Consiglio di Stato, Sez. III, 26 settembre 2013, n. 4785

 

Consiglio di Stato, Sez. III, 26 settembre 2013, n. 4785

Presidente Cirillo - Estensore Puliatti

 

1. Il principio di acquisizione d’ufficio delle certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti previsto dall’art. 15 della legge n. 183/2011 (che ha modificato gli artt. 40 e ss. del d.P.R. n. 445/2000) è applicabile anche alle procedure ad evidenza pubblica. Ne consegue che, in sede di applicazione dell’articolo 48 del d.lgs. n. 163/2006 sul controllo dei requisiti speciali dichiarati dai partecipanti in sede di offerta, incombe alla stazione appaltante l’obbligo di acquisizione della documentazione oggetto delle dichiarazioni sostitutive e degli atti di notorietà formate ai sensi, rispettivamente, degli articoli 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000, senza che essa possa essere richiesta direttamente ai concorrenti.

 

2. Anche qualora il bando di una procedura ad evidenza pubblica sia stato pubblicato prima dell’entrata in vigore della legge n. 183/2011 (1 gennaio 2012), la nuova disciplina sul reperimento d’ufficio della documentazione necessaria alla comprova di dichiarazioni sostitutive ex d.P.R. n. 445/2000 trova applicazione ai procedimenti di verifica svoltisi nella vigenza della stessa.

 

3. L’art. 6-bis del d.lgs. n. 163/2006, introdotto con d.l. n. 5/2012, che ha istituito la nuova Banca dati nazionale dei contratti pubblici non consente di rinviare – nel settore degli appalti pubblici e nelle more dell’attivazione della suddetta Banca dati - l’immediata applicazione della disciplina dei controlli d’ufficio delle dichiarazioni sostitutive introdotta dalla legge n. 183/2011.

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la sentenza 26 settembre 2013, n. 4785, che qui si commenta, la terza sezione del Consiglio di Stato interpreta in maniera innovativa le norme relative alle verifiche della stazione appaltante sui requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari dichiarati dai concorrenti in sede di procedure competitive. In particolare, la sezione ritiene applicabile anche alle gare ad evidenza pubblica le recenti novelle apportate dalla legge n. 183/2011, il cui articolo 15 ha modificato, tra gli altri, gli articoli 40 e 43 del D.P.R. n. 445/2000 ed ha reso obbligatoria per le amministrazioni l’acquisizione d’ufficio dei certificati oggetto di dichiarazioni sostitutive ed atti di notorietà (di cui agli articoli 46 e 47 del medesimo decreto).

 

 IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Come noto, il legislatore del D.Lgs. n. 163/2006 prevede, in capo alle stazioni appaltanti, l’obbligo di verifica di quanto dichiarato dai partecipanti in sede di offerta; in particolare, il comma 1 dell’articolo 48 disciplina la procedura di sorteggio per il controllo dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari in capo ad almeno il 10% dei concorrenti, mentre il comma 2 prevede che il controllo vada fatto all’aggiudicatario ed al secondo classificato. Nella prassi, le stazioni appaltanti richiedono ai singoli operatori economici i certificati e le attestazioni in grado di comprovare le dichiarazioni contenute nell’offerta. Sulle modalità di dichiarazione del possesso dei requisiti speciali non sussistevano, ormai, incertezze: le due disposizioni applicabili, contenute agli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000 e richiamate dagli articoli 41 e 42 del Codice degli appalti, sono entrate, infatti, in vigore il 7 marzo 2001 e non hanno subito che modificazioni secondarie, tese, comunque, ad allargarne l’applicabilità. Il regime in vigore era, pertanto, il ricorso a dichiarazioni sostitutive di certificazioni e di atti di notorietà per la comprova dei requisiti speciali in sede di gara. Se, dunque, per quanto riguarda i rapporti tra privati e pubblica amministrazione dubbi non v’erano, discorso diverso sussisteva prima dell’entrata in vigore della legge n. 183 del 2011. Nella materia delle gare pubbliche, infatti, la formulazione dell’articolo 48 del Codice (in cui si parla di “richiesta” ai concorrenti sia nel comma 1 che nel comma 2) ha portato a ritenere che la materia fosse oggetto di disciplina speciale e derogatoria rispetto al regime ordinario e che, quindi, le stazioni appaltanti potessero continuare a richiedere direttamente alle imprese i documenti di comprova dei requisiti, senza ricorrere all’acquisizione d’ufficio, indubbiamente più onerosa. Questo orientamento è stato, del resto, autorevolmente espresso nella ormai nota determinazione n. 4/2012 dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (che sullo stesso argomento si era già espressa in maniera conforme con Determinazione n. 5 del 21 maggio 2009), la quale ha ritenuto che la specialità dell’articolo 48 non renda applicabile alla materia delle procedure ad evidenza pubblica il principio di semplificazione sopra indicato (per l’Autorità l’art. 48 è “norma speciale che comporta, rispetto alla disciplina generale del d.P.R. n. 445/2000, oneri aggiuntivi a carico dei concorrenti giustificati in virtù del particolare rapporto di tipo negoziale cui la presentazione della documentazione è preordinata e dall’esigenza di assicurare la serietà dell’offerta, unitamente alla celerità della conclusione del procedimento di verifica” - cfr. Parte I, par. 5 Det. n. 4/2012). Secondo l’AVCP sarebbe possibile implementare le procedure di verifica d’ufficio dei requisiti solo una volta entrata in vigore la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita dall’art. 62 bis del D.Lgs. n. 82/2005 (“Codice dell’Amministrazione Digitale”) e disciplinata dall’articolo 6-bis del D.Lgs. n. 163/2006, il cui utilizzo diventerà obbligatorio per le stazioni appaltanti a partire dal 21 novembre 2013, in forza del disposto dell’articolo 49-ter del D.L. n. 21 giugno 2013, convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98.

La tesi della disciplina speciale posta dall’articolo 48 del D.Lgs. n. 163/2006 era stata, del resto, già confortata dalla giurisprudenza; si ricorda la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 22 novembre 2012, n. 5921, che ha respinto la tesi dell’applicabilità dei citati articoli del D.P.R. n. 445/2000 - anche nella loro nuova formulazione – in virtù dei principi di serietà dell’offerta (che, quindi, deve essere sorretta da idonee attestazioni documentali già al momento della sua formazione), di speditezza della procedura di controllo tramite sorteggio (che prevede un termine perentorio di dieci giorni) e di ragionevolezza (“perché esigere dal concorrente la prova di fatti propri del concorrente medesimo non viola alcun canone di proporzionalità e ragionevolezza” cfr. punto 5.3 del considerato in diritto).

La materia, come già anticipato sopra, è stata innovata dalla legge n. 183/2011, la quale ha introdotto nell’ordinamento il principio di acquisizione della documentazione ex officio. Ebbene, la sentenza in commento, aderendo all’orientamento che, in questo senso, aveva già manifestato la sentenza in primo grado qui appellata (Tar Lombardia, Milano, sez. III, sentenza 29 gennaio 2013, n. 245, già annotata in questa Rivista), innova profondamente la materia, rendendo obbligatoria per le amministrazioni l’acquisizione d’ufficio dei requisiti speciali in tema di appalti di servizi e forniture (si ricorda che per i lavori vigono le attestazioni SOA). Ritiene, infatti, il Collegio che “gli accertamenti d’ufficio disciplinati dall’art. 43, comma 1, D.P.R. 445/2000, come novellato dal citato art. 15 della l. 183/2011, riguardano tutte le ipotesi di informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 dello stesso D.P.R., dichiarazioni sostitutive che gli artt. 41 e 42 del codice dei contratti pubblici consentono ai concorrenti di utilizzare per comprovare i requisiti tecnico-organizzativi ed economico-professionale, salvo verifica successiva da parte della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 48 commi 1 e 3, senza che possa in alcun modo rilevare la “specialità” della disciplina dei contratti pubblici”. Né giova il richiamo alla Banca Dati Nazionale sui Contratti Pubblici, che costituisce solo il “luogo” ove, in futuro, sarà possibile reperire le informazioni a conferma delle dichiarazioni rese dai partecipanti ad una gara d’appalto, senza che ciò esima le stazioni appaltanti dall’applicazione di norme cogenti di semplificazione.

Del resto, che il principio di acquisizione d’ufficio dei documenti da parte della pubblica amministrazione si applichi anche al settore delle gare è confermato da un’altra norma recentemente entrata in vigore, ovvero l’articolo 29, comma 4, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, che obbliga le amministrazioni all’acquisizione d’ufficio del documento unico di regolarità contributiva (DURC) in corso di validità non solo in fase di esecuzione del contratto ma anche nelle seguenti ipotesi: a) per la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all’articolo 38, comma 1, lettera i), del D. Lgs. n. 163/2006; b) per l’aggiudicazione del contratto ai sensi dell’articolo11, comma 8, del decreto legislativo n. 163 del 2006. Come si vede, quindi, si tratta di verifiche che intervengono nella fase ancora pubblicistica di gara.

La seconda questione affrontata dalla sentenza in commento riguarda la delimitazione della dizione “fatturato specifico” contenuta nel bando di gara impugnato. In merito, il Collegio ritiene che il bando di gara abbia l’onere di individuare con precisione le attività oggetto di fatturato specifico, per consentire alla Commissione di gara di poterne scorporare i relativi importi nei casi in cui siano comprovate tramite esibizione di fatture. In assenza di specifiche indicazioni, la stazione appaltante ben può computare tutte le attività che siano oggetto di fatturazione, accomunate dallo stesso oggetto.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La sentenza in commento costituisce, oltre che una rilevante novità, anche un pungolo importante per le amministrazioni, che stanno vivendo, in questo periodo, continue sollecitazioni provenienti dal legislatore per semplificare le procedure di gara da loro gestite. La prossima entrata in vigore della Banca Dati Nazionale sui Contratti Pubblici di cui all’articolo 6-bis del D. Lgs. n. 163/2006 costituirà indubbiamente un passaggio fondamentale per velocizzare e semplificare adempimenti e controlli; ci si chiede, tuttavia, quale sarà il periodo di “rodaggio” di questo strumento, quanto grandi saranno i problemi che potranno sorgere dal suo utilizzo e, soprattutto, se le pubbliche amministrazioni sono pronte a passare a questa nuova modalità. In questo senso si potrebbe essere portati a credere che la sentenza che si commenta abbia una rilevanza contenuta, proprio in virtù della prossima entrata in vigore del nuovo sistema AVCPass. Tuttavia, si ritiene che i tempi non brevissimi affinché l’AVCP metta a regime la nuova procedura possano implicare un lungo periodo in cui le stazioni appaltanti dovranno svolgere controlli d’ufficio sui requisiti speciali, con gli immaginabili problemi che ciò comporterà.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1757 del 2013, proposto da: 
Lombardia Informatica S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Maurizio Boifava, con domicilio eletto presso Claudio De Portu in Roma, via Flaminia, n. 354;

contro

Consorzio Stabile Cento Orizzonti S.C.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Vittorio Loi, Nico Moravia, Andrea Girardi, Andrea Manca, Marco Giustiniani, con domicilio eletto presso l’avvocato Marco Giustiniani, nello Studio Legale Pavia e Ansaldo in Roma, via Bocca di Leone, n. 78;

nei confronti di

Regione Lombardia, in persona del Presidente pro-tempore,
Transcom Worldwide S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE III, n. 245/2013, resa tra le parti, concernente procedura ristretta per l'affitto del ramo d'azienda di front office, call center regionale dedicato alle prenotazioni ed informazioni sanitarie.

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile Cento Orizzonti S.C.R.L.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2013 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati De Portu, su delega di Boifava, e Moravia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

1. - Con bando pubblicato sulla G.U.C.E del 10.11.2011, Lombardia Informatica S.p.A. aveva indetto una procedura ad evidenza pubblica per selezionare l’affittuario del ramo di azienda che gestisce il Front Office del Call Center regionale sanitario.

2. – Il Consorzio Stabile Cento Orizzonti S.C.R.L., sorteggiato per comprovare i requisiti dichiarati ai sensi dell'art. 48 del DLgs n. 163/2006, veniva escluso dalla gara per mancata produzione documentale comprovante il possesso dei requisiti di capacità tecnica ed economico-finanziaria.

Nonostante la richiesta di intervento in autotutela e la produzione del certificato rilasciato tardivamente dall’Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento, la Commissione procedeva all’aggiudicazione della gara in favore di Transcom Worldwide S.p.a.; Lombardia Informatica S.p.a. negava la richiesta autotutela e disponeva l’escussione della garanzia provvisoria, nonché la segnalazione all’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici.

3. - Con ricorso al TAR Lombardia, il Consorzio Stabile Cento Orizzonti S.C.R.L. insorgeva avverso il provvedimento di esclusione, evidenziando di avere interesse solo ai fini dell’accertamento dell’illegittimità della escussione della garanzia e della segnalazione all’Autorità di Vigilanza.

4. - Il TAR accoglieva solo il quinto motivo di ricorso, relativo alle modalità di calcolo della cauzione, che avrebbe dovuto farsi sul canone dei contratti di appalto ceduti con l’affitto del ramo di azienda e non con riferimento alla somma del valore dei contratti ceduti.

5. - Con l’appello in esame, Lombardia Informatica S.p.A. afferma che “il prezzo base” su cui ex art. 75 cod. appalti va calcolata la cauzione è il valore stimato dell’appalto, come dispone l’art. 29 del codice, e, nella specie, con riguardo al valore dei tre contratti economici ceduti, per un importo previsto di 32.320.000 per ventiquattro mesi di durata contrattuale.

L’appellante chiede, inoltre, una pronuncia incidenter tantum sulla questione relativa alla applicabilità degli artt. 40 e 43 del DPR 445/2000, come novellati dalla legge di stabilità 2012 ( l. 183/2011), secondo cui le stazioni appaltanti dovrebbero procurarsi d’ufficio le informazioni necessarie a comprovare i requisiti di qualificazione (affermazione contenuta nella sentenza appellata, anche se la novità normativa è stata ritenuta dal TAR, ratione temporis, non applicabile alla gara, il cui bando è stato pubblicato antecedentemente alla l. 183/2011).

Lombardia informatica S.p.a., invece, ritiene che rimanga applicabile, per la sua specialità, l’art. 48 del codice dei contratti pubblici, che onera gli interessati alla produzione della documentazione, a tutela della serietà dell’offerta e della celerità del procedimento.

6. - Propone appello incidentale il Consorzio avverso i capi della sentenza che hanno rigettato il ricorso di primo grado.

Premesso che l’interesse ad agire non è rappresentato dall’aspirazione all’aggiudicazione, ma all’ annullamento delle sanzioni applicate, il Consorzio asserisce l’illegittimità della propria esclusione, sia per la mancata applicazione da parte della stazione appaltane delle innovazioni normative in tema di documentazione amministrativa ed esercizio del potere – dovere di soccorso, sia anche alla luce del principio del c.d. falso innocuo, in quanto, di fatto, sarebbe in possesso dei requisiti richiesti, che ha dimostrato alla stazione appaltante con richiesta di riesame in autotutela e tardiva produzione documentale (in particolare, il certificato rilasciato dall’Azienda provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, non pervenuto al Consorzio in tempo utile per la produzione in sede di verifica ex art. 48).

Afferma, ancora, l’inapplicabilità delle sanzioni accessorie all’esclusione, essendo il codice degli appalti applicato per autonoma scelta della stazione appaltante, in quanto trattasi dell’affitto di un ramo di azienda.

7. - Inoltre, in via del tutto preliminare, il Consorzio denuncia la nullità della sentenza per contrasto tra il dispositivo pubblicato ai sensi dell’art. 120, comma 9, codice proc. amm. in data 27.11.2012 ed il dispositivo pubblicato, unitamente alla motivazione, il 29 gennaio 2013, sintomatico di un mutamento di giudizio intervenuto tra la camera di Consiglio e la successiva stesura della sentenza.

8. - All’udienza del 14 giugno 2013, a seguito di scambio di memorie tra le parti, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. - Pregiudizialmente va esaminato l’appello incidentale, che ripropone le censure respinte in primo grado e che, ove fondato, determinerebbe la riforma della sentenza appellata nella parte in cui aveva ritenuta legittima l’esclusione dalla gara del Consorzio, accogliendo solo il motivo proposto in via subordinata, concernente l’ammontare della cauzione provvisoria dovuta.

Ove fondato l’appello incidentale, il Consorzio avrebbe dovuto essere ammesso a gara, con la conseguenza che l’incameramento della cauzione diventerebbe privo di causa, e così pure la segnalazione all’Autorità; conseguentemente, perderebbe interesse l’appellante all’impugnazione della sentenza nella parte concernente l’ammontare della cauzione.

2.- L’appello incidentale è fondato e, pertanto, il Collego prescinde dalla preliminare eccezione di nullità della sentenza sollevata dal Consorzio.

2. 1. - Il provvedimento di esclusione per mancata prova dei requisiti di capacità tecnica ed economico-finanziaria dichiarati in sede di prequalifica dal Consorzio, sorteggiato ai sensi dell’art. 48, comma 1, D.Lgs. n. 163/2006, poggia essenzialmente su due motivazioni: A) il Consorzio non ha fornito la comprova del requisito di capacità tecnica di cui al punto III 2.3, lett. b) del bando di gara (gestione di almeno 6.000.000 di contatti complessivi in entrata nel triennio 2008-2009-2010); manca, nello specifico, il certificato attestante il buon esito della prestazione dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, per gli anni 2008 e 2009 attestante 2.280.000 contatti in entrata; B) alcuni certificati attestanti il possesso del fatturato specifico richiesto dal punto III 2.2 del bando o non fanno riferimento al tipo di prestazione resa o fanno riferimento a servizi non relativi esclusivamente “all’ambito gestione sevizi di call center con contatti sia in entrata sia in uscita” (cfr. verbale n. 2 del 1 marzo 2012, nota prot. 1430 del 5 marzo 2012).

2.2. - Quanto al primo motivo di esclusione, il Consorzio rileva che il procedimento seguito da Lombardia Informatica S.p.A. per la comprova e verifica dei requisiti dichiarati mediante autodichiarazione contrasta con gli artt. 40 e ss. del DPR 445/2000, come innovato dalla l. 183/2011. Le modifiche normative intervenute obbligano l’amministrazione ad acquisire d’ufficio i documenti che provano il possesso dei requisiti dichiarati, qualora siano in possesso di altre amministrazioni, le quali non possono più emettere certificati che abbiano valore in procedimenti di cui sono competenti le P.A.

Andava, dunque, nella specie, esercitato il potere-dovere di soccorso della stazione appaltante.

Il TAR Lombardia ha ritenuto che la l. n. 183/2011, pur astrattamente applicabile, non potrebbe esserlo nel caso concreto, ratione temporis, perché il bando sarebbe stato pubblicato il 10 novembre 2011, mentre la legge è entrata in vigore il 1° gennaio 2012.

Sul punto la contestazione dell’appellante incidentale è fondata.

Sebbene il bando sia stato pubblicato anteriormente, il sub-procedimento di verifica dei requisiti si è svolto successivamente alla entrata in vigore della nuova normativa e, per il principio tempus regit actus, trattandosi di norme d’azione, rivolte a regolare l’attività della pubblica amministrazione, trova immediata applicazione nei confronti dei procedimenti in corso non ancora conclusi.

Peraltro, come osserva l’appellante Consorzio, anche la lettera di invito a presentare le offerte indirizzata ai concorrenti è stata adottata successivamente all’entrata in vigore delle modifiche normative (il 10 gennaio 2012); quindi, la gara ha preso effettivo avvio dal momento della formalizzazione dell’invito a partecipare e da quel momento si è ingenerata l’aspettativa che l’Amministrazione avrebbe applicato le nuove norme in materia di documentazione, a tutto vantaggio dello snellimento e della semplificazione della procedura, tanto più che le P.A. non sarebbero più obbligate a rilasciare i certificati in loro possesso per gli scopi richiesti da Lombardia Informatica S.p.A., con conseguente impossibilità per i partecipanti di reperire e produrre i certificati necessari a comprovare il possesso dei requisiti ex art. 48 D. Lgs. 163/2006.

Errato, inoltre, si appalesa l’argomento utilizzato dal primo giudice, tratto dall’art. 253 del codice degli appalti (che dispone l’applicabilità delle norme del codice solo alle gare i cui bandi siano stati pubblicati anteriormente all’entrata in vigore del codice), il cui tenore letterale e la cui ratio di norma transitoria, induce a ritenere che la norma non possa assurgere a norma di generale applicazione, essendo piuttosto di stretta interpretazione, ovvero circoscritta alla vigenza del solo codice degli appalti.

2.3 - Quanto all’obiezione che solleva Lombardia Informatica, ovvero al carattere di specialità della disciplina dei contratti pubblici che impedirebbe l’applicazione della norma di carattere generale dettata dall’art. 15 della l. 183/2011 (in particolare, l’art. 41, comma 1, lett. “b” e “c”, in relazione al comma 4, del D.lgs. n. 163/2006, il quale prescrive che i servizi prestati ad amministrazioni pubbliche siano comprovati dall’aggiudicataria con certificazioni delle stesse, e l’art. 42, comma 1, lett. “a”, il quale prevede che i servizi e le prestazioni in favore di amministrazioni ed enti pubblici siano provati da certificati rilasciati o vistati delle amministrazioni o enti destinatari), il Collegio osserva che il DPR n. 445/2000, in materia di documentazione amministrativa, pacificamente trova applicazione nella materia degli appalti pubblici, essendo lo stesso codice a legittimarne l’uso. Sicché non può che trovare applicazione anche l’innovazione introdotta con l’art.15 della legge 183/2011, che, per quanto qui interessa, ha introdotto il seguente comma all’art. 40: «01. Le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorieà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47>> ed all'articolo 43 ha sostituito il comma 1 col seguente: <<1. Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato».

E’ evidente, ad una lettura unitaria delle norme in questione, che gli accertamenti d’ufficio disciplinati dall’art. 43, comma 1, D.P.R. 445/2000, come novellato dal citato art. 15 della l. 183/2011, riguardano tutte le ipotesi di informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 dello stesso D.P.R., dichiarazioni sostitutive che gli artt. 41 e 42 del codice dei contratti pubblici consentono ai concorrenti di utilizzare per comprovare i requisiti tecnico-organizzativi ed economico-professionale, salvo verifica successiva da parte della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 48 commi 1 e 3, senza che possa in alcun modo rilevare la “specialità” della disciplina dei contratti pubblici.

2.4 - Inoltre, ad avviso di questo Collegio, neppure l’art. 6 bis del codice degli appalti, introdotto dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5, consente di rinviare, a partire dal 1° gennaio 2013, l’applicazione della nuova disciplina alla istituzione di una banca dati nazionale dei contratti pubblici, cui le stazioni appaltanti dovranno attingere per verificare il possesso dei requisiti di partecipazione dichiarati in gara dai concorrenti.

La norma contiene una disciplina transitoria secondo cui, fino alla data di avvio della Banca dati, le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori verificano il possesso dei requisiti secondo le modalità previste dalla normativa vigente ( comma 5).

Il riferimento alla “normativa vigente” include anche la novella disciplina degli artt. 43 e 47 del D.P.R. 445/2000, in vigore dal 1° gennaio 2012.

La banca dati è uno strumento di semplificazione e di accelerazione dei procedimenti di accertamento, che costituisce un ausilio informatico per l’esercizio dei poteri-doveri di accertamento d’ufficio; ne consegue che il coordinamento tra le norme appare logicamente condurre alla conclusione che: 1) fino all’attivazione della Banca Dati, le stazioni appaltanti dovranno procedere d’ufficio tramite contatti con le amministrazioni interessate alla verifica dei requisiti auto dichiarati dai concorrenti, secondo quanto dispongono gli artt. 43 e 47 DPR 445/2000; 2) dopo l’attivazione della Banca Dati, i controlli d’ufficio diventano centralizzati attraverso il riferimento diretto a tale strumento pubblicistico di coordinamento e raccolta dati.

2.5. - Per quanto riguarda la seconda motivazione su cui poggia l’esclusione, ovvero la mancanza del fatturato specifico in ambito “gestione Call Center”, la stazione appaltante ha rilevato la difficoltà di scindere, all’interno di un servizio complesso, la parte relativa al Call Center da altri servizi, insistendo per l’applicazione del disciplinare che non consente una “documentazione generica”.

L’appellante incidentale, col terzo motivo del ricorso di primo grado, aveva contestato tale parte della motivazione, denunciando, oltre che la mancata applicazione dell’art. 15 della l. 186/2011 e l’omessa richiesta di chiarimenti ex art. 46 del codice dei contratti, la circostanza che l’abbondante documentazione prodotta avrebbe attestato un fatturato superiore al livello minimo richiesto. “Spacchettando” dal fatturato delle 10 fatture contestate dalla Commissione l’importo del costo delle risorse umane (operatori) impiegati nel call canter si sarebbe potuto risalire incontrovertibilmente al fatturato imputabile al solo servizio di Call center.

Inoltre, l’interpretazione restrittiva della norma del bando seguita da Lombardia Informatica viene criticata perché nel servizio di call center andrebbero fatte rientrare attività connesse, che il mercato del settore solitamente abbina al detto servizio.

Le argomentazioni svolte dall’appellante incidentale convincono il Collegio.

In presenza di una terminologia ambigua in uso nel settore del servizio di prenotazione sanitaria, per cui termini quali “call center, front office, front end, back office, servizi di sportello, attività di supporto CUP, servizi di prenotazione telefonica, servizi amministrativi”, nella pratica indicano tutti sostanzialmente la medesima attività di gestione di prenotazioni e di prestazioni specialistiche, nonché di assistenza e guida dell’utenza nella complessità dell’ente sanitario, svolta con metodologie e supporti diversi, sia presso gli sportelli che nei call center, si ritiene che la clausola del bando vada interpretata in senso conforme alla prassi in uso nel settore, che abbina tra loro una serie di attività complesse, ma accomunate dallo stesso oggetto.

2.6 - In conclusione, l’appello incidentale è fondato e, conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado.

3. - Va dichiarato improcedibile, invece, l’appello principale perché per effetto dell’accoglimento del ricorso incidentale viene meno l’interesse alla riforma della sentenza nel senso auspicato dall’appellante, relativamente al criterio di determinazione della cauzione provvisoria.

4. - Le spese possono compensarsi tra le parti, attesa la novità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello incidentale e dichiara improcedibile l'appello principale, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Paola Alba Aurora Puliatti, Consigliere, Estensore