T.A.R. Milano, 1 dicembre 2017, n. 2306
- Le finalità del contratto risultano esorbitanti <<rispetto alla normale attività funzionalmente e imprescindibilmente connessa alla materiale disponibilità del bene>>;
- Gli elementi del contratto presentano <<indubbie analogie>> con le concessioni di lavori a tal punto da ritenere che si sia in presenza di una concessione mista <<in cui coesistono sia elementi di concessione di servizi che elementi di concessione di lavori>>;
- le varie parti oggetto del contratto non sono <<oggettivamente (o quanto meno funzionalmente) separabili, dal momento che la concessione in uso del bene pubblico di proprietà comunale “teatro” implica necessariamente, per la peculiarità del bene affidato, tutta una serie di obblighi funzionali alla gestione del bene stesso>>;
- da un punto di vista <<qualificatorio la fattispecie giuridica in esame pare per molti versi assimilabile all’affidamento in gestione di impianti sportivi pubblici con rilevanza economica>> con conseguente inquadramento nella concessione dei servizi;
- Alla Giunta quindi possono residuare <<spazi decisionali integrativi della volontà espressa dal Consiglio comunale sulle materie allo stesso riservate>>, ma tale residualità non può <<consistere, come nel caso di specie, nella possibilità di stabilire l’intera disciplina afferente alla materia riservata all’organo direttamente rappresentativo della collettività>>.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 586 del 2017, proposto da:
Show Bees S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Guido Bardelli, Maria Alessandra Bazzani e Francesca Maria Colombo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, via Visconti di Modrone, 12
contro
Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonello Mandarano, Stefania Pagano, Emilio Luigi Pregnolato, Sabrina Maria Licciardo, Danilo Parvopasso e Sara Pagliosa, domiciliato in Milano, via della Guastalla, 6
nei confronti di
Stage Entertainment S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Davide Angelucci e Antonio Bernardini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, via Freguglia, 10
per l'annullamento
quanto al ricorso principale,
- della determinazione dirigenziale n. 77 del 14 febbraio 2017, a firma del direttore dell'area spettacolo del Comune di Milano, di aggiudicazione in favore di Stage Entertainment S.r.l. della concessione in uso del Teatro Lirico sito in Milano, via Larga, 14, per attività culturali e di spettacolo;
- della comunicazione di esito gara PG 77341/2017 del 15 febbraio 2017, trasmessa a Show Bees S.r.l. a mezzo PEC il 16 febbraio 2017;
- dei verbali di tutte le sedute, pubbliche e riservate, della procedura, ivi compresi i relativi allegati, e cioè: verbale di gara n. 1 dell'8.11.2016, verbale della Commissione Giudicatrice n. 1 dell'1.12.2016, verbale della Commissione Giudicatrice n. 2 del 14.12.2016, verbale della Commissione Giudicatrice n. 3 del 19.12.2016, verbale di gara n. 2 del 10.1.2017, verbale della Commissione Giudicatrice n. 4 del 23.1.2017, verbale di gara n. 3 del 25.1.2017, tutti completi dei relativi allegati;
- dell'avviso integrale di gara, della deliberazione della Giunta Comunale n. 724 del 20 aprile 2016, avente ad oggetto le linee di indirizzo per la concessione in uso del Teatro Lirico, della determinazione dirigenziale di indizione n. 249 del 6 luglio 2016 (nota solo negli estremi) e del capitolato speciale;
nonché di ogni altro atto ad essi presupposto, consequenziale e comunque connesso;
per la dichiarazione di inefficacia ovvero d’invalidità della convenzione di concessione eventualmente stipulata tra il Comune e Stage Entertainment S.r.l., manifestando sin d'ora la disponibilità al subentro;
nonché per la condanna dell'Amministrazione resistente al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente in conseguenza dei provvedimenti impugnati;
per l’annullamento, quanto al ricorso incidentale depositato da Stage Entertainment S.r.l.,
dei verbali di gara e della determinazione dirigenziale n. 77 del 14 febbraio 2017, nella parte in cui è stata ritenuta ammissibile l'offerta della Show Bees.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e di Stage Entertainment S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2017 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso depositato in data 20 marzo 2017, Show Bees S.r.l. ha impugnato il provvedimento, e gli atti allo stesso connessi, con il quale il Comune convenuto ha affidato in concessione d’uso alla controinteressata il Teatro meglio descritto in epigrafe, per attività culturali e di spettacolo, ad esito di gara indetta secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Nel merito, la società ricorrente ha dedotto l’illegittimità degli atti impugnati sotto i seguenti profili:
- l’offerta dell’aggiudicataria riporterebbe, all’interno della proposta di gestione del Teatro Lirico, la programmazione di spettacoli di produzione della medesima Stage Entertainment, ma tale programmazione sarebbe in contrasto con i prospetti contabili (che compongono il “piano di fattibilità economico-finanziaria”), secondo cui i “costi per attività di produzione teatrale” sarebbero pari a zero per tutti i dodici anni di durata della concessione, con conseguente, e alternativa, illegittima sopravvalutazione dell’offerta tecnica, illegittima valutazione di convenienza economica e sostenibilità finanziaria del piano di fattibilità economica-finanziaria, o, comunque, contraddittorietà ed inaffidabilità dell’offerta nel suo complesso (primo motivo);
- il piano di fattibilità di Stage Entertainment conterrebbe una relazione esposta in termini generici, in quanto affidata alla congruità del modello di gestione del Teatro Nazionale (congruità peraltro contestata dalla ricorrente), con la conseguenza che sarebbe stata violata la prescrizione contenuta nell’avviso di gara, secondo cui la predetta relazione avrebbe dovuto suffragare le stime contenute nel Piano di fattibilità “con motivazioni di mercato che ne dimostrino l’attendibilità e il realismo” (secondo motivo);
- nella descrizione della struttura organizzativa e gestionale del teatro contenuta nel ‘progetto artistico e culturale’ redatto dalla controinteressata non sarebbero stati indicati né il numero del personale, né le tipologie di contratti previste, e la proposta artistica e l’ipotesi di programmazione del primo anno di concessione prevedrebbero partnership e spettacoli (con individuazione dei soggetti coinvolti) non comprovati (secondo motivo);
- in via subordinata, la lex specialis di gara sarebbe illegittima, per le medesime ragioni sopra descritte (secondo motivo);
- il Comune convenuto, non verificando congruamente la convenienza economica e sostenibilità finanziaria del piano di fattibilità della controinteressata, avrebbe disatteso un obbligo direttamente funzionale allo stesso scopo della procedura (terzo motivo);
- l’offerta della controinteressata sarebbe stata sottoscritta – in ogni sua componente – dal dott. Matteo Forte, amministratore delegato di Stage Entertainment privo di rappresentanza legale ai sensi dell’art. 20 dello Statuto di Stage Entertainment, in contrasto con quanto stabilito dalla lex specialis di gara, che avrebbe preteso la sottoscrizione dell’offerta da parte del rappresentante legale (quarto motivo);
- la garanzia di ABN AMRO Bank N.V. rilasciata alla controinteressata sarebbe inidonea, in quanto implicherebbe impegni differenti rispetto a quelli richiesti dalla lex specialis (quinto motivo);
- sarebbe stata violata dalla controinteressata la previsione dell’avviso di gara secondo cui, nella prima seduta pubblica, la Commissione di Gara avrebbe dovuto aprire il plico contenente l’offerta tecnica al fine del solo controllo formale del corredo documentale prescritto (sesto motivo, svolto in subordine);
- risulterebbe erronea la procedura di affidamento scelta, trattandosi, a dire della ricorrente, di una concessione di servizi e non di una concessione in uso di un bene pubblico, con conseguente violazione delle norme procedurali stabilite dal codice dei contratti pubblici e vizio di incompetenza connesso all’emissione della delibera di approvazione delle linee di indirizzo da parte della Giunta e non del Consiglio comunale (settimo motivo, svolto in subordine).
Si sono costituiti il Comune convenuto, che ha chiesto il rigetto del gravame, e la società controinteressata, che ha altresì proposto ricorso incidentale, subordinando l’esame di esso all’eventuale accoglimento del ricorso principale, sulla base dei seguenti motivi:
- l’offerta della Show Bess sarebbe viziata da contraddittorietà interna, con compromissione della sua affidabilità, in quanto le produzioni proprie e coproduzioni, risultanti dal progetto artistico, non sarebbero state affatto tenute in considerazione nel piano economico di fattibilità, in relazione all’asserita irrisorietà della somma riportata rispetto alle ingenti spese ritenute necessarie;
- nel piano economico e finanziario della Show Bees non sussisterebbe alcuna valutazione né dei costi di produzione, né dei costi di acquisizione di produzioni esterne;
- i dati forniti dalla ricorrente principale con riferimento alla copertura media di occupazione del teatro e al prezzo medio dei biglietti sarebbero erronei o comunque manifestamente sovrastimati, con conseguente insostenibilità della proposta economica, una volta rimodulati i ricavi derivanti dagli spettacoli;
- non risulterebbe affidabile la società di intermediazione finanziaria tenuta a rilasciare nell’interesse di Show Bees la prescritta fideiussione a garanzia del pagamento dei canoni, e la stessa ricorrente non darebbe affidamento in ordine alla capacità di produrre fatturato in linea con quello necessario per assumere la concessione d’uso;
- il volume d’affari medio nel triennio precedente, quale indicato in sede di referenze dalla ricorrente principale, sarebbe stato inferiore a quello richiesto dalla lex specialis, con conseguente illegittimità dell’ammissione di Show Bees alla gara.
Il Tribunale ha respinto la proposta domanda cautelare, motivando in ordine all’assenza di periculum, e la causa è stata infine discussa e trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 9 novembre 2017.
DIRITTO
Preliminarmente, e in punto di fatto, il Collegio osserva che l’offerta tecnica della gara indetta, così come richiesta dalla stazione appaltante, avrebbe dovuto consistere in un progetto contenente idee ed ipotesi di programmazione, senza necessità esplicita di provare l’effettiva disponibilità degli artisti menzionati, mentre l’offerta economica avrebbe dovuto indicare una percentuale di “rialzo” rispetto al canone di concessione indicato dal Comune, cui avrebbe dovuto ricollegarsi una prospettazione sufficientemente chiara e realistica dei profili economici dell’operazione, ma non anche la presentazione di un documento economico/finanziario analitico relativo al flusso di tutti i costi e ricavi.
Quanto premesso si ricava da una piana lettura dell’avviso integrale di bando, in cui era prevista la seguente attribuzione massima di punteggio, con riferimento all’offerta tecnica:
- 22 punti per la qualità complessiva della proposta artistica e l’ipotesi di programmazione del primo anno;
- 20 punti per il profilo gestionale;
- 20 punti per il progetto e l’esecuzione delle parti a rustico, finiture, arredamenti e impianti scenotecnici;
- 4 punti per il numero di alzate di sipario superiore al minimo stabilito nel capitolato;
- 2 punti per il numero di giornate di messa a disposizione gratuita in favore de Comune di Milano del teatro, superiore al minimo stabilito nel capitolato;
- 2 punti per il numero di posti di platea offerti in più gratuitamente.
Per ciò che concerne l’offerta economica, l’attribuzione dei 30 punti previsti (o della quota proporzionale per i concorrenti che non avessero offerto il massimo rialzo sul canone) è stata invece espressamente subordinata alla “valutazione positiva della convenienza economica e sostenibilità finanziaria del Piano di fattibilità economico-finanziaria”.
Quanto al profilo qualificatorio dell’oggetto della concessione da affidare, il Collegio osserva che il Comune convenuto ha espressamente definito tale oggetto quale “concessione in uso” di un bene pubblico, anche se si rinvengono nella descrizione degli atti di gara connessi alle modalità di affidamento elementi afferenti ad obblighi di gestione di un servizio ed elementi assimilabili ad una concessione di lavori pubblici.
In particolare, l’affidamento della concessione in uso del bene è strettamente collegata, già in sede di descrizione dell’oggetto della concessione stessa, all’obiettivo di “restituire” il Teatro Lirico alla città – con evidente riferimento ai suoi trascorsi storici di prestigio – e di “rilanciarlo” con programmazioni artistiche e culturali di qualità.
Tale obiettivo – che risulta di per sé esorbitante rispetto alla normale attività funzionalmente e imprescindibilmente connessa alla materiale disponibilità del bene “teatro” – viene poi coerentemente perseguito tramite l’imposizione, in sede di offerta tecnica, della presentazione da parte del concorrente di una proposta artistica e gestionale, con configurazione di veri e propri obblighi di servizio nei confronti della collettività (e attribuzione possibile, a fronte delle relative proposte, di 42 punti sui 70 previsti dall’offerta tecnica).
La concessione in uso del bene è poi accompagnata dall’obbligo per il vincitore di completare “le parti consegnate al rustico” e di “allestire e arredare gli spazi dati in concessione”, posto che il teatro è stato nel frattempo oggetto di importanti lavori di restauro e riqualificazione da parte della stazione appaltante.
Tale ulteriore obbligo, che presenta indubbie analogie con una concessione di lavori (il completamento dell’opera deve essere eseguito a cura e spese del concessionario) trova adeguata corrispondenza nella parte dell’offerta tecnica dedicata alla descrizione delle caratteristiche dei materiali di finitura da usare, e della qualità e funzionalità di arredi e impianti scenotecnici e di palcoscenici (con attribuzione possibile, a fronte delle relative proposte, di 20 punti sui 70 previsti dall’offerta tecnica).
Nella relazione tecnica allegata alla deliberazione con cui la Giunta ha approvato le linee di indirizzo per la concessione del teatro, il costo di tali lavori è stato quantificato in € 1,2 milioni, da ammortizzare nei dodici anni di durata previsti per la conduzione del teatro stesso.
In definitiva, è possibile qualificare la concessione in discorso alla stregua di una concessione mista, in cui coesistono sia elementi di concessione di servizi che elementi di concessione di lavori, oltre, ovviamente, all’affidamento in uso di un bene pubblico di natura demaniale ex artt. 822 e 824 c.c., in relazione al vincolo allo stesso apposto dalla Soprintendenza competente.
Secondo l’art. 169 del d.lgs. n. 50/2016, in un caso simile (ipotesi di contratti aventi ad oggetto sia elementi disciplinati dal codice dei contratti pubblici che elementi non disciplinati dal codice dei contratti pubblici) occorre preliminarmente verificare se l’amministrazione aggiudicatrice “ha scelto” di aggiudicare una concessione unica (comma 6), o se le diverse parti del contratto sono oggettivamente non separabili (comma 8).
Nel primo caso, si applicano le norme del codice dei contratti pubblici, “a prescindere dal valore delle parti cui si applicherebbe un diverso regime giuridico e dal regime giuridico cui tali parti sarebbero state altrimenti soggette”; nel secondo caso, “il regime giuridico applicabile è determinato in base all'oggetto principale del contratto in questione”.
Il Collegio osserva che, nel caso di specie, le diverse parti del contratto da eseguire non erano oggettivamente (o quanto meno funzionalmente) separabili, dal momento che la concessione in uso del bene pubblico di proprietà comunale “teatro” implica necessariamente, per la peculiarità del bene affidato, tutta una serie di obblighi funzionali alla gestione del bene stesso.
Nel caso di specie, poi, la particolare valenza storica del Teatro Lirico, e la decisione politico-amministrativa di “restituirlo” ai suoi cittadini, non poteva ovviamente determinare un affidamento disgiunto del bene e del servizio da svolgere tramite tale bene, dovendo per motivi di logica ed economicità essere lo stesso soggetto a gestire l’insieme delle incombenze da ciò derivanti.
Lo stesso discorso vale anche per l’affidamento dei lavori di completamento del rustico e di allestimento e arredamento degli spazi offerti in concessione, che per motivi di funzionalità e unitarietà della proposta offerta agli utenti non poteva non essere prerogativa dello stesso soggetto che avrebbe poi reso al pubblico spettacoli caratterizzati anche da un particolare ambiente scenotecnico e in armonia con il particolare contesto culturale; ciò è evincibile altresì dalla relazione tecnica sopra citata, in cui viene evidenziata la stretta interconnessione tra lavori e uso del bene (“in modo che il futuro concessionario possa interagire con l’Amministrazione comunale relativamente ai lavori di finitura, ma soprattutto, con congruo anticipo, possa definire la futura programmazione artistica e inaugurare il teatro entro 60 gg. dalla data di ultimazione dei lavori”).
Ricorre dunque nel caso di specie l’ipotesi di cui al comma 8 dell’art. 169 del d.lgs. n. 50/2016, secondo cui il regime giuridico applicabile deve essere determinato in base all'oggetto principale del contratto in questione.
La risoluzione di tale questione preliminare (accertare cioè quale sia l’oggetto principale della concessione de qua per desumere poi il regime giuridico alla stessa applicabile) diviene necessaria in ragione dei motivi articolati dalla ricorrente principale.
Invero, Show Bees S.r.l. chiede innanzitutto il conseguimento del bene della vita primario dalla stessa perseguito con la partecipazione alla gara indetta dal Comune di Milano, ovvero l’aggiudicazione della concessione.
Svolge pertanto una serie di motivi volti ad escludere dalla gara la società controinteressata, per inaffidabilità dell’offerta proposta o per vizi afferenti all’ammissibilità della partecipazione alla gara stessa.
In subordine, però, la ricorrente principale chiede il rifacimento della procedura ad evidenza pubblica, o per illegittimità della lex specialis di gara o per erroneità della qualificazione dell’oggetto della concessione da affidare, cui sarebbe conseguito un regime giuridico diverso da quello astrattamente applicabile.
Peraltro, in quest’ultimo ordine di motivi, la ricorrente ha sollevato il vizio di incompetenza della delibera della Giunta comunale (di approvazione delle linee di indirizzo) prodromica alla determinazione dirigenziale di indizione della gara e agli atti regolativi della gara stessa, in quanto, trattandosi di una concessione di servizio pubblico e non di una concessione di bene pubblico, la competenza a deliberare le linee di indirizzo sarebbe appartenuta al Consiglio Comunale ex art. 42, comma 2, del d.lgs. 267/2000.
Il citato vizio di incompetenza, se accertato, è idoneo a travolgere l’intera procedura pubblica per illegittimità derivata e non può essere graduato dalla ricorrente, secondo le considerazioni condivisibili del Consiglio di Stato (che con l’Adunanza Plenaria n. 5 del 2015 ha rilevato che il vizio di incompetenza, se assodato, è idoneo ad assorbire tutte le altre censure, non potendo il Giudice dettare le regole dell’azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus, ex art. 34, comma 2 c.p.a.).
Occorre pertanto esaminare preliminarmente l’ultimo motivo del ricorso principale, motivo che, come detto, ha priorità logica e carattere assorbente su ogni altra censura proposta, sia essa contenuta nel ricorso principale che nel ricorso incidentale (il cui esame è stato peraltro condizionato dal proponente all’accoglimento del ricorso principale, proprio al fine di tutelare un eventuale interesse strumentale), anche in considerazione della partecipazione di due soli operatori alla procedura in discorso.
La fondatezza o meno del motivo - che, come visto, afferisce sia al profilo della violazione delle norme procedurali stabilite dal codice dei contratti pubblici che al profilo dell’eventuale mancanza di legittimazione dell’organo comunale che ha avviato la procedura – dipende dall’esito dell’accertamento che si andrà a svolgere sull’erroneità o meno della scelta del tipo contrattuale individuato per l’aggiudicazione.
L’interesse della ricorrente principale è, nel caso di specie, di natura strumentale, e non può essere negato, trovando adeguata concretezza e attualità nella possibilità di partecipare ad una nuova procedura ad evidenza pubblica avente ad oggetto lo stesso bene, ma disciplinata secondo le norme stabilite dal codice dei contratti pubblici in materia di concessione di servizi.
Come anticipato, il Collegio ravvisa nell’ipotesi contrattuale concretamente elaborata dal Comune di Milano un oggetto di natura mista, di cui occorre stabilire la disciplina applicabile, in quanto prevalente.
In particolare, ex art. 169, comma 8 del d.lgs. n. 50/2016, occorre accertare quale sia l’oggetto principale della concessione bandita.
Più a monte della procedura, poiché l'art. 42 del TUEL affida alla competenza del Consiglio comunale l'organizzazione e la concessione di pubblici servizi, occorre verificare se la deliberazione di Giunta con cui il Comune di Milano ha delineato le linee di indirizzo della procedura volta a concedere in uso il teatro Lirico sia viziata da incompetenza, e vizi altresì, come detto, in via derivata, anche i successivi atti di concreta indizione della procedura, in quanto sotto la veste formale della concessione di un bene pubblico si celerebbe in realtà una concessione di un pubblico servizio, come tale, pertanto, riservata alla competenza del Consiglio comunale dell'ente. Per verificare se si tratti o meno di un servizio pubblico, atteso il carattere facoltativo dell'assunzione della relativa attività da parte di un ente pubblico (si tratta infatti di attività di interesse generale con rilevanza economica che non trova alcun ostacolo astratto nell'essere esercitata anche solo da privati) occorre innanzitutto verificare la sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo della relativa fattispecie, come precisato dalla più approfondita giurisprudenza in materia (Cons. di Stato, sent. n. 7369 del 2006, sent. n. 4870 del 2012, sent. n. 2396/2013; Tar Milano, sent. n. 1217/2014). Da un punto di vista oggettivo, non vi è dubbio che il servizio teatro sia uno di quei servizi, la cui gestione, in via diretta o tramite rapporto concessorio, ai sensi dell'art. 112 del Tuel, può essere assunta dall'amministrazione comunale, ricorrendone in concreto le caratteristiche (attività di natura culturale volta a soddisfare un bisogno primario della collettività di riferimento).
Da un punto di vista soggettivo, al di là delle osservazioni della ricorrente principale sulle disposizioni contenute nel piano di servizi del PTG del Comune di Milano (che sembrano effettivamente inquadrare la gestione del teatro Lirico come gestione di pubblico servizio), risultano decisivi gli intendimenti espressi dalla Giunta comunale nell’adozione delle linee di indirizzo della procedura di affidamento in uso del bene.
La Giunta, in effetti, persegue l’obiettivo primario, tramite l’affidamento citato, di restituire il Teatro alla collettività dei cittadini milanesi e di assicurare in loro favore una programmazione di qualità, promuovendo il teatro stesso come “nuovo polo di rilevanza nazionale e internazionale”.
In particolare, poi, la citata delibera specifica, con indicazione di obblighi funzionali ripresi anche dal capitolato speciale, quali siano i corollari, in termini di perseguimento dell’interesse pubblico, di tale obiettivo primario:
- garantire la costante qualità delle programmazioni artistiche e culturali, rivolte a un pubblico ampio e differenziato;
- consolidare costantemente i risultati raggiunti in ogni stagione, assicurando un'attività stabile ed efficiente del Teatro, al fine di rendere il Teatro Lirico un palcoscenico di rilevanza nazionale e internazionale;
- offrire occasioni culturali e artistiche tali da contribuire anche all'integrazione sociale, nella prospettiva della città metropolitana, multietnica e multiculturale;
- promuovere una programmazione accessibile e fruibile a tutti, finalizzata a favorire la crescita di un nuovo pubblico, avvicinando le nuove generazioni tanto alle tradizionali forme di spettacolo, quanto ai nuovi linguaggi e alle più originali sperimentazioni contemporanee;
- promuovere proficue interazioni operative fra soggetti pubblici e privati, comprese le fondazioni culturali attive sul territorio metropolitano, nell'ottica di ottimizzare costi e risorse e razionalizzare e concertare l'offerta da parte dell'intero Sistema dello Spettacolo dal vivo, cittadino e metropolitano;
- connotare il Teatro Lirico quale polo di riferimento per gli operatori e i produttori di settore, nazionali e internazionali, con i quali operare di concerto, anche con la formula delle collaborazioni e delle coproduzioni;
- conformare la programmazione all'insegna dell'interdisciplinarietà e dell'internazionalità, spaziando dalla musica alla danza, dal teatro musicale fino al cinema.
Ne deriva l’imposizione di una serie di obblighi funzionali al raggiungimento di tale obiettivo, che, attraverso, ad esempio, l’interazione costante tra gestore e amministrazione nella realizzazione delle finiture del rustico, il vincolo di un numero minimo di alzate di sipario e di un numero minimo di giornate riservate a spettacoli gestiti in proprio dal Comune, mirano proprio al raggiungimento dello scopo di garantire alla collettività una gestione controllata di un servizio alla stessa offerto.
A valle, poi, e coerentemente con gli obiettivi stabiliti, la scelta del contraente viene perseguita tramite una competizione concorrenziale in cui ha valore preponderante, come detto, la proposta artistica e gestionale dell’operatore economico, con assegnazione di 42 punti sui 70 complessivi attribuibili all’offerta tecnica.
D’altra parte, in termini di valore economico ricavabile dalla concessione, è evidente che l’utile ritraibile dall’attività svolta (gestione complessiva del servizio teatro e dei servizi accessori) è di gran lunga preponderante, in termine di fatturato complessivo ricavabile (dichiarato in circa € 55 milioni dalla prima classificata), rispetto all’importo complessivo stimato per i lavori (€ 1.200.000,00 circa, come detto) e al valore in sé del bene affidato in concessione.
Da un punto di vista qualificatorio, peraltro, pur trattandosi indubbiamente di un bene demaniale di notevole pregio e valore storico, la fattispecie giuridica in esame pare per moti versi assimilabile all’affidamento in gestione di impianti sportivi pubblici con rilevanza economica.
In relazione a tale fattispecie, il Collegio osserva che, come ribadito anche dall’ANAC nella delibera n. 1300 del 2016, è pacifico che l’affidamento di un impianto sportivo con rilevanza economica costituisca una concessione di servizi, sia secondo la disciplina del codice previgente che secondo la disciplina del d.lgs. n. 50/2016.
E ciò, ora con riferimento alla natura del bene (su cui insiste un vincolo funzionale, coerente con la sua vocazione naturale ad essere impiegato in favore della collettività, per attività di interesse generale), ora con riferimento alla remuneratività della relativa gestione (qualora l’impianto possieda determinate caratteristiche) e al rischio operativo traslato oggettivamente sul concessionario.
La concessione del bene pubblico Teatro Lirico è del tutto assimilabile alla fattispecie appena esaminata, trattandosi di bene demaniale con vincolo di interesse culturale, con tipologia di struttura e destinazione idonee a generare un rilevante flusso di cassa e con gestione di attività essenzialmente svolta a rischio e pericolo del concessionario, commisurata ad un canone variabile da versare al concedente, stabilito da un lato in funzione della ragionevole previsione di consolidamento dei guadagni nell’arco dei dodici anni di concessione, dall’altro in ragione del costo dei lavori iniziali (il cui valore, però, come detto – con ragionevole, conseguente condizionamento anche del minoritario punteggio assegnato per tale aspetto all’offerta tecnica - resta di gran lunga inferiore rispetto al valore conseguibile dalla gestione dell’attività).
In definitiva, pertanto, il Collegio ritiene che l’oggetto principale della concessione mista connessa all’uso del teatro Lirico di Milano sia rinvenibile, sulla base di tutte le riflessioni sopra evidenziate, in una concessione di servizio pubblico.
Né risulta corretta l’affermazione della difesa del Comune secondo cui non sussisterebbero nel caso di specie gli indici in presenza dei quali la giurisprudenza qualifica un’attività come pubblico servizio, posto che la redazione di una lex specialis di gara incongrua rispetto alle disposizioni previste in materia dal codice dei contratti pubblici è conseguenza dell’erronea qualificazione della fattispecie e non sintomo del tipo di affidamento posto in essere.
In particolare, da una piana lettura del capitolato speciale allegato agli atti di gara, si evince che l’obbligo per il concessionario di “assicurare idonee condizioni per la conservazione e fruizione pubblica del bene concesso in uso” è intimamente connesso al rispetto delle “modalità di cui alla proposta artistica e culturale presentata in sede di offerta” (art. 5, prima parte), che il concessionario stesso è tenuto all’invio al Settore Spettacolo del Comune del documento di programmazione di ciascuna stagione e di una relazione annuale sulle attività svolte (art. 5, seconda parte, lettere b e c), e che il rispetto di tali specifici obblighi saranno sottoposti a verifica della stazione appaltante (art. 17), con conseguente sorgere di responsabilità contrattuale e applicazioni di penali (artt. 14 e 18) a carico del concessionario, nel caso di relativo inadempimento.
Sussistono pertanto, nel caso di specie, sia la previsione di obblighi di condotta che l’imposizione di standards qualitativi, oltre che il mantenimento in capo all’amministrazione concedente di poteri di indirizzo, vigilanza ed intervento, affinché il programma artistico e gestionale approvato in sede di esame dell’offerta tecnica sia poi effettivamente realizzato.
Da ciò deriva, come anticipato, l’accoglimento del motivo di incompetenza relativa articolato dal ricorrente principale, in quanto, trattandosi di organizzazione e concessione di un servizio pubblico, la relativa deliberazione di indirizzo avrebbe dovuto essere adottata dal Consiglio comunale e non dalla Giunta comunale, ai sensi dell’art. 42 del TUEL.
Al riguardo, non risulta persuasiva l’obiezione formulata dalla difesa del Comune resistente nella sua memoria finale, secondo cui il Consiglio comunale si sarebbe occupato, assolvendo alla specifica competenza affidatagli dalla legge, del Teatro Lirico nel Documento Unico di programmazione 2015-2017, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 20 del 15.05.2015, prevedendo la messa a bando della futura gestione del Teatro Lirico.
In realtà, nel suddetto documento di programmazione, viene descritta la seguente circostanza: “Nel 2015 sarà parimenti messa a bando la futura gestione del Teatro Lirico, storico teatro cittadino oggetto di importanti lavori di ristrutturazione da parte dell’Amministrazione comunale. La riapertura al pubblico è prevista nel 2016 e la tempestiva individuazione del futuro gestore è volta a garantire, alla sua riapertura, una programmazione artistica di livello nazionale e internazionale”.
Orbene, sembra evidente che la indicata descrizione della futura “messa a bando” del teatro per cui è causa si risolve nella mera programmazione di tale fatto, e non certo nella predisposizione della disciplina, anche solo generica, afferente all’organizzazione del relativo pubblico servizio, o alla concessione dello stesso (art. 42, secondo comma, lett. e) del d.lgs. n. 267/2000).
Né gli atti di programma e gli atti di organizzazione e concessione dei pubblici servizi sono tra loro assimilabili, posto che lo stesso art. 42, comma 2, sopra richiamato, colloca le relative tipologie in due “lettere” diverse (lett. b) per i programmi e lett. e) per gli atti di organizzazione e concessione dei pubblici servizi).
E se è vero che possono residuare alla Giunta spazi decisionali integrativi della volontà espressa dal Consiglio comunale sulle materie allo stesso riservate, è altresì evidente che tale residua libertà di azione non può consistere, come nel caso di specie, nella possibilità di stabilire l’intera disciplina afferente alla materia riservata all’organo direttamente rappresentativo della collettività.
In altri termini, con la delibera impugnata, la Giunta comunale non si è limitata alla “scelta delle modalità attuative della direttiva fissata in sede consiliare”, ma ha integralmente disciplinato l’organizzazione e la concessione del servizio pubblico teatro (probabilmente anche andando al di là delle intenzioni abbozzate in sede di programmazione dal Consiglio comunale), per cui la giurisprudenza richiamata sul punto dalla difesa dell’amministrazione è da considerarsi parzialmente inconferente.
D’altra parte, se anche fosse stata degna di accoglimento l’obiezione anzidetta – e non lo è, secondo quanto appena precisato - la procedura avrebbe dovuto in ogni caso essere annullata in quanto svolta al di fuori delle regole imposte dal codice dei contratti pubblici (come rilevato ancora una volta con apposito motivo di ricorso dalla ricorrente principale), con lesione diretta e concreta dell’interesse strumentale del concorrente a partecipare ad una gara ad evidenza pubblica conforme alle norme che ne regolano la relativa fattispecie giuridica, specie laddove ad essere eluso sia il rispetto della disciplina concorrenziale di derivazione comunitaria in materia di appalti e concessioni pubbliche.
L’accertata fondatezza del motivo di incompetenza svolto nel ricorso principale rende improcedibile per carenza sopravvenuta di interesse il ricorso incidentale, in quanto da un’eventuale accoglimento dello stesso, per il tipo di censure svolte e il numero di operatori partecipanti alla procedura, Stage Entertainment non ricaverebbe alcuna utilità concreta.
Ad abundantiam – e impregiudicate le considerazioni appena svolte, che di per sé definiscono l’esito della controversia - il Collegio osserva che anche lo svolgimento concreto della procedura bandita dal Comune resistente è da considerarsi illegittimo, in relazione a quanto esposto dalla ricorrente principale con il suo primo motivo.
Invero, risulta fondata, e non superata dalle controdeduzioni delle altre parti costituite in giudizio, l’osservazione secondo cui l’aggiudicataria, a fronte del dichiarato inserimento nel proprio programma di un numero rilevante di produzioni proprie, non abbia indicato nella relativa voce di costo alcun importo.
Al riguardo, non sono rintracciabili alcuni degli esborsi più rilevanti - come quelli legati ai compensi da attribuire in relazione alla concreta fattispecie - in nessuna delle altre voci di costo generali indicate dal Comune e dalla controinteressata a compensazione delle specifiche spese da sostenere per le produzioni proprie, né si comprende per quale motivo una voce di costo ben definita avrebbe dovuto essere “spalmata” su altre voci dal contenuto generico.
Ne deriverebbe, pertanto, una criticità del piano di fattibilità economico-finanziaria (cui era espressamente condizionata l’attribuzione del punteggio per l’offerta economica), che andrebbe quanto meno riesaminata dalla commissione giudicatrice.
I provvedimenti impugnati devono dunque essere tutti annullati, con spese del giudizio che seguono la soccombenza, e che sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso principale, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei limiti e con gli effetti indicati in motivazione.
Dichiara improcedibile il ricorso incidentale.
Condanna in solido il Comune resistente e la società controinteressata a rifondere le spese processuali sostenute dalla società ricorrente, che liquida in complessivi € 5.000,00, oltre accessori di legge, di cui € 2.500,00 a carico del Comune di Milano ed € 2.500,00 a carico di Stage Entertainment S.r.l..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Gabbricci, Presidente
Giovanni Zucchini, Consigliere
Roberto Lombardi, Primo Referendario, Estensore
Con la sentenza n. 2306 del 1.12.2017 il T.A.R. di Milano si è pronunciato sul ricorso presentato dalla Show Bees S.r.l. contro il Comune di Milano. Oggetto della controversia la determinazione dirigenziale con la quale il Comune ha aggiudicato in favore di altra società, mediante gara indetta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la concessione in uso del Teatro Lirico per attività di tipo culturale e di spettacolo.
Tra le varie questioni poste ai giudici amministrativi da parte della ricorrente vi è quella di incompetenza poiché secondo quest’ultima non è stata rispettata la procedura di affidamento in quanto, trattandosi di concessione di servizi e non di concessione in uso di un bene pubblico, ai sensi del Codice dei contratti pubblici, l’emissione della delibera di approvazione delle linee di indirizzo non sarebbe dovuta spettare alla Giunta bensì al Consiglio comunale.
Tale vizio di incompetenza è stato il primo punto trattato dal T.A.R. nonostante presentato dalla ricorrente come ultimo. Infatti, i giudici amministrativi hanno ricordato come a seguito di quanto previsto dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 5/2015 tale vizio legittima il collegio a non procedere all’esame delle altre questioni sollevate tra cui quelle relative all’azione amministrativa e, in particolare, quando l’organo competente non ha di fatto ancora esercitato i suoi poteri.
Prima di ciò si è comunque posta l’attenzione sulla corretta qualificazione dell’oggetto della concessione. Questo è stato definito testualmente dal Comune di Milano come <<concessione in uso>> di un bene pubblico nonostante vi siano elementi negli atti di gara che lo riconducono alla concessione di lavori pubblici. In particolare, l’oggetto della concessione parla di restituzione del teatro alla città e di rilancio, con riferimenti quindi all’aspetto storico e alle programmazioni artistiche e culturali.
Il T.A.R. afferma esplicitamente che tali finalità risultano esorbitanti <<rispetto alla normale attività funzionalmente e imprescindibilmente connessa alla materiale disponibilità del bene>> e che il concorrente ha <<coerentemente perseguito>> quanto richiesto, esponendo una proposta artistica e gestionale con presentazione di obblighi di servizio nei confronti della collettività. È previsto, inoltre, sempre a carico dell’assegnatario il completamento delle <<parti consegnate al rustico>> e l’allestimento e arredamento degli <<spazi dati in concessione>>.
Tutto ciò a detta dei giudici milanesi <<presenta indubbie analogie>> con le concessioni di lavori a tal punto da indurre gli stessi a ritenere che si tratti di una concessione mista “in cui coesistono sia elementi di concessione di servizi che elementi di concessione di lavori” e di un affidamento in uso di un bene pubblico.
Si deve fare riferimento così all’art. 169 del d.lgs. n. 50/2016 in base al quale occorre verificare innanzitutto se l’Amministrazione aggiudicatrice ha scelto di aggiudicare una concessione unica ex comma 6, caso in cui si applicherebbero le norme del Codice dei contratti pubblici a prescindere dal valore delle singole parti, o se le parti oggetto del contratto non possono essere effettivamente separate ex comma 8 a seguito del quale la disciplina applicabile dipenderebbe dall’oggetto principale del contratto.
A fronte di quanto detto, il T.A.R. ha ritenuto che le varie parti oggetto del contratto non siano <<oggettivamente (o quanto meno funzionalmente) separabili, dal momento che la concessione in uso del bene pubblico di proprietà comunale “teatro” implica necessariamente, per la peculiarità del bene affidato, tutta una serie di obblighi funzionali alla gestione del bene stesso>>. Per tali motivi risulta applicabile il comma 8 dell’art. 169 del Codice dei contratti pubblici ai sensi del quale il regime giuridico al quale fare riferimento deve essere individuato in relazione all’oggetto principale del contratto.
Affermato ciò, il collegio milanese affronta la questione dell’incompetenza sollevata dalla ricorrente ritenendola principale nell’ordine di trattazione per i motivi di illegittimità derivata di cui sopra.
Infatti, la società ricorrente ritiene che sia stato violato l’art. 42, comma 2, del d.lgs. n. 267/2000 in quanto, trattandosi di una gara relativa alla concessione di un servizio pubblico e non di bene pubblico, la competenza di approvazione delle linee di indirizzo della gara sarebbe dovuta spettare al Consiglio comunale e non alla Giunta come, invece, è accaduto.
In particolare, affermata la natura mista dell’oggetto occorre stabilire se si tratta di una concessione non di un bene pubblico bensì di un pubblico servizio con conseguente competenza quindi del Consiglio comunale.
Per fare questo, come il Coniglio di Stato ha più volte affermato, è necessario fare riferimento all’elemento soggettivo e oggettivo della fattispecie contrattuale. Per quest’ultimo non sussiste alcun problema in quanto ai sensi dell’art. 112 TUEL il servizio <<teatro>> può essere gestito direttamente da un’Amministrazione comunale o mediante concessione.
Dal punto di vista soggettivo la delibera parla espressamente del teatro come <<nuovo polo di rilevanza nazionale e internazionale>> con l’obiettivo di restituirlo ai cittadini e di effettuare una <<programmazione di qualità>> con evidente perseguimento dell’interesse pubblico.
Per tali motivi il T.A.R. da un punto di vista <<qualificatorio>> dichiara che <<la fattispecie giuridica in esame pare per molti versi assimilabile all’affidamento in gestione di impianti sportivi pubblici con rilevanza economica>> con conseguente inquadramento nella concessione dei servizi. Infatti, dal capitolato speciale allegato agli atti di gara emerge come il concessionario dovesse assicurare condizioni utili alla conservazione e fruizione pubblica del bene concesso in uso e una proposta artistica e culturale, elementi entrambi soggetti a valutazione in sede di offerta, con relativa comunicazione al settore spettacolo del Comune e il controllo del rispetto di tali obblighi da parte della stazione appaltante.
Da ciò emerge palesemente come si tratti di concessione di servizio pubblico e non di bene pubblico. Né, a detta dei giudici, si può confondere la mera programmazione con gli atti di organizzazione e concessione dei pubblici servizi.
Alla Giunta, quindi, possono residuare <<spazi decisionali integrativi della volontà espressa dal Consiglio comunale sulle materie allo stesso riservate>>, ma tale residualità non può <<consistere, come nel caso di specie, nella possibilità di stabilire l’intera disciplina afferente alla materia riservata all’organo direttamente rappresentativo della collettività>>.
È confermata pertanto l’incompetenza della Giunta a disciplinare l’organizzazione e la concessione di un servizio pubblico che al contrario spetta al Consiglio comunale.