidamento giusto contratto di repertorio n. 721 del 9.08.2011" per la durata "di sei mesi a decorrere 9.05.2014 e con scadenza a tutto l'8.11.2014 per un totale complessivo di euro 156.337,68 a lordo di IVA al 10%, da corrispondere in rate mensili di euro 26.056,28 a lordo di IVA al 10% cadauna";
di ogni altro atto a questo presupposto, connesso e/o consequenziale
nonché per l'accertamento e la declaratoria
del diritto della ricorrente a percepire i maggiori oneri derivanti dall'esecuzione del servizio, quantificanti in euro 21.000,00 circa per il mese di maggio.
La ricorrente formula fin d'ora espressa riserva di quantificare in corso di causa i maggiori oneri derivanti dall'esecuzione del servizio per le restanti mensilità di vigenza dell'ordinanza.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Carosino, del Ministero dell'Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 7 marzo 2018 la dott.ssa Patrizia Moro e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il comune di Carosino ha affidato alla società Sogea, poi incorporata nella Monteco, il servizio di gestione dei rifiuti urbani per il periodo di cinque anni.
Il contratto, una volta scaduto, è stato prorogato più volte e, scaduta l’ultima proroga, il Sindaco con ordinanza contingibile e urgente del 6 luglio 2012 ha ordinato alla ricorrente di proseguire nella gestione del servizio per mesi cinque, in attesa dell’espletamento della gara per l’affidamento del nuovo servizio.
L’ordine è stato poi rinnovato con ordinanze n.6/2012, n.4/2013 e n.7/2013.
Scaduti anche questi ulteriori periodi di proroga il Sindaco, preso atto del divieto di indizione di nuove gare sancito dalla L.r.24/2012 e richiamato l’art.4 c.32-ter del D.L. 13.8.2011 n.138, ha disposto la proroga del servizio, con l’ordinanza n.2/2014 oggetto del presente ricorso “al fine di non pregiudicare la necessaria continuità nell’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica i soggetti pubblici e privati esercenti a qualsiasi titolo attività di gestione dei servizi pubblici locali assicura l’integrale e regolare prosecuzione delle attività medesime anche oltre le scadenze ivi previste, e in particolare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico e degli standard minimi del servizio pubblico locale, alle condizioni di cui ai rispettivi contratti di servizi e degli altri atti che regolano il rapporto, fino al subentro del nuovo gestore e comunque, in caso di liberalizzazione del settore, fino all’apertura del mercato della concorrenza. Nessun indennizzo o compenso aggiuntivo può essere ad alcun titolo preteso in relazione a quanto previsto nel presente articolo”.
Avverso la citata ordinanza, con la quale è stato ordinato alla ricorrente “di provvedere, contestualmente alla notificazione della presente ordinanza, alla raccolta e trasporto agli impianti di smaltimento dei R.S.U. e dei servizi complementari nel territorio del Comune di Carosino, secondo le modalità i patti e le condizioni di cui all’affidamento in scadenza alla data dell’8.11.2012” al canone mensile di € 26.056,28 a lordo di IVA al 10%, è insorta la ricorrente con il ricorso all’esame deducendo le seguenti censure:
1.Violazione e falsa applicazione dell’art. 191 d.lgs. 152/2006 in combinato disposto con l’art. 50, comma 5, d.lgs. 267/2000; violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. L. 241/1990; eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria; difetto assoluto di motivazione; violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa; erronea presupposizione.
2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 191 d.lgs. 152/2006 in combinato disposto con gli artt. 23 e 41 Cost., con l’art. 178 d.lgs. 152/2006 e con l’art. 32 d.P.R. 207/2010; violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e ss. L. 241/1990; eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria; difetto assoluto di motivazione; violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa; erronea presupposizione.
Deduce la ricorrente: che non sussiste un’imprevista situazione di emergenza; che il corrispettivo non garantisce all’imprenditore di sostenere nel tempo le prestazione senza compromettere la corretta esecuzione del servizio atteso che l’art.191 d.lgs. 152/2006 prevede la necessità di garantire un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente; che l’importo dei canoni deve essere adeguato ai prezzi di mercato e lo stesso,è rimasto invariato.
La ricorrente ha chiesto altresì l’accertamento del diritto a percepire i maggiori compensi per la prestazione del servizio.
Le Amministrazioni statale e comunale si sono costituite in giudizio contestando l’ex adverso e insistendo per la inammissibilità e infondatezza del ricorso.
Nella pubblica udienza del 7 marzo 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.
In primo luogo, non sussistono i presupposti per concedere il chiesto rinvio dell’udienza di trattazione, stante: l’ assenza di proposizione, alla data odierna, di nuovi motivi ricorso sì da rendere necessaria l’assegnazione di termini a difesa, la particolare vetustà della causa, la natura della documentazione prodotta in data 2014 dal Comune di Carosino e la irrilevanza della stessa ai fini della decisione del presente giudizio, oltre che la non recente produzione, l’accertamento e il riconoscimento del diritto nei termini e limiti di seguito indicati, disposto da questo Tribunale indipendentemente dalla documentazione citata.
Peraltro, la questione sottoposta al Collegio è stata già risolta, con riferimento alle medesime parti del giudizio, per altro periodo di affidamento del servizio, con sentenza n.1240/2014 (allo stato non riformata in appello), i cui principi possono in questa sede essere richiamati integralmente.
Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione.
È anzitutto infondato il primo motivo di ricorso con cui si deduce l’illegittimità dell’ ordinanza impugnata, per mancanza dei requisiti di eccezionalità e di urgenza.
Infatti, l’eccezionalità deriva dal disposto della l.r. 24/2012 che ha stabilito il divieto per i Comuni di indire nuove procedure di gara per l’affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto, posto che competenti a indire nuove gare per l’affidamento del servizio in questione sono gli ARO.
Di tanto è stato dato conto nelle ordinanze impugnate, laddove è stato rilevato che le ordinanze sono state emanate in attesa che gli organi dell’ARO portino a termine le procedure di gara.
Non sussistono neppure i lamentati vizi di difetto motivazione, istruttoria e ragionevolezza dato che è facilmente evincibile il percorso motivazionale seguito, il periodo di imposizione del servizio è limitato, la determinazione del compenso è parametrata a prestazioni immutate e ad atti di recente applicazione.
È invece fondato il motivo con cui si lamenta l’illegittimità dell’ordinanza nella parte in cui impone di corrispondere il servizio allo stesso prezzo stabilito dal precedente contratto.
Infatti, proprio il presupposto che legittima l’ordinanza del Sindaco, e cioè la necessità che le prestazioni continuino a essere fornite nonostante l’impossibilità di procedere a nuovi affidamenti e quindi a nuovi contratti, porta a ritenere che il corrispettivo previsto dai contratti precedenti (non più aggiornati) non possa più ritenersi adeguato, non tenendo conto delle variazioni intervenute nel potere di acquisto della moneta. È di tutta evidenza che, in presenza di un generalizzato aumento del costo dei beni e dei servizi, la prosecuzione del servizio al prezzo dell’ultimo contratto del 9 agosto 2011 non possa più ritenersi remunerativa per la ricorrente, scontando un deficit inflazionistico.
È stato inoltre rilevato, nella sentenza n. 626/2014 di questa Sezione relativa a un caso analogo, che non può “farsi riferimento – nel senso di escludere la rivalutazione del corrispettivo – alla previsione di cui all’art. 4 co. 32 ter d.l. n. 138/11, convertito con modificazioni in l. n. 148/11. Ciò in quanto, sotto un primo profilo, tale norma non è applicabile alla fattispecie in esame, caratterizzata dall’emissione, da parte del Sindaco del Comune resistente, di ordinanza contingibile e urgente, con la quale si è coattivamente imposta alla ricorrente la prosecuzione del servizio. In secondo luogo, e ad abundantiam, la cennata previsione normativa esclude la determinazione di compensi aggiuntivi rispetto a quelli pattuiti in sede di stipula negoziale, ma non impedisce la rivalutazione del compenso originario in modo tale da tenere l’aggiudicatario indenne dalle conseguenze economiche negative derivanti dal deprezzamento del potere di acquisto della moneta. Tale adeguamento, a ben vedere, si impone proprio in ragione dell’esigenza di conservare inalterato l’originario equilibrio contrattuale, sicché esso deve senz’altro ritenersi ammesso, diversamente verificandosi una inaccettabile compromissione dei diritti economici dell’aggiudicatario, costretto, in ipotesi, ad una prosecuzione sine die del servizio, dietro corresponsione di un corrispettivo pattuito anche a notevole distanza di tempo dall’emanazione dell’ordinanza extra ordinem.
Pertanto, deve ritenersi il diritto della ricorrente a percepire le somme corrispondenti ai maggiori oneri derivanti dall’esecuzione del servizio in esame relativamente al periodo 9 maggio 2014 – 8.11.2014, con conseguente condanna dell’amministrazione comunale al relativo pagamento.
Venendo ora al quantum della pretesa di pagamento, il corrispettivo di cui al contratto di appalto n. 721 del 9 agosto 2011 (142.125,16 oltre IVA al 10%), cioè l’ultimo compenso concordato e perciò da ritenere equo, va maggiorato, a far data dal 9 maggio 2014 e sino all’8 novembre 2014 di un importo corrispondente agli indici ISTAT relativi alle varie categorie cui si riferiscono i fattori produttivi utilizzati dalla ricorrente per la gestione del servizio (es. costo del lavoro; costo dei materiali, ecc.), ove sussistenti; questo al fine di individuare il giusto compenso per il servizio prestato nel periodo citato. Se non sono stati formati gli indici Istat per tutte le componenti, dovrà utilizzarsi l’indice generale FOI (famiglie, operai, impiegati) per la voce non oggetto di specifica indicizzazione.
In tali termini, la domanda di adeguamento del corrispettivo proposta dalla ricorrente è fondata, e deve pertanto essere accolta con il riconoscimento delle somme citate, detratto ciò che è stato eventualmente già versato dall’Amministrazione a tale titolo (per effetto di quanto disposto con deliberazione di C.C. 34/2014).
Non può trovare accoglimento la richiesta di riconoscimento dei maggiori oneri, stante la riconosciuta legittimità dell’ordinanza contingibile e urgente impugnata.
Peraltro, la richiesta avanzata dalla ricorrente, da valutarsi nei limiti della giurisdizione di questo Tribunale, oltre a porsi in contrasto con i principi citati, presupporrebbe il riconoscimento (non consentito dall’ordinamento) di somme non previste contrattualmente e, quindi, sganciate da alcun contratto avente forma scritta (richiesta dalla legge ab substantiam per i contratti delle PP.AA.) e del correlativo impegno di spesa.
In definitiva il ricorso deve essere accolto nei liti innanzi indicati.
La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
GUIDA ALLA LETTURA
Il Tar Lecce torna ad occuparsi delle ordinanze contingibili e urgenti adottate dai Sindaci per la gestione dei servizi di igiene urbana.
Il fenomeno è ricorrente in Puglia, ove una legge regionale (L.R. n. 24/2012) impone ai Comuni il divieto di attivare procedure di gara per l'affidamento dei servizi in parola, traslandone la competenza in capo agli enti di governo istituti presso gli “ambiti di raccolta ottimali”(cd. ARO, secondo il modello della normativa in vigore all'epoca dei fatti di causa).
In questa situazione, soprattutto nella fase immediatamente successiva all'entrata in vigore della legge, quando ancora non era molto chiara la sua portata, non essendosi formato un substrato interpretativo che fungesse da bussola per gli operatori, le amministrazioni comunali si sono viste costrette a garantire la continuità nella gestione degli appalti attraverso lo strumento delle ordinanze extra ordinem adottate dai Sindaci ai sensi del combinato disposto degli artt. 50, comma 5, 54, comma 4, D.Lg.vo n. 267/2000 e 191, comma 1, D.Lg.vo n. 152/2006.
La legittimità di tali provvedimenti è stata spesso messa in discussione, soprattutto con riferimento all’asserita insussistenza dei presupposti di eccezionalità e urgenza, che devono necessariamente sorreggerli, e alla ritenuta incongruità del prezzo imposto al gestore del servizio.
Entrambi i motivi di censura vengono sollevati nel caso in rassegna contro l'ordinanza adottata da un Comune tarantino per la prosecuzione del servizio di igiene urbana in attesa che giunga a definizione la lunga procedura di progettazione ed affidamento dell'appalto a livello sovracomunale.
Quanto al primo profilo di contestazione, il Collegio osserva che l’eccezionalità deriva dal disposto della l.r. 24/2012 che ha stabilito il divieto per i Comuni di indire nuove procedure di gara per l’affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto, posto che competenti a indire nuove gare per l’affidamento del servizio in questione sono gli ARO. Il rilievo è da considerarsi, pertanto, infondato.
Fondato è, invece, il motivo di contestazione relativo alla ritenuta insufficienza del prezzo dell'appalto, tarato sul corrispettivo previsto dai contratti precedenti.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “il provvedimento contingibile ed urgente non può giustificare anche una sorta di prezzo imposto dall'Amministrazione al privato; all'obbligo di proseguire nell'espletamento del servizio si ricollega un'esigenza di giusto compenso per il destinatario del provvedimento”[1].
La situazione di urgenza non giustifica la definizione in via autoritativa e definitiva dell'importo dei canoni da corrispondere al gestore, poiché “il profilo economico del rapporto in alcun modo può essere attratto dai presupposti di contingibilità e urgenza, posti a fondamento dell'ordinanza”[2].
L’imposizione della esecuzione del servizio a condizioni non remunerative viene ritenuta, pertanto, in contrasto con l'esigenza del giusto compenso e con il principio secondo il quale l’esercizio del potere di ordinanza – pur sussistente - deve limitarsi in linea di massima ad imporre misure tali da comportare il minore sacrificio possibile per il destinatario[3], con il correlativo obbligo di non imporre, attraverso il ricorso ai poteri straordinari, corrispettivi ancorati a valori risalenti nel tempo e non preceduti dalla previa verifica della loro idoneità a remunerare con carattere di effettività il servizio reso.
In continuità con tale indirizzo ermeneutico, il tribunale leccese opta per la fondatezza del ricorso in parte qua sull'assorbente rilievo che il corrispettivo previsto dai contratti precedenti (non più aggiornati) non possa più ritenersi adeguato, non tenendo conto delle variazioni intervenute nel potere di acquisto della moneta.
Nè la rivalutazione del corrispettivo può essere preclusa dalla previsione di cui all’art. 4 co. 32 ter della l. n. 148/11[4], applicabile ratione temporis. Infatti, il citato dispoto normativo, pur escludendo la determinazione di compensi aggiuntivi rispetto a quelli pattuiti in sede di stipula negoziale, non impedisce la rivalutazione del compenso originario in modo tale da tenere l’aggiudicatario indenne dalle conseguenze economiche negative derivanti dal deprezzamento del potere di acquisto della moneta. Osserva il Collegio che tale adeguamento, a ben vedere, si impone proprio in ragione dell’esigenza di conservare inalterato l’originario equilibrio contrattuale, sicché esso deve senz’altro ritenersi ammesso, diversamente verificandosi una inaccettabile compromissione dei diritti economici dell’aggiudicatario, costretto, in ipotesi, ad una prosecuzione sine die del servizio, dietro corresponsione di un corrispettivo pattuito anche a notevole distanza di tempo dall’emanazione dell’ordinanza extra ordinem.
Il parametro individuato per il ricalcolo dei compensi è rappresentato dagli indici ISTAT relativi alle varie categorie cui si riferiscono i fattori produttivi utilizzati dall'impresa per la gestione del servizio (es. costo del lavoro; costo dei materiali, ecc.), ove sussistent. Se non sono stati formati gli indici Istat per tutte le componenti, dovrà utilizzarsi l’indice generale FOI (famiglie, operai, impiegati) per la voce non oggetto di specifica indicizzazione.
[1] Cfr. Consiglio di Stato Sez, V, 2 dicembre 2002, n. 6624.
[2] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 1969 del 31 marzo 2011.
[3] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 6486 dell'8 settembre 2010.
[4] ...al fine di non pregiudicare la necessaria continuità nell'erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, i soggetti pubblici e privati esercenti a qualsiasi titolo attività di gestione dei servizi pubblici locali assicurano l'integrale e regolare prosecuzione delle attività medesime anche oltre le scadenze ivi previste, ed in particolare il rispetto degli obblighi di servizio pubblico e degli standard minimi del servizio pubblico locale di cui all'articolo 2, comma 3, lettera e), del presente decreto alle condizioni di cui ai rispettivi contratti di servizio ed agli altri atti che regolano il rapporto, fino al subentro del nuovo gestore...