Consiglio di Stato, Sez. V, 27 luglio 2017, n. 3708
L’art. 177, co. 1, d.lgs. n. 50/2016 ha espressamente previsto l’obbligo per i soggetti pubblici e privati titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici (già esistenti o di nuova aggiudicazione) di affidare una quota pari all’80% dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica. Dal suddetto obbligo sono escluse unicamente le concessioni (già in essere o di nuova aggiudicazione) affidate con la formula della finanza di progetto o con procedura di gara ad evidenza pubblica. Per le concessioni già in essere l’art. 177 ha previsto, al comma 2, un periodo transitorio di adeguamento di ventiquattro mesi, che va inteso come termine finale “entro” (e non a partire da) il quale deve essere raggiunta l’aliquota minima dell’80% di contratti affidati mediante gara. La conseguenza è che, mano a mano che i precedenti contratti vengono a scadenza, i nuovi contratti devono, sin da subito, essere affidati mediante gara, dovendosi considerare l’obbligo di evidenza pubblica immediatamente operativo.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3241 del 2017, proposto da:
Soc. Motem di Bartolomei Ginetta & C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Melucci, Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso lo studio Studio Placidi s.r.l. in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Società Autostrada Brescia, Verona, Vicenza, Padova s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difeso dall’avvocato Daniele Maccarrone, domiciliato ex art. 25 cpa presso il Consiglio di Stato Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;
nei confronti di
Società Lunardi Dino s.r.l, Ditta Marangoni Fabio, Ditta Tessari Lucindo, Montagnana Servizi s.r.l. Q.Le Capogruppo Mandataria del Consorzio Ordinario Carpi D'Adige non costituiti in giudizio;
Consorzio Ordinario Carpi D'Adige, Montagnana Servizi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Giuseppe Biondaro, con domicilio eletto presso lo studio Stefania Zarba Meli in Roma, via Rocca Sinibalda, 10;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 00280/2017, resa tra le parti;
Visto gli articoli 105, comma 2, e 87, comma 3, cod. proc. amm.;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Società Autostrada Brescia, Verona, Vicenza, Padova S.p.A. e di Consorzio Ordinario Carpi D'Adige e di Montagnana Servizi S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Lorenzo Lentini, Daniele Maccarrone e Giuseppe Biondaro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso e successivi motivi aggiunti, l’odierna appellante ha impugnato innanzi al T.a.r. Veneto i provvedimenti di ammissione e la successiva aggiudicazione del servizio di sgombro neve, caricamento e spargimento cloruli miscelati lungo le Autostrade A4 Brescia Padova e A31 della Valdastico, comprese le pertinenze esterne, per il quadriennnio 2016/2020 – lotto 3 – in favore del costituendo Consorzio Montagnana Servizi s.r.l.
2. Con la sentenza di estremi indicati in epigrafe il T.a.r. ha declinato la giurisdizione, sulla base del rilievo secondo cui la società Autostrada Brescia Verona Venezia Padova s.p.a., non avendo natura di organismo di diritto pubblico, non sarebbe sottoposta all’obbligo di gara, né tale obbligo potrebbe ricavarsi dall’art. 177, comma 1, d.lgs. n. 18 aprile 2016, n. 50, non essendo tale norma applicabile prima della scadenza del termina legale di adeguamento (24 mesi) previso dal comma 2 della medesimo art. 177.
3. Per ottenere la riforma di detta sentenza ha proposto appello l’originaria ricorrente.
4. L’appellante deduce che Autostrada Brescia Verona Venezia Padova s.p.a. dovrebbe essere qualificata come organismo di diritto pubblico e che, anche a prescindere da tale qualificazione l’obbligo di gara discenderebbe, comunque, dall’art. 177 d.lgs. n. 50/2016.
5. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello la società Autostrada Brescia Verona Venezia Padova s.p.a. e il costituendo R.T.I. Montagnana Servizi s.r.l.
6. Alla camera di consiglio del 13 luglio 2017 la causa è stata trattenuta per la decisione.
7. L’appello merita accoglimento.
8. L’art. 177, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 ha espressamente previsto l’obbligo per i soggetti pubblici e privati titolari di concessioni di lavori o di servizi pubblici (già esistenti o di nuova aggiudicazione) di affidare una quota pari all’80% dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo superiore a 150.000 euro mediante procedura ad evidenza pubblica.
Dal suddetto obbligo sono escluse unicamente le concessioni (già in essere o di nuova aggiudicazione) affidate con la formula della finanza di progetto o con procedura di gara ad evidenza pubblica.
Per le concessioni già in essere (come quella di cui è titolare nel caso di specie la società Autostrada Brescia Verona Vicenza Padova s.p.a.), l’art. 177 ha previsto, al comma 2, un periodo transitorio di adeguamento di ventiquattro mesi: “le concessioni di cui al comma 1 già in essere si adeguano alle predette disposizioni entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice”.
9. La questione controversa nel presente giudizio attiene proprio all’interpretazione di questa norma transitoria e, in particolare, dell’espressione “entro ventiquattro mesi”.
Il Collegio ritiene la formulazione letterale della norma conduca univocamente alla conclusione secondo cui l’obbligo di evidenza pubblica è immediatamente operativo e il termine di ventiquattro mesi è soltanto un termine finale, “entro” (e non a partire da) il quale deve essere raggiunta l’aliquota minima dell’80% di contratti affidati mediante gara. La conseguenza è che, mano a mano che i precedenti contratti vengono a scadenza, i nuovi contratti devono, sin da subito, essere affidati mediante gara.
10. La tesi alternativa recepita dal T.a.r., secondo cui il termine di ventiquattro mesi sarebbe un termine iniziale (nel senso che l’obbligo diventerebbe operativo solo dopo ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del codice), oltre a non tenere conto del dato letterale (che individua – come si è già evidenziato – nei ventiquattro mesi un termine massimo non superabile), porterebbe anche ad un differimento irragionevole (e non predeterminabile sotto il profilo temporale) del nuovo assetto pro-concorrenziale.
Se si esclude, infatti, l’immediata operatività dell’obbligo nei primi ventiquattro mesi, per i contratti che vengono a scadenza o che vengono ex novo affidati in questo arco temporale il nuovo regime sarebbe applicabile solo a partire dalla data (di volta in volta diversa e, quindi, non predeterminabile ex ante) in cui si esaurisce il relativo rapporto contrattuale (ai ventiquattro mesi, quindi, andrebbe di fatto aggiunta la durata di volta in volta prevista dal contratto nelle more stipulato). Basti pensare, sotto questo profilo, che il contratto oggetto del presente giudizio scadrà nel 2020.
Si verrebbe, inoltre, a crea una disparità di trattamento tra nuovi concessionari (immediatamente sottoposti all’obbligo di gara) e vecchi concessionari (sottoposti solo a partire dal 19 aprile 2018), disparità difficilmente giustificabile sul piano del rispetto del principio di uguaglianza e parità di trattamento tra gli operatori economici.
11. La società Autostrada Brescia-Verona-Vincenza-Padova nella memoria difensiva contesta la tesi della immediata operatività dell’obbligo, deducendo, in senso contrario, che, se questa fosse stata l’intenzione del legislatore, la norma non avrebbe previsto un limite temporale predeterminato (di per sé inidoneo a ricomprendere la scadenza di tutti i possibili affidamenti in essere di servizi e forniture), ma al contrario e molto più semplicemente, avrebbe previsto l’obbligo di indire una procedura di evidenza pubblica per tutti i nuovi affidamenti di servizi e forniture.
La tesi non può essere accolta. Il Collegio ritiene che l’interpretazione che meglio rispecchia l’intenzione del legislatore sia proprio quella secondo l’obbligo di indire la gara è immediato per tutti i nuovi affidamenti (senza distinzione sotto questo profilo tra vecchi e nuovi concessionari) e che la finestra temporale di ventiquattro mesi riservata ai vecchi concessionari riguarda non l’obbligo di gara in quanto tale (immediatamente operativo), ma il rispetto del tetto dell’80%.
Rispetto all’obbligo di rispettare il tetto in esame, il legislatore, per i vecchi concessionari (tenendo conto del fatto dell’esistenza di affidamenti pregressi avvenuti senza gara) ha ragionevolmente previsto una periodo transitorio di adeguamento.
Il che significa che per i vecchi concessionari la verifica del rispetto del predetto limite dell’80% avverrà solo a partire dal 19 aprile 2018, secondo le modalità indicate dal comma 3 dello stesso articolo 177, che affida la verifica all’ANAC, secondo le modalità indicate dalla stessa in apposite Linee guida, prevedendo la periodicità annuale della verifica.
Per i vecchi concessionari, quindi, la prima verifica annuale dovrebbe avvenire un anno dopo l’esaurimento del periodo transitorio di ventiquattro mesi, ferma restando nelle more la immediata operatività dell’obbligo. Il che consente anche di superare l’ulteriore argomento della società appellata volto ad evidenziare che le Linee guida Anac di cui all’art. 177, comma 3, non risultano ancora adottate.
Un conto quindi è l’obbligo di rispettare il tetto dell’80% (non esigibile prima dei ventiquattro mesi per i vecchi concessionari), un conto è l’obbligo di affidare con gara i singoli contratti (immediatamente operativo anche per i vecchi concessionari).
13. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve, pertanto, essere accolto, dovendosi dichiarare, ai sensi dell’art. 133, lettera e), n. 1) c.p.a. la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, trattandosi di controversia relativa a procedure di affidamento di servizi svolte da un soggetto tenuto al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica.
In riforma della sentenza appellata, deve, dunque, dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo, con remissione della causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a.
14. La novità della questione giustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rimette la causa al giudice di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Daniele Ravenna, Consigliere
Guida alla lettura
La sentenza in commento, che ha deciso un ricorso in appello avverso una pronuncia declinatoria della giurisdizione, prende le mosse da una vicenda complessa in punto di fatto, che merita essere tratteggiata, almeno per sommi capi.
Una società concessionaria di alcuni tratti autostradali del nord Italia indiceva una gara per l’affidamento quadriennale dei servizi di sgombero neve, caricamento e spargimento dei cloruri miscelati, suddivisi in 6 lotti funzionali da aggiudicarsi mediante il ricorso al criterio del prezzo più basso.
Una delle concorrenti impugnava gli atti di gara, unitamente all’aggiudicazione definitiva; resisteva la concessionaria, eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione in quanto la gara era stata espletata da un soggetto privato non obbligatoriamente tenuto allo svolgimento delle procedure di evidenza pubblica.
Il Giudice di prime cure concludeva proprio in questo senso, ritenendosi privo della giurisdizione per decidere (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 20 marzo 2017, n. 280).
Come è noto, infatti, vi è giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti solo qualora si tratti di controversie riguardanti soggetti obbligati allo svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica dalla normativa europea o nazionale: ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a., sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”.
Si pone quindi il problema di capire se il concessionario autostradale sia tenuto a espletare una selezione pubblicistica per individuare l’affidatario di un servizio o meno.
In primo luogo è opportuno domandarsi se rilevi il fatto che la società concessionaria, pur non essendovi tenuta, abbia svolto volontariamente una procedura di scelta del contraente in applicazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e abbia indicato, negli atti impugnati, di rivolgersi, quale giudice cui spetta decidere un’eventuale controversia al Tribunale amministrativo. In altre parole, se il fatto di aver indetto una gara pubblica costituisca un autovincolo al rispetto della normativa pubblicistica, con conseguenze anche in punto di giurisdizione.
A detta del Tribunale di primo grado, tale circostanza non è decisiva nell’affermare la giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti la sottoposizione di un’attività alle forme proprie del procedimento amministrativo non è di per sé sufficiente a radicare le relative controversie in capo alla giurisdizione amministrativa, dato che ciò consentirebbe ad una delle parti del processo di scegliere il proprio giudice in insanabile contrasto al principio del giudice naturale precostituito per legge sancito dall’art. 25 della Costituzione (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 1 marzo 2016, n. 314; Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2016, n. 2809; Sez. IV, 12 marzo 2015, n. 1299).
Non resta quindi che da indagare se la società sia comunque tenuta a svolgere una procedura a evidenza pubblica nella scelta del contraente in virtù di una sua qualificazione quale soggetto rientrante nelle categorie soggettive generali definite dalla disciplina comunitaria e recepite nell’ordinamento nazionale, ovvero di norme di legge specifiche che prevedano tale obbligo indipendentemente dalla riconducibilità entro tali categorie.
Nel caso in esame la concessionaria non è qualificabile come amministrazione aggiudicatrice, non potendo essere annoverabile tra gli organismi di diritto pubblico (essendo comprovati la partecipazione maggioritaria ed il controllo della società da parte di soggetti privati), né come società controllata da soggetti pubblici (per le medesime ragioni).
All’esito di queste considerazioni, la concessionaria potrebbe essere ritenuta soggetta all’obbligo di indire una gara per l’affidamento di un servizio unicamente nel caso in cui vi sia una norma che imponga un dovere di tal fatta.
Nel nuovo codice dei contratti pubblici vi sono due disposizioni rilevanti: la prima è l’art. 164, co. 5, a mente del quale “i concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici, per gli appalti di lavori affidati a terzi sono tenuti all'osservanza della presente Parte” (e quindi all’obbligo di espletare una selezione pubblicistica). La norma è chiara: la stessa limita l’onere di indire una gara pubblica unicamente per l’affidamento di appalti di lavori e non di servizi, come nel caso che ci riguarda.
La seconda disposizione è l’art. 177, commi 1 e 2. A tal proposito, il T.A.R. Veneto precisa che l’art. 177 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, là dove dispone che “i soggetti pubblici o privati, titolari di concessioni di lavori, di servizi pubblici o di forniture già in essere alla data di entrata in vigore del presente codice, non affidate con la formula della finanza di progetto, ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea, sono obbligati ad affidare, una quota pari all'ottanta per cento dei contratti di lavori, servizi e forniture relativi alle concessioni di importo pari o superiore a 150.000 euro e relativi alle concessioni mediante procedura ad evidenza pubblica”, con la prescrizione, al comma 2, che “le concessioni di cui al comma 1 già in essere si adeguano alle predette disposizioni entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice”, avrebbe il significato di imporre ai concessionari che non siano già amministrazioni aggiudicatrici di indire procedure di evidenza pubblica per i contratti di servizi e forniture solo dal 2018, e non prima.
Ebbene, proprio su quest’ultima considerazione, o meglio, sulla non condivisione di questa esegesi della disposizione, il Consiglio di Stato ha concluso all’opposto del Tribunale di prime cure, ritenendo che nel caso di specie la società concessionaria sia tenuta al rispetto delle norme di cui al Codice dei contratti pubblici, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.
La questione controversa attiene all’interpretazione dell’espressione “entro ventiquattro mesi”.
Il Collegio di secondo gradi ritiene che “la formulazione letterale della norma conduca univocamente alla conclusione secondo cui l’obbligo di evidenza pubblica è immediatamente operativo e il termine di ventiquattro mesi è soltanto un termine finale, «entro» (e non a partire da) il quale deve essere raggiunta l’aliquota minima dell’80% di contratti affidati mediante gara. La conseguenza è che, mano a mano che i precedenti contratti vengono a scadenza, i nuovi contratti devono, sin da subito, essere affidati mediante gara”.
La tesi alternativa proposta dal Giudice di primo grado, secondo cui il termine di ventiquattro mesi sarebbe un termine iniziale (nel senso che l’obbligo diventerebbe operativo solo dopo ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del codice), a detta del Consiglio di Stato, “oltre a non tenere conto del dato letterale (che individua – come si è già evidenziato – nei ventiquattro mesi un termine massimo non superabile), porterebbe anche ad un differimento irragionevole (e non predeterminabile sotto il profilo temporale) del nuovo assetto pro-concorrenziale”.
E ciò sulla base del fatto che l’esclusione dell’immediata operatività dell’obbligo nei primi ventiquattro mesi, per i contratti che vengono a scadenza o che vengono ex novo affidati in questo arco temporale, comporterebbe che il nuovo regime sarebbe applicabile solo a partire dalla data (di volta in volta diversa e, quindi, non predeterminabile ex ante) in cui si esaurisce il relativo rapporto contrattuale (ai ventiquattro mesi, quindi, andrebbe di fatto aggiunta la durata di volta in volta prevista dal contratto nelle more stipulato).
In aggiunta, opinando nel senso proposto dal Tribunale veneto, si verrebbe a creare “una disparità di trattamento tra nuovi concessionari (immediatamente sottoposti all’obbligo di gara) e vecchi concessionari (sottoposti solo a partire dal 19 aprile 2018), disparità difficilmente giustificabile sul piano del rispetto del principio di uguaglianza e parità di trattamento tra gli operatori economici”.
Il Collegio è dell’avviso che l’interpretazione che meglio rispecchia l’intenzione del legislatore sia proprio quella secondo cui l’obbligo di indire la gara è di immediata efficacia per tutti i nuovi affidamenti (senza distinzione sotto questo profilo tra vecchi e nuovi concessionari) e che la finestra temporale di ventiquattro mesi riservata ai vecchi concessionari riguardi non l’obbligo di gara in quanto tale (immediatamente operativo), ma il rispetto del tetto dell’80%.
In sostanza, per i vecchi concessionari la verifica del rispetto del predetto limite dell’80% avverrà solo a partire dal 19 aprile 2018, secondo le modalità indicate dal comma 3 dello stesso articolo 177, che affida la verifica all’ANAC, secondo le modalità indicate dalla stessa in apposite Linee guida, prevedendo la periodicità annuale della verifica.
Per i vecchi concessionari, quindi, la prima verifica dovrebbe avvenire un anno dopo l’esaurimento del periodo transitorio di ventiquattro mesi, ferma restando nelle more la immediata operatività dell’obbligo.
Pertanto, mentre il dovere di rispettare il tetto dell’80% non è esigibile prima dei ventiquattro mesi per i vecchi concessionari, l’obbligo di affidare con gara i singoli contratti è immediatamente operativo, anche per i vecchi concessionari.
La sentenza qui in commento è di estrema rilevanza, in un momento, come quello attuale, ancora di incerta esegesi delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici. Non può infatti essere taciuta la portata creatrice di questa pronuncia, là dove si spinge a interpretare l’art. 177, co. 2, nel senso che la portata del termine dei ventiquattro mesi di adeguamento sia limitata unicamente al rispetto della quota dell’80% dei lavori o dei servizi che vanno affidati da parte del concessionario, e invece a ritenere che la nuova regola di procedere mediante gara pubblica per l’individuazione degli affidatari abbia immediata efficacia.
Tali considerazioni impongono alcune sintetiche conclusioni: tutti i concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici e che intendano affidare contratti di lavori sono tenuti a procedere in tal senso nel rispetto della Parte II del Codice sulla base di quanto prevede l’art. 164, co. 5; tutti i concessionari di lavori, di servizi pubblici o di forniture sono tenuti ad indire una gara pubblica per affidare i relativi contratti, ai sensi dell’art. 177, co. 1; restano quindi esclusi dall’obbligo di indire una gara unicamente i concessionari titolari di concessioni affidate con la formula della finanza di progetto ovvero con procedure di gara ad evidenza pubblica, ma solo limitatamente all’affidamento di contratti di servizi, dovendosi applicare anche per questi soggetti l’art. 164 succitato.
Con ogni necessaria conseguenza in termini di riparto di giurisdizione ai sensi dell’art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.