TAR Lazio, Roma, sez. I, 14 novembre 2016, n. 11270

L’art. 16 del d.lgs. 39/2013 in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, attribuisce all’ANAC un generale potere di vigilanza, rafforzato attraverso il riconoscimento di forme di dissuasione e di indirizzo dell’ente vigilato, che possono anche condurre alla sospensione di un procedimento di conferimento ancora in fieri ma che non possono comunque mai portare alla sostituzione delle proprie determinazioni a quelle che solo l’ente vigilato è competente ad assumere.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15719 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Consorzio per l’area di sviluppo industriale della Provincia di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia C.F. CLRNGL48P06H703Z, Giorgio Leccisi C.F. LCCGRG82R11H501D, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'avv. Almerina Bove C.F. BVOLRN70C46I262Z, domiciliata in Roma, via Poli, 29;

 

sul ricorso numero di registro generale 6357 del 2016, proposto da:
Salvatore Puca, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Anastasio Pugliese C.F. NSTMCL77C07H501Q, con domicilio eletto presso Marcello Anastasio Pugliese in Roma, via G.G. Porro, 26;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Almerina Bove C.F. BVOLRN70C46I262Z, con domicilio eletto presso Almerina Bove in Roma, via Poli 29;
Responsabile per la Prevenzione della Corruzione della Giunta Regionale della Campania, non costituito in giudizio;

 

sul ricorso numero di registro generale 6974 del 2016, proposto da:
Giuseppe Romano, rappresentato e difeso dagli avvocati Orazio Abbamonte C.F. BBMRZO61S17F839L, Rocco Travaglino C.F. TRVRCC77E14G812J, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Abbamonte - Titomanlio in Roma, via Nicolo' Porpora, 12;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Almerina Bove C.F. BVOLRN70C46I262Z, con domicilio eletto presso Almerina Bove in Roma, via Poli 29;

nei confronti di

Consorzio per l’area di sviluppo industriale della Provincia di Napoli, non costituito in giudizio;
Paolantonio Giovanna, non costituita;

per l’annullamento

previa sospensione dell’esecuzione,

quanto al ricorso introduttivo n. 15719 del 2015:

- della delibera n. 141/2015 del 26 novembre 2015 della Autorità Nazionale Anticorruzione - ANAC e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale; nonché

quanto ai motivi aggiunti al ricorso n. 15719 del 2015:

- della delibera ANAC n. 459/2016, depositata in data 27 aprile 2016 e successivamente comunicata;

e, quanto ai secondi motivi aggiunti al ricorso n. 15719 del 2015:

- del decreto commissariale n. 1 del 3.6.2016 avente ad oggetto “Consorzio ASI di Napoli – Provvedimento conseguente alla deliberazione ANAC n. 459/2016” del Commissario ad acta nominato ex DGR n. 79/2016 “per il compimento degli atti necessari per la conclusione del procedimento di contestazione della causa di inconferibilità avviato nei confronti del soggetto cui è stato conferito l’incarico di Presidente del Consorzio ASI di Napoli”.

Quanto al ricorso n. 6357 del 2016:

- della delibera ANAC n. 459/2016;

- ove occorra, della delibera ANAC n. 141/2015, laddove ritenuta attualmente lesiva degli interessi del ricorrente;

di tutti i provvedimenti e gli atti ad esse connessi, presupposti e conseguenziali;

nonché, quanto ai motivi aggiunti al ricorso n. 6357 del 2016:

-del decreto n. 1 del 3.6.2016 adottato dal RPC della Giunta Regione Campania in qualità di Commissario ad acta, ancorché non comunicato.

Quanto al ricorso n. 6974 del 2016:

- della delibera n. 459/2016 assunta in data 27/04/2016 dall'ANAC, con la quale l'Autorità ha ordinato al Commissario ad acta, nella persona della Dott.ssa Giovanna Paolantonio, già nominato dalla Regione Campania, di annullare il provvedimento di archiviazione assunto dal responsabile anticorruzione del Consorzio, ing. Salvatore Puca, in relazione alla pretesa causa di inconferibilità al ricorrente del ruolo di Presidente del Consorzio ASI di Napoli e di avviare il procedimento sanzionatorio ex art. 18, comma 2, d.lgs. 39/2013 nei confronti dei soggetti che avevano eletto l'avv. Giuseppe Romano;

-del decreto commissariale n. 1 del 3.6.2016 assunto dalla dott.ssa Paolantonio, con il quale la medesima, in ossequio all'ordine rivoltole dall'ANAC con la delibera 459/2016, annullava il provvedimento di archiviazione del RPC dell'ASI di Napoli, "dichiarando la nullità ai sensi dell'art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 39/2013, della nomina del Presidente del Consorzio ASI di Napoli", ed inoltre avviava il procedimento sanzionatorio di cui al citato art. 18;

-di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.

 

Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio in tutti i procedimenti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e della Regione Campania;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2016 la dott.ssa Lucia Maria Brancatelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con il ricorso introduttivo n. 15719 del 2015, il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Napoli (di seguito, anche “il Consorzio”) ha impugnato la delibera dell’Autorità nazionale anticorruzione (in poi, “l’Autorità” o “l’Anac”) n. 141/2015, con la quale è stata accertata l’inconferibilità, ai sensi dell’art. 16 del d.l.gs. n. 39/2013, dell’incarico di Presidente del Consorzio all’avv. Giuseppe Romano, che alla data del conferimento ricopriva la carica di Sindaco del Comune di Brusciano, e si è ordinato al responsabile per la prevenzione della corruzione (in avanti, anche “il RPC”) del Consorzio, ing. Salvatore Puca, di avviare il procedimento di contestazione della causa di inconferibilità, dichiarare la nullità della nomina ed irrogare la sanzione di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013.

1.1 La delibera è gravata in relazione ai seguenti motivi:

1) Nullità per difetto assoluto di attribuzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 49 e 50, l. 190/2012. In subordine: illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 76 Cost.

L’Anac impartisce ordini al RPC del Consorzio, imponendo gli adempimenti da svolgere e determinando l’esito del procedimento, in assenza di norme di rango legislativo che la autorizzino in tal senso. Le due disposizioni richiamate dall’Autorità, l’art. 1, comma 3 della l. n. 190/2012 e l’art. 16 del d.lgs. di attuazione n. 39/2013, non sono conferenti, in quanto l’art. 1, comma 49 della legge delega non ricomprende gli enti pubblici economici, tra i quali rientra il Consorzio, nel novero dei soggetti cui la disciplina in materia di inconferibilità degli incarichi è applicabile. Qualora si addivenisse a una diversa interpretazione della disciplina normativa, atteso il generico richiamo alla nozione di ente pubblico contenuto all’art. 1 del decreto delegato n. 39/2013, il Consorzio chiede sia sollevata questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, lett. b) e 2, comma 1, del d.lgs. n. 39/2013, nella parte in cui ricomprendano tra gli enti pubblici destinatari del decreto anche gli enti pubblici economici, per violazione dell’art. 76 Cost. (eccesso di delega).

Inoltre, a prescindere dalla questione dell’applicabilità di tale corpus normativo al Consorzio, l’art. 16 del d.lgs. n. 39/2013 non contempla alcun potere di ordine ma solo di ispezione e vigilanza. Il secondo comma dell’articolo, inoltre, attribuisce all’Autorità un potere di sospensione d’ufficio del procedimento di nomina, non applicabile al caso in esame, ove non viene in considerazione una procedura in fieri.

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 7 del d.lgs. n. 39/2013. Difetto di adeguata motivazione.

Le conclusioni dell’Anac circa l’applicabilità all’avv. Romano dell’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 7, comma 2, del d.lgs. n. 39/2013 in relazione alla nomina di presidente del Consorzio, sono immotivate e non tengono conto delle seguenti circostanze: quello dell’avv. Romano non è un incarico ma un mandato elettivo; egli svolge tuttora le funzioni di sindaco del Comune di Brusciano (mentre la norma si riferisce ad incarichi espletati nell’anno precedente); in qualità di Presidente, non è titolare di funzioni gestionali, essendo privo di poteri statutari di siffatta natura.

1.2 Con successivi motivi aggiunti è stata impugnata la delibera Anac n. 459 del 20 aprile 2016, con cui l’Anac, preso atto che il RPC del Consorzio, con il provvedimento di archiviazione n. 1111 del 1° marzo 2016, ha ritenuto di non dover procedere alla contestazione della causa di inconferibilità rilevata dall’Anac con la delibera n. 141/2015 nei confronti del Presidente del Consorzio, ha ordinato al Commissario ad acta, frattanto nominato dalla Giunta della Regione Campania per il compimento degli atti necessari alla conclusione del procedimento di contestazione de quo, di annullare il surriferito provvedimento di archiviazione e di avviare, entro il termine di 30 giorni, il procedimento sanzionatorio di cui all’art. 18 d.lgs. n. 39/2013.

Il provvedimento è gravato, oltre che per invalidità derivata in relazione ai vizi della delibera n. 141/2015 già denunciati con il ricorso introduttivo, anche per i seguenti, autonomi, motivi:

I) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 15 e 16 del d.lgs. n. 39/2013. Eccesso di potere per erroneità e carenza dei presupposti. Travisamento dei fatti. Violazione del principio di buon andamento. Incompetenza. Sviamento.

L’Autorità ha erroneamente ritenuto che i poteri ispettivi e di vigilanza previsti dall’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 39/2013 legittimerebbero il potere d’ordine e di nullità ex lege dell’incarico qualora i procedimenti avviati dal RPC si concludano con l’archiviazione, mentre l’unico organo titolare del potere di contestazione dell’inconferibilità/incompatibilità dell’incarico è il RPC dell’Ente, non essendo possibile configurare l’esistenza di un potere sostitutivo dell’Anac sul punto.

II) eccesso di potere per carenza e/o travisamento dei presupposti. Violazione del principio del giusto procedimento e di leale collaborazione. Violazione dell’art. 120 Cost. Sviamento.

L’Autorità si giova di un provvedimento (la nomina di un Commissario ad acta da parte della Regione) nella consapevolezza della sua emanazione in difetto dei presupposti, stante l’assenza dell’inerzia dell’amministrazione competente.

III) eccesso di potere per omessa o carente motivazione, travisamento dei fatti, erroneità e manifesta illogicità. Violazione del principio di leale collaborazione. Violazione dell’art. 3 L.R. n. 29/2013. Violazione dell’art. 7, comma 2, d.lgs. n. n. 39/2013 e dell’art. 4 delle preleggi c.c.

Per superare la posizione assunta dal RPC del Consorzio, l’Anac avrebbe dovuto procedere all’impugnazione del provvedimento o quanto meno alla motivazione della sua decisione, mentre ha omesso di svolgere valutazioni di merito sul suo contenuto.

1.3 Con ulteriori motivi aggiunti al ricorso n. 15719 del 2015, il Consorzio ha impugnato il decreto commissariale n. 1 del 3.6.2016, adottato dal Commissario ad acta nominato dalla Giunta Regionale Campania con cui è stato annullato il provvedimento di archiviazione n. 1111 del 1° marzo 2016 emesso dal RPC del Consorzio ASI e dichiarato la nullità ex art. 117 del D.lgs. n. 39/2013 della nomina del Presidente del Consorzio, avviando altresì il procedimento sanzionatorio di cui all’art. 18, comma 2, d.lgs. n. 39/2013.

Oltre che per invalidità derivata, il decreto commissariale è gravato sotto il profilo dell’incompetenza, per violazione del menzionato art. 18 e della L.R. Campania n. 19/2013, che attribuisce all’ente vigilante il Consorzio, e quindi alla Regione Campania, il potere di condurre il procedimento sanzionatorio.

2. Con il ricorso n. reg. 6357/2016 l’ing. Salvatore Puca, in qualità di RPC del Consorzio, ha impugnato la delibera n. 459/2016 e, con successivi motivi aggiunti, il decreto commissariale n. 1/2016, lamentando l’assenza del potere in capo all’Anac di accertare e dichiarare l’inconferibilità dell’incarico utilizzando il potere d’ordine di cui all’art. 1 comma 3, L. n. 190/2012, nonché di un potere sostitutivo nelle funzioni del RPC competente. Sostiene, inoltre, analogamente alle deduzioni sollevate nel precedenti ricorsi sopra riportati, che il Commissario ad acta non aveva il potere di concludere un procedimento già regolarmente concluso dal RPC competente e che l’Anac ha illegittimamente inteso beneficiare di tale nomina commissariale impartendo un ordine di annullamento del provvedimento di archiviazione già adottato, non solo viziato per carenza di potere, ma anche esorbitante l’ambito di operatività dell’incarico conferito al Commissario ad acta.

3. Con successivo ricorso, riportante il n. reg. 6974/2016, l’Avv. Giuseppe Romano ha impugnato in proprio la delibera n. 459/2016 dell’Anac e il successivo decreto commissariale n. 1 del 3.6.2016, svolgendo censure analoghe a quelle già formulate dal Consorzio con il ricorso n. 15719 del 2015 e i successivi motivi aggiunti e, in particolare, concernenti: l’inapplicabilità della disciplina sul conferimento degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013 agli enti pubblici economici (per la quale si chiede sia sollevata la questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega), la natura elettiva del mandato ricevuto (come tale diversa da quella di un incarico), la carenza di un generale potere di sostituzione dell’Anac nell’ambito della sua funzione di vigilanza generale, l’assenza di deleghe gestionali dirette in capo al presidente tali da giustificare l’inconferibilità, nonché, quanto al decreto commissariale impugnato, la carenza di potere del Commissario ad acta ad adottare le determinazioni di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 39/2013 circa la dichiarazione di nullità dell’incarico. Sostiene, inoltre, il ricorrente che sussiste un profilo di illegittimità per disparità di trattamento, in quanto l’Anac, chiamata a rispondere su un caso analogo per altra ASI, ha deliberato in maniera difforme (cfr. delibera n. 164 del 17 febbraio 2016).

4. L’Avvocatura dello Stato si è costituita nell’interesse dell’Anac nei tre giudizi in epigrafe ed ha formulato diverse eccezioni in rito, oltre a contestare nel merito le deduzioni delle parti ricorrenti.

4.1 In relazione al ricorso n. 15719/2015, poiché il ricorso è stato presentato dal Consorzio ASI Napoli nella persona dell’avv. Romano quale suo Presidente e legale rappresentante, l’Autorità eccepisce la nullità della procura alle liti, derivante dall’inconferibilità del relativo incarico. Chiede, di conseguenza, che il motivo di ricorso relativo all’inapplicabilità agli enti pubblici economici della sussistenza delle condizioni di inconferibilità venga scrutinato per primo.

4.2 Nel ricorso n. reg. 6357/2016 dell’ing. Salvatore Puca, l’Anac eccepisce la tardività dell’impugnazione della delibera n. 141/2015.

4.3 Quanto al ricorso n. reg. 6974/2016, presentato in proprio dall’avv. Romano, rileva l’inammissibilità del ricorso in quanto gli atti successivi alla delibera n. 450/2015 avrebbero dovuto essere impugnati con motivi aggiunti nel procedimento n. 15719/2015.

4.4. Le deduzioni difensive svolte, nel merito, dall’Autorità resistente avverso i gravami in epigrafe possono essere sintetizzate nei seguenti termini.

4.4.1 A sostegno della tesi dell’applicabilità agli enti pubblici economici della normativa di cui al d.lgs. 39/2013, vengono richiamati numerosi precedenti dell’Anac che si pronunciano in tal senso, tra i quali, da ultimo, la determinazione del 17 giugno 2015, n. 8, recante “Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”.

4.4.2 Sulla natura ed i presupposti normativi dei poteri dell’ANAC e del provvedimento di ordine, l’Anac richiama il combinato disposto dell’art. 1, comma 3, della legge 190/2012 e dell’art. 16 del d.lgs. 8 aprile 2013 n. 39 e afferma che l’esercizio di tale potere è stato ampiamente motivato e regolato dall’Autorità stessa con la delibera 18 novembre 2014, n. 146. Richiama, ad ulteriore conferma, anche la recente Delibera n. 833 del 3.08.2016, recante le “Linee guida in materia di attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi inconferibili e incompatibili”.

4.4.3 In ordine alla corretta interpretazione dell’art. 7, comma 2, e in particolare sulla possibilità che l’incarico politico nell’ente che conferisce l’incarico non sia cessato, l’Autorità sostiene cha la finalità perseguita dalla norma richiede un’interpretazione della stessa non limitata al mero dato letterale - nel senso di ritenere operante la causa di inconferibilità solo nei confronti di coloro che nei due anni precedenti siano stati titolari degli incarichi de quibus – ma volta a ritenere operante tale causa di inconferibilità anche nei confronti di coloro che ricoprono la carica di presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico.

4.4.4 Sull’esercizio di funzioni gestionali da parte del Presidente del Consorzio, sostiene che sulla base dello Statuto applicabile ratione temporis al Consorzio (ovvero quello approvato dal Consiglio Regionale nella seduta del 18 marzo 2003), l’incarico conferito all’avv. Romano può ricondursi nell’ambito dell’art. 1, comma 2, lettera l), del d.lgs. n. 39/2013, prevedendo l’esercizio di deleghe gestionali dirette. Ne’ sussiste disparità di trattamento rispetto a casi ritenuti erroneamente analoghi, ove il presupposto del conferimento di deleghe a contenuto gestionale era assente.

4.4.5 Quanto alla contestazione relativa alla circostanza che non si tratterebbe di un incarico ma di un mandato elettivo e non di un incarico, l’Anac rappresenta come l’elezione da parte dell’assemblea dei soci sia solo una delle modalità di conferimento dell’incarico.

4.4.6 Infine, quanto al provvedimento di nomina del Commissario della Giunta Regionale, a dire dell’Anac esso si basa su due presupposti, entrambi esplicitati nella motivazione ed idonei, autonomamente, a giustificare l’esercizio del potere: la mancata conclusione del procedimento da parte del RPC del Consorzio e l’errore nell’esercizio del potere. Inoltre, quand’anche si ritenesse che il provvedimento del RPC del Consorzio fosse intervenuto tempestivamente, l’intervento della Regione, in qualità di soggetto che esercita la vigilanza sul Consorzio, dovrebbe comunque ritenersi legittimo, atteso che l’accertamento della inconferibilità è un atto vincolato.

5. La Regione Campania si è costituita nei giudizi in epigrafe, articolando, in riferimento al ric. n. 6357/2016, difese scritte, con le quali ha sostenuto la legittimità dell’intervento sostitutivo attivato dalla Regione, a causa dell’inerzia del Consorzio.

6. Il responsabile per la prevenzione della corruzione della Regione Campania, intimato in giudizio nella qualità di Commissario adacta che ha adottato l’impugnato decreto n. 1/2016, non si è costituito.

7. A seguito della camera di consiglio del 22 giugno 2016, fissata per la trattazione delle domande cautelari presentate in seno ai ricorsi in epigrafe, è stata disposta, attraverso l’ordinanza n. 3448/2016, la riunione ai fini della fase cautelare dei gravami per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva e, nelle more della compiuta definizione nel merito delle complesse questioni sottoposte a giudizio, è stata disposta la sospensione dell’efficacia degli atti impugnati, in ragione della prevalenza dell’interesse alla continuità nell’espletamento delle funzioni conferite ed alla conseguente continuità di funzionamento del Consorzio ricorrente.

8. In vista dell’udienza fissata per la trattazione del ricorso, tutte le parti costituite hanno presentato ulteriori memorie scritte a supporto delle reciproche tesi difensive.

9. Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2016, uditi per le parti i difensori presenti come da verbale e su loro conforme richiesta, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con i tre ricorsi individuati in epigrafe, sono stati impugnati gli atti con cui l’Anac ha impartito, dapprima al responsabile per la prevenzione della corruzione del Consorzio ASI della Provincia di Napoli e, successivamente, al Commissario ad acta nominato dalla Regione Campania, l’ordine di dichiarare la nullità dell’incarico di Presidente del Consorzio ASI della Provincia di Napoli all’avv. Giuseppe Romano, in quanto inconferibile ai sensi dell’art. 16 del d.l.gs. n. 39/2013, e di irrogare la sanzione di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013, nonché il decreto commissariale n. 1 del 3.6.2016, che da ultimo ha statuito conformemente a quanto richiesto dall’Autorità.

Per una migliore comprensione della vicenda oggetto di controversia, è opportuno riepilogare i principali fatti di causa.

A seguito di richieste di informazioni sulla corretta applicazione del d.lgs. n. 39/2013, recante le “disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”, l’Anac, con delibera n. 141 del 2015, valutava come “inconferibile, ai sensi dell'art 7, comma 2 lett c) del dlgs. n. 39/2013, l'incarico di Presidente del Consorzio (...) a colui che, alla data di conferimento dell'incarico, e attualmente, ricopre la carica di sindaco di Brusciano (Napoli), eletto il 4 giugno 2013, in quanto i compiti assegnati dallo Statuto vigente al momento della nomina dell'avv. Romano rendono assimilabile tale incarico a quelli di cui alla lettera 1) dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 39/2013”.

L'Anac, quindi, ordinava al RPC del Consorzio di avviare un procedimento nei confronti del Presidente dell’ente nell'ambito del quale contestare la menzionata causa di inconferibilità ed elevare la sanzione inibitoria ai sensi dei commi 1 e 2, dell'art. 18, D.Lgs. n. 39/2013.

La suddetta delibera veniva impugnata dal Consorzio, in persona dell’avv. Romano quale suo Presidente, innanzi a questo Tribunale con il ricorso n. reg. 15719/15.

Successivamente, in ossequio alla delibera n. 141/15 dell'Autorità, il RPC del Consorzio ASI avviava, in data 18.12.2015, il procedimento di contestazione nei confronti del Presidente del Consorzio ASI, Avv. Giuseppe Romano, e il 29.02.2016 adottava il provvedimento conclusivo, determinandosi per l'archiviazione del procedimento medesimo, non ritenendo sussistenti deleghe gestionali dirette, presupposto necessario ai fini dell’inconferibilità dell'incarico ex art. 7, comma 2, lett c), D.Lgs. 39/2013.

Frattanto, con delibera n. 79 del 1°.03.2016, la Giunta Regionale Campania, deliberava di nominare il RPC della Giunta Regionale Campania “quale Commissario ad acta per il compimento degli atti necessari alla conclusione del procedimento di contestazione della causa di inconferibilità avviato nei confronti del soggetto cui è stato conferito l'incarico di Presidente del Consorzio Asi di Napoli e dei soggetti che, ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 18 del dlgs. n. 39/2013, siano astrattamente possibili destinatari della sanzione inibitoria (...)”.

Con delibera n. 459 del 20-27 aprile 2016, l'Anac, avendo ritenuto che le conclusioni cui era giunto il RPC del Consorzio si ponessero in contrasto con i provvedimenti e gli atti richiesti dal piano nazionale anticorruzione, ordinava al RPC della Giunta della Regione Campania, quale commissario ad acta, "a) di annullare il provvedimento di archiviazione prot. n. 1111 del 1 marzo 2016 emesso dal RPC del Consorzio ASI Napoli a chiusura del procedimento avente ad oggetto la contestazione delle cause di inconferibilità nei confronti del Presidente del Consorzio Asi; b) di avviare, entro il termine di 30 giorni dalla notifica del presente provvedimento, il procedimento sanzionatorio di cui all'art. 18, comma 2, d.lgs. n. 39/2013 (art. 1, co. 3, L 190/201V; c) di comunicare all'ANAC tutti gli atti posti in essere quale conseguenza del presente provvedimento".

Questa delibera è stata impugnata, oltre che dal Consorzio ASI, nella persona del Vice Presidente, con i motivi aggiunti al ricorso n. 15719/15, anche dall’avv. Romano in proprio, con il ricorso n. reg. 6974/2016 e dall’Ing. Salvatore Puca, RPC del Consorzio, con il ricorso n. reg. 6357/2016.

Il decreto commissariale n. 1 del 3 giugno 2016 adottato dal RPC della Giunta della Regione Campania ha, quindi, operato in conformità a quanto richiesto dall’Anac, provvedendo all’annullamento del provvedimento di archiviazione, nonché alla dichiarazione di nullità della nomina del Presidente del Consorzio, ed avviando il procedimento sanzionatorio di cui all’art. 18, comma 2, d.lgs n. 39/2013. Il decreto commissariale veniva ulteriormente gravato, con motivi aggiunti, nei procedimenti sopra citati.

2. Tanto premesso sui fatti di causa, occorre preliminarmente disporre, anche per la presente fase di merito, la riunione, per ragioni di connessione soggettiva e oggettiva, dei ricorsi in epigrafe.

3. L’Autorità ha sollevato una pluralità di eccezioni in rito su ciascuno dei ricorsi, che non meritano di essere accolte.

3.1 In relazione al ricorso n. 15719/2015, l’Anac eccepisce che la nullità originaria del provvedimento di conferimento dell’incarico ex art. 17 del d.lgs. n. 39/2013 determinerebbe il difetto di legittimazione processuale del Consorzio, essendo nulla anche la decisione di stare in giudizio e la procura alle liti del suo legale rappresentante, l’avv. Romano.

La tesi non è condivisibile, in quanto poggia su una supposta anticipazione al momento dell’adozione del gravato atto di “ordine” dell’Anac, degli effetti dichiarativi dell’accertamento della nullità, che - per i motivi che saranno esplicitati in seguito - deve considerarsi atto di competenza del RPC.

3.2 Neppure l’eccezione di tardività dell’impugnazione della delibera n. 141/2015, sollevata nell’ambito del procedimento n. reg. 6357/2016, è meritevole di adesione. Ciò in quanto il ricorrente, nella qualità di RPC del Consorzio, non aveva un interesse autonomo, e quindi immediato, all’impugnazione della delibera n. 141/20015, cui peraltro prestava parziale acquiescenza, nella misura in cui avviava, come chiesto dall’Autorità, il procedimento di contestazione del conferimento dell’incarico; mentre assumevano contenuto immediatamente lesivo, e venivano quindi tempestivamente impugnati, il successivo ordine rivolto dall’Anac al Commissario ad acta di annullare l’atto di archiviazione adottato e il conseguente decreto commissariale.

3.3 Quanto al ricorso n. reg. 6974/2016 presentato in proprio dall’avv. Romano, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame, poiché non sussisteva in capo al ricorrente un onere di impugnare gli atti successivi alla delibera n. 450/2015 attraverso la proposizione di motivi aggiunti, nell’ambito del giudizio n. 15719/2015.

4. Nel merito, la prima questione che, in ordine logico, va scrutinata, concerne l’applicabilità al Consorzio ASI della provincia di Napoli della disciplina in materia di inconferibilità di incarichi dettata dal d.lgs. n. 39/2013, dedotta come primo motivo di impugnazione nei ricorsi nn. 15719/2015 e 6974/2016.

4.1 La legge n. 190/2012, recante le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, ha previsto, all’art. 1, comma 49, la delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico.

La norma fa testuale riferimento “agli incarichi nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico esercitanti funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici”.

La lettera d) del comma 50 prevedeva che fossero compresi tra gli incarichi oggetto della disciplina quelli “di amministratore di enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico”.

In attuazione della delega, il d.lgs. 39/2013, all’art.1, comma 2, lett. b), ha disposto, quanto all’ambito di applicazione del decreto, che si intendono per “enti pubblici” gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati.

4.2 Ora, secondo la tesi del Consorzio ricorrente, poiché la legge delega, nell’individuare le pubbliche amministrazioni (tra cui, gli enti pubblici) destinatarie degli obblighi in parola, opera un richiamo all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, e gli enti pubblici economici non rientrano nel novero dei soggetti elencati in detto articolo, una interpretazione del decreto legislativo volta ad applicare anche agli enti pubblici economici (e, quindi, ai Consorzi ASI) le previsioni sul conferimento di incarichi si porrebbe in contrasto con la legge delega e sarebbe viziata da incostituzionalità per violazione dell’art. 76 della Costituzione.

4.3 L’assunto non può essere condiviso.

La Corte Costituzionale ha più volte ribadito, nel pronunciarsi sulla conformità di una legge di delega all’art. 76 della Costituzione, secondo cui “l’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di princìpi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato ed oggetti definiti”, come il sindacato di costituzionalità non possa prescindere dalle finalità ispiratrici della delega e dal suo complessivo contenuto normativo e che anche per le leggi di delega vale il fondamentale canone per cui deve essere preferita l’interpretazione che le ponga al riparo da sospetti di incostituzionalità (cfr. Corte Cost., 17 luglio 2000, n. 292).

L’intento del legislatore delegante va, quindi, ricercato attraverso la complessiva analisi delle finalità perseguite attraverso l’introduzione della disciplina in materia di inconferibilità degli incarichi, che sono chiaramente percepibili nell’esigenza di introdurre meccanismi di tutela atti a prevenire e contrastare il fenomeno della corruzione nel settore pubblico e presso gli enti privati sottoposti a controllo pubblico. La sottrazione dal novero dei soggetti obbligati al rispetto delle norme in materia di anticorruzione dei soli enti pubblici economici, sulla base di una interpretazione meramente letterale e rigidamente formalistica del contenuto della legge delega contrasterebbe tanto con la ratio della delega quanto con il principio di uguaglianza generando, come correttamente ritenuto dalla stessa Anac nelle Linee guida n. 8 del 16 luglio 2015, “un’evidente asimmetria applicandosi a soggetti privati, quali le società, che esercitano attività d’impresa, ma non ad enti pubblici che pure svolgono il medesimo tipo di attività”.

4.4 Né può ritenersi, come sostenuto dal Consorzio, che l’asimmetria non sussisterebbe e la diversità di trattamento tra enti pubblici economici e società sottoposte a controllo degli enti territoriali troverebbe giustificazione nella circostanza che presso queste ultime sarebbe allocato un maggiore rischio di condizionamento in sede di conferimento degli incarichi. La perimetrazione del campo di applicazione delle previsioni in materia di prevenzione della corruzione deve essere effettuata avendo come obiettivo la tutela delle finalità di pubblico interesse perseguite dal legislatore e quindi la natura delle attività esercitate dai soggetti destinatari delle norme. Non è, quindi, possibile, desumere, dall’analisi del diverso meccanismo di governance che disciplina gli enti pubblici economici e le società sottoposte a controllo pubblico, alcuna ragionevole giustificazione di una possibile esclusione dei primi dall’applicazione della disciplina in materia di inconferibilità degli incarichi.

Per le esposte considerazioni anche la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, lett. b) e 2, comma 1, del d.lgs. n. 39/2013, sollevata dal ricorrente Consorzio in relazione all’art. 76 Cost., è manifestamente infondata e deve essere disattesa.

5. Una volta accertato che anche il Consorzio ASI della provincia di Napoli, avente natura di ente pubblico economico, è tenuto al rispetto del d.lgs. n. 39/2013, resta da scrutinare una ulteriore censura, sempre di carattere assorbente rispetto a quelle ulteriormente proposte, formulata nei primi motivi di impugnazione di tutti i ricorsi in epigrafe e che riguarda la possibile carenza di potere dell’Anac ad adottare le delibere impugnate.

5.1 Secondo i ricorrenti, nessuna disposizione, tanto della legge delega n. 190/2012 quanto del d.lgs. n. 39/2013, attribuisce all’Anac il potere di ordinare ai soggetti vigilati dall’Autorità l’adozione di determinati atti in relazione al conferimento di incarichi e, soprattutto, di predeterminarne il contenuto.

5.2 Le contestazioni svolte sul punto colgono nel segno e meritano accoglimento.

Come noto, il principio di legalità dell'azione amministrativa, di rilevanza costituzionale (artt. 1, 23, 97 e 113 Cost.), impone che sia la legge a individuare lo scopo pubblico da perseguire e i presupposti essenziali, di ordine procedimentale e sostanziale, per l'esercizio in concreto dell'attività amministrativa.

Ne discende che il contenuto dei poteri spettanti all’Autorità nell’ambito dei procedimenti per il conferimento di incarichi va ricercato, quanto meno per i suoi profili essenziali, nel dato normativo primario, non essendo consentito il ricorso ad atti regolatori diversi, quali le linee guida o altri strumenti di cd. soft law, per prevedere l’esercizio di poteri nuovi e ulteriori, non immediatamente percepibili dall’analisi della fonte legislativa.

L’art. 16 del d.lgs. n. 39/2013 attribuisce all’Anac un potere di vigilanza sul rispetto delle disposizioni del decreto. La norma precisa che un simile potere si attua “anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi” (art. 16, comma 1). E’, inoltre, prevista la possibilità per l’Autorità, anche d’ufficio, di “sospendere la procedura di conferimento dell'incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto di conferimento dell'incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative”. Qualora l'amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico intenda comunque procedere al conferimento dell'incarico deve motivare l'atto tenendo conto delle osservazioni dell’Autorità (art. 16, comma 2). L’articolo 16 contiene anche una previsione di chiusura, al comma 3, che attribuisce all’Anac il compito di esprime pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti l'interpretazione delle disposizioni del decreto e la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità.

La norma delinea chiaramente il ruolo e i compiti dell’Anac in materia di inconferibilità di incarichi e li descrive nei termini dell’esercizio di un generale potere di vigilanza, rafforzato attraverso il riconoscimento di forme di dissuasione e di indirizzo dell’ente vigilato, che possono financo condurre alla sospensione di un procedimento di conferimento ancora in fieri ma che non possono comunque mai portare alla sostituzione delle proprie determinazioni a quelle che solo l’ente vigilato è competente ad assumere.

5.3 Le difese dell’Avvocatura erariale si concentrano su una lettura congiunta dell’art. 1, comma 3, della legge 190/2012 e del citato art. 16 del d.lgs. n. 39/2013, che condurrebbero al riconoscimento del potere dell’Anac di accertare la nullità dell’incarico assegnato, in quanto non conferibile, e di ordinare al RPC dell’ente vigilato di avviare il relativo procedimento sanzionatorio di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013.

Se, quindi, da un alto l’art. 1, comma 3, della legge delega prevede che l’Autorità “esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e ordina l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dal piano nazionale anticorruzione e dai piani di prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni e dalle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dalla normativa vigente, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza”, d’altro canto l’art. 16 del d.lgs. n. 39/2013 introduce il rammentato potere generale di vigilanza. Se ne ricava, secondo la tesi di parte resistente, che l’Autorità gode di un potere di ordine anche in relazione al rispetto della disciplina in materia di inconferibilità degli incarichi.

E ciò, in quanto altrimenti le succitate previsioni rimarrebbero prive di effettiva tutela e pertanto l’Anac è chiamato a svolgere la funzione di “estremo garante” del rispetto della normativa anticorruzione, se del caso, anche intervenendo in luogo del RPC dell’ente vigilato.

5.4 La tesi difensiva non è condivisibile per un duplice ordine di considerazioni, di tipo testuale e teleologico, nascenti dall’analisi della disciplina normativa primaria.

5.4.1 In primo luogo, risulta improprio il richiamo all’art. l’art. 1, comma 3, della legge delega per rafforzare il convincimento della sussistenza del potere d’ordine in materia di inconferibilità degli incarichi. Il potere d’ordine ivi contemplato riguarda, testualmente “l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dal piano nazionale anticorruzione e dai piani di prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni e dalle regole sulla trasparenza dell’attività amministrativa previste dalla normativa vigente, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza”. Si tratta, a ben vedere, di una disposizione che, secondo il suo stesso dato testuale, trova applicazione in riferimento a quelle misure per la prevenzione e per il contrasto della corruzione previste nel PNA e nei piani delle singole amministrazioni e non all’intero corpus normativo esistente in materia di anticorruzione.

5.4.2 Neppure è possibile ricavare, in via logica, una portata più ampia del potere d’ordine ivi contemplato, in ragione delle finalità sottostanti al complessivo funzionamento delle norme in materia di prevenzione della corruzione.

L’articolo 16, infatti, descrive un sistema di vigilanza dell’Autorità sui conferimenti degli incarichi che ha portata autoconsistente. Esso ha inteso regolare i rispettivi rapporti, tra Autorità vigilante ed ente vigilato (nella persona del responsabile per la prevenzione della corruzione), in termini di vigilanza e indirizzo dal lato della prima e di effettivo esercizio del potere decisionale (ed assunzione delle relative responsabilità) da parte del secondo.

Una differente interpretazione, che riconoscesse all’Anac, nella suggestiva veste di “estremo garante” della materia dell’anticorruzione, l’esercizio di un potere d’ordine talmente penetrante, tale da predeterminare il contenuto del provvedimento di competenza del RPC dell’ente vigilato, non sarebbe, quindi, accettabile, perché si porrebbe al di fuori del rispetto del principio di legalità.

Difatti, così opinando, si finirebbe per legittimare una forma di controllo sull’operato dell’ente vigilato talmente incisiva, da introdurre surrettiziamente, al di fuori di un adeguato riconoscimento delle previsioni legislative, l’esercizio di un vero e proprio potere dell’Autorità di sostituirsi all’ente vigilato; potere la cui esistenza è, invece, certamente da escludersi, in virtù del rispetto del principio di legalità, come sopra richiamato.

6. Le considerazioni fin qui svolte trovano ulteriore sostegno in una decisione di questo Tribunale, con la quale si è affermato che solo al RPC dell’ente spetta il compito, ove ne ravvisi i presupposti, di dichiarare la nullità di conferimento dell’incarico e la sussistenza della responsabilità dell’organo che lo ha conferito. La pronuncia ha anche chiarito che il potere dell’Autorità non può sconfinare oltre l’alveo dell’attribuzioni ad essa conferite dalle disposizioni di rango primario e può, al più, esprimere “il proprio qualificato orientamento al naturale destinatario, invitandolo ad adottare, nel rispetto della propria autonomia organizzativa, le determinazioni a cui era tenuto nel rispetto delle disposizioni di legge in tema di inconferibilità o incompatibilità” (T.a.r. Lazio, Sez. III, 8 giugno 2016, n. 6593).

7. In definitiva, osserva il Collegio che solo ed esclusivamente al RPC dell’ente, e non anche all’Anac, spetta il potere di dichiarare la nullità di un incarico ritenuto inconferibile ed assumere le conseguenti determinazioni.

7.1 Né può affermarsi che sia la natura dichiarativa del provvedimento di accertamento della nullità dell’incarico a giustificare una diversa distribuzione di competenze e responsabilità tra l’ANAC ed ente vigilato.

L’accertamento dell’inconferibilità presuppone l’esercizio di una puntuale attività istruttoria, di competenza del RPC, riguardante la natura dell’incarico conferito ed il contenuto del potere spettante al soggetto nominato, al fine di definirne o meno la riconducibilità al novero degli incarichi non conferibili in base alla legge. All’interno dell’esercizio di tale potere si innesta, come dimostrato dal procedimento ad hoc descritto per il caso di sospensione da parte dell’Anac del procedimento di conferimento, una possibile dialettica tra l’Autorità e l’ente vigilato in relazione alle valutazioni compiute, che può spingersi fino a suggerire al responsabile una correzione al suo operato ma non ad obbligarlo ad adeguarsi alle considerazioni svolte dall’Autorità.

7.2 Giova sottolineare, sul punto, che la circostanza che, nella presente controversia, il potere di generale vigilanza ed indirizzo dell’Autorità abbia sconfinato i suoi propri limiti di esercizio trova ulteriore conferma nella circostanza che l’Anac, nell’esercizio del suo potere di “ordine”, non ha neppure provveduto ad esplicitare le ragioni per cui non riteneva corrette le valutazioni svolte dal RPC sulla conferibilità dell’incarico.

7.3 E’ opportuno anche chiarire che l’assenza di un potere di ordine in capo all’Autorità e il riconoscimento al solo RPC del potere di decidere in ordine alla inconferibilità o meno di un incarico, non comportano comunque alcun vuoto di tutela né una potenziale sterilizzazione degli effetti perseguiti dalle norme in materia di anticorruzione, poiché l’atto adottato dal responsabile non si sottrae al possibile sindacato giurisdizionale di questo giudice e i suoi effetti potranno essere per questa via rimossi.

8. Conclusivamente, la delibera n. 141/2015 con cui l’Anac ha ordinato al RPC del Consorzio di avviare il procedimento di dichiarazione della nullità del conferimento dell’incarico di Presidente all’avv. Giuseppe Romano è stata adottata al di fuori dell’esercizio dei poteri di vigilanza spettanti all’Autorità ed è quindi illegittima.

Le medesime considerazioni valgono anche per la delibera n. 459/2015 e il successivo decreto commissariale n. 1/2016, che sono affetti da invalidità derivata per effetto della illegittimità del decreto n. 141/2015.

Ne consegue che il Collegio, assorbita ogni altra censura e deduzione, deve accogliere i ricorsi in epigrafe (RG nn. 15719/2015, 6357/2016 e 6974/2016), come integrati da motivi aggiunti e, per l’effetto, annullare gli atti impugnati.

9. La particolare complessità e novità delle questioni oggetto di controversia giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) definitivamente pronunciando:

- dispone la riunione dei ricorsi, integrati da motivi aggiunti, come in epigrafe proposti;

- li accoglie, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;

- compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Rosa Perna, Presidente FF

Roberta Cicchese, Consigliere

Lucia Maria Brancatelli, Referendario, Estensore

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la sentenza in commento, il TAR Lazio, sede di Roma, ha chiarito la natura ed i limiti dei poteri attribuiti all’ANAC dal d.lgs. 39/2013 in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, affermando che i rapporti tra l’Autorità e l’ente vigilato devono essere intesi in termini di vigilanza ed indirizzo in capo alla prima e di effettivo esercizio del potere decisionale da parte del secondo.

In particolare, nella fattispecie in esame, il TAR - premessa l’applicabilità della disciplina di cui al d.lgs. 39/2013 anche agli enti pubblici economici (in quanto una diversa interpretazione contrasterebbe sia con la ratio della delega che con il principio di uguaglianza, generando un’immotivata asimmetria tra soggetti privati, quali le società che esercitano attività d’impresa, sottoposti a controllo pubblico, ai quali tale disciplina si applica sicuramente ed enti pubblici che pure svolgono il medesimo tipo di attività) - ha annullato gli atti impugnati, ritenuti illegittimi in quanto viziati, in via diretta o derivata, da carenza di potere in capo all’ANAC.

Secondo il TAR, infatti - sulla base del principio di legalità dell’azione amministrativa, di rilevanza costituzionale - deve essere la legge ad individuare lo scopo pubblico perseguito ed i presupposti essenziali, di ordine procedimentale e sostanziale, per l’esercizio in concreto dell’attività amministrativa e, quindi, il contenuto dei poteri spettanti all’Autorità va ricercato nel dato normativo primario. Ciò premesso, continua il TAR, la norma di cui all’art. 16 del d.lgs. 39/2013 delinea chiaramente il ruolo ed i compiti dell’ANAC in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi, attribuendo all’Autorità un generale potere di vigilanza, rafforzato attraverso il riconoscimento di forme di dissuasione e di indirizzo dell’ente vigilato, che possono anche condurre alla sospensione di un procedimento di conferimento ancora in fieri ma che non possono comunque mai portare alla sostituzione delle proprie determinazioni a quelle che solo l’ente vigilato è competente ad assumere.

A parere del TAR, inoltre, risulta improprio il richiamo operato dall’Avvocatura erariale all’art. 1, comma 3, della legge delega n. 190/2012, giacchè tale disposizione, secondo il suo stesso dato testuale, trova applicazione solo in riferimento a quelle misure per la prevenzione e per il contrasto della corruzione previste nel Piano Nazionale Anticorruzione e nei piani delle singole Amministrazioni e non all’intero corpus normativo esistente in materia di anticorruzione.

Quindi, laddove si riconoscesse all’ANAC una forma di controllo talmente incisiva, tale da poter ordinare e predeterminare il contenuto del provvedimento di competenza del RPC dell’ente vigilato, si introdurrebbe surrettiziamente, al di fuori di un adeguato riconoscimento da parte delle previsioni legislative, l’esercizio di un vero e proprio potere dell’Autorità di sostituirsi all’ente vigilato; potere che è invece da escludere, in virtù del rispetto del sopra richiamato principio di legalità.

A sostegno delle proprie tesi, viene altresì riportata una precedente sentenza del TAR Lazio (sez. III, 8.6.2016, n. 6593), la quale, in tale materia, affermava in maniera conforme come l’ANAC potesse, al più, esprimere “il proprio qualificato orientamento al naturale destinatario, invitandolo ad adottare, nel rispetto della propria autonomia organizzativa, le determinazioni a cui era tenuto nel rispetto delle disposizioni di legge in tema di inconferibilità o incompatibilità”.

In definitiva, pertanto, conclude il TAR, spetta solo al RPC dell’ente vigilato, e non anche all’ANAC, il potere, ove ne ravvisi i presupposti, di dichiarare la nullità di un incarico ritenuto inconferibile e di assumere le conseguenti determinazioni. All’interno dell’esercizio di tale potere, si può innestare una dialettica tra l’Autorità e l’ente vigilato in relazione alle valutazioni compiute, che può spingersi fino a suggerire al Responsabile una correzione del suo operato ma non ad obbligarlo ad adeguarsi alle considerazioni svolte dall’Autorità.

In ultimo, viene precisato che la riconosciuta assenza di un potere di ordine in capo all’Autorità ed il riconoscimento al solo RPC del potere di decidere in ordine alla inconferibilità o meno di un incarico, non comportano comunque alcun vuoto di tutela né una potenziale sterilizzazione degli effetti perseguiti dalle norme in materia di anticorruzione, poiché l’atto adottato dal responsabile non si sottrae al possibile sindacato giurisdizionale del Giudice amministrativo ed i suoi effetti potranno per questa via essere rimossi.