TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, sentenza 7 novembre 2016, n. 501/2016
1. In mancanza della comunicazione di avvenuta aggiudicazione definitiva, di cui all’art. 79 del d.lgs. 163/2006, il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla conoscenza, avuta aliunde, dell’atto lesivo. (1)
2. La mera proposizione di un’istanza di accesso agli atti non può costituire prova della conoscenza dell’atto lesivo, perché, al contrario, essa potrebbe costituire proprio il mezzo utilizzato dal ricorrente per avere contezza del provvedimento pregiudizievole. In tal caso, quindi, il termine di cui all’art. 120 co. 5 c.p.a. decorre dal giorno in cui la parte abbia ottenuto l’ostensione dagli atti. (2)(1) Conforme: Corte giust., sez. V, sent. 8 maggio 2014, causa C-161/13, Idrodinamica Spurgo Velox, EU:C:2014:307; Corte giust., sez. III, sent. 28 gennaio 2010, causa C-161/13, Uniplex, EU:C:2010:45; nella giurisprudenza nazionale, ex multis, v. Cons. Stato, sez. V, sent. 18.1.2016, n. 119.
(2) Conforme: TAR Sardegna, sez. I, sent. 9.6.2016, n. 508.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 165 del 2016, proposto da:
Corpo Vigili Notturni S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Luca Ponti e Luca De Pauli, elettivamente domiciliata presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
contro
Terna Rete Italia S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Paviotti, elettivamente domiciliata presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
nei confronti di
Italpol Group S.p.A., rappresentata e difesa dall’avv. Graziella Dimitri, elettivamente domiciliata presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d’Italia n. 7;
per l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari:
- del provvedimento, di data ed estremi sconosciuti, con cui la società Terna Rete Italia S.p.A., ha aggiudicato alla controinteressata Italpol Group S.p.A. il servizio di vigilanza armata h24 da eseguire presso il cantiere della Stazione elettrica di Udine Sud;
- dei verbali di gara;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, nessuno escluso;
per la declaratoria di nullità e/o inefficacia
del contratto eventualmente nelle more stipulato in relazione alla procedura aperta de qua tra la Stazione appaltante e la controinteressata;
per la condanna
della resistente al risarcimento dei danni tutti, patiti e patiendi, dalla ricorrente, con preferenza del ristoro in forma specifica.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della società Terna Rete Italia S.p.A. e della società Italpol Group S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2016 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
La società Terna Rete Italiana S.p.A. (nel prosieguo, breviter, Terna S.p.A.) - società che (come dalla stessa rappresentato) si occupa dell’esercizio, della manutenzione e dello sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale – bandiva una procedura negoziata per l’aggiudicazione in via telematica e secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’appalto per il servizio triennale di vigilanza armata H24 a presidio del cantiere della costruenda stazione elettrica denominata Udine Sud.
Alla gara erano invitate cinque imprese; in tre presentavano offerta: tra queste la società Corpo Vigili Notturni S.r.l. (nel prosieguo, breviter, CVN S.r.l.), odierna ricorrente, giunta seconda, e la società Italpol Group S.p.A. (nel prosieguo, breviter, Italpol S.p.A.), odierna controinteressata, classificatasi prima.
Avverso l’atto di aggiudicazione dell’appalto a favore della controinteressata, e avverso i prodromici atti di gara, è insorta la società CVN S.r.l., chiedendone l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia, per carenza in capo alla società Italpol S.p.A. dei requisiti di partecipazione sotto un triplice profilo.
La domanda caducatoria è accompagnata da quella di declaratoria di nullità e/o inefficacia del contratto nelle more eventualmente stipulato, e a quella di risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi, con preferenza del ristoro in forma specifica.
Espone la ricorrente che l’odierna controinteressata, identificata dal n. 02750060309 di C.F. e P.IVA, deriva dalla scissione dell’originaria Italpol Group S.p.A. (avente C.F. 80022840104 e P.IVA n. 00508010303) in due società, una con medesima denominazione ma diverso C.F. e P.IVA (quella, per l’appunto che ha partecipato alla gara), e una con diversa denominazione (segnatamente, Italpol R.E. S.r.l.) ma medesimi C.F. e P.IVA.
Da tale circostanza, l’esponente ne trae la conclusione (sostanziante il primo motivo di gravame) che, in assenza di voltura della licenza ex articoli 134 e ss. T.U.L.P.S., questa sia rimasta in capo alla società Italpol R.E. S.r.l., con la conseguenza che la vincitrice della gara doveva in realtà esserne esclusa per difetto del necessario titolo autorizzatorio per esercitare l’attività di vigilanza costituente oggetto del contratto di appalto per cui è causa.
Espone altresì la ricorrente con il secondo motivo di gravame che dalla lettura dei bilanci della nuova società Italpol S.p.A. (quella con n. 02750060309 di C.F. e P.IVA) emergono in capo alla medesima rilevanti debiti di natura tributaria e previdenziale, di talché la controinteressata avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per difetto del requisito della regolarità contributiva e previdenziale e per aver reso in sede di offerta una dichiarazione non veritiera sul punto.
Infine, con il terzo motivo di gravame la deducente si duole della mancata esclusione dalla gara della concorrente, in quanto priva di un sistema di comunicazione radio tra la centrale operativa e le singole guardie giurate, il quale ai sensi del D.M. Int. 269/2010, costituisce requisito minimo necessario per svolgere l’attività di vigilanza su beni mobili e immobili di proprietà di terzi, e il cui possesso era comunque richiesto dalla lex specialis di gara.
Si è costituita in giudizio la società Terna S.p.A., eccependo preliminarmente l’irricevibilità del ricorso avversario e contestandone nel merito la fondatezza.
Si è costituita in giudizio anche la società controinteressata Italpol S.p.A., eccependo preliminarmente la tardività e l’inammissibilità del ricorso promosso dalla concorrente, e argomentando nel merito sull’infondatezza di ciascuno dei tre motivi di impugnazione dedotti
dalla controparte.
La difesa della ricorrente ha replicato alle eccezioni di tardività sollevate dalle controparti e ha ulteriormente argomentato le proprie tesi.
Anche le altre parti hanno depositato successivi scritti difensivi, insistendo per l’accoglimento delle già rassegnate conclusioni. Rinunciata da parte della ricorrente la domanda cautelare, essendo stato nelle more sottoscritto il contratto, e rinviata la causa in ragione dell’ulteriore documentazione depositata in udienza, la causa è stata infine introitata nella pubblica udienza del 12 ottobre 2016.
Preliminarmente il Collegio deve pronunciarsi sulle suesposte eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità del ricorso introduttivo del presente giudizio.
Quanto alla prima, occorre muovere dal mancato invio da parte della stazione appaltante ai partecipanti alla gara, ivi compresa l’odierna ricorrente della comunicazione ex articolo 79 D.Lgs. n. 163/2006, di avvenuta aggiudicazione definitiva dell’appalto de quo.
Ora è abbastanza irrilevante stabilire se, trattandosi di un appalto nei settori esclusi, la precitata disposizione non si applichi al caso in esame (come sostengono la resistente e la controinteressata), o se, ponendo un obbligo funzionale al principio di trasparenza, la previsione abbia portata generale (come sostiene la ricorrente), perché vale pur sempre la regola residuale posta dal comma 5 dell’articolo 120 del Codice di rito.
Sicché, in mancanza della comunicazione ex articolo 79 D.Lgs. n. 163/2006, il termine per l’impugnazione decorre dalla conoscenza, avuta aliunde, dell’atto lesivo (Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez. Giur., sentenza n. 689/2015; C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 671/2015).
Diversamente, infatti, finirebbero per essere frustrate le esigenze di celerità cui risponde il rito speciale di cui all’articolo 120 Cod. proc. amm., se si ritenesse che il termine non decorra fintantoché non intervenga la comunicazione di avvenuta aggiudicazione.
Al contempo, continua a gravare in capo alla parte che solleva l’eccezione di tardività la prova delle circostanze che integrano l’irricevibilità del ricorso (cfr., T.A.R. Campania - Napoli, Sez. VIII^; sentenza n. 4092/2016; T.A.R. Marche, sentenza n. 179/2014): in particolare, nel caso di specie, della conoscenza avuta aliunde dalla ricorrente della intervenuta aggiudicazione definitiva dell’appalto favore della controinteressata.
E, se già in linea generale, per il principio di effettività della tutela giurisdizionale, detta prova deve essere fornita in modo rigoroso, «affinché non sia vanificato in modo irragionevole il diritto di azione nei confronti dei provvedimenti dell'amministrazione riconosciuto dal combinato disposto degli artt. 24 e 113 Cost.» (così, T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I^, sentenza n. 8366/2016), a fortiori tale prova dovrà essere particolarmente rigorosa nelle cause, quale quella in esame, sottoposte a un termine di impugnazione dimidiato e in una materia – quale quella degli appalti pubblici – assoggettata ai canoni eurounitari di effettività e di equivalenza dei rimedi giurisdizionali (cfr., ex plurimis, CGUE, Sez. V^, sentenza n. 166/2015 nella causa C-166/14).
Ebbene, il Collegio ritiene che né la stazione appaltante, né la società controinteressata abbiano assolto all’obbligo probatorio sulle stesse incombenti.
Invero, tanto la difesa di Terna S.p.A., quanto la difesa di Italpol S.p.A., ritengono che possa dedursi tale conoscenza dalla richiesta di accesso agli atti presentata da CVN S.r.l.. Sennonché, a fronte dell’allegazione avversaria di aver formulato istanza di ostensione degli atti di gara perché a conoscenza dell’aggiudicazione provvisoria, ma di aver avuto contezza dell’aggiudicazione definitiva solo a seguito dell’accesso, né la resistente, né la controinteressata offrono elementi probatori di segno contrario. E, poiché sotto il vigore del D.Lgs. n. 163/2006 l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria era facoltativa, ben potendosi impugnare solo quella definitiva (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 854/2016), è solo dalla conoscenza di tale atto che decorre il termine di trenta giorni per proporre azione caducatoria.
Nel caso di specie, in assenza di prova contraria, risulta tempestivo il ricorso notificato da CVN S.r.l. in data 4.05.2016, a fronte di un accesso agli atti, che ha portato alla conoscenza dell’aggiudicazione definitiva, in data 19.04.2016.
In conclusione, l’eccezione di irricevibilità del ricorso è infondata.
E’ parimenti infondata l’eccezione di inammissibilità per aver il ricorrente esposto, a fondamento delle domande giudiziali, delle mere congetture, anziché dei fatti, cosicché l’impugnazione si appaleserebbe puramente esplorativa.
Vero è, infatti, che l’articolo 40 Cod. proc. amm., che disciplina il contenuto essenziale del ricorso, deve essere inteso con una certa elasticità, nel senso cioè di ritenere inammissibile l’impugnazione solamente nelle ipotesi in cui non sia dedotto alcun motivo di gravame, o in cui, comunque, dalla complessiva lettura dell’atto e dei documenti offerti in comunicazione non sia possibile comprendere la doglianza avanzata dal ricorrente (cfr., T.A.R Toscana, Sez. I^, sentenza n. 1619/2015). Di contro, la suvvista disposizione normativa è da ritenersi rispettata tutte le volte in cui il ricorso rende intellegibili le tesi sostenute e offre - quanto meno - un principio di prova a sostegno delle medesime (cfr., T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sez. II^, sentenza n. 5/2016; T.A.R Piemonte, Sez. II^, sentenza n. 1201/2013).
Vero è, altresì, che nel processo amministrativo la parte privata versa, rispetto a quella pubblica, in una situazione di asimmetria informativa e dispositiva, che determina la formazione della prova secondo il principio dispositivo-acquisitivo.
Va, pertanto, ritenuto ammissibile il ricorso proposto da CVN S.r.l., che ha dedotto le censure che emergevano dalla documentazione cui ha potuto avere accesso. Può, dunque, passarsi all’esame dei singoli motivi di illegittimità dedotti dal ricorrente avverso gli atti gravati. Quanto al primo motivo, va considerato che, anche laddove l’impresa assuma forma societaria, la licenza di pubblica sicurezza, necessaria per svolgere l’attività di vigilanza su beni mobili e immobili di proprietà di terzi, rimane comunque individuale ed è intestata al legale rappresentante della società medesima, in applicazione del principio di personalità di detti titoli amministrativi fissato dall’articolo 8 T.U.L.P.S. (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 3701/2015).
Ora risulta per tabulas:
- che la licenza della vecchia Italpol S.p.A. era intestata al signor Mangon Massimiliano;
- che il signor Mangon Massimiliano è il legale rappresentante della nuova Italpol S.p.A.;
- che la nuova Italpol S.p.A. ha quale oggetto sociale (tra le altre) l’attività di vigilanza privata, il servizio di scorte e di trasporto valori, il piantonamento fisso e il guardianaggio in genere;
- che la società Italpol R.E. S.r.l. ha quale oggetto sociale fondamentale la compravendita e la locazione di immobili civili, commerciali, agricoli e industriali;
- che la Prefettura di Udine è stata tempestivamente informata dell’intervenuta scissione societaria e del cambio di C.F. e P.IVA della società denominata Italpol Group S.p.A., così come del successivo mutamento dell’assetto proprietario e della sede sociale.
Alla luce delle suelencate circostanze e in assenza di un provvedimento di secondo grado da parte della medesima Autorità che ha adottato il provvedimento autorizzatorio (i.e. la Prefettura), il signor Mangon Massimiliano è ancora titolare della licenza di polizia, ed esercita l’attività di vigilanza privata attraverso l’azienda della nuova Italpol S.p.A., di cui è legale rappresentante e che, tra le due società originatesi dalla scissione della vecchia Italpol S.p.A., è l’unica ad avere come oggetto sociale lo svolgimento della ridetta attività di vigilanza.
E a fronte di una licenza ancora pienamente valida non era nei poteri della stazione appaltante sostituirsi alla Prefettura e negare efficacia ad un titolo allo stato legittimamente speso dall’odierna controinteressata. Sicché, in definitiva, il primo motivo di ricorso è infondato. Parimenti infondato è il secondo motivo di impugnazione.
Risulta, infatti, ancora una volta per tabulas che ai fini dell’aggiudicazione definitiva dell’appalto per cui è causa la società Terna S.p.A. ha acquisito il DURC regolare della società Italpol S.p.A., così come la certificazione dell’Agenzia delle Entrate che attesta l’assenza in capo alla medesima società di carichi pendenti.
E siffatte certificazioni non sono suscettibili di essere messe in discussione da parte della stazione appaltante (cfr., T.A.R. Sicilia – Palermo, Sez. III^, sentenza n. 2966/2014), sicché legittimamente la società Terna S.p.A. nel caso di specie ha aggiudicato l’appalto per il
servizio di vigilanza armata coerentemente con tali risultanze.
Quanto al terzo motivo di impugnazione, va osservato che il parere dell’Ispettorato Territoriale del Ministero dello Sviluppo Economico sul possesso da parte dell’Istituto di vigilanza dei requisiti di cui al D.M.
Int. n. 269/2010 è atto endoprocedimentale, spettando sempre alla Prefettura la decisione finale circa il rilascio o la conferma (ove si tratti di Istituti già autorizzati) della licenza di pubblica sicurezza.
Nel caso di specie l’Ispettorato Territoriale ha sì espresso parere negativo per l’assenza di un sistema di comunicazione radio, ma la società Italpol S.p.A. ha opposto di essere in possesso di un sistema alternativo di comunicazione, di tipo digitale, più adatto alle condizioni territoriali in cui opera e maggiormente idoneo a garantire ascolti non autorizzati delle comunicazioni. E la Prefettura di Udine, a fronte delle puntuali controdeduzioni dell’interessata, ha ritenuto di non revocare l’autorizzazione alla società Italpol S.p.A..
Si tratta, ancora una volta, di una decisione non suscettibile di essere sindacata dalla stazione appaltante, che legittimamente ne ha preso atto. Dunque sotto questo profilo la censura si rivela infondata. Quanto, invece, alla prospettata non conformità dell’offerta tecnica della controinteressata alle specifiche tecniche richieste dalla lex specialis di gara, in linea generale va riaffermato che, in conformità al principio di tassatività delle cause di esclusione e al correlato principio di massima partecipazione alle gare, la disciplina fissata dalla stazione appaltante deve essere interpretata nel senso di ammettere piuttosto che escludere il concorrente, laddove l’interesse pubblico perseguito dalle norme di gara sia comunque perseguito (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 1024/2016).
Ora, nel caso di specie, è ben vero che le specifiche tecniche del contratto di appalto, nel definirne l’oggetto, prescrivono che l’attività di vigilanza sia svolta da una guardia particolare giurata, munita della necessaria autorizzazione prefettizia, e “radiocollegata” alla centrale operativa; e, ancora, che le medesime specifiche tecniche al punto 1.8 impongono una chiamata via radio ogni trenta minuti della centrale operativa alla guardia giurata presente in cantiere, per verificarne lo stato di veglia e ordinare l’inizio del giro ronda.
Tuttavia, risulta del tutto equipollente, rispetto al soddisfacimento dell’interesse della stazione appaltante, che le suvviste obbligazioni contrattualmente assunte siano adempiute dall’appaltatore, anziché via radio, con sistema di comunicazione di tipo digitale, che offre le medesime garanzie di efficienza ed efficacia.
Di talché, non può concordarsi con la difesa della ricorrente in ordine alla efficacia escludente della suvvista previsione della lex specialis di gara.
Sicché anche sotto questo ulteriore profilo la censura si rivela infondata.
In conclusione, il ricorso è infondato e viene, pertanto, respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la ricorrente a rifondere alla società resistente e a quella controinteressata le spese di giudizio, che liquida, per ciascuna parte, in €uro 3.000,00, oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Alessandra Tagliasacchi, Referendario, Estensore
Marco Rinaldi, Referendario.
Guida alla lettura
La sentenza in commento si sofferma sul tema della tempestività del ricorso per l’impugnazione dell’aggiudicazione, nel caso in cui la Stazione Appaltante non abbia notificato la comunicazione prevista dall’art. 79 del D.lgs. 163/2006, trasfuso nell’art. 73 del D.lgs. 50/2016.
Si tratta, evidentemente, di una materia in cui occorre contemperare i principi, spesso confliggenti, di efficacia e speditezza delle procedure di aggiudicazione, da un lato, e di effettività della tutela giurisdizionale, dall’altro.
In proposito, la giurisprudenza europea sulla direttiva “ricorsi” ha costantemente affermato che «l’obiettivo di celerità perseguito dalla direttiva 89/665 deve essere realizzato nel diritto interno nel rispetto delle esigenze di certezza del diritto. A tal fine gli Stati membri devono prevedere una disciplina in materia di termini sufficientemente precisa, chiara e comprensibile che permetta ai singoli di riconoscere i propri diritti e i propri doveri» (v., in tal senso, v.: sent. 30.5.1991, causa C-361/88, Commissione c. Germania, Racc. I-2567, p. 24; sent. 7.11.1996, causa C-221/94, Commissione c. Lussemburgo, Racc. I-5669, p. 22).
Inoltre, secondo la stessa Corte di giustizia, il principio di effettività della tutela giurisdizionale comporta che i termini per proporre i ricorsi previsti dal diritto nazionale possano cominciare a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente sia venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione delle norme (sul punto, v.: sent. 8.5.2014, causa C-161/13, Idrodinamica Spurgo Velox, p. 37; sent. 28.1.2010, causa C-161/13, Uniplex, p. 32).
L’esigenza di non discostarsi dai principi affermati dalla giurisprudenza europea è chiaramente avvertita dalla sentenza in commento, che giustamente stabilisce la prevalenza del diritto ad un ricorso effettivo sulle esigenze di celerità procedimentale. Altrettanto corretto appare l’approccio del TAR alla questione della conoscenza dell’atto lesivo, che si riflette evidentemente sulla tempestività del ricorso: in mancanza dell’avviso di aggiudicazione, la parte che intenda sollevare l’eccezione di tardività del ricorso ha l’onere di dimostrare che il ricorrente abbia avuto aliunde la piena conoscenza dell’atto; tale prova dovrà essere rigorosa e non potrà fondarsi su presunzioni che non siano gravi, precise e concordanti. Nella fattispecie, per l’assoluzione del predetto onere probatorio, non è sufficiente che la controinteressata deduca che la ricorrente abbia presentato istanza di accesso agli atti di gara perché consapevole dell’intervenuta aggiudicazione, qualora la ricorrente alleghi, al contrario, di aver avuto contezza dell’aggiudicazione definitiva solo a seguito dell’ostensione conseguente all’istanza medesima.
La sentenza in commento non si discosta dal maggioritario orientamento della giurisprudenza nazionale. Il principio della piena conoscenza è stato tuttavia declinato in modo lievemente diverso in casi simili, nei quali alcune pronunce hanno individuato in modo diverso il dies della cognizione, facendolo coincidere non con la data di estrazione delle copie, bensì con quella precedente in cui la parte aveva preso visione degli atti medesimi (in tal senso, v.: Cons. Stato, sez. V, 3.2.2016, n. 408).