Consiglio di Stato, Sez. V, 14 marzo 2017 n. 1166

Nel caso di specie debbono trovare applicazione i principi di diritto enunciati da Cons. Stato, Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 9, nonché dall’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, VI, 10 novembre 2016, in causa C-162/16.

La prima ha chiarito che, alla luce della normativa dell’Unione Europea, per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del c.d. Codice degli appalti e delle concessioni (d.lgs 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

La seconda ha affermato, analogamente, che “ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice” (1).

(1) Conforme Ad. Plen. 20 maggio 2016, n. 9, Ad. Plen. 27 luglio 2016, n. 19; Corte di giustizia, Sez. Sesta, 2 giugno 2016, C-27/15; Corte di Giustizia, Sez. Sesta, 10 novembre 2016, C-162/16.

Guida alla lettura

 

La pronuncia in commento ha il merito di fare chiarezza sulla posizione giurisprudenziale, ormai consolidata sia in sede nazionale che europea, circa le conseguenze derivanti sull’offerente in caso di inadempimento dell’obbligo di indicazione dei costi di sicurezza aziendale laddove detto obbligo non risulti in maniera esplicita dai documenti di gara. La res litigiosa implica altresì la risoluzione di una problematica di diritto intertemporale, poiché trattandosi di una gara bandita anteriormente all’emanazione del nuovo Codice dei Contratti pubblici (D. Lgs. n. 50/2016), poteva porsi un dubbio in merito all’operatività dei principi espressi dalle sentenze ivi testualmente richiamate.

La questio facti concerne una procedura di gara indetta da un Comune per l’aggiudicazione dei lavori di realizzazione di un Centro Intermodale del medesimo ente. A seguito di accesso agli atti, una delle concorrenti rilevava che ben 60 imprese tra le 77 che avevano preso parte alla gara avevano presentato l’offerta economica senza indicare i costi per la sicurezza. Tale obbligo, tuttavia, non era espressamente previsto nel bando di gara.

Nell’apertura della parte motivazionale, la Quinta Sezione esamina, per evidenti ragioni di priorità logica, il secondo motivo di gravame in quanto attinente al merito della controversia.

In primis, si critica il passaggio motivazionale della decisione del Giudice territoriale, laddove, nell’accogliere il ricorso proposto, si è uniformata all’orientamento inizialmente espresso dalla Adunanza Plenaria (n. 3/2015) sulla questione. Nello specifico, in tale ultimo arresto si era ritenuto che nei confronti del partecipante che non avesse indicato nell'offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro e/o gli oneri di sicurezza aziendale si sarebbe dovuta disporre l'esclusione dalla procedura di affidamento di lavori, senza possibilità di soccorso istruttorio ed anche se l'indicazione non fosse prevista dal bando di gara (come nella fattispecie).

I Giudici d’appello non condividono l’esito del Tar, ritenendo invece validi ed operanti i principi di diritto espressi dai successivi pronunciamenti intervenuti sia a livello nazionale che europeo.

Quanto al primo, si fa presente che la Plenaria n. 9 del 2016 ha chiarito che, alla luce della normativa dell’Unione Europea, per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del “nuovo” Codice, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

Sulla stessa scia interpretativa si colloca anche l’opinione del Giudice sovranazionale (ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, VI, 10 novembre 2016, in causa C-162/16), il quale ha chiarito come sia ostativa all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico l’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro. Tale esito, prosegue la Corte, è altresì confortato dall’interpretazione dei comuni principi vigenti nelle procedure di evidenza pubblica: invero, sia la parità di trattamento che la proporzionalità vanno declinati nel senso di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere al detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice.

Applicando dunque queste coordinate ermeneutiche, il Collegio, nell’accogliere tale assorbente motivo d’appello, risolve anche la questione di diritto intertemporale: infatti, essendo al cospetto di una situazione simile a quella presa in considerazione dalle richiamate pronunce, sia per ragioni di fatto che per presupposti giuridici, si ritiene che le norme del “nuovo” Codice ben possono operare ratione temporis nel caso di specie.

Infine, quanto al primo motivo di gravame, concernente delle presunte inadempienze contrattuali pregresse addebitabili alla società appellata, la Quinta Sezione condivide la decisione di rigetto del Giudice di prime cure adito sul punto dall’aggiudicataria in sede di ricorso incidentale. Nel merito, infatti, non risulta fornito un adeguato riscontro di tali episodi, alla luce del materiale probatorio versato in atti. In ogni caso, il Collegio, oltre a reputare tale censura ininfluente, non può che respingerla in virtù dell’accoglimento del secondo ed assorbente motivo d’appello.

Da ultimo, si segnala che la pronuncia in esame si è sostanzialmente allineata anche alle preziose argomentazioni contenute nella successiva Adunanza Plenaria n. 19 del luglio 2016, la quale è intervenuta a mitigare il rigore applicativo del principio enunciato dalla precedente Plenaria n. 3. Sul punto, il Supremo organo della giustizia amministrativa ha infatti chiarito come l’automatismo dell’effetto escludente nei confronti del concorrente che non abbia specificato nell’offerta gli oneri di sicurezza, senza il previo esercizio del soccorso istruttorio, risulti sproporzionato e sostanzialmente iniquo, ponendosi “in contrasto con i principi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, nonché con quelli, che assumono particolare rilievo nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, di trasparenza, proporzionalità e par condicio”.

Si evince, dunque, l’esistenza di un dialogo ininterrotto e durevole tra il livello interno e quello sovranazionale, avente come obiettivo prioritario quello di preservare l’operatività di principi che nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica rappresentano un’autentica cartina di tornasole.

Pubblicato il 14/03/2017

N. 01166/2017REG.PROV.COLL.

N. 01675/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1675 del 2016, proposto da: 
Moderna Costruzioni 85 soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Castelli, con domicilio eletto presso lo studio Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104; 

contro

Andreoni s.r.l., in persona del legale rappresentantepro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Maria Lauro, Anna Ingianni, Cecilia Savona, Francesco Asciano, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Asciano in Roma, via G.Bazzoni, 4; 
Comune di Iglesias, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Elena Mameli, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Celani in Roma, viale Parioli, 180; 
Consorzio Consorzio Stabile Vitruvio s.c.a.r.l., non costituito in giudizio; 

per la riforma

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. SARDEGNA, SEZIONE I, n.1235/2015, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento in appalto dei lavori del centro intermodale di Iglesias


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Andreoni s.r.l. e del Comune di Iglesias;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Carlo Castelli, Francesco Asciano e Maria Elena Mameli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

L’odierna appellante Moderna Costruzioni 85 soc. coop. partecipava a una procedura di gara indetta dal Comune di Iglesias per l’aggiudicazione dei lavori di realizzazione del Centro Intermodale del Comune.

A seguito di accesso agli atti, la concorrente Andreoni s.r.l. rilevava che ben 60 imprese tra le 77 che avevano preso parte alla gara avevano presentato l’offerta economica senza indicare i costi per la sicurezza.

Proponeva quindi ricorso al Tribunale amministrativo della Sardegna avverso: 1) la determinazione n. 2236 del 18 settembre 2015, emessa dal Comune di Iglesias e recante l’approvazione del verbale di gara del 17 settembre 2015, con la quale era stata disposta l'aggiudicazione definitiva, a favore della controinteressata Moderna Costruzioni 85 soc.cop., dell'appalto dei lavori di realizzazione del centro intermodale di Iglesias; 2) la determinazione n. 1508 del 22 giugno 2015 di aggiudicazione provvisoria; 3) la determinazione n. 2036 del 20 agosto 2015 di conferma dell’aggiudicazione provvisoria;.

Articolava, avverso i suddetti atti, una serie di censure di legittimità così sintetizzabili: violazione e falsa applicazione degli artt. 86 comma 3, 87 comma 4, 46 commi 1 e 1-bisd.lgs. n. 163 del 2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008; violazione dell’art. 32 Cost.; difetto dei presupposti e incompletezza dell’offerta dell’aggiudicataria e della seconda classificata per non avere le stesse indicato, nella propria offerta economica, gli oneri di sicurezza aziendali.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

Si costituiva altresì la controinteressata Moderna Costruzioni 85 soc. coop., proponendo a sua volta ricorso incidentale con il quale si contestava la legittimità dell’ammissione alla gara della ditta ricorrente, deducendo che la stessa avrebbe commesso gravi errori nell’esercizio dell’attività professionale.

Questa, in particolare, avrebbe reso dichiarazioni non veritiere in sede di offerta, posto che, quantomeno in occasione di due differenti appalti pubblici, avrebbe commesso errori professionali gravi:

a) lavori di ristrutturazione dello Stadio di Is Arenas;

b) lavori di manutenzione straordinaria e risanamento conservativo del Palazzo Arcivescovile di Cagliari.

Alla camera di consiglio del 3 dicembre 2015 il ricorso, previo avviso alle parti, veniva trattenuto per la decisione in forma semplificata, resa con sentenza 22 dicembre 2015, n. 1235 che lo accoglieva, rigettando nel contempo il ricorso incidentale.

Avverso tale decisione la Moderna Costruzioni 85 soc.coop. proponeva appello, articolato nei seguenti motivi: 1) Violazione dell’art. 38, comma 1, lett. “F” (seconda parte) e dell’art. 38, comma 2 del d.lgs 163/ del 2006, nonché violazione dell’art. 75 d.lgs 445 del 2000; 2) Violazione degli artt. 87, comma 4 ed 86, comma 3-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, nonché dell’art. 26, comma 6, d.lgs. n. 81 del 2008, in combinato disposto con l’art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006.

Con ordinanza 21 luglio 2016, n. 3676, questa V Sezione del Consiglio di Stato sospendeva il giudizio in corso, in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (nel frattempo adita da altro Tribunale amministrativo) sulla questione oggetto di causa.

Successivamente alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 27 luglio 2016, n. 19, l’appellante presentava istanza di revoca del precedente provvedimento di sospensione del giudizio, essendo ormai stata risolta da quest’ultima la questione controversa.

Successivamente alla revoca veniva quindi fissata l’udienza di discussione nel merito al 9 febbraio 2017.

DIRITTO

L’appello è fondato.

Va innanzitutto, per priorità logica, vagliato il secondo motivo d’appello, attinente il merito della vicenda controversa.

La sentenza impugnata del Tribunale amministrativo della Sardegna ha accolto il ricorso principale della Andreoni s.r.l. sul presupposto che “la questione è stata oggetto di recente esame da parte della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che ha espresso un orientamento chiaro al quale questo Collegio si uniforma. Pertanto, a seguito della decisione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 20 marzo 2015 deve essere disposta l'esclusione dalla procedura di affidamento di lavori, senza possibilità di soccorso istruttorio, del partecipante che non abbia indicato nell'offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro e/o gli oneri di sicurezza aziendale, pure se l'indicazione non era prevista dal bando di gara”.

Nel caso di specie, l’obbligo non era espressamente previsto nel bando di gara.

L’interpretazione fornita dalla sentenza non è condivisibile. Debbono piuttosto trovare applicazione i principi di diritto enunciati da Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 9, nonché dall’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, VI, 10 novembre 2016, in causa C-162/16.

La prima ha chiarito che, alla luce della normativa dell’Unione Europea, per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del c.d. Codice degli appalti e delle concessioni (d.lgs 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

La seconda ha affermato, analogamente, che “ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Alla luce dei detti principi va quindi accolto il secondo ed assorbente motivo di appello, vertendosi in una situazione di fatto (e di presupposti giuridici, quanto a norme applicabili ratione temporis) simile a quella presa in considerazione dalle richiamate pronunce.

Per quanto concerne il primo motivo di gravame, corrispondente al ricorso incidentale a suo tempo proposto dalla Moderna Costruzioni 85 soc.coop. innanzi al primo giudice, quest’ultimo aveva così motivato la decisione di rigetto: “va precisato che ai sensi dell'art. 38 lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 non assume rilievo, ai fini della perdita della capacità di partecipare a pubbliche gare, ogni errore commesso nell'attività di impresa, ma solo quelli caratterizzati da gravità. … E’ vero quindi, sempre seguendo quella impostazione (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V 19 agosto 2015 n. 3950), che eventuali pregresse risoluzioni contrattuali possono essere rilevanti a prescindere dal fatto che la stazione appaltante sia la stessa presso la quale si svolge il procedimento di scelta del contraente od altra, giacché tale dichiarazione attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti dei partecipanti con la stazione appaltante. E’ altrettanto vero che nel caso qui esaminato alcuna dichiarazione doveva essere effettuata per la circostanza, molto semplicemente rilevabile, che non se ne sussistevano i presupposti in fatto”.

Alla luce delle premesse, effettivamente non viene chiarita la ragione per cui difetterebbero i presupposti in fatto dell’obbligo di segnalare, da parte dell’allora ricorrente Andreoni s.r.l. (così come di ogni altro partecipante alla gara), l’eventuale presenza di liti ancora in corso o già definite per supposte inadempienze contrattuali.

Certo non per totale mancanza di tali precedenti, com’è vero che la stessa Andreoni s.r.l. riconosce l’esistenza di almeno due episodi di tale natura, seppur negando che gli stressi siano in qualche modo attribuibili alla sua responsabilità.

La riproposizione della censura anche in appello appare quindi legittima. Nel merito, però, non risulta fornita di adeguato riscontro, alla luce del materiale probatorio versato in atti.

Emerge infatti che l’Andreoni s.r.l. avrebbe sin dall’inizio prodotto, tra i documenti di gara, anche una copia dell’annotazione operata sul casellario informatico a seguito di una segnalazione della Curia arcivescovile di Cagliari, per presunte inadempienze. Non viene però dimostrato che quanto prodotto dall’Andreoni, nel caso di specie, fosse obiettivamente inidoneo a consentire alla stazione appaltante una piena consapevolezza dei fatti, almeno nei tratti essenziali, se del caso anche ricorrendo a un’integrazione istruttoria.

Relativamente al secondo episodio contestato, infine, non è neppure chiarito chi, tra la stazione appaltante e l’aggiudicataria Andreoni, abbia realmente agito in risoluzione.

Il primo motivo d’appello, seppur di per sé ininfluente, alla luce dell’accoglimento del precedente, andrà dunque respinto.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,lo accoglie e, per l'effetto, in riforma dell’appellata sentenza, rigetta il ricorso a suo tempo proposto da Andreoni s.r.l.;condanna l’appellata Andreoni s.r.l. al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore dell’appellante, che liquida in € 2.000,00 (duemila/00).

Compensa interamente le spese tra le parti ed il Comune di Iglesias.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente

Claudio Contessa, Consigliere

Raffaele Prosperi, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore