Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2017, n.1608.
1. Per le gare bandite anteriormente all'entrata in vigore del nuovo c.d. codice degli appalti pubblici e delle concessioni(d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l'obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l'offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l'esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l'offerta dalla stazione appaltante, nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio[1]
2. Nel caso in cui il bando di gara pubblica chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell'appalto nè ad assimilare impropriamente il concetto di “servizi analoghi” con quello di “servizi identici”[2]
3. è sufficiente ai fini della validità del contratto di avvalimento che l’oggetto sia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento[3].
[1] Consiglio di Stato Ad. Plen. n.19 del 27.07.2016, Cons. Stato, V, 18/1/2017, n. 194; 23/12/2016, n. 5444; III, 27/10/2016, n. 4527
[2] Consiglio di Stato Sez. V 28/7/2015, n. 3717; 5/3/2015, n. 1122; 25/6/2014 n. 3220
[3] Consiglio di Stato Ad. Plen. 4/11/2016, n. 23, anche Cons. Stato, Sez. V, 23/2/2017, n. 852
Guida alla lettura
La sentenza in commento assume rilievo in quanto segna il cambio di rotta della giurisprudenza del Supremo Consesso amministrativo, in primis, con specifico riguardo all’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale.
Il primo orientamento propenso ad escludere la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta (cfr. Ad. Plen. n. 3 e n.9 del 2015), cede il passo ad un altro, più recente e costituzionalmente orientato alla luce dei principi eurounitari della tutela dell’affidamento, della certezza del diritto, della parità di trattamento, della non discriminazione, della proporzionalità e della trasparenza, per cui per le gare bandite anteriormente all'entrata in vigore del nuovo c.d. codice degli appalti pubblici e delle concessioni(d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l'obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l'offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l'esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l'offerta dalla stazione appaltante, nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.
Sul punto, il Consiglio di Stato aveva già avuto modo di chiarire il principio di diritto indicato nella Ad. Plen. n.9/2015, che gli oneri di sicurezza rappresentano un elemento essenziale dell’offerta (la cui mancanza è in grado di ingenerare una situazione di insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto) solo nel caso in cui si contesta al concorrente di avere formulato un’offerta economica senza considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento dei obblighi di sicurezza a tutela dei lavoratori. In questa ipotesi, vi è certamente incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e la sua successiva sanatoria richiederebbe una modifica sostanziale del “prezzo” (perché andrebbe aggiunto l’importo corrispondente agli oneri di sicurezza inizialmente non computati).
Laddove, invece, non è in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza, né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifica la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri, la carenza, allora, non è sostanziale, ma solo formale.
In questo caso il soccorso istruttorio, almeno nei casi in cui ricorre la situazione sopra descritta di affidamento ingenerato dalla stazione appaltante, è doveroso, perché esso non si traduce in una modifica sostanziale del contenuto dell’offerta, ma solo nella specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non è stata indicata dettagliatamente.
Ne esce, così, mitigato il rigore di una modalità applicativa, altrimenti sproporzionata ed iniqua.
La doverosità del soccorso istruttorio deve essere certamente affermata nei casi in cui la fase di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della Ad. Plen. n. 3/2015, quando cioè anche l’interpretazione giurisprudenziale non forniva esiti certi.
Deve, a tal proposito, evidenziarsi che, fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (che ora risolve la questione prevedendo espressamente, all’art. 95, comma 10, l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza: “Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”), nell’ordinamento nazionale mancava una norma che, in maniera chiara ed univoca, prescrivesse espressamente la doverosità della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza. Tale obbligo era frutto di una interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, interpretazione consolidatasi per effetto della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 3 del 2015.
Dunque, il modificato e più recente orientamento del Consiglio di Stato risulta anche confortato dalla giurisprudenza comunitaria che, in ordine allo specifico punto, aveva avuto modo di affermare come il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice[1].
Ciò in ragione del principio più generale per cui Il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un'interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all'operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall'amministrazione aggiudicatrice.[2]
La pronunzia in esame offre ulteriori interessati spunti di riflessione con riguardo alla distinzione tra servizi analoghi e servizi identici, per cui nel caso di un bando di gara pubblica che chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell'appalto nè ad assimilare impropriamente il concetto di “servizi analoghi” con quello di “servizi identici.
La ratio sottesa è il contemperamento tra l'esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche; aggiungasi che la locuzione “servizi analoghi” non s'identifica con “servizi identici”, poiché la prima formula (”servizi analoghi”) implica la necessità di ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell'appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria richiesta dal bando.
Infine, una chiusura con riguardo alla sempre aperta vessata quaestio sui requisiti minimi del contratto di avvalimento.
Precisa il Collegio, richiamando proprio consolidato orientamento, che l’articolo 88 del d.P.R. 207 del 2010, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”, non legittima né un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo (non determinato, ma solo) determinabile, né un’interpretazione volta a riguardare l’invalidità del contratto connessa alle modalità di esplicitazione dell’oggetto sulla base del c.d. ‘requisito della forma-contenuto.
Quindi, l’indagine in ordine agli elementi essenziali del contratto (anche ai fini dell’individuazione di eventuali forme di invalidità) deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e, segnatamente, sulla base:
- dell’articolo 1363 cod. civ. (rubricato ‘Interpretazione complessiva delle clausole’), secondo cui “le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto” e
- dell’articolo 1367 del medesimo codice (rubricato ‘Conservazione del contratto’), secondo cui “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
Segue l’affermazione del principio di diritto per cui L’articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, in relazione all’articolo 47, paragrafo 2 della Direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un’interpretazione tale da configurare la nullità del contratto di avvalimento in ipotesi (quale quella che qui rileva) in cui una parte dell’oggetto del contratto di avvalimento, pur non essendo puntualmente determinata fosse tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346, 1363 e 1367 del codice civile.
In siffatte ipotesi, neppure sussistono i presupposti per fare applicazione della teorica c.d. del ‘requisito della forma/contenuto’, non venendo in rilievo l’esigenza (tipica dell’enucleazione di tale figura) di assicurare una particolare tutela al contraente debole attraverso l’individuazione di una specifica forma di ‘nullità di protezione.
Pubblicato il 06/04/2017
N. 01608/2017REG.PROV.COLL.
N. 01636/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 1636 del 2016, proposto da:
D.E.C.A. s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Harald Bonura e Giuliano Fonderico, con domicilio eletto presso lo studio Bonura Fonderico, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 173;
contro
Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) del Comune di Roma, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Edmonda Rolli, e domiciliata presso la sede dell’Avvocatura dell’ente, in Roma, via F. Paulucci dè Calboli, n. 20/E;
nei confronti di
Consorzio Nazionale Servizi – CNS, in proprio e quale mandatario del RTI con la CO.GE.I. Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Pesce, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione III BIS, n. 2189/2016, resa tra le parti, concernente l’appalto per la manutenzione del verde e la pulizia degli spazi esterni da svolgere nelle aree e nei complessi edilizi di pertinenza dell'ATER del Comune di Roma;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di ATER del Comune di Roma e di Consorzio Nazionale Servizi - CNS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2017 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Giuliano Fonderico, Giovanni Pesce e Gianluca Bravi, in sostituzione dell'avv. Edmonda Rolli,
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
L’Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) del Comune di Roma ha bandito una procedura aperta, suddivisa in lotti, per l’affidamento dei “servizi integratiper la manutenzione del verde, pulizia spazi esterni e tutela ambientale da svolgere nelle aree e nei complessi edilizi di proprietà o in gestione dell'ATER del Comune di Roma”.
Terminata la valutazione delle offerte, la stazione appaltante ha provvisoriamente aggiudicato l’appalto relativo al lotto B, alla D.E.C.A. s.r.l.
Quest’ultima è stata, poi, esclusa dalla gara, in considerazione dell’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendale.
La commessa è stata quindi definitivamente aggiudicata al RTI tra il Consorzio Nazionale Servizi (CNS) soc. coop. e la GO.GE.I. s.r.l.
Ritenendo i citati provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione definitiva illegittimi, la D.E.C.A. li ha impugnati davanti al TAR Lazio – Roma con ricorso seguito da motivi aggiunti.
Il Tribunale amministrativo, con sentenza 19/2/2016, n. 2189, ha respinto l’impugnazione e ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto dal CNS.
Questa la motivazione della pronuncia.
L’art. “17, ultimo capoverso, del bando di gara disponeva che «l’offerta economica (…) dovrà essere compilata secondo le modalità di cui all’art. 7 del Disciplinare Generale di procedura aperta e dovrà contenere l’indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale».
A sua volta, l’art. 7 del richiamato disciplinare prevede che «nel caso di appalto di servizi e di forniture, nell’offerta va specificato, a pena d’esclusione che “nella sua formulazione, si è tenuto conto degli obblighi relativi alle disposizioni in materia di sicurezza e di assicurazione, in vigore nel luogo dove va eseguito l’appalto” e, ai sensi dell’art. 87, c. 4 del d.lgs. n. 163/2006, devono essere indicati i costi per la sicurezza» (comma 4) e che «l’inosservanza delle prescrizioni di cui ai commi precedenti comporta l’esclusione dalla gara (…)» (comma 8).
Infine, l’art. 8, comma 1, del medesimo disciplinare, rubricato “Giustificativi dell’offerta”, prevede che «quando un’offerta appaia anormalmente bassa, la stazione appaltante richiede, per iscritto, la presentazione delle giustificazioni riguardanti le voci di costo indicate nel bando, assegnando al concorrente un termine (…). I giustificativi delle singole lavorazioni dovranno essere redatti sul modello di scheda trasmesso con la nota di richiesta (mod. 1), firmati (…)».
Alla luce di tali emergenze documentali, si può dunque affermare che il bando, mediante il chiaro richiamo alle puntuali previsioni del disciplinare generale, comminava l’esclusione dalla gara in caso di omessa indicazione dei costi per la sicurezza.
Inoltre, il modulo costituito dall’allegato 1 al disciplinare, il cui tenore avrebbe indotto la ricorrente a confidare in una predeterminazione degli oneri di sicurezza (lì indicati alla relativa voce nella misura del 3%), per cristallina previsione del disciplinare era utilizzabile solo in caso di apertura (nella specie non avvenuta per la D.E.C.A. S.r.l.) della fase di verifica delle offerte anormalmente basse e, comunque, solo a seguito di trasmissione in uno alla scheda di richiesta di giustificazioni.
In definitiva, si deve concludere nel senso che la ricorrente ha omesso l’indicazione dei costi per la sicurezza aziendale prescritta dal bando a pena di esclusione dalla gara.
2.3. In punto di diritto, risalta inoltre la legittimità sia della previsione del bando in questione sia della condotta serbata dalla stazione appaltante.
E infatti, come statuito dalle Adunanze plenarie del Consiglio di Stato n. 3 e n. 9 del 2015 (da ultimo ribadite da C.d.S., V, 3 febbraio 2016, n. 424): a) nelle procedure di affidamento di appalti pubblici, l’indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale costituisce un precetto inderogabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, cod. contratti pubblici e 26, comma 6, t.u. sicurezza sul lavoro di cui al d.lgs. n. 81/2008, al cui rispetto le imprese partecipanti sono tenute anche in assenza di esplicita previsione di lex specialis (che dunque deve ritenersi così eterointegrata), e la cui violazione rende legittima l’esclusione dalla gara; b) tale principio è operante anche per le procedure di gara svoltesi in epoca anteriore alla sua affermazione, in quanto la pronuncia di nomofilachia, quale risultante dell’attività interpretativa ed enunciativa del significato e della portata di norme di legge, non può essere assimilata allo ius superveniens; c) l’omessa indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale non può essere sanata mediante il potere di soccorso istruttorio ex art. 46, comma 1, cod. contratti pubblici”.
Avverso la sentenza, ritenuta erronea e ingiusta, ha proposto appello la D.E.C.A.
Per resistere al ricorso si sono costituite in giudizio l’ATER del Comune di Roma e il CNS.
Quest’ultimo, con memoria notificata alle controparti (da valere come appello incidentale, secondo quanto dal medesimo specificato in pubblica udienza), ha riproposto i motivi prospettati in primo grado col ricorso incidentale non esaminato dal Tribunale amministrativo.
Con successive memorie tutte le parti hanno meglio illustrato le proprie tesi difensive.
Con ordinanza 13/9/2016, n. 3850, la Sezione ha sospeso il giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione delle conseguenze derivanti dall’omessa indicazione degli oneri della sicurezza aziendale in sede di offerta.
Intervenuta la detta pronuncia, l’appellante ha depositato istanza per la prosecuzione del giudizio.
Alla pubblica udienza del 2/3/2017, la causa è passata in decisione.
Occorre partire dalla trattazione dell’appello principale.
Ha carattere assorbente l’esame del quarto motivo col quale la D.E.C.A. denuncia l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nel ritenere che l’omessa indicazione in sede di offerta degli oneri della sicurezza aziendale potesse comportare l’esclusione dalla procedura selettiva anche in mancanza, come nella specie, di una specifica clausola ad hoc nella lex specialis della gara.
La pronuncia contrasterebbe, infatti, con le norme di cui agli artt. 45, 53 e 55 della direttiva 2004/18/CE e con i principi eurounitari di tutela del legittimo affidamento e del favor partecipationis, di parità di trattamento, di libera prestazione dei servizi e di libera concorrenza.
La doglianza è fondata.
L’impugnata sentenza si rifà all’orientamento espresso dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nelle sentenze 20/3/2015, n. 3 e 2/11/2015, n. 9, con riguardo alle conseguenze della mancata indicazione degli oneri della sicurezza aziendale in sede di offerta.
Più di recente, però, la medesima Adunanza plenaria è nuovamente intervenuta sulla tematica con la sentenza 27/7/2016, n. 19, che, rettificando il precedente orientamento, alla luce dei principi eurounitari della tutela dell’affidamento, della certezza del diritto, della parità di trattamento, della non discriminazione, della proporzionalità e della trasparenza, ha affermato che, per le gare bandite anteriormente all'entrata in vigore del nuovo c.d. codice degli appalti pubblici e delle concessioni(d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l'obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l'offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l'esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l'offerta dalla stazione appaltante, nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio (in termini anche Cons. Stato, V, 18/1/2017, n. 194; 23/12/2016, n. 5444; III, 27/10/2016, n. 4527).
Il nuovo orientamento ha trovato conferma nell’ordinanza della Corte di Giustizia U.E., VI, 10/11/2016, in C-140/16, C-697/15 e C-162/16, secondo cui “il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.
La pronuncia riprende l’affermazione più generale della stessa Corte di Giustizia di cui alla sentenza della Sez. VI, 2/6/2016, in C–27/15, secondo la quale: “Il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un'interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all'operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall'amministrazione aggiudicatrice”.
L’odierna fattispecie trova la sua integrale disciplina nei principi di diritto enunciati della più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia U.E. sopra richiamata.
Ed invero:
a) la procedura selettiva per cui è causa si è svolta sotto il vigore del Codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. 12/4/2006, n. 163;
b) la stazione appaltante non ha messo in dubbio che l’offerta economica della D.E.C.A. rispettasse i costi minimi della sicurezza aziendale;
c) diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure, la disciplina di gara non richiedeva ai concorrenti di specificare nell’offerta gli oneri della sicurezza aziendale a pena di esclusione.
Con specifico riguardo a quest’ultimo punto il Collegio non condivide le conclusioni cui è pervenuto l’adito Tribunale amministrativo.
Infatti, l’art. 17, ultimo capoverso del bando di gara prevedeva che l’offerta economica dovesse “essere compilata secondo le modalità di cui all’art. 7 del Disciplinare Generale di procedura aperta e dovrà contenere l’indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale”.
Il comma 4 del menzionato art. 7, a sua volta, disponeva che: <<Nel caso di appalto di servizi e di forniture, nell’offerta va specificato, a pena d’esclusione che “nella sua formulazione, si è tenuto conto degli obblighi relativi alle disposizioni in materia di sicurezza e di assicurazione, in vigore nel luogo dove va eseguito l’appalto” e, ai sensi dell’art. 87, c. 4 del d.lgs. n. 163/2006, devono essere indicati i costi per la sicurezza>>.
Il comma 8 del medesimo art. 7, stabiliva, infine, che: “L’inosservanza delle prescrizioni di cui ai commi precedenti comporta l’esclusione dalla gara…”.
Dalla lettura della trascritta normativa di gara emerge con sufficiente chiarezza come nessuna clausola prevedesse puntualmente l’esclusione per l’omessa indicazione, in sede di offerta, degli oneri della sicurezza interna,
In particolare, il comma 4 sanzionava con l’esclusione solo l’offerta in cui non fosse specificato che “nella sua formulazione, si è tenuto conto degli obblighi relativi alle disposizioni in materia di sicurezza e di assicurazione, in vigore nel luogo dove va eseguito l’appalto”.
Tale sanzione non può nemmeno farsi discendere dal successivo comma 8 dell’art. 7, stante il suo carattere generico e non specificamente riferibile all’inosservanza di che trattasi.
Nel descritto contesto deve ritenersi che erroneamente il giudice di prime cure abbia valutato corretta l’esclusione dalla gara dell’odierna appellante per l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendale.
L’appello principale va, in definitiva, accolto.
Si rende, dunque, necessario procedere all’esame dell’appello incidentale con cui sono stati riproposti i motivi del ricorso incidentale di primo grado, non esaminati dal TAR.
Col primo motivo il CNS deduce che la D.E.C.A. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara in quanto, carente dei requisiti concernenti la “capacità economica e finanziaria” e la “capacità tecnica e professionale” richiesti dall’art. 13, lett. B2, B3 e B4 del bando, si è avvalsa di un’ausiliaria - la Gruppo SAM s.r.l. – a sua volta priva delle prescritte capacità.
Quest’ultima, infatti, vantando un’esperienza limitata al settore delle pulizie, non poteva comprovare, con riguardo ai requisiti di cui alle lett. B3 e B4, dell’art. 13, di aver svolto servizi di giardinaggio e potatura, anch’essi rientranti fra quelli oggetto del contratto da affidare.
La doglianza è infondata.
Il requisito di capacità economica e finanziaria, descritto nella menzionata lett. B3, si sostanziava nell’aver eseguito, nel triennio di riferimento (2011 - 2013), attività “… riguardanti prestazioni di servizi analoghi a quelli oggetto della presente procedura …”.
Pertanto, ai fini del possesso del requisito in questione, non occorreva aver svolto tutte le diverse tipologie di prestazioni comprese nell’oggetto dell’appalto, essendo sufficiente anche l’esecuzione di una parte delle stesse.
La giurisprudenza ha, infatti, precisato che: <<Nel caso in cui il bando di gara pubblica chieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di “servizi analoghi”, la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell'appalto nè ad assimilare impropriamente il concetto di “servizi analoghi” con quello di “servizi identici”, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando è il contemperamento tra l'esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche; aggiungasi che la locuzione “servizi analoghi” non s'identifica con “servizi identici”, poiché la prima formula (”servizi analoghi”) implica la necessità di ricercare elementi di similitudine tra i servizi presi in considerazione, che possono scaturire solo dal confronto tra le prestazioni oggetto dell'appalto da affidare e le prestazioni oggetto dei servizi indicati dai concorrenti al fine di dimostrare il possesso della capacità economico-finanziaria richiesta dal bando>> (Cons. Stato, Sez. V, 28/7/2015, n. 3717; 5/3/2015, n. 1122; 25/6/2014 n. 3220).
La lett. B4, stabiliva, poi, che la capacità tecnica e professionale dovesse essere provata con “elenco dei principali servizi prestati negli ultimi tre anni …”.
Anche in questo caso, quindi, non era necessario aver acquisto esperienza in tutti i settori oggetto del contratto da affidare.
Col secondo motivo si deduce che la D.E.C.A. avrebbe dovuto esser esclusa dalla gara in quanto la Gruppo SAM non avrebbe comprovato, sotto altro profilo, il requisito di cui alla ricordata lett. B3.
Quest’ultima, infatti, prevedeva che il requisito dovesse essere dimostrato attraverso la produzione di “non più di cinque contratti”, mentre l’ausiliaria, si è limitata a produrre l’elenco delle attività prestate, dal quale non emergerebbe né lo svolgimento di servizi attinenti alla manutenzione del verde e alla potatura, né il raggiunto del prescritto fatturato minimo.
In particolare una delle dichiarazioni prodotte (quella rilasciata dalla società ACTV) attesta l’affidamento, per gli anni 2011 – 2012, di un appalto concernente servizi vari, a un RTI di cui faceva parte la Gruppo SAM.
Dalla stessa attestazione risulta che la detta società avrebbe svolto il 50 % delle prestazioni contrattuali e che queste avrebbero avuto ad oggetto, oltre alla pulizia di edifici, anche “servizi di pulizia, rabbocco olio e rifornimento carburante degli automezzi”.
Dalla certificazione non è possibile, però, ricavare quanta parte del fatturato complessivamente imputabile alla Gruppo SAM, sia riferibile ai “servizi di pulizia, rabbocco olio e rifornimento di carburante degli automezzi”, prestazioni queste estranee all’oggetto dell’appalto.
La certificazione in questione, pertanto, non avrebbe potuto essere considerata ai fini di comprovare il possesso del requisito ed escludendo dai servizi computabili quello svolto per conto dell’ACTV, la Gruppo SAM non avrebbe raggiunto il fatturato minimo richiesto dalla citata lett. B3.
La doglianza non merita accoglimento.
La lett. B3, così recitava: “esecuzione negli ultimi 3 esercizi finanziari (2011- 2012- 2013), approvati alla data di pubblicazione del presente bando, riguardanti prestazioni di servizi analoghi a quelli oggetto della presente procedura, presso soggetti pubblici o privati, da dimostrare con non più di 5 contratti …”.
Da una corretta interpretazione della trascritta clausola del bando si ricava come la stessa non imponesse di comprovare il possesso del requisito soltanto attraverso la produzione dei contratti stipulati, consentendo, invece, che la prova venisse data anche con mezzi alternativi e, nello specifico, attraverso apposita dichiarazione del soggetto committente idonea ad attestare la natura delle prestazioni contrattualmente svolte, l’importo delle stesse e l’arco temporale di riferimento.
Inoltre non occorreva, giusta quanto più sopra rilevato, che l’attività esercitata comprendesse tutte le tipologie di servizi costituenti oggetto d’appalto.
Con riguardo alla contestazione mossa alla certificazione rilasciata dall’ACTV occorre rilevare che, in effetti, la stessa non specifica quanta parte del fatturato sia riferibile ai servizi di pulizia degli edifici (valutabile ai fini dell’appalto di che trattasi) e quanta, invece, attenga ai “servizi di pulizia, rabbocco olio e rifornimento di carburante degli automezzi”, non computabili per il raggiungimento del fatturato minimo richiesto, perché del tutto estranei all’oggetto del contratto da affidare.
Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante incidentale, la detta incertezza non avrebbe potuto portare all’esclusione dalla gara della D.E.C.A., ma avrebbe semmai imposto alla stazione appaltante l’attivazione del soccorso istruttorio al fine di ottenere dalla concorrente i necessari chiarimenti.
Col terzo motivo si deduce che il contratto di avvalimento stipulato con la Gruppo Sam non sarebbe stato idoneo a conferire alla D.E.C.A. il requisito di cui quest’ultima era carente, sia perché generico, sia perché comunque, l’ausiliaria è priva di esperienza specifica nel settore concernente i servizi di giardinaggio e potatura.
Il motivo è infondato.
La D.E.C.A. ha fatto ricorso all’istituto dell’avvalimento per sopperire alla carenza dei requisiti di capacità indicati nell’art. 13, alle lett. A (iscrizione alla fascia di classificazione “i” di cui all’art. 3 del D.M. n. 274 del 7/7/1997); B2 (fatturato globale d’impresa negli ultimi tre esercizi non inferiore a 1,5 volte l’importo a base d’appalto); B3 (esecuzione nel triennio di riferimento di servizi analoghi a quelli oggetto della procedura di gara per l’importo minimo ivi indicato) e B4 (principali servizi prestati negli ultimi tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando).
Col contratto di avvalimento la Gruppo SAM si è impegnata “nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a fornire i propri requisiti, di cui è carente il concorrente ed oggetto di avvalimento, ed a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto, rendendosi inoltre responsabile in solido con il concorrente nei confronti della stazione appaltante, in relazione alle prestazioni oggetto dell’appalto.
In particolare l’impresa ausiliaria si impegna a mettere a disposizione della avvalente, per tutta la durata dell’appalto, tutte le proprie risorse ed il proprio know how aziendale necessario a garantire l’esecuzione a regola d’arte dei lavori di pulizia presso le strutture oggetto dell’appalto per l’importo corrispondente a quello a cui si partecipa anche sotto il profilo della gestione economico/finanziaria degli stessi (a mero titolo esemplificativo e non esaustivo: procedure interne finalizzate a garantire, oltre a standard di qualità ed igiene adeguati, anche il corretto utilizzo delle risorse economiche/finanziarie dell’azienda; personale ed esperti addetti ad attività di controller e/o responsabili del controllo di gestione; strumenti tecnici e procedure di verifica dell’efficacia, dell’adeguatezza e dell’economicità dei servizi svolti e dell’impiego delle risorse economiche e finanziarie dell’impresa)”.
Ad avviso del Collegio l’oggetto del contratto, come sopra riprodotto, è sufficientemente dettagliato e idoneo ad individuare il requisito messo a disposizione della concorrente ausiliata, considerato anche che:
a) come recentemente affermato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con sentenza 4/11/2016, n. 23, è sufficiente ai fini della validità del contratto di avvalimento che l’oggetto sia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento (in termini anche Cons. Stato, Sez. V, 23/2/2017, n. 852);
b) nei casi, come quello di specie, in cui l’avvalimento ha per oggetto requisiti immateriali - quali l’iscrizione in un determinato registro o albo, il fatturato globale o specifico, l’esperienza tecnico professionale - la prestazione oggetto specifico dell'obbligazione è costituita non già dalla messa a disposizione da parte dell'impresa ausiliaria di strutture organizzative e mezzi materiali, ma dal suo impegno a garantire con le proprie complessive risorse economiche e di esperienza professionale, l'impresa ausiliata munendola, così, di quei requisiti che altrimenti non avrebbe e consentendole di accedere alla gara nel rispetto delle condizioni poste dal bando; in sostanza, ciò che l'impresa ausiliaria mette a disposizione dell'impresa ausiliata è il suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore, dei quali il fatturato e i servizi svolti costituiscono indici significativi.
Da quanto sopra esposto consegue che nella fattispecie non occorreva che la dichiarazione negoziale costitutiva dell'impegno contrattuale si riferisse a specifici beni patrimoniali o ad indici materiali atti ad esprimere una determinata consistenza patrimoniale e dunque alla messa a disposizione di beni da descrivere ed individuare con precisione, essendo sufficiente che da essa dichiarazione emergesse - così come in concreto avvenuto - l'impegno contrattuale della società ausiliaria a prestare ed a mettere a disposizione della concorrente ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria ed il suo patrimonio esperienziale, garantendo con essi una determinata affidabilità ed un concreto supplemento di responsabilità (Cons. Stato, Sez. V, 15/3/2016, n. 1032; Sez. III, 30/6/2016, n. 2952).
Per le medesime considerazioni svolte in sede di esame del primo motivo dell’appello incidentale, nessuna rilevanza può avere il fatto che la Gruppo SAM non potesse vantare specifiche esperienze nel settore del giardinaggio e della potatura.
Col quarto motivo il CNS lamenta che la mancata indicazione nel contratto di avvalimento degli specifici mezzi e risorse umane messi a disposizione della D.E.C.A. avrebbe dovuto avere riflessi negativi in sede di attribuzione del punteggio per l’offerta tecnica.
Infatti, in relazione ai criteri di valutazione di cui ai punti A.3., A.3.b e A.3.c l’appellante principale avrebbe conseguito un surplus di punti che non le sarebbero spettati in quanto attribuiti in considerazione della proposta di utilizzare, per l’esecuzione dell’appalto, un numero di maestranze e mezzi d’opera maggiore rispetto a quello indicato nel capitolato speciale, attrezzature specialistiche e tre tecnici agronomi, nonostante che il contratto di avvalimento non contempli un impegno a fornire personale e risorse materiali.
La doglianza è infondata.
Al riguardo è sufficiente rilevare che la D.E.C.A.:
a) non ha dichiarato in sede di gara di volersi avvalere della Gruppo SAM per sopperire alla carenza di personale e mezzi d’opera, ma unicamente per colmare la mancanza dei requisiti concernenti la prescritta iscrizione nel registro o albo delle imprese di cui all’art. 3 del D.M. 274/1997 e la richiesta capacità finanziaria e tecnico/professionale;
b) ha affermato, senza essere smentita, che per l’esecuzione dell’appalto aveva previsto esclusivamente l’utilizzo di personale e mezzi propri (memoria depositata in data 19/4/2016).
L’appello incidentale va, pertanto, respinto.
L’accoglimento dell’appello principale comporta la riforma dell’impugnata sentenza con conseguente annullamento dell’aggiudicazione della gara a favore del RTI CNS/CO.GE.I.
Va, altresì, dichiarata, in accoglimento della domanda all’uopo proposta dall’appellante principale, l’inefficacia del contratto stipulato con il suddetto RTI a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza, disponendo, inoltre, con la medesima decorrenza, il subentro nel rapporto della D.E.C.A..
Difatti:
a) il contratto - che risulta già stipulato come si ricava dalle non contestate affermazioni dell’appellante principale - ha una durata quadriennale, per cui una notevole parte del medesimo dev’essere ancora eseguita;
b) non sono stati evidenziati particolari ostacoli al subentro nel rapporto, né questi emergono aliunde, considerata anche la natura del servizio da svolgere.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
In considerazione della complessità e novità delle questioni affrontate le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, principale e incidentale come in epigrafe proposti cosi decide:
accoglie l’appello principale e, per l'effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento di aggiudicazione col medesimo impugnato;
respinge l’appello incidentale.
Dichiara, inoltre, l’inefficacia del contratto stipulato con il RTI CNS/CO.GE,I., a decorrere dalla data di pubblicazione della presente sentenza, disponendo, inoltre, con la medesima decorrenza, il subentro nel contratto dell’appellante principale.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2017 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore
[1] Corte di Giustizia U.E., VI, 10/11/2016, in C-140/16, C-697/15 e C-162/16
[2] Corte di Giustizia di cui alla sentenza della Sez. VI, 2/6/2016, in C–27/15