Consiglio di Stato, Sez. V, 31 agosto 2016 n. 3746
In linea con la finalità tipica della cauzione provvisoria, consistente nel responsabilizzare i partecipanti a procedure di affidamento in ordine alle dichiarazioni rese e nel garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, la giurisprudenza è orientata nel senso che il suo incameramento è giustificato dal pregiudizio arrecato all’interesse della stazione appaltante di affidare il contratto posto a gara, e pertanto ogniqualvolta in quest’ultima si siano verificati comportamenti delle concorrenti tali da impedirne il perfezionamento, ancorché non sia stata ancora formalizzata l’aggiudicazione provvisoria. Pertanto, a fortiori l’incameramento della cauzione deve ritenersi legittimo nel caso di specie, in cui l’aggiudicazione provvisoria era già stata emessa in favore dell’odierna appellante.
Deve evidenziarsi che il comma 6 dell’art. 75, cod. contratti pubblici non accolla in modo indiscriminato alla concorrente il rischio di mancata sottoscrizione del contratto, ma richiede che tale evento sia ascrivibile al «fatto dell’affidatario», e quindi ad una condotta allo stesso imputabile. Ma sull’imputabilità all’odierna appellante circa la mancata conclusione del contratto oggetto della procedura di gara qui in contestazione non vi è alcun dubbio, atteso che la rinuncia è rimasta del tutto immotivata, al di là del generico richiamo a imprecisate “sopravvenienze aziendali”. Pertanto, del tutto è del tutto logico e coerente che le concorrenti si assumano le conseguenze negative sul piano economico per condotte ambigue e contraddittorie, come quella di presentare un’offerta, poi risultata la migliore all’esito della selezione concorsuale, per poi comunicare di volere rinunciare all’appalto, imponendo all’amministrazione di rivalutare i presupposti di convenienza sottesi alla stipula del contratto (1).
(1) Conforme Ad. Plen. 10 dicembre 2014, n. 34; Consiglio di Stato, Sez. III, 31 agosto 2016, n. 3755; Consiglio di Stato, Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3749; Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6302; Consiglio di Stato, sez. V, 11 novembre 2013, n. 1974.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 10534 del 2015, proposto dalla Sma Ristorazione s.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato Enrico Di Ienno, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, viale Mazzini 33;
contro
Comune di Ancona;
nei confronti di
Autorità nazionale Anticorruzione, rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
Hdi Assicurazione s.p.a.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE, SEZIONE I, n. 819/2015, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento in appalto del servizio di refezione scolastica comunale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti l’avvocato Enrico Di Jenno;
Sentito lo stesso ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Sma Ristorazione s.r.l. partecipava alla procedura di affidamento in appalto del servizio di ristorazione scolastica per il biennio 2014 – 2015 e 2015 – 2016, indetta dal Comune di Ancona con bando pubblicato il 12 giugno 2014. Dopo che l’offerta da essa presentata era risultata la migliore all’esito della selezione mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ed essere stata dichiarata perciò aggiudicataria provvisoria (verbale di gara in data 12 agosto 2014), la Sma Ristorazione comunicava al Comune di volere di rinunciare all’appalto per «sopravvenute problematiche aziendali» (nota del 19 agosto 2014). Preso atto di ciò, l’amministrazione dapprima revocava l’aggiudicazione provvisoria (determinazione n. 1282 del 28 agosto 2014) e quindi, su tale presupposto incamerava la cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 75, comma 6, cod. contratti pubblici ed inviava la segnalazione all’ANAC ai fini dell’annotazione del fatto nel casellario informatico (determinazione n. 1585 del 12 settembre 2014).
2. La successiva impugnativa della Sma Ristorazione contro il provvedimento in questione veniva respinta dal TAR Marche con la sentenza in epigrafe.
3. La Sma Ristorazione ha quindi proposto il presente appello, nel quale si è costituita con comparsa di forma l’Autorità nazionale anticorruzione.
DIRITTO
1. Nel primo motivo d’appello la Sma Ristorazione censura la sentenza impugnata per travisamento dei fatti di causa, per avere il TAR ritenuto che l’incameramento della cauzione sia avvenuto per difetto dei requisiti di ordine generale, mentre in realtà è pacifico che nessuna verifica di questi ultimi è mai stata effettuata dal Comune di Ancona.
2. Il motivo è inammissibile perché non devolve alla cognizione di questo giudice d’appello la verifica circa la legittimità degli atti impugnati in primo grado, sia pure attraverso l’enucleazione di censure specifiche ex art. 101, comma 1, cod. proc. amm. alla decisione appellata, ma rimane circoscritto alla motivazione con cui il TAR ha respinto il ricorso originario. E’ dunque applicabile la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato secondo cui le censure con cui si deduce la carente o illogica motivazione della sentenza appellata sono inammissibili, essendo destinate ad essere assorbite dall’effetto devolutivo dell’appello e dal potere correttivo del giudice di secondo grado rispetto ad errori logico-giuridici del giudice di primo grado che non abbiano inciso sulla correttezza della decisione finale (ex multis: Sez. III, 10 aprile 2012, n. 2057; Sez. IV, 12 novembre 2015, n. 5142, 21 settembre 2015, n. 4392; Sez. V, 28 luglio 2015, n. 3708; Sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3296, 27 aprile 2015, n. 2139, 9 aprile 2015, n. 1790).
3. Anche l’ulteriore censura contenuta nel motivo d’appello in esame, con la quale la Sma Ristorazione sostiene che la cauzione non potrebbe essere incamerata all’esito della verifica sul possesso dei requisiti ex art. 48 cod. contratti pubblici, trattandosi di procedura di affidamento di un appalto compreso nei servizi di cui all’allegato II B al citato codice, è inammissibile. La doglianza è stata infatti proposta solo con il presente appello, in spregio al divieto enunciato dall’art. 104, comma 1, cod. proc. amm.
In ogni caso, la stessa è manifestamente infondata, oltre che in contraddizione con quanto affermato in quello precedente, dal momento che nel caso di specie la cauzione è stata incamerata non in seguito al negativo accertamento dei requisiti di partecipazione alla gara, ma perché l’appellante ha dichiarato di «rinunciare alla gara» (così nella nota del 19 agosto 2014). L’ipotesi di cui la stazione appaltante ha fatto applicazione nel caso di specie è dunque quella contemplata dall’art. 75, comma 6, del codice “appalti”, la cui violazione è stata infatti dedotta dalla medesima Sma Ristorazione nel proprio ricorso davanti al TAR.
4. Con un’ulteriore censura la società sostiene che la disposizione ora citata, nel prevedere che la garanzia provvisoria copre la «mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario», riguarderebbe solo l’ipotesi in cui la gara sia stata definitivamente aggiudicata, e dunque non si applicherebbe quando in essa sia stata disposta la sola aggiudicazione provvisoria.
5. Sennonché questo Consiglio di Stato afferma al riguardo principi diversi.
In linea con la finalità tipica della cauzione provvisoria, consistente nel responsabilizzare i partecipanti a procedure di affidamento in ordine alle dichiarazioni rese e nel garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta (cfr. Ad. plen. 10 dicembre 2014, n. 34), la giurisprudenza è infatti orientata nel senso che il suo incameramento è giustificato dal pregiudizio arrecato all’interesse della stazione appaltante di affidare il contratto posto a gara, e pertanto ogniqualvolta in quest’ultima si siano verificati comportamenti delle concorrenti tali da impedirne il perfezionamento, ancorché non sia stata ancora formalizzata l’aggiudicazione provvisoria (Sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6302, citata dal Comune di Ancona nelle proprie difese davanti al TAR; nella medesima linea Sez. III, 29 luglio 2015, n. 3749). Pertanto, a fortiori l’incameramento della cauzione deve ritenersi legittimo nel caso di specie, in cui l’aggiudicazione provvisoria era già stata emessa in favore dell’odierna appellante (all’esito della selezione delle offerte, nel citato verbale di gara in data 12 agosto 2014).
6. Deve soggiungersi al riguardo che nella materia dei contratti pubblici come le stazioni appaltanti sono chiamate ad amministrare un diritto di rilevante complessità e soggiacciono ad un regime di particolare rigore per le illegittimità in esse commesse, nel quale non ha rilievo l’elemento della colpevolezza (Corte di giustizia Ue, 30 novembre 2011, C-314/09 Stadt Graz), così un livello di correlativa responsabilizzazione è esigibile dalle imprese che partecipano alle procedure di affidamento di tali contratti. Pertanto, del tutto è del tutto logico e coerente che le stesse si assumano le conseguenze negative sul piano economico per condotte ambigue e contraddittorie, come quella di presentare un’offerta, poi risultata la migliore all’esito della selezione concorsuale, per poi comunicare di volere rinunciare all’appalto, imponendo all’amministrazione di rivalutare i presupposti di convenienza sottesi alla stipula del contratto.
A questo riguardo, peraltro, deve evidenziarsi che il più volte citato comma 6 dell’art. 75, cod. contratti pubblici non accolla in modo indiscriminato alla concorrente il rischio di mancata sottoscrizione del contratto, ma richiede che tale evento sia ascrivibile al «fatto dell’affidatario», e quindi ad una condotta allo stesso imputabile. Ma sull’imputabilità alla Sma Ristorazione della mancata conclusione del contratto oggetto della procedura di gara qui in contestazione non vi è alcun dubbio, atteso che la rinuncia dell’odierna appellante è rimasta del tutto immotivata, al di là del generico richiamo a imprecisate sopravvenienze aziendali, di cui alla nota del 19 agosto 2014.
7. Nel motivo d’appello in esame si sottolinea infine che il rifiuto non ha arrecato alcun pregiudizio al regolare svolgimento della gara ed al tempestivo avvio del servizio, in virtù del fatto che, non appena ricevuta la comunicazione di rinuncia in questione, il Comune di Ancona ha provveduto contestualmente ad aggiudicare la gara alla concorrente che seguiva in graduatoria.
8. Anche questa censura non può tuttavia essere condivisa, perché la previsione normativa che pone la garanzia provvisoria a copertura del rischio di mancata stipula del contratto per fatto dell’affidatario ha una funzione preventiva di responsabilizzazione dei partecipanti alla gara, come sopra evidenziato, la quale prescinde dal concreto sviluppo successivo di questa ed in particolare dal fatto che ad essa la stazione appaltante vi abbia fatto fronte.
9. Passando quindi al secondo motivo d’appello, in esso la Sma Ristorazione censura la revoca dell’aggiudicazione provvisoria disposta in proprio favore (con determinazione n. 1482 del 28 agosto 2014, sopra citata), perché «nella fattispecie non vi era alcun provvedimento definitivo che arrecava vantaggi» (pag. 14 dell’appello), ed inoltre perché adottata senza previa comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990.
10. Il motivo è infondato.
Innanzitutto, al pari di ogni altra manifestazione provvedimentale di volontà dell’amministrazione l’aggiudicazione provvisoria è comunque suscettibile di revoca, ancorché si tratti di provvedimento ad effetti interinali. La revoca incide infatti sull’atto, nel senso del suo ritiro, e non già sugli effetti con esso prodottisi.
Per altro verso, in base alla pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi, il carattere meramente interinale e non conclusivo del procedimento di gara dell’aggiudicazione provvisoria comporta la non applicabilità delle garanzie partecipative tipiche del potere di autotutela di cui alla legge n. 241 del 1990 (solo per citare le più recenti pronunce espressive di questo indirizzo: Sez. III, 27 novembre 2014, n. 5877, 24 maggio 2013, n. 2838, 11 luglio 2012, n. 4116; Sez. V, 23 ottobre 2014, n. 5266, 28 dicembre 2011, n. 6951, 20 aprile 2012, n. 2338).
11. Infine, con il terzo motivo d’appello la Sma Ristorazione ripropone l’assunto secondo cui l’incameramento della garanzia provvisoria potrebbe essere disposto solo nei confronti della concorrente dichiarata aggiudicataria definitiva. A confutazione dello stesso è pertanto sufficiente richiamare le considerazioni già svolte in precedenza.
12. L’appello deve quindi essere respinto.
Le spese tra la società appellante e l’Autorità nazionale anticorruzione possono essere compensate, stante la costituzione di quest’ultima con mera comparsa di forma. Non vi è invece luogo a provvedere nei rapporti tra la prima e le altre appellate, poiché non costituitesi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di causa tra l’appellante e l’Autorità nazionale Anticorruzione e dichiara il non luogo a provvedere nei rapporti tra la medesima appellante e le parti non costituite.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Guida alla lettura
La pronuncia segnalata affronta il delicato tema delle sanzioni previste nel caso di mancato perfezionamento di un contratto pubblico derivante da un contegno ingiustificato di un concorrente. Nella specie, l’appellante, già dichiarata aggiudicataria provvisoria, contestava l’incameramento da parte della stazione appaltante della cauzione prestata a corredo dell’offerta, sulla base di un’interpretazione del tutto errata del disposto di cui al comma 6 dell’art. 75 del D. Lgs. n. 163/2006.
Ebbene, nel confutare la ricostruzione dell’affidataria, il Collegio - dopo aver ritenuto inammissibili alcune censure di natura prettamente processuale - fonda il proprio iter logico-giuridico sulla finalità sottesa all’istituto della cauzione provvisoria, allineandosi all’orientamento giurisprudenziale dominante formatosi sulla questione. Nel dettaglio, si osserva come la ratio di tale garanzia consiste “nel responsabilizzare i partecipanti a procedure di affidamento in ordine alle dichiarazioni rese e nel garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta”.
Orbene, al fine di assicurare tali scopi, un ruolo di assoluto rilievo è indubbiamente attribuito alla correttezza e alla serietà del comportamento del concorrente, tanto da spingere le riflessioni pretorie ad assimilare la funzione della cauzione provvisoria all’istituto della caparra confirmatoria, sottolineandone la correlazione con la violazione dell’obbligo di diligenza (comprensiva anche della buona fede) e dell’esatta produzione documentale nelle trattative precontrattuali cui ciascun operatore economico coinvolto è tenuto sin dalla fase di partecipazione e di presentazione delle offerte. In tale ottica, si è osservato in ambito giurisprudenziale che l’incameramento della cauzione rappresenta una liquidazione anticipata del danno subito dall’Amministrazione (sempre che non ne sia provato uno maggiore), a causa dell’inadempimento del concorrente a tale obbligo di serietà. Ne deriva, dunque, che l’escussione della garanzia si atteggia come conseguenza diretta e automatica del mancato adempimento del partecipante nei termini appena descritti (Cons. St, Sez. III, 31 agosto 2016, n. 3755; Cons. St, Sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2848; Tar Piemonte, Sez. I, 8 giungo 2010, n. 2721; Tar Lazio, Roma. Sez. III, 14 gennaio 2008, n. 184).
Tali esiti, cui la giurisprudenza è pervenuta per lo più nelle ipotesi di non veridicità delle dichiarazioni rese dall’impresa al momento della partecipazione alla gara, sono valide, a maggior ragione, nella fattispecie sottoposta al vaglio della Quinta Sezione. Invero, ad orientare il Giudice di secondo grado nel senso della reiezione dell’appello, è risultato determinante il comportamento tenuto dalla società dichiarata aggiudicataria provvisoria, la quale, essendosi limitata a comunicare l’esistenza di generiche “sopravvenienze aziendali”, ha di fatto ostacolato il perfezionamento del contratto. Detto altrimenti, il pregiudizio arrecato all’interesse della stazione appaltante di affidare il servizio di refezione scolastica, derivante esclusivamente dal contegno ingiustificato dell’appellante, legittima di per sé l’escussione della garanzia, a prescindere dalla circostanza che si sia pervenuti o meno alla formalizzazione dell’aggiudicazione provvisoria (circostanza peraltro verificatasi nel caso di specie).
In tal senso, prosegue il Collegio, lo stesso comma 6 dell’art. 75 del Codice del 2006, collegando la mancata sottoscrizione del contratto al “fatto dell’affidatario”, intende riferirsi ad una condotta allo stesso imputabile; imputabilità che, nella fattispecie in esame, è senza dubbio ascrivibile alla rinuncia del tutto immotivata dell’appellante. Inoltre, si osserva che a fronte di un regime piuttosto rigoroso applicabile nel caso di illegittimità commesse dalle stazioni appaltanti (da cui non sono esenti neppure le condotte colpevoli), in maniera del tutto speculare, si esige un elevato livello di responsabilizzazione da parte delle imprese che partecipano alle procedure di evidenza pubblica. Ne deriva che è perfettamente “logico e coerente che le concorrenti si assumano le conseguenze negative sul piano economico per condotte ambigue e contraddittorie”, come quelle verificatesi nel caso di specie.
In chiusura, è interessante segnalare come il nuovo Codice dei Contratti, il D. Lgs. n. 50 del 2016, abbia introdotto delle rilevanti novità al riguardo. In particolare, il testo cui ora si deve fare riferimento è l’art. 93, comma 6, che così recita: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l'aggiudicazione, per fatto dell'affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”.
Evidente, in primo luogo, è la rottura rispetto all’interpretazione giurisprudenziale sopra rammentata circa la legittimità dell’escussione della garanzia anche prima dell’aggiudicazione provvisoria; il Legislatore del 2016, infatti, inquadrando tale eventualità nel lasso temporale successivo all’aggiudicazione, esclude che l’incameramento possa essere antecedente a tale momento. Tale puntualizzazione, tuttavia, non dissipa i dubbi in merito alla natura provvisoria o definitiva dell’aggiudicazione cui ci si riferisce, lasciando spazio ad interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali in attesa di un futuro intervento legislativo correttivo.
Infine, ulteriore novità attiene alla connotazione soggettiva della condotta dell’affidatario, descritta in termini di “dolo o colpa grave”, così orientando l’interprete nel senso di un’estromissione di quei comportamenti riconducibili alla mera “colpa lieve”. A tal proposito si può osservare che, diversamente da quanto si è in precedenza ricordato circa la responsabilità delle stazioni appaltanti anche per i contegni meramente colpevoli (alla luce delle direttive della Corte di Giustizia 30 novembre 2011, C-314/09 Stadt Graz), la novella legislativa, circoscrivendo il novero delle condotte derivanti dal fatto dell’affidatario solo alle ipotesi di dolo e di colpa grave, effettua una scelta che, di fatto, si traduce in un vantaggio per l’impresa che abbia ottenuto l’aggiudicazione.