TAR Umbria, 1° dicembre 2016, n. 749/2016

La Sentenza del Tar Umbria ha ad oggetto l’esclusione da una gara di appalto (cottimo fiduciario) per servizi di pulizia. La concorrente è stata esclusa  in quanto in sede di verifica dei requisiti generali la Committente aveva accertato l’esistenza nel casellario di una sentenza di condanna inflitta al legale rappresentante della società per lesioni colpose. Secondo il Tar Umbria l’esclusione è da considerare illegittima in presenza di disposizioni ambigue tra bando e modello di dichiarazione sostitutiva l’esclusione non potrebbe essere mai comminata. Un tale orientamento sarebbe rafforzato oggi dalla direttiva 2014/24/UE e dall’art. 80 del D.lgs. n. 50 del 2016, secondo le quali, rispettivamente:

1) la nuova direttiva amplia ancor più di prima il favor partecipationis dilatando il soccorso istruttorio per informazioni incomplete e non corrette (art. 56 c. 3) e confinando la sanzione espulsiva entro limiti di proporzionalità con l’interesse pubblico tutelato (art. 101 ultimo capoverso dei considerando). Lievi irregolarità, se non ripetute, dovrebbero comportare l’esclusione di un operatore economico soltanto in circostanze eccezionali (ancora art. 101 ultimo capoverso dei considerando direttiva 2014/24/UE);

2)  le condanne che non rientrano nell’elenco tassativo di quelle previste dall’art. 80 co. 1 non andrebbero dichiarate. 

Guida alla lettura 

 

 

La sentenza in commento prende le mosse da un affidamento mediante cottimo fiduciario indetto nella vigenza del D.lgs. n. 163 del 2006. L’operatore economico, all’esito dell’apertura delle offerte è risultato primo classificato. Tuttavia lo stesso veniva escluso perché in sede di verifica del possesso dei requisiti generali emergeva la falsa dichiarazione in ordine all’assenza di condanne penali. In particolare, il concorrente non aveva dichiarato una sentenza di patteggiamento emessa nei confronti del legale rappresentante della società per lesioni colpose. Pertanto, la stazione appaltante, ravvisata la violazione dell’art. 38 del D.lgs. n. 163/2006 aveva escluso il concorrente dalla gara.

Il Tar Umbria, ribaltando il precedente orientamento espresso, seppur in sommaria delibazione, in sede cautelare (rigetto della sospensiva della ditta esclusa), ha ritenuto illegittima l’esclusione.

La motivazione della sentenza presenta spunti interessanti – e non immuni di riflessioni critiche – che privilegiano un’interpretazione sostanzialistica della clausole di esclusione (nel contesto normativo del D.lgs. n. 163/2006), anche tenendo conto di quella che l’impostazione sulla valutazione dei requisiti generali dettata del D.lgs. n. 50 del 2016.

Un primo punto preso a riferimento dal Giudice umbro è quello delle ambiguità della lex specialis che non potrebbe condurre mai all’esclusione automatica, anche nel caso di falsa dichiarazione. In sostanza il Tar ravvisando nel merito l’ambiguità della lex specialis (bando e modello della dichiarazione della domanda) concentra l’attenzione sulla nota tesi del cd. "falso innocuo", riconoscendo che secondo giurisprudenza oggi dominante non opera in relazione all'omessa dichiarazione delle condanne penali riportate dai concorrenti essendo "incompatibile con l'obbligo, posto dall'art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006 di dichiarare integralmente tutti i precedenti penali" (ex multis Consiglio di Stato sez.V, 27 luglio 2016, n. 3402).

Tuttavia, secondo il Tar, tale tesi sarebbe recessiva nell’ipotesi in cui non vi sia l’esatta predeterminazione da parte della lex specialis del contenuto delle dichiarazioni da rendere (Consiglio di Stato sez. III, 6 febbraio 2014, n. 583; T.A.R. Sicilia Catania sez. IV, 16 dicembre 2015, n. 2898; T.A.R. Campania sez. I, 1 dicembre 2015, n. 5530; T.A.R. Lazio Roma 1 giugno 2015, n. 7744).

Prendendo le mosse da tale contesto il Tar ha escluso che l’obbligo di dichiarare la condanna penale possa dirsi eterointegrato dal secondo comma dell’art. 38. Secondo il Tar ritenere possibile l'esclusione automatica dalla partecipazione all'aggiudicazione di contratti pubblici per mancata inserzione in sede di offerta di elementi contenutistici previsti come obbligatori dall'ordinamento, nel totale silenzio della lex specialis, collide con l'esigenza di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento dei concorrenti in merito a non effettuare adempimenti formali non prescritti in sede di lex specialis; ancora, risulta violato il principio del favor partecipationis, perché diversamente opinando, i concorrenti risulterebbero esclusi nonostante la presentazione di offerta perfettamente conforme alle prescrizioni stabilite dal bando.

Il Tar introduce anche un discutibile criterio di valutazione in ordine all’obbligo di dichiarazione correlandolo alla diligenza professionale media esigibile a seconda della  tipologia di affidamento. In sintesi, secondo il Giudice umbro Tanto più l’appalto è di modesto valore tanto meno si potrebbe pretendere dall’operatore la sussistenza di obblighi ulteriori rispetto a quello impressi nel bando e nell'allegato modulo d'offerta, in merito alle dichiarazioni da rendere per l’ammissione.

Il Tar Umbria ritiene inoltre necessario interpretare l’art. 38 in relazione alla direttiva 2004/18/CE, il cui art. 45 contempla l’effetto espulsivo solo in ipotesi di “grave colpevolezza e di false dichiarazioni nel fornire informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni”. Tale richiamo, però, sembra essere contrastante con la tesi del “falso innocuo” non applicabile al caso di false dichiarazioni.

Infine risulta interessante l’interpretazione che il Giudice umbro offre dell’art. 80 D.lgs. n. 50 del 2016,  affermando che  una condanna non compresa nell’elenco tassativo di cui al comma 1 lettere a,b,c,d,e,f, g, non deve essere dichiarata, sottolineando che persino una condanna automaticamente escludente ai sensi della norma potrebbe in ipotesi (se comportante una pena detentiva non superiore a 18 mesi) non condurre all’esclusione in applicazione del c.d. sealf cleaning di cui al successivo comma 7.

La sentenza risulta interessante perché sembra “traghettare” l’orientamento interpretativo sostanzialistico in ordine ai motivi di esclusione per le  dichiarazione sui requisiti generali. Si ritiene ad avviso di chi scrive che il Tar “forzi” la lettura del contesto normativo e giurisprudenziale formatosi  sull’art. 38 co. 2 del D.Lgs. n. 163/2006, rivisitando il principio  di esclusione automatica nel caso di falsa dichiarazione sulle condanne penali; mentre appare piuttosto coerente al quadro normativo offerto dall’art. 80 del D.Lgs. n. 50 del 2016 e dalla direttiva comunitaria 2014/24/UE. Resta da vedere quale sarà l’effettiva applicazione del comma 7 dell’art. 80 e le implicazioni in ordine all’obbligo dichiarativo ed accesso al soccorso istruttorio. In tal senso il problema può ritenersi risolto in radice nel momento in cui le Stazioni Appaltanti adotteranno in sede di gara il modello DGUE previsto dall’art. 85 del D.lgs. n. 50 del 2016, nel quale, come indicato nella Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 18 luglio 2016, n. 3 “Al fine di meglio esplicitare le ipotesi previste al comma 7 del citato art. 80 in ordine all’istituto del self-cleaning, si e’ provveduto ad inserire nel DGUE allegato, in appositi campi, le richieste di informazioni distinte per ciascuna delle sopra richiamate ipotesi”.

 

 

Pubblicato il 01/12/2016

N. 00749/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00206/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 206 del 2016, proposto da:
Smac s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Francesca De Nicola, con domicilio eletto presso Donato Antonucci in Perugia, via XIV Settembre, 69;

contro

A.S.M. s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Ranalli, con domicilio eletto presso Lietta Calzoni in Perugia, via Bonazzi, 9;

per l'annullamento

previa sospensiva

- del provvedimento di cui alla nota racc. a.r. dell’1.4.2016 prot. n.ro 3235, ricevuta in data 7.4.2016, con la quale la Smac s.r.l. è stata esclusa dalla gara di cottimo fiduciario per l’affidamento del servizio di pulizia degli uffici delle sedi di Asm s.p.a. CIG 6429055006;

- di tutti gli atti presupposti e/o connessi, e/o consequenziali, ivi compresa della nota ASM s.p.a. del 28.4.20 16 prot. n.ro 4286, con la quale è stata respinta l’istanza di revoca del provvedimento di esclusione;

nonché per la declaratoria del diritto di essa ricorrente alla partecipazione alla gara.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’A.S.M. s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2016 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1.-Con atto prot. 12997 del 14 ottobre 2015 l’ASM s.p.a. di Terni ha indetto procedura negoziata ai sensi dell’art. 125 del D.lgs. 163 del 2006 per l’affidamento mediante cottimo fiduciario del servizio di pulizia dei propri uffici, per un importo a base di gara di 189.550,00 e criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la durata di 18 mesi.

Con provvedimento a firma del Direttore Generale prot. n. 3235 assunto l’1 aprile 2016, la stazione appaltante ha escluso la ricorrente dalla suindicata gara ufficiosa, non avendo il legale rappresentante e amministratore unico Alvaro Giovannini dichiarato in sede di gara di aver riportato condanna penale “patteggiata” intervenuta il 17 novembre 1995 alla multa di 800.000 lire per il reato di lesioni colpose commesso nel 1990, contravvenendo al disposto della lex specialis.

L’odierna istante impugna il suddetto provvedimento, deducendo motivi di violazione e falsa applicazione di legge (artt. 38 Dlgs. 163/2006, 444 e 445 c.p.p., direttiva 2004/18/CE) ed eccesso di potere, così riassumibili: non potrebbe ritenersi falsa la dichiarazione quale quella effettuata dall’amministratore unico inerente condanne per “gravi reati incidenti sulla moralità professionale”, prestandosi essa ad una valutazione del tutto opinabile di gravità; ciò a maggior ragione in presenza di contenuto equivoco della lex specialis che non avrebbe imposto ai concorrenti la dichiarazione di tutte le condanne passate in giudicato o in applicazione della pena a richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.; ad ogni modo l’estinzione del reato di cui all’art. 445 comma 2, c.p.p. opererebbe in via automatica al decorso del termine quinquennale, avendo il provvedimento del giudice penale carattere tipicamente dichiarativo e non già costitutivo, operando dunque con effetto ex tunc.

Si è costituita l’ASM di Terni, eccependo l’infondatezza di tutte le doglianze ex adverso dedotte, poiché in sintesi:

- la lettera di invito richiedeva ai concorrenti l’obbligo di indicazione di tutte le condanne penali riportate;

- la valutazione della gravità delle condanne riportate e la loro incidenza sulla moralità professionale, per giurisprudenza del tutto pacifica, non competerebbe mai al concorrente bensì esclusivamente alla stazione appaltante;

- la dichiarazione in questione sarebbe pertanto non veritiera e andrebbe sanzionata con l’esclusione a prescindere dal dolo o dalla colpa grave del dichiarante;

- l’omessa dichiarazione di una condanna sarebbe altresì fatto sintomatico della non affidabilità del concorrente;

La difesa della ricorrente ha depositato in giudizio il provvedimento emesso dal Tribunale penale di Terni il 16 agosto 2016 di estinzione del reato di che trattasi.

Alla camera di consiglio del 18 maggio 2016 con ordinanza 73/2016 l’adito Tribunale ha respinto la domanda incidentale cautelare, valutando - pur nella sommarietà che contraddistingue la fase cautelare - come non veritiera la dichiarazione resa dal ricorrente e ritenendo che la mancata dichiarazione di una sentenza penale di condanna, ancorchè relativa a reati non incidenti sulla moralità professionale, costituisce causa autonoma di esclusione dalla gara, ai sensi del combinato disposto degli artt. 38, comma 2, e 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, ed in applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000.

Con memoria ai sensi dell’art. 73 cod. proc. amm. la difesa della ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame, non potendosi a suo dire ricavare l’obbligo di dichiarare la condanna patteggiata riportata né dalla lex specialis né dal disposto di cui all’art. 38 del D.lgs. 163/2006 e ribadendo il possesso da parte del Giovannini di tutti i requisiti di moralità richiesti dal citato art. 38, invocando una interpretazione sostanzialistica della norma nonché in chiave comunitaria (art. 45 direttiva 2004/18/CE).

L’ASM di Terni, di contro, ha eccepito sia l’irrilevanza del provvedimento postumo di estinzione depositato dalla ricorrente sia l’inammissibilità della censura riguardante la mancata attivazione del soccorso istruttorio poiché introdotta nella sola memoria non notificata.

All’udienza del 9 novembre 2016, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

2.-E’ materia del contendere la legittimità del provvedimento del 1 aprile 2016 con cui l’ASM di Terni, società interamente partecipata dal Comune di Terni, ha escluso la ricorrente dalla procedura negoziata (cottimo fiduciario) per l’affidamento del servizio di pulizia degli uffici, stante la (pacifica) mancata dichiarazione da parte dell’amministratore unico di condanna penale (ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) riportata il 17 novembre 1995 per lesioni colpose alla multa di 800.000 lire.

3. - Il ricorso è fondato e va accolto.

4. - In primo luogo non può condividersi l’assunto della ricorrente circa l’asserito effetto estintivo automatico (ai sensi dell’art. 445 c. 2, c.p.p.) delle condanne patteggiate con pena detentiva non superiore a due anni ove nel termine di cinque anni l’imputato non commetta delitti della stessa indole.

La pur sostenuta estinzione “ipso iure” del reato oggetto di sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall'art. 445, comma secondo, c. p. p. (exmultis Cassazione penale 29 gennaio 2016, n. 6673) deve coordinarsi in subiecta materia con il fondamentale principio secondo cui il possesso dei requisiti per partecipare ad un procedimento ad evidenza pubblica deve sussistere entro il termine di scadenza fissato per la presentazione delle domande (ex multis Consiglio di Stato sez. VI, 4 maggio 2015, n. 2219).

Infatti, secondo giurisprudenza pacifica da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, l'omessa dichiarazione di condanna penale costituisce legittima causa di esclusione dalla gara, senza che sia possibile invocare un automatico effetto estintivo del reato ex art. 460, comma 5, c.p.p., in quanto l'estinzione deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale antecedente al termine di scadenza fissato per la presentazione delle offerte (termine entro il quale devono essere posseduti i requisiti partecipativi) (T.A.R. Toscana, sez. III, 24 settembre 2016,  n. 1386; Consiglio di Stato sez. III, 28 settembre 2016, n. 4019; id. sez. V, 17 giugno 2014, n. 3092).

Nella fattispecie, dunque, nessuna decisiva rilevanza può attribuirsi al pur depositato provvedimento di estinzione del Tribunale penale di Terni, intervenuto in via del tutto postuma rispetto al termine di presentazione delle offerte, con conseguente infondatezza della doglianza di violazione degli artt. 444 e 445 c.p.p., pur potendo questi ultimi rilevare quali fonte del legittimo affidamento dell’impresa ricorrente circa la irrilevanza della condanna anche ai fini della partecipazione alla gara, come si dirà in prosieguo.

5. - Giova invece evidenziare in punto di fatto come in base al modello di dichiarazione sostitutiva allegato alla lettera di invito (allegato 3) veniva fatto obbligo dichiarare ai concorrenti “di non aver riportato alcuna condanna penale” unitamente “all’inesistenza a proprio carico di sentenze definitive di condanna passate in giudicato, o di decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, ovvero di sentenze di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato e della Comunità, che incidono sulla moralità professionale” (secondo il disposto di cui all’art. 38 c. 1, lett. c. del D.lgs. 163/2006).

Mentre dal tenore della prima parte si evince l’obbligo di dichiarare ogni condanna penale riportata, nella successiva parte, riferita in specifico alle condanne patteggiate, il contenuto della dichiarazione a carico del ricorrente assume contenuto molto più ristretto, vertendo sui soli reati gravi in danno dello Stato e della Comunità che incidono sulla moralità professionale.

6. - Tale evidente e indubbio contrasto in primo luogo appare idoneo ad ingenerare nei confronti dei concorrenti dubbi in ordine alla corretta dichiarazione da rendere, demandando apparentemente al concorrente (soltanto per le condanne rese ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) la valutazione della gravità e della incidenza sulla moralità professionale.

7. - Non ignora certo il Collegio come secondo la giurisprudenza sia di prime cure che d’appello nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all'affidamento di un appalto pubblico, l'omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell'art. 38, comma 1, lett. c), d.lg. 12 aprile 2006, n. 163, ne comporta l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità; inoltre, non c'è possibilità che l'omissione possa essere sanata attraverso il soccorso istruttorio, il quale non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti, ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 12 ottobre 2016,  n. 4219; T.A.R. Piemonte, sez. II, 20 settembre 2016, n.1157; T.A.R. Umbria 26 gennaio 2016, n. 201, T.A.R. Lazio Roma sez. II, 1 luglio 2016, n. 7586).

L’omessa indicazione di una condanna penale riportata da uno dei soggetti tenuti (ai sensi del citato art. 38) integra infatti la non veridicità della dichiarazione a prescindere dal dolo o dalla colpa grave, non residuando margini di discrezionalità in capo alla stazione appaltante (ex plurimis Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n. 783Cons. Stato, V, 27 aprile 2012, n. 2447) posto che la mancata dichiarazione incide non già sugli effetti delle condanne taciute quanto piuttosto sulla situazione di infedeltà, reticenza o inaffidabilità della ditta stessa (T.A.R. Campania Napoli sez. I, 28 luglio 2015, n. 1755).

Il citato art. 38 comma 2 dispone: "Il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione. Ai fini del comma 1, lettera c), il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione... "; mentre il medesimo art. 38, al comma 1, prevede che non possono partecipare alle gare i soggetti (lettera c) "nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale.

L'art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 così dispone in materia di dichiarazioni sostitutive: "Fermo restando quanto previsto dall'articolo 76, qualora dal controllo di cui all'articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera".

7.1.- La nota tesi invocata dalla difesa della ricorrente del cd. "falso innocuo" - secondo cui agli effetti della esclusione di una impresa da una gara pubblica la falsa dichiarazione resa dalla stessa non rileva in sé, ma solo per la sua inerenza ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alla procedura comparativa (tesi pur autorevolmente sostenuta specie in passato ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 13 febbraio 2009,  n. 829; id. sez. III, 6 febbraio 2014,  n. 583) -secondo giurisprudenza oggi dominante non opera in relazione all'omessa dichiarazione delle condanne penali riportate dai concorrenti essendo "incompatibile con l'obbligo, posto dall'art. 38, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006 di dichiarare integralmente tutti i precedenti penali" (ex multis Consiglio di Stato sez.V, 27 luglio 2016, n. 3402).

Va però evidenziato al contempo come il ripudio della tesi del falso innocuo presupponga la esatta predeterminazione (anche sui carichi pendenti) da parte della lex specialis del contenuto delle dichiarazioni da rendere (Consiglio di Stato sez. III, 6 febbraio 2014, n. 583; T.A.R. Sicilia Catania sez. IV, 16 dicembre 2015, n. 2898; T.A.R. Campania sez. I, 1 dicembre 2015, n. 5530; T.A.R. Lazio Roma 1 giugno 2015, n. 7744).

8. - Tanto premesso, non ritiene il Collegio di poter seguire il suesposto orientamento allorquando, come nel caso di specie, la lettera di invito sia ambigua sul contenuto delle dichiarazioni da rendere.

E’ infatti principio altrettanto consolidato in giurisprudenza quello per cui in presenza di regole formulate in modo obiettivamente ambiguo nel bando di gara l'Amministrazione non può legittimamente escludere dalla competizione l'impresa che sia incorsa in errore nell'interpretarle, ostandovi la tutela del principio del "favor partecipationis" e dell'interesse pubblico a reperire la migliore offerta, obiettivo perseguibile solo assicurando la massima partecipazione alle gare (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 13 maggio 2015,  n. 2388 ; T.A.R. Basilicata, sez. I, 20 dicembre 2010,  n. 1130).

D’altronde le dichiarazioni sostitutive hanno ad oggetto essere fatti e non già valutazioni, in conformità agli artt. 46 del d.P.R. n. 45 del 2000 e 75 del d.P.R. 554 del 1999 non potendo la p.a. rimettere al richiedente la valutazione del carattere ostativo di taluni reati in ordine all'instaurazione di determinati rapporti (Cassazione penale, sez. V, 18 gennaio 2008, n. 11596)

9. - Non ritiene il Collegio, diversamente da quanto opinato dalla difesa della stazione appaltante, che l’obbligo di dichiarare la condanna riportata dall’amministratore unico dell’impresa ricorrente possa dirsi eterointegrato dal citato disposto del secondo comma dell’art. 38.

Il meccanismo della eterointegrazione dei bandi di gara, comunemente ammesso dalla giurisprudenza sostanzialmente al fine di garantire l'applicazione di norme imperative c.d. auto-esecutive poste a tutela dell'ordine pubblico (ex multis T.A.R. Sicilia Palermo sez. III 23 novembre 2011, n. 2163; Consiglio di Stato, sez. V 9 settembre 2011, n. 5073; id. sez. III, 18 ottobre 2013, n. 5069) presenta invero aspetti problematici, trattandosi di istituto di matrice civilistica (artt. 1339 e 1419 c.c.) preordinato a colmare le lacune di un negozio giuridico incompleto e non già a porre rimedio all'attività autoritativa, laddove le prescrizioni difformi dal paradigma normativo di riferimento debbono formare oggetto di puntuale impugnativa, a pena di consolidazione degli effetti e di inoppugnabilità (Consiglio di Stato, sez V 10 gennaio 2003, n. 35, T.A.R. Umbria 22 maggio 2013, n. 301).

Ma laddove si ammetta l'operatività del suddetto istituto anche in riferimento all'attività amministrativa, colmandosi in via suppletiva le eventuali lacune del provvedimento adottato dalla p.a., da ciò non consegue in modo diretto ed automatico l'esclusione dalla gara del concorrente che non abbia formulato la dichiarazione derivante dalla legge, dovendo tenersi conto che, non solo fondamentali esigenze di certezza del diritto e tutela della par condicio dei concorrenti impediscono all'Amministrazione di disattendere i precetti fissati nella normativa di gara dalla stessa formulata, ma soprattutto del principio di rilevanza comunitaria di affidamento, formalmente elevato al rango di principio generale dell'azione amministrativa dall'art. 1 comma 1, della L. 7 agosto 1990, n. 241, il quale impedisce che possano ricadere sui soggetti destinatari gli errori imputabili all'Amministrazione (Consiglio di Stato sez. V 9 settembre 2011, n. 5073; T.A.R. Liguria sez. II, 13 ottobre 2010, n. 9201; T.A.R. Umbria 22 maggio 2013, n. 301). In base al criterio di interpretazione secondo buona fede di cui all'art. 1366 c.c., applicabile anche ai bandi di gara quali atti amministrativi generali (ex plurimis Consiglio di Stato sez. V 16 gennaio 2013, n. 238), gli effetti degli atti devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in virtù del principio costituzionale di buon andamento, da cui discende l'obbligo dell'Amministrazione di esporre in modo chiaro e lineare gli adempimenti documentali richiesti, soprattutto come nel caso di specie, allorquando possano derivarne conseguenze negative (Consiglio di Stato sez. V 9 novembre 2010, n. 7966); diversa è invece l'ipotesi in cui si invochi l'eterointegrazione della lex specialis per colmare lacune illegittimamente restrittive della partecipazione, come nel caso di mancata previsione del generale diritto di auto-certificazione (T.A.R. Campania - Napoli sez III 18 gennaio 2011, n. 300) del possesso dei requisiti generali prescritti.

In altre parole, ritenere possibile l'esclusione automatica dalla partecipazione all'aggiudicazione di contratti pubblici per mancata inserzione in sede di offerta di elementi contenutistici previsti come obbligatori dall'ordinamento, nel totale silenzio della lex specialis, collide con l'esigenza di certezza del diritto e di tutela dell'affidamento dei concorrenti in merito a non effettuare adempimenti formali non prescritti in sede di lex specialis; ancora, risulta violato il principio del favor partecipationis, perché diversamente opinando, i concorrenti risulterebbero esclusi nonostante la presentazione di offerta perfettamente conforme alle prescrizioni stabilite dal bando (T.A.R. Piemonte sez I, 19 aprile 2012, n. 458).

9.1. - Secondo la diligenza professionale media esigibile - specie in affidamenti di modesto valore come quello per cui è causa - non appare ragionevole opinare nel senso della percepibilità da parte dei concorrenti, della sussistenza di ulteriori obblighi rispetto a quanto impresso nel bando e nell'allegato modulo d'offerta, in merito alle dichiarazioni da rendere per l’ammissione.

Sul punto il più recente arresto dell’Adunanza Plenaria (sent. 27 luglio 2016, n. 19 ) - seppur in fattispecie diversa - richiamandosi ai principi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, trasparenza, proporzionalità e par condicio, ha ritenuto che per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del c.d. nuovo Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

Fatte le debite differenze, trattasi di approccio sostanzialistico che valorizza anche in questo caso il bando di gara quale atto fonte di particolare affidamento per i partecipanti.

10. - Giova poi evidenziare come l’esclusione del concorrente risulterebbe oltremodo illegittima anche sotto altro profilo, dovendosi l’art. 38 D.lgs. 163/2006 interpretare alla luce della direttiva 2004/18/CE, il cui art. 45 contempla l’effetto espulsivo solo in ipotesi di “grave colpevolezza e di false dichiarazioni nel fornire informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni”.

Anche la nuova direttiva 2014/24/UE pur qui non direttamente applicabile “ratione temporis”, conferma la necessità del requisito della “grave colpevolezza” richiesto per l’esclusione (cfr. art. 57 c. 4, lett. h.) non ravvisabile nel caso di specie a causa della intrinseca ambiguità della lex specialis e della piena titolarità da parte della ricorrente dei requisiti morali di cui all’art. 38, non essendo contestata neppure dalla stazione appaltante l’incidenza della condanna sulla moralità professionale.

La nuova direttiva - comunque rilevante a fini interpretativi (ex multis Corte di Giustizia U.E. 27.6.2000, C-240/98; Cassazione Sez. Un. 17 novembre 2008, n. 27310; id. sez. II, 30 luglio 2001, n. 10429; id. sez. lav., 14 ottobre 2004, n. 20275; Consiglio di Stato Ad. Plenaria 30 luglio 2014, n. 16; T.A.R. Umbria 9 settembre 2014 n. 447; T.A.R. Lazio Roma sez. III, ord. 3 ottobre 2016, n. 10012) amplia ancor più di prima il favor partecipationis dilatando il soccorso istruttorio per informazioni incomplete e non corrette (art. 56 c. 3) e confinando la sanzione espulsiva entro limiti di proporzionalità con l’interesse pubblico tutelato (art. 101 ultimo capoverso dei considerando).

Lievi irregolarità, se non ripetute, dovrebbero comportare l’esclusione di un operatore economico soltanto in circostanze eccezionali (ancora art. 101 ultimo capoverso dei considerando direttiva 2014/24/UE).

10.1 - Sul punto va evidenziato come ai sensi dell’art. 80 del D.lgs. n. 50/2016 una condanna come quella di specie non dovrebbe neppure essere dichiarata, non rientrando nel tassativo elenco delle condanne di cui al comma primo, mentre persino una condanna automaticamente escludente ai sensi della norma potrebbe in ipotesi (se comportante una pena detentiva non superiore a 18 mesi) non condurre all’esclusione in applicazione del c.d. sealf cleaning di cui al successivo comma 7, in attuazione del principio “sanante” codificato dalla stessa direttiva (art. 57 c. 6).

11. - Va infine evidenziato come, seppure in riferimento a carenze sulle dichiarazioni sostitutive diverse da quelle di specie, la giurisprudenza sia oramai concorde nel ripudiare l’esclusione dalle gare per l’aggiudicazione di appalti pubblici per ragioni formali legate alla incompletezza delle dichiarazioni sostitutive o della documentazione di gara stante l’introduzione dell’ampia possibilità di soccorso istruttorio ad opera del DL 24 giugno 2014 n. 90 (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 27 luglio 2016, n. 19; T.A.R. Umbria 9 settembre 2014, n. 447).

L'incompletezza della domanda non può mai giustificare, in quanto tale, l'esclusione da una pubblica gara, anche in considerazione degli istituti del "falso innocuo" o "omissione innocua" che richiedono un controllo sostanziale, e non meramente formale, sui requisiti di partecipazione da parte della stazione appaltante, nonché del principio generale di buona fede, considerato che i reati oggetto della condanna patteggiata del 1995 nulla hanno a che fare con la "moralità professionale" in relazione all'oggetto dell'appalto e che la giurisprudenza ha ammesso la necessità di dichiarare le sole condanne "gravi" e non tutte in assoluto, anche secondo l'impostazione di cui alla direttiva 34/2014/UE, il cui "considerando" 101 invita a non disporre esclusioni per lievi irregolarità formali (cfr. T.A.R. Lazio Roma 1 maggio 2015, n. 7744).

Ciò mostra oramai il fianco alla tesi secondo cui la completezza della dichiarazione assurga ancora a requisito autonomo di partecipazione alle gare, fermo restando l’esclusione in caso di dichiarazione non veritiera su fatti oggettivi rilevanti per l’ammissione e per colpa del dichiarante, nel senso sopra precisato.

12. - Alla luce delle suesposte considerazioni è fondata la doglianza di violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del D.lgs. 163/2006 oltre che delle direttive comunitarie 2004/18 e 2014/24, risultando la mancata dichiarazione di condanna riportata ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per reato pacificamente non incidente sulla moralità professionale, nell’incertezza della lettera di invito, irregolarità formale di lieve entità, non meritevole di sanzione espulsiva.

13. - Per i suesposti motivi il ricorso è fondato e va accolto, con l’effetto dell’annullamento del provvedimento di esclusione impugnato.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, in considerazione della complessità delle questioni e del contrasto giurisprudenziale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.