Tar Campania, Napoli, 2 gennaio 2017, n. 10
1) L’esclusione per difetto dei requisiti morali ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett, c) del d.lgs. n. 50/2016, viene disposta dalla stazione appaltante qualora ci si trovi in presenza di determinate situazioni tassativamente indicate che, proprio in virtù della loro gravità e rilevanza, comportano l’obbligatoria ed immediata esclusione. La ratio della norma di cui all’art. 80 risiede appunto nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a contrarre con la p.a. per evitare, a tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale.
2) La nuova previsione dell’art. 80, comma 5, lett, c) del d.lgs. n. 50/2016, in linea con il contenuto dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006, non esclude in capo alla stazione appaltante un coefficiente di discrezionalità (cd. monobasica), il cui esercizio comporta la esatta riconduzione della fattispecie contemplata dalla norma a quella concretamente palesatasi in sede di gara. La discrezionalità della stazione appaltante, pertanto, attiene non alla individuazione delle fattispecie espulsive (di competenza del legislatore) bensì alla riconduzione della fattispecie concreta a quella stratta.
3) La sanzione irrogata dall’AGCM non può essere ricondotta alla norma di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, nella parte in cui discorre di “altre sanzioni” intese come conseguenze derivanti dalla violazione dei doveri professionali nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o concessione.
4) Il provvedimento di espulsione della stazione appaltante è illegittimo se fondato sulla mera irrogazione della sanzione e sulla esecutività della pronuncia del giudice amministrativo che ne ha verificato la legittimità, senza operare alcuna valutazione circa la effettiva incidenza del comportamento sanzionato sulla moralità professionale e, precisamente, per aver determinato significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione. L’espulsione è, dunque, illegittima se non è dato comprendere, dal suo tenore motivazionale, come la condotta dell’operatore economico sanzionata dall’Antitrust abbia inciso sulla moralità professionale nei termini stabiliti dall’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50/2016.
5) L’art. 80, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016 esclude ogni forma di espulsione derivante dalla perpetrazione delle condotte in grado di incidere sulla moralità professionale, contemplando, in maniera innovativa rispetto al codice previgente, un meccanismo riabilitativo (cd. self cleaning) in base al quale “un operatore economico o un sub appaltatore è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.
Guida alla lettura
La sentenza in commento esamina il caso della esclusione di una impresa da una gara d’appalto ex art. 80, comma 5, lett. c), dovuta all’irrogazione di una sanzione da parte dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato.
Il Tar Salerno premette che l’esclusione per difetto dei requisiti morali viene disposta solo nelle situazioni tassativamente indicate dall’art. 80, comma 5, lett. c), il cui scopo è quello di verificare l’affidabilità dell’operatore economico che andrà a contrarre con la Pubblica Amministrazione.
La citata norma, tuttavia, non esclude in capo alla stazione appaltante un coefficiente di discrezionalità cd. monobasica, in linea anche con quanto era previsto dall’art. 38 del d.lgs. 163/2006. Più precisamente, la stazione appaltante ha il compito di ricondurre la fattispecie palesatasi in sede di gara ad una delle fattispecie individuate dall’art. 80, comma 5, lett. c).
Ciò premesso, il Collegio ritiene che la sanzione irrogata dall’AGCM non possa essere ricondotta alla citata norma nella parte in cui discorre di “altre sanzioni” derivanti da carenze nell’esecuzione di un precedente contratto.
Nel caso in esame si configura, infatti, la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione previste dall’art. 80 comma 5, lett. c): il Collegio, infatti, ritiene che la dicitura ampia e generica della norma non consente di includere comportamenti lesivi della concorrenza. Ciò anche in ragione della mancata riproduzione nell’ordinamento nazionale della direttiva CE n. 24/2014, relativa agli accordi anticoncorrenziali.
Il Tar, inoltre, ha ritenuto fondato quanto dedotto dalla ricorrente in merito alla mancata valutazione, da parte della stazione appaltante, della incidenza della sanzione sulla moralità professionale dell’impresa.
L’atto impugnato, prosegue la sentenza in commento, è illegittimo perché non è dato comprendere come la condotta dell’operatore economico sanzionata dall’Antitrust abbia esattamente inciso sulla moralità professionale nei termini stabiliti dal codice degli appalti.
L’esercizio di tale potere discrezionale si riflette anche sull’onere motivazionale in capo alla stazione appaltante alla quale si impone una accurata e puntuale motivazione circa l’effettiva incidenza della sanzione sulla moralità professionale dell’impresa.
A confermare la mancanza di ogni forma di automatismo in sede di esclusione, vi è anche l’introduzione del nuovo meccanismo riabilitativo del cd. “self cleaning” previsto dall’art. 80, comma 7 del d.lgs. n. 50/2016.
Esso prevede che l’operatore economico (e il subappaltatore) che ricada in una delle cause di esclusione dovuta a gravi illeciti professionali, è ammesso a provare di aver risarcito, o di essersi impegnato a risarcire, qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale, idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.
Un nuovo strumento, dunque, che consente all’operatore economico di dimostrare la sua affidabilità professionale nonostante un motivo di esclusione.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1989 del 2016, proposto da:
C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Societa' Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Aristide Police C.F. PLCRTD68E10F839F, Gennaro Rocco Notarnicola C.F. NTRGNR60P06F915H e Fabio Cintioli C.F. CNTFBA62M23F158G, con domicilio eletto in Salerno, L. Dogana Regia, n.15 c/o Brancaccio;
contro
Azienda Ospedaliera Universitaria "Ospedali Riuniti San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona", in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
nei confronti di
Dussmann Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento di esclusione adottato nel corso della seduta di gara del 20 ottobre 2016 dalla Commissione preposta alla valutazione delle offerte per la procedura ristretta inerente l'affidamento del servizio di pulizia e sanificazione dei presidi ospedalieri dell'Azienda Ospedaliera Universitaria "Ospedali riuniti San Giovanni di Dío e Ruggi di Aragona" per due anni con opzione di rinnovo per un'ulteriore annualità, nonché di tutti gli atti al predetto comunque connessi ed, in particolare, se ed in quanto lesivi, la nota prot. n. 22780 ciel 26.10.2016 del RUP, il verbale di gara de] 23.6.2016, la deliberazione del Commissario Straordinario n. 257 del 30.6.2016, la determinazione del RUP n. 265/2016 del 12.8.2016, la nota dello stesso RUP 12.8.2016 prot. n. 17578, nonché ogni altro atto conseguenziale, manche non conosciuto, successivamente adottato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2016 il dott. Giovanni Sabbato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato il 21/11/16 e ritualmente depositato il 3 dicembre successivo, il C.N.S. Consorzio Nazionale Servizi Societa' Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso come in atti, impugna il provvedimento di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento.
Premette quanto segue:
- con deliberazione n. 56 del 25.1.2016 del Commissario Straordinario, l'Azienda Ospedaliera Universitaria "Ospedali riuniti San Giovanni di Dio e Ruggi di Aragona", successivamente integrata con quella n. 92 del 13.4.2016 adottata dal medesimo Commissario, veniva indetta procedura ristretta, ai sensi dell'art. 61 del d.lgs. n. 50/2016, per l'affidamento del servizio di pulizia e sanificazione dei PP.00. di questa A.O.U. per un periodo di due anni con opzione di rinnovo per un'ulteriore annualità ed un valore complessivo di € 10.803.245,77 oltre Iva;
- entro il termine perentorio per la presentazione delle domande di partecipazione, fissato per il giorno 14.6.2016, ne pervenivano complessivamente ventiquattro, compresa quella dell'odierno deducente, che veniva ammesso con riserva, in considerazione del provvedimento sanzionatorio dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n.25802 del 22.12.2015 per la realizzazione di una presunta un'intesa restrittiva della concorrenza in occasione di una gara Consip risalente al 2012;
- con nota dell'11.7.2016, vista la richiamata determinazione n. 265/2016, il CNS forniva chiarimenti in ordine al predetto provvedimento AGCM, rappresentando che lo stesso era stato tempestivamente impugnato dinanzi al TAR Lazio;
- con determinazione n. 265 del 12.8.2016, il RUP disponeva l’ammissione con riserva (anche) con riferimento al CNS, ponendo a carico dello stesso l'obbligo di presentare, entro la prima seduta pubblica, documentazione comprovante la cessazione della situazione ritenuta ostativa alla partecipazione alla gara;
- con lettera 26.8.2016 prot. 281 6/ 18079, l'Azienda invitava gli operatori economici ammessi a presentare offerta, fissando la prima seduta pubblica per il 20.10.2016;
- in tale seduta la Commissione procedeva all'apertura della busta contenente la documentazione amministrativa del CNS, rilevando che all'interno della stessa quest'ultimo aveva inserito apposita nota "informativa", con cui precisava che "con sentenza n. 10303 del 14.10.2016 il TAR Lazio ha parzialmente accolto il ricorso proposto dall'operatore economico" e "che, in ogni caso, la sentenza del TAR Lazio n. 10303/2016 del 14.10.2016 non è ancora passata in giudicato ed il CNS Consorzio Nazionale Servizi s.c.a.r.l. intende proporre appello per ottenere la riforma della predetta sentenza anche nella parte a sé sfavorevole";
- nel corso della stessa seduta, come si rileva dal verbale, "il Presidente, avuta la disponibilità della già citata sentenza n. 10303/2016, dà lettura del disposto della stessa dando atto e facendo constare che il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato nella sola parte che irroga la sanzione nei confronti del consorzio ricorrente, rinviando all'Autorità per la nuova, concreta quantificazione di essa alla luce delle indicazioni di cui alla parte motiva'.
- nella stessa seduta, la Commissione ha quindi disposto l'esclusione dalla gara in parola del Consorzio odierno deducente.
Avverso tale atto escludente, il Consorzio solleva le censure così rubricate:
I. Violazione dell'art. 97 Cost. Violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016. Violazione dell'art. 3, I. n. 241/1990 e s.m.i. Violazione dei principi di buon andamento, ragionevolezza, logicità e proporzionalità dell'attività amministrativa. Violazione dei principi di tassatività delle cause di esclusione e del favor partecipationis. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di adeguata istruttoria, carente motivazione, illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto l’atto non sarebbe suffragato dalla previsione normativa di cui al citato art. 80, nemmeno richiamato dalla Stazione appaltante; inoltre la fattispecie espulsiva, se ritenuta sussistente, non potrebbe operare automaticamente;
II. Violazione dell'art. 97 Cost. Violazione dell'art. 80, comma 5, lett. c), (1.1gs. n. 50/2016 in relazione all'art. 57, par. 7, direttiva 2014 n. 24. Violazione dell'art. 3, 241/1990 e s.m.i. Violazione dei principi di buon andamento, ragionevolezza, logicità e proporzionalità dell'attività amministrativa. Violazione dei principi di tassatività delle cause di esclusione e del favor partecipationís. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di adeguata istruttoria, carente motivazione ed illogicità, essendo decorso il triennio, normativamente previsto, di durata massima di rilevanza delle cause di esclusione dalla commissione del fatto.
Conclude per l’annullamento, previa sospensiva, degli atti impugnati.
Alla camera di consiglio del 19 dicembre 2016, il ricorso è trattenuto in decisione semplificata, ricorrendo i presupposti di legge.
Il ricorso è fondato.
Giova premettere che la vicenda di causa, come traspare dalle stesse articolazioni difensive contenute in ricorso, è senz’altro attratta alla disciplina di cui al nuovo Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), trattandosi di procedura ristretta indetta con deliberazione del 25.1.2016 con bando di prequalificazione pubblicato (sulla G.U.U.E. del 3.5.2016 e sulla G.U.R.I. n. 51 del 6.5.2016) successivamente al discrimine temporale stabilito dalla disposizione transitoria di cui all’art. 216 (“Fatto salvo quanto previsto nel presente articolo ovvero nelle singole disposizioni di cui al presente codice, lo stesso si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data (19.4.2016, nde) della sua entrata in vigore nonchè, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”).
Occorre quindi verificare se la fattispecie applicata, a prescindere dal mancato richiamo testuale della norma ad opera della SA, sia effettivamente riconducibile al ventaglio di ipotesi espulsive quivi contemplato, segnatamente, dal comma 5, lett. c), che così statuisce: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni…c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si e' reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrita' o affidabilita'. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”. La questione agitata in ricorso involge il tema, dal rilevante spessore ermeneutico, dei requisiti morali di partecipazione ad una gara d’appalto, che, pur caratterizzato da una disciplina normativa che detta ipotesi tassative (T.A.R. Latina Lazio, sez. I, 23 dicembre 2013, n. 1058) non è del tutto scevra, come meglio si dirà, da profili di discrezionalità ascrivibili alle stazioni appaltanti. L’esclusione per difetto dei requisiti morali viene disposta ove ci si trovi in presenza di determinate situazioni tassativamente indicate, che proprio in virtù della loro gravità e rilevanza comportano l’obbligatoria ed immediata esclusione. La ratio della norma di cui all’art. 80 risiede appunto nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a contrarre con la p.a. per evitare, a tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale. L’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 ripropone il contenuto dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2016, apportando però significative modifiche al testo originario anche per quanto attiene al più specifico ambito dei comportamenti incidenti sulla moralità professionale delle imprese concorrenti, in quanto l’art. 38 presentava la seguente diversa formulazione: “…secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”. La diversità del tratto testuale della norma oggi vigente, come dianzi riprodotto, non è tale da escludere una precisa linea di continuità tra le due previsioni, atteso che persiste in capo alla Stazione appaltante un coefficiente di discrezionalità (cosiddetta monobasica), il cui esercizio comporta la esatta riconduzione della fattispecie astratta contemplata dalla norma (grave illecito professionale) a quella concretamente palesatasi nella singola gara. Il quadro normativo che connota l’ampia tematica dei requisiti di ordine generale è storicamente caratterizzato da profili di discrezionalità delle stazioni appaltanti, ancorché collocati nella fase nevralgica delle ammissioni/esclusioni dalla gara, che affondano le loro radici nella stessa disciplina comunitaria, anch’essa incline a configurare, sia pure entro certi limiti, diaframmi di discrezionalità in capo alle amministrazioni giudicatrici, segnatamente nelle ipotesi di cosiddetta esclusione discrezionale dalla gara. Il conferimento alle stazioni appaltanti di un diaframma di discrezionalità in sede applicativa affiora, pur in mancanza di una formulazione della norma di segno univoco come quella contenuta nel previgente Codice Appalti (laddove si discorreva di “motivata valutazione”), da quanto statuito a proposito della consacrata necessità di dare “dimostrazione con mezzi adeguati” della sussistenza della fattispecie espulsiva, nonché dall’uso di locuzione generiche (“dubbia”, “gravi”) e dalla omessa precisa elencazione di ipotesi escludenti, che il legislatore infatti si limita ad individuare a fini meramente esemplificativi. Va tuttavia ribadito che spiragli di discrezionalità in favore delle stazioni appaltanti attengono non alla individuazione delle fattispecie espulsive – che senz’altro compete al legislatore, in materia di requisiti generali, secondo una elencazione da considerare tassativa – bensì alla riconduzione della fattispecie concreta a quella astratta, siccome descritta genericamente mediante l’uso di concetti giuridici indeterminati (peculiarità compendiata nel suddetto sintagma, di conio dottrinale, della discrezionalità monobasica).
Fatta questa necessaria premessa al fine di lumeggiare il peculiare contesto normativo nel quale si colloca la vicenda in esame, va esaminato il primo motivo di ricorso, nel quale parte ricorrente articola le proprie deduzioni secondo una triplice linea argomentativa: la insussistenza di alcuna delle ipotesi contemplate dal ridetto art. 80; la pretesa irrilevanza della sanzione irrogata dall’AGCM perché non contenuta in una decisione definitiva, stante la appellabilità della sentenza del Tar Lazio (n. 10303/2016) che l’ha confermata (peraltro solo nell’an); il mancato espletamento della discrezionalità riservata alla Stazione appaltante, avendo questa attribuito alla sanzione una efficacia espulsiva automatica.
Osserva il Collegio, in primo luogo, che la sanzione irrogata dall’AGCM non può essere astrattamente ricondotta alla norma di cui all’art. 80 laddove discorre di “altre sanzioni” tra le conseguenze che possono derivare dalla violazione dei doveri professionali e segnatamente dalle “significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”. Come precisato nel parere (n. 2286/2016 in data 3 novembre 2016) reso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato (in relazione alle redigende Linee guida ANAC “indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice”) <<possono essere considerate come “altre sanzioni”, l’incameramento delle garanzie di esecuzione o l’applicazione di penali, fermo che la sola applicazione di una clausola penale non è di per sé sintomo di grave illecito professionale, specie nel caso di applicazione di penali in misura modesta >>. Lo stesso Massimo Consesso di GA, nel medesimo parere reso sulla proposta di linee guida dell’ANAC dal Consiglio di Stato in sede consultiva nella nuova disciplina, ha evidenziato che la previsione di cui all’art. 80 ha una portata molto più ampia, in quanto, da un lato, non si opera alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante, e, dall’altro lato, non si fa riferimento solo alla negligenza o errore professionale, ma, più in generale, all’illecito professionale, che abbraccia molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, e include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, come si riteneva nella disciplina previgente, ma anche in fase di gara (le false informazioni, l’omissione di informazioni, il tentativo di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante). In tale ventaglio di ipotesi non possono tuttavia rientrare, a parere del Collegio, anche i comportamenti anti-concorrenziali, in quanto di per sé estranei al novero delle fattispecie ritenute rilevanti dal legislatore, in attuazione peraltro di una precisa scelta, se si pensi che non sono state riprodotte, nell’àmbito del vigente ordinamento nazionale, le ipotesi di cui alla lett. d) della direttiva 2014/24, relativa agli accordi intesi a falsare la concorrenza. La norma non si presta ad una interpretazione estensiva o analogica, in quanto risulterebbe in contrasto con le esigenze di favor partecipationis che ispirano l’ordinamento in subiecta materia. Ritiene il Collegio che l’ampia e generica dicitura della norma non consente di includere nello spettro applicativo della stessa anche il provvedimento sanzionatorio posto a base dell’avversata determinazione, avendo il legislatore ricollegato le “altre sanzioni” a comportamenti inadempienti che alcuna attinenza hanno con quelli lesivi della concorrenza. L’irrogazione di una sanzione da parte dell’Authorithy Antitrust non può quindi consolidare alcuna fattispecie escludente di conio normativo e pertanto si configura la lamentata violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione.
Va altresì rilevata la fondatezza di quanto ulteriormente dedotto a proposito della obliterazione del diaframma discrezionale, il cui esercizio, che si riflette sul piano redazionale provocando un appesantimento dell’onere motivazionale, si impone alle stazioni appaltanti; esso invero fa da contraltare alla possibile rilevanza anche di decisioni non ancora definitive. Viene quindi conclusivamente in evidenza, sul piano patologico, che la Stazione appaltante ha fondato la determinazione espulsiva sulla mera irrogazione della sanzione e sulla esecutività della pronuncia del giudice amministrativo che ne ha verificato la legittimità, senza operare alcuna valutazione circa la effettiva incidenza del comportamento sanzionato sulla moralità professionale e precisamente per aver determinato “significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”. L’atto impugnato risulta quindi illegittimo in quanto non è dato comprendere, alla luce del tenore motivazionale dell’atto, come la condotta dell’operatore economico sanzionata dall’Antitrust abbia esattamente inciso sulla moralità professionale nei termini stabiliti dalla norma di riferimento del Codice degli appalti.
Per giunta, come ulteriormente articolato in ricorso, palesandosi così anche sotto tal profilo la fondatezza del gravame, il disegno normativo che è dato cogliere dalla lettura dell’art. 80 del nuovo plesso normativo sembra escludere, in termini tendenziali, ogni forma di automatismo escludente derivante dalla perpetrazione delle condotte in grado di incidere sulla moralità professionale, contemplando, in maniera innovativa rispetto al codice previgente, un meccanismo per così dire riabilitativo (cosiddetto self cleaning), in base al quale “Un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a 18 mesi ovvero abbia riconosciuto l'attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, e' ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”. Tale disposizione, richiamando le ipotesi di cui al comma 5, comprende anche la fattispecie in esame, con la conseguenza che l’esclusione può essere disposta soltanto dopo che sia stata data all’operatore economico la possibilità di dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione. La illegittimità dell’atto impugnato si palesa quindi anche sotto tale distinto e concorrente profilo.
Tanto è sufficiente, ritenuta assorbita ogni altra censura, per l’accoglimento del gravame, di tal che dell’atto impugnato occorre disporre l’annullamento, con conseguente obbligo della Stazione appaltante di riammettere la ditta ricorrente alla gara.
Le spese seguono la soccombenza nei riguardi della Stazione appaltante e si liquidano in dispositivo. Rifusione ex lege del contributo unificato, se versato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1989/2016, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento di esclusione impugnato.
Condanna l’Azienda Ospedaliera Universitaria "Ospedali Riuniti San Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona" al rimborso, in favore del ricorrente, delle spese di lite, che liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre IVA, CPA e spese generali, come per legge, nonché contributo unificato se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giovanni Sabbato, Presidente FF, Estensore
Ezio Fedullo, Consigliere
Paolo Severini, Consigliere