T.R.G.A. Trento, sez. I, 23 novembre 2016, n. 398

1. La determina dirigenziale con quale viene autorizzata l’indizione di una gara con il sistema della finanza di progetto è un atto endoprocedimentale a limitata valenza esterna, di regola inidoneo a costituire in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato, perché la sua funzione attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell’Amministrazione (1).

2. I provvedimenti di revoca si configurano come tipici atti di natura discrezionale e la discrezionalità dell’Amministrazione, nell’adozione di provvedimenti della specie, risulta ancora più ampia laddove tale potere venga esercitato prima dello spirare del termine di presentazione delle offerte, dovendosi in tal caso negare la possibilità di configurare, in capo alle imprese partecipanti o solo intenzionate a partecipare alla procedura selettiva, un affidamento sulla favorevole conclusione della stessa (3).

3. In caso di revoca degli atti di una gara per la quale non sia neppure stato individuato un potenziale destinatario non spetta l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies comma 1, della legge n. 241/1990, perché la revoca non va ad incidere su un provvedimento “ad effetti durevoli”(3).

 

(1) Conforme: T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 29.7.2014, n. 2026;

(2) Conforme: Cons. Stato, sez. III, 31.1.2016, n. 2014; Consiglio di Stato, sez. IV, 1.3.2001,  n. 1148; T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 16 maggio 2016, n. 5733; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 4.5.2016,  n. 869T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 10.2.2016,  n. 171; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 08.6.2015,  n. 8050;

(3) Conforme: T.R.G.A. Trento,15.11.2016, n. 388;T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 4.5.2016,  n. 869;

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 179 del 2016, integrato con motivi aggiunti, proposto dall’Impresa Pizzarotti & C S.p.a., in proprio e quale mandataria del RTI con le imprese mandanti Astaldi S.p.a., Astaldi Concessioni S.r.l. e Cristoforetti Servizi Energia S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Annoni e Leonardo Frattesi, con domicilio eletto in Trento, via Giuseppe Grazioli n. 27, presso lo studio dell’avvocato Mario Maccaferri;

contro

la Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Di Ciommo, Nicolò Pedrazzoli e Giuliana Fozzer, con domicilio eletto in Trento, Piazza Dante n. 15, presso l’avvocato Giuliana Fozzer, nella sede dell’Avvocatura della Provincia; 

nei confronti di

- società C.M.B. S.c.r.l., in proprio e quale mandataria del RTI costituito con le imprese mandanti Consorzio Stabile Techint Infrastrutture, Consorzio Lavoro Ambiente Soc. Coop., Collini Lavori S.p.a., Coopsette Soc. Coop., Ediltione S.p.a., Garbari S.p.a., Misconel S.r.l., Cordioli & C. S.p.a., Martinelli e Benoni S.r.l., Pretti e Scalfi S.p.a., Benedetti S.r.l., Elettrica S.r.l., Grisenti S.r.l., Masè Termoimpianti S.r.l., Consorzio Stabile Trentino Impianti S.r.l., Ds Medica S.r.l., Servizi Ospedalieri S.p.a., Trentina Calore, Manutencoop S.p.a., Lavanderia Industriale Zom S.p.a., Servizi Italia S.p.a., Pulinet Servizi S.r.l. e Sico Società Italiana Carburo Ossigeno S.p.a., non costituita in giudizio;
- Impregilo S.p.a., in proprio e quale mandataria del RTI costituito con le imprese mandanti Codelfa S.p.a. e SST - Consorzio Stabile Servizi per la Sanità del Trentino a r.l., non costituita in giudizio;
- della Ing. E. Mantovani S.p.a., in proprio e quale mandataria del RTI costituito con le imprese mandanti Guerrato S.p.a., Gelmini Cav. Nello S.p.a., Medipass S.r.l., Unifarm S.p.A., non costituita in giudizio; 

per l'annullamento

- quanto al ricorso introduttivo, della determinazione del dirigente del Dipartimento Infrastrutture e Mobilità della Provincia Autonoma di Trento n. 37 in data 16 giugno 2016 con la quale è stata disposta la revoca della determinazione dirigenziale n. 365/2011, con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara, mediante finanza di progetto, per l’affidamento del contratto di avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ivi comprese: A) la deliberazione della Giunta Provinciale n. 438 in data 25 marzo 2016, recante un “atto di indirizzo in ordine alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino”; B) la clausola di cui al punto 4, lett. X), del disciplinare di gara, recante la disciplina del potere di revoca della gara;

nonché, in via subordinata, per la condanna dell’Amministrazione al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, quantificato in misura pari ad euro 10.932.602,00 ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia;

e per la condanna dell’Amministrazione ad esibire gli atti relativi all’istruttoria relativa alle osservazioni presentate dal RTI Pizzarotti;

- quanto al ricorso per motivi aggiunti, degli stessi atti già impugnati con il ricorso introduttivo, nonché dei seguenti ulteriori atti: A) relazione del Responsabile del Procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara del Nuovo Ospedale del Trentino, e relativi allegati; B) delibera della Giunta Provinciale n. 1355 in data 5 agosto 2016, avente ad oggetto l’approvazione della nuova programmazione sanitaria della struttura denominata “Polo sanitario del trentino” ed il correlato Documento Preliminare della Progettazione, nonché l’autorizzazione ad indire un concorso di progettazione in una unica fase per l’affidamento del progetto preliminare dell’opera; C) delibera della Giunta Provinciale n. 1356 in data 5 agosto 2016, avente il seguente oggetto: “Aggiornamento del Piano per gli investimenti per l’edilizia sanitaria per la XV Legislatura approvato con deliberazione della Giunta Provinciale n 2370 del 22 dicembre 2014 e ss.mm.: stralcio”, con la quale la Provincia, facendo seguito alla revoca della gara bandita nel 2011 per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino, ha inteso, tra l’altro, procedere ad una nuova programmazione dell’opera da realizzare con modalità tradizionali di affidamento tramite appalto; D) delibera della Giunta Provinciale n. 1516 in data 2 settembre 2016, recante l’aggiornamento della precedente delibera n. 1355 del 5 agosto 2016; E) determinazione dirigenziale del Dipartimento Infrastrutture e Mobilità della Provincia Autonoma di Trento n. 51 in data 5 settembre 2016, recante la nuova determina a contrarre; F) bando di gara pubblicato dall’Agenzia Provinciale per gli Appalti e Contratti, avente ad oggetto il “Concorso di progettazione per la realizzazione del Polo Sanitario del Trentino (P.S.T.)”; G) nota in data 8 agosto 2016, con la quale l’Agenzia Provinciale per gli Appalti e Contratti ha comunicato la propria intenzione di «procedere alla verifica dei requisiti dichiarati dai concorrenti ai fini della partecipazione alla procedura di gara», richiedendo alla ricorrente la presentazione di documenti a tal fine; H) ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

nonché, in via subordinata, per la condanna dell’Amministrazione al pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, quantificato in misura pari ad € 10.932.602,00 ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia;


 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Trento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 novembre 2016 il dott. Carlo Polidori e sentiti l’avvocato Leonardo Frattesi, per la società ricorrente, e gli avvocati Francesco Di Ciommo e Giuliana Fozzer, per la Provincia Autonoma di Trento;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. La Giunta provinciale della Provincia Autonoma di Trento (di seguito denominata PAT), con la deliberazione n. 939 in data 6 maggio 2011 ha approvato “il piano di lavoro per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino” e con la successiva deliberazione n. 2385 in data 11 novembre 2011 ha approvato, ai sensi dell’art. 47 della legge provinciale 27 dicembre 2010, n. 27, la revisione straordinaria del “Piano degli investimenti per l’edilizia sanitaria per la XIV Legislatura”, stabilendo di utilizzare lo strumento della finanza di progetto per la realizzazione del nuovo ospedale. Con deliberazione n. 2618 di data 2 dicembre 2011 la Giunta ha poi approvato il piano di finanziamento dell’opera e, quindi, con la determinazione n. 365 del 2011 è stata autorizzata l’indizione della gara per l’affidamento del contratto.

2. In particolare con bando del 15 dicembre 2011 la PAT ha indetto una procedura aperta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli articoli 30-bis e 50-quater della legge provinciale 10 settembre 1993, n. 26, della concessione per la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino in località Al Desert, nonché per la gestione di alcuni servizi commerciali non sanitari. Il bando ha previsto: A) il costo di costruzione in € 300.000.000,00, IVA inclusa; B) la corresponsione al concessionario di un prezzo di € 160.000.000,00 oltre IVA (restando la residua quota del costo di costruzione a carico del concessionario); C) la corresponsione al concessionario di un canone annuale per la disponibilità nella misura di € 17.300.000,00, oltre IVA, riconosciuto dalla messa in esercizio dell’ospedale; D) il diritto del concessionario di gestire i servizi specificati nello stesso bando e nello studio di fattibilità per un valore complessivo annuo stimato di € 42.600.000,00, oltre IVA.

3. Alla gara hanno partecipato - oltre al RTI avente come mandataria la società la società Impresa Pizzarotti & c. S.p.a. - anche il RTI avente come mandataria la società C.M.B. S.c.ar.l., il RTI avente come mandataria la società Impregilo S.p.a. ed il RTI avente come mandataria la società Ing. E. Mantovani S.p.a.. All’esito della valutazione della Commissione tecnica è stato dichiarato aggiudicatario il RTI Impregilo, che è stato nominato promotore ai sensi dell’art. 50-quater, comma 10, lett. b), della legge provinciale n. 26/1993.

4. L’aggiudicazione è stata però impugnata dagli altri soggetti partecipanti alla gara innanzi a questo Tribunale, che - riuniti i diversi ricorsi - si è pronunciato con la sentenza n. 30 del 31 gennaio 2014. Tale sentenza è stata poi appellata innanzi al Consiglio di Stato, che si è pronunciato sugli appelli riuniti con la sentenza n. 5057 del 13 ottobre 2014. In particolare tale pronuncia: A) da un lato, ha confermato la sentenza di questo Tribunale nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione tecnica e tutti gli atti di gara successivi; B) dall’altro, ha accolto, in parte, l’appello di due concorrenti (il RTI Impregilo ed il RTI C.M.B.) riammettendoli in gara e precisando che «la Provincia può procedere alla rinnovazione della gara a partire dalla fase di presentazione delle offerte. Peraltro, anche alla luce delle criticità emerse nei motivi sollevati dalle parti nei loro ricorsi, si ritiene che l’Amministrazione possa anche intervenire, nell’occasione, per perfezionare alcuni profili contestati delle disposizioni di gara. Sono fatti salvi ovviamente gli ulteriori atti dell’Amministrazione».

5. A seguito della pronuncia del Consiglio di Stato la PAT ha proceduto a rivalutare le modalità per la realizzazione del nuovo ospedale. In particolare la Giunta Provinciale - previo confronto con altri soggetti interessati, quali l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (di seguito denominata APSS), il Comune di Trento e la società Cassa del Trentino S.p.a. (di seguito denominata Cassa del Trentino) - con la deliberazione n. 438 del 25 marzo 2016 ha adottato un apposito atto di indirizzo recante la decisione strategica di non ricorrere più alla finanza di progetto, bensì di utilizzare una forma di appalto integrato complesso.

6. L’Amministrazione provinciale con note del 29 marzo 2016 ha, quindi, comunicato ai quattro originari concorrenti l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca della determina a contrarre relativa alla gara indetta nel 2011, con caducazione degli atti di gara conseguenti. La società Pizzarotti, a sua volta, ha inviato le proprie osservazioni, contestando la legittimità dell’ipotizzata revoca e rappresentando che la PAT avrebbe comunque dovuto corrisponderle, ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, un indennizzo in misura pari ad euro 10.932.602,00. Tuttavia tali osservazioni non sono state ritenute foriere di elementi significativi e, quindi, con la determinazione n. 37 del 16 giugno 2016 è stata disposta la revoca della gara indetta nel 2011, senza concedere alcun indennizzo.

7. La società Pizzarotti ha quindi chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo deducendo le seguenti censure.

I) Violazione e falsa applicazione della sentenza del Consiglio di Stato, n. 5057 del 13 ottobre 2014; violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3, e dell’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità, difetto di motivazione, difetto di istruttoria e falso presupposto; violazione dei principi di economicità e trasparenza dell’azione amministrativa di cui all’art. 1 della legge n. 241/1990 e all’art. 97 Cost. Innanzi tutto la ricorrente sostiene che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 - nel cristallizzare la platea della procedura di gara (riammettendo il RTI C.M.B. ed il RTI Impregilo) - ha consentito all’Amministrazione di adottare ulteriori atti ritenuti opportuni o necessari, ma sempre nel quadro della «rinnovazione della procedura di gara a partire dalla fase di presentazione delle offerte, Pertanto la PAT ben avrebbe potuto aggiornare le esigenze che il nuovo ospedale mira a soddisfare, in modo da tenere conto del modificato quadro normativo di riferimento in materia sanitaria, ma non avrebbe certo potuto disporre la riapertura dei termini per la presentazione delle offerte, con conseguente possibilità di ammettere nuovi concorrenti, né tantomeno disporre la revoca della gara in corso. Invece la PAT si è determinata a revocare la gara riproponendosi di realizzare il nuovo ospedale attraverso un appalto ordinario. Sarebbe quindi evidente la violazione del giudicato, perché la revoca della gara «non è neppure ipotizzata» dalla predetta sentenza n. 5057/2014.

Inoltre la ricorrente - muovendo dal presupposto che le motivazioni poste a fondamento della determinazione n. 37 del 2016 siano riproduttive di quelle già anticipate con la delibera n. 438 del 2016 - censura ciascuna di tali motivazioni svolgendo le seguenti considerazioni. Le circostanze che giustificherebbero la revoca della procedura di gara sono rappresentate: A) dalla normativa sopravvenuta in materia di spending review, che avrebbe inciso sull’impostazione della gara «in termini quantitativi e soprattutto qualitativi in relazione ai servizi richiesti»; B) dalla possibilità per la PAT di ottenere un finanziamento dalla BEI, a condizioni finanziarie ritenute particolarmente favorevoli; C) dalla necessità di «valutare con particolare prudenza gli impegni da assumere per lunghe durate» e di «attivare forme di contenimento/razionalizzazione della spesa pubblica in parte corrente e in conto capitale»; D) dai nuovi accordi intercorsi tra la PAT e il Comune di Trento in merito alla «vocazione urbana del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino». Di conseguenza la PAT ha previsto di: A) bandire un concorso di progettazione per ridefinire l’opera anche in relazione a quanto risulta dai nuovi accordi intercorsi con il Comune di Trento circa le aree utilizzabili; B) procedere alla realizzazione dell’opera mediante un appalto, utilizzando un mutuo venticinquennale da stipulare con la BEI.

Tuttavia, secondo la ricorrente, tale modus operandi non tiene conto: A) del fatto che la predetta sentenza n. 5057/2014 ha consentito alla PAT di adeguare la procedura di gara anche sotto tali profili, ossia di introdurre le modifiche necessarie per soddisfare le esigenze medio tempore emerse, non solo per quanto attiene ai servizi sanitari, ma anche per quanto attiene alla disponibilità di nuove aree messe a disposizione dal Comune di Trento (essendo stata confermata l’ubicazione dell’ospedale in località Al Desert); B) delle osservazioni presentate dalla ricorrente medesima, con le quali sono state confutate le argomentazioni svolte nella delibera n. 438 del 2016. In particolare con tali osservazioni è stato rappresentato che: A) le novità normative in tema di spending review erano intervenute ben prima della conclusione della procedura di gara poi annullata e ciononostante la PAT aveva difeso la legittimità della procedura stessa, confermandone l’attualità, sino alla conclusione del giudizio; B) il finanziamento della BEI - peraltro incerto nell’an e nel tasso d’interesse applicato - avrebbe costituito anch’esso un impegno di lunga durata (25 anni) per la PAT, al pari del contratto posto in gara; C) la comparazione tra il costo del finanziamento della BEI e il costo che la PAT avrebbe sostenuto rinnovando la gara con la finanza di progetto era del tutto errata, perché quest’ultimo ricomprendeva anche il costo dei servizi che la Provincia avrebbe dovuto sostenere in aggiunta al costo di realizzazione dell’opera; D) la flessibilità dei servizi ed il loro adeguamento alle eventuali diverse esigenze sopravvenute sono esigenze ben avrebbero potuto essere soddisfatte mediante un’adeguata disciplina convenzionale; E) anche la disponibilità di nuove aree ben avrebbero potuto essere considerata nella nuova lettera di invito, ai fini dell’adeguamento delle offerte già presentate.

Quindi la ricorrente si duole del fatto che la relazione del Responsabile del procedimento recante le valutazioni sulle osservazioni presentate dalla ricorrente medesima non sia stata resa disponibile unitamente alla determinazione n. 37 del 2016, in violazione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 241/1990, che impone all’Amministrazione di comunicare agli interessati gli atti che integrino le motivazioni del provvedimento.

La ricorrente contesta poi che l’Amministrazione non abbia operato alcuna comparazione tra l’interesse pubblico alla revoca della gara per le motivazioni sopra esposte e l’interesse della ricorrente medesima (e delle altre imprese concorrenti) alla rinnovazione della gara nei termini fissati dalla sentenza n. 5057/2014.

Di seguito la ricorrente lamenta la mancata adozione da parte della Giunta Provinciale, a seguito della valutazione delle osservazioni presentate dalla ricorrente medesima, di un atto formale di conferma delle proprie precedenti determinazioni.

Infine la ricorrente si duole del fatto che la determinazione n. 37 del 2016: A) non si esprima in merito alle richieste di risarcimento e di indennizzo formulate dalla ricorrente medesima e dagli altri originari concorrenti, limitandosi ad affermare che tali richieste «non costituiscono un elemento tale da compromettere le scelte dell’amministrazione in ordine alla revoca degli atti di gara»; B) nel revocare l’impegno di spesa assunto con il provvedimento revocato, nulla abbia disposto in merito alle somme da corrispondere a titolo di indennizzo o di risarcimento alla ricorrente medesima e agli altri RTI partecipanti alla gara, in palese violazione dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990.

II) Violazione e falsa applicazione della clausola contenuta al punto 4, lett. X) del disciplinare di gara. La ricorrente premette che - sebbene nella lex specialis sia stata inserita un’apposita clausola secondo la quale “La Provincia Autonoma di Trento, a suo insindacabile giudizio e senza che ciò comporti alcun onere a proprio carico, si riserva la facoltà di sospendere, revocare o annullare la procedura, senza che i concorrenti possano avanzare alcuna pretesa risarcitoria, anche alla luce di quanto previsto al successivo punto 10 anche in considerazione del grave stato di crisi generale e congiunturale” - tuttavia tale clausola non è richiamata nella determinazione n. 37 del 2016 e, quindi, non potrebbe essere invocata in giudizio per dimostrare la legittimità di tale determinazione. Inoltre tale clausola sarebbe affetta da nullità: A) ai sensi dell’art. 1343 cod. civ., in quanto meramente potestativa; B) ai sensi dell’art. 1229 cod. civ., in quanto limitativa della responsabilità della PAT in caso di revoca.

8. In via subordinata, per il caso in cui il provvedimento di revoca fosse ritenuto legittimo, la ricorrente ha chiesto che venga disposto in suo favore un indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, quantificato in misura pari ad euro 10.932.602,00.

Inoltre la ricorrente ha chiesto la condanna dell’Amministrazione ad esibire tutta la documentazione relativa all’istruttoria svolta sulle osservazioni presentate dalla ricorrente medesima.

9. Dopo la proposizione del ricorso, in data 2 agosto 2016 la PAT ha trasmesso la “Relazione del Responsabile del Procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara del Nuovo Ospedale del Trentino”, con i relativi allegati.

10. La PAT ha poi dato seguito alla propria determinazione di revoca della procedura di project fìnancing adottando gli ulteriori provvedimenti in epigrafe indicati e, in particolare, avviando l’esperimento di un concorso di progettazione finalizzato alla acquisizione del progetto dell’opera, ai fini della successiva realizzazione della stessa mediante un appalto.

11. Anche tali provvedimenti sono stati impugnati con motivi aggiunti dalla società Salini Impregilo, che ne ha chiesto l’annullamento, unitamente a quelli già impugnati con il ricorso introduttivo, deducendo le seguenti censure.

I) Illegittimità derivata dei nuovi provvedimenti adottati dalla Provincia Autonoma di Trento. La ricorrente deduce che i vizi denunciati con il ricorso introduttivo, rendono illegittimi anche i nuovi atti impugnati con i motivi aggiunti, essendo gli stessi finalizzati ad avviare un nuovo e diverso procedimento per la progettazione e la realizzazione dell’opera.

II) Ulteriori profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo. La ricorrente deduce che l’esame della “Relazione del Responsabile del Procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara del Nuovo Ospedale del Trentino” conferma i profili di illegittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo.

Innanzi tutto la ricorrente contesta le affermazioni del Responsabile del procedimento in merito al minor tempo occorrente per la realizzazione dell’opera mediante un appalto tradizionale, rispetto alla prosecuzione della procedura di project financing. Al riguardo viene dedotto che: A) nel caso in esame la procedura di project financing si è bloccata solo a causa delle illegittimità commesse dalla PAT nella nomina della Commissione tecnica; B) per oltre un anno dalla sentenza del Consiglio di Stato la PAT ha omesso di dare esecuzione alla stessa, aggravando ulteriormente il ritardo nella esecuzione dell’opera; C) il ricorso all’appalto non costituisce, di per sé, una garanzia di legittimità dell’azione amministrativa e non preclude certo ai soggetti interessati di far valere le eventuali illegittimità nelle sedi competenti; D) al contrario, moltiplicando le procedure per l’affidamento della progettazione preliminare, per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva, per l’appalto dei lavori, per i successivi appalti dei servizi precedentemente forniti dal concessionario, sono maggiori le possibilità che la PAT adotti atti e comportamenti censurabili dinanzi al Giudice Amministrativo.

Quindi la ricorrente contesta l’ulteriore affermazione del Responsabile del procedimento sulla maggiore economicità della realizzazione dell’opera mediante un appalto tradizionale, rispetto alla prosecuzione della procedura di project financing. In particolare la ricorrente - premesso tale affermazione si fonda sull’analisi svolta dalla Cassa del Trentino, secondo la quale nel 2011 il project financing avrebbe consentito un risparmio di circa 12,5 milioni di euro rispetto all’appalto tradizionale, mentre nel 2015 il ricorso all’appalto tradizionale risulterebbe più conveniente per circa 6,2 milioni di euro, rispetto al project financing - deduce che la Cassa del Trentino: A) ha tenuto conto solo di una parte dei rischi che il concessionario si sarebbe assunto, e segnatamente dei rischi di progettazione e costruzione dell’opera, mentre la lex specialis poneva espressamente a carico del concessionario rischi ben più ampi (quali i rischi operativi, i rischi finanziari, i rischi di mercato etc.), che nel caso di appalto tradizionale resterebbero interamente a carico della PAT; B) non ha considerato neppure i maggiori costi che l’appalto tradizionale pone in capo alla PAT, come i costi per tutte le procedure da espletare nella fase di gestione dell’opera ed i costi per la gestione diretta dei servizi, costi che, invece, in caso di ricorso al project financing, graverebbero interamente sul concessionario; C) non ha quantificato (ma qualificato come non trascurabile) l’ammontare degli indennizzi che la PAT dovrà corrispondere agli originari concorrenti, che supera sicuramente l’ipotizzato minor onere di 6,2 milioni di euro.

Il Responsabile del procedimento avrebbe poi travisato le osservazioni della ricorrente volte a contestare l’asserita innovazione progettuale connessa alle nuove aree disponibili per la realizzazione dell’opera. In particolare la ricorrente sostiene che il Responsabile del procedimento - quando afferma che nel «contesto normativo, oggi profondamente cambiato a seguito del recepimento delle recenti normative comunitarie», in caso di rinnovazione della procedura di project financing non sarebbe possibile «sistemare l’opera strada facendo», con l’introduzione in corso d’opera di variazioni al progetto aggiudicato - non considera che: A) è stata confermata l’allocazione dell’opera nell’area originaria e le nuove aree rese disponibili dal Comune di Trento consentiranno soltanto la realizzazione di una migliore viabilità di accesso; B) la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 ha consentito di tener conto, in sede di rinnovazione degli atti di gara, delle criticità emerse nel corso del giudizio e, quindi, la PAT ben avrebbe potuto richiedere ai concorrenti, nella nuova lettera di invito, di considerare le modifiche progettuali rese necessarie dalle nuove aree rese disponibili per la realizzazione dell’opera.

La ricorrente contesta anche le affermazioni del Responsabile del procedimento in materia di organizzazione del servizio sanitario, evidenziando che dopo il 2011 non sono intervenute novità, segnatamente in tema di spending review, che possano giustificare la revoca della gara. In particolare sebbene dalla delibera n. 438 del 2016 si evinca che la revoca è stata disposta sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico (e non a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario), tuttavia il Responsabile del procedimento non specifica quali siano le misure di spending review intervenute dopo il 2011, né spiega perché tali misure sarebbero incompatibili con il project financing. Sono del pari generici i riferimenti alle decisioni della Corte Costituzionale che avrebbero meglio precisato le competenze della PAT, fermo restando che non è dato comprendere come tali decisioni possano incidere sulla procedura di project fìnancing avviata nel 2011.

Infine il Responsabile del procedimento non avrebbe operato la doverosa comparazione tra gli asseriti interessi pubblici che la revoca consentirebbe di meglio tutelare e gli interessi degli originari concorrenti, pregiudicati dal provvedimento di autotutela; difatti non sono stati affatto considerati l’impegno profuso da costoro, né le risorse investite, né le aspettative vanificate.

12. La PAT si è costituita in giudizio in data 16 settembre 2016 per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 25 ottobre 2016 ha eccepito, in via preliminare, l’improcedibilità del ricorso, per difetto di legittimazione attiva della società ricorrente, evidenziando che: A) a seguito delle verifiche effettuate sulla documentazione comprovante il possesso dei requisiti in capo agli originari concorrenti, sono emerse criticità che riguardano anche il RTI Pizzarotti, risultando l’esistenza di precedenti penali non dichiarati a carico di soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 del codice degli appalti; B) tale circostanza, se confermata, impedirebbe al predetto RTI di aggiudicarsi la concessione, e ciò si riflette sulla legittimazione ad agire della società ricorrente, perché l’impresa concorrente deve possedere i requisiti richiesti fin dalla presentazione dell’offerta e deve conservarli per tutta la durata della procedura di gara e del rapporto con la stazione appaltante.

Inoltre la PAT ha eccepito l’improcedibilità del ricorso per motivi aggiunti osservando che il concorso di progettazione indetto con il bando pubblicato in data 8 settembre 2016 ha una propria autonoma funzione, in quanto esplicazione dell’esigenza di rivedere le scelte progettuali dell’amministrazione, sicché: A) in astratto, non si pone in insanabile contrapposizione con l’eventuale prosecuzione della procedura con la finanza di progetto; B) in concreto, non costituisce affatto una conseguenza più o meno vincolata della revoca della gara del 2011.

13. Quindi la PAT con la suddetta memoria ha replicato alle suesposte censure eccependo innanzi tutto l’irritualità di quella formulata con il primo motivo del ricorso introduttivo e riproposta con i motivi aggiunti. In particolare viene evidenziato che controparte - pur non avendo agito per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 5057/2014 - «configura una tipica azione di ottemperanza», senza considerare che il giudice competente a conoscere dell’inottemperanza al giudicato nel caso in esame va individuato nel Consiglio di Stato.

Inoltre la PAT ha eccepito l’infondatezza di tale censura osservando che la sentenza n. 5057/2014 non ha imposto all’Amministrazione un dovere, ma ha lasciato ampia discrezionalità sul se e come procedere. Del resto il potere di revocare la gara non doveva certo essere attribuito dal Giudice amministrativo, essendo espressamente previsto dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990. Lo stesso Consiglio di Stato ha fatto salvi «gli ulteriori atti dell’Amministrazione», sì da consentire all’Amministrazione di effettuare valutazioni ulteriori rispetto alla mera riedizione della gara (prima opzione), ovvero alla nuova gara emendata (seconda opzione). Non è, quindi, condivisibile la tesi di controparte secondo la quale la predetta frase si configurerebbe come mera clausola di stile in quanto: A) sotto il profilo letterale, gli «ulteriori atti» sono qualcosa di differente rispetto alle altre opzioni espressamente indicate dal Consiglio di Stato; B) sotto il profilo logico-sistematico, per effetto dell’annullamento dell’attività svolta dalla Commissione tecnica e del conseguente totale azzeramento delle offerte pervenute, la posizione degli originari offerenti era degradata a quella di nuovi aspiranti concorrenti, titolari del solo interesse alla riedizione della gara.

14. Riguardo alle ulteriori censure dedotte con il primo motivo del ricorso introduttivo, riproposte e sviluppate con i motivi aggiunti, la PAT ha replicato che: A) a seguito della pubblicazione della sentenza n. 5057/2014 è stata svolta un’attenta analisi per verificare se, nonostante il tempo trascorso dall’indizione della gara, sussistesse ancora l’interesse pubblico sotteso alla medesima e se le scelte sino allora adottate potessero ancora risultare attuali; B) la decisione di revocare la gara, assunta all’esito di un complesso - e necessariamente lungo - esame di tutti gli aspetti attinenti alla progettazione, realizzazione e gestione dell’opera, è supportata da valutazioni che ineriscono la disponibilità di aree aggiuntive, le esigenze di spending review intervenute dopo il 2011, gli aspetti finanziari dell’opera, la convenienza o meno di proseguire la gara con la finanza di progetto.

In particolare, riguardo alla disponibilità di aree aggiuntive, è stato attivato un apposito gruppo di lavoro per esaminare la scelta localizzativa del nuovo ospedale, considerando che era emersa finanche l’opportunità di reperire altrove le aree da utilizzare. L’esito della ricognizione svolta dal gruppo di lavoro: A) è documentato dalla relazione trasmessa al Comune di Trento con nota prot. N. PAT/RFD330-02/02/2016-0049834, alla quale è seguita la nota inviata dal Comune di Trento in relazione alla scelta localizzativa e alla messa a disposizione di nuove aree, acquisita agli atti della Provincia in data 8 marzo 2016; B) è oggetto delle valutazioni del responsabile del procedimento, che nella relazione prot. PAT/RFD330-15/06/2016-0316563 ha diffusamente replicato alle osservazioni pervenute dalle imprese concorrenti.

Quanto alle esigenze di spending review, solo successivamente all’indizione della gara del 2011, per effetto di un accordo che ha portato a modificare lo Statuto speciale di autonomia in materia finanziaria e di razionalizzazione della spesa pubblica e per effetto di una recente sentenza della Corte costituzionale, sono state precisate le competenze della PAT. In particolare alla PAT è stato attribuito il compito di assegnare le risorse finanziarie disponibili e di stabilire i vincoli, anche di spesa sanitaria, circostanza che rende legittimi e, anzi, doverosi gli atti che ridefiniscono il livello delle spese (anche sanitarie) a fini di riduzione, razionalizzazione e miglior utilizzo delle risorse pubbliche, fermo restando che gli obiettivi di spending review devono essere perseguiti anche indipendentemente da puntuali obblighi imposti dall’esterno e possono essere addotti a giustificazione di provvedimenti di revoca. I passaggi essenziali delle analisi svolte al riguardo sono riassunti ed evidenziati sia nell’atto di indirizzo della Giunta provinciale, sia nella relazione del Responsabile del procedimento.

Quanto agli aspetti finanziari, la Cassa del Trentino - tra i cui compiti rientra quello di provvedere alla gestione ed erogazione delle risorse finanziarie destinate agli enti e ai soggetti pubblici della Provincia per il finanziamento dei rispettivi progetti di investimento - nella propria relazione del 20 marzo 2015 ha evidenziato come la gara sia stata bandita “nella fase più critica che l’Italia si è trovata ad affrontare” (novembre 2011) e che sono intervenute numerose modifiche, sotto il profilo fiscale (modifica del regime fiscale applicabile ai prestiti obbligazionari, aumento dell’aliquota IVA) e finanziario (disponibilità di forme alternative di finanziamento attraverso la BEI, variazione dell’aliquota IRAP, rischio di riclassificazione delle operazioni di partenariato pubblico-privato), che hanno mutato notevolmente lo scenario nel quale si inserirebbe l’originaria gara per la realizzazione del nuovo ospedale.

In particolare, riguardo alla convenienza o meno di proseguire la gara con la finanza di progetto, la PAT ha replicato alla tesi di controparte - secondo la quale la finanza di progetto copre anche costi per l’erogazione di servizi ulteriori, che non sarebbero stati considerati dalla Cassa del Trentino - evidenziando che: A) se il promotore potesse indebitarsi per la copertura dell’erogazione dei servizi, emergerebbe un ulteriore profilo ostativo alla prosecuzione della finanza di progetto in quanto l’ordinamento (art. 119, ultimo comma, Cost. e art. 16 del decreto legislativo n. 118/2011) vieta di finanziare le spese correnti con l’indebitamento, che nel caso in esame è, quindi, consentito solo per la costruzione del nuovo ospedale; B) il disciplinare di gara prevedeva una distinta esposizione del “prezzo” per la realizzazione dell’opera (punto 4.4), rispetto ai “canoni di servizio” (punto 4.5) per gestione tecnica dell’immobile, assistenza tecnica e manutenzione delle apparecchiature medicali e degli arredi, gestione dei rifiuti ospedalieri etc. e rispetto, ancora, al “canone integrativo di disponibilità” (punto 4.6), fermo restando che, nelle cosiddette “opere fredde”, è proprio quest’ultima componente (e non i canoni di servizio) a garantire un’adeguata copertura del servizio di debito.

Inoltre la PAT ha diffusamente illustrato la propria tesi secondo la quale - sia in caso di ricorso alla BEI quale canale prioritario per il cofinanziamento dell’opera, sia in caso di attivazione di un contratto di finanziamento con la Cassa Depositi e Prestiti, o di emissione di un prestito obbligazionario sul mercato internazionale o domestico - la Cassa del Trentino, in ragione del proprio merito di credito e della garanzia fornita dalla stessa PAT, potrebbe attualmente ottenere tassi fissi contenuti, per lunghi periodi, così replicando alla tesi controparte secondo la quale l’andamento favorevole dei tassi di interesse varrebbe anche per i finanziamenti concessi ai privati. In particolare la PAT osserva che: A) al contrario di quanto accade nella finanza di progetto, nel caso di finanziamento concessi ad un soggetto pubblico, qual è la Cassa del Trentino, e garantiti da un altro soggetto pubblico qual è la Provincia autonoma di Trento, assumono rilevanza centrale la valutazione del c.d. “merito di credito” del soggetto che chiede il prestito e le garanzie offerte; B) il merito di credito della Cassa del Trentino e della PAT è da anni costantemente certificato da due Agenzie di rating internazionali (Moody’s e Fitch Ratings), che assegnano alla PAT e alla Cassa, rispettivamente, il giudizio “A3” e “A”, con outlook stabile, sicché il rating della PAT e della Cassa è di ben due livelli (c.d. notches) più elevato di quello dello Stato Italiano, il che costituisce un unicum a livello internazionale; C) in caso di finanza di progetto sul canone di disponibilità da riconoscere al concessionario trova applicazione l’IVA, come dimostrano i PEF presentati nella precedente gara, ma per le Amministrazioni (come la PAT) l’IVA costituisce un costo non recuperabile, destinato ad incidere in maniera significativa sull’economicità di un’operazione come quella in esame, della durata di ben 25 anni. Inoltre la PAT evidenzia che la ben nota crisi dei mercati finanziari ha comportato un incremento dei tassi applicati dalle banche per il finanziamento degli investimenti, compresi quelli destinati ad operazioni di finanza di progetto, in quanto: A) negli ultimi anni si registra una progressiva e marcata riduzione del merito di credito delle banche nazionali, certificata dalle Agenzie di rating internazionali, alla quale neanche gli interventi della Banca Centrale Europea e le misure adottate a livello nazionale (come il veicolo che il Ministero dell’Economia e del Tesoro intende attivare per favorire lo smobilizzo dei crediti deteriorati) hanno consentito di porre un efficace rimedio; B) in particolare, mentre nel 2011 i due principali finanziatori nazionali di operazioni di PPP (Unicredit e Intesa San Paolo) vantavano un rating inferiore di 5/6 notches rispetto al quello della BEI, nel corso degli anni tale differenziale si è progressivamente ampliato fino a raggiungere un gap di 7/9 notches, con conseguenti maggiori difficoltà ed oneri per reperire la provvista sui mercati finanziari e, dunque, maggiore onerosità dei tassi applicati; C) tale scenario ha comportato, da un lato, una riduzione significativa dei tassi base (come sostenuto da controparte), ma ha determinato, dall’altro, un progressivo incremento degli spread applicati dalle banche, che ha attenuato notevolmente gli effetti migliorativi sul tasso finito (tasso base + spread); D) più in generale, i rafforzamenti patrimoniali chiesti dalla Banca Centrale Europea alle banche italiane hanno costretto le banche a ridurre ulteriormente il credito, con conseguente contenimento degli impieghi. Ebbene, a fronte della difficoltà delle imprese ad ottenere prestiti convenienti di lunga durata, appare lecito dubitare che gli originari concorrenti fossero in grado di ottenere sul mercato bancario condizioni di finanziamento accettabili; invece la Cassa del Trentino, anche grazie alla garanzia della PAT, è in grado di reperire risorse non solo dalla BEI, ma anche attraverso canali alternativi, quali Cassa Depositi e Prestiti, da rimborsare a lungo termine e con tassi molto competitivi. Del resto la Cassa del Trentino, proprio grazie al proprio merito di credito, a partire dal secondo semestre del 2012 ha attivato un’intensa collaborazione con la BEI, con la quale sono stati negoziati due contratti di prestito assistiti dalla garanzia della PAT. Inoltre l’esperienza maturata dal 2012 dimostra che le commissioni e gli oneri vari nei contratti di prestito della BEI sono pari a zero; difatti la BEI non applica alcuna tipo di commissione (advisory fee, commitment fee, arranger fee, agency fee), né l’imposta sostitutiva. In definitiva, secondo la PAT, l’esperienza maturata nei rapporti con la BEI e il confronto tra le condizioni praticate dalla BEI, sulla base di un contratto di prestito concesso ad un soggetto pubblico con un rating migliore dello Stato italiano, e quelle praticate dalle banche nel caso di un contratto di finanziamento in regime di finanza di progetto, hanno indotto l’Amministrazione a ritenere che: A) da un lato, il ricorso al finanziamento ordinario avrebbe comportato rilevanti vantaggi, in termini di ridotti tassi di interesse, commissioni nulle e massima flessibilità; B) dall’altro, in caso di rinnovazione della gara in regime di finanza di progetto (con partecipazione limitata ai soli quattro originari concorrenti), difficilmente sarebbero state presentate offerte strutturate su tassi d’interesse equivalenti o, comunque, in linea con quelli praticati dalla BEI. Difatti la quotazione del tasso fisso applicato dalla BEI per cofinanziare il nuovo ospedale è risultata pari all’1,50% in data 8 gennaio 2015, all’1,25% in data 3 marzo 2015, all’1,30% in data 3 febbraio 2016 ed allo 0,75% in data 8 settembre 2016.

Quindi la PAT ha diffusamente replicato alle ulteriori considerazioni svolte da controparte in merito: A) alla maggiore convenienza, per l’Amministrazione, della finanza di progetto nel caso della costruzione e gestione di ospedali; B) all’erroneità delle considerazioni svolte dal Responsabile del procedimento per contestare che la finanza di progetto sia uno strumento più celere e meno rischioso. In particolare la PAT osserva che le analisi delle operazioni perfezionate negli anni inducono a preferire i c.d. project financing light, ossia operazioni di che comprendano l’affidamento di pochi servizi, come la gestione degli impianti energetici e le manutenzioni programmate; difatti da tali analisi è emerso che i costi delle operazioni di finanza di progetto sono molto elevati, che il modello concessorio presenta una forte rigidità e che il rischio trasferito in capo agli operatori privati, nella maggior parte dei casi, è insufficiente, al punto da imporre la riclassificazione delle operazioni da off-balance a on-balance, appesantendo i bilanci delle Amministrazioni. Inoltre la PAT sostiene che il Responsabile del procedimento, nel far riferimento alla tempistica della gara annullata, intendeva solo dimostrare che la scelta iniziale del project financing, quale modalità che avrebbe consentito una realizzazione dell’opera in tempi più brevi, è stata smentita dai fatti, fermo restando che qualunque previsione in merito ai tempi di realizzazione di un’opera come un ospedale - a prescindere dal fatto che sia realizzata mediante un project financing o mediante appalto tradizionale - è impossibile.

Infine la PAT ha aggiunto che ulteriori importanti spunti di riflessione sono stati offerti dall’APSS, con la relazione inviata il 24 febbraio 2016 e allegata alla relazione del Responsabile del procedimento, in merito alla programmazione della spesa sanitaria, alla luce delle disposizioni normative intervenute tra il 2012 ed il 2015.

15. La PAT ha poi replicato alla censura incentrata sulla violazione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 241/1990 evidenziando che: A) la relazione del Responsabile del procedimento è stata materialmente allegata alla determinazione n. 37 del 2016 e resa pubblica sul sito istituzionale a far data dalla sua pubblicazione; B) non sono stati pubblicati solo gli allegati richiamati nella predetta relazione, ma si tratta di documenti che per la quasi totalità già facevano parte del bagaglio conoscitivo sottostante alla comunicazione di avvio del procedimento; C) l’unico documento nuovo era costituito dall’allegato “A” della predetta relazione, che è stato comunque posto a completa disposizione dei concorrenti; D) le ulteriori censure dedotte con i motivi aggiunti risultano, quindi, ancor prima che infondate, irricevibili perché tardive.

16. Quindi la PAT ha replicato alle censure incentrate sul fatto che la revoca non sia stata preceduta dalla necessaria comparazione di interessi e sulla mancata adozione, da parte della Giunta Provinciale, di un atto formale di conferma delle proprie precedenti determinazioni a seguito della valutazione delle osservazioni presentate dalla ricorrente medesima.

In particolare la PAT ha precisato che è stata effettuata una puntuale disamina di tutte le questioni sollevate con le osservazioni pervenute, ribadendo che dalle relazioni del Comune di Trento, della Cassa del Trentino e dell’APSS e dalla relazione del Responsabile del procedimento emergono chiaramente: A) le difficoltà che la mera riedizione della gara avrebbe comportato per effetto della normativa sopravvenuta, immediatamente applicabile, in materia di varianti; B) le ragioni che rendono oggi più conveniente l’appalto tradizionale, rispetto alla finanza di progetto.

Inoltre, con riferimento alla seconda censura, la PAT - nel precisare che controparte fa riferimento alla circostanza che la Giunta provinciale in data 13 giugno 2016 ha preso atto delle risultanze istruttorie e, sulla base delle stesse, ha ritenuto che non vi fossero novità tali da far riconsiderare la propria decisione relativa alla revoca - osserva che tali circostanze non necessitavano di una deliberazione formale e che la Giunta non si è affatto pronunciata sugli aspetti relativi alla revoca, ma ha unicamente effettuato valutazioni di ordine generale e politico sulla programmazione provinciale.

17. Infine la PAT ha replicato alla censura dedotta con il secondo motivo del ricorso introduttivo, osservando che nessuno degli atti impugnati è stato adottato invocando la clausola di cui al punto 4, lett. X), del disciplinare di gara, perché tali atti sono espressione del potere generalmente riconosciuto dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990.

18. Quanto alla domanda di indennizzo formulata da controparte, la PAT ha eccepito che: A) la giurisprudenza nega la spettanza dell’indennizzo previsto dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990 in casi come quello in esame, mancando il provvedimento di aggiudicazione del contratto; B) nessun pregiudizio ha sofferto la ricorrente per effetto del provvedimento di revoca, perché poteva solo vantare il diritto a presentare un’offerta.

19. La ricorrente con memoria depositata in data 25 ottobre 2016 ha illustrato la domanda di indennizzo formulata ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990.

20. LA PAT con memoria di replica depositata in data 28 ottobre 2016 ha insistito per il rigetto del ricorso e, in particolare, della domanda di indennizzo formulata da controparte.

21. La ricorrente con memoria depositata in data 29 ottobre 2016 ha preliminarmente replicato: A) all’eccezione incentrata sull’esistenza di precedenti penali non dichiarati a carico di soggetti tenuti a rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 del codice degli appalti, osservando, in particolare, che la PAT ha omesso di specificare a carico di quali membri del RTI Pizzarotti sussisterebbero le condanne penali; B) all’eccezione di irritualità della censura incentrata sulla violazione o elusione del giudicato, osservando che le diverse azioni oggetto del presente ricorso non potevano non essere proposte innanzi a questo Tribunale, quale unico giudice competente a decidere sulle stesse ai sensi dell’art. 13 cod. proc. amm..

Nel merito, la ricorrente ha ribadito innanzi tutto che la locuzione «fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione» è stata utilizzata da controparte per aggirare il vincolo conformativo derivante dal giudicato formatosi sulla sentenza n. 5057/2014. Quindi la ricorrente ha replicato alle difese di controparte in ordine alle censure tese a denunciare il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria e motivazione.

In particolare, riguardo alle ulteriori considerazioni di controparte in merito alla localizzazione del nuovo ospedale, la ricorrente ribadisce che: A) sono gli stessi documenti depositati dalla PAT a confermare che tale elemento non poteva essere invocato quale mutamento della situazione di fatto idoneo a sostenere la revoca della gara, perché tali documenti danno atto della volontà dell’Amministrazione di confermare la collocazione del nuovo ospedale nell’area già individuata; B) eventuali modifiche progettuali derivanti dalla disponibilità di nuove aree avrebbero ben potuto essere considerate dalla PAT in sede di rinnovazione della gara.

Riguardo alle esigenze di programmazione sanitaria, la ricorrente ribadisce la genericità delle allegazioni operate dalla PAT in sede procedimentale e sostanzialmente confermate in questa sede, specificando che non è stato chiarito perché le previsioni di cui all’art. 15 del decreto legge n. 95/2012, convertito dalla legge n. 135/2012 avrebbero inciso sul progetto originariamente posto in gara, determinandone la sopravvenuta inadeguatezza alle esigenze dell’Amministrazione, e che analoghe considerazioni valgono per la sentenza della Corte Costituzionale n. 125/2015 e per l’accordo di Roma dell’ottobre 2014.

Quanto poi alla maggiore convenienza del ricorso all’appalto tradizionale, rispetto alla finanza di progetto, la ricorrente deduce che le ulteriori considerazioni svolte da controparte nelle sue difese, richiamando la relazione della Cassa del Trentino del 20 marzo 2015, sono inconferenti e comunque errate in quanto: A) è del tutto improprio il confronto operato tra il finanziamento che la BEI potrebbe accordare alla PAT ed il finanziamento che un concessionario potrebbe ottenere nell’ambito dell’operazione di finanza di progetto, perché si tratta di situazione del tutto disomogenee e non comprabili, essendo radicalmente diversi i profili di rischio che caratterizzano le due operazioni; B) in particolare il concessionario, nell’ambito di un’operazione di finanza di progetto, assume in proprio tutta una serie di rischi (progettazione e costruzione dell’opera, rispetto dei tempi di realizzazione, rischio connesso alle attività di gestione dei servizi offerti, etc.) che il finanziamento prestato dalla BEI inevitabilmente non copre - trattandosi di rischi che, nel caso di realizzazione dell’opera mediante appalto, restano a completo carico ed onere dell’Amministrazione e che, ovviamente, non possono non incidere sulle condizioni economiche del finanziamento - ma tali rischi non sono stati presi in considerazione dalla Cassa del Trentino, con la conseguenza di rendere del tutto inattendibili le conclusioni dell’Amministrazione sulla minore convenienza economica dell’operazione di finanza di progetto; C) controparte non ha considerato neppure che, nell’attuale situazione di mercato, gli operatori privati possono beneficiare di tassi di interesse particolarmente bassi e sicuramente di gran lunga più convenienti rispetto a quelli esistenti alla data di indizione della procedura di gara del 2011, sicché il ricorso alla finanza di progetto risulterebbe oggi più favorevole di quanto non lo fosse nel 2011; D) dalla documentazione prodotta da controparte non risulta che la Cassa del Trentino abbia già concluso accordi con la BEI in ordine ad un eventuale finanziamento della realizzazione del nuovo ospedale.

La ricorrente ha poi ribadito che nel caso in esame era necessaria l’adozione, da parte della Giunta provinciale, di un atto formale di conferma delle proprie determinazioni all’esito della valutazione delle osservazioni presentate dai concorrenti originari. In particolare, secondo la ricorrente, se al Responsabile del procedimento competono solo funzioni attuative degli indirizzi e delle direttive generali fissate dalla Giunta, allora si deve ritenere che la nuova determinazione della Giunta, anche laddove meramente confermativa delle precedenti determinazioni, avrebbe dovuto risultare da una formale delibera e non da un mero riferimento contenuto nelle premesse della determinazione n. 37 del 2016. Difatti la nuova deliberazione della Giunta non avrebbe potuto avere carattere meramente confermativo in quanto assunta all’esito di un supplemento istruttorio e di una nuova ponderazione degli interessi.

Quindi la ricorrente ha precisato che il secondo motivo del ricorso introduttivo contiene una censura dedotta per mero tuziorismo, ossia nella consapevolezza, ulteriormente suffragata dalle difese di controparte, del mancato richiamo della clausola contenuta al punto 4, lett. X) del disciplinare di gara nelle motivazioni degli atti impugnati.

Infine la ricorrente - oltre ad insistere ulteriormente insistito per l’accoglimento della domanda di indennizzo formulata ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990 - ha replicato alle eccezioni di tardività, improcedibilità e infondatezza del ricorso per motivi aggiunti. In particolare riguardo alle eccezioni processuali la ricorrente ha dedotto che: A) solo in data 2 agosto 2016 essa ha conosciuto la relazione del Responsabile del procedimento ed i relativi allegati; B) il bando pubblicato in data 8 settembre 2016 costituisce una mera conseguenza della revoca della gara del 2011.

22. Alla pubblica udienza del 10 novembre 2016 il ricorso è stato chiamato e trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Ancor prima di procedere all’esame delle molteplici questioni poste all’attenzione del Collegio giova premettere che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2014 ha, tra l’altro, confermato la sentenza di questo Tribunale n. 30/2014 nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione Tecnica e tutti i successivi atti della gara bandita nel 2011 per la realizzazione del nuovo ospedale di Trento con il sistema della finanza di progetto.

Pertanto l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere solo su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara con il sistema della finanza di progetto. Difatti, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 29 luglio 2014, n. 2026), la determina a contrarre è un atto endoprocedimentale, di regola inidoneo a costituire in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato, perché la sua funzione attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell’Amministrazione.

2. In via preliminare il Collegio ritiene che, quanto alla domanda di condanna dell’Amministrazione ad esibire gli atti relativi all’istruttoria sulle osservazioni presentate dal RTI Pizzarotti, vada dichiarata la cessazione della materia del contendere. Difatti la relazione del “Responsabile del procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara per la realizzazione del Nuovo Ospedale di Trento” è stata trasmessa alla ricorrente in data 2 agosto 2016.

3. Ancora in via preliminare il Collegio ritiene che si possa prescindere dall’esame delle eccezioni processuali sollevate dalla PAT nelle sue difese ed incentrate sulla carenza di legittimazione della società ricorrente, nonché sulla tardività e sull’improcedibilità dei motivi aggiunti, perché nessuna delle suesposte domande può essere accolta alla luce delle seguenti considerazioni.

4. Innanzi tutto il Collegio osserva che il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2016 ha disposto come segue: A) ha confermato l’appellata sentenza di questo Tribunale n. 30/2014 nella parte in cui ha annullato il provvedimento di nomina della Commissione Tecnica e tutti gli atti di gara successivi; B) ha accolto, in parte, l’appello del RTI C.M.B. e del RTI Impregilo e, per l’effetto ha riformato l’appellata sentenza nella parte in cui ha disposto l’esclusione dalla procedura dei suddetti RTI; C) ha accolto in parte, l’appello del RTI C.M.B. e del RTI Impregilo e, per l’effetto ha riformato, nei sensi di cui in motivazione, l’appellata sentenza nella parte in cui ha disposto la rinnovazione della procedura di gara «a decorrere da detto passaggio procedimentale»; D) ha respinto tutti gli altri motivi sollevati con appello principale o appello incidentale dalla PAT, dal RTI Impregilo, dal RTI Mantovani, dal RTI Pizzarotti e dal RTI C.M.B..

Ne consegue che il primo motivo del ricorso introduttivo - nella parte in cui viene dedotta la violazione/elusione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 5057/2016, sul presupposto che tale pronuncia non prevede anche la possibilità di revocare la gara indetta nel 2011 - risulta inammissibile. Si deve infatti rammentare che ai sensi dell’art. 113 comma 1, cod. proc. amm. il criterio al quale occorre far riferimento per stabilire quale sia il giudice competente a definire il giudizio di ottemperanza va ricercato nel dispositivo della sentenza di secondo grado nel senso che, ove esso si limiti a rigettare l’appello, il giudizio di ottemperanza deve essere proposto al giudice di primo grado; ove invece contenga statuizioni che evidenzino un diverso percorso motivazionale e, conseguentemente, uno scostamento dal dispositivo della decisione gravata, allora la competenza è del Giudice d’appello (Consiglio di Stato, Sez. V, 24 luglio 2013, n. 3958). Inoltre la giurisprudenza ha precisato che, al fine di consentire l’unitarietà di trattazione di tutte le censure svolte dall’interessato a fronte della riedizione del potere, conseguente ad un giudicato amministrativo, le relative doglianze devono essere dedotte innanzi al giudice dell’ottemperanza, sia perché questi è il giudice naturale dell’esecuzione della sentenza, sia in quanto è il giudice competente per l’esame della forma di più grave patologia dell’atto, qual è la nullità; pertanto, in presenza di una tale opzione processuale, il giudice dell’ottemperanza è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che, invece, hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori; in particolare, nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall’Amministrazione configuri una violazione o elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda; invece, in caso di rigetto della domanda di nullità il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione (in tal senso Consiglio di Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2).

Pertanto, posto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2016 reca statuizioni che evidenziano un diverso percorso motivazionale e uno scostamento dal dispositivo della sentenza di questo Tribunale n. 30/2014, il Collegio ritiene che la ricorrente per contestare la violazione/elusione del giudicato avrebbe dovuto adire il Consiglio di Stato, denunciando in tale sede la nullità degli atti impugnati con i ricorsi in epigrafe indicati.

5. Passando alle ulteriori censure proposte dalla ricorrente, il Collegio osserva innanzi tutto che, secondo la giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4731), l’art. 3, comma 3, della legge n. 241/1990 - nella parte in cui afferma che la motivazione per relationem è legittima a condizione che siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio - va inteso nel senso che all’interessato deve essere garantita la possibilità di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti e di chiederne la produzione in giudizio, con la conseguenza che non sussiste per la Pubblica amministrazione l’obbligo di notificare all’interessato tutti gli atti richiamati nel provvedimento, ma soltanto di indicarne gli estremi e di metterli a disposizione su richiesta. Ne consegue che la censura incentrata sulla mancata allegazione della relazione del Responsabile del procedimento alla determinazione n. 37 del 2016 risulta palesemente infondata in quanto - come già evidenziato - tale relazione è stata acquisita dalla ricorrente a seguito dell’esercizio del diritto di accesso.

6. Parimenti infondata risulta la censura incentrata sul fatto che, a seguito della valutazione delle osservazioni presentate dalla ricorrente, la Giunta Provinciale non abbia adottato un atto formale di confermare le proprie precedenti determinazioni. Difatti dalla nota del Servizio Segreteria della Giunta provinciale del 16 giugno 2016 si evince che la Giunta nella seduta del 13 giugno 2016 si è limitata a prendere atto e a condividere le valutazioni svolte dal Responsabile del procedimento nella suddetta relazione, nonché a confermare quanto disposto con la propria precedente deliberazione n. 438 in data 25 marzo 2016, sicché non vi è motivo di ritenere che fosse necessario procedere ad una complessiva rivalutazione della situazione e all’adozione di una nuova deliberazione, sostitutiva di quella precedente.

7. Quanto alle ulteriori censure denunciate con il primo motivo del ricorso introduttivo ed ulteriormente sviluppate con i motivi aggiunti, hanno ad oggetto principalmente le diverse motivazioni poste a fondamento determinazione dirigenziale n. 37 del 2016, di revoca della precedente determinazione n. 365 del 2011 con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara, mediante finanza di progetto, per l’affidamento del contratto di avente ad oggetto la progettazione definitiva ed esecutiva, la costruzione e la successiva gestione del nuovo ospedale. Tali motivazioni si evincono sia dalla deliberazione n. 438 del 2016, recante un “atto di indirizzo in ordine alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino” adottato dalla Giunta Provinciale a seguito degli approfondimenti istruttori successivi alla pubblicazione della sentenza n. 5057/2016, sia dalla suddetta relazione del Responsabile del procedimento sulla valutazione dei motivi di revoca della gara per la realizzazione del nuovo ospedale, nella quale sono compendiate e valutate le osservazioni presentate dalle imprese (ivi compresa la ricorrente) che hanno preso parte alla gara indetta nel 2011.

8. Dalla deliberazione n. 438 del 2016 emerge che la PAT - muovendo dal presupposto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2016 consentisse di rinnovare la procedura di gara, oppure di procedere in altro modo per la realizzazione e gestione del nuovo ospedale - in considerazione del periodo trascorso tra la pubblicazione del bando (dicembre 2011) e la pubblicazione della predetta sentenza ha provveduto ad «un aggiornamento delle più recenti esigenze operativo-gestionali dei servizi sanitari provinciali, nonché dei profili economico-finanziari e della sostenibilità dell’opera per i bilanci della Provincia rispetto a quanto elaborato nel 2011», seguendo tre distinte direttrici.

In particolare l’aggiornamento ha avuto ad oggetto in primo luogo le novità in materia di politiche sanitarie, con particolare riferimento all’evoluzione del quadro normativo sulla spending review. Al riguardo nella suddetta delibera viene evidenziato quanto segue: «I nuovi standard, individuati dalla normativa nazionale e provinciale in un’ottica di efficientamento della spesa pubblica per il servizio sanitario allo scopo di assicurare la sostenibilità della stessa, nonché l’appropriatezza e la qualità delle prestazioni sanitarie erogate, evidenziano una significativa contrazione di tale spesa rispetto al 2011. L’APSS ha effettuato le necessarie valutazioni sull’impatto delle disposizioni sopravvenute in materia di spending review e delle normali evoluzioni delle prestazioni sanitarie sull’originaria impostazione della gara del 2011 ed ha stimato, in particolare, una riduzione apprezzabile dei costi annuali per servizi non sanitari. La politica sanitaria, in termini di volumi e caratteristiche dei servizi offerti, si è evoluta negli ultimi anni, connotandosi per una forte esigenza di flessibilità operativa in relazione a tipologia, durata e costi della spesa sanitaria. È evidente che questa impostazione risulta scarsamente coerente con le caratteristiche di contratti di partenariato pubblico privato. Le novità sopravvenute nell’organizzazione sanitaria trentina e in materia di spending review condurrebbero oggi ad una diversa impostazione della gara, in termini quantitativi e soprattutto qualitativi in relazione ai servizi richiesti».

Un ulteriore aggiornamento ha riguardato gli aspetti di natura strettamente economico-finanziaria del progetto, in ragione delle mutate condizioni dei mercati finanziari intervenute dopo il 2011. Al riguardo nella delibera viene evidenziato quanto segue: «A partire dal 2012 Cassa del Trentino S.p.A. ha avviato un’intensa collaborazione con la Banca Europea per gli Investimenti. La BEI ha manifestato l’interesse a sostenere la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante concessione di un finanziamento, a tassi di interesse molto bassi e senza oneri di strutturazione/commissioni. L’intervento della BEI consentirebbe di beneficiare di condizioni di finanziamento particolarmente favorevoli e, dunque, di avere un minore impatto sul bilancio provinciale rispetto ad altre forme di finanziamento. Dagli approfondimenti di Cassa del Trentino S.p.A. emerge come i benefici attesi per la Provincia dal nuovo contesto di riferimento dei mercati finanziari rispetto al 2011 siano oggi maggiori nell’ipotesi di appalto tradizionale, principalmente in ragione delle condizioni finanziarie applicate dalla BEI (tasso fisso stimato nell’analisi pari al 2% anche se quotato dalla BEI, a marzo 2015, pari all’1,35%). L’aggiornamento circa le modalità di realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino non può, infine, prescindere dall’analisi della sostenibilità per i bilanci provinciali dei prossimi 30 anni degli oneri di realizzazione e gestione dell’opera (la concessione del 2011 prevedeva, infatti, 5 anni di progettazione-costruzione e 25 anni di gestione). Il nuovo quadro della finanza provinciale ha risentito del progressivo contributo che la Provincia è stata chiamata a dare al risanamento dei conti pubblici nazionali in questi ultimi anni e, da ultimo, con il Patto di Garanzia (come recepito dalla legge n. 190/2014, articolo 1, commi 406-416). In questo contesto per la Provincia si rende necessario sia valutare con particolare prudenza gli impegni da assumere per lunghe durate, sia attivare forme di contenimento/ razionalizzazione della spesa pubblica in parte corrente ed in conto capitale».

A tali aggiornamenti si è aggiunto quello relativo ad un’eventuale ricollocazione del nuovo ospedale su altra area ubicata nel Comune di Trento, in ragione dell’aggiornamento - che nel 2011 era ancora in fase di definizione finale - dell’Accordo di programma quadro concernente “Interventi per la razionalizzazione delle sedi e delle strutture statali e provinciali nella città di Trento”, stipulato tra Ministero dell’Interno, Ministero della Giustizia, Ministero della Difesa, Ministero dello Sviluppo economico, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Entrate, Provincia autonoma di Trento e Comune di Trento, in base all’intesa istituzionale di programma tra il Governo e la Provincia autonoma di Trento del 2001. Al riguardo nella suddetta delibera - premesso che la Giunta provinciale e la Giunta del Comune di Trento tenutosi nel corso dell’incontro in data 23 ottobre 2015 hanno convenuto di costituire un apposito gruppo tecnico paritetico per lo svolgimento degli approfondimenti inerenti le diverse opzioni relative all’area su cui localizzare il nuovo ospedale - viene conclusivamente evidenziato quanto segue: «Sulla base delle valutazioni svolte dal gruppo tecnico paritetico, Provincia e Comune di Trento nel corso dell’incontro del 23 febbraio 2016, hanno convenuto sulla vocazione urbana del Nuovo Ospedale del Trentino. Il comune di Trento ha inviato in data 8 marzo 2016, prot. n. 46574, una nota di conferma della localizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino nell’area di via al Desert e con l’impegno espresso a disporre la cessione alla Provincia delle aree dell’adiacente zona sportiva da finalizzare alle necessità di riprogettazione delle strutture sanitarie proposte dalla Provincia».

Tali approfondimenti hanno, quindi, indotto la Giunta a ritenere: A) «conveniente procedere ad una nuova programmazione dell’opera in oggetto, da realizzare con modalità progettuali, operative ed esecutive diverse da quelle originariamente programmate e, dunque, non più con gli strumenti della finanza di progetto»; B) «necessario procedere ad una progettazione dell’opera che tenga conto delle nuove aree rese attualmente disponibili dal Comune di Trento; tale disponibilità aggiuntiva di aree consentirà di rivedere la distribuzione funzionale delle volumetrie e degli spazi, nonché di definire un diverso sviluppo delle dotazioni infrastrutturali (in primis quelle viarie), al fine di ottimizzare l’utilizzo degli spazi urbani ed il raccordo con la mobilità urbana ed extraurbana. A questo riguardo, considerato che la progettazione riguarda lavori, servizi e forniture di interesse provinciale - e di particolare rilevanza e complessità sotto il profilo architettonico, ambientale e tecnologico - è opportuno che l’Amministrazione valuti il ricorso alla procedura del concorso di progettazione»; C) preferibile procedere alla realizzazione dell’opera mediante contratto di appalto, «considerate le indicazioni fornite da APSS (riduzione dei costi annuali per i servizi non sanitari ed esigenze di flessibilità gestionale) ed in base alle analisi di Cassa del Trentino S.p.A. ed all’esperienza della stessa nell’utilizzo delle risorse BEI (utilizzabili per un importo pari al 50% del costo dell’opera mediante finanziamento da rimborsare in 25 anni al tasso fisso quotato a marzo 2015 pari all’1,35% ed a febbraio 2016 all’1,30%)».

Pertanto la Giunta provinciale con la delibera in questione ha adottato un apposito atto di indirizzo, prevedendo: «1) di riconoscere che per sopravvenuti motivi di interesse pubblico riportati in premessa - approfondimenti di natura sanitaria dell’APSS, di natura finanziaria (e coinvolgimento della BEI) di Cassa del Trentino S.p.a., nonché in ragione delle politiche di spending review attivate in campo sanitario - non è più conveniente per la Provincia procedere alla realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante finanza di progetto, come originariamente stabilito negli atti che hanno portato alla gara bandita nel 2011; 2) di stabilire la necessità di procedere ad una nuova programmazione dell’opera da realizzare con modalità tradizionali di affidamento tramite appalto, secondo le indicazioni fornite in premessa; 3) di stabilire, per le motivazioni indicate in premessa, che devono essere dichiarate conseguentemente non più da perseguire, per interesse pubblico sopravvenuto, le indicazioni a suo tempo impartite dalla Giunta provinciale in relazione alla costruzione e gestione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante ricorso alla finanza di progetto; 4) di disporre che, in conseguenza dei precedenti punti del dispositivo, l’Allegato n. 1 alla deliberazione n. 939 del 2011 con oggetto “Approvazione del piano di lavoro per la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino”, risulta allo stato della attuale programmazione sanitaria non più esaustivo in relazione alla definizione degli elementi contenuti nel documento preliminare per la progettazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino».

Le suesposte motivazioni già consentono di evidenziare che la revoca della gara indetta nel 2011 viene giustificata prioritariamente adducendo sopravvenuti motivi di pubblico interesse, che hanno determinato una rimeditazione della scelta della finanza di progetto come modalità di realizzazione dell’opera.

9. Passando alla relazione del Responsabile del procedimento, dalla stessa si evince che le osservazioni delle imprese che avevano partecipato alla gara hanno riguardato le tre direttrici lungo le quali si sono svolti gli approfondimenti istruttori della PAT.

Innanzi tutto le imprese hanno evidenziato che l’obbligo di riduzione dei costi nel settore sanitario era già noto antecedentemente all’indizione della gara e, quindi, non si configurava come un fatto sopravvenuto. A tal riguardo il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) anche a non voler qualificare la spending review come un fatto sopravvenuto, purtuttavia la vigente normativa in materia consentirebbe una “nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”, cioè anche in relazione ad esigenze finanziarie preesistenti alla gara; B) «non è neppure vero che le disposizioni di spending review siano state tutte definite in un’epoca antecedente alla gara (indetta il 15 dicembre 2011) in quanto ve ne sono di successive che hanno gradualmente ridotto la capacità di spesa non solo nel settore sanitario ma in generale»; C) «solo negli ultimi periodi, per effetto di un accordo che ha portato a modificare lo Statuto speciale di autonomia proprio in materia finanziaria e di razionalizzazione della spesa pubblica e per effetto di una recente sentenza della Corte costituzionale, sono state precisate meglio le competenze della Provincia autonoma che, ora, può consapevolmente e responsabilmente procedere ad effettuare determinate scelte»; D) «gli obiettivi di spending review vanno esaminati e perseguiti anche indipendentemente da precisi obblighi stabiliti dal contesto normativo ed amministrativo generale di riferimento, potendo essere comunque addotti a giustificazione di singoli provvedimenti di revoca. Al riguardo, va ricordato che la giurisprudenza afferma che è da considerarsi legittimo il provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta in una fase non ancora definita della procedura concorsuale, prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso, motivato anche con riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa, ciò in quanto l’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 ammette un ripensamento da parte della amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario».

Quanto ai mutamenti del contesto economico-finanziario e alla comparazione tra l’ipotesi di realizzazione e gestione del nuovo ospedale in forma diretta (appalto tradizionale) e mediante il coinvolgimento di capitali privati (partenariato pubblico privato), evidenziati nell’analisi della Cassa del Trentino, le osservazioni delle imprese hanno riguardato: A) il fatto che il mutato contesto economico-finanziario si traduca nell’opportunità di una riduzione dei costi anche per i privati, con conseguente possibilità di migliorare le offerte; B) il fatto che le possibilità di accedere ad un finanziamento BEI sia soltanto presunto e, quindi, non dimostrato. A tal riguardo il Responsabile del procedimento ha replicato che: A) «non è possibile parlare di equivalenza delle condizioni di accesso al credito da parte di soggetti privati e da parte di un ente pubblico, dato che i primi sono soggetti a rischio d’impresa (con conseguente assunzione, in certa misura, degli oneri derivanti da maggiori costi di costruzione di gestione e con possibilità di assoggettamento alla disciplina fallimentare per motivi legati all’attività svolta dai promotori e dalla stessa società di progetto) mentre il secondo non agisce con analoga assunzione di rischio d’impresa: il che si traduce in differenti condizioni di accesso al mercato finanziario»; B) «l’affermazione della predetta equivalenza, oltre ad essere generica, è anche del tutto indimostrata dato che è fatto notorio che le condizioni di accesso al mercato creditizio da parte dei privati non è migliorata negli ultimi anni e, anzi, i maggiori rischi di azione sul mercato privato e il prolungarsi dell’incertezza di prospettiva economica si sono tradotti, semmai, in restrizioni all’erogazione di finanziamenti a soggetti privati»; C) «altra rilevante differenza è che l’amministrazione, per procurarsi finanziamenti, potrebbe comunque accedere al credito tramite società di sistema (in particolare tramite Cassa del Trentino), indipendentemente dalla stessa possibilità di accesso alla BEI»; D) «per quanto attiene all’accesso alla BEI, è ovvio che la sua attivazione è condizionata, necessariamente, dalla revoca della gara: non ha senso, pertanto, obiettare che non esiste un finanziamento già formalmente concesso essendo sufficiente, allo stato attuale delle cose, che vi sia una possibilità di accesso sulla base dei relativi presupposti e sulla base della semplice disponibilità»; E) «esiste già una pregressa esperienza che dimostra che l’accessibilità ai prestiti BEI da parte della PAT è già stata concretizzata in almeno tre episodi di un certo rilievo, in occasione dei quali sono stati riscontrati, oggettivamente, notevoli vantaggi rispetto al ricorso al finanziamento da parte di privati».

Infine, con riferimento alle nuove aree messe a disposizione dal Comune di Trento ed alla conseguente necessità di progettare le nuove infrastrutture viarie a servizio dell’opera, le imprese concorrenti hanno osservato che tali aree sono marginali in quanto non modificano le scelte sull’ubicazione del nuovo ospedale, ma solo la viabilità di accesso. A tal riguardo il responsabile del procedimento ha replicato che: A) «la modifica dell’area interessata si traduce, in realtà, in una profonda modificazione dell’idea originaria che era stata posta in gara»; B) «il contesto normativo, oggi profondamente cambiato a seguito del recepimento delle recenti normative comunitarie, che impongono un’attenzione maggiore, rispetto al passato, al progetto: l’affermazione che si può sistemare l’opera “strada facendo” è oggi assolutamente inaccettabile proprio sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale, dato che il nuovo regime delle “modifiche contrattuali” è assai più stringente rispetto al passato. La centralità del progetto, che non può più essere modificato a piacimento in un momento successivo (in sede esecutiva), impone una maggiore attenzione sulle scelte preliminari che vanno, quindi, attentamente valutate e programmate con tutte le sfaccettature, senza lasciare più nulla al caso o all’improvvisazione: l’affermazione che con una semplice modifica della convenzione si può dare soluzione a problematiche che, invece, avrebbero dovuto essere considerate prima ancora di indire una gara o, comunque, prima di proseguirla, è dunque scorretta perché il nuovo quadro normativo di riferimento vieta la realizzazione di “modifiche sostanziali” ai sensi del comma 5 dell’articolo 27 della LP 9 marzo 2016, n. 2 (vedasi anche, negli stessi termini: considerando n. 107 e articolo 72 della Direttiva 24/2014). In particolare, il fatto che la possibilità di includere le nuove aree comunali non fosse prevista neppure come opzione possibile al momento dell’indizione della gara, inficia la possibilità di ricondurre tale variante nell’ambito delle previsioni della lettera “a” del comma 2 dell’articolo 27 della citata LP 2/2016 e né, d’altra parte, sono ravvisabili i presupposti previsti dalle restanti lettere da “b” a “d” del medesimo comma 2»; C) «per effetto delle nuove disponibilità di aree, si realizzano sicuramente le condizioni per considerare “sostanziale” qualunque futura modificazione contrattuale, essendo evidente che la modifica realizzativa comporta conseguenze sulle scelte da effettuarsi in offerta, tali da rendere la gara anche appetibile a soggetti differenti dagli originari promotori»; D) «la nuova disciplina delle modifiche contrattuali è di immediata applicabilità in quanto, in base al comma 12 dell’articolo 73 della LP 2/2016, essa si applica anche ai contratti in essere e quindi, a maggior ragione, alle procedure di gara in corso».

10. Tenuto conto di quanto precede il Collegio preliminarmente osserva che i provvedimenti di revoca si configurano come tipici atti di natura discrezionale e che la discrezionalità dell’Amministrazione, nell’adozione di provvedimenti della specie, risulta ancor più ampia quando la revoca va ad incidere su rapporti non ancora consolidati.

Emblematica in tal senso appare la giurisprudenza in materia di revoca dell’aggiudicazione provvisoria. Difatti - muovendo dal presupposto che il passaggio dall’aggiudicazione provvisoria all’aggiudicazione definitiva non è oggetto di un obbligo della stazione appaltante, né un diritto dell’aggiudicatario provvisorio, sicché la possibilità che all’aggiudicazione provvisoria della gara d’appalto non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico - da un lato, si afferma che l’aggiudicatario provvisorio è titolare di una posizione differenziata (rispetto a chi aggiudicatario provvisorio non è) e di un’aspettativa tutelata a che l’aggiudicazione provvisoria divenga definitiva; dall’altro, si riconosce che la scelta di revocare l’aggiudicazione provvisoria costituisce esercizio di un’ampia discrezionalità amministrativa, come tale sindacabile solo per vizi quali la manifesta illogicità, oppure travisamenti di fatto. Tra le ragioni che possono giustificare la revoca dell’aggiudicazione provvisoria figurano (per quanto interessa in questa sede): A) l’insostenibilità dell’impegno economico assunto dell’Amministrazione (Consiglio di Stato, Sez. III, 31 gennaio 2014, n. 467); B) esigenze dell’Amministrazione collegate agli obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa (Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797); C) una generale rivisitazione degli intenti dell’Amministrazione in merito alla complessiva politica di gestione di un settore (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600).

A ciò si deve poi aggiungere che l’ampiezza della discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione nell’esercizio del suo potere di revoca è ancor più evidente laddove tale potere venga esercitato prima dello spirare del termine di presentazione delle offerte. Difatti in tal caso la giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 16 maggio 2016, n. 5733) perviene a negare la possibilità di configurare, in capo alle imprese partecipanti o solo intenzionate a partecipare alla procedura selettiva, un affidamento sulla favorevole conclusione della stessa.

Pertanto, nel caso in esame, i limiti al sindacato di legittimità di questo Tribunale sono ancor più marcati, perché il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5057/2014 ha caducato tutti gli atti della gara bandita nel 2011 a partire dalla nomina della Commissione tecnica (gara al termine della quale era, peraltro, risultato aggiudicatario provvisorio il RTI Impregilo) e, quindi, l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata espressa la preferenza per il ricorso al sistema dell’appalto in luogo del sistema della finanza di progetto.

11. Poste tali premesse di carattere generale, le censure in esame non possono essere accolte in quanto le ragioni di carattere economico e gestionale poste a fondamento della determinazione n. 37 del 2016 valgano senz’altro a giustificare l’esercizio dello jus poenitendi da parte dell’Amministrazione e non risultino inficiate da manifesta illogicità, oppure da travisamenti di fatto. Difatti superano indenni il sindacato di legittimità di questo Tribunale sia le articolate valutazioni svolte dall’Amministrazione, alla luce dell’analisi commissionata alla Cassa del Trentino, sugli aspetti finanziari dell’intervento e, in particolare, sugli effetti della crisi dei mercati finanziari e sulla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso, in luogo del project financing, sia le ulteriori valutazioni incentrate sull’esigenza di ridurre e razionalizzare la spesa sanitaria.

12. Quanto agli effetti della crisi dei mercati finanziari, è notorio che tale crisi, pur avendo comportato un abbassamento generalizzato dei tassi d’interesse, tuttavia ha determinato una contrazione del credito per il finanziamento degli investimenti privati, ivi compresi quelli destinati ad operazioni di finanza di progetto. Inoltre è notorio che le condizioni di finanziamento variano in funzione di molteplici fattori, tra i quali assume, oggi più che mai, particolare rilievo il merito di credito (c.d. rating) del soggetto che richiede il prestito.

Pertanto non vi è motivo per dubitare della attendibilità delle valutazioni della Provincia, dettagliatamente illustrate nelle memorie depositate in data 25 e 28 ottobre 2016, inerenti: A) da un lato, la difficoltà che le imprese partecipanti ad una nuova gara di project financing potrebbero oggi incontrare nel reperire sul mercato del credito condizioni di finanziamento vantaggiose; B) dall’altro, la capacità della Cassa del Trentino, anche grazie alla garanzia della PAT, di reperire direttamente le risorse necessarie per finanziare la realizzazione del nuovo ospedale - attraverso la BEI o attraverso canali alternativi, come la Cassa Depositi e Prestiti - a condizioni molto vantaggiose. Particolarmente significativo al riguardo appare il riferimento - contenuto nella relazione del Responsabile del procedimento - alla relazione della Cassa del Trentino del 17 marzo 2015, denominata “Analisi della convenienza economica circa la realizzazione del Nuovo Polo Ospedaliero del Trentino mediante appalto tradizionale o finanza di progetto e scenari conseguenti”, ove conclusivamente si afferma quanto segue: «L’analisi di convenienza economica aggiornata al 2015 evidenzia i benefici attesi per la PAT dal nuovo contesto di riferimento con conseguente riduzione del canone annuo di disponibilità (da corrispondere per tutta la durata della concessione) e, dunque, dell’esborso complessivo nel caso di Finanza di Progetto; tuttavia, nell’ipotesi di Appalto Tradizionale, l’applicazione di un tasso fisso BEI molto conveniente (stimato al 2% anche se quotato dalla BEI a marzo 2015 pari all’1,35%) con completa assenza di oneri di strutturazione finanziaria, determina per la PAT un risparmio ancora maggiore». Difatti la PAT nelle sue difese - tenuto conto della concreta esperienza maturata nei rapporti con la BEI (contratto di finanziamento per un massimo di 60 milioni di euro per la realizzazione del Depuratore Trento Tre e Contratto di finanziamento per un massimo di massimo 85 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture medio-piccole) e degli ulteriori contatti intercorsi con la BEI (cfr. la nota della Cassa del Trentino prot. n. 202 del 10 febbraio 2016) - ha ribadito (e sul punto non si registrano contestazioni) che: A) le commissioni e gli oneri vari nei contratti di prestito della BEI sono pari a zero; B) la quotazione del tasso fisso applicato dalla BEI per cofinanziare la realizzazione del nuovo ospedale è risultata pari all’1,50% in data 8 gennaio 2015, all’1,25% in data 3 marzo 2015, all’1,30% in data 3 febbraio 2016 ed allo 0,75% in data 8 settembre 2016.

Risulta, quindi, priva di fondamento non solo la censura incentrata su fatto che del ribasso dei tassi di interesse potrebbero giovarsi tanto le pubbliche Amministrazione quanto i soggetti privati, essendo evidente che non sono paragonabili le condizioni di finanziamento accordate da un soggetto pubblico come la BEI ad un soggetto pubblico come la PAT rispetto alle condizioni che una banca potrebbe accordare ad un’impresa privata, ma anche quella incentrata sul fatto che il ribasso dei tassi di interesse sia noto da tempo; difatti al riguardo si deve considerare che: A) il provvedimento di revoca non si fonda necessariamente su fatti sopravvenuti, ben potendo essere giustificato da una nuova valutazione dell’interesse pubblico, che nel caso in esame implica evidentemente anche una valutazione sulla procedura di gara più conveniente da seguire per la realizzazione dell’opera; B) la quotazione del tasso fisso applicato dalla BEI per finanziare il nuovo ospedale presenta un trend discendente nell’ultimo biennio, sì da rendere progressivamente più vantaggioso il ricorso diretto della PAT ad un finanziamento della BEI.

Né miglior sorte merita l’ulteriore censura incentrata sul fatto che la Cassa del Trentino non abbia già concluso accordi con la BEI in ordine ad un eventuale finanziamento della realizzazione del nuovo ospedale. Difatti coglie nel segno il Responsabile del procedimento quando afferma che, allo stato, può ritenersi sufficiente la semplice disponibilità fornita dalla BEI, anche perché tale disponibilità trova conferma nei suddetti rapporti già in essere con la BEI.

13. Quanto alle ulteriori valutazioni della PAT in ordine alla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso, giova preliminarmente rammentare che - come ben evidenziato dalla Cassa del Trentino nella relazione del 17 marzo 2015 - l’istituto della finanza di progetto si caratterizza per: A) per la presenza di «un progetto idoneo a generare dei flussi di cassa che consentano di autofinanziare l’intervento rimborsando il debito contratto per la sua realizzazione e remunerando il capitale di rischio; flussi derivanti dall’applicazione di tariffe sull’utenza (opere calde) o di canoni esclusivamente/prevalentemente posti a carico dell’Amministrazione ... (opere fredde). Pertanto, assumendo che l’intervento risponda ad esigenze alle quali è necessario/ opportuno far fronte e che ne venga assicurata la corretta gestione, il piano economico- finanziario (“PEF”) deve tradurre le assunzioni tecnico/operative/finanziarie in indicatori e gli stessi devono dare evidenza della capacità del progetto di generare flussi di cassa stabili e sufficienti a far fronte, per un determinato periodo, al rimborso del debito contratto ed alla remunerazione del capitale apportato dal privato»; B) il trasferimento in capo al soggetto privato del rischio dell’operazione, in quanto «l’art. 143, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006 prescrive per le concessioni destinate all’utilizzazione diretta dell’Amministrazione (c.d. opere fredde) l’allocazione in capo al concessionario “dell’alea economico-finanziaria della gestione dell’opera”. L’art. 3, comma 15-ter, del D.Lgs. n. 163/2006, nel definire i contratti di partenariato pubblico privato (“PPP”), di cui fanno parte le concessioni di lavori, specifica che per tali contratti deve esserci una “allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni comunitarie vigenti”; l’ultimo periodo di tale comma precisa che alle operazioni di PPP “si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”. Secondo le indicazioni contenute nella decisione Eurostat n. 18 dell’11 febbraio 2004, nelle operazioni di PPP il privato deve sostenere il rischio di costruzione e, in relazione alla fase di gestione, almeno uno fra il rischio di domanda e il rischio di disponibilità affinché le operazioni in questione non vengano registrate nei conti delle pubbliche amministrazioni».

Tali prescrizioni sono oggi contenute nelle disposizioni degli articoli 3 e 180 del decreto legislativo n. 50/2016. In particolare l’art. 3, comma 1, lett. eee, definisce il “contratto di partenariato pubblico privato” come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione di rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore”, e precisa che, “fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat”. L’art. 180 dispone (per quanto interessa in questa sede) che nei contratti di partenariato pubblico privato: A) “i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna” (comma 2); B) “il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera”, laddove il predetto art. 3 definisce il “rischio di costruzione” come “il rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al non rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico nell’opera e al mancato completamento dell’opera” (lett. aaa), il “rischio di disponibilità” come “il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti” (lett. bbb) e il “rischio di domanda” come “il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il concessionario deve soddisfare, ovvero il rischio legato alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa” (lett. ccc).

In definitiva, a differenza dell’appalto tradizionale, la finanza di progetto è basata essenzialmente sull’equilibrio economico-finanziario del PEF per l’intera durata della concessione e su un’allocazione dei rischi in capo al concessionario, in conformità ai criteri innanzi indicati.

14. Poste tali premesse di carattere generale, il Collegio osserva che le valutazioni della PAT in ordine alla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso sono frutto di un’accurata istruttoria che tiene conto dell’analisi svolta dalla Cassa del Trentino e trovano puntuale riscontro nelle motivazioni dei provvedimenti impugnati.

Innanzi tutto la Cassa del Trentino: A) nella relazione del 17 marzo 2015 ha posto a confronto i benefici e le criticità di tre scenari alternativi, costituiti da «una procedura in finanza di progetto tra i quattro concorrenti con documentazione e PEF 2011», «una procedura in finanza di progetto, ma con un nuovo disciplinare ed un PEF aggiornato» e «una procedura di appalto complesso con apertura a tutti gli operatori interessati»; B) nell’allegato n. 2 alla predetta relazione - utilizzando la metodologia indicata nel documento denominato “Analisi delle tecniche di valutazione per la scelta del modello di realizzazione dell’intervento: il metodo del Public Sector Comparator e l’analisi del valore”, redatto nel 2009 dall’Unità Tecnica Finanza di Progetto e dell’AVCP - ha ulteriormente sviluppato, sotto il profilo della diversa allocazione dei rischi, il confronto tra i due scenari costituiti dal ricorso all’appalto tradizionale e dal ricorso alla finanza di progetto.

In particolare nell’allegato n. 2 alla predetta relazione sono state dettagliatamente indicate le ragioni che hanno indotto la Cassa del Trentino a non considerare rischi ulteriori rispetto a quelli di extra costi e ritardi nella costruzione, di seguito indicate: «Secondo la metodologia proposta dall’UTFP-AVCP, si procedeva alla quantificazione dei rischi trasferibili dal sistema pubblico al privato nell’ipotesi di ricorso alla Finanza di Progetto. Tale stima veniva effettuata in considerazione dei rischi trasferibili relativi alla sola fase di realizzazione dell’opera come sopra identificati (rischio di extra costi e ritardi nella costruzione); non venivano, infatti, considerati i rischi relativi alla fase di gestione (ad es. rischio incremento costi di manutenzione, incremento costi operativi, rischio adeguamento tecnologico etc.) per i seguenti motivi: 1) se per i rischi legati alla fase realizzativa ci sono riferimenti ufficiali e statistiche relative agli appalti dal 2000 al 2007 (fonte: AVCP), la stima dei rischi di gestione veniva considerata eccessivamente discrezionale e di scarsa attendibilità anche in ragione della lunga durata del periodo gestionale; 2) nell’ambito dello schema di Convenzione si prevedeva di attenuare il rischio derivante da eccessivi scostamenti del costo dei servizi offerti dal Concessionario rispetto ai valori di mercato durante il periodo della Concessione mediante il c.d. market test (Schema di Convenzione - allegato Q dello Studio di Fattibilità). Si tratta, sostanzialmente, di una verifica periodica da effettuare sul mercato per allineare, in caso di scostamenti osservati oltre una soglia predefinita (10%), i valori dei servizi alle nuove condizioni del mercato, attenuando, da un lato, il rischio per l’Amministrazione di incorrere in extracosti per i servizi in caso di condizioni del mercato migliorative (riduzione prezzi di mercato) ma, allo stesso tempo, riconoscendo al Concessionario un adeguamento del valore dei servizi in caso di valori di mercato superiori a quelli iniziali contrattualizzati. In tal modo, si attenuava l’entità del trasferimento del rischio gestionale al Concessionario per incremento dei costi operativi rispetto all’Appalto Tradizionale; 3) il Canone annuale di disponibilità, oltre all’onere per l’investimento iniziale, remunerava il Concessionario anche per i rinnovi di arredi ed attrezzature proposti in sede di gara (nel c.d. Piano di sostituzione Attrezzature da allegare alla Convenzione); tuttavia, si prevedeva in Convenzione che qualora la PAT avesse optato per l’acquisto di attrezzature diverse da quelle inserite nel Piano di sostituzione Attrezzature proposto dal Concessionario l’eventuale maggior costo sarebbe stato riconosciuto al Concessionario mediante riequilibrio del PEF. Sostanzialmente la PAT si assumeva il rischio di incremento degli investimenti per rinnovo di arredi ed attrezzature rispetto a quanto programmato; pertanto, nessun trasferimento del rischio dalla PAT al Concessionario era stato prudenzialmente previsto».

Tali considerazioni sono del tutto condivisibili; inoltre, sempre con riferimento alla mancata allocazione dei rischi in capo al concessionario in caso di ricorso ad una procedura di appalto (argomento su cui si fonda buona parte delle ulteriori censure sviluppate con i motivi aggiunti), sono condivisibili, secondo il Collegio, anche le considerazioni svolte dal Responsabile del procedimento nella sua relazione, ove è stato posto in rilievo che: A) in caso di realizzazione di un ospedale, «l’allocazione dei rischi nel caso di ricorso alla finanza di progetto è solo apparentemente traslata a carico dei soggetti privati mentre, in realtà, essa appare abbastanza assimilabile a quella dell’appalto tradizionale. Trattandosi, infatti, di opera fredda, cioè non finanziata ricorrendo a tariffe di mercato, la remunerazione del risultato è tutta garantita da canoni corrisposti dall’utilizzatore (l’amministrazione provinciale/sanitaria), con la conseguenza che viene del tutto a mancare il “rischio della domanda” ed è notevolmente ridotto, se non azzerato, anche il “rischio di disponibilità”: infatti, per quanto attiene al primo rischio, è da tener presente che esso è, in realtà, inesistente dato che al concessionario è assicurato un canone indipendentemente dall’effettiva richiesta di utilizzazione ... e, per quanto attiene al secondo rischio, va tenuto altrettanto presente che il servizio da rendere al cittadino è quello sanitario che è erogato dall’APSS e non dal concessionario (che si limita, invece, a mettere a disposizione solo alcuni servizi “di contorno” ed il cui fruitore diretto e pagante è la stessa amministrazione sanitaria, secondo modalità remunerative sottoposte ad adeguamento automatico, e non il degente ospedaliero)»; B) il rischio di costruzione «è invariato nello schema della finanza di progetto rispetto all’appalto tradizionale»; C) il rischio finanziario «è sicuramente maggiore per il promotore privato rispetto all’amministrazione aggiudicatrice: infatti, nel caso di utilizzo di strumenti di indicizzazione nel finanziamento privato ..., i margini di incertezza sono assai maggiori rispetto al finanziamento utilizzato da un soggetto pubblico che può ricorrere allo strumento dell’indebitamento a tasso fisso (ad esempio tramite prestiti obbligazionari di Cassa del Trentino) o, meglio ancora e come prospettato, ricorrendo al tasso fisso BEI».

Inoltre la PAT nelle sue difese ha osservato che, secondo quanto emerso dall’analisi delle operazioni perfezionate negli ultimi anni per la realizzazione di ospedali, il modello della finanza di progetto ha carattere recessivo in quanto: A) presenta non solo costi molto elevati, ma anche una forte rigidità, perché vincola l’Amministrazione per un lungo periodo; B) nel caso delle c.d. “opere fredde” (come, per l’appunto, gli ospedali), il rischio trasferito agli operatori privati risulta spesso insufficiente per configurare vere e proprie operazioni di partenariato pubblico privato e ciò comporta il rischio che le Amministrazioni debbano riclassificare operazioni della specie da off-balance on-balance, con conseguente aggravamento dei propri bilanci.

Risulta allora evidente che anche le valutazioni della PAT sulla diversa allocazione dei rischi e dei costi non è censurabile da parte di questo Tribunale in quanto frutto di una dettagliata attività di analisi che non appare affetta da macroscopici vizi logici o travisamenti della situazione di fatto.

Del resto non coglie nel segno la ricorrente neppure quando si duole del fatto che l’Amministrazione non abbia considerato i costi legati alla necessità di indennizzare le imprese che hanno inutilmente partecipato alla precedente gara; difatti, come si avrà modo di precisare, il Responsabile del procedimento nella sua relazione ha correttamente affermato che nel caso in esame «non ci sono né danni né indennizzi da corrispondere per il semplice fatto che non ci sono valide offerte presentate che l’amministrazione omette di prendere in considerazione».

Né giova alla ricorrente censurare le considerazioni svolte dal Responsabile del procedimento per dimostrare che, quantomeno nel caso in esame, la finanza di progetto non si è rivelata uno strumento più celere e meno rischioso rispetto all’appalto. Difatti coglie nel segno la PAT quando afferma che il Responsabile del procedimento intendeva solo evidenziare che nel caso in esame la scelta iniziale del project financing era dipesa anche dal fatto che tale sistema era stato ritenuto idonea a garantire la realizzazione dell’opera in tempi più brevi, ma tale scelta è stata poi smentita dai fatti, fermo restando che ogni previsione in merito ai tempi di realizzazione di un’opera come in nuovo ospedale - a prescindere dal fatto che sia realizzata mediante un project financing o mediante un appalto tradizionale - è di fatto impossibile.

15. In definitiva il Collegio - nel ribadire ancora una volta l’ampiezza della discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nel valutare la convenienza dei diversi sistemi di realizzazione di un’opera pubblica come un ospedale e, in particolare, nel valutare quale sia la migliore allocazione dei rischi connessi al finanziamento, alla progettazione, alla realizzazione e alla gestione dell’opera - ritiene che nel caso in esame la valutazione della PAT sulla prevalenza dei vantaggi connessi al ricorso ad un appalto complesso (specie in considerazione dei ridotti tassi di interesse e dell’assenza di commissioni nel caso di cofinanziamento dell’intervento da parte di un soggetto pubblico come la BEI, nonché del regime IVA più favorevole e della massima flessibilità operativa garantita dal ricorso all’appalto tradizionale in un contesto dinamico come quello delle politiche sanitarie provinciali, caratterizzato da scenari operativi poco prevedibili e oggetto dei ben noti interventi di spending review) rispetto ai vantaggi connessi al ricorso alla finanza di progetto (in ragione del trasferimento in capo al concessionario dei rischi connessi alla progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione dell’opera) superino indenni il sindacato di legittimità di questo Tribunale.

16. Parimenti infondate risultano le censure incentrate sul fatto che - sebbene fossero note da tempo sia la manifestazione di interesse della BEI a finanziare l’opera, sia la convenienza di procedere alla sua realizzazione mediante un sistema diverso dalla finanza di progetto - la PAT abbia difeso le proprie scelte nei due gradi di giudizio, provvedendo ad appellare autonomamente la sentenza di questo Tribunale n. 39/2014. Al riguardo non v’è dubbio che l’Amministrazione anche in pendenza del giudizio d’appello ben avrebbe potuto disporre la revoca della gara del 2011; tuttavia, come si può evincere dalla motivazione della deliberazione n. 438 in data 25 marzo 2016, solo dopo la pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2014 è emersa la necessità di attivare (stante il tempo trascorso dall’indizione della gara) il complesso procedimento di riesame delle proprie precedenti determinazioni, all’esito del quale sono emerse le sopravvenienze che hanno poi determinato il superamento delle scelte effettuate nel 2011..

17. In ragione di quanto precede il Collegio osserva che la motivazione incentrata sulla maggior convenienza del ricorso ad un appalto complesso in luogo del project financing sia, di per sé, sufficiente per ritenere adeguatamente giustificata l’adozione della determinazione dirigenziale n. 37 del 2016. Difatti, secondo la giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194), in caso di provvedimento plurimotivato il rigetto della doglianza diretta a contestare una delle ragioni giustificatrici dell’atto lesivo comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all’esame delle ulteriori censure volte a contestare le altre ragioni giustificatrici dell’atto medesimo, atteso che, seppur tali ulteriori censure si rivelassero fondate, il loro accoglimento non sarebbe comunque idoneo a soddisfare l’interesse del ricorrente a ottenere l’annullamento del provvedimento lesivo, che resterebbe supportato dall’autonomo motivo riconosciuto legittimo.

18. Fermo restando quanto precede, anche l’ulteriore motivazione addotta dall’Amministrazione, incentrata sull’evoluzione del quadro normativo sulla spending review rispetto al 2011, supera indenne il sindacato di questo Tribunale.

In primo luogo le considerazioni svolte dalla PAT nelle sue difese - a chiarimento di quelle contenute nella deliberazione n. 438 del 2016 e nella relazione del Responsabile del procedimento - consentono di apprezzare tale evoluzione, che ha determinato, quale effetto della contrazione della spesa sanitaria, l’intento di perseguire una riduzione dei costi annuali per i servizi non sanitari. In particolare l’Amministrazione ha evidenziato che: A) l’art. 15, comma 13, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, alle lettere c) e c-bis), ha introdotto disposizioni per la contrazione dei posti letto e per l’avvio della sperimentazione sanitaria a fini di spending review, subordinando la contrazione dei posti letto ad un apposito provvedimento da adottare entro il 31 ottobre 2012, sicché la contrazione programmata sarebbe divenuta operativa solo dopo la scadenza del bando; B) la Corte costituzionale, dichiarando incostituzionale della lettera c) del predetto comma 13 con la sentenza 1° luglio 2015, n. 125 - ossia dopo la scelta del promotore, avvenuta nel 2013, e la sentenza di questo Tribunale, intervenuta nel 2014 - ha chiarito che spetta alla PAT effettuare scelte autonome, e non meramente imposte, di razionalizzazione della spesa sanitaria, perché la declaratoria dell’illegittimità della norma statale che impone meccanismi di fissazione del numero dei posti-letto comporta che la competenza delle Province autonome di Trento e di Bolzano nella scelta delle concrete modalità di conseguimento della riduzione della spesa sanitaria, fermo restando l’obbligo in tal senso; C) con il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, sono state introdotte ulteriori disposizioni incidenti sulla definizione dei LEA e, quindi, sui fabbisogni di spesa (art. 5), nonché sull’edilizia residenziale, come l’art. 6, che - prevedendo la cessione all’aggiudicatario, come componente del corrispettivo, di immobili ospitanti strutture ospedaliere da dismettere, anche ove l’utilizzazione comporti il mutamento di destinazione d’uso - renderebbe necessaria una valutazione ¬(non consentita all’epoca dell’indizione della gara del 2011) in merito all’opportunità di dismettere, in tutto o in parte, l’Ospedale S. Chiara; D) con il cosiddetto “Accordo di Roma” di ottobre 2014, con l’obiettivo di superare talune incertezze interpretative e le forti tensioni innescate dal contenzioso costituzionale sugli interventi statali di spending review, è stato riconosciuto alle Province autonome di Trento e Bolzano il ruolo di soggetti attuatori degli obiettivi generali di contenimento della spesa pubblica a livello di finanza provinciale; E) in particolare, in base all’art. 79 dello Statuto speciale di autonomia, novellato a seguito del predetto Accordo del 2014, è ora riconosciuto alle province un più solido ruolo propositivo delle misure di contenimento della spesa pubblica nei confronti degli enti pubblici del sistema finanziario provinciale, ivi inclusa la stessa APSS. In definitiva - anche alla luce di questo nuovo quadro ordinamentale, in base al quale spetta alla PAT il compito di attribuire, responsabilmente, le risorse finanziarie disponibili e di stabilire i vincoli alla spesa sanitaria - vi è motivo per ritenere che l’Amministrazione con la determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 abbia correttamente perseguito l’obiettivo di ridurre e razionalizzare la spesa sanitaria, obiettivo che, come già evidenziato in precedenza, costituisce uno dei presupposti tipici in presenza dei quali la giurisprudenza riconosce il legittimo esercizio dello ius poenitendi in materia di gare pubbliche.

19. Né miglior sorte merita la censura incentrata sulla mancata considerazione degli interessi dei concorrenti originari, nonostante i significativi esborsi economici sostenuti da costoro per la partecipazione alla gara e nonostante la perdita di chance subita.

In proposito il Collegio osserva innanzi tutto che - sebbene una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4107), finanche in presenza di un provvedimento di aggiudicazione provvisoria, affermi che la revoca di tale provvedimento non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, adempimento finalizzato a consentire ai soggetti incisi dall’azione amministrativa di tutelare i propri interessi - nel caso in esame l’Amministrazione ha comunicato alle imprese che avevano partecipato alla gara del 2011 l’avvio del procedimento finalizzato alla revoca degli atti non invalidati dalla sentenza n. 5057/2014 ed ha tenuto nella dovuta considerazione le osservazioni formulate dalle predette imprese, come dimostra la relazione del Responsabile procedimento, nella quale è stata correttamente esclusa la possibilità di riconoscere l’indennizzo previsto dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990 in considerazione del fatto che «la posizione degli interessati è quella di aspiranti offerenti che devono ancora formulare un’offerta oggetto di valutazione». Inoltre si deve rammentare che - sebbene l’esercizio del potere di revoca di norma richieda una ponderazione comparativa tra gli interessi pubblici perseguiti e gli interessi dei soggetti privati coinvolti dal provvedimento di autotutela - tuttavia la giurisprudenza in più occasioni (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 23 febbraio 2016, n. 2525; id., Sez. I, 8 giugno 2015, n. 8050; Cons. Giust. Amm. Regione Sicilia, 25 gennaio 2013, n. 47) ha precisato, sempre con riferimento a provvedimenti di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, che tale particolare tipologia di provvedimenti non richiede un puntuale raffronto tra l’interesse pubblico perseguito e quello privato sacrificato, non essendo prospettabile alcun affidamento del destinatario, dal momento che l’aggiudicazione provvisoria non è l’atto conclusivo del procedimento.

Deve, allora, conclusivamente ritenersi che la ricorrente non abbia alcun motivo di dolersi del fatto che l’Amministrazione non abbia tenuto conto dei significativi esborsi economici sostenuti per la partecipazione alla gara e della perdita di chance subita, «rientrando esse nella normale alea di partecipazione a gare ad evidenza pubblica, per loro natura caratterizzate dall’esito incerto, non solo riguardo all’aggiudicazione, ma anche alla possibilità di un eventuale revoca in corso di gara» (in tal senso T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 19 maggio 2016, n. 516).

20. Passando alla censura dedotta con il secondo motivo del ricorso introduttivo, incentrata sulla violazione dell’autovincolo contenuto nella clausola di cui al punto 4, lett. X), del disciplinare di gara - secondo la quale “La Provincia Autonoma di Trento, a suo insindacabile giudizio e senza che ciò comporti alcun onere a proprio carico, si riserva la facoltà di sospendere, revocare o annullare la procedura, senza che i concorrenti possano avanzare alcuna pretesa risarcitoria, anche alla luce di quanto previsto al successivo punto 10 anche in considerazione del grave stato di crisi generale e congiunturale” - il Collegio ritiene sufficiente osservare che, come ammesso dalla stessa ricorrente, nel caso in esame l’esercizio del potere di revoca non si fonda su tale clausola.

21. La reiezione delle censure dedotte con il ricorso introduttivo comporta evidentemente l’infondatezza di quella dedotta con il primo dei motivi aggiunti, tesa a dimostrare l’invalidità derivata degli ulteriori provvedimenti adottati dalla PAT a seguito della revoca della gara del 2011.

22. Passando alla domanda di condanna della PAT a corrispondere l’indennizzo previsto dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, il Collegio - in aggiunta a quanto già evidenziato in precedenza - rammenta che, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600; id., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1559), finanche in presenza di un’aggiudicazione provvisoria, in caso di revoca degli atti di gara non spetta l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990, perché la revoca va ad incidere su un provvedimento destinato ad essere superata dall’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento ad evidenza pubblica, e non su un provvedimento “ad effetti durevoli”, come previsto dalla disposizione dell’art. 21-quinquies, comma 1. In linea con tale giurisprudenza questo stesso Tribunale (T.R.G.A. Trento, 15 novembre 2016, n. 388), con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, ha precisato che, se tale conclusione si impone nel caso in cui sia già stato individuato l’aggiudicatario provvisorio, è tanto più valida laddove non sia stato neppure individuato il potenziale aggiudicatario.

Risulta allora evidente che la domanda in esame non può essere accolta in quanto l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata espressa la preferenza per il sistema della finanza di progetto.

23. Stante quanto precede, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di condanna dell’Amministrazione ad esibire la documentazione richiesta, mentre per il resto il ricorso deve essere in parte dichiarato inammissibile e in parte respinto perché infondato.

24. Tenuto conto sia dell’obiettiva delicatezza delle questioni trattate, sia della palese violazione del dovere di sinteticità degli atti difensionali da parte dell’Amministrazione resistente - in ragione del fatto che la memoria dalla stessa depositata in data 25 ottobre 2016 si compone di ben 73 pagine e quindi eccede i limiti dimensionali degli atti difensivi stabiliti con Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2015 (massimo 30 pagine per le memorie di merito e 10 pagine per le memorie di replica), in mancanza della prescritta autorizzazione al superamento dei predetti limiti - sussistono i presupposti per compensare le spese di lite con la società ricorrente. Nulla si deve invece disporre per le spese con riferimento ai controinteressati non costituiti in giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino - Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 179 del 2016, nonché sui motivi aggiunti in epigrafe indicati, in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo respinge perché infondato e dichiara la cessazione della materia del contendere in relazione alla domanda di condanna dell’Amministrazione ad esibire la documentazione richiesta.

Spese compensate tra le parti costituite. Nulla per le spese con riferimento ai controinteressati non costituiti in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Roberta Vigotti, Presidente

Carlo Polidori, Consigliere, Estensore

Paolo Devigili, Consigliere

 

 

 

Guida alla lettura

Il caso di specie trae origine da una pregressa vertenza relativa ad una procedura di finanza di progetto per la realizzazione di un polo ospedaliero. Il Consiglio di Stato con sentenza n. 5057/2014 aveva confermato la sentenza del T.R.G.A. Trento n. 30/2014 nella parte in cui aveva annullato il provvedimento di nomina della Commissione Tecnica e tutti gli atti di gara successivi e aveva in parte accolto l’appello dell’RTI ricorrente e, per l’effetto, riformato la predetta sentenza nella parte in cui ne aveva disposto l’esclusione dalla procedura.

L’amministrazione provinciale muovendo dal presupposto che la sentenza del Consiglio di Stato n. 5057/2016 consentisse di rinnovare la procedura di gara, oppure di procedere ad una nuova programmazione dell’opera si è determinata a revocare la predetta gara optando per la realizzazione del nuovo ospedale attraverso un appalto ordinario.

La ricorrente aveva quindi impugnato il provvedimento di revoca, e in via subordinata, per il caso in cui il provvedimento di revoca fosse ritenuto legittimo, aveva chiesto che fosse disposto in suo favore un indennizzo ai sensi dell’art. 21- quinquies della legge n. 241/1990.

Il Collegio, allineandosi al consolidato orientamento giurisprudenziale in relazione all’ampia discrezionalità riconosciuta all’Amministrazione in materia di revoca, ha respinto i motivi di ricorso sostenendo che “l’impugnata determinazione dirigenziale n. 37 del 2016 va ad incidere solo su un atto avente limitata valenza esterna, qual è la determinazione dirigenziale n. 365 del 2011, con la quale era stata autorizzata l’indizione della gara con il sistema della finanza di progetto. Difatti, secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, Sez. II, 29 luglio 2014, n. 2026), la determina a contrarre è un atto endoprocedimentale, di regola inidoneo a costituire in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato, perché la sua funzione attiene essenzialmente alla corretta assunzione di impegni di spesa da parte dell’Amministrazione”.

Il T.R.G.A. ha quindi ritenuto che le censure proposte, che sostanzialmente avevano ad oggetto le diverse motivazioni poste a fondamento della determinazione di revoca, non potessero essere accolte in quanto le articolate ragioni di carattere economico e gestionale che avevano condotto l’amministrazione resistente ad una nuova valutazione dell’interesse pubblico, non potevano ritenersi inficiate né da manifesta illogicità né da travisamenti di fatto.

La limitata valenza esterna dell’impugnata determina di revoca, nell’iter argomentativo dei giudici tridentini, risulta altresì dirimente in relazione alla domanda di condanna alla corresponsione dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinqueis della L. 241/1990 posto che “secondo una consolidata giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1600; id., Sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1559), finanche in presenza di un’aggiudicazione provvisoria, in caso di revoca degli atti di gara non spetta l’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies, comma 1, della legge n. 241/1990, perché la revoca va ad incidere su un provvedimento destinato ad essere superata dall’emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento ad evidenza pubblica, e non su un provvedimento “ad effetti durevoli”, come previsto dalla disposizione dell’art. 21-quinquies, comma 1. (…) se tale conclusione si impone nel caso in cui sia già stato individuato l’aggiudicatario provvisorio, è tanto più valida laddove non sia stato neppure individuato il potenziale aggiudicatario”.