TAR Abruzzo, sezione staccata di Pescara (sezione prima), 3 novembre 2016, n. 346.

1.   È noto che “il controllo analogo a quello esercitato sui servizi dell’ente affidante deve essere configurato in termini diversi e più intensi rispetto ai consueti controlli societari, quale attività di controllo forte che si traduce in un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività riferita a tutti gli atti di gestione ordinaria e agli aspetti che l’ente concedente ritiene opportuni di quella ordinaria”. In particolare, si richiede a tale scopo un controllo “al tempo stesso sugli organi, e quindi strutturale, e sugli atti, ovvero sulle azioni e sui comportamenti (cfr. già la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418): sugli organi nel senso che l’ente locale deve avere il potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; sulla gestione nella misura in cui l’ente affidante, oltre al potere di direttiva e di indirizzo, deve avere anche il potere di autorizzare o di annullare quantomeno tutti gli atti più significativi della società, come il bilancio, i contratti che superino una certa soglia ed in generale gli atti più qualificanti della gestione che non si risolvano in meri atti ordinari e burocratici (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762)” [così Cons. Stato, V, 13 marzo 2014 n. 1181]. (1)

2.   È parimenti noto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea ha chiarito che nel caso in cui venga fatto ricorso ad un’entità posseduta in comune da più autorità pubbliche, il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse.

3.   Si tratta di concetti codificati dall’art. 12, paragrafo 3, della Direttiva 2014/24/UE (e art. 17 della Direttiva 2014/23/UE), e nell’ordinamento interno dall’art. 5 D.lgs. 50/2016 nonché dall’art. 2, lett. c) e d), D.lgs. 175/2016, dove è stabilito che l’affidamento diretto è legittimo quando “a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi”, precisandosi che “Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti; ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica…”.

4.   Nel caso in esame lo Statuto ha inteso assicurare il controllo sulla gestione attraverso il predetto Comitato assembleare, le cui competenze tuttavia non si traducono in poteri di ingerenza tali da vincolare l’operato dell’organo di amministrazione.

5.   Manca in definitiva nella fattispecie, riguardo tanto al Comitato assembleare quanto ai singoli soci direttamente interessati all’andamento della gestione, il “potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante, che consenta cioè a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario” (TAR L’Aquila, 10 luglio 2014 n. 596).(2)

 

(1)    Conforme, Cons. Stato, V, 13 marzo 2014 n. 1181.

(2)    Conforme, TAR L’Aquila, 10 luglio 2014 n. 596.

 

Guida alla lettura

                                                                                  

 

In assenza di controllo analogo non è possibile affidare direttamente un servizio ad una società a totale controllo pubblico. È quanto ha stabilito il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione di Pescara, con la sentenza n. 346 del 3 novembre 2016 in merito ad un affidamento diretto del servizio di igiene urbana a una società in house controllata congiuntamente da 53 Comuni.

Alcune imprese operanti nel medesimo settore della società affidataria contestavano sotto svariati profili la legittimità dell’affidamento in house deducendo l'assenza, in capo alla società affidataria, dei requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per giustificare l'operazione. In particolare, le imprese ricorrenti evidenziavano che lo statuto societario e i regolamenti comunali sulla governance non avrebbero consentito agli enti locali soci l'esercizio, in forma congiunta, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. Nel ricorso si deduceva inoltre che, in merito alla definizione degli obiettivi strategici della società, all'autorizzazione dei principali atti di gestione, alla nomina ed alla revoca delle cariche sociali nonché all'approvazione dei bilanci, i relativi poteri erano stati attribuiti all'assemblea sociale che operava in base al principio maggioritario, tipico delle ordinarie società commerciali, non essendo previste nello statuto maggioranze qualificate finalizzate a coinvolgere nell'attività di controllo tutti i Comuni soci.

Il problema principale, sempre secondo le ricorrenti, era rappresentato dalla mancanza nello statuto societario di effettivi poteri di veto da parte dei soci, idonei a paralizzare decisioni o attività che si ponessero in contrasto con gli interessi dell'ente locale nel cui ambito territoriale si svolgeva il servizio dato in affidamento. Aspetto questi, assai rilevante, e sul quale si erano già precedentemente espressi  il Tar Lazio con la sentenza n. 9988 del 16 ottobre 2007 n. 9988, nonchè il Tar Piemonte con la pronuncia n. 1069 del 13 giugno 2014, quest'ultima confermata anche dal Consiglio di Stato (sentenza n. 2154 del 27 aprile 2015). In definitiva, secondo le ricorrenti, in riferimento alla società affidataria mancava il requisito del controllo analogo, ovvero quel «potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante, che consenta cioè a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario», così come testualmente definito dal Tar dell'Aquila nella sentenza del 10 luglio 2014 n. 596, pronuncia quest’ultima richiamata e fatta propria dalla sentenza in commento che, come si dirà subito appresso, ha ritenuto meritevoli di accoglimento le censure sollevate dalle ricorrenti e conseguentemente annullato l’atto di affidamento diretto.

 

L’art. 5 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (nuovo Codice appalti), recependo i principi elaborati nel corso degli anni dalla giurisprudenza comunitaria in materia di affidamenti diretti e le disposizioni contenute nelle Direttive 2014/24/UE e 2014/23/UE, prevede che le concessioni o gli appalti pubblici aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo codice dei contratti pubblici quando sono contemporaneamente soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

1.   un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi: ai sensi del comma 2 dell’art. 5 sussiste il requisito del controllo qualora “un'amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore esercita su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi del comma 1, lettera a), qualora essa eserciti un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.”

2.   oltre l’80% dell’attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da un ente aggiudicatore, nonché da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice;

3.   nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione previste da specifiche disposizioni normative nel rispetto dei Trattati e che non comportano controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

I commi 4 e 5 dell’art. 5 del nuovo Codice dei contratti pubblici prevedono poi che il controllo analogo sussiste anche quando le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano tale controllo in forma congiunta. Infatti, secondo il nuovo Codice dei contratti pubblici si ha “controllo congiunto” quando vengono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni:

1. gli organi decisionali della persona giuridica controllata (beneficiaria dell’affidamento diretto) sono composti dai rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti al suo capitale. Tuttavia, è previsto che i singoli rappresentanti possano rappresentare anche varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori partecipanti.

2. le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori esercitano congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.

3. la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori controllanti.

Dal quadro normativo sinteticamente ricostruito, ed al quale la sentenza in commento fa espresso riferimento, emerge con chiarezza come il requisito della influenza determinante sulla società controllata venga ad assumere rilievo centrale nella configurazione dell’affidamento in house, quale requisito necessario perché l’amministrazione o le amministrazioni pubbliche partecipanti possano ritenersi titolari di quel potere di controllo analogo sulla società controllata che legittima l’affidamento diretto a quest’ultima di contratti pubblici.

Certamente l’espressione influenza determinante in cui si manifesta il controllo analogo a quello che un’amministrazione eserciterebbe nei confronti dei propri servizi non può ritenersi assimilabile all’influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria o totalitaria è di regola in grado di esercitare sull’assemblea della società e, di riflesso, sulla scelta degli organi sociali. Infatti, il ruolo determinativo e conformante del potere esercitato nei casi di autoproduzione di beni e servizi si sostanzia, al contrario, in un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell’ente, con modalità e con un’intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente spettano al socio, fosse pure un socio unico, in base alle regole dettate dal codice civile, e sino al punto che agli organi della società non resta affidata nessuna rilevante autonomia gestionale.

Le modalità, poi, attraverso le quali tale influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società controllata possono concretizzarsi sono declinate nelle numerosi decisioni della giurisprudenza interna e comunitaria sul tema, che possono così brevemente sintetizzarsi: il consiglio di amministrazione deve essere privo di poteri gestionali rilevanti: l’impresa non deve acquisire una vocazione commerciale che renda precario il controllo dell’ente pubblico; le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante; l’ente deve essere titolare del potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione e controllo.

A ben vedere, in maniera più capillare e sistematica, qualche decisione ha precisato che il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi “deve essere configurato in termini diversi e più intensi rispetto ai consueti controlli societari, quale attività di controllo forte che si traduce in un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività riferita a tutti gli atti di gestione ordinaria e agli aspetti che l’ente concedente ritiene opportuni di quella ordinaria”, precisando poi che tale a tale scopo il controllo esercitato dall’ente affidante deve estrinsecarsi sia in un controllo sugli organi della società controllata, e quindi di tipo strutturale, nel senso che l’ente deve avere il potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo, nonché, altresì, in un controllo sugli atti posti in essere dalla società, e quindi sulla gestione della stessa. A quest’ultimo riguardo specifica ulteriormente la giurisprudenza che il controllo sulla gestione dell’affidataria implica innanzitutto un potere di direttiva ed indirizzo vincolante per la società controllata, e che tale vincolatività debba essere garantita e resa effettiva dalla sussistenza di un potere di autorizzare preventivamente o annullare successivamente, quantomeno, tutti gli atti più significativi della società, come il  bilancio, i contratti che superino una certa soglia ed in generale gli atti più significativi della gestione che non si risolvano appunto, in meri atti ordinari e  burocratici (tra le altre, Consiglio di Stato n. 762 del 11 febbraio 2013).

 

La sentenza in commento ha fatto puntuale applicazione di queste coordinate ermeneutiche allorchè ha dovuto accertare se la società controllata Ecolan Spa soddisfacesse il requisito del controllo analogo.

Dopo aver brevemente ricostruito il quadro giuriprudenziale e normativo in tema di controllo analogo sulle società in house, il Tar abruzzese ha rilevato come nel caso sottoposto al suo esame lo Statuto societario avesse inteso assicurare il controllo sulla gestione della società affidataria attraverso la costituzione di un apposito Comitato assembleare, e quindi, in conseguenza di ciò, il Collegio si è preoccupato di verificare se i poteri attribuiti dallo Statuto e dai regolamenti comunali a tale organismo conferissero ai Comuni partecipanti un effettivo controllo sulla gestione della società.

Attraverso un puntuale esame delle disposizioni statutarie disciplinanti le funzioni del Comitato assembleare il Tar ha messo in evidenza, in primo luogo, come la facoltà di avanzare “proposte di deliberazione”, i poteri di verifica dello stato di attuazione degli obiettivi e di vigilanza sull’attuazione dei contratti di servizio, nonché di esame delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, così come tutte le altre prerogative  attribuite dall’art. 22 dello Statuto al predetto organo, benchè consentissero al Comitato lo svolgimento di un’intensa attività conoscitiva sulla gestione della società non si traducevano, però, nell’esercizio di poteri in grado di incidere effettivamente, in maniera vincolante, sull’attività di gestione del consiglio di amministrazione.

Allo stesso modo, anche le facoltà e i poteri attribuiti al Comitato dal regolamento comunale disciplinante i rapporti tra la società e i Comuni partecipanti non attribuivano a tale organismo alcun potere di controllo sulla gestione che si traducesse nella facoltà di emettere direttive ed indirizzi vincolanti per l’organo amministrativo. Parimenti è da dirsi relativamente alla funzione di vigilanza e di ispezione prevista dal regolamento che, analogamente, non si si traduceva in un potere che fosse concretamente in grado ad incidere sulla gestione della società, visto che non erano previste iniziative e misure che gli enti locali potessero adottare per porre rimedio agli eventuali inadempimenti riscontrati, escludendosi così, anche sotto questo profilo, ogni reale e concreta possibilità di incidere sugli atti di gestione.

Il Tar ha rilevato come la mancata previsione di concreti poteri in grado di conformare gli atti dell’organo di amministrazione alle valutazioni degli enti controllanti rendesse tali previsioni statutarie e regolamentari non idonee a soddisfare l’esigenza “che il controllo debba essere esercitato non solo in forma propulsiva ma anche attraverso l’esercizio - in chiave preventiva - di poteri inibitori, volti a disinnescare iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio”. A tal proposito il Collegio ha sottolineato come il diritto di veto previsto dal Regolamento non soddisfacesse tale esigenza poiché non si traduceva in un effettivo potere interdittivo riguardo alle deliberazioni adottate del consiglio di amministrazione eventualmente in contrasto con gli interessi di cui gli enti partecipanti erano portatori, allorchè tali deliberazioni attenessero direttamente alla gestione del servizio nell’ambito territoriale di questi ultimi.

Inoltre, il fatto che nell’ipotesi in cui il consiglio di amministrazione non intendesse uniformarsi ai rilievi dell’ente locale le “definitive determinazioni” fossero rimesse al Comitato assembleare finiva per privare l’ente comunale direttamente interessato al servizio di un apprezzabile potere di intervento sulla gestione che interessava direttamente il proprio territorio. Vieppiù, né lo Statuto né il regolamento prevedevano che tali “definitive determinazioni” potessero comportare “l’annullamento dell’atto dell’organo amministrativo o comunque l’adozione di concrete misure idonee a salvaguardare l’interesse dell’ente che aveva attivato la procedura di veto.

In definitiva, in virtù di tutto quanto rilevato, il Tar ha ritenuto che nella fattispecie mancasse, tanto con riguardo al Comitato assembleare, quanto con riferimento ai singoli Comuni partecipanti direttamente interessati all’andamento della gestione, il “potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante, che consenta cioè a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario” (TAR L’Aquila, 10 luglio 2014 n. 596”.

In effetti, sul punto, già il Tar l’Aquila aveva chiaramente evidenziato che “a fronte dell’ampiezza dei poteri e dell’autonomia gestionale affidata all’organo amministrativo, la previsione di un controllo preventivo e di un potere di indirizzo sugli atti di gestione appaiono mere petizioni di principio e previsioni astratte, in mancanza di qualsivoglia previsione in ordine … alle conseguenze del loro esercizio.” Allorchè, infatti, non si chiarisca quali siano le conseguenze di un eventuale esito negativo dei controlli effettuati o di un eventuale discostamento o mancato assolvimento dal parte del consiglio di amministrazione alle direttive e agli indirizzi impartiti, il potere di indirizzo e direttiva, anche se formalmente attribuito, viene a mancare della capacità di incidere concretamente sulla gestione proprio perché sfornito di adeguate sanzioni. Ecco perchè la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che alla previsione di un potere di indirizzo e direttiva debba accompagnarsi, sempre, anche la previsione di un potere di autorizzare preventivamente, o di annullare successivamente, quantomeno, tutti gli atti più importanti della società; ne deriva che la mancanza di tali poteri in capo agli enti affidatari del servizio determina l’insussistenza di un effettivo e reale controllo sulla gestione della società e quindi del requisito del controllo analogo.

 

Altro elemento rilevante, debitamente evidenziato dal Collegio, che ha portato lo stesso ad escludere la sussistenza di effettivi poteri di controllo sulla gestione, e quindi l’esistenza di un controllo analogo, è il fatto che lo Statuto non garantisse nell’ambito del Comitato assembleare una rappresentanza adeguata agli enti comunali affidatari del servizio.

Sul punto il Tar ha infatti evidenziato che lo Statuto non operava alcuna distinzione tra soci che gestivano il servizio tramite Ecolan e quelli che si servivano invece di imprese private o società miste, essendo in esso previsto che tutti i Comuni potessero esercitare congiuntamente i poteri riservati all’Assemblea e quindi concorrere, tutti, indistintamente, a deliberare anche su aspetti della gestione aventi rilevanza esclusiva nell’ambito dei Comuni affidanti.

Mancavano inoltre patti parasociali che vincolassero a votare, su questioni riguardanti i servizi prestati in uno specifico Comune, in conformità alla volontà espressa dall’ente comunale direttamente interessato.

Infine, la composizione del Comitato assembleare non era tale da garantire una adeguata rappresentanza agli enti affidanti visto che, per espressa previsione statutaria, tutti i soci – affidanti e non – concorrevano indistintamente ad eleggere il Comitato, sicchè, in definitiva, i poteri di controllo sulla gestione facevano capo ad un organismo che era espressione anche dei soci sui cui territorio l’affidataria non operava e ciò, evidentemente, non rifletteva in maniera adeguata la specifica posizione degli enti direttamente interessati alle decisioni sull’andamento del servizio.

Il concetto di un controllo che sia analogo a quello esercitato sui propri servizi evoca infatti una gestione riconducibile allo stesso ente affidante, tant’è che con riferimento all’in house si evidenzia sempre come lo esso attui nella sostanza - seppur i soggetti rimangano formalmente e giuridicamente distinti - un rapporto di delegazione interorganica tra ente affidante e società affidataria che vede quest’ultima assumere la veste di longa manus del primo. Appare quindi evidente come la sussistenza di un simile rapporto debba escludersi allorchè la composizione del Comitato assembleare non sia in grado di soddisfare l’esigenza che gli enti affidanti l'erogazione dei propri servizi siano titolari di un potere di direttiva e di controllo capace di esplicarsi mediante indirizzi e direttive vincolanti sulle modalità di erogazione del servizio affidato perché soltanto in presenza di un simile potere può affermarsi l’esistenza di un effettivo controllo analogo che riduce l’affidataria al ruolo di mera longa manus dell’ente affidante, come tale priva di ogni rilevante autonomia gestionale.

Concludendo, si può osservare che le motivazioni della sentenza in commento dovrebbero indurre gli amministratori pubblici tenuti ad esercitare la governance sulle proprie società in house, allorchè procedano ad affidamenti diretti, a verificare attentamente se siano stati previsti o meno adeguati strumenti statutari, regolamentari e/o parasociali che siano in grado di garantire un controllo analogo concreto e reale.

Infine, la vicenda dovrebbe servire da spunto alle amministrazioni pubbliche per introdurre strumenti di controllo forte in occasione degli obblighi di adeguamento statutari, da approvare entro il 31 dicembre 2016, previsti dall’art. 26 del D.Lgs. n.175 del 2016, nuovo Testo Unico sulle società partecipate.

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 284 del 2016, proposto da:
Autotrasporti e Pulizie Industriali di Petroro Silvio S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Cristiano Bertoncini C.F. BRTCST72T24E372B, con domicilio eletto presso Giancarlo D'Angelo in Pescara, via Indro Montanelli, 6;

contro

Comune di Atessa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Russo C.F. RSSMCL29P04D763V, con domicilio eletto presso il suo studio in Pescara, via delle Caserme, 85;

nei confronti di

Eco.Lan. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Costantino Tessarolo C.F. TSSCTN39B16H501V, Giuseppe Piperata C.F. PPRGPP70H13C352H, Vincenzo Antonucci C.F. NTNVCN67H20L273O, Fausto Troilo C.F. TRLFST78S03E435O, con domicilio eletto presso Felicetta De Gregorio in Pescara, via G. Galilei, 48;

per l'annullamento

della deliberazione n. 47 del 19 agosto 2016 con la quale il Consiglio Comunale del Comune di Atessa ha approvato il disciplinare prestazionale e il capitolato d'oneri d'affidamento in house alla società ECOLAN S.P.A. del servizio di igiene urbana; della deliberazione n. 46 del 19 agosto 2016 di conferma alle modifiche dello Statuto e Regolamento volto a disciplinare i rapporti tra enti locali e società; nonché di tutti gli atti stessi preordinati, consequenziali e connessi; nonché per la caducazione del contratto stipulato/stipulando tra il Comune e la società controinteressata.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Atessa e di Eco.Lan. S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2016 il dott. Alberto Tramaglini e uditi l'avv. Cristiano Bertoncini per la parte ricorrente, l'avv. Marcello Russo per l'amministrazione comunale, l'avv. Fausto Troilo e l'avv. Vincenzo Antonucci, anche per gli avv.ti Giuseppe Piperata e Costantino Tessarolo, per la società controinteressata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1 - La società ricorrente, premesso di essere l’attuale affidataria del servizio, che l’Amministrazione resistente non ha inteso prorogare alla scadenza, impugna l’atto con cui il Comune di Atessa ha disposto l’affidamento in house del servizio di igiene urbana alla controinteressata (società interamente partecipata da 53 comuni della provincia di Chieti, di cui quello resistente detiene il 6,35% delle azioni).

Deduce sotto vari profili la illegittimità dell’atto di affidamento, sostenendo in particolare:

- l’inadeguatezza, sotto vari profili e anche con riferimento all’omessa considerazione di quanto richiesto dall’art. 3 bis del D.L. 138/2011, dell’istruttoria nonché della motivazione in ordine alle ragioni di “efficienza ed economicità della scelta”, tali da sconsigliare la continuazione del contratto in essere e comunque il ricorso al mercato;

- la mancanza, da parte di ECOLAN, di esperienza diretta nella gestione dei servizi, se non in comuni di piccole dimensioni;

- lo sviamento di potere, ravvisato nella parte motivazionale che esprime, tra le ragioni di affidamento del servizio a ECOLAN, quella diretta alla “salvaguardia del valore patrimoniale della quota di questo comune nella società”, in quanto ritenuta elusiva della normativa di settore, finalizzata sia alla scelta del modello di gestione del servizio più efficiente ed efficace, sia alla razionalizzazione delle società partecipate;

- l’inversione del procedimento con cui è stato approvato il nuovo Statuto e relativi regolamenti, redatti e deliberati dagli organi della Società e solo in un secondo tempo oggetto di mero recepimento da parte del Consiglio comunale, con l’effetto che le regole sul “controllo analogo” sono state predisposte non dall’ente controllore bensì dalla società controllata;

- l’inidoneità delle disposizioni statutarie e regolamentari ad assicurare agli enti il predetto controllo analogo sulla società;

- l’assenza di ogni considerazione in ordine alla sussistenza del requisito dell’attività prevalente.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Atessa e Ecolan che hanno replicato ai motivi di ricorso.

La difesa di Ecolan ha in particolare argomentato che la società affidataria ha tutti i requisiti caratterizzanti il modello in house providing in quanto a capitale interamente pubblico, assoggettata al controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici dagli enti titolari del capitale sociale e che realizza la parte più importante della propria attività con gli enti pubblici cha la controllano, evidenziando che l’Amministrazione ha dato contezza nella deliberazione impugnata e nella relazione di cui all’art. 34, comma 20, del D.L. n. 174/2012, della sussistenza dei requisiti comunitari e delle ragioni di fatto e di diritto legittimanti l’affidamento.

2 - Prima di dar conto delle questioni di merito, vanno considerate le eccezioni preliminari con cui il Comune resistente e la società affidataria hanno evidenziato, con pretesi riflessi sulla legittimazione, la mancata impugnazione degli atti con cui l’Amministrazione ha deciso di non prorogare il rapporto in essere con la ricorrente.

Va sul punto chiarito che non è contestata la qualità di impresa operante nel settore facente capo alla ricorrente, sicché non è significativa la posizione di aspirante alla proroga del rapporto venuto a scadenza, rivendicata dalla Società e oggetto di separato giudizio. È infatti sufficiente a legittimare la proposizione del ricorso la qualità di impresa operante nel settore, titolare dell’interesse strumentale a vedersi aggiudicato il servizio all’esito della gara che dovesse essere indetta nel caso di annullamento dell’impugnato affidamento in house. Non vi è pertanto alcuna esigenza di riunire questo giudizio a quello instaurato dalla stessa ricorrente avverso gli atti con cui il Comune ha espresso il suo intendimento di non disporre la proroga di tale contratto.

Non si ritiene che faccia venir meno tale legittimazione, come invece sostiene il Comune, la considerazione che l’Ente, eliminati i vizi riscontrati, conserverebbe il potere di optare per l’affidamento diretto anche nell’ipotesi di accoglimento del ricorso. L’annullamento del provvedimento impugnato determinerebbe, infatti, la riconduzione del procedimento alla fase in cui si effettua la scelta della modalità di gestione, rimettendo in tal modo in gioco l’opzione “ricorso al mercato” e aprendo al sindacato sulla motivazione del nuovo affidamento. Resta l’ulteriore considerazione che l’accoglimento di un vizio di carattere “radicale” (quale quello che mette in discussione la sussistenza di controllo analogo) precluderebbe nell’immediatezza un nuovo affidamento diretto, rendendosi allo scopo necessaria la preliminare approvazione di ulteriori modifiche statutarie, il che evidenzia l’interesse delle imprese private operanti nel settore a contestare la legittimità della scelta in esame e rendere così possibile una diversa opzione.

Il Comune resistente sostiene ulteriormente che l’impresa ricorrente, ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c), D.lgs. 50/2016, non potrebbe comunque partecipare a tale eventuale gara, posto che –come evidenziato negli atti con cui l’Amministrazione ha espresso la volontà di non prorogarle il servizio- la stessa si sarebbe resa colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.

In senso contrario il Collegio ritiene che la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione vada effettuata all’interno del procedimento di gara e non possa essere anticipata nell’ambito di un giudizio che non abbia ad oggetto le determinazioni amministrative di ammissione o di esclusione adottate dalla stazione appaltante. Richiedendo la norma citata che “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, non sembra perciò questa la sede in cui possa stabilirsi la ricorrente abbia o meno titolo a partecipare ad una eventuale gara, implicando tale giudizio una pronuncia “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”, espressamente preclusa dal Codice del processo amministrativo (art. 34, co. 2, cod. proc. amm.). La norma richiamata d’altronde richiede che le “significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione” ne abbiano determinato “la risoluzione anticipata” o “una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”, circostanze non evocate nel caso di specie.

Sempre in via preliminare, va qui ribadito quanto già osservato dalla Sezione con sentenza n. 349/2015 in ordine alla tempestività del ricorso contro la suddetta delibera di affidamento, e cioè che “la mera partecipazione del Comune … alla predetta ECOLAN spa, risalente come detto al 2010, non equivale di per sé all’automatico affidamento del servizio pubblico (cfr. sul punto, di recente, Consiglio di Stato, Sez. V, 11 settembre 2015, n. 4253), ancor più in considerazione del fatto che l’art. 34, comma 20, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, norma sulla cui base è anche impostato il ricorso di primo grado, impone all’Amministrazione autonome valutazioni per l’affidamento del servizio, valutazioni che vengono espresse dall’amministrazione al momento dell’affidamento e che ben possono essere sindacate” (Cons. Stato, V, 12 maggio 2016 n. 1900, resa sull’appello avverso la predetta sentenza 349/2015).

3 – Passando all’esame delle questioni di merito, vanno considerati in via preliminare i motivi che mettono in discussione la sussistenza del requisito del controllo analogo, questione già oggetto della controversia definita con la citata sentenza n. 349 del 2015, le cui statuizioni hanno indotto la Società a dotarsi di un nuovo Statuto allo scopo di superare le criticità riscontrate.

La difesa di ECOLAN ha sostenuto che con le modifiche statutarie e con l’approvazione dei regolamenti è stato rafforzato il controllo da parte degli enti soci, ciascuno dei quali con il potere di condizionare le scelte operative riguardanti il servizio, tanto in generale quanto nella parte svolta nell’ambito dei singoli territori, richiamando le disposizioni statutarie e regolamentari che assicurerebbero tale controllo e che si ritiene opportuno riportare nelle parti che principalmente interessano:

Art. 1 (Costituzione e denominazione)

1. E' costituita la società denominata "ECO.LAN. S.p.A.", a totale capitale pubblico locale, interamente versato. 2. ECOLAN S.p.A. ha natura di società in house providing ed è soggetta alla direzione, al coordinamento ed al controllo analogo degli Enti locali soci. 3. Per i fini di cui al precedente comma, gli Enti Locali soci adottano un Regolamento comune per disciplinare i rapporti tra gli stessi Enti Locali e la Società. Il regolamento è modificabile solo previo espresso consenso di tutti gli Enti Locali soci. 4. La Società è partecipata unicamente dagli enti locali individuati dal d.lgs. 267/2000.

Art. 22 - Comitato Assembleare per il controllo analogo.

1. Al fine di disciplinare la collaborazione tra i Soci per l'esercizio in comune, sulla Società, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, l'Assemblea elegge tra i suoi componenti un "Comitato Assembleare per il controllo analogo" (da ora in poi chiamato "Comitato").

2. A tale scopo il Comitato:

a. esamina tutte le proposte di deliberazione di Assemblea formulate dal Consiglio di Amministrazione, partecipando, su richiesta, alla fase istruttoria, e redige un parere preventivo;

b. verifica lo stato di attuazione degli obiettivi risultanti dai bilanci e dagli atti di programmazione di cui agli artt. 40-42 del presente statuto e dei contratti di servizio;

c. vigila sullo stato di attuazione dei contratti di servizio con periodicità almeno trimestrale, rilevando le problematiche emerse e formulando proposte migliorative da sottoporre all'esame del Consiglio di Amministrazione e dell'Assemblea;

d. procede alle audizioni del Presidente, sia in merito a singole attività gestionali, programmatorie e/o di controllo che in merito all'andamento generale della gestione;

e. approfondisce eventuali tematiche controverse tra la Società e l'Autorità d'ambito;

f. esamina con cadenza almeno trimestrale le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione, formula proposte di deliberazione del medesimo Consiglio di Amministrazione e chiede al medesimo chiarimenti anche in ordine allo stato di attuazione delle deliberazioni assunte.

3. Il Comitato è composto dai sindaci degli Enti Locali soci, o loro delegati, eletti secondo le modalità di cui al successivo art. 23.

4. Il Comitato si riunisce periodicamente e comunque almeno quattro volte l'anno. A tali riunioni il Comitato può invitare il Presidente e i componenti del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale.

5. Il Presidente del Consiglio di Amministrazione inoltra al Presidente del Comitato, con cadenza almeno trimestrale, referti attinenti gli aspetti più rilevanti dell'attività della Società, anche sotto il profilo dell'efficacia, efficienza, economicità, puntualità e redditività della gestione che indichino gli scostamenti dal Bilancio preventivo annuale con le relative analisi.

6. I componenti del Comitato sono referenti nei confronti dei Consigli Comunali degli Enti Locali soci, che possono chiederne l'audizione, secondo le previsioni del Regolamento comune per disciplinare i rapporti tra gli stessi Enti Locali e la Società.

7. Ciascun Socio ha il diritto di ottenere dalla Società tutte le informazioni e tutti i documenti che possono interessare i servizi gestiti nel territorio di competenza".

"Art. 23 — Composizione del Comitato.

1. Il Comitato è composto da nove membri, di cui:

- tre eletti dagli Enti Locali soci aventi una popolazione fino a 890 abitanti;

- tre eletti dagli Enti Locali soci aventi una popolazione da 891 a 1.950 abitanti;

- tre eletti dagli Enti Locali soci aventi una popolazione oltre 1.950 abitanti.

2. L'elezione avviene mediante assemblee separate per ogni raggruppamento…

3. Le singole assemblee degli Enti Locali soci, ai fini dell'elezione dei componenti del Comitato, sono regolarmente costituite, sia in prima, che in seconda convocazione ed in successive eventuali altre, con la presenza di tanti Enti Locali soci che rappresentano almeno la metà dei soci appartenenti al raggruppamento; ciascun Ente Locale socio, nelle assemblee di cui al presente comma, ha diritto ad un solo voto; le assemblee di ciascun raggruppamento di Enti Locali soci deliberano a maggioranza assoluta dei presenti.

6. I componenti del Comitato rappresentano tutti gli Enti Locali soci del raggruppamento che li ha eletti".

Art. 24 — Funzionamento del Comitato

3. Il Comitato è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei componenti e delibera con il voto favorevole della maggioranza dei membri. Delle sedute è redatto apposito verbale.

6. Il Comitato approva un regolamento per disciplinare il proprio funzionamento. Fin tanto che il regolamento non venga approvato non è pregiudicato il funzionamento del Comitato e si applicano le norme del presente statuto.

Il regolamento di cui all’art. 1, comma 3, dello statuto tra l’altro prevede:

Art. 7. Obbligo della Società.

1. La Società è obbligata a segnalare immediatamente all'Ente Locale ogni eventuale disservizio, nonché le misure adottate o che intende adottare per porvi rimedio.

2. È in facoltà dell'Ente Locale indire riunioni, anche urgenti, con la Società, che è tenuta a parteciparvi con personale di livello adeguato alle questioni da trattare, in merito ai problemi emersi o a possibili sviluppi concernenti i servizi gestiti dalla Società stessa nell'ambito del territorio comunale.

Art. 8. Diritto di veto

1. È in facoltà dell'Ente Locale esercitare il diritto di veto sulle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione della Società, che abbiano esclusiva attinenza al territorio dell'Ente Locale stesso e che, in ogni caso, non coinvolgano gli interessi degli altri Enti Locali soci singolarmente considerati o quelli collettivi perseguiti dalla Società.

2. L'Ente Locale che intende esercitare il diritto di veto di cui al precedente comma deve, prioritariamente e motivatamente, invitare il Consiglio di Amministrazione a provvedere al riesame dell'atto deliberativo assunto o a modificarlo.

3. Il diritto di veto può essere esercitato entro il termine perentorio di trenta giorni (30) decorrente dal giorno in cui l'atto deliberativo perviene all'Ente Locale e deve essere comunicato al Consiglio di Amministrazione nel medesimo termine mediante posta elettronica certificata o mediante qualsiasi altro mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione.

4. Ove il Consiglio di Amministrazione non intenda uniformarsi ai rilevi dell'Ente Locale l'atto deliberativo è sottoposto alle definitive determinazioni del Comitato Assembleare per il Controllo Analogo.

Art. 9. Comunicazioni della Società.

1. La Società presenta, entro il 31 gennaio di ciascun anno, al Consiglio Comunale un rapporto sul proprio assetto organizzativo, anche con riferimento alle Società controllate, collegate o alle quali comunque partecipi, nonché sull'attività svolta nell'anno precedente, con l'indicazione delle iniziative assunte, dei progetti realizzati, dei risultati raggiunti, del grado di soddisfazione dell’utenza dell'Ente Locale rilevato tramite modalità predefinite…

Infine, il Regolamento sul funzionamento del Comitato di cui all'art.24, comma 6, dello statuto, stabilisce:

Art. 6: Poteri di vigilanza del Comitato

1. Ai fini dell'esercizio dei poteri di vigilanza di cui all'art.22, c.2, dello statuto, il Comitato può procedere ad atti di ispezione, accedere a tutti i documenti ed atti societari inerenti le questioni ad essa sottoposte dagli Enti locali soci e richiedere agli organi di amministrazione documenti e notizie utili all'esercizio del controllo con osservanza di un preavviso di gg cinque.

Art. 7: Esito dei controlli del Comitato

1. Il Comitato comunica, con periodicità almeno trimestrale, alla Società e agli Enti locali soci le verifiche e i controlli eseguiti sulla Società e l'esito degli stessi.

2. Nel caso in cui accerti che, nell'esercizio della propria attività, la Società non ottemperi alle disposizioni del/i contratto/i di servizio e delle carte di qualità dei servizi e, comunque, non persegua le finalità di cui al precedente art.1, il Comitato propone agli Enti locali soci le iniziative e le misure da adottare nei confronti della Società stessa per porre tempestivo rimedio agli inadempimenti riscontrati.

Art. 8: Mancato adeguamento della Società alle determinazioni del Comitato

1. Qualora il Comitato verifichi che gli organi amministrativi della Società non si siano conformati ai provvedimenti adottati dagli enti locali soci in seguito ai controlli compiuti ai sensi del precedente art.7, il Comitato comunica e propone ai soci gli ulteriori provvedimenti da adottare nei confronti della Società, ivi comprese, occorrendo, la revoca degli amministratori e la promozione nei loro riguardi dell'azione di responsabilità.

4 – L’impresa ricorrente ha dedotto al riguardo che lo statuto e i regolamenti non consentono agli Enti locali soci l'esercizio, in forma congiunta, di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. Ciò in quanto: -l’apposito Comitato, la cui composizione non sarebbe adeguatamente rappresentativa di tutti i soci, ha sì poteri propulsivi ma nessun potere inibitorio nei confronti del CdA della società; -nessun potere inibitorio è attribuito all’ente nel cui territorio si svolge il servizio, stante la scarsa efficacia a tal fine del c.d. “diritto di veto”; -le decisioni dell’Assemblea e del Comitato attinenti l’esercizio del controllo analogo sono adottate in base a regole maggioritarie inidonee a coinvolgere nelle scelte la totalità degli enti.

4.1 – Sostengono invece le parti resistenti che gli artt. 1-22-23-24-25-26 dello statuto societario, nonché i regolamenti citati, assicurano agli enti soci un potere di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività riferita a tutti gli atti di gestione, sia ordinaria, sia straordinaria. Richiamano il principio secondo cui il controllo analogo non deve essere necessariamente esercitato da ognuno degli enti territoriali che si avvalgono della società per il soddisfacimento delle esigenze della collettività di riferimento, essendo sufficiente che detto controllo venga espletato dai soci nella loro totalità, dovendosi seguire un criterio sintetico imperniato sui rapporti tra la collettività degli enti pubblici rispetto alla società affidataria.

Viene in particolare sottolineato (con richiamo a TAR Liguria, sez. II, n. 120/2016 e TAR Lombardia-Brescia, II, 23.9.2013, n. 780) che "controllo analogo" non significa che è necessaria “la configurabilità di un controllo totale ed assoluto di ciascun ente pubblico sull'intera società, ma che, in forza di idonei strumenti giuridici, ciascun ente sia in grado di assumere il ruolo di dominus nelle decisioni operative rilevanti circa il frammento di gestione relativo al proprio territorio”, sicché, per assicurare tale controllo, sarebbe sufficiente una clausola statutaria che, “in espressa deroga agli ordinari meccanismi societari di amministrazione e di controllo, riserva agli enti pubblici azionisti che affidino in via diretta alla società l'erogazione dei propri servizi pubblici locali un "potere di direttiva e di controllo" che si esplica -tra l'altro- mediante indirizzi "vincolanti", da esercitarsi in forma scritta, sulle modalità di erogazione del servizio affidato, con facoltà di risolvere anticipatamente ed unilateralmente il contratto in difetto di tempestivo adeguamento alle direttive impartite, o di dolosa sottrazione alle previste forme di controllo” .

Un simile controllo sarebbe garantito dalle modifiche statutarie e relativi regolamenti, attraverso cui ad ogni ente locale è stato dato il potere di condizionare le scelte operative riguardanti il servizio in generale ed in particolare la parte svolta nel proprio territorio.

In tal senso opererebbero il diritto di veto, il controllo congiunto attuato attraverso il Comitato, i poteri attribuiti a tale organismo dall’art. 22 dello Statuto nonché i penetranti poteri di vigilanza, ispettivi e di accesso di cui agli artt. 6 e seguenti del regolamento citato. Viene inoltre sottolineata la conformità del controllo in tal modo assicurato alle previsioni dell’art. 7 L.R. 23 del 2004 (“Norme sui servizi pubblici locali a rilevanza economica”), a norma del quale il servizio può essere affidato “a società a capitale interamente pubblico, alla condizione che l'ente o gli enti titolari del capitale sociale esercitino sulle società un generale potere di direzione, di coordinamento e di controllo analogo a quello esercitato sui servizi gestiti da proprie strutture interne, con particolare riferimento all'effettuazione di specifici controlli sui principali atti di gestione dell'affidatario”.

5 – Il Collegio ritiene che le censure sopra riassunte siano fondate. Poiché il controllo analogo non è assicurato né dalle clausole statutarie né da quelle regolamentari, può dunque prescindersi dall’esaminare le questioni di legittimità poste con riguardo alle modalità di approvazione di tali atti.

5.1 - È noto che “il controllo analogo a quello esercitato sui servizi dell’ente affidante deve essere configurato in termini diversi e più intensi rispetto ai consueti controlli societari, quale attività di controllo forte che si traduce in un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività riferita a tutti gli atti di gestione ordinaria e agli aspetti che l’ente concedente ritiene opportuni di quella ordinaria”. In particolare, si richiede a tale scopo un controllo “al tempo stesso sugli organi, e quindi strutturali, e sugli atti, ovvero sulle azioni e sui comportamenti (cfr. già la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 6 maggio 2002, n. 2418): sugli organi nel senso che l’ente locale deve avere il potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo; sulla gestione nella misura in cui l’ente affidante, oltre al potere di direttiva e di indirizzo, deve avere anche il potere di autorizzare o di annullare quantomeno tutti gli atti più significativi della società, come il bilancio, i contratti che superino una certa soglia ed in generale gli atti più qualificanti della gestione che non si risolvano in meri atti ordinari e burocratici (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762)” [così Cons. Stato, V, 13 marzo 2014 n. 1181].

È parimenti noto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea ha chiarito che nel caso in cui venga fatto ricorso ad un’entità posseduta in comune da più autorità pubbliche, il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse.

Si tratta di concetti codificati dall’art. 12, paragrafo 3, della Direttiva 2014/24/UE (e art. 17 della Direttiva 2014/23/UE), e nell’ordinamento interno dall’art. 5 D.lgs. 50/2016 nonché dall’art. 2, lett. c) e d), D.lgs. 175/2016, dove è stabilito che l’affidamento diretto è legittimo quando “a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi”, precisandosi che “Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni aggiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti; ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica…”.

5.2 - Nel caso in esame lo Statuto ha inteso assicurare il controllo sulla gestione attraverso il predetto Comitato assembleare, le cui competenze tuttavia non si traducono in poteri di ingerenza tali da vincolare l’operato dell’organo di amministrazione.

Come sostenuto dalla ricorrente, non hanno infatti alcuna portata vincolante le “proposte di deliberazione” di cui all’art. 22, lett. f., dello Statuto, così come i poteri di verifica dello stato di attuazione degli obiettivi (lett. b.), di vigilanza sullo stato di attuazione dei contratti di servizio, di rilevazione delle problematiche emerse e di formulazione di proposte migliorative da sottoporre all'esame del Consiglio di Amministrazione e dell'Assemblea (lett. c.), di audizione del Presidente (lett. d.), di approfondimento sulle eventuali tematiche controverse tra la Società e l'Autorità d'ambito (lett. e.), di esame con cadenza almeno trimestrale delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione (lett. f.): si tratta di un insieme di prerogative che evidenziano un’intensa attività conoscitiva che tuttavia non hanno alcuno sbocco nell’esercizio di poteri in grado di vincolare l’attività di gestione svolta dal Consiglio.

Nemmeno è previsto che la “facoltà” di indire riunioni con la Società “in merito ai problemi emersi o a possibili sviluppi concernenti i servizi gestiti dalla Società stessa nell’ambito del territorio comunale” (art. 7 Reg. ex art. 1 St.) possa tradursi in direttive ed indirizzi vincolanti, né possono condurre all’esercizio di un effettivo controllo in tal senso il rapporto di cui all’art. 9 dello stesso regolamento e l’informativa di cui all’art. 31, co. 5 St.

Analogamente deve dirsi delle attività di vigilanza ed ispezione (art. 6 Regolamento relativo al funzionamento del Comitato), non risultando nemmeno esse finalizzate all’esercizio di un potere che possa concretamente riflettersi sulla gestione, visto che non sono meglio definite “le iniziative e le misure” che gli “Enti locali soci” possono adottare “per porre tempestivo rimedio agli inadempimenti riscontrati” (art. 7, co. 2). Tant’è che, qualora gli organi della Società non dovessero conformarsi “ai provvedimenti adottati dagli enti locali soci in seguito ai controlli compiuti”, l’unico rimedio previsto è la revoca degli amministratori e la promozione nei loro confronti dell’azione di responsabilità (art. 8), mentre i generici “ulteriori provvedimenti da adottare nei confronti della Società” non prefigurano alcun concreto potere di controllo sugli atti.

La mancata individuazione di concreti poteri in grado di conformare gli atti dell’organo di amministrazione alle valutazioni degli enti controllanti rende tali previsioni non idonee a soddisfare l’esigenza “che il controllo debba essere esercitato non solo in forma propulsiva ma anche attraverso l’esercizio -in chiave preventiva- di poteri inibitori, volti a disinnescare iniziative o decisioni contrastanti con gli interessi dell’ente locale direttamente interessato al servizio” (TAR Piemonte, I, 1069/2014). Una simile esigenza non è assicurata nemmeno dal c.d. diritto di veto previsto dal Regolamento, non traducendosi lo stesso in un effettivo potere interdittivo riguardo alle “deliberazioni del Consiglio di Amministrazione della Società, che abbiano esclusiva attinenza al territorio dell'Ente Locale”. È infatti espressamente contemplata l’ipotesi che il Consiglio di amministrazione “non intenda uniformarsi ai rilevi dell'Ente Locale”, spettando in tal caso le “definitive determinazioni” al Comitato Assembleare, circostanza che priva l’ente direttamente interessato al servizio di un apprezzabile potere di intervento sulla gestione che interessa direttamente il proprio territorio. Del resto, né lo Statuto né i regolamenti stabiliscono che tali “definitive determinazioni” del Comitato possano comportare l’annullamento dell’atto dell’organo di amministrazione o comunque l’adozione di concrete misure idonee a salvaguardare l’interesse dell’ente che ha attivato la procedura di “veto”.

In capo all’ente direttamente interessato alle deliberazioni che hanno effetti sul proprio territorio residua unicamente il recesso dalla società in presenza di “reiterate violazioni da parte della Società delle disposizioni recate dai contratti di servizio relative alle modalità di erogazione dei servizi ad essa affidati nell’ambito territoriale di competenza del singolo Ente Locale” (art. 43 St.), previsione che tuttavia evidenzia l’assenza di un effettivo controllo sulla gestione, visto che il recesso è l’estremo rimedio di fronte alla constatata impossibilità di correggere le “reiterate” patologie riscontrate.

Manca in definitiva nella fattispecie, riguardo tanto al Comitato assembleare quanto ai singoli soci direttamente interessati all’andamento della gestione, il “potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell'attività del soggetto partecipato da parte dell'ente controllante-affidante, che consenta cioè a quest'ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell'affidatario” (TAR L’Aquila, 10 luglio 2014 n. 596).

Va segnalato che la decisione appena citata ha ritenuto che, “a fronte dell’ampiezza dei poteri e dell’autonomia gestionale affidata all’organo amministrativo, la previsione di un controllo preventivo e di un potere di indirizzo sugli atti di gestione appaiono mere petizioni di principio e previsioni astratte, in mancanza di qualsivoglia previsione in ordine … alle conseguenze del loro esercizio. Non si chiarisce, cioè, … quali siano le conseguenze della mancata trasmissione degli atti su cui esercitare il controllo preventivo o di un suo eventuale esito negativo. Ugualmente nulla è detto sull’eventuale scostamento del CdA rispetto alle direttive e agli indirizzi impartiti dai soci…”. Tali condivise affermazioni sono agevolmente riferibili anche alla fattispecie in esame, dove parimenti mancano previsioni in grado di vincolare il CdA al rispetto delle determinazioni assunte dal Comitato.

Lo stesso giudice, con sentenza 19 dicembre 2014 n. 929, ha poi ritenuto che il requisito in parola fosse assicurato a seguito della successiva costituzione di un Comitato “a cui partecipano tutti gli enti soci, che esamina in via preventiva ed esprime un parere parzialmente vincolante (cioè superabile dagli organi sociali solo previa e congrua motivazione) su tutti gli atti sociali, nonché autorizza, con parere preventivo interamente vincolante, i principali atti di gestione della società e quelli che, comunque, coinvolgono il suo assetto economico-finanziario, la gestione del servizio ad essa affidato e delle relative infrastrutture e gli organi sociali”, elementi che evidenziano, a contrario, la limitatezza dei poteri di controllo che caratterizzano la fattispecie.

Indicativa in tal senso è anche TAR Brescia, II, 17 maggio 2016 n. 691, che ha ritenuto idonea ad assicurare il controllo analogo l’esistenza di un Comitato che “può impartire direttive vincolanti all’organo amministrativo sulla politica aziendale (con particolare riferimento alla qualità dei servizi prodotti e alle caratteristiche da assicurare per il perseguimento dell’interesse pubblico), può porre il veto sulle operazioni ritenute non congrue o non compatibili con gli interessi pubblici della collettività e del territorio”, nonché proporre “all’Assemblea una rosa di candidati tra i quali scegliere i membri del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale”, da cui si evincono un insieme di poteri sugli atti e sugli organi, che nel caso in esame invece mancano.

Va per completezza rilevato che la L.R. 23 del 2004, allorché richiede l’esercizio di “un generale potere di direzione, di coordinamento e di controllo analogo a quello esercitato sui servizi gestiti da proprie strutture interne, con particolare riferimento all'effettuazione di specifici controlli sui principali atti di gestione dell'affidatario”, evidenzia anch’essa che nella fattispecie sono assenti clausole statutarie o patti parasociali che prevedano tali “specifici” poteri sulla gestione e assicurino quindi un controllo di intensità tale da poterlo considerare analogo a quello sui propri servizi.

5.3 - L’assenza di effettivi poteri di controllo emerge anche dalla considerazione che lo Statuto non soddisfa l’esigenza che l’organismo in questione sia adeguatamente rappresentativo degli enti affidanti.

Va sul punto precisato, come è pacifico tra le parti, che ECOLAN è partecipata da 53 Comuni, di cui solo 23 le hanno affidato il servizio in questione. Come si è già osservato, l’adesione alla Società non implica il necessario affidamento del servizio alla medesima, sicché risulta evidente che nemmeno in prospettiva nulla garantisce che lo status di socio venga a coincidere con quello di ente affidante. Anche a ritenere che la predetta adesione sia stata espressione dell’impegno “politico” dei Comuni partecipanti di procedere all’affidamento diretto una volta venuti a scadenza i vari rapporti con imprese terze a cui al momento erano legati, resta comunque la circostanza che, fintanto che l’affidamento diretto non venga a coinvolgere tutti i soci, gli enti che attualmente si servono di ECOLAN si trovano ad esercitare il controllo sulla gestione attraverso un organo che è emanazione anche dei Comuni che gestiscono il servizio attraverso gli altri sistemi previsti dall’ordinamento.

Lo Statuto non opera infatti alcuna distinzione tra soci che gestiscono il servizio tramite ECOLAN e quelli che invece si servono di imprese private o di società miste, essendo in esso previsto che tutti i Comuni esercitano congiuntamente i poteri riservati all’Assemblea e pertanto concorrono indistintamente a deliberare anche su aspetti della gestione che hanno esclusiva rilevanza nell’ambito dei Comuni affidanti. Si consideri in proposito che spetta, tra l’altro, all’Assemblea (art. 12, co. 3, dello Statuto) “l’approvazione degli indirizzi per la gestione della società” (lett. d) nonché “l’approvazione degli indirizzi strategici relativi alla gestione dei servizi e … dello schema dei contratti per la gestione del servizio nel territorio degli Enti locali soci” (lett. e), previsioni che evidenziano che anche gli atti destinati a esplicare effetti essenzialmente nei riguardi dei Comuni che hanno affidato il servizio a ECOLAN sono formati con la partecipazione degli enti che si trovano in una diversa situazione di gestione del servizio (cfr. in tal senso anche l’art. 1 Reg. ex art. 1, co. 3, dello Statuto: spetta ai consigli comunali degli enti soci “concorrere a determinare, in misura proporzionale al possesso azionario, gli indirizzi da osservare da parte della Società”).

Mancano, d’altronde, patti parasociali attraverso i quali i soci si impegnano a votare, su questioni che riguardano i servizi prestati in uno specifico comune, in conformità alla volontà espressa dall’ente direttamente interessato, in modo che sia assicurato a ciascun comune un ruolo determinante nell’adozione di decisioni circa il frammento di gestione relativo al proprio territorio (cfr. TAR Brescia 780/2013 cit.).

Benché l’attività prevalente della Società si esplichi solo in determinati territori comunali, non è dunque previsto alcun sistema che assicuri che le decisioni relative alla gestione nei predetti territori siano espresse da organi adeguatamente rappresentativi di tali enti in quanto portatori di interessi specifici, il che evidenzia l’inadeguatezza del controllo da parte dei medesimi.

Tale categoria di enti non è considerata nemmeno ai fini del controllo sugli atti di gestione, tenuto conto che la composizione del Comitato assembleare non è tale da garantirne la rappresentanza. Fermo restando, per quanto in precedenza osservato, che i poteri del Comitato non hanno consistenza tale da assicurare il predetto controllo analogo, va infatti osservato che, in base alle norme statutarie sopra trascritte, la nomina dei componenti è effettuata da assemblee separate costituite sulla base della popolazione dei comuni-soci in cui ogni partecipante dispone di un solo voto a prescindere dal numero di azioni possedute. Il meccanismo –se assicura anche agli enti di più piccole dimensioni una rappresentanza paritaria- non garantisce invece analoga rappresentanza alla categoria degli enti che hanno affidato il servizio alla Società, visto che tutti i soci –affidanti e non- concorrono indistintamente a eleggere il Comitato. I poteri di controllo sulla gestione fanno dunque capo ad un organismo che è espressione anche dei soci sul cui territorio ECOLAN non opera, il che non riflette adeguatamente la specifica posizione degli enti direttamente interessati alle decisioni sull’andamento del servizio.

Il concetto di un controllo che sia analogo a quello esercitato sui propri servizi evoca infatti una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso ente affidante e perciò designa il rapporto di delegazione interorganica tra gli enti che affidano tali servizi e la Società che li gestisce. Non si configura invece un simile rapporto, quantomeno riguardo all’attività prevalente, che possa far capo alla categoria di soci che non hanno in ECOLAN il loro strumento operativo, sicché risulta privo di giustificazioni il meccanismo che consente a tali soci di concorrere sullo stesso piano degli altri all’esercizio di un potere di controllo che ha per essenziale oggetto una gestione che non si svolge sul loro territorio.

Quanto sopra ha dirette conseguenze sull’esercizio del c.d. diritto di veto previsto dal Regolamento, a cui le parti resistenti assegnano un decisivo rilievo ai fini della sussistenza del requisito in parola, visto che, “ove il Consiglio di Amministrazione non intenda uniformarsi ai rilevi dell'Ente Locale”, le “definitive determinazioni” in proposito sono adottate (a maggioranza) dal predetto Comitato, che, per le ragioni dette, potrebbe essere però composto, anche nella sua totalità, da sindaci di enti che non gestiscono il servizio tramite ECOLAN. La qual cosa evidenzia che la decisione finale sul “diritto di veto” non fa capo né al Comune direttamente interessato, per cui il potere in parola non ha una reale portata impeditiva, né ad un organismo che, in quanto specificamente preposto a controllare le tematiche afferenti la gestione, sia emanazione dei comuni che in quella gestione hanno specifico titolo a ingerirsi essendone i diretti fruitori.

La composizione del Comitato perciò non soddisfa l’esigenza evidenziata dalla stessa controinteressata, che cioè gli enti che affidano in via diretta alla società l'erogazione dei propri servizi siano titolari di un potere di direttiva e di controllo capace di esplicarsi mediante indirizzi vincolanti sulle modalità di erogazione del servizio affidato.

Benché finalizzato al controllo su attività che si svolge essenzialmente nell’ambito di determinati Comuni, il Comitato è invece rappresentativo della totalità degli enti e pertanto di interessi non omogenei, con la conseguenza che il suddetto organismo non necessariamente è in grado di riflettere l’esigenza di un penetrante controllo sulla gestione, propria degli enti che hanno affidato il servizio alla Società.

6 – Da quanto osservato discende la fondatezza delle censure che hanno contestato la sussistenza del requisito del “controllo analogo”, sicché –con assorbimento di ogni altra questione- il ricorso in esame deve essere accolto con conseguente annullamento dell’atto di affidamento (e di quelli ad esso connessi) e dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato tra le parti resistenti.

Quanto alle spese di giudizio, la complessità delle questioni introdotte dalle parti induce alla loro compensazione, salvo il diritto della ricorrente al rimborso del contributo unificato dalla stessa versato.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie con le conseguenze indicate in motivazione. Spese compensate come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Michele Eliantonio, Presidente

Alberto Tramaglini, Consigliere, Estensore

Massimiliano Balloriani, Consigliere

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Alberto Tramaglini

 

Michele Eliantonio