Tar Puglia – Lecce sez. I, sentenza n. 1021 23/06/2016
E' illegittima l'esclusione di un'impresa da una gara sul presupposto del grave errore professionale commesso in occasione di un precedente appalto, laddove la presunta negligenza sia stata contestata in giudizio e l'affidabilità della ditta esclusa sia attestata dal certificato di regolare esecuzione del servizio rilasciato da altri enti.
- omissis -
Sieco Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Vito Aurelio Pappalepore, con domicilio eletto presso Antonio Pacifico Nichil in Lecce, viale Leopardi, 151;
contro
Unione dei Comuni Montedoro; Comune di San Giorgio Ionico, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Misserini, con domicilio eletto presso Agnese Caprioli in Lecce, Via Luigi Scarambone, 56;
per l'annullamento
del provvedimento di esclusione dalla procedura negoziata per l'affidamento del servizio di igiene urbana, disposto con verbale dell'11/12/2015, comunicato con nota prot. n. 0015966 del 15/12/2015;di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compreso il provvedimento implicito con il quale l'Amministrazione comunale ha mantenuto ferma tale statuizione pur a fronte di istanza ex art. 243 bis, D. Lgs. n. 163/2006, nonché il verbale dell'11/12/2015, la nota del 15/12/2015 e la lex specialis, se ed in quanto lesiva, nonché il provvedimento di approvazione degli atti relativi alla procedura negoziata.
- omissis -
FATTO e DIRITTO
1. È impugnata la nota in epigrafe, di esclusione della ricorrente dalla gara per l’affidamento del servizio di igiene urbana all’interno dell’Unione dei Comuni di Montedoro.
A sostegno del ricorso, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: violazione degli artt. 3, 7, 8 e 10 l. n. 241/90; violazione dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06; eccesso di potere per errore, contraddittorietà, disparità di trattamento.
Nella camera di consiglio del 27.1.2016 è stata accolta la domanda di tutela cautelare.
All’udienza del 4.5.2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Con i vari motivi di gravame, che possono essere trattati congiuntamente, per comunanza delle relative censure, deduce la ricorrente l’illegittimità dell’atto impugnato, per avere l’Amministrazione escluso la prima della gara sulla base di presupposti – la sussistenza di gravi errori nell’esercizio dell’attività professionale, ai sensi dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06 – non rispondenti all’obiettiva realtà fattuale.
Le censura è fondata.
2.1. Ai sensi dell’art. 38 co. 1 lett. f) cod. appalti, sono esclusi dalla partecipazione alla procedura di affidamento gli operatori economici: “che secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
2.2. Tanto premesso, si legge nell’impugnato provvedimento che la ricorrente è stata esclusa dalla partecipazione alla gara in esame per asserite inadempienze riscontrate in relazione a servizi analoghi resi dalla ricorrente nei confronti dei Comuni di Vico del Gargano e di Afragola.
Senonché, vi sono in atti attestazioni di regolare espletamento del servizio oggetto di appalto rilasciate dai Comuni di Lizzano, Catanzaro e Squillace, per periodi assai prossimi a quello attuale, e sotto altro profilo, vi è contestazione delle inadempienze riscontrate dai Comuni di Vico del Gargano e Afragola (inadempienze poste a base dell’impugnata esclusione), con instaurazione, da parte della ricorrente, dei relativi giudizi, tuttora pendenti.
Alla luce dei tali emergenze documentali, è evidente l’illegittimità dell’impugnato provvedimento, avendo l’Amministrazione posto a base dell’impugnata esclusione presunte gravi negligenze della ricorrente nell’esecuzione di altri appalti, ben lungi dall’essere provate, senza operare alcuna verifica circa l’entità delle stesse e le giustificazioni addotte dalla ricorrente, e soprattutto, senza effettuare alcuna comparazione con altra documentazione – certificato di regolare esecuzione del servizio rilasciato dal Comune di Catanzaro per periodo prossimo a quello in esame – parimenti riguardante la diligenza della ricorrente nell’espletamento del servizio affidato.
3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è fondato. Ne consegue l’annullamento dell’atto impugnato. Spese secondo soccombenza.
- omissis -
Guida alla lettura
Il caso
Nella sentenza in rassegna la prima sezione del Tar Lecce si occupa della fattispecie, di controversa applicazione, di cui all'art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. 163/2006 (sostituito dall'art. 80, comma 5, lett. c) del vigente Codice).
Oggetto del giudizio è la contestata legittimità del provvedimento di esclusione di un'impresa da una gara per l'affidamento del servizio di igiene urbana adottato sul rilievo della ritenuta inaffidabilità dell'impresa medesima, desunta dalle presunte irregolarità commesse nell'esecuzione di precedenti appalti.
Inquadramento della fattispecie
L'art. 38, comma 1, lett. f, D.lgs. n. 163/2006 sancisce l'esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche per i soggetti i quali, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, abbiano commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dall’amministrazione che bandisce la gara, o che abbiano commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato attraverso qualsiasi mezzo probatorio.
L'esclusione dalla gara d'appalto si fonda sulla necessità di garantire l'elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della p.a. fin dal momento genetico. La fattispecie normativa è stata introdotta dal Codice dei contratti pubblici all'evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di valutare globalmente l'affidabilità di un'impresa, e pertanto, essa non configura un'ipotesi di incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, poiché la decisione di qualificare un episodio della storia professionale dell'impresa come grave errore professionale è assistita, per univoco orientamento giurisprudenziale, da ampia discrezionalità di apprezzamento, fermo restando che la nozione di “errore nell'esercizio dell'attività professionale” include qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell'operatore economico, compresi i casi di esecuzione non corretta, imprecisa o carente di un contratto o di una parte di esso[1].
In quest'ottica, è necessario procedere ad una interpretazione costituzionalmente orientata della richiamata disposizione, in quanto il provvedimento di esclusione va adottato dalla stazione appaltante realizzando un giusto contemperamento tra il principio di “buona amministrazione” (art. 97 Cost.) e di “libera iniziativa privata” (art. 41 Cost.)[2]. In particolare, ai fini della tutela del diritto di iniziativa privata economica, sancita dalla nostra Carta costituzionale, occorre impedire che l'applicazione dell'articolo 38, comma 1, lettera f) si traduca, di fatto, nella espulsione definitiva dell'operatore economico privato dal mercato dei pubblici appalti, ossia la sua esclusione da ogni futuro rapporto contrattuale che l'Amministrazione (complessivamente intesa) intenderà costituire, attraverso la strumentalizzazione del concetto di deficit di fiducia[3].
I limiti alla discrezionalità della stazione appaltante
Questa continua tensione fra i due contrapposti interessi e la ininterrotta ricerca di una sintesi sono alla base dei ripetuti interventi dei giudici amministrativi volti a perimetrare l'alveo della discrezionalità amministrativa in subiecta materia.
Sul punto è stato costantemente affermato il principio secondo cui la sussistenza delle situazioni ostative individuate dalla disposizione normativa in esame è desumibile da qualsiasi mezzo di prova, ponendosi la relativa causa di esclusione a presidio dell'elemento fiduciario destinato a caratterizzare i contratti di appalto pubblico, ove il comportamento tenuto in altri rapporti contrattuali dal soggetto partecipante alla selezione sia valutato negativamente dalla amministrazione con provvedimento adeguatamente motivato e soggetto al sindacato del giudice amministrativo nei soli limiti della manifesta illogicità, della chiara irrazionalità o del determinante errore fattuale[4].
In presenza di una ragionevole scelta legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell'impresa, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto deve prendere atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell'affidamento nel pregresso e/o futuro contraente.
Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall'appaltante come ragioni del rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa[5].
In talune pronunce l'ambito della discrezionalità amministrativa della stazione appaltante è stato ampliato al punto da riconoscere che la valutazione di gravità sottesa all’esclusione dalla gara della ditta che sia incorsa in grave negligenza o malafede nell'esecuzione dell’appalto, possa essere esternata con il mero richiamo per relationem al provvedimento con cui, in altro rapporto contrattuale, il comune abbia provveduto alla risoluzione per inadempimento[6].
Secondo questa tesi non assume alcun rilievo la mancanza di una espressa valutazione di gravità, atteso che essa è pacificamente contenuta nell’atto richiamato, in cui è già accertata la grave inadempienza.
La legge, quindi, pone una necessaria intermediazione tra la notizia d'una serie di reali e sostanziose carenze di professionalità, emergenti dal passato aziendale circa rapporti contrattuali pregressi, e l'assunzione della misura espulsiva. Tal giudizio si sostanzia non già (o non solamente) nella nozione jure civili d'inadempimento ex art. 1218 c.c.[7], bensì nella valutazione (al contempo discrezionale e complessiva) circa l'attuale inaffidabilità (che è cosa ben diversa dalla capacità), come dedotta dalle ed a causa delle precedenti vicende, dell'impresa a realizzare in concreto l'appalto.
Non basta, quindi, sussumere la mera circostanza della risoluzione d'un precedente appalto. Occorre piuttosto leggere l'eventuale inaffidabilità dell'impresa così attinta nel complesso della fattispecie che l'ha riguardata.
Al fine di consentire alla stazione appaltante un pieno e corretto esercizio dell'ampio potere discrezionale ad essa riconosciuto dalla norma, occorre che le imprese partecipanti alla gara dichiarino l’eventuale risoluzione in danno di un contratto d’appalto stipulato in precedenza[8].
L’art. 38, primo comma, lett. f), del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, infatti, demanda alla stazione appaltante la valutazione circa il rilievo dell’errore professionale compiuto dall’impresa che aspira alla stipula del contratto, in modo da accertarne l’affidabilità professionale mediante un apprezzamento necessariamente discrezionale.
L'impresa partecipante alla gara deve presentare una dichiarazione esauriente, che permetta all'amministrazione una valutazione informata sulla sua affidabilità. Eventuali elementi giustificativi, ovvero escludenti in concreto l’imputabilità della risoluzione all’appellata, devono essere da questa rappresentati alla stazione appaltante in vista dell’esercizio dei suoi poteri discrezionali.
Il caso in cui la grave irregolarità contestata sia sub iudice
Secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa, a nulla rileva il fatto che l'impresa esclusa abbia contestato gli inadempimenti che le sono stati imputati proponendo ricorso avverso il relativo provvedimento di risoluzione contrattuale, atteso che, come già innanzi osservato, l’errore grave può essere acclarato “con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante” e che “non occorre che l’errore professionale sia stato accertato e riconosciuto con una pronuncia giudiziale passata in giudicato, essendo al contrario sufficiente l’apprezzamento compiuto dalla stessa Amministrazione”[9].
L'esclusione dalla gara d'appalto, prevista dall'art. 38 lett. f), d.lg. 12 aprile 2006 n. 163 non ha valenza sanzionatoria, fondandosi esclusivamente sulla necessità di garantire l'elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della p.a. fin dal momento genetico; per conseguenza, ai fini dell'esclusione di un concorrente non è necessario un accertamento della responsabilità per l'inadempimento relativo ad un precedente rapporto contrattuale, quale sarebbe richiesto per l'esercizio di un potere sanzionatorio, ma è sufficiente una motivata valutazione dell' amministrazione in ordine alla grave negligenza o malafede nell'esercizio delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, che abbia fatto venir meno la fiducia nell'impresa[10]; né rileva che la risoluzione del contratto sia "sub iudice", poiché ciò che giustifica la scelta di esclusione è l'imperizia emersa nel corso dell'attività professionale, che a sua volta ha leso quel rapporto di fiducia nella capacità professionale dell'impresa[11].
Diversamente da altre fattispecie, laddove il legislatore ha richiesto la definitività degli accertamenti in sede amministrativa o giurisdizionale, in riferimento al requisito dell'affidabilità professionale, al fine di salvaguardare l'elemento fiduciario, è sufficiente la sola contestazione unilaterale della stazione appaltante[12].
La ratio di questo orientamento è chiarissima ed attiene alla inconciliabilità del concetto di accertamento definitivo della violazione, riferito alle ipotesi di valutazione di inidoneità professionale dell’operatore economico, con gli obblighi di celerità della procedura di gara e con il fine pubblico che la Stazione appaltante, per il tramite della gara indetta, intende assolvere (il soddisfacimento dell’interesse della collettività); in tal senso, a titolo meramente esemplificativo, basti pensare alle ipotesi di contestazione giudiziale dei provvedimenti di risoluzione contrattuale che si traducano in indefiniti, ancorché magari infondati, giudizi pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie finalizzati, esclusivamente, alla volontà di non rendere definitivo un accertamento di inidoneità professionale che, però, esiste sin dal momento della partecipazione alla gara e che non appare suscettibile di riabilitazione.
Detto in altri termini, ove si ritenesse non operante la causa di esclusione in argomento rispetto alle infrazioni non definitivamente accertate in giudizio, la stazione appaltante sarebbe obbligata, nelle more dell'accertamento giudiziale, a contrarre con soggetti nei cui confronti non nutre fiducia, giungendo, quindi, ad un “risultato paradossale.”[13]
In applicazione dei delineati criteri ermeneutici i giudici amministrativi hanno a più riprese affermato l’ulteriore principio secondo cui la semplice pendenza di un procedimento penale per fatti di inadempimento imputati ad un'impresa con riferimento ad un precedente contratto, ne giustifica l'esclusione da una gara ex art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. 163/2006[14].
Non rileva che i fatti valutati dall’amministrazione per addivenire alla decisione di rilevare grave negligenza o malafede nell’esercizio di un precedente rapporto contrattuale tra le parti, se oggetto di indagine penale, siano sub iudice, né che non siano stati oggetto di condanna, poiché ciò che giustifica la scelta di esclusione è solo l'imperizia emersa nel corso dell'attività professionale, che a sua volta ha leso quel rapporto di fiducia nella capacità professionale dell'impresa.
La legge non esclude che determinati fatti di rilievo penale, laddove costituenti ipotesi di grave errore professionale, possano essere valorizzati ai fini della sussistenza della causa ostativa di cui
all'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, indipendentemente dalla astratta configurabilità o meno della causa ostativa contemplata alla precedente lettera c). In altri termini, un determinato fatto penalmente rilevante può essere inquadrato alternativamente o cumulativamente, a seconda del verificarsi dei rispettivi presupposti di legge, all'interno delle due disposizioni normative (lettera c e lettera f), non rinvenendosi nel sistema contrattualistico pubblico alcun divieto alla sussumibilità delle fattispecie di reato nella categoria del grave errore professionale e, per converso, alcuna riserva del penalmente sensibile alla categoria della moralità professionale strettamente intesa.
Ne discende che ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, è solo che un determinato fatto, quantunque avente qualificazione penale, possa essere forma di manifestazione di un grave errore professionale, prescindendosi in ogni caso dalla sussistenza di una pronuncia giudiziale passata in giudicato, come è invece previsto dalla precedente lett. c). Ben può quindi una stazione appaltante porre a base della valutazione della sussistenza dell’elemento fiduciario fatti emersi dalla conoscenza d un giudizio penale in questione, anche se non ancora oggetto di pronuncia passata in giudicato. A nulla vale che la relativa procedura si sia successivamente conclusa con sentenza assolutoria[15].
Un diverso orientamento minoritario, invece, ritiene necessaria, ai fini dell'adozione del provvedimento di esclusione dell'impresa concorrente, la previa pronuncia del giudice sulla legittimità della precedente risoluzione contrattuale a danno dell'impresa privata.
Questo orientamento evidenzia che, diversamente opinando, le imprese private si vedrebbero costrette, in fase di esecuzione del contratto pubblico, ad accogliere ogni tipo di richiesta della stazione appaltante per evitare risoluzioni unilaterali che determinerebbero in futuro l'esclusione dalle successive gare. Inoltre, l'impresa esclusa sarebbe costretta a ricorrere al giudice ordinario per far accertare l'illiceità della risoluzione del precedente contratto.
A questo filone giurisprudenziale ha aderito in passato proprio il Tar Lecce, affermando che la stazione appaltante, per disporre l’esclusione dell’impresa, non deve limitarsi all'accertamento della sussistenza di un provvedimento di risoluzione di un precedente contratto stipulato tra le parti, ma occorre anche che questo accertamento sia connotato da un certo grado di intangibilità[16].
A conforto del suddetto principio viene richiamata, in particolare, la sentenza della Corte di Giustizia CE 9 febbraio 2006, in cause C-226/04 e C- 228/04, in cui il giudice comunitario ha statuito che: “….L’art. 29, primo comma, lett. e) e f), della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992,
92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, non si oppone ad una normativa o ad una prassi amministrativa nazionali in base alle quali un prestatore di servizi che, alla data di scadenza per la presentazione della domanda di partecipazione alla gara, non ha adempiuto, effettuando integralmente il pagamento corrispondente, i suoi obblighi in materia di contributi previdenziali e di imposte e tasse, può regolarizzare la sua situazione successivamente: -o in forza di un concordato al fine di una rateizzazione o di una riduzione dei debiti, -o mediante la presentazione di un ricorso amministrativo o giurisdizionale, a condizione che provi di aver beneficiato di tali misure o di un tale concordato, o che abbia presentato un tale ricorso entro questo termine…”.
La citata giurisprudenza comunitaria è stata perfettamente recepita nelle lettere g) e i) dell'articolo 38 del D.Lgs. n. 163/2006 che espressamente richiamano il concetto di infrazioni “definitivamente” accertate, per cui non rileva, ai fini dell’esclusione, il fatto che un concorrente non sia stato ritenuto, dall’Amministrazione competente, in regola con gli obblighi fiscali e contributivi, laddove, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, i relativi provvedimenti siano ancora contestati in sede amministrativa o giurisdizionale.
Il Collegio leccese ritiene che, anche nell’ipotesi di grave negligenza o malafede ai sensi dell'articolo 38 lettera f, non sia legittima l’esclusione dalla gara nel caso in cui l’atto relativo all’accertamento e alle valutazioni delle pregresse violazioni verificatesi in sede di esecuzione di precedenti contratti sia oggetto di contestazione dell'impresa, ciò in quanto “pure in questo caso sussiste l’esigenza di contemperare le esigenze di buon andamento della P.A. (le quali ostano a che partecipino alle gare ad evidenza pubblica imprese che, in passato, non hanno dato buona prova di sé) con il diritto di difesa che gli artt. 24 e 133 Cost. riconoscono a qualunque cittadino”[17].
La decisione della prima sezione del Tar Lecce
In assoluta distonia con il consolidato orientamento giurisprudenziale innanzi descritto, la prima sezione del Tar Lecce, sulla base di una stringatissima motivazione, ha confermato questa minoritaria soluzione ermeneutica, statuendo che l’eventuale contestazione in giudizio dell’errore professionale commesso dall’impresa osta all’operatività della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. 163/2006.
Detto principio trova, peraltro, ormai una più compiuta sistemazione nel nuovo Codice all’art. 80, comma 5, lett. c)[18], che, tuttavia, non è applicabile, ratione temporis, alla fattispecie sottoposta all’esame del tribunale leccese (il bando di gara risale ad un periodo anteriore all’entrata in vigore del D.lgs. 50/2016). Si può presumere, quindi, che la Sezione abbia voluto fornire una interpretazione “evolutiva” della norma.
Di certo è singolare che una decisione, la quale afferma un principio di rottura rispetto ad un orientamento interpretativo granitico, allineandosi ad un precetto normativo di nuovo conio, peraltro non operante nel caso specifico, si limiti ad evocare il tal precetto senza poggiarlo su basi argomentative solide (quasi si trattasse di una regola di scontata applicazione) e senza esplicitare la (eventuale) intenzione di adeguarsi alle evoluzioni dell’ordinamento in materia.
In altre occasioni i giudici amministrativi hanno utilizzato il richiamo all’intervenuta variazione del quadro normativo di riferimento per corroborare una linea interpretativa già di per sé plausibile e conforme alla vigente disciplina. Si pensi alla nozione di “soccorso istruttorio” che, dopo l’entrata in vigore della legge 114/2014 (che ha introdotto nel corpo normativo del D.lgs. 163/2006 la disciplina del cd. “soccorso istruttorio rinforzato” – vd. comma 2bis dell’art. 38 e comma 1ter dell’art. 46), è stata intesa in una chiave estensiva e sostanzialistica anche in relazione alle procedure di gara avviate prima della riforma[19].
Nel caso oggetto della presente trattazione, invece, il Tar Lecce, recependo un orientamento affatto minoritario, vira bruscamente verso una interpretazione restrittiva della causa di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. f) del D.lgs. 163/2006, obliterando le conclusioni cui fino ad allora era giunta la prevalente giurisprudenza amministrativa, senza la benché minima motivazione e in assenza di alcun rimando alla novella normativa contenuta nel nuovo Codice.
Sotto altro profilo il Collegio contesta la legittimità dell’impugnato provvedimento di esclusione sul rilievo della non adeguata ponderazione delle attestazioni di regolare espletamento del servizio oggetto di appalto rilasciate da alcuni Comuni per periodi assai prossimi a quello della gara.
Ebbene, posto che la circostanza potrebbe sicuramente concorrere a delineare un quadro generale che conduca ad un giudizio positivo in ordine all’affidabilità dell’impresa, si dubita che questa sola motivazione sia sufficiente a giustificare un giudizio di abnormità della valutazione condotta dalla stazione appaltante circa la sussistenza (o meno) del requisito “negativo” di cui all’art. 38, comma 1, lett. f.
[1] Cfr. ex multis TAR Sicilia - Catania sez. I, sentenza n. 2522 del 04.11.2015; TAR Lombardia - Milano, sez. IV, sentenza n. 2175 del 15.10.2015.
[2] Cfr. TAR Puglia - Bari sez. I, sentenza n. 1183 del 14.06.2012.
[3] Cfr. TAR Puglia - Bari sez. I, sentenza n. 1183 del 14.06.2012, cit.; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 2312 del 17.02.2012.
[4] Cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3950 del 19.08.2015.
[5] Cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 2312 del 17.02.2012, cit.
[6] Cfr. TAR Lombardia - Milano sez. I, sentenza n. 307 del 27.01.2012,
[7] Cfr. Cons. St., V, 28 settembre 2015 n. 4512
[8] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5763 del 21.11.2014.
[9] Cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3666/2012; TAR Piemonte, sentenza 5/3/2012, n. 303; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 409 del 21.01.2011, n. 409: “l’esclusione per grave negligenza non presuppone il definitivo accertamento di tale comportamento, essendo sufficiente la valutazione fatta dalla stessa Amministrazione con il richiamo per relationem all'atto con cui, in altro rapporto contrattuale di appalto, aveva provveduto alla risoluzione per inadempimenti contrattuali.”
[10] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 943 del 25.02.2015; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3078 del 25 maggio 2012.
[11] Cfr. Tar Piemonte - Torino sez. I, sentenza n. 694 del 02.05.2015.
[12] Cfr. Tar Puglia - Bari sez. I, sentenza n. 685 del 03.05.2013; sul punto cfr. anche Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 2389 del 13.05.2015, secondo cui la causa di esclusione di cui all'articolo 38, comma 1, lett. f) “non presuppone il necessario accertamento in sede giurisdizionale del comportamento di grave negligenza o inadempimento tenuto dalla società nel corso del pregresso rapporto contrattuale, trattandosi di disposizione non avente carattere sanzionatorio, bensì posta a presidio dell'elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali pubblici. Sul piano sistematico, tale conclusione trova conforto nel rilievo che lo stesso articolo 38 richiede espressamente il definitivo accertamento – v. lett. g) e lett. i) – laddove individua altre cause di esclusione.”
[13] Cfr. Consiglio Stato sezione VI, sentenza n. 2761 del 15.05.2012.
[14] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza 4502 del 28.09.2015.
[15] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5299 del 20.11.2015.
[16] Cfr. Tar Puglia - Lecce sez. III, sentenza n. 249 del 21.02.2009.
[17] Cfr. Tar Puglia - Lecce sez. III, sentenza n. 249 del 21.02.2009
[18] Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6 qualora: ….. c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione;
[19] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 4249 dell'11.09.2015: “Il soccorso istruttorio può giungere fino al completamento di dichiarazioni esistenti laddove l'omissione che va ad integrare sia il frutto di un mero errore materiale indotto dalla difficoltosa comprensione della normativa di gara – in seguito all'introduzione dell'art. 38, comma 2 bis, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 la nozione di soccorso istruttorio viene interpretata estensivamente… la norma è … espressione dell’evoluzione legislativa volta a privilegiare gli aspetti sostanziali delle vicende amministrative, nel solco tracciato dall’art. 21 octies della legge 7 agosto 1990, n. 241”.