Sommario: 1. Rilievi introduttivi. – 2. I termini del problema e la prima evoluzione giurisprudenziale. – 3. Rilievi critici sull’approdo ermeneutico dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015, n. 3. – 4. Il parziale révirement dell’Adunanza Plenaria 27 luglio 2016, n. 19. – 5. La Corte di Giustizia non consente l’esclusione automatica del concorrente in caso di mancata indicazione degli oneri di sicurezza impliciti. – 6. Rilievi conclusivi.

1.     Rilievi introduttivi. 

 

Intorno ai cosiddetti oneri di sicurezza interni si agita uno dei dibattiti più intensi del recente diritto degli appalti, che ha interessato il dialogo tra le Corti con un’iniziale distonia, poi ricomposta, tra la giurisprudenza del Consiglio di Stato e quella della Corte di Lussemburgo.

La questione problematica concerne, con riferimento agli appalti di lavori, la qualificazione della specifica indicazione degli oneri di sicurezza aziendali come elemento essenziale dell’offerta economica, tale da condurre all’esclusione del concorrente in caso di omissione.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici, recato dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, risolve normativamente la questione, stabilendo al comma 10 dell’art. 95 che «nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro».

La ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale maturata sotto il vigore dell’abrogato Codice dei contratti pubblici è utile per chiarire, da un lato, la consistenza dei dubbi interpretativi che la nuova disposizione ha cercato di dissipare; dall’altro lato, deve essere tenuta in considerazione con riferimento a quelle fattispecie che, in virtù dei criteri di successione delle leggi nel tempo, restano disciplinate dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

 

2. I termini del problema e la prima evoluzione giurisprudenziale.

 

È rilevante in primo luogo distinguere, sulla scia della giurisprudenza, tra costi per la sicurezza “interferenziali” e costi c.d. aziendali o interni.

I costi da interferenze sono contemplati dagli articoli 26, commi 3, 3 ter e 5, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e 86, comma 3 ter, 87, comma 4, e 131 del Codice previgente.

Tali costi hanno la funzione di eliminare i rischi da interferenza, intesa come contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell'appaltatore, oppure tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti. Inoltre essi sono quantificati a monte dalla stazione appaltante, nel D.U.V.R.I. (documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze, art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008) e, per gli appalti di lavori, nel PSC (piano di sicurezza e coordinamento, art. 100 d.lgs. n. 81/2008). Occorre altresì precisare che non sono soggetti a ribasso, perché ontologicamente diversi dalle prestazioni stricto sensu oggetto di affidamento.

Invece i costi interni o aziendali, cui si riferiscono l'art. 26, comma 3, quinto periodo, del d.lgs. n. 81 del 2008 e gli artt. 86, comma 3 bis, e 87, comma 4, secondo periodo, del Codice previgente, attengono a ciascuna impresa e sono connessi alla realizzazione dello specifico appalto, sostanzialmente contemplati dal DVR, documento di valutazione dei rischi; tali obblighi sono inoltre soggetti a un duplice obbligo in capo all'amministrazione e all'impresa concorrente.

La questione interpretativa, di cui si è occupata la sentenza 20 marzo 2015, n. 3, dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, concerne la determinazione del perimetro applicativo dell’art. 87, comma 4, del Codice dei contratti pubblici previgente, relativo agli oneri aziendali, ove si dispone che «Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all'articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conforme all'articolo 7, decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222. Nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture».

La questione che si pone è se questa disposizione riguardi soltanto gli appalti di servizi e di forniture, cui si riferisce espressamente l'inciso finale del testo.

L’indagine sull’alveo applicativo dell’art. 87, comma 4, deve tener conto dell’interpretazione dell’art. 86, comma 3 bis, del Codice dei contratti pubblici previgente, alla cui stregua «Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture».

Secondo un primo indirizzo ermeneutico, l’estensione della disciplina di cui all’art. 87, comma 4, anche agli appalti di lavori non è compatibile con il dato letterale della norma, che appositamente non li contempla in conseguenza di una valutazione sistematica, alla cui stregua negli appalti di lavori è insita una maggiore rischiosità nella predisposizione dei cantieri, per cui la quantificazione degli oneri inerenti la sicurezza sarebbe rimessa all’ente aggiudicatore con la redazione del piano di sicurezza e coordinamento ex art. 100 D.lgs 81/2008[1].

Da ciò discende che la regola di specificazione o separata indicazione dei costi di sicurezza, ai sensi dell’art. 86 del citato d.lgs., opera in via primaria nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici in sede di predisposizione delle gare di appalto e di valutazione dell’anomalia, sicché l’assenza di scorporo nel quantum fin dalla fase di presentazione dell’offerta non può risolversi in causa di esclusione dalla gara, anche alla luce dei criteri di tassatività della cause espulsive previsti dall’art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Tale orientamento ermeneutico ha trovato séguito in un indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato[2], secondo cui nel caso di appalti non aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori pubblici — nei cui confronti si applica la norma dettata ad hoc dall'art. 131 d.lgs. n 163 del 2006 — ed il cui bando di gara non contenga una comminatoria espressa, l'omessa indicazione nell'offerta dello scorporo matematico degli oneri di sicurezza per rischio specifico non comporta di per sé l'esclusione dalla gara, ma rileva ai soli fini dell'anomalia del prezzo offerto, nel senso che, per scelta della stazione appaltante, il momento di valutazione dei suddetti oneri non è eliso, ma è posticipato al sub-procedimento di verifica della congruità dell'offerta nel suo complesso[3].

Secondo una diversa opzione ermeneutica, cui l’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015 ha ritenuto di dare continuità, un’interpretazione logico-sistematica e costituzionalmente orientata dall’art. 86, comma 3 bis, e dell’art. 87, comma 4, induce a ritenere che il relativo alveo applicativo sia esteso anche agli appalti di lavori[4].

Ciò in quanto non appare coerente imporre alle stazioni appaltanti di tenere espresso conto nella determinazione del valore economico di tutti gli appalti dell'insieme dei costi della sicurezza, che devono altresì specificare per assicurarne la congruità, e non imporre ai concorrenti, per i soli appalti di lavori, un identico obbligo di indicazione nelle offerte dei loro costi specifici, il cui calcolo, infine, emergerebbe soltanto in via eventuale, nella non indefettibile fase della valutazione dell'anomalia; così come non si rinviene la ratio di non prescrivere la specificazione dei detti costi per le offerte di lavori, nella cui esecuzione i rischi per la sicurezza sono normalmente più elevati.

L’Ad. Plen. 20 marzo 2015, n. 3, ha ritenuto, dunque, che l’interpretazione attenta al dato letterale «risulterebbe incoerente con la prioritaria finalità della tutela della sicurezza del lavoro, che ha fondamento costituzionale negli articoli 1, 2 e 4 e, specificamente, negli articoli 32, 35 e 41 della Costituzione, e “trascende i contrapposti interessi delle stazioni appaltanti e delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, rispettivamente di aggiudicare questi ultimi alle migliori condizioni consentite dal mercato, da un lato, e di massimizzare l'utile ritraibile dal contratto dall'altro” (Sez. V, n. 3056 del 2014)».

 

3.     Rilievi critici sull’approdo ermeneutico dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015, n. 3.

 

Alla stregua di quanto statuito dall’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015, dunque, nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell'offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l'esclusione dell'offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara.

Con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 46, comma 1 bis, del Codice previgente, l'omessa specificazione nelle offerte per lavori dei costi di sicurezza interni configura un'ipotesi di «mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice» idoneo a determinare «incertezza assoluta sul contenuto dell'offerta» per difetto di un suo elemento essenziale, e comporta perciò, anche se non prevista nella lex specialis, l'esclusione dalla procedura dell'offerta difettosa per l'inosservanza di un precetto a carattere imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti alla gara (cfr. Cons. Stato., Ad. Plen., sentenza n. 9 del 2014), non sanabile con il potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante, di cui al comma 1 del medesimo articolo, non potendosi consentire di integrare successivamente un'offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale.

Tale approdo interpretativo si espone a numerose obiezioni.

In primo luogo, è bene rimarcare che, a fronte di un dettato normativo che non impone espressamente ai concorrenti, con riferimento agli appalti di lavori, la separata indicazione degli oneri di sicurezza interni, l’Adunanza Plenaria – sulla base di un’interpretazione logica e costituzionalmente conforme – fa discendere la conseguenza dell’esclusione automatica in caso di omessa indicazione.

È lecito dubitare della ragionevolezza di una soluzione che, pur in assenza di una clausola del bando o della lettera di invito che prescriva tale specifica indicazione, fa derivare la più severa e irrimediabile conseguenza non già da una espressa previsione imperativa di legge, ma da una rilettura correttiva e sistematica del quadro normativo, per giunta in presenza di orientamenti non univoci della giurisprudenza.

La soluzione prescelta dall’Adunanza Plenaria, nell’escludere l’esercizio del potere-dovere di soccorso istruttorio, non dà inoltre modo di tutelare l’affidamento dei concorrenti che, in presenza di un bando non richiedente la partita indicazione degli oneri di sicurezza ed in mancanza di una espressa contraria norma di legge, sarebbero dunque onerati di operare essi stessi una sorta di – difficilmente esigibile – interpretazione correttiva delle clausole del bando e delle disposizioni del Codice.

L’Adunanza Plenaria è in seguito nuovamente intervenuta, con sentenza 2 novembre 2015, n.9, ad affermare che nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara, rilevando che, con la propria precedente decisione n. 3 del 2015, «è stato chiarito che l’obbligo, codificato all’art.87, comma 4, d.lgs. cit., di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale si applica anche agli appalti di lavori».

A valle delle menzionate pronunce del Consiglio di Stato, è stato ritenuto fondato «alla luce dei principi sanciti dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con le sentenze nn. 3 e 9 del 2015, il motivo di ricorso con cui si contesta la violazione… dell’obbligo, a pena di esclusione, di specificazione degli oneri di sicurezza aziendali come adempimento direttamente imposto al concorrente dalla legge (artt. 86, comma 3 bis e 87, commi 3 e 3 bis, del codice dei contratti pubblici), anche in via di etero-integrazione della disciplina recata dalla lex specialis»[5] .

Si è confermato, inoltre, che non può utilmente invocarsi il soccorso istruttorio, «essendo stato espressamente escluso (Adunanza Plenaria n.3 e n.9 del 2015) per gli appalti di lavori che l’omissione del predetto adempimento possa essere sanata con i poteri di soccorso istruttorio e dovendo, quindi, a fortiori, escludersi tale possibilità per le procedure per le quali la norma era chiara fin dal principio» [6].

 

4. Il parziale révirement dell’Adunanza Plenaria 27 luglio 2016, n. 19.

 

Il Consiglio di Stato è tornato, nella sua più autorevole composizione, ad affrontare la questione dell’esperibilità del soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione formale degli oneri di sicurezza impliciti, parzialmente rimeditando, alla luce dei principi del diritto euro-unitario, il proprio precedente indirizzo[7].

Proprio la compatibilità del precedente orientamento con il diritto dell’Unione europea è oggetto della questione pregiudiziale rimessa alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE da numerosi Tribunali amministrativi regionali, rispetto alla quale l’Adunanza Plenaria 27 luglio 2016, n. 19, ha comunque ritenuto opportuno pronunciarsi, dando seguito ai prospettati dubbi di corretta interpretazione del diritto dell’Unione[8].

La questione problematica concerne, ancora una volta, le conseguenze della mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza, pur considerati sostanzialmente nella formulazione dell’offerta economica, allorché la lex specialis di gara nulla disponga in merito a tale specifica indicazione.

L’Adunanza Plenaria, con l’esaminata sentenza n. 3 del 2015, ha statuito, peraltro, che l’indicazione degli oneri di sicurezza a tutela dei lavoratori costituisce un elemento essenziale dell’offerta, tale da condurre all’esclusione in caso di omissione. Se n’è esclusa, come è stato detto, la sanabilità per mezzo del soccorso istruttorio sul rilievo che essa si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma dell’offerta e non già in una mera rettificazione o completamento di dichiarazioni già fornite.

Tale principio di diritto è stato rafforzato dalla successiva sentenza n. 9 del 2015, con la quale l’Adunanza Plenaria ha escluso la sussistenza dei presupposti per applicare il principio del c.d. prospective overruling in forza del quale, ricorrendo alcune condizioni, all’intervento nomofilattico si può attribuire carattere innovativo, con conseguente esclusione della sua portata retroattiva.

L’Adunanza Plenaria n. 19 del 2016, ha rilevato, peraltro, come «all’esclusione dell’offerta che abbia omesso di indicare gli oneri di sicurezza aziendale pure nell’ipotesi in cui i documenti di gara non prevedano espressamente tale obbligo, si arriva, infatti, facendo applicazione, da un lato, del principio che, interpretando in maniera sostanzialistica la regola della tassatività delle cause di esclusione, predica l’esistenza di una causa di esclusione implicita in ogni norma imperativa che preveda un obbligo o un divieto (nel caso in cui l’obbligo non venga adempiuto o il divieto venga trasgredito), e, dall’altro, del principio di etero-integrazione del bando ad opera delle norme imperative di legge».

La recente Adunanza Plenaria n. 19 del 2016 ha ritenuto che tale esito ermeneutico debba essere “mitigato”, onde evitare che l’automatismo dell’effetto escludente si ponga in contrasto con i principi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, nonché con quelli, che assumono particolare rilievo nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, di trasparenza, proporzionalità e par condicio.

Argomenti decisivi sono tratti, peraltro, dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (Sesta Sezione, sentenza 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo), che ha statuito come il principio di parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte e implica, quindi, che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. Inoltre, l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice. Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo.

Il contrasto con i principi euro-unitari è vieppiù evidente atteso che, fino all’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (che ora risolve la questione prevedendo espressamente, all’art. 95, comma 10, l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza: «Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro»), nell’ordinamento nazionale mancava una norma che, in maniera chiara ed univoca, prescrivesse espressamente la doverosità della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza. Tale obbligo era frutto di un’interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, interpretazione consolidatasi per effetto della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 3 del 2015.

Con sentenza n. 19 del 2016, pertanto, l’Adunanza Plenaria ha statuito che per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio”.

L’Adunanza Plenaria peraltro prescinde, attesa la non rilevanza nel caso oggetto di decisione ratione temporis, dalla centrale questione se l’ampia formulazione dell’art. 80, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 (che ammettere il soccorso istruttorio con riferimento a “qualsiasi elemento formale della domanda”) consenta, comunque, anche nella vigenza del nuovo Codice, di sanare l’offerta che sia viziata solo per la mancata formale indicazione separata degli oneri di sicurezza.

 

5. La Corte di Giustizia non consente l’esclusione automatica del concorrente in caso di mancata indicazione degli oneri di sicurezza impliciti.

 

Da ultimo, la Corte di Giustizia, Sez. VI, con l’ordinanza 10 novembre 2016 (Causa C-162/16), è tornata a pronunciarsi sugli oneri di sicurezza aziendali, facendo ampio riferimento al menzionato precedente in termini della medesima Sezione, che ha consentito alla Corte di pronunciare un’ordinanza anziché una sentenza, sulla scorta della circostanza che la risposta alla nuova questione pregiudiziale «può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza o quando la risposta alla questione pregiudiziale non dà adito a nessun ragionevole dubbio».

Nella specie, la Corte di Lussemburgo ha ritenuto che il principio della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti.

I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono, inoltre, essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice.

Tanto la Corte ha ritenuto sul presupposto che una condizione, derivante dall’interpretazione del diritto nazionale e dalla prassi di un’autorità, che subordini il diritto di partecipare a una procedura di aggiudicazione sarebbe particolarmente sfavorevole per gli offerenti stabiliti in altri Stati membri, il cui grado di conoscenza del diritto nazionale e della sua interpretazione, nonché della prassi delle autorità nazionali, non può essere comparato a quello degli offerenti nazionali (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 46).

Da ciò consegue che «nell’ipotesi in cui, come nelle controversie principali, una condizione per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, pena l’esclusione da quest’ultima, non sia espressamente prevista dai documenti dell’appalto e possa essere identificata solo con un’interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare all’offerente escluso un termine sufficiente per regolarizzare la sua omissione (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 50)».

 

6. Rilievi conclusivi.

 

A valle del complesso iter normativo e giurisprudenziale, di cui si è dato conto nei precedenti paragrafi, il Giudice amministrativo sembra aver “messo ordine” nella materia degli oneri di sicurezza interni.

In una recentissima pronuncia del Tar Puglia, infatti, nel quadro di una ricostruzione sistematica della disciplina, si afferma che – alla stregua dei principi affermati dal Consiglio di Stato e dalla Corte di Lussemburgo – qualora la lex specialis imponga expressis verbis l’obbligo (in uno alla relativa espressa comminatoria di esclusione in caso di inadempimento) di indicare già in sede di presentazione dell’offerta gli oneri di sicurezza aziendali (e tale obbligo non derivi, quindi, “automaticamente” dagli effetti etero-integrativi delle disposizioni normative nazionali, bensì da una precisa scelta della Stazione appaltante), siffatta previsione comporta due rilevanti conseguenze[9].

Da un lato, l’univoco, chiaro e preciso recepimento di tale adempimento consente di escludere la violazione dei principi di par condicio, proporzionalità, trasparenza, certezza del diritto e legittimo affidamento «atteso che, in tal caso, tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti sono posti in grado di comprendere l’esatta portata delle disposizioni di gara - avendo la P.A. correttamente adempiuto all’obbligo del “clare loqui” -, nonché di interpretarle nello stesso modo, senza far questione alcuna di esegesi del diritto nazionale, e non potendo configurarsi alcuno “scusabile” errore».

Dall’altro lato, il suddetto recepimento nel bando dell’obbligo di indicare partitamente gli oneri di sicurezza aziendali comporta che l’espressa indicazione di tali costi assurga al “rango” di elemento essenziale dell’offerta ex art. 46, comma 1 bis del D.Lgs. n. 163/2006, la cui omissione è idonea a determinare incertezza assoluta del contenuto della stessa. Da ciò consegue che non può farsi luogo al soccorso istruttorio, che darebbe luogo ad una integrazione sostanziale del contenuto dell’offerta.

È interessante osservare, conclusivamente, che la disposizione di cui all’art. 95, comma 10, del nuovo Codice dei contratti pubblici sembra non aver placato, nonostante le attese, i dubbi interpretativi che hanno caratterizzato la previgente disciplina.

Benché la nuova norma sia chiara nel disporre che nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, sono già giunti al Consiglio di Stato ricorsi in appello tendenti a mettere in discussione la compatibilità della nuova disciplina con il diritto euro-unitario[10].

Per quanto, dunque, non paiano completamente sopite, con l’entrata in vigore del nuovo Codice, tutte le perplessità degli operatori con riferimento alla famigerata questione degli oneri di sicurezza interni, può comunque ritenersi che la disciplina di recente introduzione non presenti profili di incompatibilità con il diritto dell’Unione.

Le suindicate sentenze della Corte di Lussemburgo hanno stigmatizzato, infatti, il diritto interno nella misura in cui, in mancanza di una espressa norma di legge prescrivente l’obbligatoria indicazione separata degli oneri di sicurezza per gli appalti di lavori, favoriva gli operatori economici nazionali, dotati di migliore conoscenza della giurisprudenza delle Corti interne.

Tale violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento può ritenersi ragionevolmente venuta meno con la previsione positiva, da parte del legislatore delegato, del generale obbligo di indicare partitamente gli oneri di sicurezza interni, recata dall’esaminato art. 95, comma 10, del nuovo Codice dei contratti pubblici.

 

 

 

 

[1] TAR Sicilia, Sez I, 18 luglio 2014, n. 2517.

[2] Consiglio di Stato, Sez. III, 4 marzo 2014, n. 1030.

[3] Consiglio di Stato, sez. III, 18 ottobre 2013, n. 4070.

[4] Consiglio di Stato, Sez. III, 11 luglio 2014, n. 3602.

 

[5] Consiglio di Stato, Sez. V, 17 novembre 2015, n. 5264; in termini Consiglio di Stato, Sez. III, 24 novembre 2015, n. 5340; Consiglio di Stato, Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 424.

[6] Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5340/2015; in termini, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 29 febbraio 2016, n. 382.

 

[7] A séguito dell’ordinanza di rimessione del Consiglio di Stato, Sez. V, 18/3/2016 n. 1116.

[8] La questione pregiudiziale è stata sollevata dal Tar Molise, Sez. I, 12 febbraio 2016, n.77, sulla scia del TAR Piemonte sez. II, 16.12.2015, n. 1745.

 

[9] Tar Puglia – Lecce sez. III, sentenza 28 dicembre 2016, n. 2003, in questa Rivista con nota di Lesto.

 

[10] Si veda in proposito l’ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. V, 15 dicembre 2016, n. 5582, in questa Rivista con nota di Vitale. Nella menzionata ordinanza, il Collegio ha recisamente respinto le prospettazioni dell’appellante.