T.R.G.A. Bolzano, sez. I, 20 dicembre 2016, n. 354
1. E' illegittima la clausola del bando di gara che impone alle imprese cooptate di partecipare alla gara nel rispetto delle modalità richieste alle imprese che compongono il raggruppamento, cioè richiede a dette imprese di presentare e sottoscrivere tutta la documentazione amministrativa, quella a corredo e quella relativa ai requisiti generali, al pari delle imprese che formano il raggruppamento, con la sola eventuale eccezione dell'intestazione della cauzione, costringendo le imprese cooptate a rivestire la parte di offerente, assumendo la veste di partecipanti del raggruppamento temporaneo (1).
2. La singola impresa in associazione – sia essa mandante o mandataria, sia che il raggruppamento sia già costituito al momento dell'offerta o debba costituirsi all'esito dell'aggiudicazione – può legittimamente impugnare gli atti di gara a titolo individuale, essendo ormai pacifico che ciascun componete di un raggruppamento temporaneo che abbia partecipato alla gara può impugnare gli atti della procedura, essendo la singola impresa titolare, in corso di gara di una posizione di interesse legittimo al regolare svolgimento della procedura, che può tutelare in caso di inerzia delle altre imprese associate a proporre congiunta impugnativa (2). Tuttavia in assenza di mandato collettivo speciale con rappresentanza, anche processuale, conferito alla mandataria, la dizione “e nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese” non vale ad attribuire la legittimazione processuale anche alle imprese mandanti, non essendo idonea a estendere la rappresentanza processuale (3).
3. Le spese di partecipazione alla gara pubblica non sono risarcibili a favore dell'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto o anche solo la perdita di chances di aggiudicarselo in quanto la partecipazione alle gare d'appalto comporta per i partecipanti dei costi che ordinariamente restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione che in caso di mancata aggiudicazione (4)
4. Il soccorso istruttorio c.d. rinforzato, di cui all'art. 46 comma 1 ter del d.lgs. n. 163/2006 deve intendersi limitato alla fase dichiarativa dei requisiti in vista dell'ammissione alla gara, e non già esteso alla fase successiva del controllo sul possesso dei requisiti autocertificati, fase in cui assume rilievo preminente il generale principio di autoresponsabilità del dichiarante (5).
- Conforme: Consiglio di Stato, sez. V, 14.4.2016, n. 1492; Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia,23.8.2016, n. 274; AVCP 10.10.2012 n. 4;
- Conforme: Consiglio di Stato, sez. V, 5.5.2016, n. 1822, Consiglio di Stato, sez. VI, 10.5.2013, n. 2563; Consiglio di Stato, sez. VI, 8.2.2013, n. 714;
- Conforme: Consiglio di Stato, sez. III, 14.1.2014, n. 102;
- Conforme: Consiglio di Stato, sez. IV, 14.3.2016, n. 992; Consiglio di Stato, sez. IV, 17.2.2014, n. 744; Consiglio di Stato, sez. III, 10.4.2015, n.1839;
- Conforme: Consiglio di Stato, sez. III, 24.11.2016, n. 4931; Consiglio di Stato, sez. V, 15.2.2016, n. 627;
Guida alla lettura
La cooptazione è un istituto di carattere speciale disciplinato dall'art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207 del 2010, consente agli operatori economici già qualificati nel settore dei lavori pubblici di partecipare alla fase esecutiva di un appalto e maturare capacità tecniche in categorie di lavori diverse rispetto a quelle già possedute, a condizione che l'ammontare complessivo dei lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati (d.P.R. n. 207/2010, art. 92, comma 5).
L'istituto ha carattere eccezione e derogatorio, non essendo richiesto alle imprese cooptate – non definite dal legislatore “concorrenti” in ragione del ruolo meramente esecutivo del soggetto cooptato - di possedere tutti i requisiti generali di cui all’articolo 38 dell'abrogato Codice.
Secondo i giudici bolzanini l'idoneità complessiva del concorrente è infatti garantita dal possesso dei requisiti generali e speciali da parte delle impresse singole o associate cooptanti, idoneità a cui , secondo la previsione legislativa “viene aggiunto un quid pluris, rappresentato dalla potenzialità, anche minime o eterogenee delle imprese minori cooptate, che comunque non può che aumentare la potenzialità complessiva del soggetto partecipante”.
Nel caso in esame, concernente una procedura di aggiudicazione di un lotto di lavori per la realizzazione di un'infrastruttura strategica, il bando di gara imponeva alle imprese cooptate di dimostrare l'esistenza dei requisiti generali, ingenerando così confusione tra la figura dell'impresa cooptata e quella dell'impresa mandante di un raggruppamento temporaneo.
L'obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti generali, non può, secondo il Collegio, essere legittimamente esteso dal bando anche alle imprese cooptate, frustrando così la ratio dell'istituto previsto dal comma 5 dell'art. 92 del D.P.R. 207/2000.
I giudici amministrativi hanno pertanto - rigettate la quasi totalità delle eccezioni preliminari sollevate dalle Controparti relative alla legittimazione processuale e la sussistenza, quantomeno ai fini risarcitori, dell'interesse ad agire dell'impresa ricorrente - accolto il ricorso. In particolare il T.R.G.A. ha dichiarato, ai sensi dell'art. 34, comma 3 c.p.a., illegittima la clausola del bando integrale di gara che imponeva alle imprese cooptate di partecipare ala gara nel rispetto delle stesse modalità chieste alle imprese mandanti che compongono il raggruppamento temporaneo, costringendole quindi a far parte del raggruppamento ed a qualificarsi come offerenti, prima, e concorrenti, poi. Tale clausola è stata infatti ritenuta contrastante con l’art. 92, co. 5 del D.P.R. 207/2010 e con il carattere e la disciplina dell’istituto della cooptazione come inteso dalla giurisprudenza prevalente.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 150 del 2016, proposto da:
Cooperativa Muratori & Cementisti - C.M.C., in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., in proprio e nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Toto Spa Costruzioni Generali, Metrostav A.S. e BeMo Tunnelling GmbH, rappresentata e difesa dagli avvocati Aristide Police (C.F. PLCRTD68E10F839F), Angelo Clarizia (C.F. CLRNGL48P06H703Z) e Manuel Moling (C.F. MLNMNL82L29B220T), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Bolzano, via Alto Adige, n. 19;
contro
Galleria di Base del Brennero - Brenner Basistunnel BBT SE, in persona degli amministratori delegati e legali rappresentanti p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Carbone (C.F. CRBPLA53C31F104B) e Giandomenico Pittelli (C.F. PTTGDM73C09G478S), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Bolzano, via Duca d'Aosta, n. 100;
nei confronti di
Astaldi Spa, in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante p.t., in proprio e nella qualità di mandataria del RTI costituito con le imprese Ghella Spa, Oberosler Cav. Pietro, PAC Spa e Cogeis Spa, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Brunetti (C.F. BRNFPP69C24F839S) e Francesco Scanzano (C.F. SCNFNC60C05F839M), con domicilio eletto presso lo Studio legale associato Brandstätter in Bolzano, via Dr. Streiter, n. 12;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
Con il ricorso principale:
1) del provvedimento di aggiudicazione definitiva dell'appalto per la realizzazione del lotto di costruzione “Mules 2-3” del versante italiano della Galleria di Base del Brennero del 13 maggio 2016, prot. n. ZI 02761I, comunicato con nota in pari data prot. ZI.28127A (e di questa stessa ultima nota);
oltre ad ogni atto presupposto tra cui, ove occorra, ed in parte qua, nei limiti di cui ai motivi che seguono:
2) del punto 4.5, ultimo capoverso e del punto 5.3, n. 1.4, lett. c), del bando integrale di gara;
3) dei verbali n. 1 del 26.11.2015 e n. 3 del 16.12.2015, di ammissione del r.t.i. Astaldi alla procedura di gara;
4) dei verbali della Commissione giudicatrice del 6 aprile, del 19 aprile e del 4 magio 2016, nn. 14, 15 e 16, relativi alla verifica dell'anomalia dell'offerta del r.t.i. Astaldi;
e di ogni altro atto consequenziale e connesso.
Con il ricorso incidentale depositato il 30.6.2016:
1) dei provvedimenti della commissione giudicatrice e dei relativi verbali recanti valutazione dell’offerta tecnica del r.t.i. CMC ed ammissione alla gara della stessa;
2) dei provvedimenti della commissione giudicatrice e dei relativi verbali, e in particolare del verbale n. 12, nel quale sono state esplicitate le valutazioni svolte in relazione alla conformità delle offerte dei concorrenti alle linee guida di cui al punto 8.2. del bando integrale di gara, nella parte in cui omettono di rilevare che l’offerta CMC doveva essere esclusa, inter alia, in quanto - in violazione della disciplina di gara - propone varianti strutturali dell’opera in gara in violazione delle linee guida di cui al punto 8.2. predetto;
3) dei provvedimenti e verbali della commissione giudicatrice (in particolare verbali n. 3 del 16.12.2015 e n. 4 del 13.01.2016), nella parte in cui non dispongono l’esclusione del costituendo r.t.i. CMC per omessa comprova documentale dei requisiti di capacità oggetto di autocertificazione e/o per violazione del termine perentorio di produzione della documentazione a comprova, di cui all’art. 48, comma 1, d.lgs 163/2006 e ammettono il r.t.i. CMC alla produzione tardiva dei documenti a comprova dei requisiti di capacità, già richiesti ai sensi dell’art. 48, comma 1, d.lgs 163/2016 in data 4.12.2015;
4) della nota BBT, prot. ZI.27048AA MaAr/MaAr del 17.12.2015, di richiesta di idonea dimostrazione documentale di quanto meramente dichiarato in riscontro alla richiesta di comprova requisiti ex art. 48, comma 1, d.lgs 163/2006 del 4.12.2015;
5) dei provvedimenti e verbali della commissione giudicatrice (in particolare verbali n. 3 del 16.12.2015 e n. 4 del 13.01.2016), nella parte in cui ritengono la documentazione complessivamente prodotta da Metrostav e BeMo Tunnelling idonea a comprovare l’effettivo possesso dei requisiti richiesti dall’art. 79 e seguenti del DPR 207/2010 per il rilascio di attestazione SOA per tutte le categorie e classifiche richieste dal bando (Metrostav) e per la categoria OG4 - class. VIII (BeMo);
e di ogni altro atto ai suddetti comunque, collegato, presupposto, conseguenziale e/o connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Galleria di Base del Brennero - Brenner Basistunnel BBT SE e di Astaldi Spa;
Visto il ricorso incidentale depositato il 30 giugno 2016;
Visto l’atto contenente motivi integrativi al ricorso incidentale depositato il 15 luglio 2016;
Vista l’ordinanza cautelare n. 101/16, depositata il 20 luglio 2016;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, c.p.a.;
Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2016 la consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con bando di gara pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 4 agosto 2015 la Galleria di Base del Brennero - Brenner Basistunnel BBT - SE (di seguito solo BBT) indiceva una procedura aperta per l’affidamento in appalto dei lavori per la realizzazione del lotto di costruzione “Mules 2-3” della Galleria di Base del Brennero, che costituisce la parte principale del versante italiano dei lavori di costruzione della Galleria.
Il bando prevedeva che l’affidamento avvenisse con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli att. 81, comma 1, e 83 del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, da valutarsi in base ai criteri e sub - criteri di valutazione indicati nel punto 6. del bando. La descrizione e la durata delle prestazioni erano indicate al punto 3.1. del bando. L’importo complessivo a base d’asta - indicato al punto 3.2. del bando - era fissato in Euro 1.373.077.447,44, comprensivo di oneri per la sicurezza e al netto dell’IVA (doc. 1 della ricorrente principale).
Durante il decorso del termine per la presentazione delle offerte - fissato per il 26 novembre 2015 - i concorrenti ponevano 44 quesiti in merito al bando di gara e ai documenti tecnici allegati, ai quali la stazione appaltante rispondeva, secondo le modalità indicate nel bando.
Nel termine assegnato dal bando sei raggruppamenti di imprese presentavano un’offerta, tra cui quello costituendo tra la ricorrente Cooperativa Muratori & Cementisti - CMC (di seguito solo CMC - mandataria) e la Toto Spa Costruzioni Generali (mandante), Metrostav A.S. (mandante) e BeMo Tunnelling GmbH (mandante) e quello costituito tra Astaldi Spa (mandataria), Ghella Spa (mandante), Oberosler Cav. Pietro Srl (mandante), Cogis Spa (mandante cooptata) e PAC Spa (mandante cooptata) (doc.2 della ricorrente principale).
Nella prima seduta pubblica del 26 novembre 2015 la Commissione giudicatrice, verificata l’integrità dei plichi e la presenza di tutta la documentazione amministrativa prescritta, ammetteva alle successive fasi di gara tutti i concorrenti. Nella medesima seduta, la Commissione procedeva al sorteggio, ex art. 48 del D. Lgs. n. 163 del 2006, per individuare il concorrente tenuto a comprovare, entro dieci giorni dalla richiesta, il possesso dei requisiti speciali richiesti dal punto 5.3. del bando, all’esito del quale veniva individuato il costituendo raggruppamento ricorrente (doc. n. 2 della ricorrente principale).
Nella seduta del 16 dicembre 2015 la Commissione confermava l’ammissione di tutti i concorrenti, deliberando di chiedere chiarimenti su parte della documentazione presentata dal costituendo raggruppamento CMC, con riferimento alla mandante Metrostav. Nella successiva seduta del 13 gennaio 2016 la Commissione accertava il possesso in capo alla citata impresa Metrostav dei requisiti richiesti dal bando (doc.ti 4 e 5 della ricorrente principale).
Nelle sedute del 14 gennaio 2016, 27 gennaio 2016, 28 gennaio 2016, 9 febbraio 2016, 10 febbraio 2016, 23 febbraio 2016, 24 febbraio 2016 e 9 marzo 2016 la Commissione procedeva all’esame delle offerte tecniche, all’esito del quale il raggruppamento Astaldi conseguiva 50,62 punti e il raggruppamento CMC 42,46 punti (doc.ti da 6 a 13 della ricorrente principale).
Nel pomeriggio del 9 marzo 2016 si svolgeva anche la seduta pubblica, nella quale la Commissione procedeva all’apertura delle offerte economiche e di quelle temporali, dando lettura delle relative proposte. Quindi, in seduta riservata, la Commissione procedeva all’attribuzione dei punteggi relativi alle offerte economiche e temporali e, successivamente, al calcolo del punteggio complessivo, redigendo una graduatoria provvisoria. Al primo posto in graduatoria si collocava il raggruppamento Astaldi, ottenendo complessivi 99,62 punti (di cui 50,62 punti per l’offerta tecnica, 9 punti per l’offerta temporale e 40 punti per l’offerta economica), mentre al secondo posto si collocava il ricorrente raggruppamento CMC, con complessivi 87,06 punti (di cui 42,46 punti per l’offerta tecnica, 9 punti per l’offerta temporale e 35,60 punti per l’offerta economica).
La Commissione decideva di assoggettare a verifica di anomalia l’offerta del raggruppamento Astaldi “considerata la rilevanza economica dell’appalto e l’offerta economica e temporale presentata dal concorrente risultato primo in graduatoria” (doc. 14 della ricorrente principale).
Nella riunione del 6 aprile 2016 la Commissione avviava l’esame della documentazione presentata dal raggruppamento Astaldi a giustificazione dell’offerta e, nella successiva riunione del 19 aprile 2016, decideva di chiedere ulteriori chiarimenti (doc.ti 15 e 16 della ricorrente principale).
Nella seduta del 4 maggio 2016, alla luce della documentazione prodotta, la Commissione riteneva congrua l’offerta presentata dal raggruppamento Astaldi (doc. 17 della ricorrente principale).
Infine, nella seduta pubblica dell’11 maggio 2016, la Commissione aggiudicava, in via provvisoria, l’appalto al raggruppamento Astaldi (doc. 18 della ricorrente principale).
Con nota del 13 maggio 2016 il responsabile del procedimento comunicava ai concorrenti, ai sensi dell’art. 79, comma 5, lett. a), del D. Lgs. n. 163 del 2006, l’intervenuta aggiudicazione definitiva della gara al raggruppamento Astaldi (doc. 19 della ricorrente principale).
A fondamento del ricorso CMC ha dedotto i seguenti motivi:
1. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 92 del d.P.R. n. 207/2010”;
2. “Violazione e falsa applicazione dell’allegato 2 al bando integrale di gara. Violazione di ogni norma e principio in materia di par condicio concorsuale”;
3. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”
3.1. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.2. “Violazione dell’art. 8.2. del bando integrale di gara oltre che delle stesse norme e principi di cui ai motivi che precedono”;
3.3. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.4. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.5. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.6. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.7. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.8. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.9. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.10. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”;
3.11. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 87, 88 e 89 del d.lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti”.
Si sono formalmente costitute in giudizio BBT e Astaldi, quest’ultima in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con Ghella Spa, Oberosler Cav. Pietro, PAC Spa e Cogeis Spa, chiedendo che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile, improcedibile e comunque rigettato, siccome infondato, previa reiezione dell’istanza cautelare.
Con successiva memoria, depositata il 30 giugno 2016, il procuratore di BBT ha eccepito l’improcedibilità del ricorso proposto da CMC, per mancanza di rappresentanza processuale. Il mandato alle liti sarebbe sottoscritto dal legale rappresentante p.t. di CMC, che afferma di agire in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese, ma, trattandosi di un “costituendo” raggruppamento, non si potrebbe parlare di impresa “mandataria”, ma solo di “designata mandataria”, priva di rappresentanza processuale delle asserite imprese mandanti, che sarebbero quindi da considerarsi acquiescenti rispetto agli atti impugnati. Ne conseguirebbe l’improcedibilità del ricorso, poiché CMC non potrebbe trarre alcun vantaggio dall’eventuale accoglimento del ricorso.
Il procuratore di BBT ha inoltre eccepito l’inammissibilità e, comunque, l’improcedibilità del ricorso, in relazione al terzo motivo di ricorso, per violazione del principio di sinteticità di cui agli artt. 3, comma 2, e 120, comma 6, c.p.a.
Nel merito il procuratore di BBT ha preso posizione sulle singole censure e ha insistito nelle conclusioni già prese.
Con memoria depositata l’1 luglio 2016 il procuratore di Astaldi ha preso ampiamente posizione sui singoli motivi di ricorso, insistendo a sua volta nelle proprie conclusioni.
Con atto notificato alle controparti il 30 giugno 2016 e depositato il 30 giugno 2016, la controinteressata Astaldi, in proprio e quale mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con Ghella Spa, Oberosler Cav. Pietro, PAC Spa e Cogeis Spa presentava ricorso incidentale, deducendo l’illegittimità dei provvedimenti di ammissione/omessa esclusione del costituendo raggruppamento CMC dalla gara, per i seguenti motivi:
1. “Violazione e falsa applicazione del D. Lgs. 163/2006, in particolare artt. 46, 74 e 76. Inammissibilità della variante inerente la modifica del numero dei by pass logistici. Eccesso di potere per disapplicazione delle previsioni del bando di gara. Eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione”;
2. “Violazione e falsa applicazione del D. Lgs. 163/2006, in particolare artt. 46, 74 e 76. Inammissibilità della variante inerente la modifica del trasporto con i treni. Eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione”;
3. “Violazione e falsa applicazione del D. Lgs. 163/2006, in particolare artt. 46, 74 e 76. Inammissibilità della variante inerente la struttura dei conci e relativo metodo di posa in opera. Eccesso di potere per disapplicazione delle previsioni del bando di gara. Eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione”;
4. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 48 del d.lgs. 163/2006 e degli artt. 62 e 79 del DPR 207/2010. Omessa comprova dei requisiti di capacità in capo alle mandanti Metrostav e BeMo Tunnelling GmbH”.
Con successivo atto notificato alle controparti il 14 luglio 2016 e depositato il 15 luglio 2016, la controinteressata presentava i seguenti motivi integrativi al ricorso incidentale:
5. “Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 163/2006, in particolare artt. 46, 53, 74 e 76. Inammissibilità della variante inerente la rinuncia all’esecuzione del nodo logistico 2 in sotterraneo. Eccesso di potere per disapplicazione delle previsioni del bando di gara. Eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione”;
6. “Violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 48 del d.lgs 12.4. 2006, n. 163”. Eccesso di potere per erronea rappresentazione dei presupposti, difetto d’istruttoria, difetto di motivazione”.
Con ordinanza n. 101/16, depositata il 20 luglio 2016, il Collegio ha rigettato l’istanza cautelare, fissando per la discussione del ricorso nel merito l’udienza pubblica del 23 novembre 2016.
Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con ordinanza n. 3401/16, depositata il 5 agosto 2016, ha respinto l’appello proposto da CMC contro la suddetta ordinanza cautelare.
Con atto notificato alle controparti l’11 ottobre 2016 e depositato il 12 ottobre 2016, la ricorrente CMC ha proposto domanda risarcitoria ex art. 30, comma 5, c.p.a.
Nei termini di rito le parti hanno depositato memorie (BBT e la ricorrente CMC anche di replica), a sostegno delle rispettive difese.
All’udienza pubblica del 23 novembre 2016 il procuratore di Astaldi ha dichiarato, in relazione al proprio ricorso incidentale, che rimane integro il proprio interesse a mantenere pieno il vantaggio derivante dal provvedimento di aggiudicazione anche a seguito dell’intervenuta stipulazione del contratto e ciò per una pluralità di motivi, tra i quali quello connesso all’esecuzione di lavori opzionali complementari e quello connesso alla declaratoria di soccombenza, per ottenere la rifusione obbligatoria del contributo unificato, prevista anche nell’ipotesi di compensazione delle spese di lite dal D.P.R. n. 115 del 2002.
Il procuratore di CMC ha insistito nella dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso incidentale, stante l’assenza di un interesse sostanziale alla sua coltivazione.
Sentite le parti, il ricorso è stato quindi trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Va premesso che l’appalto sub iudice è disciplinato dal D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e dal D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e il relativo procedimento giurisdizionale dall’art. 120 c.p.c., nella versione antecedente alle modifiche ad esso apportate dall’art. 204 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
Ai sensi dell’art. 206 del citato D.Lgs. n. 50 del 2016, ricadono infatti nel previgente assetto normativo le procedure di scelta del contraente e i contratti per i quali i relativi bandi o avvisi siano stati pubblicati entro la data del 18 aprile 2016 (cfr. anche il Comunicato congiunto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del 22 aprile 2016).
Va inoltre precisato che la gara della quale si controverte riguarda la realizzazione di un’infrastruttura strategica (cfr. la delibera CIPE del 21 dicembre 2001, Allegato 2, di approvazione degli Interventi strategici di preminente interesse nazionale a norma della legge 21 dicembre 2001, n. 443, nonché il Programma delle infrastrutture strategiche, allegato al DEF del 2013), finanziata con la partecipazione dell’Unione Europea, e, dunque, trova applicazione l’art. 125 c.p.a., il cui comma 3 così dispone: “Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. Si applica l’articolo 34, comma 3.”.
Tale norma impedisce in sostanza al giudice la possibilità di addivenire, all’esito del giudizio instaurato dalle società non aggiudicatarie dell’appalto, alla caducazione del contratto nel frattempo stipulato con l’aggiudicataria, anche nell’ipotesi di accertate illegittimità gravi commesse durante la gara e ciò al fine di evitare ritardi nella realizzazione dell’opera strategica, il cui completamento è stato ritenuto dal legislatore di interesse pubblico prevalente rispetto a quello di ripristino della legalità violata durante la procedura di appalto.
Orbene, tenuto conto che nella vicenda in esame non ricorre alcuno dei casi previsti dall’art. 121, comma 1, c.p.a. e che il contratto è stato nel frattempo stipulato in data 5 settembre 2016, il giudizio può proseguire solo per finalità risarcitorie, non potendosi determinare alcuna caducazione del contratto.
La ricorrente CMC, con atto separato notificato alle controparti l’11 ottobre 2016, ha proposto istanza risarcitoria, cosicché, sussistendo l’interesse della ricorrente ai fini risarcitori, questo giudice è tenuto ad accertare ”l’illegittimità dell’atto”, come previsto dall’art. 34, comma 3, c.p.a., richiamato dall’art. 125, comma 3 c.p.a..
Va precisato che, nella domanda di risarcimento dei danni, CMC ha insistito comunque, in via principale, per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore di Astaldi e ha chiesto che l’appalto sia a essa aggiudicato, con annullamento del contratto sottoscritto.
La domanda di annullamento, per le ragioni anzidette, va dichiarata improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, in applicazione del citato art. 125, comma 3, c.p.a.
2. Così inquadrata la controversia, può procedersi - seguendo un ordine logico - con l’esame del ricorso principale, in ossequio ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia UE (con la sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, P./A. Spa) e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 26 agosto 2016, n. 3708), sussistendo un interesse strumentale della ricorrente principale alla decisione sull’illegittimità degli atti impugnati, a fini risarcitori, come sopra evidenziato.
2.1. Vanno esaminate, dapprima, le eccezioni preliminari sollevate al ricorso principale dalla difesa di BBT.
2.1.1. Sotto un primo profilo, BBT eccepisce l’improcedibilità del ricorso: il mandato alle liti sarebbe sottoscritto dal legale rappresentante p.t. di CMC, che afferma di agire in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese. Ma, trattandosi di un “costituendo” raggruppamento, non si potrebbe parlare di impresa “mandataria”, ma solo di “designata mandataria”, priva di rappresentanza processuale delle asserite imprese mandanti, da considerarsi acquiescenti rispetto agli atti impugnati. Ne conseguirebbe l’improcedibilità del ricorso, poiché CMC non potrebbe trarre alcun vantaggio dall’eventuale accoglimento del ricorso, in ragione della mancata proposizione del ricorso da parte delle asserite mandanti. Diversamente opinando, si ammetterebbe la sostituzione processuale, in violazione dell’art. 81 c.p.c..
L’eccezione è solo parzialmente fondata.
La legittimazione ad agire in giudizio della singola impresa in associazione - sia essa mandante o mandataria, sia che il raggruppamento sia già stato costituito al momento dell'offerta o debba costituirsi all'esito dell'aggiudicazione - è riconosciuta dal consolidato e pressoché univoco indirizzo della giurisprudenza amministrativa: “La legittimazione a impugnare gli atti di una procedura concorsuale spetta a ciascuno dei soggetti facenti parti di un raggruppamento temporaneo di imprese o di professionisti, sia esso costituito o costituendo, che abbia partecipato alla gara. Ciò in quanto il raggruppamento non dà luogo ad un'entità giuridica autonoma che escluda la soggettività dei singoli partecipanti, ciascuno dei quali resta, pertanto, titolare di un autonomo interesse legittimo a conseguire l'aggiudicazione” (cfr., ex pluribus, Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1822 e Sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2563).
Dunque, la ricorrente CMC può legittimamente impugnare gli atti di gara, a titolo individuale, essendo ormai pacifico che ciascun componente di un raggruppamento temporaneo che abbia partecipato alla gara, anche se costituendo e non costituito, può impugnare gli atti della procedura, essendo la singola impresa titolare, in corso di gara, di una posizione di interesse legittimo al regolare svolgimento della procedura, che può tutelare anche in caso di inerzia delle altre imprese associate a proporre congiunta impugnativa.
Né può ritenersi che la ricorrente, agendo in proprio, sia sfornita di interesse al ricorso.
Invero, come chiarito dalla giurisprudenza, “la presentazione dell'offerta da parte del raggruppamento da costituire reca l'impegno reciproco delle imprese in associazione, in caso di aggiudicazione della gara, a conferire mandato ad una di esse, qualificata come capogruppo, alla stipula del contratto. Si tratta di posizione di obbligo il cui assolvimento è esigibile nei confronti delle altre imprese associate in caso di esito favorevole dell'impugnativa e che, in caso di inadempimento, espone l'impresa cha aveva prestato il consento alla costituzione dell'ATI a possibili pretese risarcitorie…” (cfr., ex pluribus, Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2013, n. 714).
A diversa conclusione deve invece pervenirsi con riferimento alla legittimazione a ricorrere di CMC “nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Toto Spa Costruzioni Generali, Metrostav A.S. e BeMo Tunneling GmbH”.
Nel caso di specie il raggruppamento temporaneo non è già costituito, ma solo “costituendo”, con l’impegno di ciascuna delle imprese, in caso di aggiudicazione, a costituirsi in raggruppamento temporaneo, conferendo mandato collettivo speciale con rappresentanza a CMC, qualificata come capogruppo, la quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e delle mandanti.
Orbene, in assenza del mandato collettivo speciale con rappresentanza, anche processuale, conferito alla mandataria (previsto dall’art. 37, comma 14, del D. Lgs. n. 163 del 2016), la dizione “e nella qualità di mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Toto Spa Costruzioni Generali, Metrostav A.S. e BeMo Tunneling GmbH”, utilizzata da CMC nell’epigrafe del ricorso, non vale ad attribuire la legittimazione processuale anche alle imprese mandanti ivi citate, non è cioè idonea a estendere la rappresentanza processuale alle stesse imprese mandanti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2014, n. 102).
Pertanto, CMC deve ritenersi legittimata a ricorrere solo in nome proprio.
2.1.2. La difesa di BBT eccepisce, inoltre, l’inammissibilità e comunque l’improcedibilità del ricorso, con riferimento al terzo motivo, per violazione del principio di sinteticità di cui agli artt. 3, comma 2, e 120, comma 6, c.p.a..
L’art. 120, comma 6, c.p.a. (come modificato dall’art. 40 del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, con la legge 11 agosto 2014, n. 114) stabilisce che “…al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con il principio di sinteticità di cui all'articolo 3, comma 2, le parti contengono le dimensioni del ricorso e degli altri atti difensivi nei termini stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, sentiti il Consiglio nazionale forense e l'Avvocato generale dello Stato, nonché le associazioni di categoria riconosciute degli avvocati amministrativisti. Con il medesimo decreto sono stabiliti i casi per i quali, per specifiche ragioni, può essere consentito superare i relativi limiti. Il medesimo decreto, nella fissazione dei limiti dimensionali del ricorso e degli atti difensivi, tiene conto del valore effettivo della controversia, della sua natura tecnica e del valore dei diversi interessi sostanzialmente perseguiti dalle parti. Dai suddetti limiti sono escluse le intestazioni e le altre indicazioni formali dell'atto…”.
In applicazione della disposizione suddetta, il Presidente del Consiglio di Stato, con decreto 25 maggio 2015 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 128 del 5 giugno 2015), ha stabilito, per quanto di interesse, che le dimensioni dell’atto introduttivo del giudizio siano contenute “nel numero massimo di 30 pagine” (al netto delle parti escluse dal calcolo, indicate nel punto 7 del decreto) e che “gli atti debbano essere redatti su foglio A4, mediante caratteri di tipo corrente (ad es. Times New Roman, Courier, Arial o simili) e di dimensioni di almeno 12 pt nel testo e 10 pt nelle note a piè di pagina, con un’interlinea di 1,5 e margini orizzontali e verticali di almeno cm. 2,5 (in alto, in basso, a sinistra e a destra della pagina)”.
Il decreto ha stabilito inoltre che il Presidente della Sezione competente possa, con proprio decreto, autorizzare un numero di pagine superiore, qualora ricorrano le condizioni stabilite nei punti 8 e 9 del decreto.
A tal riguardo, il punto 11 del decreto prescrive che “il ricorrente formula in calce al ricorso istanza motivata, sulla quale il Presidente o il magistrato delegato si pronuncia con decreto entro i tre giorni successivi. In caso di mancanza o di tardività della pronuncia l’istanza si intende accolta. Il decreto favorevole ovvero l’attestazione di segreteria o l’autodichiarazione del difensore circa l’avvenuto decorso del termine in assenza dell’adozione del decreto sono notificati alle controparti unitamente al ricorso”.
Nel caso di specie il ricorso introduttivo, nella versione depositata in segreteria il 13 giugno 2016, superava effettivamente il limite massimo di pagine consentito (senza che la ricorrente CMC avesse formulato, in calce al ricorso, formale istanza al Presidente del Tribunale per ottenere l’autorizzazione alla deroga prima della notificazione del ricorso, come richiesto dal citato punto 11 del decreto). Tuttavia, in data 15 luglio 2016, la ricorrente CMC ha depositato in giudizio una copia del ricorso introduttivo “riformattato e privo di elementi extratestuali”, operando una conversione conforme alle specifiche tecniche di cui al punto 12 del citato decreto (cfr. doc. 57 della ricorrente principale). Se da tale versione riformattata si escludono le intestazioni e le altre indicazioni formali dell’atto, previste dal punto 7 del citato decreto, le pagine del ricorso introduttivo non superano il limite massimo consentito. Quindi la ricorrente, mediante la conversione del testo in caratteri e formato diversi, consentita dal punto 13 del medesimo decreto, ha dimostrato di avere rispettato i limiti dimensionali ivi previsti. L’eccezione va quindi disattesa.
2.2. Si può quindi entrare nel merito del ricorso principale.
2.2.1. Con un primo motivo CMC lamenta che le previsioni del bando di cui al punto 4.5 e al punto 5.3, n. 1.4, lett. c), sarebbero in contrasto con l’art. 92, commi 2 e 5, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 e con la relativa giurisprudenza prevalente: la stazione appaltante avrebbe erroneamente interpretato le norme citate, prescrivendo che le imprese cooptate debbano acquistare lo status giuridico di concorrenti.
Il raggruppamento Astaldi avrebbe dovuto in ogni caso essere escluso dalla gara perché, come emerge dalla documentazione in atti, le due imprese cooptate Cogeis e PAC, ancorché prive dei requisiti specifici (ad es. la cifra d’affari in lavori di cui al punto 5.3, n. 2 del bando), sarebbero state associate come vere e proprie concorrenti, in violazione delle sopra citate norme.
Le censure hanno pregio.
Si rende opportuno richiamare il testo delle due clausole contestate.
Il punto 4.5 del bando integrale di gara prevede quanto segue: “E’ espressamente richiesto, a pena di esclusione, che l’atto costitutivo ovvero l’impegno a costituirsi in Raggruppamento o in Consorzi ordinari prodotti già in sede di gara riportino:
- l’indicazione dell’impresa che tra esse assumerà la veste di Mandataria - Capogruppo e le quote di partecipazione al raggruppamento;
- la suddivisione percentuale tra le associate/associande e componenti dei Consorzi ordinari degli oneri esecutivi delle opere in caso di aggiudicazione, per ogni singola categoria indicata nel bando di gara. La quota assunta da ciascuna associata o componente del Consorzio ordinario non potrà essere superiore alla potenzialità economico-finanziaria ed alla capacità tecnico-organizzativa della stessa, secondo le indicazioni dell’art. 92 del D.P.R. 207/2010; i lavori dovranno essere eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote di esecuzione degli stessi indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà, prevista dall’art. 92, comma 2, del D.P.R. 207/2010, di modifica delle stesse quote, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verificherà la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate.
Ove sia previsto il ricorso al comma 5 dell’art. 92 del D.P.R. 207/2010 (impresa cooptata), tale circostanza dovrà espressamente risultare dallo stesso atto costitutivo/d’impegno”.
Il successivo punto 5.3, n. 1.4, lett. c), prevede quanto segue: “se l’impresa singola o le imprese che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo possiedono i requisiti previsti per la partecipazione, ai sensi dell’art. 92.5 del D.P.R. 207/2010, sarà possibile per queste associare altre imprese qualificate anche per categorie ed imposti diversi da quelli richiesti per la presente gara, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il 20% dell’importo complessivo dei lavori e che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all’importo dei lavori che saranno ad essa affidati. In tal caso le imprese cooptate partecipano alla gara nel rispetto delle modalità richieste alle imprese che compongono un raggruppamento con la sola eventuale eccezione (oltre al possesso di adeguata qualificazione per le categorie e classifiche richieste dal presente bando come sopra indicato) dall’intestazione della cauzione provvisoria” (cfr. doc. 1 della ricorrente principale).
Le clausole del bando integrale di gara sopra richiamate hanno dato luogo a dubbi interpretativi. In particolare, un’impresa concorrente ha posto un quesito alla stazione appaltante (“domanda 17”), segnalando quanto segue: “pare che l’orientamento di codesta spettabile stazione appaltante sia quello di considerare l’impresa cosiddetta ‘cooptata’ a tutti gli effetti un soggetto che: - acquista lo status di concorrente; - acquista una quota di partecipazione all’appalto ( non > al 20% e nei limiti dell’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute); - riveste la posizione di offerente, prima, e di contraente poi; - può non prestare le garanzie, al pari degli altri soggetti componenti l’ATI concorrente o contraente; - può subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire”. Tutto ciò in contrasto con “un sempre più consolidato orientamento giurisprudenziale”.
Di qui l’invito dell’impresa richiedente, “qualora si ritenga corretta l’interpretazione fornita dalla scrivente, di voler adeguare le previsioni del bando al corrente orientamento giurisprudenziale, al fine di evitare le ovvie problematiche di carattere legale che potrebbero derivare da tale discrasia”.
La risposta al quesito, a giudizio del Collegio, è chiara sul punto: la stazione appaltante conferma la volontà di non volersi adeguare al sopra citato orientamento giurisprudenziale divenuto prevalente, indicandone le ragioni: “In relazione al quesito posto, si conferma tutto quanto indicato a pagina 15 laddove è previsto che, in caso di ricorso all’istituto della cooptazione di cui all’art. 92, comma 5, del D.P.R. 207/2010, l’impresa cooptata partecipi alla gara d’appalto ‘nel rispetto delle modalità richieste alle imprese che compongono un raggruppamento temporaneo con la sola eventuale eccezione (oltre al possesso di adeguata qualificazione per le categorie e classifiche richieste dal presente bando come sopra indicato) dell’intestazione della cauzione provvisoria’; ciò vale in particolar modo ai fini dell’assolvimento degli oneri di compilazione imposti dal bando di gara e dell’assoggettamento alla verifica del possesso dei requisiti morali di cui all’art. 38 del D.Lgs. 163/2006”. La stazione appaltante precisa, quindi, che “ai fini della partecipazione alla gara, pertanto, il concorrente che coopti un’impresa deve presentare tutta la documentazione elencata ai punti 8.3.1 ‘Documentazione amministrativa’…8.3.2 ‘Offerta tecnica’ e 8.3.3 ‘Offerta economica e temporale’, documentazione sottoscritta e compilata anche dall’impresa cooptata, al pari di qualsivoglia altra impresa mandante, con la sola eventuale eccezione relativa alla cauzione provvisoria che può non essere intestata alle sole imprese cooptate. Le motivazioni di tale previsione del Bando integrale di gara consistono nell’evidente necessità, in linea con i principi generali della normativa in materia di appalti, che le imprese esecutrici dei lavori, a qualsivoglia titolo esse intervengano nell’esecuzione dell’appalto (in qualità di raggruppate, di suappaltatrici, di consorziate nominate quali esecutrici dei lavori etc), siano sottoposte alle verifiche in merito al possesso dei requisiti in loro capo dei requisiti di moralità professionale richiesti dalla legge, in primis alle verifiche antimafia. Appare di tutta evidenza che tali verifiche rispondono a esigenze di tutela dell’ordine pubblico che, se si aderisse all’interpretazione evocata nel quesito, sarebbero eluse; in merito ad esse non si rinviene, inoltre, alcuna motivazione razionale per creare un differente trattamento tra le imprese cooptate e le altre sopra citate” (cfr. doc. 56 della ricorrente principale).
Osserva il Collegio che la risposta al quesito non fa che confermare e ribadire con forza la volontà - peraltro già espressa con sufficiente chiarezza nel bando - che le imprese cooptate devono acquistare lo status di concorrente, essendo inequivocabilmente richiesto anche alle imprese cooptate l’obbligo di presentare tutta la documentazione amministrativa, l’offerta tecnica e quella economica e temporale, “sottoscritta e compilata ...al pari di qualsivoglia altra impresa mandante”, quindi a titolo di offerente e concorrente. L’unica eccezione è prevista dal bando con riferimento all’intestazione della cauzione provvisoria, che può non essere intestata alle sole imprese cooptate (cfr. punto 5.3, n. 1.4, lett. c) del bando - doc. 1 della ricorrente principale).
L’istituto della cooptazione è disciplinato dall’art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207 del 2010, il quale così recita: “Se il singolo concorrente o i concorrenti che intendano riunirsi in raggruppamento temporaneo hanno i requisiti di cui al presente articolo, possono raggruppare altre imprese qualificate anche per categorie ed importi diversi da quelli richiesti nel bando, a condizione che i lavori eseguiti da queste ultime non superino il venti per cento dell'importo complessivo dei lavori e che l'ammontare complessivo delle qualificazioni possedute da ciascuna sia almeno pari all'importo dei lavori che saranno ad essa affidati”.
Le caratteristiche dell’istituto, ad avviso del Collegio, possono pertanto essere così riassunte:
- l’impresa singola o ATI, definita dal legislatore “concorrente”, deve avere, di per sé, tutti i requisiti generali e speciali necessari a concorrere;
- l’impresa cooptata, non definita dal legislatore “concorrente”, non deve avere tutti i requisiti generali e, quanto ai requisiti speciali, può possedere una qualificazione anche per categorie e classifiche diverse da quelle richieste dal bando; i lavori “eseguiti” dall’impresa cooptata non devono superare il 20% dell’importo complessivo dell’appalto; infine, l’impresa cooptata deve coprire con le classifiche relative alle qualificazioni possedute l’intero importo dei lavori “che saranno affidati”.
La finalità dell’istituto è quella di consentire a imprese già qualificate nel settore dei lavori pubblici, “prive dei requisiti di cui ai commi 2 e 3 dello stesso D.P.R. n. 207 del 2010”, di partecipare alle gare, così maturando capacità tecniche in categorie di lavori diverse rispetto a quelle per le quali le stesse siano già iscritte, a condizione che l’ammontare complessivo delle qualificazioni possedute dall’impresa cooptata sia almeno pari all’importo dei lavori da affidare alla medesima e che i lavori da eseguirsi non superino il 20% dell’importo complessivo (cfr. Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Sicilia, 23 agosto 2016, n. 274; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1327 e Sez. V, 10 settembre 2012, n. 4772).
L’istituto della cooptazione ha carattere eccezionale e derogatorio, non essendo richiesto alle imprese cooptate di possedere tutti i requisiti prescritti per le imprese facenti parte dei raggruppamenti di tipo orizzontale (come nel caso che ci occupa) o verticale, rispettivamente dai commi 2 e 3 del citato art. 92, requisiti che, in ogni caso devono essere tutti posseduti dalle imprese singole o facenti parte del raggruppamento temporaneo. Dunque l’idoneità complessiva del concorrente è garantita dal possesso dei requisiti da parte delle imprese singole o associate che già, ex se, sarebbero in grado di partecipare alla gara, a cui, secondo la previsione del legislatore, viene aggiunto un quid pluris, rappresentato dalle potenzialità, anche minime o eterogenee delle imprese minori cooptate, che comunque non può che aumentare la potenzialità complessiva del soggetto partecipante.
Proprio alla luce di tali differenze e del carattere derogatorio e speciale dell’istituto e al fine di evitare che un uso improprio consenta l'elusione della disciplina inderogabile in tema di qualificazione e di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica, la scelta di associare un’impresa cooptata non può prescindere da una chiara, espressa ed inequivoca dichiarazione in tal senso da parte del concorrente, in assenza della quale l’indicazione di un’altra impresa deve essere sempre ricondotta alla figura generale dell’associazione temporanea (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic., 29 gennaio 2015, n. 83 e Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4277).
Sempre in ragione del carattere speciale dell’istituto della cooptazione, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nella propria determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012, ha chiarito che “l’impresa cooptata può eseguire i lavori, ma non assume lo status di concorrente; essa, di conseguenza, non può acquistare alcuna quota di partecipazione all'appalto e, quindi, non deve (e, in realtà, neppure può) dichiarare la propria quota di partecipazione al raggruppamento temporaneo” (cfr. punto 7.1.1 della suddetta determinazione).
Anche l’orientamento della giurisprudenza, da alcuni anni prevalente e al quale il Collegio aderisce, ha affermato che “il soggetto cooptato non acquista lo status di concorrente, né assume quote di partecipazione all’appalto, non riveste la posizione di offerente (prima) e contraente (dopo) e non presta garanzie; infine non può né subappaltare, né comunque affidare a terzi la propria quota dei lavori” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1492; nello stesso senso, Cons. Giust. Amm. Sic., 23 agosto 2016, n. 274; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1327; Sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344; Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4278; TAR del Lazio, Roma, Sez. I, 16 giugno 2016, n. 6922; TAR Catanzaro, 23 marzo 2015, n. 554554; TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 12 marzo 2015, n. 780; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 5 dicembre 2014, n. 12288). In particolare, la giurisprudenza ha precisato che l’art. 92, comma 5, del citato D.P.R. n. 163 del 2006 permette a soggetti privi dei requisiti di qualificazione di partecipare alla fase di esecuzione di appalti pubblici di lavori, a determinate condizioni. La norma, tuttavia, non può essere interpretata estensivamente: le imprese cooptate possiedono, infatti, diritti e obblighi ridotti e limitati rispetto a un normale concorrente (sia esso singolo, sia in forma associata). Dunque la cooptazione non può essere uno strumento per partecipare a una gara senza avere i prescritti requisiti: il soggetto cooptato non può acquistare alcuna quota di partecipazione all’appalto, né prestare garanzie, al pari di un concorrente, né in alcun modo, subappaltare o affidare a terzi una quota dei lavori da eseguire. Diversamente, il soggetto cooptato deve essere considerato alla stregua di un membro di un raggruppamento temporaneo di imprese (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 27 agosto 2013, n. 4278).
Così inquadrato l’istituto della cooptazione e tornando al thema decidendum, il Collegio ritiene che la prescrizione contenuta nel punto 5.3, numero 1.4, lett.c), del bando integrale di gara si ponga in aperto contrasto con il citato art. 92, comma 5, del D.P.R. n. 207 del 2010 e con il carattere e la disciplina dell’istituto come sopra descritto.
Invero, la clausola citata impone alle imprese cooptate di partecipare alla gara “nel rispetto delle modalità richieste alle imprese che compongono un raggruppamento…”, cioè richiede a dette imprese di presentare e sottoscrivere tutta la documentazione amministrativa, quella a corredo e quella relativa ai requisiti generali, al pari delle imprese che formano il raggruppamento temporaneo, “con la sola eventuale eccezione…dell’intestazione della cauzione”, costringendo le imprese cooptate a rivestire la parte di offerente (essendo tenute a sottoscrivere la domanda di ammissione e l’offerta), assumendo la veste di partecipanti al raggruppamento temporaneo.
In altre parole, mentre il comma 5 del citato art. 92, impone alle imprese cooptanti il solo obbligo della qualificazione nella misura pari all’importo dei lavori che saranno loro affidati e il solo limite percentuale delle opere da eseguire, alla luce del carattere derogatorio dell’istituto, il bando impugnato costringe, invece, le imprese cooptate a dimostrare l’esistenza dei requisiti generali (non richiesti dal citato comma 5 dell’art. 92), ingenerando così confusione tra la figura dell’impresa cooptata e quella di impresa facente parte del raggruppamento temporaneo ai sensi dei commi 2 e 3 dello stesso art. 92. Come già sottolineato, il raggruppamento temporaneo e la cooptazione sono due istituti diversi per chiara volontà del legislatore: al raggruppamento cooptante viene richiesto di possedere tutti i requisiti per partecipare alla gara, mentre all’impresa cooptante solo i requisiti di qualificazione “anche per categorie e importi diversi da quelli richiesti nel bando”. Non è perciò consentito effettuare una commistione tra i due istituti: se, come nel caso in esame, il bando richiede anche all’impresa cooptata di sottoscrivere gli atti di gara, non si comprende infatti che differenza ci sia tra un’impresa mandante e un’impresa cooptata.
Il legislatore, definendo “concorrente” solo l’impresa singola o in raggruppamento temporaneo intende distinguere chiaramente il ruolo dell’impresa mandante da quello dell’impresa cooptata. Per quest’ultima impresa il legislatore ha riservato un ruolo nella sola fase esecutiva della gara, coerentemente con la finalità dell’istituto, al di fuori del vincolo associativo di partecipazione.
Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, l’obbligo di dimostrare il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 163 del 2006 non può essere legittimamente esteso dal bando anche alle imprese cooptate, perché in aperto contrasto con l’art. 92, comma 5, dello stesso decreto, che è norma di carattere eccezionale, come più volte sottolineato (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 6 maggio 2013, n. 2449 e Sez. III, 14 novembre 2012, n. 5758).
La richiesta all’impresa cooptata di dimostrare il possesso di requisiti diversi da quelli prescritti dal comma 5 dell’art. 92 contrasta con il disposto e con la ratio della norma, fino a vanificarne la portata, posto che si traduce nella richiesta di requisiti che debbono essere posseduti dall’impresa mandataria e dalle imprese mandanti di un raggruppamento temporaneo orizzontale.
Per dimostrare la confusione e commistione tra istituti che una clausola come quella impugnata può ingenerare nei concorrenti è sufficiente esaminare l’atto costitutivo del raggruppamento Astaldi e l’offerta presentata dallo stesso nella gara sub iudice.
Già dall’esame dell’art. 3 dell’atto costitutivo di raggruppamento temporaneo di imprese e mandato collettivo speciale con rappresentanza”, sottoscritto il 19 novembre 2015 (Rep. n. 45.799, Racc. n. 14.844, Notaio I. Genghini di Roma - cfr. doc. 20 della ricorrente principale) si evince che le due imprese Cogeis e PAC, “associate ai sensi del 5° comma dell’art. 92 del D.P.R. 207/10”, partecipano al raggruppamento di tipo orizzontale con le loro quote di partecipazione (pari a 5% ciascuna), concorrendo a formare il 100 % delle quote del raggruppamento, composto anche da Astaldi (che partecipa con il 42,51%), Ghella (42,49) e Oberosler (5%).
Dunque, le due imprese definite cooptate, sono considerate vere e proprie concorrenti, al pari delle imprese mandanti, pur essendo prive del requisito economico - finanziario di cui all’art. 5.3 (”requisiti speciali”), punto 1.4, n. 2. (“Cifra d’affari in lavori”), lett. b), che, per i raggruppamenti di tipo orizzontale, conformemente all’art. 92, comma 2, del D.P.R. n. 163 del 2006, prescrive quanto segue: “In caso di raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale…la cifra d’affari in lavori dell’impresa Capogruppo non deve essere inferiore al 40% di quella richiesta all’impresa singola; la restante percentuale deve essere posseduta cumulativamente dalle imprese mandanti…ciascuna nella misura minima del 10% di quanto richiesto all’intero raggruppamento” (cfr. pag. 17 del bando integrale di gara - doc. 1 della ricorrente principale).
Nel caso di specie, ciascuna mandante avrebbe dovuto dimostrare, nelle dichiarazioni a corredo, di possedere una cifra d’affari in lavori, nei migliori cinque esercizi dell’ultimo decennio, non inferiore a euro 343.269.361,86, mentre l’impresa Cogeis ha dichiarato di avere realizzato, nei migliori cinque esercizi del decennio antecedente la data di pubblicazione del bando (2010 – 2014) una cifra d’affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta e indiretta, pari a euro 299.157.949,00 (cfr. punto 33 delle dichiarazioni a corredo, doc. 21 della ricorrente principale), e PAC una cifra d’affari pari a euro 267.573.468,00 (cfr. punto 33) delle dichiarazioni a corredo, doc. 22 della ricorrente principale)
Nell’istanza di ammissione alla gara (ex art. 8.3.1., punto 1, del bando integrale di gara, sottoscritta da Astaldi, al punto 2.a), si dà atto, senza fare alcun riferimento all’istituto della cooptazione, che “il raggruppamento sarà così composto e che il contratto verrà eseguito con le seguenti modalità…”. Di seguito sono indicate le cinque imprese, comprese la Cogeis e la PAC (definite rispettivamente “mandante n. 3 cooptata” e “mandante 4 cooptata”), titolari del 5% ciascuna delle quote di partecipazione al raggruppamento temporaneo (cfr. doc. 24 della ricorrente principale).
Dunque, si verifica il caso sopra ipotizzato di imprese definite cooptate, che sono a tutti gli effetti concorrenti, pur essendo prive sia della quota minima del 10% richiesta alle mandanti dei raggruppamenti di tipo orizzontale, sia dei requisiti speciali per partecipare alla gara, in violazione dell’art. 92, commi 2 e 5, del D.P.R. n. 163 del 2006.
Ma vi è di più. Al punto 5 della citata domanda di ammissione alla gara, Astaldi dichiara che, in caso di aggiudicazione, il raggruppamento temporaneo (come sopra composto) subappalterà il 100% delle lavorazioni comprese nelle categorie OG3, OG6, OG10, OG8 e OS19, in violazione del citato disposto di cui all’art. 92, comma 5, della giurisprudenza consolidatasi al riguardo e della stessa ratio dell’istituto della cooptazione, diretta a consentire che imprese minori siano associate a imprese maggiori e che, in questo modo, le prime maturino capacità tecniche diverse rispetto a quelle già possedute.
Tutto ciò conferma, sul piano concreto, la già sopra rilevata illegittimità della clausola del bando che impone anche alle imprese cooptate di partecipare alla gara nel rispetto delle stesse modalità chieste alle imprese mandanti che compongono il raggruppamento temporaneo, costringendo le stesse a entrare a far parte del raggruppamento e, quindi, a diventare offerenti, prima, e concorrenti, poi.
In conclusione, per tutte le ragioni espresse, assorbita ogni altra censura, va dichiarata l’illegittimità della clausola di cui al punto 5.3, n. 1.4, lett. c), del bando integrale di gara, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a.
2.2.2. Può quindi procedersi con l’esame dell’istanza risarcitoria, formulata dalla ricorrente principale con separato atto, notificato alle controparti l’11 ottobre 2016 e depositato il 12 ottobre 2016.
Con la suddetta istanza, CMC chiede il risarcimento del danno patito “per equivalente, sotto il profilo sia del danno emergente sia del lucro cessante”. L’ingiustizia del danno deriverebbe dalla violazione delle norme del codice dei contratti pubblici e degli atti di gara. Quanto all’elemento soggettivo, la giurisprudenza avrebbe da tempo riconosciuto l’irrilevanza dell’elemento della colpa nell’individuazione della responsabilità dell’amministrazione in materia di affidamenti di appalti pubblici.
Sul quantum, quanto al danno emergente, occorrerebbe fare riferimento alle spese sostenute per la partecipazione alla gara: si tratterebbe, in particolare, delle spese per la redazione dei progetti preliminari ed esecutivi (pari a complessivi euro 327.275,00), delle spese sostenute per la sottoscrizione della garanzia fideiussoria (pari a euro 83.260.00) e delle spese sostenute per la preparazione e presentazione dell’offerta da parte di tutte le imprese componenti il raggruppamento (pari a euro 750.000,00), oltre a tutti gli ulteriori costi debitamente documentati.
Quanto al lucro cessante, occorrerebbe fare riferimento alle occasioni di guadagno perse per effetto dell’inutile coinvolgimento in trattative precontrattuali, che avrebbe impedito all’impresa interessata di concludere altri contratti, altrettanto o maggiormente vantaggiosi (c.d. perdita di chances).
La ricorrente principale, applicando il criterio del c.d. “più probabile che non”, che sarebbe condiviso dalla giurisprudenza dominante, afferma che il danno dovrebbe essere quantificato “nella misura almeno del 10% dell’utile conseguibile dell’appalto”, nel caso specifico quantificato “nella misura complessiva di euro 137.307.744,74, a fronte di un appalto del valore complessivo di euro 1.373.077.447,44”. Inoltre, dovrebbe essere riconosciuto anche il danno curriculare, quale ulteriore profilo del lucro cessante, “nella misura della percentuale del 5% dell’importo dell’appalto, tenuto conto del valore e dell’importanza della commessa, o nella diversa misura ritenuta di giustizia”.
La domanda di risarcimento del danno è ammissibile nei limiti di seguito esposti.
Va ricordato, anzitutto, che CMC è legittimata a ricorrere solo in nome proprio e non in nome delle mandanti del costituendo raggruppamento temporale, come già accertato sub 2.1.1., essendo priva del necessario mandato collettivo di rappresentanza. Per le stesse ragioni, la ricorrente principale CMC non può fare valere la domanda di risarcimento del danno patito dalle imprese mandanti del costituendo raggruppamento.
La domanda di risarcimento del danno è quindi ammissibile solo nei limiti della quota di partecipazione della ricorrente CMC, indicata nella domanda di ammissione alla gara nella misura del 40,18% (cfr. doc. 15 della ricorrente incidentale).
Nel merito, nei limiti sopra indicati, la domanda è fondata.
Il Collegio, richiamando quanto dedotto sub 2.2.1., rileva che il bando di gara, nei limiti esposti, deve considerarsi illegittimo. E’ quindi evidente che sussistono nel caso in esame tutti i presupposti per ritenere esistente l’elemento oggettivo dell’illecito, foriero di danno.
Nel caso di specie, non potendo più ottenere, per effetto dell’art. 125, comma 3, c.p.a. la caducazione del contratto stipulato e l’effetto conformativo dell’obbligo di indire una nuova gara per l’affidamento dell’appalto, la ricorrente CMC può fare valere solo l’interesse concreto e attuale connesso al risarcimento “per equivalente” del danno da perdita della mera possibilità di aggiudicazione.
L’art. 124, comma 1, c.p.a. stabilisce infatti che “se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subìto e provato”.
Quanto all’elemento soggettivo, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, “il privato può provare la colpa dell'amministrazione anche semplicemente dimostrando l'illegittimità del provvedimento lesivo, illegittimità la quale, pur non identificandosi nella colpa, costituisce, tuttavia, un indizio (grave, preciso e concordante) idoneo a fondare una presunzione (semplice) di colpa che l’amministrazione può vincere dimostrando elementi concreti da cui possa evincersi la scusabilità dell'errore compiuto” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3858; nello stesso senso, Sez. IV, 16 aprile 2016, n. 1347; Sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4115 e Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1944).
Nel caso di specie, come rilevato sub 2.2.1., BBT ha commesso un errore nell’interpretazione dell’art. 92 del D.P.R. n. 163 del 2006, errore che la difesa della stazione appaltante ritiene però scusabile, considerato “l’andamento ondivago della giurisprudenza”.
Nel caso di specie il Collegio ritiene che non sussistano gli estremi per considerare scusabile l’errore.
Invero, da un lato, la giurisprudenza già alcuni anni prima della stesura del bando si era consolidata nel senso di ritenere che l’impresa cooptata non acquista lo status di concorrente, né assume quote di partecipazione all’appalto; dall’altro lato, in sede di presentazione dei quesiti, come sopra detto, un’impresa concorrente aveva ammonito la stazione appaltante sui pericoli nel seguire un indirizzo giurisprudenziale non più attuale, invitandola espressamente a “voler adeguare le previsioni del bando al corrente orientamento giurisprudenziale, al fine di evitare le ovvie problematiche di carattere legale che potrebbero derivare da tale discrasia” (cfr. doc. 56 della ricorrente principale), ma BBC, nel rispondere al quesito, ha ignorato l’invito, confermando la propria erronea interpretazione.
Si ritiene, pertanto, che non sussistano elementi idonei a deporre nel senso della scusabilità dell’errore.
Ciò chiarito, il danno da perdita di occasione favorevole, c.d. chance, va valutato in via presuntiva, secondo un giudizio di approssimazione sulle possibilità astratte di ottenere un risultato economico utile, senza che sia necessario, tenuto conto della natura di tale voce di danno, che CMC offra in giudizio una prova specifica al riguardo.
Il Collegio ritiene di presumere che la virtuale riedizione della gara avvenga a dati fattuali invariati, tenendo conto del numero dei partecipanti alla gara sub iudice, del contenuto dell’offerta economica presentata dal raggruppamento CMC in tale sede. Va poi considerato che CMC può fare valere in giudizio l’istanza risarcitoria solo in nome proprio e non in nome delle altre imprese mandanti del costituendo raggruppamento temporaneo.
Orbene, alla gara hanno partecipato 6 concorrenti (cfr. verbale della Commissione di gara n. 1 del 26.11.2015 - doc. 2 della ricorrente principale) e il raggruppamento CMC ha presentato un’offerta economica pari a euro 1.112.506.530,02, al netto IVA (l’importo risulta dalla memoria depositata da BBT il 30 giugno 2016 e, in assenza di contestazione delle altre parti, deve ritenersi pacifico).
Il Collegio ritiene equo determinare il margine presuntivo di utile d’impresa nella misura del 2% dell’offerta (considerata anche la mancata dimostrazione di non avere potuto utilizzare altrimenti maestranze e mezzi), da ridursi proporzionalmente in ragione delle possibilità di vittoria: nel caso specifico il raggruppamento CMC aveva 1/6 di possibilità di conseguire l’aggiudicazione, dunque l’utile presuntivo d’impresa è pari a euro 3.708.355,10. Di tale utile, peraltro, CMC avrebbe conseguito solo il 40,18%, pari a un importo di euro 1.490.017,08.
Va accolta la richiesta della difesa di BBT di tenere conto, nella quantificazione del danno, della circostanza che CMC non ha comunicato il c.d. preavviso di ricorso, in violazione dell’art. 243bis, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006, che impone ai soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale di informare le stazioni appaltanti della presunta violazione e dell’intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale.
In caso di mancato preavviso il comma 5 dello stesso art. 243bis prevede che “l’omissione della comunicazione di cui al comma 1 e l’inerzia della stazione appaltante costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell’art. 1227 del codice civile”.
E’ pacifico che CMC ha omesso la comunicazione suddetta a BBT e che tale comportamento rilevi nel caso di specie, anche in considerazione dell’importanza strategica dell’appalto sub iudice. Il Collegio ritiene che il concorso di colpa della ricorrente principale comporti una decurtazione del 20% dell’importo sopra determinato, che, quindi, si riduce a complessivi euro 1.192.013,66.
Nulla spetta invece alla ricorrente principale a titolo di risarcimento derivante dal danno curricolare.
Tale voce di danno, che è solo una specificazione del danno da perdita di chances, consiste nella perdita per l'impresa di altre occasioni di lavoro e di guadagno a seguito dell'illegittimo diniego dell'aggiudicazione di un appalto pubblico. Dunque si tratta di una voce di danno legata alla mancata esecuzione dell’appalto, mentre nel caso che ci occupa ci troviamo di fronte a un risarcimento dei danni conseguente all’illegittimità del bando di gara; di talché CMC non può rivendicare anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, peraltro neppure dimostrata in giudizio.
La ricorrente CMC chiede infine il risarcimento del danno emergente (con riferimento a varie voci, dalle spese generali alle spese di partecipazione alla gara) per un importo complessivo di euro 1.160.535,00.
Anche tale voce di danno non può essere riconosciuta.
Secondo un consolidato orientamento del giudice amministrativo, le spese di partecipazione alla gara pubblica non sono risarcibili a favore dell’impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell’appalto o anche, come nel caso in esame, solo la perdita delle chances di aggiudicarselo: “non è ristorabile il danno per spese e costi di partecipazione alla gara, per le spese generali e legali e spese di progettazione, perché la partecipazione alle gare d'appalto comporta per i partecipanti dei costi che ordinariamente restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione che in caso di mancata aggiudicazione” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 14 marzo 2016, n. 992; nello stesso senso, Sez. IV, 17 febbraio 2014, n. 744 e Sez. III, 10 aprile 2015, n. 1839).
L’importo dovuto a titolo di danno, come sopra determinato, avente natura di credito di valore, deve essere incrementato della rivalutazione monetaria a decorrere dal momento della pubblicazione del bando illegittimo e fino alla data di deposito della presente sentenza. Per il tratto successivo, e fino al soddisfo, la somma in tal modo determinata è produttiva di interessi nella misura del saggio legale sino alla data dell’effettivo soddisfo.
In conclusione, con riferimento al ricorso principale, va dichiarato il difetto di legittimazione a ricorrere del costituendo raggruppamento temporaneo ricorrente, va dichiarata l’improcedibilità della domanda di annullamento degli atti impugnati, per sopravvenuta carenza di interesse (ai sensi dell’art. 125, comma 3, c.p.a.), va dichiarata l’illegittimità della clausola di cui al punto 5.3, n. 1.4, lett. c), del bando integrale di gara e va accolta la domanda di risarcimento dei danni, nei limiti indicati sub 2.2.2. Le spese della lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura stabilita nel dispositivo.
3. Resta da esaminare il ricorso incidentale presentato da Astaldi.
3.1. Va premesso che, nelle more del giudizio, in seguito al rigetto dell’istanza cautelare, in data 5 settembre 2016 è stato stipulato il contratto tra BBT e Astaldi, concernente l’affidamento in appalto dei lavori di realizzazione del lotto di costruzione “Mules 2-3” (cfr. doc. 60 di BBT).
Come già rilevato sub 1, nel caso specifico trova applicazione l’art. 125, comma 3, c.p.a., “l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto”, cosicché Astaldi non può più vantare alcun interesse all’annullamento degli atti di gara.
Permane, tuttavia, l’interesse della ricorrente incidentale ai soli fini della liquidazione delle spese di giudizio e del rimborso del contributo unificato.
Trova quindi applicazione il principio della c.d. soccombenza virtuale, secondo il quale il giudice deve valutare se la domanda sia fondata o meno, cioè se sarebbe stata accolta o rigettata.
3.2. Il ricorso incidentale, ai fini della soccombenza virtuale, è fondato, sotto gli assorbenti profili, dedotti con il quarto motivo.
Con il quarto motivo la ricorrente incidentale rileva che le due imprese mandanti estere Metrostav di Praga e BeMo Tunneling di Innsbruck, che fanno parte del costituendo raggruppamento temporaneo con la ricorrente principale CMC, nella loro qualità di operatori economici che hanno sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea, hanno dichiarato, nelle “dichiarazioni a corredo”, di essere in possesso dei requisiti di cui all’art. 79 e ss. del D.P.R. n. 2017 del 2010 per il rilascio di attestazione SOA rispettivamente la prima “per tutte le categorie e classifiche richieste dal bando” (cfr. doc. 16 della ricorrente incidentale) e la seconda “per le seguenti categorie richieste dal bando per le classifiche di seguito indicate: OG4 - class. VIII” (cfr. doc. 17 della ricorrente incidentale).
La stazione appaltante, con nota del 4 dicembre 2015, ha comunicato al costituendo raggruppamento temporaneo CMC che, nella seduta del 26 novembre 2015, detto raggruppamento era stato sorteggiato, ai fini dei controlli sul possesso dei requisiti ai sensi dell’art. 48, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006 e, come previsto anche dall’art. 1.1. del bando integrale di gara, ha invitato detto raggruppamento a produrre “copia della documentazione a comprova del possesso dei requisiti di ordine speciale, il cui possesso era stato autodichiarato in sede di offerta, in relazione all’art. 5.3.1 ‘Qualificazioni SOA’, all’art. 5.3.2 ‘Cifra d’affari in lavori’ e all’art. 5.3.3 ‘Certificazione del sistema di qualità aziendale della serie UNI EN ISO 9000’ del bando integrale di gara, secondo quanto indicato nell’Allegato 4 al bando stesso”, avvertendo che “ai sensi di detto art. 48, comma 1 del D.Lgs. 163/2006, qualora tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione, questa Stazione Appaltante procederà all’esclusione del concorrente dalla gara…” (cfr. doc. 18 della ricorrente incidentale).
E’ bene ricordare che l’art. 47, comma 2, del D.P.R. n. 163 del 2006, con riferimento alle imprese stabilite negli altri Stati membri dell’Unione Europea, prevede che “la qualificazione di cui al presente codice non è condizione obbligatoria per la partecipazione alla gara. Essi si qualificano alla singola gara producendo documentazione conforme alle normative vigenti nei rispettivi Paesi, idonea a dimostrare il possesso di tutti i requisiti prescritti per la qualificazione e la partecipazione degli operatori economici italiani alle gare” Il successivo art. 62 del D.P.R. n. 163 del 2006, stabilisce che dette imprese devono presentare “la documentazione, richiesta per la qualificazione ai sensi del presente titolo, ovvero per la qualificazione alla singola gara ai sensi dell'articolo 47, comma 2, del codice, conforme alle normative vigenti nei rispettivi Paesi, unitamente ai documenti tradotti in lingua italiana da traduttore ufficiale, che ne attesta la conformità al testo originale in lingua madre”.
Dunque l’idoneità a partecipare alla gara deve essere provata dall'operatore economico straniero con la presentazione di documentazione, conforme alle norme vigenti nei rispettivi paesi di origine, idonea a dimostrare il possesso di tutti i requisiti prescritti per la qualificazione alle gare degli operatori economici italiani.
In risposta a tale richiesta l’impresa mandante estera Metrostav, in relazione al punto 3 dell’allegato 1 al bando integrale di gara (dotazione di attrezzature tecniche) e in relazione al punto 4 dello stesso allegato (adeguato organico medio annuo), anziché presentare la documentazione richiesta a comprova dei requisiti, si è limitata a produrre nuovamente delle autodichiarazioni (c.d. affidavit - cfr. doc. 19 della ricorrente incidentale).
La Commissione di gara, nella seduta del 16 dicembre 2016, ha esaminato la documentazione prodotta dal raggruppamento CMC a comprova dei tre requisiti di ordine speciale da parte dell’impresa Metrostav (che non era in possesso di attestazione SOA, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti dagli artt. 62 e 79 e ss. del D.P.R. n. 207 del 2010) e ha rilevato quanto segue: “Per quanto riguarda il requisito di cui al punto ‘3. Adeguata dotazione di attrezzature tecniche’ dell’Allegato n. 1 al Bando integrale di gara, la detta impresa produce una dichiarazione, nella quale indica l’importo del costo per attrezzature e allega, altresì, un elenco dei macchinari posseduti. Si ritiene di chiedere all’impresa di integrare con idonea dimostrazione quanto dichiarato. Per quanto riguarda il requisito di cui al punto ‘4. Adeguato organico medio annuo’ dell’Allegato n. 1 al Bando integrale di gara, la stessa impresa produce una dichiarazione nella quale indica l’importo del costo totale del personale, come si evince dai dati di bilancio, e la suddivisione tra la parte relativa al costo per operai e la parte relativa al costo per impiegati tecnici e amministrativi. Si ritiene di chiedere all’impresa di integrare con idonea dimostrazione quanto dichiarato in merito alla suddetta suddivisione” (cfr. doc. 22 della ricorrente incidentale).
Dunque la Commissione di gara pur avendo preso atto che l’impresa Metrostav, anziché produrre la richiesta documentazione a comprova dei requisiti, si era limitata a produrre solo nuove “dichiarazioni”, ha deciso ciò nonostante di chiedere all’impresa Metrostav di “integrare con idonea dimostrazione quanto dichiarato”, in violazione del citato art. 48 del D.Lgs. n. 163 del 2006, che fissa un termine perentorio di 10 giorni per la produzione della documentazione a comprova dei requisiti di cui si tratta.
Vero è che la stazione appaltante, accertata la mancata produzione della documentazione a comprova dei requisiti, avrebbe dovuto escludere il raggruppamento CMC, ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs n. 163 del 2006, il quale prevede espressamente che “quanto tale prova non sia fornita…le stazioni appaltanti procedono all’esclusione del concorrente dalla gara”. Peraltro, la sanzione espulsiva non discende solo dalla citata disposizione di legge, ma anche dalla previsione inserita nella normativa di gara: invero, l’art. 9 del bando integrale di gara prevede l’esclusione dei candidati “in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal D.Lgs. 163/2006 , dal D.P.R. 207/2010 e da altre disposizioni di legge vigenti”.
La stazione appaltante, invece, anziché procedere all’esclusione del raggruppamento CMC, ha chiesto integrazioni documentali a comprova dei requisiti, con nota del 17 dicembre 2015 (cfr. doc. 20 della ricorrente incidentale). Per completezza di esposizione va detto che la mandante Metrostav, con nota del 30 dicembre 2015, ha risposto a BBT, allegando un inventario delle immobilizzazioni della documentazione inerente l’organico medio annuo (cfr. doc. 21 della ricorrente incidentale). Nella seduta del 13 gennaio 2016 la Commissione di gara ha ritenuto che la documentazione prodotta dall’impresa Metrostav in allegato alla nota del 30 dicembre 2015 fosse sufficiente a dimostrare il possesso dei citati requisiti (cfr. doc. 23 della ricorrente incidentale).
Osserva il Collegio che secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza, il riferimento ad “ogni” omissione o incompletezza documentale contenuto nell’art. 46, comma 1ter, del D.Lgs. n. 163 del 2006 deve intendersi limitato alla fase dichiarativa dei requisiti in vista dell'ammissione alla gara, e non già esteso alla successiva fase del “controllo” sul possesso dei requisiti autocertificati, fase in cui assume rilievo preminente il generale principio di autoresponsabilità del dichiarante: “il soccorso istruttorio c.d. rinforzato, di cui all’art. 46, comma 1 ter del d.lgs. n. 163/2006, riguarda la sola fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti per l’ammissione alla gara, ma non anche la fase del controllo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa il cui possesso sia stato dichiarato nel segmento procedimentale anzidetto… L’esclusione dell’impresa che non comprova il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa è quindi prevista dalla norma generale di cui all’art. 48 d.lgs. n. 163 del 2006” (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II, 25 ottobre 2016, n. 10565; nello stesso senso, Consiglio di Stato, Sez. III, 24 novembre 2016, n. 4931; TAR Lazio, Roma, Sez. II, 22 marzo 2016, n. 3580 e Tar Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 11 febbraio 2016, confermata in appello dal Consiglio di Stato, Sez. V, 21 novembre 2016, n. 4878).
L’istituto del c.d. soccorso istruttorio è volto “a dare rilievo al principio del favor partecipationis e della semplificazione, ciò, però, all’interno di limiti rigorosamente determinati, quale, ad esempio, quello dettato dal principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, per il quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 febbraio 2016, n. 627).
Né vale affermare che la normativa della Repubblica Ceca “non richiede per il possesso dei requisiti speciali alcuna prova documentale”, posto che, come rilevato dalla giurisprudenza, “l’art. 47, al comma 2, stabilisce, invero, che gli operatori economici stabiliti negli altri Stati aderenti all'Unione Europea "si qualificano alla singola gara producendo documentazione conforme alle normative vigenti nei rispettivi Paesi, idonea a dimostrare il possesso di tutti i requisiti prescritti per la qualificazione e la partecipazione degli operatori economici italiani alle gare. ...."; attiene quindi alla sola prova del requisito, che può essere data secondo la legge straniera, ma non anche al contenuto di esso, che deve sussistere per quanto richiesto dalla legge di gara, nel rispetto della legge italiana” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 3 settembre 2013, n. 4379).
Nel caso di specie, il raggruppamento CMC avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per non avere l’impresa mandante Metrostav tempestivamente fornito la prova atta a confermare l’effettivo possesso dei requisiti speciali di cui all’art. 79 del D.Lgs. n. 163 del 2006, in risposta alla prima richiesta formulata dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 48 dello stesso decreto.
Per le ragioni espresse deve pertanto riconoscersi alla ricorrente incidentale, in virtù del principio della soccombenza virtuale, il diritto alla rifusione delle spese di lite e il rimborso del contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sul ricorso incidentale, come in epigrafe proposti,
- dichiara il difetto di legittimazione a ricorrere del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con CMC quale capogruppo mandataria;
- dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, la domanda di annullamento degli atti impugnati presentata da CMC nel ricorso principale, come da motivazione;
- dichiara, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., l’illegittimità della clausola del bando integrale di gara di cui al punto 5.3, n. 1.4, lett. c), impugnata da CMC con il ricorso principale;
- accoglie parzialmente la domanda risarcitoria proposta nel ricorso principale e, per l’effetto, condanna BBT al risarcimento dei danni in favore di CMC, che liquida nella somma complessiva di euro 1.192.013,66, oltre rivalutazione monetaria e interessi, secondo le modalità di computo indicate in motivazione;
- dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso incidentale presentato da Astaldi;
- condanna BBT a rifondere a CMC le spese di lite concernenti il ricorso principale, che liquida in complessivi euro 10.000,00 (diecimila/00), oltre al rimborso del contributo unificato e agli altri accessori di legge; compensa le spese di lite tra BBT e Astaldi;
- condanna BBT e CMC, in solido tra loro, a rifondere ad Astaldi le spese di lite concernenti il ricorso incidentale, che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre al rimborso del contributo unificato e agli altri accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Terenzio Del Gaudio, Presidente
Margit Falk Ebner, Consigliere
Lorenza Pantozzi Lerjefors, Consigliere, Estensore
Edith Engl, Consigliere