Cons. Stato, Sez. III, 11 ottobre 2016 n. 4199

Il protrarsi delle operazioni di gara per lungo tempo non rende illegittima ex se la procedura di gara, perché, come afferma la costante giurisprudenza di questo Consiglio, il principio di continuità e di concentrazione delle operazioni non è di tale assolutezza e rigidità da determinare sempre e comunque, laddove vulnerato, l’illegittimità degli atti di gara; sebbene le garanzie di imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza dell’azione amministrativa postulino che le sedute di una commissione di gara debbano ispirarsi al principio di concentrazione e continuità, tale principio è infatti soltanto tendenziale ed è suscettibile di deroga, potendo verificarsi situazioni particolari che obiettivamente impediscono l’espletamento di tutte le operazioni in una sola seduta o in poche sedute ravvicinate.

Il lievitare dei costi del lavoro, conseguente alla variazione delle tabelle ministeriali – non costituenti comunque un parametro assoluto ed inderogabile e un indice tassativo di legittimità dell’offerta, ma un parametro valutativo di congruità di questa – non rende automaticamente anomale le offerte a suo tempo presentate, competendo alla stazione appaltante richiedere e accertare se esse siano ancora sostenibili economicamente, nonostante il tempo trascorso. E’ apodittica, conseguentemente, l’affermazione di un effetto distorsivo della concorrenza per l’effetto combinato del lievitare dei costi del lavoro e del lungo trascorrere del tempo, che avrebbero ‘tagliato fuori’ le offerte più convenienti per l’Amministrazione, senza l’analisi delle offerte rimaste in gara (1).

(1) Conforme Consiglio di Stato, Sez. III, 22 settembre 2016, n. 3923; Consiglio di Stato, Sez. V, 13 giugno 2016, n. 2524; Consiglio di Stato, Sez. III, 23 luglio 2015, n. 3649; Consiglio di Stato, Sez. III, 2 aprile 2015, n. 1743.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4988 del 2016, proposto da Diem s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Francesco Antonio Caputo (C.F. CPT FNC 64L27 D086A), con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Francesco Antonio Caputo in Roma, via Ugo Ojetti, n. 114;

contro

Euroservices s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alfredo Gualtieri C.F. (GLT LRD 49M10 C352P) e dall’Avvocato Demetrio Verbaro (C.F. VRB DTR 65S29 C352F), con domicilio eletto presso l’Avvocato Giuseppe Cosco nello studio Labate in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 88; Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, non costituita in giudizio;



 

sul ricorso numero di registro generale 5412 del 2016, proposto dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Angelo Colucci (C.F. CLC NGL 60D17 L049H) e dall’Avvocato Sandro Cretella (C.F. CRT SDR 81D13 D122T), con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Angelo Colucci in Roma, via Italo Carlo Falbo, n. 22;

contro

Euroservices s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alfredo Gualtieri (C.F. GLT LRD 49M10 C352P) e dall’Avvocato Demetrio Verbaro (C.F. VRB DTR 65S29 C352F), con domicilio eletto presso l’Avvocato Giuseppe Cosco nello Studio Labate in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 88;

nei confronti di

Diem s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato Francesco Antonio Caputo (C.F. CPT FNC 64L27 D086A), con domicilio eletto presso lo stesso Avvocato Francesco Antonio Caputo in Roma, via Ugo Ojetti, n. 114;

quanto al ricorso n. 5412 del 2016 e quanto al ricorso n. 4988 del 2016:

della sentenza breve del T.A.R. per la Calabria – Catanzaro, sezione I, n. 01035/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di pulizia, sanificazione e sanitizzazione dei Presidi ospedalieri dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro


 

visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione di Euroservices s.r.l. e di Diem s.r.l.;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

visti gli artt. 119, comma 5, e 120, commi 3 e 11, c.p.a.;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2016 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’appellante Diem s.r.l. l’Avvocato Francesco Antonio Caputo, per l’appellante Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro l’Avvocato Angelo Colucci e per l’appellata Euroservices s.r.l. l’Avvocato Demetrio Verbaro;

considerato che il procuratore di Diem s.r.l., l’Avvocato Francesco Antonio Caputo, ha dichiarato di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza;

visto il dispositivo di sentenza n. 4042 pubblicato lo scorso 30 settembre 2016;


 

FATTO e DIRITTO

1. In data 29 settembre 2011 l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro (di qui in avanti, per brevità, l’Azienda) ha pubblicato il bando per l’affidamento dell’appalto inerente al servizio di pulizia, sanificazione e sanitizzazione di Presidi ospedalieri e delle strutture territoriali dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro.

1.1. Euroservices s.r.l., odierna appellata, ha presentato la propria domanda di partecipazione – per quanto in questa sede rileva al lotto n. 2 – entro il termine previsto dal bando.

1.2. La procedura ad evidenza pubblica si è protratta per molti mesi sino a che, con le note del Presidente della Commissione del 10, 13 e 17 luglio 2015, è stato richiesto ai partecipanti – tra i quali l’odierna appellata – di confermare o meno la validità della propria offerta e di presentare una nuova polizza fideiussoria.

1.3. Euroservices s.r.l. ha replicato a tale richiesta sollecitando, con la nota del 20 luglio 2015, la revoca in autotutela del bando, essendo trascorso ogni ragionevole lasso di tempo per la conclusione del procedimento.

1.4. Il 20 agosto 2015 il Presidente della Commissione giudicatrice ha comunicato l’esclusione di Euroservice s.r.l. dal prosieguo delle operazioni di gara.

1.5. Euroservice s.r.l. ha impugnato tale comunicazione e il verbale n. 46 del 18 agosto 2015 della seduta della Commissione giudicatrice sotto un duplice profilo e, cioè, nella parte in cui ha disposto la sua esclusione dalla gara e nella parte in cui ha denegato l’annullamento in autotutela del bando di gara.

1.6. Con la sentenza n. 1553 del 9 ottobre 2015 il T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la società, non avendo ritenuto di confermare l’offerta illo tempore formulata, non aveva interesse ad impugnare il provvedimento con il quale l’Amministrazione aveva riconosciuto l’inefficacia della sua offerta, ma precisando, nel contempo, che la dichiarata inammissibilità del ricorso «non preclude ad Euroservices s.r.l. la possibilità di impugnare i provvedimenti che l’amministrazione intimata assumerà all’esito della procedura ad evidenza pubblica, laddove ritenga che l’eccessiva durata delle operazioni conduca alla loro illegittimità».

1.7. Il successivo 3 marzo 2016 l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, con nota prot. n. 87, ha comunicato a tutte le società partecipanti che, con la delibera n. 231 del 25 marzo 2016, essa aveva disposto l’aggiudicazione della gara in favore di Diem s.r.l., odierna appellante.

2. Euroservices s.r.l. ha quindi impugnato, nel presente giudizio, avanti al T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, l’aggiudicazione e tutti i presupposti atti della procedura di gara, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento, e ha dedotto a sostegno del suo ricorso due distinti motivi:

- la illegittimità della procedura a causa della eccessiva durata della stessa e dei mutamenti giuridici e di fatto intervenuti nel frattempo;

- la violazione del principio di continuità e di concentrazione e l’omessa indicazione delle modalità di conservazione dei plichi.

2.1. Nel primo grado di giudizio si sono costituite l’Azienda e l’aggiudicataria Diem s.r.l. per resistere al ricorso, eccependone l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza.

2.2. Con sentenza n. 1035 del 16 maggio 2016, il T.A.R. per la Calabria, sede di Catanzaro, ha accolto il ricorso, per l’effetto distorsivo della concorrenza prodotto, a suo giudizio, dal trascorrere del tempo in connessione con il naturale aumento dei costi del lavoro, comportante un aggravio vivo di costi per le imprese superiore ad € 55.000,00, ed ha annullato tutti gli atti impugnati, ad eccezione del contratto (non ancora concluso), disponendo altresì la trasmissione di copia della sentenza all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ai sensi dell’art. 1, comma 32-bis, della l. n. 190 del 2012, per la ritenuta «opacità nella condotta dell’amministrazione».

3. Avverso tale sentenza hanno proposto appello sia l’Azienda che Diem s.r.l., con separati ricorsi rubricati al R.G. n. 5412 del 2016 e al R.G. n. 4988 del 2016, che ne hanno chiesto, previa sospensione, la riforma, con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado.

3.1. In entrambi i giudizi si è costituita l’appellata Euroservices s.r.l. per resistere alle impugnazioni ex duabus partibus adversis proposte.

3.2. Con l’ordinanza n. 3158 del 29 luglio 2016, il Collegio, previa riunione delle istanze cautelari proposte da entrambe le appellanti ai sensi dell’art. 98 c.p.a., le ha accolte ai soli fini della sollecita trattazione della causa nel merito, fissata per la pubblica udienza del 29 settembre 2016.

3.3. Infine nella pubblica udienza del 29 settembre 2016 il Collegio, sentiti i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

4. Gli appelli, che devono essere previamente riuniti, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., in quanto proposti contro la stessa sentenza, sono entrambi fondati e devono essere accolti.

4.1. Ritiene il Collegio, in virtù del principio della ‘ragione più liquida’, di poter prescindere dalle preliminari eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità del ricorso proposto in primo grado da Euroservices s.r.l., articolate sotto molteplici profili dalle appellanti, per esaminarlo nel merito ed acclararne l’infondatezza, anche per una esigenza processuale connessa al preminente – per quanto non sempre assorbente – interesse pubblico, nel giudizio amministrativo, a verificare la legittimità dell’azione amministrativa, nel caso di specie stigmatizzata dal primo giudice, anche con l’invio della sentenza qui impugnata all’Autorità Nazionale Anticorruzione.

5. La sentenza impugnata, accogliendo il ricorso di primo grado, ha infatti osservato che l’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, prima di concludere la procedura ad evidenza pubblica, avrebbe dovuto valutare attentamente l’incidenza di tale evenienza sull’idoneità dell’aggiudicazione della gara, bandita cinque anni fa, a conseguire l’interesse pubblico perseguito con un equo contemperamento di quello dei privati.

5.1. L’Amministrazione, secondo il primo giudice, avrebbe dovuto tenere in debito conto dell’effetto distorsivo della concorrenza prodotto dal trascorrere del tempo in connessione con il naturale aumento dei costi, perché sarebbe evidente che «l’effetto combinato di tali due fenomeni è stato che molti offerenti – presumibilmente quelli che avevano formulato le proposte economicamente più favorevoli per l’amministrazione, divenute però insostenibili con il passare del tempo – non abbiano tenuto ferma la proposta» (p. 7 della sentenza impugnata).

6. La motivazione del primo giudice, così espressa, non è condivisibile.

6.1. La sentenza impugnata presta il fianco, infatti, a diversi rilievi che qui, per il dovere di sintesi previsto dal codice di rito (art. 3, comma 2, c.p.a.), si espongono qui per punti, in forma riassuntiva:

a) il protrarsi delle operazioni di gara per lungo tempo, anzitutto, non rende illegittima ex se la procedura di gara, perché, come afferma la costante giurisprudenza di questo Consiglio, il principio di continuità e di concentrazione delle operazioni non è di tale assolutezza e rigidità da determinare sempre e comunque, laddove vulnerato, l’illegittimità degli atti di gara, soprattutto allorquando, come nel caso di specie, la procedura, per la complessità delle operazioni valutative, per l’elevato numero dei concorrenti (inizialmente 29) o per altre obiettive circostanze di rilievo (tra le quali, nel caso di specie, anche l’attività svolta dall’Autorità Nazionale Anticorruzione: cfr. verbale n. 8 del 26 ottobre 2012), si protragga nel corso di numerose sedute (53, nel caso di specie);

b) sebbene le garanzie di imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza dell’azione amministrativa postulino che le sedute di una commissione di gara debbano ispirarsi al principio di concentrazione e continuità, tale principio è infatti soltanto tendenziale ed è suscettibile di deroga, potendo verificarsi situazioni particolari che obiettivamente impediscono l’espletamento di tutte le operazioni in una sola seduta o in poche sedute ravvicinate (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 23 luglio 2015, n. 3649);

c) quanto alle paventate conseguenze del notevole lasso di tempo intercorso in ordine alla regolarità della procedura, nella quale sarebbe mancata l’indicazione delle accortezze necessarie a consentire la conservazione dei plichi contenenti le offerte, va qui rilevato che, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, la mancata indicazione nei verbali di operazioni singolarmente svolte per la custodia delle buste, tra una seduta e la successiva, non costituisce ex se causa di illegittimità del procedimento, salvo che non sia provato - o siano quanto meno siano dalla ricorrente forniti adeguati e ragionevoli indizi, qui mancanti – che la documentazione di gara sia stata effettivamente manipolata negli intervalli tra un’operazione e l’altra (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257), dovendosi qui peraltro osservare che, nel caso di specie, molti verbali recano la dizione «le buste vengono affidate al segretario», del tutto sufficiente allo scopo in assenza dei suddetti ragionevoli indizi;

d) il lievitare dei costi del lavoro anche per l’importo ipotizzato di € 55.000,00, conseguente alla variazione delle tabelle ministeriali – non costituenti comunque un parametro assoluto ed inderogabile e un indice tassativo di legittimità dell’offerta, ma un parametro valutativo di congruità di questa (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 2 aprile 2015, n. 1743) – non rende automaticamente anomale le offerte a suo tempopresentate, competendo alla stazione appaltante richiedere e accertare se esse siano ancora sostenibili economicamente, nonostante il tempo trascorso, come è avvenuto nel caso di specie, ove 19 delle 29 imprese partecipanti, su espressa richiesta dell’Amministrazione, hanno confermato la propria offerta, sull’evidente presupposto di poterne sostenere i costi – anche quelli incrementati del lavoro – in rapporto ai benefici conseguibili dall’aggiudicazione della gara, pur dopo il lungo tempo trascorso;

e) non è corretto affermare che gli offerenti che non abbiano tenuto ferma la proposta siano coloro che «presumibilmente» avevano formulato le proposte economicamente più favorevoli per l’Amministrazione, divenute insostenibili negli anni, senza aver esaminato previamente e specificamente tali proposte, costituendo altrimenti tale argomentazione una mera congettura e, quindi, una petizione di principio non suffragata dal materiale probatorio raccolto in giudizio;

f) è apodittica, conseguentemente, l’affermazione di un effettivo distorsivo della concorrenza per l’effetto combinato del lievitare dei costi del lavoro e del lungo trascorrere del tempo, che avrebbero ‘tagliato fuori’ le offerte più convenienti per l’Amministrazione, senza l’analisi delle offerte rimaste in gara – 19, si ripete, su 29 – a cominciare da quella dell’aggiudicataria, la cui congruità non è stata in alcun modo contestata nel ricorso di primo grado, né valutata dal primo giudice.

g) l’«equo bilanciamento dell’interesse pubblico perseguito con quello dei privati», richiamato dalla sentenza qui in esame, compete all’Amministrazione, la cui valutazione ponderativa dei contrapposti interessi, pur soggetta al sindacato giurisdizionale di legittimità, non può essere censurata dal giudice amministrativo in base all’applicazione di principi pur in abstracto condivisibili – equità, giustizia, tutela della concorrenza, efficacia e convenienza, etc. – ma in concreto non verificati, perché non trovano motivata esplicazione e, comunque, adeguata dimostrazione negli atti di causa, con l’altrettanto immotivata conclusione di una presunta ‘opacità’ nella condotta dell’Amministrazione;

h) anche la contestata adeguatezza dell’appalto, bandito nel 2011, rispetto alle incrementate esigenze dell’Amministrazione, per il notevole aumento della struttura ospedaliera (pp. 14-16 della memoria difensiva depositata il 28 giugno 2016 dall’appellata Euroservices s.r.l.), non può che essere oggetto di una valutazione che compete all’apprezzamento tecnico-discrezionale dell’Amministrazione, censurabile solo nei limiti della manifesta irragionevolezza o del travisamento dei fatti, che qui non si ravvisano.

7. Ne segue che, per le ragioni sopra esposte, la sentenza impugnata deve essere riformata, in accoglimento degli appelli qui esaminati, con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado da Euroservices s.r.l.

8. La peculiare complessità tecnica del caso giustifica l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese inerenti al doppio grado di giudizio.

8.1. Euroservices s.r.l., attesa comunque la sua soccombenza, deve essere condannata a rimborsare alle appellanti il contributo unificato effettivamente versato da queste per la proposizione dei rispettivi gravami.

8.2. Rimane per lo stesso motivo definitivamente a carico di Euroservices s.r.l. il contributo unificato versato per la proposizione del ricorso in primo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti da Diem s.r.l. e dall’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro, previa loro riunione, li accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado da Euroservices s.r.l.

Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Condanna Euroservices s.r.l. a rimborsare in favore di Diem s.r.l. e dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Catanzaro il contributo unificato effettivamente corrisposto per la proposizione dei rispettivi gravami.

Pone definitivamente a carico di Euroservices s.r.l. il contributo unificato corrisposto per la proposizione del ricorso in primo grado.

Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2016, con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere, Estensore

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

 

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento, sollevando alcuni rilievi critici alla pronuncia di primo grado, ha il merito di affrontare una molteplicità di profili che, nell’ambito delle procedure di affidamento, assumono una valenza nient’affatto marginale. La linea sottile che interseca gran parte delle questioni esaminate dai Giudici della Terza Sezione è rappresentata dal fattore temporale e dalle ripercussioni che il relativo decorso, piuttosto prolungato nel caso di specie, esplica sull’evolversi della sequenza procedimentale.

In punto di fatto, nel 2011 una ASL provinciale pubblicava un bando per l’affidamento di un appalto di servizi da svolgere presso le varie strutture territoriali della medesima Azienda. La procedura ad evidenza pubblica si è protratta per molti mesi sino a che, nel luglio del 2015, è stato richiesto ai partecipanti di confermare o meno la validità della propria offerta. L’odierna appellata ha replicato a tale richiesta sollecitando la revoca in autotutela del bando, essendo trascorso ogni ragionevole lasso di tempo per la conclusione del procedimento; tuttavia, il rifiuto da parte della società di confermare la propria offerta originaria è sfociata in un successivo provvedimento di esclusione della stessa dalla gara. Nel frattempo la procedura è proseguita fino all’individuazione dell’impresa aggiudicataria, esito che la società esclusa, odierna appellata, ha contestato dinanzi al Tar, che ha accolto il ricorso. Le argomentazioni del Giudice di prime cure non sono state ritenute condivisibili dal Giudice d’appello che effettua una precisa confutazione articolata per punti, in ossequio al principio di sinteticità degli atti ex articolo 3, comma 2, c.p.a.

Nel dettaglio, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice territoriale, il protrarsi delle operazioni di gara non rende di per sé illegittima l’intera procedura di evidenza. Tale assunto è avallato dall’interpretazione fornita proprio dal Consiglio di Stato del principio di continuità e di concentrazione delle operazioni; quest’ultimo, infatti, non va inteso in maniera rigida ed assoluta, nel senso che una sua eventuale violazione non produce automaticamente l’illegittimità degli atti di gara, specie nelle procedure (come quella oggetto di appello) in cui l’interferenza di una serie di fattori complessi richieda lo svolgimento di numerose sedute che, di fatto, si traducono in una protrazione dei tempi necessari. Il principio anzidetto, dunque, assume un rilievo solo tendenziale ed è suscettibile di essere derogato in quelle “situazioni particolari che obiettivamente impediscono l’espletamento di tutte le operazioni in una sola seduta o in poche sedute ravvicinate(nel caso di specie un numero elevato di partecipanti, o la trasmissione degli atti all’ANAC).

Altra conseguenza derivante dal notevole decorso del tempo (ben cinque anni) sulla regolarità della procedura sarebbe, secondo l’appellata, la mancata indicazione delle accortezze necessarie a consentire la conservazione dei plichi contenenti le offerte. Anche per questo profilo il Collegio, allineandosi alle precedenti riflessioni pretorie, osserva che la mancata indicazione nei verbali di specifiche operazioni finalizzate alla custodia delle buste, non determina di per sé l’illegittimità del procedimento, salvo che non venga provata un’effettiva manipolazione della documentazione di gara tra una seduta e l’altra. Circostanza questa che non si rinviene nella fattispecie, ritenendosi sufficiente la presenza nei verbali della dizione “le buste vengono affidate al segretario”.

Ulteriore ricaduta sulla regolarità della gara viene altresì individuata nell’effetto combinato del lievitare dei costi del lavoro e del lungo trascorrere del tempo. Parimenti all’ottica assunta per gli aspetti precedenti, la Sezione rileva che l’aumento dei costi del lavoro, connesso alla variazione delle tabelle ministeriali, non rappresenta “un parametro assoluto ed inderogabile e un indice tassativo di legittimità dell’offerta, ma un parametro valutativo di congruità di questa”. In altri termini, le variazioni de quo non rendono automaticamente anomale le offerte a suo tempo presentate, poiché rientra nei compiti della stazione appaltante accertarsi se esse siano ancora economicamente sostenibili (come del resto accaduto nel caso in questione). Costituiscono, quindi, una mera congettura, secondo il Consiglio, due affermazioni del Tar: la prima secondo cui gli offerenti che non abbiano tenuto ferma la proposta siano coloro che «presumibilmente» avevano formulato le proposte economicamente più favorevoli per l’Amministrazione, divenute insostenibili negli anni; la seconda che si sia prodotto un effetto distorsivo della concorrenza a causa della combinazione tra l’aumento dei costi del lavoro e il decorso temporale, che avrebbe di fatto escluso le offerte più convenienti per la P.A.

Nelle riflessioni finali del percorso argomentativo poi i Giudici della Terza Sezione ridefiniscono i confini delle competenze spettanti all’Amministrazione, come “l’equo bilanciamento dell’interesse pubblico perseguito con quello dei privati” e l’adeguatezza dell’appalto rispetto alle incrementate esigenze pubbliche: si tratta invero di valutazioni che rientrano nell’apprezzamento tecnico-discrezionale della P.A., censurabile solo nei limiti della manifesta irragionevolezza o del travisamento dei fatti, che comunque non si ravvisano nella fattispecie.

In conclusione, nella lettura fornitane dal Consiglio di Stato, il decorso temporale non incide sic et simpliciter sulla regolarità delle operazioni di gara, né tantomeno si traduce in un’illegittimità dei relativi atti; viceversa, occorre effettuare una valutazione case by case circa la presenza di eventuali elementi di complessità che impediscano la conclusione della procedura di evidenza pubblica in tempi celeri.