Cons. Stato, Sez. V, 29 novembre 2017 n. 5611
La procedura evidenziale per cui è causa era finalizzata all'aggiudicazione di accordo quadro, il cui scopo consiste per definizione – in caratteristica prospettiva configurativa – nello "stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo" (cfr. Art. 3, comma 13 e art. 59 d.lgs 163/2006). Ne consegue che, per un verso, i requisiti di qualificazione sono destinati necessariamente a perdurare per tutto il periodo di efficacia della aggiudicazione "programmatica", e che, per altro verso, la loro perdita interinale legittima senz'altro , come occorso nel caso di specie, il coerente automatismo della sanzione espulsiva.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3064 del 2017, proposto da:
Css Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ettore Notti e Giovanni Nappi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al Piazzale Don L. Sturzo, n. 9;
contro
Agenzia del Demanio Emilia Romagna - Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, sezione I, n. 279/2017, resa tra le parti, concernente un provvedimento di esclusione da una procedura di affidamento di un accordo quadro per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle amministrazioni dello Stato e di quelli gestiti dall’Agenzia del Demanio siti nel territorio di competenza della Direzione regionale Emilia-Romagna;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Agenzia del Demanio Emilia Romagna - Bologna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Nappi, anche per l'avv. Notti e l’Avvocato dello Stato Marco Stigliano Messuti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso notificato nelle forme e nei tempi di rito, la CSS Società Cooperativa, come in atti rappresentata e difesa, ha interposto appello avverso la sentenza, meglio distinta in epigrafe e resa in forma semplificata, con la quale il TAR Emilia Romagna – sede di Bologna - ha respinto l’impugnativa del provvedimento con cui l’Agenzia del Demanio ne aveva decretato l’esclusione dalla procedura di affidamento di un accordo quadro per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle amministrazioni dello Stato e di quelli gestiti dall’Agenzia nel territorio di competenza.
2.- A sostegno del gravame, l’appellante premetteva che:
a) con determinazione dirigenziale in data 14 dicembre 2015 (prot. 2015/20983 POTS) era stata approvata l’aggiudicazione dell’accordo quadro, relativamente al Lotto 2 “Lavori SOA I e II classifica” CIG: 617328324 A, compresi tra € 150.000,00 ed € 516.000;
b) la determinazione in questione aveva dato espressamene atto della regolarità delle operazioni di gara svoltesi tra il giorno 8 maggio e il giorno 30 novembre 2015, con formazione della graduatoria provvisoria, la quale, previa verifica, era stata resa definitiva il 14 dicembre 2015, con l’appellante collocata al settimo posto;
c) alla procedura evidenziale la ricorrente aveva partecipato fruendo dell’avvalimento prestato dal Consorzio Stabile CONS.AP., all’uopo producendo le previste dichiarazioni, contratti e requisiti ex artt. 49 d. lgs. n. 163/2006 e 88 D.P.R. n. 207/2010;
d) per oltre due anni dalla aggiudicazione definitiva, nessun provvedimento era intervenuto né per effetto di pronunzia giudiziale né per effetto di autotutela, avverso la graduatoria finale dei soggetti risultati aggiudicatari, compresa la ricorrente;
e) nondimeno, in data 4 gennaio 2017, con nota n. 2017/126 l’Amministrazione aveva inoltrato “urgente richiesta di chiarimenti” alla ricorrente ed alla propria ausiliaria, in quanto quest’ultima “risulta[va] aver perso i requisiti di qualificazione richiesti e segnatamente quelli relativi alla cat. OG2 classifica II”;
f) il Consorzio ausiliario aveva immediatamente inviato una prima comunicazione, con la quale evidenziava (anche alla ricorrente, che per la prima volta ne veniva asseritamente a conoscenza) che le mutazioni via via avvenute nella compagine del Consorzio avevano determinato una soluzione di continuità nel possesso del requisito (che, peraltro, già dal giorno 3 gennaio 2017 si era attivata per curarne l’aggiornamento);
g) il 23 gennaio successivo, l’ausiliaria aveva, in effetti, trasmesso la attestazione SOA rinnovata, con indicazione del possesso della cat. OG 2 II classifica, la quale si poneva in continuità con le precedenti;
h) peraltro, con i provvedimenti impugnati la stazione appaltante aveva inopinatamente negato la possibilità integrare i requisiti dell’ausiliaria o, in alternativa, di procedere alla sostituzione di quest’ultima, sancendo l’esclusione della ricorrente e procedendo alla ancor più pregiudizievole escussione della cauzione provvisoria;
i) a definizione del proposto ricorso, il TAR felsineo aveva respinto le proprie ragioni di doglianza, sul concorrente ed argomentato presupposto che: 1) l’art. 49 d. lgs. n. 163/06 (attuativo della Direttiva 2004/18/CE e applicabile ratione temporis) non prevedesse la possibilità che l’impresa ausiliaria rimasta priva dei requisiti potesse essere utilmente sostituita; 2) l’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE (solo successivamente recepito con l’art. 89, comma 3 del d. lgs. n. 50/2016) non fosse self-executing, risultando, come tale, insuscettibile di immediata applicazione; 3) la specialità della disciplina dell’avvalimento non legittimasse il ricorso alla interpretazione analogica od estensiva.
2.- Sulle esposte premesse, impugnava la ridetta statuizione di prime cure, lamentandone l’erroneità per plurima violazione e falsa applicazione di legge.
Con ordinanza n. 1987, resa all’esito della camera di consiglio dell’11 maggio 2017, il Collegio – preso atto che su questione identica a quella su cui si fondava il provvedimento di esclusione impugnato era stata già sollevata questione pregiudiziale europea (cfr. Cons. Stato, sez. IV, [ord.] n. 1522/2016) – accoglieva l’articolata istanza cautelare, sospendendo interinalmente l’esecutività della sentenza impugnata e l’efficacia dei provvedimenti impugnati.
Nella resistenza dell’Agenzia intimata, costituita con memoria di stile, alla pubblica udienza del 5 ottobre 2017 la causa è stata riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L’appello è infondato e merita di essere respinto.
2.- Con il primo motivo di appello, la società ricorrente imputa alla sentenza impugnata violazione degli artt. art 42 e 120 cod. proc. amm., nonché illogicità manifesta, error in procedendo e in judicando per travisamento della realtà, violazione del bando e del disciplinare di gara, illogicità manifesta ed omessa istruttoria.
La decisione di prime cure – la quale, nei termini di cui alla narrativa che precede, aveva escluso, alla luce dell’art. 49 del d. lgs. n. 163/2016, la possibilità di sostituire, in pendenza di procedura, l’impresa ausiliaria che avesse perduto i necessari requisiti di partecipazione – avrebbe, segnatamente, eluso il profilo essenziale della questione controversa, a suo dire incentrato (nei termini all’uopo utilmente valorizzati dalla richiamata ordinanza di rimessione alla Corte di giustizia, concernente identica questione) alla necessità di “coniugare la regola speciale, operante nel settore del diritto dei contratti pubblici, della necessità di permanenza dei requisiti in corso di gara, con il principio generale dell'esimente della forza maggiore, che conforma l'intero ordinamento giuridico ed opera anche nel settore dei contratti pubblici in forza del richiamo di cui all'art. 2, comma 4, del Codice dei contratti pubblici”.
Nella valorizzata prospettazione critica il primo giudice avrebbe, in sostanza, trascurato di considerare che l’impresa ausiliata, che avesse confidato nel possesso del requisito di qualificazione in capo all’impresa ausiliaria (verificato al momento della sottoscrizione del contratto di avvalimento), non potrebbe essere chiamata a rispondere della successiva perdita (o riduzione) di quel requisito, ascrivibile a fatto dell’impresa ausiliaria (e quindi di terzo), non essendo individuabile una culpain eligendo ed apparendo l’automatica esclusione, senza possibilità di sostituzione dell’impresa ausiliaria con altra impresa, contraria alla giurisprudenza comunitaria in tema di rilevanza del fatto di forza maggiore, e soprattutto, in contrasto con l’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici (la quale prevede che l'amministrazione aggiudicatricedebba imporre“che l'operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione” e che essa possa imporre - ovvero essere obbligata dallo Stato membro ad imporre - “che l'operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione”).
Tale disposizione sintetizzerebbe, nel complessivo assunto censorio di parte appellante, un principio “di regolarizzazione/sostituzione, per fatti del terzo ausiliario esulanti dalla sfera di controllo del R.T.I.”, principio che, in quanto proprio dell'ordinamento europeo ed espressione dei più generali principi di proporzionalità, correttezza, buona fede oggettiva e ragionevolezza, dovrebbe prevalere su qualsiasi difforme previsione o orientamento giurisprudenziale presente nei singoli Stati membri: al qual fine l’argomentata non vigenza della direttiva (in pendenza del termine per il suo recepimento) sarebbe, comechessia, priva di rilevanza, dovendo la stessa operare sul piano interpretativo.
3.- La doglianza non coglie nel segno.
Osserva il Collegio che, con sentenza del 14 settembre 2017, Casertana costruzioni, C-223/2016, la Corte di giustizia ha definito la questione pregiudiziale interpretativa sollevata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 1552/2016, fornendo una esaustiva ricostruzione del quadro normativo e dei principi di riferimento per la risoluzione della controversia in esame.
In particolare, per quanto di specifico interesse, la Corte ha ritenuto che:
a) l’art. 63 della direttiva 2014/24 (nelle more recepito con l’art. 89, 3° comma del d. lgs. n. 50/2016) non si pone in linea di continuità con l’art. 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 (a suo tempo attuato con l’art. 49 del d. lgs. n. 163/2006) in quanto “apporta modifiche sostanziali per quanto concerne il diritto degli operatori economici di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti nell’ambito di un appalto pubblico” e “introduce nuove condizioni che non erano previste nel precedente regime giuridico” (cfr. sentenza del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz, C‑324/14, punti 90 e 91);
b) di conseguenza, la nuova previsione, in considerazione del ridetto carattere innovativo, “non può essere utilizzata come criterio per interpretare l’articolo 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18, dal momento che, nel caso di specie, non si tratta di dissipare un dubbio interpretativo relativo al contenuto della disposizione da ultimo richiamata” (cfr. sentenza del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz, C‑324/14 cit., punto 92);
c) quanto alle modifiche relative ai soggetti aggiudicatari, “consentire, in modo imprevedibile, esclusivamente a un raggruppamento d’imprese di sostituire un’impresa terza che fa parte del raggruppamento, e che ha perduto una qualificazione richiesta a pena di esclusione, costituirebbe una modifica sostanziale dell’offerta e dell’identità stessa del raggruppamento”, considerata la sua attitudine ad obbligare l’amministrazione aggiudicatrice a procedere a nuovi controlli: e ciò finirebbe per procurare “ un vantaggio competitivo a tale raggruppamento, che potrebbe tentare di ottimizzare la sua offerta per meglio far fronte alle offerte dei suoi concorrenti nella procedura di aggiudicazione dell’appalto” (punto 39);
d) per l’effetto, “una tale situazione sarebbe contraria al principio di parità di trattamento, che impone che i concorrenti dispongano delle medesime possibilità nella formulazione dei termini della loro offerta e che implica che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti i concorrenti, e costituirebbe una distorsione della concorrenza sana ed effettiva tra imprese che partecipano a un appalto pubblico” (punto 40);
e) il richiamo alla ricorrenza di cause di forza maggiore non è rilevante, posto che “se è vero che la direttiva 2004/18 […] consente a un concorrente di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un’amministrazione aggiudicatrice, tale concorrente è tuttavia responsabile, in quanto capogruppo di un raggruppamento d’imprese, del rispetto da parte di queste ultime degli obblighi e dei requisiti di partecipazione alla gara d’appalto stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice nei documenti relativi alla procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione” (punto 41);
f) in definitiva, l’articolo 47, paragrafo 2, e l’articolo 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che (come fa l’art. 49 del d. lgs. n. 163/2006) “esclude la possibilità per l’operatore economico, che partecipa a una gara d’appalto, di sostituire un’impresa ausiliaria che ha perduto le qualificazioni richieste successivamente al deposito della sua offerta, e che determina l’esclusione automatica del suddetto operatore”.
4.- Agli esposti principi si è correttamente e puntualmente attenuta la sentenza impugnata, la quale, infatti:
a) ha ritenuto ininfluente, anche ai fini interpretativi, l’art. 63 della direttiva 2014/24, in quanto non ancora recepito all’epoca di adozione dei provvedimenti in contestazione;
b) ha, coerentemente, escluso la valorizzazione retroattiva dell’art. 89, 3° comma del d. lgs. n. 50/2016;
c) ha ribadito la regola della immodificabilità dell’offerta, anche nei sensi della sostituzione della sostituzione della impresa ausiliaria che avesse perduto i necessari requisiti di partecipazione alla gara;
d) ha, di fatto, escluso la pertinenza sia del richiamo ad una (irrilevante) culpa in eligendo a carico della ausiliata, sia della valorizzazione di una non meglio specificata causa di forza maggiore.
Per tal via il motivo di appello è infondato e deve essere respinto.
5.- Con distinte censure, la società appellante imputa alla sentenza impugnata anche la violazione dell’art. 46 comma 1 bis del d. lgs. n. 163/2006, nonché del principio di continuità della gara, della l. n. 241/1990 e dell’art. 97 della Costituzione: il primo giudice avrebbe erroneamente omesso di apprezzare che, in ogni caso, la disposta misura espulsiva (per giunta adottata a gara terminata, in asserita assenza del relativo potere) si porrebbe in contrasto insanabile con lo scolpito principio di tassatività delle cause di esclusione.
5.1.- Le censure, che possono essere esaminate congiuntamente, non sono fondate.
In disparte ogni altro rilievo, è sufficiente osservare che la procedura evidenziale per cui è causa era finalizzata all’aggiudicazione di accordo quadro, il cui scopo consiste per definizione – in caratteristica prospettiva configurativa – nello “stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo” (cfr. art. 3, comma 13 e art. 59 d. lgs. n. 163/2006).
Ne consegue che, per un verso, i requisiti di qualificazione sono destinati necessariamente a perdurare per tutto il periodo di efficacia della aggiudicazione “programmatica”, e che, per altro verso, la loro perdita interinale legittima senz’altro, come occorso nel caso di specie, il coerente automatismo della sanzione espulsiva.
6.- Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere complessivamente respinto.
Sussistono giustificate ragioni – in eminente considerazione delle incertezze indotte dalla sollevata questione interpretativa pregiudiziale – per disporre, tra le parti costituite, l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Il Consiglio di Stato con la sentenza in rassegna ha preso posizione sulla possibilità di applicazione retroattiva dell'art. 89 comma 3 del D.Lgs 50/2016, che consente la sostituzione di uno degli operatori ausiliari, nel caso in cui sussistano motivi obbligatori di esclusione.
Più precisamente, l'art. 89 comma 3 del D.Lgs 50/2016 stabilisce, diversamente da quanto precedentemente previsto dall'art. 49 del d.lgs 163/2006 che: "La stazione appaltante verifica, conformemente agli articoli 85, 86 e 88, se i soggetti della cui capacità l'operatore economico intende avvalersi, soddisfano i pertinenti criteri di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara possono essere, altresì, indicati i casi in cui l'operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purchè si tratti di requisiti tecnici".
Per comprendere pienamente le statuizioni del Consiglio di Stato, è opportuno richiamare le doglianze manifestate dal ricorrente.
In particolare, l'impresa ricorrente lamentava l'esclusione, ad opera della stazione appaltante – Agenzia del Demanio, dalla procedura di affidamento di un accordo quadro per lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili in uso alle Amministrazioni dello Stato e di quelli gestiti dall'Agenzia nel territorio di competenza.
La predetta esclusione traeva origine dalla sopravvenuta perdita, a seguito dell'aggiudicazione definitiva, da parte dell'impresa ausiliaria, dei requisiti di qualificazione richiesti, e in particolare di quelli relativi alla cat. OG2 classifica II.
L'impresa esclusa riteneva applicabile, nel caso che la occupava, l'art. 89 comma 3 del D.lgs 50/2016, anche se successivo alla procedura di gara alla quale aveva partecipato, ritenendolo sostitutivo dell'art. 49 del D.lgs 163/2006.
Giova, preliminarmente, rilevare che la disciplina dei raggruppamenti di impresa in materia di contratti pubblici è finalizzata a consentire, mediante il principio del cumulo dei requisiti, la partecipazione congiunta di una pluralità di operatori economici anche di ridotte dimensioni a gare di appalti di notevole entità e, al contempo, a consentire la realizzazione dell'appalto nell'interesse della stazione appaltante con la valorizzazione dell'unione delle risorse e delle capacità tecnico – organizzative ed economico – finanziarie di più imprese, con ampliamento delle garanzie per la stessa stazione appaltante, essendo tutte le imprese associate responsabili, a vario titolo, verso quest'ultima.
Il principio dell'avvalimento costituisce un'eccezione al principio generale che impone che i concorrenti ad una gara pubblica possiedano in proprio i requisiti di qualificazione.
La disciplina concernente l'avvalimento, prima dell'introduzione dell'art. 89 comma 3 del D.lgs. 50/2016, vietava la modifica della composizione del RTI rispetto a quella risultante dall'impegno presentato in sede di offerta.
Ciò posto, occorre analizzare la sentenza resa dal Consiglio di Stato, sez. V n. 5611/2017, con la quale è stato respinto il gravame presentato dall'impresa esclusa, sulla base dell'assunto secondo cui l'art. 89 comma 3 del d.lgs 50/2016, ratione temporis non risulterebbe applicabile, poichè non si porrebbe in linea di continuità con l'art. 49 del D.lgs n. 163/2006, poichè ha apportato modifiche sostanziali per quanto concerne il diritto degli operatori economici di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti nell'ambito di un appalto pubblico, introducendo nuove condizioni che non erano previste nel precedente regime giuridico.
La decisione del Consiglio di Stato in commento, trae origine dalla sentenza resa dalla Corte di Giustizia del 14 settembre 2017 in C-223/2016, a seguito di questione pregiudiziale interpretativa sollevata dal Consiglio di Stato in relazione a questione analoga a quella oggetto della sentenza in rassegna.
Più precisamente, e ai fini qui di interesse, la Corte di Giustizia ha stabilito che:
1) l'art. 63 della direttiva 2014/24 (nelle more recepito con l'art. 89, 3° comma del d.lgs n. 50/2016) non si pone in linea di continuità con l'art. 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18( a suo tempo attuato con l'art. 49 del d.lgs n. 163/2006) in quanto "apporta modifiche sostanziali per quanto concerne il diritto degli operatori economici di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti nell'ambito di un appalto pubblico" e "introduce nuove condizioni che non erano previste nel precedente regime giuridico" (cfr. Sentenza del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz, C-324/14, punti 90 e 91);
2) di conseguenza, la nuova previsione, in considerazione del ridetto carattere innovativo, "non può essere utilizzata come criterio per interpretare l'articolo 48, paragrafo 3, della direttiva 2004718, dal momento che, nel caso di specie, non si tratta di dissipare un dubbio interpretativo relativo al conenuto della disposizione da ultimo richiamata" (Cfr. Sentenza del 7 aprile 2016, Partner Apelski Dariusz, C-324/14 cit., punto 92);
3) quanto alle modifiche relative ai soggetti aggiudicatari, " consentire, in modo imprevedibile, esclusivamente a un raggruppamento di imprese di sostituire un'impresa terza che fa parte del raggruppamento, e che ha perduto una qualificazione richiesta a pena di esclusione, costituirebbe una modifica sostanziale dell'offerta e dell'identità stessa del raggruppamento, procurando "un vantaggio competitivo a tale raggruppamento, che potrebbe tentare di ottimizzare la sua offerta per meglio far fronte alle offerte dei suoi concorrenti nella procedura di aggiudicazione dell'appalto" (punto 39);
4) per l'effetto, "una tale situazione sarebbe contraria al principio di parità di trattamento, che impone che i concorrenti dispongano delle medesime possibilità nella formulazione dei termini della loro offerta e che implica che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti i concorrenti, e costituirebbe una distorsione della concorrenza sana ed effettiva tra imprese che partecipano a un appalto pubblico"(punto 40);
5) il richiamo alla ricorrenza di cause di forza maggiore non è rilevante, posto che "se è vero che la direttiva 2004/18 consente a un concorrente di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un'amministrazione aggiudicatrice, tale concorrente è tuttavia responsabile, in quanto capogruppo di un raggruppamento di imprese, del rispetto da parte di queste ultime degli obblighi e dei requisiti di partecipazione alla gara d'appalto stabiliti dall'amministrazione aggiudicatrice nei documenti relativi alla procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione" (punto 41);
6) in definitiva, l'articolo 47, paragrafo 2, e l'articolo 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che (come fa l'art. 49 del d.lgs n. 163/2006) "esclude la possibilità per l'operatore economico, che partecipa a una gara d'appalto, di sostituire un'impresa ausiliaria che ha perduto le qualificazioni richieste successivamente al deposito della sua offerta, e che determina l'esclusione automatica del suddetto operatore".
Conseguentemente, il Consiglio di Stato, applicando i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia sopra richiamati, ha respinto il ricorso in appello presentato dalla società esclusa, ritenendo che, in base alla legge vigente al momento della procedura di affidamento, i requisiti di qualificazione devono prerdurare per tutto il periodo di efficacia della aggiudicazione "programmatica", e che per altro verso, la loro perdita interinale legittima la sanzione esclusiva.
E nemmeno può essere applicata al caso di specie la normativa successiva, ovvero quella introdotta dall'art. 89 del D.lgs n. 50/2016, poichè la stessa apporta modifiche sostanziali per quel che riguarda il diritto degli operatori economici di fare affidamento sulle capacità di altri nell'ambito di un appalto pubblico e introduce nuove condizioni che non erano previste nel precedente regime giuridico.
A diverse conclusioni, probabilmente, i Giudici di Palazzo Spada sarebbero pervenuti se l'esclusione determinata dalla sostituzione di uno degli operatori economici fosse avvenuta durante la vigenza dell'art. 89 del D.lgs 50/2016.