sulla definizione dell’ambito soggettivo dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 e sullo svolgimento delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti ai sensi del d.p.r. 445/2000 mediante utilizzo del modello di DGUE.
Comunicato del Presidente del 26 ottobre 2016, depositato presso la segreteria del Consiglio in data 10 novembre 2016
Il commento di Angela Mauro
L’art. 80 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (di seguito, “Codice”) disciplina i motivi di esclusione dalle gare attinenti alla mancanza, in capo ai concorrenti, dei requisiti cd. di ordine generale, che il nostro ordinamento esige al fine di assicurare l’affidabilità morale e professionale degli operatori economici che stipulano contratti con la pubblica amministrazione. Con tale norma il legislatore italiano ha recepito l’art. 57 della direttiva 2014/24/UE, introducendo numerose novità rispetto al previgente quadro normativo, nel quale l’art. 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 era dedicato alla disciplina dei requisiti generali richiesti a pena di esclusione dalle gare.
Il citato art. 38 è senza dubbio una delle norme in materia di contrattualistica pubblica maggiormente interessate da pronunce giurisdizionali, che nel corso del tempo ne hanno via via chiarito e precisato il contenuto. Non dovrebbe sorprendere, quindi, che anche l’art. 80 del nuovo Codice sia oggetto di dubbi ermeneutici che, a pochi mesi dall’emanazione del Codice, hanno portato l’A.N.AC., chiamata a dare supporto alle stazioni appaltanti e a favorire le migliori pratiche (art. 213, comma 2, del Codice), a fornire con il Comunicato del Presidente del 26 ottobre 2016 alcune prime indicazioni di massima su questioni interpretative sollevate dagli operatori del settore in ordine alla disciplina contenuta nell’art. 80. L’Autorità ha evidenziato che detto Comunicato è volto a consentire il regolare svolgimento delle operazioni di gara nelle more dell’adozione di un atto a carattere generale. Ciò è certamente indicativo dell’avvertita necessità di un primo, tempestivo, intervento interpretativo, che non poteva attendere i tempi, inevitabilmente più lunghi, delle procedure per l’adozione di linee guida o determinazioni, che necessitano di preventiva consultazione del mercato e di analisi di impatto della regolazione, secondo quanto previsto dall’art. 213, comma 2, ultimo periodo, del Codice, secondo cui: “L'ANAC, per l'emanazione delle linee guida, si dota, nei modi previsti dal proprio ordinamento, di forme e metodi di consultazione, di analisi e di verifica dell'impatto della regolazione (…omissis…)”.
Sono quattro le questioni oggetto del citato Comunicato dell’A.N.AC. Tre di esse riguardano i motivi di esclusione di cui all’art. 80, comma 1 (condanne penali per uno dei reati indicati in tale comma) e all’art. 80, comma 2 (cause di decadenza, sospensione e divieto derivanti da misure di prevenzione ovvero il tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84 del D.lgs. n. 159/2011, “Codice Antimafia”). Precisamente, l’Autorità ha fornito indicazioni sull’ambito soggettivo di applicazione delle predette cause di esclusione e sulla modalità di dichiarazione, da parte del concorrente, dell’assenza delle medesime. La quarta problematica oggetto del Comunicato attiene, invece, a tutti i motivi di esclusione contemplati dall’art. 80, riguardando le modalità di verifica delle dichiarazioni rese dai concorrenti sull’assenza delle cause di esclusione, oltre che sulla presenza delle condizioni di partecipazione richieste dal bando di gara.
Passando all’esame puntuale delle indicazioni fornite dall’Authority, giova ricordare che i soggetti nei cui confronti opera la causa di esclusione concernente la presenza di condanne penali (art. 80, comma 1) sono individuati nel comma 3 dell’art. 80[1].
Rispetto a quanto previsto dal previgente art. 38 del D.lgs. 163/2006, le novità introdotte dalla nuova norma riguardano le società o consorzi diversi dalla società in nome collettivo e dalla società in accomandita semplice. In tali casi, infatti, è stato significativamente ampliato l’ambito soggettivo di rilevanza del requisito in parola, che è stato riferito non più solo agli «amministratori muniti di potere di rappresentanza» (oltre che al direttore tecnico o al socio unico persona fisica, ovvero al socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci) ma ai «membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico».
Ciò è avvenuto in conformità a quanto previsto dall’art. 57, par. 1, comma 2, della direttiva n. 2014/24/UE, a tenore del quale: “L’obbligo di escludere un operatore economico si applica anche nel caso in cui la persona condannata definitivamente è un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale operatore economico o è una persona ivi avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo”. L’unica differenza con la direttiva risiede nel fatto che il nuovo Codice continua ad annoverare tra i soggetti da controllare non gli amministratori, tout court, come fa la direttiva, ma solo quelli muniti di potere di rappresentanza.
Nel Comunicato del Presidente dell’A.N.AC. si evidenzia che sono sorti problemi interpretativi in relazione al riferimento, mutuato dalla direttiva europea, ai membri del consiglio «di direzione» o «di vigilanza», non essendo tali organi contemplati nella disciplina italiana dei modelli organizzativi delle società. Pertanto, l’Autorità ha ritenuto che, al fine di consentire l’applicazione della disposizione in esame, le indicazioni ivi contenute debbano essere interpretate avendo a riferimento i sistemi di amministrazione e controllo delle società di capitali disciplinati dal codice civile a seguito della riforma introdotta dal D.lgs. n. 6/2003 (sistema cd. “tradizionale” disciplinato agli artt. 2380-bis e ss. c.c.; sistema cd. “dualistico” disciplinato agli artt. 2409-octies e ss. c.c.; sistema cd. “monistico” di cui all’art. 2409-sexiesdecies, co. 1, c.c.).
Pertanto, la sussistenza del requisito di cui all’art. 80, comma 1, del Codice deve essere verificata in capo:
1) ai membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, nelle società con sistema di amministrazione tradizionale e monistico (Presidente del Consiglio di Amministrazione, Amministratore Unico, amministratori delegati anche se titolari di una delega limitata a determinate attività ma che per tali attività conferisca poteri di rappresentanza);
2) ai membri del collegio sindacale nelle società con sistema di amministrazione tradizionale e ai membri del comitato per il controllo sulla gestione nelle società con sistema di amministrazione monistico;
3) ai membri del consiglio di gestione e ai membri del consiglio di sorveglianza, nelle società con sistema di amministrazione dualistico.
L’Autorità fornisce, inoltre, indicazioni anche sull’interpretazione della seconda parte della norma, laddove fa riferimento alla sussistenza del requisito in capo ai «soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo». Al riguardo, si chiarisce che tali soggetti sono quelli che, benché non siano membri degli organi sociali di amministrazione e controllo (sopra indicati), risultino muniti di poteri di rappresentanza (come gli institori e i procuratori ad negotia), di direzione (come i dipendenti o i professionisti ai quali siano stati conferiti significativi poteri di direzione e gestione dell’impresa) o di controllo (come il revisore contabile e l’Organismo di Vigilanza di cui all’art. 6 del D. Lgs. n. 231/2001 cui sia affidato il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati). In ordine ai soggetti muniti di poteri di controllo, l’Autorità ritiene che, in caso di affidamento del controllo contabile a una società di revisione, la verifica del possesso del requisito di cui all’art. 80, comma 1, non deve essere condotta sui membri degli organi sociali della società di revisione, trattandosi di soggetto giuridico distinto dall’operatore economico concorrente cui vanno riferite le cause di esclusione.
Ciò, in coerenza con il principio secondo cui il possesso dei requisiti di cui all’art. 80, e in particolare di quelli di cui al comma 1, attiene alla legittimazione a contrarre del soggetto. La ratio sottesa alla norma è quella di assicurare la selezione di un operatore che sia moralmente affidabile; va da sé, pertanto, che le verifiche che rilevano sono solo quelle che attengono ai soggetti che con l’operatore economico hanno un rapporto di immedesimazione organica e come tale sono legittimati ad formare e manifestare la volontà dell’operatore ovvero a controllarne il processo di formazione in veste di organo interno, quale parte integrante, della struttura soggettiva dell’operatore. Ciò che, invece, non si verifica nel caso in cui la soggettività tra il soggetto controllato e il controllante sia distinta, in modo da non porsi alcun problema in ordine alla legittimazione a contrarre.
Con riferimento all’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 80, comma 2, del Codice, nel Comunicato in esame si evidenzia che la norma non individua i soggetti nei cui confronti opera la causa di esclusione attinente alla presenza di cause di decadenza, sospensione e divieto derivanti da misure di prevenzione o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 84 del Codice Antimafia. Pertanto, in assenza di specifiche indicazioni, l’Autorità ritiene che tale causa ostativa debba essere riferita ai soggetti che sono sottoposti alla verifica antimafia ai sensi dell’art. 85 del Codice Antimafia. D’altra parte il richiamo espresso al Codice Antimafia, il d.lgs. n. 159/2011, appare un’indicazione univoca circa l’intenzione del legislatore di riferirsi alla disciplina in esso contenuta, anche in ordine ai soggetti da sottoporre a verifica. Anche in questo caso, deve registrarsi un mutamento rispetto al previgente quadro normativo, nel quale tale ambito soggettivo, definito all’art. 38, comma 1, lett. b), del d.lgs. 163/06, coincideva con quello – più ristretto - delineato alla lett. c) del medesimo art. 38 per il requisito generale di assenza di condanne penali. Infatti, il Codice Antimafia, rispetto al vecchio art. 38, estende le verifiche antimafia ai sindaci e ai soggetti che svolgono i compiti di vigilanza ai sensi della legge 231/2001.
Tale interpretazione rende, quindi, più omogeneo l’ambito soggettivo di riferimento per le cause ostative di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80 (sebbene permangano alcuni disallineamenti; si pensi al caso in cui i requisiti debbano sussistere anche in capo al socio di maggioranza: per le condanne penali di cui al comma 1 dell’art. 80, il comma 3 del medesimo articolo fa riferimento al socio di maggioranza «in caso di società con meno di quattro soci», mentre per le cause ostative “antimafia”, l’art. 85, co. 2, lett. c), del Codice Antimafia fa riferimento al socio di maggioranza «in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro»).
Il nuovo art. 80, comma 2, tuttavia, reca un problema che difficilmente potrà essere risolto in via interpretativa. Esso rinvia ai fini dell’esclusione dalle gare alle cause ostative di cui all’art. 67 del Codice Antimafia, in tal modo ricomprendendo anche il comma 8, a tenore del quale gli stessi effetti ostativi della sospensione, decadenza o divieto, sono riconnessi alle sentenze anche non definitive, purché confermate in appello, per i reati di cui all’art. 51, comma 3-bis del c.p.p. Tali reati coincidono, sostanzialmente, con i reati richiamati dall’art. 80, comma 1, lett. a); ciò determina un’antinomia delle disposizioni, dal momento che quest’ultima disposizione considera cause di esclusione le sentenze di condanna in via definitiva per reati identici. In tali casi, una soluzione interpretativa potrebbe essere quella di considerare la norma dell’art. 80 in rapporto di specialità con le previsioni del Codice Antimafia, dovrà ritenersi prevalente il comma 1 del medesimo rispetto all’art. 67 ultimo comma e, pertanto, il riferimento espresso a quest’ultimo dovrà considerarsi limitato alle sole misure di prevenzione.
A fronte dell’ampliamento del numero di soggetti in capo ai quali devono sussistere i requisiti generali di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80, assume pregnante rilevanza anche il tema delle modalità di autocertificazione da parte delle imprese del possesso di tali requisiti. Infatti, aumenta parallelamente il numero delle dichiarazioni che devono essere rese e diventa ancor più rilevante se le stesse debbano essere prodotte personalmente dai soggetti indicati dalla norma o se il legale rappresentante possa rendere tali dichiarazioni per conto dei soggetti ai quali si riferiscono.
Sul punto, occorre rilevare che nel previgente quadro normativo l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 30 luglio 2014, n. 16) aveva ritenuto che per la dichiarazione di assenza delle condizioni ostative alla partecipazione alla gara non fosse necessaria né l’indicazione dettagliata della mancanza di ogni singola situazione ostativa prevista dalla norma, né la menzione nominativa di tutti i soggetti muniti di poteri rappresentativi dell’impresa cui si riferiscono i requisiti, quando questi ultimi possano essere agevolmente identificati mediante l’accesso a banche dati ufficiali o a registri pubblici.
Su tale questione, il Comunicato in commento rappresenta che il requisito di cui al comma 1, dell’art. 80 deve essere dichiarato dal legale rappresentante dell’impresa concorrente mediante utilizzo del modello di Documento di Gara Unico Europeo (DGUE) e che la dichiarazione deve essere riferita a tutti i soggetti indicati ai commi 2 e 3 dell’art. 80, senza prevedere l’indicazione del nominativo dei singoli soggetti.
L’art. 85 del Codice, infatti, prevede che le stazioni appaltanti accettino il suddetto DGUE, disciplinato all’art. 59 della dir. 2014/24/UE e recepito all’art. 85 del nuovo Codice, che costituisce un’autodichiarazione sul soddisfacimento delle condizioni di cui all’art. 80, 83 e 91 del Codice. Il DGUE costituisce una prova documentale preliminare in luogo dei pertinenti certificati la cui finalità semplificatrice è espressamente enunciata nel Considerando 84 della direttiva. Il legislatore europeo ha evidenziato, infatti, come uno degli ostacoli principali alla partecipazione agli appalti pubblici, soprattutto per le piccole e medie imprese, consista negli oneri amministrativi derivanti dalla necessità di produrre un considerevole numero di certificati o di altri documenti relativi ai criteri di esclusione e di selezione e che il DGUE potrebbe comportare una notevole semplificazione a vantaggio sia delle amministrazioni aggiudicatrici che degli operatori economici.
Detto DGUE è elaborato sulla base di un modello di formulario approvato dal Regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione del 5 gennaio 2016 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 3/16 del 6 gennaio 2016. Le istruzioni che accompagnano il citato Regolamento prevedono la facoltà degli Stati membri di adottare Linee guida recanti l’utilizzo del DGUE per spiegare, nel dettaglio, le norme del diritto nazionale rilevanti in materia. A tal fine, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha adottato, in data 18 luglio 2016, apposite Linee guida, pubblicate sulla GU – Serie generale - n. 174 del 27 luglio 2016, con l’intento di fornire alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori alcune prime indicazioni in ordine al corretto utilizzo del DGUE, corredate di uno schema di formulario adattato al nuovo Codice.
Ebbene, in tale formulario è prevista nella «Parte III: Motivi di esclusione», sezione «A: Motivi legati a condanne penali» una dichiarazione sull’assenza di tale causa ostativa riferita a tutti i soggetti di cui al comma 3, senza alcuna previsione di indicazione nominativa. Allo stesso modo, nella sezione «D: Altri motivi di esclusione eventualmente previsti dalla legislazione nazionale dello stato membro dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore» è prevista una dichiarazione dell’assenza del motivo di esclusione di cui al comma 2 dell’art. 80 «a carico dell’operatore economico».
Peraltro, laddove il DGUE ha voluto l’indicazione nominativa dei soggetti lo ha fatto espressamente, come nel caso della «Parte II: Informazioni sull'operatore economico», sezione «B: Informazioni sui rappresentanti dell'operatore economico», dove è chiarito che «Se pertinente, indicare nome e indirizzo delle persone abilitate ad agire come rappresentanti, ivi compresi procuratori e institori, dell'operatore economico ai fini della procedura di appalto in oggetto; se intervengono più legali rappresentanti ripetere tante volte quanto necessario».
Alla luce di quanto sopra, il Comunicato dell’A.N.AC. precisa che, nell’ottica di perseguire la semplificazione delle procedure di gara e la riduzione degli oneri amministrativi connessi allo svolgimento delle stesse, le stazioni appaltanti richiedono, alle imprese concorrenti, l’indicazione del nominativo dei soggetti di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 80 solo al momento della verifica delle dichiarazioni rese.
Se la possibilità riconosciuta al legale rappresentante dell’impresa di dichiarare il possesso dei requisiti in parola in capo a tutti i soggetti indicati al comma 3 dell’art. 80 (per le sentenze di condanne) e in capo all’operatore economico (per i requisiti antimafia) costituisce una rilevante semplificazione, dal momento che gli operatori economici non incontrano più la difficoltà di dover reperire, per ogni gara, tutti i soggetti interessati da tali requisiti al fine di ottenere le relative autocertificazioni, tuttavia, non deve trascurarsi che il soggetto firmatario del DGUE va incontro alla possibilità di applicazione delle sanzioni penali previste dall’articolo 76 del D.P.R. n. 445/2000 per le ipotesi di falsità in atti e dichiarazioni mendaci, nel caso in cui in fase di controllo non fosse riscontrata la sussistenza di uno dei requisiti dichiarati. Per tale ragione l’Autorità ha ritenuto di segnalare altresì agli operatori economici l’opportunità di adottare alcune cautele in grado di fornire adeguata tutela al soggetto dichiarante, come la preventiva acquisizione, indipendentemente da una specifica gara, delle autodichiarazioni sul possesso dei requisiti da parte di ciascuno dei soggetti individuati dalla norma, imponendo agli stessi l’onere di comunicare eventuali variazioni e prevedendone, comunque, una periodica rinnovazione.
Infine, il Comunicato in commento fornisce alcune indicazioni in ordine ai tempi e alle modalità delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti sul possesso dei requisiti di partecipazione, in considerazione dell’assenza di chiare disposizioni nel Codice. Al riguardo, l’Autorità ha ritenuto di poter ricavare indicazioni operative dal disposto dell’art. 85, comma 5, del Codice e dell’art. 71 del d.p.r. 445/2000 (richiamato dal DGUE).
Il comma 5 del citato art. 85 stabilisce che «La stazione appaltante può, altresì, chiedere agli offerenti e ai candidati, in qualsiasi momento nel corso della procedura, di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi, qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura. Prima dell'aggiudicazione dell'appalto, la stazione appaltante richiede all'offerente cui ha deciso di aggiudicare l'appalto, nonché all'impresa che la segue in graduatoria, tranne nel caso di appalti basati su accordi quadro se conclusi ai sensi dell'articolo 53, comma 3 o comma 4, lettera a), di presentare documenti complementari aggiornati conformemente all'articolo 86 e, se del caso, all'articolo 87. La stazione appaltante può invitare gli operatori economici a integrare i certificati richiesti ai sensi degli articoli 86 e 87». Tale disposizione riproduce in modo pressoché pedissequo l’art. 59, par. 4, della dir. 2014/24/UE. Ebbene, la norma in esame stabilisce espressamente l’obbligatorietà del controllo sul primo e secondo classificato da effettuarsi “prima dell’aggiudicazione dell’appalto” e attribuisce la facoltà di procedere in tal senso “in qualsiasi momento nel corso della procedura” qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura. Al riguardo, giova richiamare il considerando 84 della dir. 2014/24/UE laddove indica, in via esemplificativa, i casi in cui le stazioni appaltanti possono procedere a richiedere i documenti complementari “in corso di gara”, come nel caso di procedure in due fasi (procedure ristrette, procedure competitive con negoziazione, dialoghi competitivi e partenariati per l’innovazione), nelle quali le amministrazioni aggiudicatrici si avvalgono della possibilità di limitare il numero di candidati invitati a presentare un’offerta. In tale fattispecie, l’obbligo di presentare i documenti complementari al momento della selezione dei candidati da invitare potrebbe essere giustificato per evitare che le amministrazioni aggiudicatrici invitino candidati che poi non risultino in grado di presentare i documenti complementari nella fase di aggiudicazione, impedendo la partecipazione di candidati altrimenti qualificati.
Sulla base di tali disposizioni, l’Autorità ha affermato che, ferma restando l’obbligatorietà del controllo sul primo e secondo classificato da effettuarsi prima dell’aggiudicazione dell’appalto, nelle precedenti fasi della procedura, le stazioni appaltanti sono tenute a verificare i requisiti generali e speciali, anche ai sensi degli artt. 76, comma 3 e 83, comma 8, del Codice, sulla base delle autodichiarazioni presentate dai concorrenti, di cui è verificata la completezza e conformità a quanto prescritto dal bando. Si tratta, quindi, del controllo formale della correttezza dell’autodichiarazione (che – giova ricordarlo – è contenuta nel DGUE) mentre per il controllo della veridicità e sostanza di tali autodichiarazioni le stazioni appaltanti possono procedere anche a campione e in tutti i casi in cui si rendesse necessario per assicurare la correttezza della procedura, ivi compresa l’ipotesi in cui sorgano dubbi sulla veridicità delle stesse. Detta possibilità di verifica a campione è tratta dal richiamato art. 71 del d.p.r. 445/2000, rubricato “Modalità dei controlli”. Esso stabilisce al primo comma che «Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47». Deve ricordarsi, infatti, che, secondo il modello di DGUE adattato al Codice dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le dichiarazioni dei concorrenti sul possesso dei requisiti prescritti dal bando di gara sono rese ai sensi dell’art. 46 del predetto D.P.R. n. 445/2000 (v. la Parte VI del modello di DGUE).
Va da sé, pertanto, che anche il disposto di cui all’art. 29, comma 1, secondo periodo, che impone di pubblicare l’elenco dei soggetti ammessi alla gara e i provvedimenti di esclusione – per procedere alle relative impugnazioni entro 30 gg. (ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo) – all'esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali, deve essere inteso nel senso che le verifiche siano solo quelle relative alla regolarità delle dichiarazioni rese.
[1] Si tratta del titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; di un socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; dei soci accomandatari o del direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; dei membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso, l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri che vi sia stata completa ed effettiva dissociazione della condotta penalmente sanzionata.
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