1. Inquadramento generale dell'istituto – 2. La verifica circa il possesso e il prestito effettivo dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento: il contratto di avvalimento – 3. L'avvalimento della certificazione di qualità
1. Inquadramento generale dell'istituto
L’istituto dell'avvalimento nasce in ambito europeo[1] con una precipua finalità pro concorrenziale, quale strumento atto favorire l’accesso alle gare anche ad aziende di nuova costituzione o, comunque, non ancora in grado di esprimere tutte le potenzialità richieste per la partecipazione a determinate procedure di affidamento di contratti pubblici.
Esso è, in particolare, finalizzato a soddisfare i requisiti strettamente connessi alla prova della capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale, nel senso che l'impresa ausiliata può far fronte alle proprie carenze, avvalendosi, per l'espletamento dell'appalto, dei requisiti posseduti dall'impresa ausiliaria. Si è di fronte ad un’eccezione alla regola generale per cui ciascun concorrente deve essere qualificato in proprio.
Al riguardo, è stato chiarito che la finalità dell’avvalimento non sarebbe “quella di arricchire la capacità (tecnica o economica che sia) del concorrente, ma quella di consentire a soggetti che ne siano privi di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti”[2], se e in quanto da questi integralmente e autonomamente posseduti, in coerenza con la normativa comunitaria sugli appalti pubblici che è volta in ogni sua parte a far sì che la massima concorrenza sia anche condizione per la più efficiente e sicura esecuzione degli appalti.
I principi in tema di avvalimento sono stati recepiti in ambito nazionale nel Codice dei contratti pubblici (artt. 49 e 50 del D.lgs. 163/06) e nelle sue successive evoluzioni (art. 89 del D.lgs. 50/2016).
La disciplina codicistica dell'istituto in parola ha una portata precettiva imperativa, tale per cui l'assenza nel bando di gara di una specifica disposizione che ammetta l'utilizzazione di requisiti di terzi è irrilevante, poiché il fondamento comunitario dell'istituto de quo e la sua estensione generale impone l'(etero)integrazione ex lege del bando stesso[3], consentendo così al concorrente di potervi ricorrere in ogni caso, a prescindere dalla prescrizioni della lex specialis.
In quest'ottica l’avvalimento rappresenta un modulo organizzativo dell’impresa[4], nel senso che a questa viene riconosciuta la possibilità di avvalersi di una pluralità di forme giuridiche di organizzazione della propria attività economica, non necessariamente tipizzate, anche nell’ambito degli appalti pubblici, purché dimostri l’idoneità alla materiale esecuzione del contratto pubblico
Nel bilanciamento degli interessi in gioco, a questa libertà organizzativa concessa all’operatore economico, fa da contrappeso il potere di verifica da parte della stazione appaltante circa l’effettività delle risorse di cui si avvale il soggetto ausiliato, esaminando l’avvalimento in concreto apprestato; tale verifica si perfeziona attraverso la produzione, da parte del soggetto interessato, di una serie di documenti dettagliatamente specificati in seno all’art. 49 del Dlgs n.163/2006, oggi abrogato e riformulato con la disciplina di cui all’art.89 del D.lgs.n.50/2016.
Fra gli atti fondamentali da analizzare, al fine di verificare l’effettiva idoneità tecnica del concorrente, riveste un'importanza cruciale il contratto tra l’impresa ausiliaria e l’impresa concorrente.
2. La verifica circa il possesso e il prestito effettivo dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento: il contratto di avvalimento
Il contratto di avvalimento non è surrogabile con le dichiarazioni rese in sede di gara dall’ausiliario e dall’ausiliato[5]. Si ritiene, altresì, non conforme al dettato normativo consentire la partecipazione di un concorrente che, pur utilizzando l’avvalimento al fine della qualificazione nella specifica gara, non produca il relativo contratto, la cui stipula sia rinviata ad un momento successivo rispetto alla presentazione dell’offerta.
Al contrario, deve ritenersi ammissibile il contratto che, pur presentando tutti gli elementi richiesti dal legislatore, sia sottoposto alla condizione che il concorrente risulti aggiudicatario della gara[6].
Nella versione originaria del nuovo Codice dei contratti pubblici era sparito il disposto dell’articolo 49 del D.lgs. n. 163/2006 che imponeva la presentazione di un contratto di avvalimento. Ne sarebbe derivato che il concorrente avrebbe potuto dimostrare in qualsiasi modo la disponibilità delle risorse dell’ausiliario.
Su questo aspetto è intervenuto il Consiglio di Stato in sede consultiva[7] sollecitando la reintroduzione della previsione di un contratto di avvalimento e rilevando che “....la lett. zz) della legge di delega impone un contenuto minimo necessario del contratto di avvalimento (che dovrà indicare “le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara, e rafforzando gli strumenti di verifica circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto di avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria nonché circa l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto”). E una siffatta verifica si renderà evidentemente possibile solo se sarà reso concretamente disponibile il contratto di avvalimento.”
Il Governo ha seguito l’avviso del Consiglio di Stato, reintroducendo il contratto di avvalimento. Così l’attuale primo comma dell’art. 89, prevede che “il concorrente allega.... alla domanda di partecipazione in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto.”
Il contratto di avvalimento continua, quindi, ad essere un imprescindibile strumento di prova circa il possesso e l'effettiva disponibilità e utilizzazione dei requisiti e delle risorse oggetto di prestito da parte dell'impresa ausiliaria. Per questi motivi il legislatore si preoccupa di disciplinarne i contenuti minimi.
Al riguardo, l'art. 88 del DPR 207/2010 prevede che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente”: a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati; b) durata; c) ogni altro utile elemento ai fini dell'avvalimento.
L’elemento centrale é dato dall’obbligo di indicare l’oggetto del contratto di avvalimento, vale a dire le risorse e i mezzi prestati, da elencare “in modo determinato e specifico.” La ratio della norma è quella di evitare il pericolo che l’avvalimento possa tradursi in una mera circolazione di requisiti, svincolata da qualsivoglia collegamento con le risorse sottostanti[8]. Diventa, in tal senso, fondamentale l'attenta verifica, da parte della stazione appaltante, della “prova dell’effettiva disponibilità delle risorse prestate.”
Sulla portata applicativa della citata disposizione normativa la giurisprudenza amministrativa è intervenuta a più riprese nel corso degli anni, chiarendo che elemento essenziale dell’istituto dell’avvalimento è la reale messa a disposizione delle risorse umane e dei beni strumentali occorrenti per la realizzazione delle prestazioni oggetto di gara. Assume valore risolutivo la prova del prestito effettivo delle dotazioni aziendali che assicurano la capacità dell’impresa ausiliata di eseguire la commessa.
Su questo presupposto la giurisprudenza maggioritaria ha escluso che la finalità perseguita dal legislatore fosse soddisfatta con il mero impegno assunto dall’impresa ausiliaria di prestare, “per tutta la durata dell’appalto, le risorse necessarie di cui è carente la concorrente”, occorrendo, piuttosto, procedere all'elencazione dettagliata dei fattori produttivi in modo da consentire alla stazione appaltante di conoscere la consistenza del complesso economico – finanziario e tecnico – organizzativo offerti in prestito dall’ausiliaria e di valutare la loro idoneità all’esecuzione dell’opera (del servizio o della fornitura)[9].
L'impresa ausiliaria non deve semplicemente impegnarsi a prestare il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto; essa è, invece, chiamata ad assumere l'obbligazione di mettere a disposizione dell'impresa ausiliata, in relazione all'esecuzione dell'appalto, le proprie risorse ed il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l'attribuzione del requisito di qualità e quindi, a seconda dei casi, mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti, in relazione all'oggetto dell'appalto.
Ne consegue che la mera utilizzazione della formula legislativa della messa a disposizione delle risorse necessarie di cui è carente il concorrente (o di simili espressioni) non integra contenutisticamente l’oggetto dell’avvalimento che in ragione di tale indeterminatezza finisce col non assolvere alla funzione attribuita all’istituto[10].
Se è vero, infatti, che l’istituto ha quale ratio quella di consentire la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica anche ad imprese che non essendo in possesso dei requisiti prescritti si avvalgano di quelli di altra impresa, non può restare nel vago l’oggetto del prestito che presuppone il possesso da parte dell’ausiliaria e la effettiva messa a disposizione delle risorse di cui l’ausiliata è carente a mezzo di un contratto che contenga gli elementi essenziali secondo la nozione civilistica del contratto, ovvero, quanto al contenuto, alla stregua dell’articolo 1346 c.c., un oggetto possibile, lecito, determinato o determinabile.
D’altra parte, il regolamento di attuazione dei contratti pubblici, all’articolo 88 (tuttora in vigore), laddove precisa che l’oggetto del contratto di avvalimento deve indicare le risorse e i mezzi prestati in modo specifico non fa che ribadire concetti acquisiti nell’ordinamento giuridico, con la conseguenza della inidoneità di un contratto di avvalimento a contenuto generico a svolgere la funzione negoziale propria[11].
I requisiti contenutistici del contratto di avvalimento sono, quindi, interpretati dalla giurisprudenza in maniera estremamente rigida. Si è in proposito affermato che la presenza di clausole generiche non costituisce un principio di prova e non può giustificare un soccorso istruttorio ex art. 46 del D.lgs. 163/2006 (sostituito dall’art. 83 del D.lgs. 50/2016), stante la tassatività della normativa innanzi richiamata, che prevede la precisa indicazione degli elementi aziendali concreti sui quali si fonderà l’avvalimento, con una scelta esplicita alla massima trasparenza ed ostensibilità del modus del collegamento imprenditoriale. In caso contrario, infatti, si giungerebbe all’incongruo risultato di favorire, quanto meno per l’utilizzo esteso del dovere di soccorso, dei soggetti che, qualora avessero partecipato in proprio, sarebbero stati direttamente esclusi per mancata documentazione dei requisiti[12].
Secondo l’orientamento prevalentemente seguito dalla giurisprudenza amministrativa, non è consentito alla stazione appaltante, in violazione della par condicio, supplire, attraverso l’applicazione dell’istituto del “soccorso istruttorio”, all'indispensabile requisito della determinatezza del contratto di avvalimento; invero, in generale, il soccorso istruttorio è volto solo a chiarire e a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti, non essendo invece applicabile quando in sede di gara si sia accertata la sostanziale carenza di un requisito essenziale per la partecipazione[13].
E ciò in quanto l'esclusione dell'impresa che abbia fatto ricorso all'avvalimento, producendo un contratto non contenente l’analitica e specifica elencazione delle risorse e dei mezzi in concreto prestati, non può essere evitata facendo applicazione dei principi in materia di soccorso istruttorio, ostandovi la nullità, per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto, dei contratti di avvalimento, ai sensi degli artt. 1418 e 1346 del codice civile, con conseguente impossibilità di integrare ex post i requisiti di partecipazione richiesti, a pena della violazione del principio della par condicio.
Infatti, il soccorso istruttorio, anche dopo l’ampliamento operato dal DL 90/2014, non potrebbe essere utilizzato con riferimento al contratto di avvalimento perché quest’ultimo, lungi dall’essere un documento da allegare alla domanda per dimostrare il possesso di un requisito, è il presupposto per la partecipazione alla gara fornendo all’avvalente il requisito mancante[14].
D’altro canto, anche l’Anac, con la determinazione n. 1 del 08.01.2015, nell’interpretare le novità introdotte ha affermato che il soccorso istruttorio ex d.l. 90/2014 “non può, in ogni caso, essere strumentalmente utilizzato per l’acquisizione, in gara, di un requisito o di una condizione di partecipazione, mancante alla scadenza del termine di presentazione dell’offerta”. Per l’Anac, la dichiarazione di avvalimento è “elemento costitutivo dei requisiti da possedersi, inderogabilmente, alla scadenza del termine perentorio di presentazione dell’offerta” e per tale ragione anche il contratto di avvalimento è “funzionale al possesso dei requisiti prescritti dal bando”. Il nuovo soccorso istruttorio, invece, potrebbe operare limitatamente all’ipotesi di mancata allegazione, per mera dimenticanza, del contratto che, in ogni caso, sia stato già siglato alla data di presentazione dell’offerta nonché nel caso di assenza degli altri adempimenti prescritti in ordine all’avvalimento.
3. L'avvalimento della certificazione di qualità
Abbiamo visto come, per la legge delega n. 11/2016, l’esigenza probatoria sottesa al contratto di avvalimento sia ancor più avvertita con riferimento ai casi in cui l’oggetto dell’avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità[15].
Invero non vi è uniformità di vedute fra gli interpreti sull’applicabilità dell’istituto in esame anche all'ipotesi sopra menzionata. Fanno sicuramente eccezione alla portata generale dell’avvalimento i requisiti strettamente personali, come quelli di carattere generale ai sensi dell'art. 80 del D.lgs. 50/2016 (c.d. requisiti di idoneità morale), così come quelli soggettivi di carattere personale (c.d. requisiti professionali). Tali requisiti, infatti, non sono attinenti all'impresa e ai mezzi di cui essa dispone e non sono intesi a garantire l'obiettiva qualità dell'adempimento; essi sono, invece, relativi alla mera e soggettiva idoneità professionale del concorrente — e quindi non dell'impresa ma dell'imprenditore — a partecipare alla gara d'appalto e ad essere contraente con la p.a.[16].
Su analoghi presupposti l’Anac ha ritenuto inammissibile l'avvalimento della certificazione di qualità, giacché questa non risulterebbe annoverabile tra i requisiti di capacità economico-finanziaria o tecnico-organizzativa dell'operatore economico, ma sarebbe, invece, riconducibile a quei requisiti che, pur non essendo elencati nell'art. 38 del Codice (sostituito dall’art. 80 del D.lgs. 50/2016), sono connotati da un'intrinseca natura “soggettiva”, in quanto acquisiti sulla base di elementi strettamente collegati alla capacità soggettiva dell'operatore e non scindibili da esso[17].
A parere dell’Autorità, la certificazione di qualità attesta che l'imprenditore opera in conformità a specifici standard internazionali afferenti alla qualità dei propri processi produttivi, ma non attiene anche al prodotto realizzato o al servizio o alla lavorazione resi. Nello specifico, "la certificazione di qualità esprime ed assicura la capacità di un operatore economico di organizzare i propri processi produttivi e le proprie risorse al fine di corrispondere, nel modo migliore, alle richieste della committenza e, più in generale, del mercato di riferimento. Pertanto, il rilascio di tale certificazione costituisce il traguardo di un percorso che vede impegnata l'intera struttura aziendale; ne deriva che proprio l'intima correlazione tra l'ottimale gestione dell'impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità rende la certificazione in questione un requisito connotato da un'implicita soggettività e, come tale, non cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall'intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità."[18]
Ancora più nel dettaglio, la certificazione costituisce il raggiungimento di un percorso articolato e complesso che vede impegnata l’intera struttura aziendale, dalle risorse umane ai processi aziendali, grazie al possesso di una “cultura” che deve permeare le attività quotidiane della specifica organizzazione. Il sistema di gestione aziendale è fatto su misura per le caratteristiche intrinseche di ogni organizzazione e pertanto è un requisito estremamente soggettivo, non esportabile, e tanto meno cedibile ad altre organizzazioni se disgiunto dall’intero complesso aziendale e dal contesto nel quale è stato sviluppato. Se non è cedibile il sistema di gestione non può, ovviamente, esserlo la certificazione, che non è nient’altro che l’evidenza che tale sistema è conforme ad una norma di riferimento [19].
Su identiche posizioni si è attestata una parte della giurisprudenza secondo cui “sul piano sostanziale […]la certificazione di qualità, diretta a garantire che un’impresa è in grado di svolgere la sua attività almeno secondo un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò preposto, è un requisito che deve essere posseduto da tutte le imprese chiamate a svolgere prestazioni tra loro fungibili.”.[20]
Secondo questa corrente di pensiero, la "qualità aziendale" non è un requisito trasmissibile attraverso l'avvalimento, in quanto costituisce una caratteristica dell'impresa che esegue l'appalto che, anche in caso di avvalimento, non può che essere quella che ha partecipato alla gara[21]. Proprio la stretta relazione che sussiste tra l'ottimale gestione dell'impresa nel suo complesso ed il riconoscimento della qualità rende tale certificazione un requisito connotato da un'implicita soggettività (anche se rientra fra i requisiti di ordine speciale e, più precisamente, tecnico-organizzativo) e come tale non cedibile ad altre imprese se disgiunta dall'intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità.
Su posizioni opposte a quelle appena delineate si attesta la prevalente giurisprudenza, secondo la quale l'avvalimento della certificazione di qualità sarebbe ammissibile sulla scorta di una serie di considerazioni.
Innanzitutto l'art. 49 del D.lgs. 163/2006 (sostituito dall'art. 89 del D.lgs. 50/2016) non pone alcuna limitazione all'avvalimento, se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale, ed è preclusa alle stazioni appaltanti la possibilità di operare restrizioni al suo utilizzo. Pertanto, dovrebbero essere insuscettibili di avvalimento i soli requisiti di onorabilità, moralità e professionalità intrinsecamente legati al soggetto e alla sua idoneità a porsi come valido e affidabile contraente per la pubblica amministrazione.
Più in chiaro, sul piano letterale il citato articolo 49 del codice dei contratti pubblici, nel disciplinare l’istituto dell’avvalimento, non contiene specifici divieti in ordine ai requisiti soggettivi che possono essere comprovati mediante tale strumento, che assume una portata generale. D’altra parte, è fuori discussione che, nell’ottica dell’ordinamento comunitario, l’avvalimento miri ad incentivare la concorrenza, nell’interesse delle imprese, agevolando l’ingresso nel mercato di nuovi soggetti: pertanto, deve essere evitata ogni lettura aprioristicamente restrittiva dell’ambito di operatività della nuova disciplina. In questa prospettiva, non persuade l’indirizzo interpretativo espresso dall’Anac, che ha affermato l’esistenza di un divieto assoluto e inderogabile di ricorrere all’avvalimento per dimostrare la disponibilità dei requisiti soggettivi di “qualità”[22].
La certificazione di qualità deve, peraltro, secondo questo indirizzo interpretativo, essere annoverata tra i requisiti speciali di carattere tecnico-organizzativo - che sono suscettibili di avvalimento - giacché l'attestazione ivi contenuta attiene al sistema gestionale dell'azienda e all'efficacia del suo processo operativo. Essa è volta a garantire la (oggettiva) qualità dell'adempimento e non solo la (pura e soggettiva) idoneità professionale del concorrente, per quanto questa sia strumentale alla prima, sicché appare erroneo ritenere che tale certificazione debba necessariamente far capo al solo concorrente e non possa, perciò, formare oggetto di avvalimento, tanto più che l'avvalimento è la regola e le sue limitazioni costituiscono l'eccezione.
In proposito si è rilevato che “la certificazione di qualità, essendo connotata dal precipuo fine di valorizzare gli elementi di eccellenza dell’organizzazione complessiva, è da considerarsi anch’essa requisito di idoneità tecnico organizzativa dell’impresa, da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrare la capacità tecnico professionale di un’impresa, assicurando che l’impresa cui sarà affidato il servizio o la fornitura sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto."[23]
A ciò si aggiunga che, nelle gare di appalto di lavori pubblici, è possibile ricorrere all'avvalimento per la certificazione SOA, che racchiude in sé il possesso della certificazione di qualità aziendale; ne consegue che escludere l'avvalimento per la detta certificazione di qualità nelle gare di appalto di servizi e forniture, determinerebbe un'illogica ed ingiustificata disparità di trattamento[24].
Una volta ammessa l’astratta operatività dell’avvalimento, non può essere trascurata l’evidente difficoltà “pratica” di dimostrare, in concreto, l’effettiva disponibilità di un requisito che, per le sue caratteristiche, è collegato all’intera organizzazione dell’impresa, alle sue procedure interne, al bagaglio delle conoscenze utilizzate nello svolgimento delle attività.
In questo contesto, è onere della concorrente dimostrare che l’impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a “prestare” il requisito soggettivo richiesto, quale mero valore astratto, ma assume l’obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità[25].
Nell’ambito della stessa prevalente linea interpretativa che ammette l’avvalimento delle certificazioni di qualità, si sostiene, quindi, che l’unico limite dell’istituto è e resta la condizione che l'avvalimento sia effettivo e non fittizio, non potendosi ammettere il c.d. "prestito" della sola certificazione di qualità quale mero documento e senza quel minimo d’apparato dell’ausiliaria atto a dar senso al prestito stesso, a seconda dei casi i mezzi, il personale, il know how, le prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti[26].
Sul punto, è stato in più occasioni chiarito dalla giurisprudenza che siffatta certificazione, in quanto
finalizzata ad assicurare l'espletamento del servizio o della fornitura secondo il livello qualitativo accertato dall’apposito organismo e sulla base di parametri rigorosi delineati a livello internazionale —che danno rilievo all'organizzazione complessiva della relativa attività ed all'intero svolgimento delle diverse fasi di lavoro—, non può essere oggetto di avvalimento senza la messa a disposizione di tutto o di quella parte del complesso aziendale del soggetto al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità, occorrente per l’effettuazione del servizio o della fornitura.
L’art. 49 del Dlg 163/2006 (sostituito dall’art. 89 del nuovo Codice), che non può non esser letto in coerenza con le corrispondenti disposizioni comunitarie, non tollera perciò limitazioni sull’an dell’istituto, pur imponendo, come d’altronde già prevede l’ordinamento generale, la serietà dell’impegno nel quid e nel quomodo dell’ausiliaria verso l’ausiliata, al fine di garantire l’effettività ai fini dell’adempimento dell’appalto. Tanto perché, com’è ovvio, nelle gare pubbliche, il requisito di ammissione dimostrato dall'impresa partecipante mediante l’avvalimento deve rassicurare la stazione appaltante circa l'affidabilità della futura offerta allo stesso modo in cui ciò avverrebbe se il requisito fosse posseduto in via diretta dalla partecipante alla gara[27].
Del resto, e più in generale, abbiamo visto come i giudici amministrativi siano concordi nel ritenere che elemento essenziale dell’istituto dell’avvalimento è la reale messa a disposizione delle risorse umane e dei beni strumentali occorrenti per la realizzazione delle prestazioni oggetto di gara.
Seguendo questa linea interpretativa il Consiglio di Stato è giunto a ritenere insufficiente, ai fini dell'avvalimento della certificazione del sistema di gestione della responsabilità sociale SA8000, la mera disponibilità dell’ausiliaria all'individuazione di un responsabile ed alla fornitura di un manuale di procedura[28]. Il riconoscimento all'ausiliata della possibilità di attingere da un manuale di regole, conservato da un responsabile tenuto ad illustrarlo, non può, infatti, concretizzare la messa a disposizione di un complesso di qualità aziendali da parte di altra ditta, ovvero di un intero requisito soggettivo di cui l’ausiliata non è provvista.
Tenuto conto che il sistema di gestione della responsabilità sociale deve riguardare una serie di otto parametri, tra cui la salute e la sicurezza sul lavoro, i provvedimenti disciplinari, la discriminazione e l’orario di lavoro, tutti sottoposti a regole complesse e differenti a seconda del singolo settore organizzativo, è comprensibile che vi siano standard differenti per ciascun settore e che essi vadano riadattati al singolo settore pertinente l’orgnizzazione dell'impresa, elemento che non può avvenire con il semplice rinvio fisso alle norme interne ad altra azienda e soprattutto con la consulenza di un solo dipendente dell’ausiliaria che non può essere credibilmente preposto alla gestione della responsabilità sociale per tutti gli otto parametri, dalle caratteristiche e dai fini che non possono fare capo ad un unico esperto, non potendosi competentemente da parte di una sola persona gestire campi come la salute e la sicurezza oppure la retribuzione.
L’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici non pare aver mutato i termini di un dibattito giurisprudenziale che è ormai maggiormente incentrato sui presupposti che devono corredare l’avvalimento della certificazione di qualità più che sull’astratta configurabilità dello stesso.
Non solo, infatti, non vi sono nella novella normativa indicazioni in senso contrario, ma una conferma dell’orientamento seguito dall’ormai prevalente giurisprudenza la si rinviene, lo abbiamo visto, nella legge delega n. 11/2016 che, alla lett. zz), prevede una revisione della disciplina vigente in materia di avvalimento, “nel rispetto dei princìpi dell’Unione europea e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia, imponendo che il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara.”
E' chiaro il riferimento della norma all'avvalimento della certificazione della qualità, così come è chiaro il richiamo ai principi affermati nella materia dalla giurisprudenza amministrativa e dal diritto comunitario.
Sotto quest'ultimo profilo, una interpretazione estensiva dell'istituto è sicuramente conforme alla normativa europea che ha sempre considerato l'avvalimento nella sua massima portata applicativa, in una chiave pro concorrenziale. Nelle intenzioni del legislatore comunitario l’istituto in questione contribuisce concretamente ad ampliare la concorrenza consentendo la partecipazione a operatori che, per le modeste dimensioni o per il loro recente ingresso nel mercato, non possiedono, individualmente considerati, tutti i requisiti richiesti dal bando. Le direttive valutano positivamente sia l’interesse dell’amministrazione a selezionare soggetti che in ragione dei requisiti posseduti (economico finanziari e tecnico professionali) possono adempiere correttamente gli impegni contrattuali, sia l’interesse generale a garantire l’ampliamento del mercato e della concorrenza.
Il recepimento dell'istituto in esame nel Codice del 2006 è stato, tuttavia, corredato da una serie di cautele per evitare che esso diventasse uno strumento di elusione delle regole di gara. Si voleva scongiurare il rischio della creazione di “avvalifici”, per consentire ad imprese inidonee (per dimensioni o per organizzazione imprenditoriale) la partecipazione alle gare e così frustrare l’interesse pubblico alla corretta e puntuale esecuzione del contratto, ovvero, nella peggiore delle ipotesi, della trasformazione dei concorrenti in “scatole vuote” o in “holding dai contorni oscuri”.
Tuttavia, va ricordato che alcune precauzioni usate dai compilatori del codice sono state eliminate proprio per evitare dubbi di compatibilità comunitaria. Il c.d. primo decreto correttivo, infatti, ha cancellato il divieto di sub-appalto in favore dell’impresa ausiliaria (art. 2, comma 1, lett. d), D.lgs. 26 gennaio 2007, n. 6) e il terzo correttivo ha soppresso il comma 7 dell’articolo 49 nella parte in cui stabiliva la possibilità per il bando di gara di prevedere che, in relazione alla natura o all’importo dell’appalto, le imprese partecipanti potessero avvalersi solo dei requisiti economici o dei requisiti tecnici, ovvero che l’avvalimento potesse integrare un preesistente requisito tecnico o economico già posseduto dall’impresa avvalente in misura o percentuale indicata nel bando stesso.
Di recente la Corte di Giustizia, nel pronunciarsi sulla compatibilità comunitaria del c.d. avvalimento plurimo ha stabilito che “gli articoli 47, paragrafo 2, e 48, paragrafo 3, della direttiva 2004/18/CE … devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale … la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese” (Corte di Giustizia UE, V, 10 ottobre 2013 C 94/12).
In conclusione, sembra piuttosto evidente il favor espresso dal legislatore e dai giudici europei verso l'avvalimento, sicché ogni interpretazione volta ad ampliarne lo spettro applicativo risulta conforme con il descritto quadro normativo e giurisprudenziale.
[1] Cfr. Corte di Giustizia Europea, sentenza del 14.04.1994, causa n.C-389/92; la sentenza del 02.12.1999 causa n.C-176/98. L'istituto ha trovato una sua prima sistemazione nell'ambito del diritto comunitario negli artt.47 e 48 della direttiva n.2004/18/CE.
[2] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 1589 del 17.03.2009; Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 5742 del 20.11.2008.
[3] Cfr. Tar Campania – Napoli sez. VIII, sentenza n. 10271 del 30.10.2007.
[4] Cfr. Anac, determinazione n. 2 del 01.08.2012 - cit.
[5] Sul punto cfr., ex plurimis, Tar Lombardia - Milano sez. I, sentenza n. 728 del 7.03.2012; Tar Lazio - Roma sez. III, sentenza n. 5477 del 4.6.2008; Anac, deliberazione n.182 del 20.10.2011; determinazione n. 2 del 01.08.2012 - cit.
[6] Cfr. Anac, determinazione n. 2 del 01.08.2012 - cit.
[7] Cfr. Consiglio di Stato - Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo 2016, parere n. 855/2016.
[8] Cfr. Anac, determinazione n. 2 del 01.08.2012 - cit.
[9] Cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3866 6.08.2015; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3771 del 01.08.2015; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3339 del 07.07.2015; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 873 del 23.02.2015; Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 662 del 9.02.2015; Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 3336 del 2.07.2014; Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 3058 del 17.06.2014.
[10] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 412 del 27.01.2014.
[11] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza 4507 del 28.09.2015.
[12] Cfr. Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 662 del 09.02.2015.
[13] Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 36052 del 01.07.2015, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 3198 del 24.06.2014; Tar Toscana - Firenze sez. I, sentenza n. 1197 del 15.07.2016; Tar Lombardia - Brescia sez. II, sentenza n. 1254 del 7.10.2015, Tar Sardegna sez. I, sentenza n. 1230 del 22.12.2015.
[14] Cfr. Tar Lombardia – Brescia sez. II, sentenza n. 1254 del 7.10.2015; Tar Lombardia – Milano sez. IV, sentenza n. 301 del 27.1.2015. La questione è stata rimessa alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con ordinanza n. 52 del 19.02.2016 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana. Nella detta ordinanza si dà atto di un minoritario orientamento giurisprudenziale, espresso dal Tar Campania – Napoli sez. I, sentenza n. 3670 del 10.07.2015, secondo cui l’articolo 46, comma 1 ter, codice contratti imporrebbe di utilizzare il soccorso istruttorio anche nei casi in cui la mancanza è relativa al contratto di avvalimento, essendo quest’ultimo destinato a fornire i c.d. requisiti speciali cui fa riferimento implicito il comma 1 ter più volte richiamato.
[15] In particolare la lett. zz) della legge di delega impone un contenuto minimo necessario del contratto di avvalimento (che dovrà indicare “le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara.
[16] Cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 2191 del 30.04.2015; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 4505 del 29.09.2015; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5595 del 5.11.2012; Tar Calabria – Catanzaro, sentenza n. 1703 del 24.10.2014; Tar Sicilia - Catania, sentenza n. 2503 del 24.10.2013; Tar Lazio sez. II, sentenza n. 10080 del 22.12.2011; Anac, determinazione n. 2 del 01.08.2012.
[17] Cfr. Anac, pareri n. 254 del 10.12.2008, n. 64 del 20.05.2009, n. 80 del 5.05.2011, n. 97 del 19.05.2011, n. 115 del 22.06.2011, n. 16 dell'8.02.2012, n. 47 del 21.03.2012; cfr. anche determinazione n. 2 del 01.08.2012 – cit.
[18] Cfr. anche determinazione n. 2 del 01.08.2012 – cit.
[19] Cfr. Accredia – l’Ente Italiano di Accreditamento - position paper per il comitato di indirizzo e garanzia avvalimento della certificazione e dell’accreditamento
[20] Cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 5695 del 19.11.2014; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 4668 del 25.7.2006; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 2756 del 30.5.2005; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 2569 del 13.5.2002; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5517 del 18.10.2001; Tar Lazio – Roma, sentenza n. 4130 del 24.04.2013, secondo cui: “l’art 49 Codice dei contratti pubblici stabilisce che tale istituto consente di “soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario tecnico, organizzativo, ovvero di attestazione della certificazione SOA” (oggetto degli artt. 40, 41 e 42), ma non di dimostrare il possesso della garanzia di qualità e le norme di gestione ambientale (disciplinate invece dagli artt. 43 e 44). Tale normativa è in linea con la disciplina comunitaria di cui agli artt. 47 e 48 della Direttiva 2004/18/CE, che ammettono la facoltà di ricorso all’avvalimento per i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, ma non anche per la garanzia della qualità e per la gestione ambientale (artt. 49 e 50 della Direttiva 2004/18/CE).”.
[21] Cfr. Tar Sicilia – Palermo sez. III, sentenza n. 2439 del 14.10.2014. Sempre il Tar Palermo aveva, tuttavia, in precedenti occasioni, affermato l'opposto principio secondo il quale “può farsi ricorso all'avvalimento per la certificazione di qualità, considerata l'ampia dizione dell'art. 49, d.lg. n. 163 del 2006 e la sua ratio da individuarsi nel massimo ampliamento dei partecipanti alla gara in ossequio al principio di concorrenza costituente il cardine della normativa in materia di appalti.” (Tar Sicilia – Palermo sez. I, sentenza n. 2347 del 03.12.2013), o ancora “è possibile il ricorso all'avvalimento per il possesso della certificazione ambientale (UNI EN ISO 14001:2004), perché questa al pari della certificazione di qualità è da considerarsi un requisito di idoneità tecnico organizzativa da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrare la capacità tecnico professionale di un'impresa, assicurando che l'impresa affidataria sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto.” (Tar Sicilia – Palermo sez. III, sentenza n. 1228 del 05.06.2013)
[22] Cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 2344 del 18.04.2011; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3066 del 23.05.2011; Tar Sardegna sez. I, sentenza n. 794 del 2012; Tar Campania – Napoli sez. I, sentenza n. 5371 del 2012, ivi; Tar Campania – Napoli sez. VIII, sentenza n. 4524 del 2013; Tar Campania – Napoli sez. VIII, sentenza n. 3560 del 26.06.2014; Tar Veneto sez. I, sentenza n. 765 del 2013.
[23] Cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3949 del 24.07.2014; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 1368 del 06.03.2013; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5408 del 23.10.2012; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3066 del 23.05.2011; Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 4958 del 03.10.2014; Consiglio di Stato sez. VI, sentenza n. 1459 del 22.03.2004.
[24] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5408 del 23.10.2012 – cit.
[25] Fra le tante cfr. Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 2344 del 18.04.2011.
[26] Cfr. così, Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3574 dell’11.07.2014. Al riguardo cfr. anche due recentissime sentenze, rispettivamente, del Tar Emilia-Romagna – Bologna sez. II, la n. 334 del 22.03.2016, e del Tar Toscana – Firenze, la n. 92 del 18.01.2016, secondo cui “il requisito soggettivo di qualità può essere oggetto di avvalimento, purchè l'impresa ausiliaria assuma l'impegno di mettere a disposizione dell'impresa ausiliata non la certificazione di cui dispone, ma le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in termini di mezzi, personale e di ogni altro elemento aziendale qualificante per l'acquisto della certificazione medesima, in modo che l'avvalimento non si risolva nel prestito di un valore meramente cartolare”.
[27] Fra le tante cfr. Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 3517 del 14.07.2015.
[28] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5922 del 01/12/2014.