Consiglio di Stato, Sez. V, 24 aprile 2013, n. 2282

 

Consiglio di Stato, Sez. V, 24 aprile 2013, n. 2282

Presidente Volpe; Estensore Saltelli

 

Nelle gare d’appalto, al fine di porre in contestazione la modalità di conservazione e di custodia delle buste contenenti le offerte e la consistenza del relativo onere di verbalizzazione è necessario addurre elementi concreti e specifici tali da far ritenere probabile, o quanto meno possibile, la sostituzione delle buste, la manomissione delle offerte o eventuali altri fatti rilevanti ai fini della regolarità della procedura.

 

L’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi – in ottemperanza al generale obbligo della stazione appaltante di custodia dei documenti di una gara pubblica – è attività di per sé sola sufficiente a far presumere la genuinità ed integrità dei relativi plichi contenenti le offerte, indi l’assolvimento al più generico obbligo di idonea conservazione degli stessi. La generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite, è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto, quali anomalie nell’andamento della gara ovvero specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fine della regolarità della procedura.

 

Al fine di contestare le modalità di conservazione dei plichi contenenti le offerte, devono essere quantomeno allegate le fonti delle anomalie prospettate affinché possa agevolmente dimostrarsi un interesse non emulativo alla custodia dei plichi. A titolo esemplificativo, possono ricondursi nell’alveo delle anomalie ‘giustificanti’: l’eccessiva durata delle operazioni di gara, l’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica, la sottrazione di un documento di gara ad opera di ignoti ovvero la presenza di effettivi, puntuali e circostanziati elementi di fatto, idonei a poter essere apprezzati come ragionevoli o non illogici e arbitrari indizi o sintomi di una possibile manomissione dei documenti di gara.

 

BREVI ANNOTAZIONI

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

Con la pronuncia in commento, viene posta all’esame del Consiglio di Stato una questione in merito alla quale la giurisprudenza amministrativa ha dato (anche di recente) risposte oscillanti, ossia quella relativa a quali siano le idonee modalità di conservazione dei plichi contenenti le offerte, le condizioni per contestarle e quali siano le conseguenze se quest’ultime risultino mal esplicate.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

Con una netta riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal Tar Liguria, il Consiglio di Stato torna sulle modalità di custodia dei documenti afferenti una pubblica gara impiegate dalla stazione appaltante.  

Appare utile una breve disamina degli elementi che in fatto hanno caratterizzato la questione. Nel caso di specie, era stata indetta una procedura ristretta per l’affidamento quinquennale di un servizio di assistenza domiciliare. L’aggiudicazione veniva successivamente impugnata da una delle società partecipanti. All’esito della prima camera di consiglio, i giudici di primo grado hanno ritenuto, con sentenza in forma semplificata, di accogliere il ricorso considerando il primo dei motivi proposto dalla ricorrente assorbente rispetto agli altri successivi. Più specificatamente, secondo il Collegio genovese, l’illegittimità della gara dipendeva da due distinti, seppur connessi, profili: i) la verifica dell’integrità e l’apertura dei plichi spediti dalle imprese erano state effettuate da funzionari dell’amministrazione invece che dalla commissione giudicatrice ed erano inoltre avvenute in seduta segreta, anziché pubblica; ii) la mancata adozione, da parte della commissione di gara, di idonee modalità di conservazione delle offerte presentate.

Il primo dei profili di illegittimità riscontrati dal Tar non è, secondo il Consiglio di Stato, corretto. Infatti, la fase di prequalifica è volta ad identificare i soggetti da invitare alla fase successiva, ossia quella di effettiva gara. Tale fase, quindi, non presenta i caratteri della gara, bensì presenta le caratteristiche tipiche di fase sub procedimentale. Come è stato in precedenza già individuato, “la prequalificazione ha natura di autonoma fase sub procedimentale funzionalmente diretta ad una prima selezione dei soggetti da invitare, con la conseguenza che l’individuazione in capo alle imprese partecipanti dei requisiti sostanziali richiesti dalla lettera di invito non può essere anticipata alla preliminare fase della preselezione, ma deve essere riferita al momento della vera e propria individuazione del contraente, ossia al momento dell’aggiudicazione dell’appalto” (Cons. St., Sez. V, 23 gennaio 2012, n. 266). Inoltre, in base all’art. 84, comma 10 del Codice dei contratti pubblici, la Commissione di gara non avrebbe, neanche volendolo, potuto procedere all’analisi delle domande di partecipazione, non essendo ancora nominata e costituita. In base alle esposte considerazioni, il Consiglio di Stato – al contrario del Tar Liguria – ha ritenuto che non sussistesse alcun obbligo di esame dalle richieste degli invitati da parte della Commissione di gara e che, quindi, legittimamente abbia proceduto all’apertura l’amministrazione appaltante.

Sotto il secondo profilo, ovvero in ordine alle modalità di conservazione e di custodia delle buste contenenti le offerte (e circa la consistenza del relativo onere di verbalizzazione), la pronuncia in esame, nel riformare la tesi accolta dal Tar Genova, dà conto della presenza di due importanti filoni giurisprudenziali.

In base ad un primo indirizzo, rigoroso e formale, “l’omessa menzione nei verbali di gara delle specifiche cautele adottate a tutela dell’integrità e della conservazione delle buste contenenti le offerte determinerebbe di per sé l’illegittimità delle operazioni di gara, indipendentemente dalla dimostrazione dell’effettiva manomissione delle buste e del loro contenuto” (cfr. Cons. St., Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862).

Al contrario, secondo un’impostazione maggiormente sostanzialistica si è ritenuto che sarebbe “necessario addurre elementi concreti e specifici tali da far ritenere probabile, o quanto meno possibile, la sostituzione delle buste, la manomissione delle offerte o eventuali altri fatti rilevanti ai fini della regolarità della procedura” (ex multis, Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5579 e, più di recente, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 145, Cons. St., Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1815).

Dalla sentenza in commento, emerge quindi con chiarezza il desiderio di superare tali conflitti interpretativi, in favore dell’interpretazione sostanzialistica – maggiormente ancorata al dato fattuale. Invero, secondo i giudici, “non può prescindersi dal considerare che nelle gare di appalto l’amministrazione ha la piena disponibilità e l’integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara, cui in corso del procedimento l’interessato non può subito accedere, giusto quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, del D.lgs. n. 163 del 2006, e che spetta quindi alla stessa, ma solo a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell’interessato circa l’effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d’accesso, di dar idonea contezza dell’efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova”.

In sostanza, non sarebbe sufficiente, al fine di invalidare una gara d’appalto, la mera mancata iscrizione all’interno del verbale di gara di una descrizione delle modalità di conservazione dei plichi contenenti le offerte (cosa che, nel caso di specie, era stato tra l’altro pure compiuto).

L’interesse ad una corretta e sicura conservazione delle offerte deve essenzialmente essere effettivo e presuntivamente leso in base a fattori concreti che devono trovare concreta dimostrazione. D’altronde, secondo il Consiglio di Stato e a solo titolo esemplificativo, “le anomalie che devono quindi essere quantomeno allegate per dimostrare un interesse non emulativo alla custodia dei plichi possono ragionevolmente ricondursi all’eccessiva durata delle operazioni di gara, all’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica (Consiglio di Stato, Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862), alla sottrazione di un documento di gara ad opera di ignoti ovvero alla presenza di effettivi, puntuali e circostanziati elementi di fatto, idonei a poter essere apprezzati come ragionevoli o non illogici e arbitrari indizi o sintomi di una possibile manomissione dei documenti di gara (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 luglio 2011, n. 4487)”.

In conclusione, vi è una generica presunzione di assolvimento all’obbligo di custodia dei documenti di gara da parte della stazione appaltante attraverso l’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi. Tale presunzione può sì esser superata ma a patto che vengano prospettate non generiche doglianze, bensì concrete anomalie nell’andamento della gara o specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fine della regolarità della procedura stessa.

Va specificato, infine, che nel caso di specie all’interno di tutti verbali delle sedute veniva riportata la disposizione che si sarebbe proceduto alla “conservazione, in luogo chiuso e idoneo, dei documenti oggi esaminati e di tutta la restante documentazione di gara, affidandone la custodia alla segreteria tecnica” e, cosa ancor più significativa, che l’interessato, durante l’apertura delle offerte, mai aveva presentato osservazioni, né tantomeno posto in contestazione o in dubbio le modalità di conservazione con cui si era proceduto fino ad allora.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Attraverso la sentenza in commento, il Consiglio di Stato fornisce un importante, nonché positivo, séguito alle recenti posizioni giurisprudenziali (di cui l’ultima, Cons. St., Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1815, in commento su questa stessa rivista) volte a superare – in favore della tesi sostanzialistica – il contrasto da tempo formatosi sul punto.

È di non poca evidenza, che il cammino fin qui tracciato dal Consiglio di Stato, o meglio dalla Quinta Sezione, è volto a dare certezza ed uniformità interpretativa alle modalità attraverso cui le stazioni appaltanti procedono alla conservazione dei plichi contenenti le offerte. Più in particolare, sembrerebbe delinearsi, com’ è stato tra le altre cose correttamente osservato, una “tipizzazione giurisprudenziale” delle anomalie che, previa necessaria allegazione da parte del ricorrente, possano giustificare l’interesse alla rinnovazione della gara. Tali anomalie sono così sintetizzabili: i) l’eccessiva durata delle operazioni di gara; ii) un’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica; iii) la sottrazione di un documento di gara ad opera di ignoti; iv) la presenza di effettivi, puntuali e circostanziati elementi di fatto, idonei a poter essere apprezzati come ragionevoli o non illogici e arbitrari indizi o sintomi di una possibile manomissione dei documenti di gara.

Le misure di cautela relative alla conservazione dei plichi non sarebbero volte a salvaguardare la mera possibilità di un’ipotetica manomissione dei plichi contenenti le offerte – generatasi da una condizione di incertezza sulle modalità di custodia degli stessi – quanto, al contrario, l’effettiva manomissione degli stessi. Tuttavia, non essendo sufficiente che dalle risultanze processuali emerga la semplice esposizione al rischio di manomissione della documentazione di gara – a causa dell’inosservanza di norme precauzionali – per ritenere invalide le operazioni di gara stesse, si imporrebbe un onere probatorio molto arduo da espletare, ossia provare un concreto evento di danno (v., sul punto, Cons. St., Sez. V, 21 maggio 2010, n. 3203).

Va, comunque, salutata con favore l’opera che la Quinta Sezione sta compiendo, anche a voler prescindere da valutazioni nel merito della correttezza o meno delle posizioni dalla stessa assunte. Tale opera è volta senza alcun dubbio a rendere meno incerte le posizioni giurisprudenziali manifestatesi sul punto e, più in generale, a garantire l’esplicazione del principio di certezza del diritto.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO


A. Manzi, Commento agli artt. 86 e ss., in F. Caringella, M. Protto (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Ed. Dike, 2012, pp. 627 ss.; L. Scotti, L’omessa verbalizzazione delle cautele adottate dalla stazione appaltante per la conservazione dei plichi contenenti le offerte non costituisce un vizio ex se invalidante della procedura di gara, commento a Consiglio di Stato, Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1815, in questa stessa rivista; A. Cianflone, G. Giovannini, L' appalto di opere pubbliche, 12 ed., 2012.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5929 del 2012, proposto da:

COMUNE DI LA SPEZIA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Carrabba, Ettore Furia, Marcello Puliga e Maria Teresa Barbantini, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

contro

COOPERATIVA SOCIALE COOPSELIOS SOCIETÀ COOPERATIVA, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Giovan Candido Di Gioia, Lorenzo Acquarone e Marcello Bolognesi, con domicilio eletto presso Giovan Candido Di Gioia in Roma, piazza Mazzini, n. 27;

nei confronti di

KCS CAREGIVER COOPERATIVA SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Federico Hernandez e Enrico Di Ienno, con domicilio eletto presso Enrico Di Ienno in Roma, viale Mazzini, n. 33;

QUADRIFOGLIO COOPERATIVA SOCIALE, ANCORA COOPERATIVA SOCIALE, ELLEUNO COOPERATIVA SOCIALE, COMUNE DI PORTOVENERE, COMUNE DI LERICI, ognuno in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, non costituiti in giudizio;

sul ricorso iscritto al numero di registro generale 6025 del 2012, proposto da:

KCS CAREGIVER COOP. SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Federico Hernandez e Enrico Di Ienno, con domicilio eletto presso Enrico Di Ienno in Roma, viale Mazzini, n. 33;

contro

COMUNE DI LA SPEZIA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Carrabba, Maria Teresa Barbantini Fedeli e Marcello Puliga, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

nei confronti di

COOPERATIVA SOCIALE COOPSELIOS, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Lorenzo Acquarone e Giovan Candido Di Gioia, con domicilio eletto presso Giovan Candido Di Gioia in Roma, piazza G. Mazzini, n. 27;

ANCORA SERVIZI SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE, COOPERATIVA SOCIALE IL QUADRIFOGLIO, ELLEUNO COOPERATIVA SOCIALE, ognuno in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, non costituiti in giudizio;

entrambi per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA, Sez. II, n. 746 del /2012, resa tra le parti, concernente approvazione verbali gara di aggiudicazione servizio assistenza domiciliare;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Cooperativa Sociale Coopselios Società Cooperativa in entrambi i giudizi, di Kcs Caregiver Cooperativa Sociale nel ricorso NRG. 5929/2012 e del Comune di La Spezia nel ricorso NRG. 6025/2012;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2013 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Marcello Puliga, Giovan Candido Di Gioia ed Enrico Di Ienno;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

I.1. Il Comune di La Spezia, capofila del Distretto Socio - Sanitario 18, con bando di gara pubblicato sulla G.U.C.E. n. 2011/S152 e per estratto sulla G.U.R.I. n. 93 dell’8 agosto 2011, ha indetto una procedura ristretta per l’affidamento quinquennale del servizio di assistenza domiciliare per i comuni di La Spezia, Lerici e Portovenere, per un importo complessivo di €. 8.173.360,00, IVA esclusa, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (a tal fine prevedendo l’attribuzione di 70 punti per l’offerta tecnica, di cui 40 per il progetto gestionale e 30 per la capacità organizzativa, e di 30 per quella economica).

Nel bando era fissato il termine del 19 settembre 2011 per l’invio da parte degli interessati delle richieste di essere invitati alla gara e quello del 30 settembre 2011 per la spedizione ai candidati, da parte dell’amministrazione appellante, degli inviti a presentare offerta; nel disciplinare era poi stabilito che i soggetti invitati avrebbero dovuto presentare le proprie offerte entro il termine perentorio del 7 novembre 2011 (ore 12).

All’esito della procedura di gara, cui sono state invitate tutte le imprese che ne avevano fatto richiesta, il servizio è stato aggiudicato definitivamente, giusta determinazione dirigenziale n. 1211 dell’8 marzo 2012, alla coop. sociale KCS Caregiver (d’ora in avanti solo KCS o aggiudicataria), la cui offerta ha conseguito complessivamente 100 punti.

I.2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, con la sentenza in forma semplificata n. 746 del 24 maggio 2012, pronunciata a seguito dell’udienza in camera di consiglio fissata per la delibazione dell’istanza cautelare di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati, nella resistenza del Comune di La Spezia e di KCS, ha accolto il ricorso proposto dalla cooperativa sociale Coopselios (d’ora in avanti Coopselios, quarta classificata nella gara in questione e precedente affidataria del servizio), annullando il provvedimento di aggiudicazione ed i relativi verbali della gara.

In particolare, il predetto tribunale ha ritenuto fondati ed assorbenti sia il primo motivo di censura (“Violazione e/o falsa applicazione dei principi in materia di segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti, dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., all’art. 1, L. n. 241/1990, all’art. 2, comma 1, e all’art. 27 del D. Lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per disparità di trattamento”), in quanto la verifica dell’integrità e l’apertura dei plichi spediti dalle imprese (contenenti, oltre la richiesta d’invito, anche le dichiarazioni sul possesso dei requisiti per l’ammissione alla gara) erano state effettuate da funzionari dell’amministrazione invece che dalla commissione giudicatrice ed erano inoltre avvenute in seduta segreta, anziché pubblica, sia il secondo motivo di censura (“Violazione e/o falsa applicazione dei principi di: unicità della Commissione di gara, di continuità delle operazioni di gara, di minimo intervallo temporale tra le sedute, di par condicio dei concorrenti, di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost., art. 1, L. n. 241/1990, art. 2, comma 1, e art. 84 del D. Lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria, per travisamento”), relativamente alla mancata adozione da parte della commissione di gara di idonee modalità di conservazione delle offerte presentate, con assorbimento di tutte le altre censure proposte.

I.3. Il Comune di La Spezia ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità alla stregua di due motivi di gravame.

Con il primo, lamentando “Erroneità e mancata valutazione delle norme riguardanti la procedura di gara art. 3 co. 38, art. 55, art. 20 Codice dei Contratti Pubblici. Erronea applicazione dell’art. 84 sia per quanto la sentenza ha ritenuto discernere da tale articolo, sia inoltre, per la ritenuta applicazione alla fattispecie dell’art. 84, anche in relazione all’art. 20 D. Lgs. 163.2006. violazione delle norme sul giusto procedimento e in particolare art. 10 co. 2 e T.U.E.L. 267/2000”, è stato evidenziato che i primi giudici avevano erroneamente applicato alla fase di pre – qualificazione i principi (di pubblicità delle operazioni di apertura dei plichi, nomina della commissione e valutazione da parte di quest’ultima della documentazione prodotta) che riguardavano invece la fase di gara (di valutazione delle offerte); non sussisteva pertanto il lamentato vizio, tanto più che la commissione di gara doveva essere nominata (come effettivamente avvenuto) solo dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte e ciò senza contare che le disposizioni in tema di pubblicità delle sedute della commissione di gara per l’apertura delle offerte, sulla cui violazione si fondava la decisione impugnata, erano state introdotte solo dall’art. 12 del decreto – legge n. 52 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 94 del 6 luglio 2012 ed erano pertanto inapplicabili ratione temporis alla procedura in esame; inoltre è stato rilevato che il contestato iter procedurale era assolutamente conforme alle previsioni del vigente regolamento comunale sui contratti, giammai impugnate.

Con il secondo motivo, poi, l’amministrazione appellante ha sottolineato che dall’esame dei verbali della commissione di gara non emergeva alcun elemento di dubbio sulla perfetta conservazione dei plichi contenenti le offerte, tanto più che la documentazione effettivamente valutata dalla commissione di gara era risultata corrispondente a quella riscontrata al momento dell’apertura, avvenuta in seduta pubblica, dei predetti plichi, tutte circostanze di fatto giammai contestate.

In detto giudizio, iscritto al NRG. 5929 dell’anno 2012, si sono costituiti sia KCS, che, previa riunione dell’appello in questione a quello da essa proposto iscritto al NRG. 6025 dell’anno 2012, ha chiesto l’annullamento e/o la riforma della sentenza impugnata, sostanzialmente aderendo ai motivi di gravame spiegati dall’amministrazione comunale di La Spezia, sia Coopselios che, oltre a resistere al gravame, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza, ha riproposto, con apposita memoria depositata il 6 agosto 2012, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di censura formulati in primo grado, non esaminati per assorbimento.

All’udienza in camera di consiglio dell’11 settembre 2012, fissata per la delibazione dell’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza, la causa è stata rinviata per la trattazione del merito all’udienza pubblica del 19 febbraio 2013.

I.4. Anche KCS ha chiesto la riforma della ricordata sentenza, denunciando “Erroneità della sentenza n. 746/2012 del TAR Liguria per violazione e falsa applicazione di legge. Erroneità della sentenza per travisamento dei fatti e dei presupposti; contraddittorietà ed illogicità manifesta; difetto di motivazione”.

In sintesi, dopo aver sostenuto che l’art. 84 del D. Lgs. n. 163 del 2006 non era applicabile al caso di specie per effetto dell’art. 20 del Codice dei contratti pubblici (trattandosi di una gara concernente i servizi di assistenza domiciliari ricompresi nell’allegato II B, per i quali trovano applicazione solo gli artt. 65, 68 e 225), KCS ha sostanzialmente spiegato gli stessi motivi di gravame sollevati dal Comune di La Spezia, contestando poi anche la fondatezza degli altri motivi di censura dedotti con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non esaminati per assorbimento.

In tale giudizio, iscritto al NRG. 6025 dell’anno 2012, si sono costituiti il Comune di La Spezia che, richiamando i motivi di gravame articolati nel proprio atto di appello (iscritto al NRG. 5929 dell’anno 2012), ha chiesto la riforma della sentenza impugnata, previa riunione dei due separati appelli, e Coopselios che, oltre a resistere al gravame, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza, ha riproposto, con apposita memoria depositata il 6 agosto 2012, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di censura formulati in primo grado, non esaminati per assorbimento.

Anche per tale giudizio all’udienza in camera di consiglio dell’11 settembre 2012, fissata per la delibazione dell’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza, è stato disposto il rinvio della trattazione direttamente nel merito per l’udienza pubblica del 19 febbraio 2013.

I.5. Nell’imminenza di quest’ultima tutte le parti hanno ritualmente depositato memorie, illustrando le proprie tesi difensive, insistendo nelle relative conclusioni e replicando a quelle avverse.

Alla pubblica udienza del 19 febbraio 2012, le due cause sono state chiamate separatamente e, dopo la rituale discussione, sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

II.1. Deve innanzitutto disporsi, ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a., la riunione degli appelli in esame, rivolti nei confronti della stessa sentenza.

II.2. La sostanziale identità dei motivi di gravame spiegati sia dal Comune di La Spezia che da KCS ne consente l’esame congiunto.

II.2.1. Con il primo mezzo di gravame è stato sostenuto che l’esame dei plichi nella seduta del 20 settembre 2011, che in quanto operato da funzionari dell’amministrazione invece che dalla commissione della gara avrebbe costituito motivo di illegittimità della gara, non riguardava la fase di gara (di valutazione dei contenuti dei plichi contenenti l’offerta), bensì quella procedimentale di pre – qualificazione dei candidati, nella quale non era neppure ipotizzabile la esistenza di una commissione giudicatrice (tanto più che la stessa non era stata neppure ancora nominata, né poteva esserlo, non essendo ancora scaduto il termine per la presentazione delle offerte); peraltro, mentre il Comune di La Spezia ha sottolineato che in ogni caso la procedura era assolutamente conforme alle previsioni regolamentari non impugnate, KCS ha invece negato la stessa applicabilità al caso di specie dell’articolo 84 del D. Lgs. n. 163 del 2006 in virtù della disposizione di cui all’art. 20 dello stesso decreto legislativo.

Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.

II.2.1.1. Innanzitutto deve respingersi la suggestiva tesi propugnata da KCS.

Infatti, benché la stessa non possa essere considerata generica o meramente ipotetica, come eccepito dall’appellata Coopselios, deve tuttavia rilevarsi che i vizi sollevati con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ritenuti fondati dai primi giudici, attengono alla asserita violazione da parte dell’amministrazione appaltante dei principi fondamentali di imparzialità e trasparenza in tema di gare ad evidenza pubblica, principi che costituiscono il bene giuridico tutelato dall’art. 84 del D. Lgs. n. 163 del 2006.

Orbene non solo a garanzia degli stessi principi è evidentemente ispirata la specifica previsione della lex specialis, secondo cui l’aggiudicazione sarebbe avvenuta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e la valutazione delle offerte sarebbe stata effettuata da una commissione giudicatrice appositamente nominata (peraltro dopo l’espletamento in seduta pubblica delle formalità relative alla verifica della regolarità dei plichi pervenuti nei termini stabiliti, dell’esame della documentazione amministrativa contenuta nella busta A e dell’apertura della busta B per la constatazione del suo contenuto, come si evince in particolare dalla lettura del paragrafo “svolgimento della gara” del disciplinare di gara, pag. 11), per quanto, ai sensi dell’art. 27 del D. Lgs. n. 163 del 2006, tutti gli affidamenti dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, ivi compresi quelli esclusi, in tutto o in parte, dell’applicazione del Codice dei contratti, avvengono “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità” (Cons. Stato, sez. V, 5 ottobre 2011, n. 5454).

E’ pertanto infondata la prospettazione di KCS, la cui condivisione finirebbe per postulare l’inammissibile sottrazione della gara in esame ai fondamentali principi di trasparenza ed imparzialità.

II.2.1.2. Quanto al resto il motivo di gravame è meritevole di favorevole considerazione.

Come emerge dalla documentazione in atti, per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare in questione l’amministrazione appaltante ha indetto una procedura ristretta, fissando il termine del 19 settembre 2011 per la presentazione da parte delle imprese interessate delle richieste di invito alla gara (punto IV.3.4.) e quello del 30 settembre 2011 per la spedizione ai candidati degli inviti a presentare le offerte (punto IV.3.5.); il disciplinare di gara, poi, al paragrafo 2 (“Modalità di presentazione e requisiti di ammissibilità delle offerte”) ha stabilito che le imprese avrebbero dovuto presentare entro il termine perentorio delle ore 12 del 7 novembre 2011 il plico contenente la documentazione necessaria per la partecipazione alla gara (vera e propria).

La lex specialis, coerentemente alle disposizioni dell’art. 3, comma 38, e dell’art. 55, comma 6, del D. Lgs. n. 163 del 2006 (a mente delle quali le procedure ristrette sono caratterizzate dal fatto che ogni operatore può chiedere di parteciparvi, potendo successivamente presentare un’offerta soltanto gli operatori economici in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando, invitati dalla stazione appaltante), ha previsto una fase di pre - qualificazione, volta ad individuare le imprese da invitare alla gara, ed una successiva fase di gara (vera e propria), imperniata sulla presentazione delle offerte da parte delle imprese (invitate e qualificate), con successiva aggiudicazione del servizio in favore di chi avesse formulato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

E’ stato evidenziato (sia pur con specifico riguardo alla licitazione privata, ma il principio è applicabile anche al caso di specie) che “…la prequalificazione ha natura di autonoma fase sub procedimentale funzionalmente diretta ad una prima selezione dei soggetti da invitare, con la conseguenza che l’individuazione in capo alle imprese partecipanti dei requisiti sostanziali richiesti dalla lettera di invito non può essere anticipata alla preliminare fase della preselezione, ma deve essere riferita al momento della vera e propria individuazione del contraente, ossia al momento dell’aggiudicazione dell’appalto” (Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2012, n. 266).

L’esame delle richieste delle ditte di essere invitate alla gara in questione (che ha costituito l’oggetto dell’attività verbalizzata il 20 settembre 2011) non doveva perciò essere effettuata dalla commissione di gara, sia perché non vi era da compiere alcuna attività di valutazione delle offerte (che in realtà neppure esistevano), sia perché la commissione stessa non era stata nominata e non poteva neppure esserlo, in virtù delle inequivocabili disposizioni contenute nel comma 10, dell’articolo 84, del citato Codice dei contratti pubblici, secondo cui la nomina e la costituzione della commissione per la valutazione delle offerte devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte: anche tale regola costituisce attuazione del principio di trasparenza ed imparzialità della procedura selettiva (Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2012, n. 4769).

A ciò consegue che legittimamente nel caso in esame l’esame delle richieste delle ditte di essere invitate alla gara in questione è stata operata dagli uffici (e dai funzionari) dell’amministrazione appaltante, a nulla rilevando che essi abbiano dovuto e potuto verificare anche la sussistenza dei requisiti di ammissione alla gara, trattandosi di attività che in ogni caso non spettava affatto alla commissione giudicatrice (delle offerte).

II.2.2. E’ ugualmente fondato il secondo motivo di gravame, pur esso comune ad entrambi agli appelli, con cui è stata denunciata l’erroneità della sentenza per aver ritenuto fondata la doglianza di primo grado, relativa alla mancata adozione da parte della commissione di gara di idonee modalità di conservazione delle offerte presentate.

II.2.2.1. La Sezione non ignora che in ordine alle modalità di conservazione e di custodia delle buste contenenti le offerte (e circa la consistenza del relativo onere di verbalizzazione) si sono manifestati due contrapposti orientamenti giurisprudenziali; un primo, più rigoroso (di cui la sentenza impugnata ha fatto applicazione), secondo cui l’omessa menzione nei verbali di gara delle specifiche cautele adottate a tutela dell’integrità e della conservazione delle buste contenenti le offerte determinerebbe di per sé l’illegittimità delle operazioni di gara, indipendentemente dalla dimostrazione dell’effettiva manomissione delle buste e del loro contenuto (cfr., ad es., Cons. Stato, Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862), ed un secondo, secondo cui sarebbe invece necessario addurre elementi concreti e specifici tali da far ritenere probabile, o quanto meno possibile, la sostituzione delle buste, la manomissione delle offerte o eventuali altri fatti rilevanti ai fini della regolarità della procedura (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 18 ottobre 2011, n. 5579 e, più di recente, Sez. III, 14 gennaio 2013, n. 145).

Tale contrasto giurisprudenziale, pur macroscopicamente e suggestivamente apprezzabile in modo diretto sul piano della ricognizione dei principi risultanti dalle massime delle relative pronunce, si presenta tuttavia più attenuato allorquando si procede ad un esame accurato delle concrete situazioni che ne hanno costituito il substrato materiale, emergendo aspetti peculiari tali da destare quanto meno un ragionevole sospetto circa un’avvenuta effettiva manomissione dei documenti di gara o anche il solo rischio concreto che tale manomissione potesse verificarsi.

Peraltro, com’è stato recentemente osservato (Cons. Stato, sez. III, 5 febbraio 2013, n. 688), nella questione in esame non può prescindersi dal considerare che nelle gare di appalto l’amministrazione ha la piena disponibilità e l’integrale responsabilità della conservazione degli atti di gara, cui in corso del procedimento l’interessato non può subito accedere, giusto quanto stabilito dall’art. 13, comma 2, del D.lgs. n. 163 del 2006, e che spetta quindi alla stessa, ma solo a fronte di una seria e non emulativa allegazione presuntiva dell’interessato circa l’effetto di non genuinità degli atti stessi e fermo il diritto d’accesso, di dar idonea contezza dell’efficacia dei metodi di custodia in concreto adoperati, a tal fine dimostrandola non solo con il verbale (che di per sé ha fede privilegiata), ma pure con ogni idoneo mezzo di prova.

Le anomalie che devono quindi essere quantomeno allegate per dimostrare un interesse non emulativo alla custodia dei plichi possono ragionevolmente ricondursi all’eccessiva durata delle operazioni di gara, all’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica (Consiglio di Stato, Sez. V, 28 marzo 2012, n. 1862), alla sottrazione di un documento di gara ad opera di ignoti ovvero alla presenza di effettivi, puntuali e circostanziati elementi di fatto, idonei a poter essere apprezzati come ragionevoli o non illogici e arbitrari indizi o sintomi di una possibile manomissione dei documenti di gara (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 luglio 2011, n. 4487).

In definitiva, in presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi, così che la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite, è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto, quali anomalie nell’andamento della gara ovvero specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa esser verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fine della regolarità della procedura.

A tale ragionevole e condivisibile impostazione si è attenuta questa stessa Sezione anche con la recentissima sentenza n. 978 del 18 febbraio 2013, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, con la quale è stato significativamente ribadito che: “a) la mancata dettagliata indicazione nei verbali di gara delle specifiche modalità di custodia dei plichi e degli strumenti utilizzati per garantire la segretezza delle offerte non costituisce di per sé motivo di illegittimità del verbale e della complessiva attività posta in essere dalla commissione di gara, dovendo invece aversi riguardo al fatto che, in concreto, non si sia verificata l’alterazione della documentazione; b) la mancanza delle citate cautele assume solo un ruolo indiziario rispetto alla dimostrazione di concreti elementi che facciano dubitare della corretta conservazione, occorrendo comunque provare che vi sia stata una violazione dell’integrità e segretezza dei plichi; c) se il verbale indica che i plichi sono conservati in luogo chiuso, senza ulteriori specificazioni, e se in ciascun verbale si dichiara che i plichi pervenuti risultano tutti integri e debitamente sigillati e firmati sui lembi di chiusura, facendo il verbale prova fino a querela di falso, si deve escludere sia avvenuta una manomissione e che le operazioni di gara siano illegittime; d) una esegesi integrativa dell’art. 78 del Codice dei contratti pubblici consente di definire una più precisa distribuzione dell’onere della prova tra i due soggetti del rapporto procedimentale, tanto affinché tale integrazione non si risolva nella distorsione dei canoni di logicità e di buon andamento dell’attività amministrativa anche nei casi di evidenza pubblica, se non addirittura, in un controllo meramente formale della verbalizzazione, più che del riscontro oggettivo dei fatti…”.

II.2.2.2. Applicando tali principi alla fattispecie in esame le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici non possono trovare conferma.

Infatti, non solo in tutti i verbali delle sedute della Commissione Esaminatrice (dal n. 1 al n. 14, mentre il verbale n. 15 in data 24 febbraio 2012 è quello finale contenente la predisposizione della graduatoria di merito, l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e la proposta di aggiudicazione del servizio a KCS) è espressamente riportato che al termine delle operazioni (di ogni riunione) il Presidente ha disposto “…la conservazione, in luogo chiuso e idoneo, dei documenti oggi esaminati e di tutta la restante documentazione di gara, affidandone la custodia alla segreteria tecnica”, per quanto non vi è alcun elemento che faccia ragionevolmente dubitare dell’effettiva perfetta custodia dei plichi, né Coopselios ha indicato fatti, gravi e precisi, idonei a presumere un eventuale rischio di manomissione dei plichi e dei documenti in essi contenuti.

Non può sottacersi del resto che, come si ricava dalla lettura dei relativi verbali, sia alla pubblica seduta del 9 novembre 2011, in cui si è proceduto all’apertura dei plichi contenenti le offerte (in particolare sia la busta A, recante la documentazione amministrativa, sia quella B, recante l’offerta economica), sia a quella del 24 febbraio 2012 (quindicesima seduta della commissione esaminatrice, in cui tra l’altro si è proceduto all’apertura della busta contenente l’offerta economica) è stato presente un rappresentante della predetta Coopselios, il quale non ha svolto alcuna osservazione, né ha rilevato vizi sulle effettive modalità di conservazione dei plichi contenenti le offerte, né ha manifestato dubbi su possibili eventuali manomissioni, pur essendo evidentemente quello il momento appropriato per poter effettivamente apprezzare elementi e segni in tal senso, essendo possibile allora procedere in modo diretto ed immediato alla verifica di fatto dei plichi stessi.

Può anche aggiungersi che nessuna delle imprese che hanno partecipato alla gara ha lamentato la mancata valutazione di documenti presenti nei plichi contenenti l’offerta; il che costituisce prova indiretta, o quanto meno un indizio significativo, della insussistenza di manomissioni (e anche di eventuali rischi di manomissione) dei plichi.

Non può ritenersi sussistente il vizio denunciato dalla ricorrente in primo grado, non emergendo in punto di fatto, né essendo stati altrimenti addotti, significativi elementi di fatto idonei a far dubitare della corretta conservazione dei plichi e della loro integrità o quanto meno a far ritenere possibile una loro eventuale manomissione.

II.3. All’accoglimento degli esaminati motivi di gravame consegue la riforma della sentenza impugnata, il che impone l’esame degli altri motivi di censura spiegati da Coopselios con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, non esaminati per assorbimento dai primi giudici, ma ritualmente riproposti nel presente grado di giudizio.

II.3.1. Con il secondo motivo, denunciando “Violazione e/o falsa applicazione dei principi di: unicità della Commissione di gara, di continuità delle operazioni di gara, di minimo intervallo temporale tra le sedute, di par condicio dei concorrenti, di imparzialità e buon andamento ex art. 97 Cost., art. 1, L. n. 241/1990, art. 2, comma 1, e art. 84 del D. Lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria, per travisamento”, Coopselios (oltre al profilo di censura concernente le modalità di conservazione dei plichi contenenti le offerte) aveva dedotto l’illegittimità della procedura di gara non solo a causa dell’avvenuta sostituzione, per ben due volte, di componenti della commissione di gara, con violazione del principio di immutabilità del collegio perfetto, tanto più che si ignorava l’idonea esperienza dei nuovi commissari e l’assenza di cause di incompatibilità rispetto ai concorrenti, ma anche per la ingiustificata durata dell’attività di valutazione, protrattasi per oltre tre mesi e frazionata in quattordici sedute, con macroscopica violazione del principio di continuità della gara.

Le doglianze non meritano di essere accolte.

II.3.1.1. Quanto al primo profilo si osserva in punto di fatto che, come risulta dalla documentazione versata in atti fin dal primo grado di giudizio (il che esclude la necessità di un’apposita attività istruttoria sul punto), nominata con determinazione n. 443 del 14 novembre 2011 la commissione per la valutazione delle offerte pervenute, successivamente con determinazione n. 512 del 14 dicembre 2011 la sig. A.S. Concetta Versi, funzionaria tecnica dei servizi sociosanitari, è stata sostituita a causa di sopravvenuti gravi motivi familiari dalla sig. A.S. Elisabetta Soprano, anch’essa funzionario tecnico dei servizi sociosanitari, e con determinazione n. 800 del 17 febbraio 2012 la dott.ssa Filomena D’Isanto, funzionario amministrativo dei servizi sociosanitari, per gravi motivi di salute, è stata sostituita dalla sig. Miriana Castrignanò, anch’essa funzionario amministrativo dei servizi sociosanitari.

Non vi è ragione di dubitare della legittimità delle predette sostituzioni, non sussistendo un principio assoluto di unicità ed immodificabilità delle commissione giudicatrici (la cui applicazione del resto, come nel caso di specie, finirebbe col negare in radice gli stessi principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui all’articolo 97 della Costituzione, paralizzando l’attività dell’amministrazione), dovendo detto principio recedere ogni qualvolta si verifichi un’obiettiva situazione di indisponibilità di uno dei componenti della commissione (Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2010, n. 8400; 5 novembre 2009, n. 6872).

Peraltro, anche a prescindere dalla circostanza che non è stata minimamente messa in discussione la stessa esistenza dei motivi che hanno determinato quelle sostituzioni, dalla mera lettura dei provvedimenti di sostituzione si evince che i sostituti hanno la stessa qualifica dei commissari sostituiti e non vi è alcuna ragione per dubitare della loro idoneità, sotto il profilo della capacità professionale ed esperienza a svolgere le funzioni di componente della commissione di valutazione delle offerte della gara in esame (né del resto in senso contrario Coopselios ha indicato fatti o elementi indiziari di dubbio); egualmente è a dirsi quanto alla problematica della presunta asserita incompatibilità dei sostituti, in relazione alla quale non è stato offerto alcun elemento, neppure a livello indiziario, idoneo a far sospettare della imparzialità dei nuovi componenti della commissione, non potendo costituire motivo di illegittimità della procedura di gara la mera mancanza di una dichiarazione degli stessi in ordine all’assenza di cause di incompatibilità.

II.3.1.2. Quanto al secondo profilo la Sezione osserva che sebbene, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, le garanzie di imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza dell’azione amministrativa, postulano che le sedute di una commissione di gara debbano ispirarsi al principio di concentrazione e continuità e che, conseguentemente, la valutazione delle offerte tecniche ed economiche deve avvenire in una sola seduta, senza soluzione di continuità, al fine di scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l’assoluta indipendenza di giudizio dell’organo incaricato della valutazione stessa, è stato tuttavia anche sottolineato che tale principio è soltanto tendenziale (Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2006, n. 4657; sez. IV, 5 ottobre 2005, n. 5360) ed è suscettibile di deroga, potendo verificarsi situazioni particolari che obiettivamente impediscono l’espletamento di tutte le operazioni in una sola seduta (Cons. Stato, sez. V, 23 novembre 2010, n. 8155; 3 gennaio 2002, n. 5; 16 novembre 2000, n. 6388), dovendo in questo caso essere minimo l’intervallo tra una seduta e predisporre adeguate garanzie di conservazione dei plichi (Cons. Stato, sez. III, 31 dicembre 2012, n. 6714).

Nel caso in esame l’attività di valutazione delle offerte tecniche presentate dalle imprese partecipanti alla gara è durata meno di due mesi, in particolare dal 30 novembre 2011 (verbale n. 1) al 27 gennaio 2012 (verbale n. 13, laddove nella seduta del 24 febbraio 2012, verbale n. 14, si è proceduto all’apertura delle buste contenente l’offerta economica), periodo che, anche con riferimento alla complessità delle operazioni svolte (di cui i singoli verbali delle sedute danno ampiamente atto), non può essere considerato eccessivo, arbitrario o illogico (anche in ragione dell’intervenuta necessità di sostituire due componenti della commissione), a nulla rilevando che i singoli verbali non contengano alcuna menzione circa la necessità di aggiornare di volta in volta l’attività della commissione, fissando una nuova riunione; né d’altra parte è logico e ragionevole ritenere che le complesse e articolate operazioni di valutazione delle offerte (indicate nei verbali della commissione) potessero effettivamente esaurirsi in un’unica riunione.

Non sussiste pertanto la dedotta violazione del principio di concentrazione e continuità delle operazioni di valutazione, tanto più che, come è già stato evidenziato, dal solo numero delle sedute della commissione di gara non possono farsi discendere sospetti circa la regolarità delle operazioni di valutazione (Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2012, n. 5105).

II.3.2. E’ poi infondato il terzo motivo del ricorso di primo grado, con cui Coopselios aveva lamentato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 27, 83 e 84 del D. Lgs. n. 163/2006; violazione del divieto di commistione fra elementi di valutazione dell’offerta e requisiti dell’offerente; violazione del principio della diretta connessione tra i criteri valutativi dell’offerta e l’oggetto dell’appalto. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria, per travisamento”, con riferimento alle disposizioni della lex specialis che prevedevano l’attribuzione di 30 punti (su 70) ad elementi (“Operatori stabili addetti all’attività di assistenza domiciliare alle dipendenze della ditta alla data del 31 maggio 2011 con riferimento all’anzianità di servizio a tempo indeterminato per ciascun addetto”; “Modalità organizzative in relazione al territorio e alle aree tematiche anziani, adulti, minori, disabili, psichiatrici, soggetti fragili con disturbi legati anche alla tossicodipendenza”; “Modalità, strumenti e professionalità utilizzati per la selezione e la sostituzione del personale”; “Modalità, strumenti e professionalità utilizzati per l’attenzione agli aspetti emotivi degli operatori”; “Sistema di monitoraggio sullo svolgimento dei servizi, modalità, strumenti per il controllo e la valutazione della qualità delle prestazioni con esposizione degli indicatori quali-quantitativi adottati, con particolare riferimento gli strumenti utilizzati per la verifica e il controllo della qualità delle relazioni con gli utenti e le famiglie”), che, lungi dal costituire caratteristiche dell’offerta, erano relativi alla qualità delle imprese partecipanti.

In realtà, se non può dubitarsi dell’esistenza di un generale principio regolatore delle gare pubbliche che vieta la commistione fra i criteri soggettivi di qualificazione e quelli oggettivi di valutazione delle offerte, principio la cui ratio deve essere rintracciata nell’esigenza di assicurare la più ampia possibilità di partecipazione delle imprese alle gare attraverso la rigida separazione tra requisiti di partecipazione e requisiti dell’offerta e dell’aggiudicazione (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 18 giugno 2012, n. 3550; sez. VI, 4 ottobre 2011, n. 5434; sez. V, 8 settembre 2010, n. 6490), tale principio non può tuttavia ritenersi eluso o violato allorché gli aspetti organizzativi non sono destinati ad essere apprezzati in quanto tali, in modo avulso dall’offerta, come dato relativo alla mera affidabilità soggettiva, ma piuttosto quale garanzia della prestazione del servizio secondo le modalità prospettate nell’offerta, come elemento cioè incidente sulle modalità esecutive dello specifico servizio e quindi come parametro afferente alle caratteristiche oggettive dell’offerta (Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2012, n. 266).

Nel caso in esame, diversamente da quanto pur suggestivamente prospettato dalla ricorrente Coopselios, i ricordati elementi di valutazione dell’offerta non ineriscono a requisiti soggettivi delle imprese, facendo invece riferimento alle concrete modalità di esecuzione della prestazione e riguardano elementi oggettivi dell’offerta.

Infatti, come convincentemente osservato dall’amministrazione comunale, nel servizio di assistenza domiciliare la dimensione territoriale individua l’indefettibile substrato fattuale in cui le problematiche sociali si sviluppano e devono trovare adeguata risposta, così che le relative modalità di organizzazione dell’impresa non costituiscono indici soggettivi di un’astratta capacità di fornire il servizio, bensì concreti elementi oggettivi di efficienza ed efficacia della proposta progettuale offerta; ad identiche conclusioni deve giungersi per quanto riguarda i criteri di valutazione concernenti “modalità, strumenti e professionalità utilizzati per la selezione e la sostituzione del personale” e “modalità, strumenti e professionalità utilizzati per l’attenzione agli aspetti emotivi degli operatori”, con cui la lex specialis ha inteso apprezzare non già l’astratta idoneità delle imprese di eseguire il servizio sociale, quanto piuttosto le concrete risorse umane e le relative obiettive modalità di selezione (in ragione delle effettive situazioni di disagio delle persone), quali elementi significativi dell’offerta presentata e sintomatici della sua completezza, affidabilità ed effettiva capacità di garantire l’adeguato soddisfacimento dei bisogni di cui al servizio oggetto della procedura di affidamento.

Anche il “sistema di monitoraggio sullo svolgimento dei servizi, modalità, strumenti per il controllo e la valutazione della qualità delle prestazioni con esposizione degli indicatori quali-quantitativi adottati, con particolare riferimento agli strumenti utilizzati per la verifica e il controllo della qualità delle relazioni con gli utenti e con le famiglie” costituisce evidentemente uno strumento di controllo della concreta prestazione del servizio indicato nell’offerta e non un requisito soggettivo di capacità professionale, sotto il profilo tecnico – operativo, dell’impresa offerente; così come il numero minimo di operatori stabili dell’impresa offerente addetti all’attività di servizio di assistenza domiciliare alla data del 31 maggio 2011 non è elemento di qualificazione dell’impresa stessa, ma indice di affidabilità e realizzabilità dell’offerta.

II.3.3. Coopselios aveva anche dedotto col ricorso introduttivo del giudizio di primo grado “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 27, 83 e 84 del D. Lgs. n. 163/2006; violazione del divieto di creazione in sede di gara di sub – criteri; violazione del principio di proporzionalità. Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 e s.m.i.. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione. Illogicità e irrazionalità”, sostenendo che dalla lettura dei verbali dei lavori della commissione, quest’ultima, all’atto della valutazione delle offerte, aveva inammissibilmente introdotto paramenti valutativi nuovi e diversi rispetto a quelli previsti dalla lex specialis. Ciò in particolare si sarebbe verificato, esemplificativamente: a) per l’elemento “Operatori stabili addetti all’attività di assistenza domiciliare alle dipendenze della ditta alla data del 31.05.2011 con riferimento all’anzianità di servizio a tempo indeterminato per ciascun addetto”, in relazione al quale la commissione avrebbe subordinato la valutazione della stabilità del personale al superamento della soglia minima di 50 addetti, aggiungendo che la stabilità dell’organico aziendale sarebbe stata misurata in termini percentuali di raffronto, rispetto al totale degli occupati, tra operatori con anzianità superiore ai tre anni e quelli con anzianità/inferiore; b) per l’elemento di cui al punto 2 Programma di formazione che l’I.A. intende realizzare, che dovrà essere incentrato su percorsi formativi che riguardino gli aspetti relazioni, di reciprocità e di rete con indicazione dei tempi di svolgimento. In particolare la formazione dovrà avere ad oggetto le seguenti aree tematiche; metodologiche e strumenti operativi nel settore socio – assistenziale, tecniche di gestione dell’aggressività nella relazione di aiuto, tecniche di gestione del conflitto e negoziazione, fattori di rischio, lavoro in rete. L’offerta formativa dovrà essere organizzata secondo una logica di rete che oltre ai dipendenti dell’I.A. coinvolga anche il volontariato, l’associazionismo locale e di dipendenti dei Servizi Sociali dei Comuni di La Spezia, Lerici e Portovenere), la commissione avrebbe attribuito il punteggio in ragione del criterio del “livello di qualificazione dei docenti”.

Peraltro, sempre secondo la ricorrente, l’attribuzione dei punteggi non era stata né proporzionale, né ponderata, rendendo pertanto impossibile la comprensione del metodo seguito dalla commissione per la valutazione degli elementi dell’offerta e l’attribuzione dei punteggi (con riguardo, sempre a titolo di esempio, agli “operatori stabili” e alla “capacità organizzativa”).

La articolata doglianza è priva di giuridico fondamento.

La previsione secondo cui, quanto al sub – criterio n. 5 (relativo agli operatori stabili addetti ad attività di assistenza domiciliare alle dipendenze dell’impresa concorrente alla data del 31 maggio 2011), il punteggio sarebbe stato assegnato solo a partire da un minimo di 50 operatori, non è stata affatto introdotta dalla commissione di gara, essendo presente invece già nel disciplinare di gara (pag. 8), mentre il riferimento operato dalla commissione di gara ad un’anzianità di almeno tre anni per ogni addetto all’attività di assistenza domiciliare dell’impresa offerta si atteggia ad un elemento obiettivo di valutazione del requisito della stabile adibizione dell’addetto al servizio in parola, il triennio di servizio essendo il periodo normativamente previsto oltre il quale un rapporto di lavoro a tempo determinato si trasforma in rapporto a tempo indeterminato, acquisendo dunque la caratteristica di stabilità.

I pretesi nuovi, ulteriori e diversi criteri che, secondo la ricorrente, sarebbero stati introdotti dalla commissione di gara, individuano in realtà gli elementi obiettivi (di fatto) cha hanno guidato l’organo valutativo, delineandone l’iter logico – giuridico e costituendo pertanto solo la motivazione del punteggio assegnato alle offerte.

A ciò consegue che la censura in esame è infondata anche in relazione alla pretesa incomprensibilità delle modalità di attribuzione del punteggio e delle relative giustificazioni, essendo appena il caso di rilevare che il disciplinare di gara, per ognuno dei singoli sub – criteri di valutazione delle offerte, indicava, in ragione del punteggio massimo attribuibile ad essi, i punteggi corrispondenti ai giudizi espressi (ottimo, buono, sufficiente, insufficiente, gravemente insufficiente).

Nessun vizio è poi dato rinvenire nell’attività valutativa compiuta dalla commissione di gara per la circostanza che l’attribuzione dei conteggi non sarebbe stata proporzionale, né ponderata, atteso che, anche a prescindere dalla genericità della censura, nessun onere od obbligo in tal senso risulta dalla lex specialis di gara che sul punto non è stata fatta oggetto di alcuna rituale contestazione.

II.3.4. Resta infine da esaminare il quinto motivo di censura sollevato col ricorso di primo grado, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 27, 83, 84 e 86 del D. Lgs. n. 163/2006; violazione del principio di proporzionalità. Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 e s.m.i. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione. Illogicità ed irrazionalità”, con cui Coopselios aveva rilevato l’omessa verifica di anomalia nei riguardi dell’offerta presentata da KCS, aggiudicataria, benché tale offerta recasse un ribasso che all’esito della verifica, se disposta, sarebbe risultato assolutamente non sostenibile (in particolare essendo state inspiegabilmente escluse dal costo del lavoro alcune voci obbligatorie secondo la normativa vigente e le previsioni del CCNL di categoria, quali il rimborso chilometrico; la formazione professionale e quella obbligatoria in materia di sicurezza, privacy e HACCP; gli scatti di anzianità e le indennità del personale in carico all’attuale gestore; la maggiorazione per i giorni festivi e la reperibilità).

La censura è in realtà inammissibile, ancor prima che infondata.

E’ pacifico invero che nella gara in questione Coopselios si è classificata al quarto posto, con punti 63,369602, preceduta dalla cooperativa KCS Karegiver con punti 100, dalla cooperativa Ancora con punti 86,869550 e dalla cooperativa Elleuno con punti 77,330397.

In virtù di tale collocazione l’eventuale accoglimento della censura in esame (diversamente da quelle precedente esaminate, la cui fondatezza avrebbe potuto determinare la caducazione dell’intera gara soddisfacendo l’interesse strumentale alla sua ripetizione) non è idonea ad assicurare alcuna utilità alla ricorrente, giacché l’eventuale illegittimità dell’aggiudicazione avrebbe effetti favorevoli in modo diretto ed immediato soltanto nei confronti della cooperativa seconda classificata; né del resto Coopselios ha provato, com’era pure suo onere, l’eventuale illegittimità dell’ammissione alla gara delle cooperative classificatesi rispettivamente al secondo ed al terzo posto e tanto meno l’illegittimità dei punteggi assegnati alle relative offerte rispetto a quello attribuito alla propria.

Ciò rende inammissibile il motivo per carenza di interesse.

In ogni caso la Sezione osserva che, come si ricava dalla documentazione versata in atti, l’amministrazione appaltante ha richiesto a KCS elementi giustificativi dell’offerta presentata (che pure non era risultata anomala), forniti con nota in data 2 marzo 2012, in virtù dei quali l’offerta è stata ritenuta congrua e attendibile con un giudizio che, in quanto ampiamente discrezionale, si sottrae al sindacato di legittimità, non essendo immediatamente apprezzabili macroscopici elementi di irragionevolezza, irrazionalità, illogicità ed arbitrarietà ed atteggiandosi al riguardo la posizione della ricorrente a mero inammissibile dissenso fondato peraltro su convinzioni soggettive (asserita impossibilità di sostenere l’onere del servizio in relazione al ribasso indicato).

III. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte gli appelli del Comune di La Spezia e di KCS Karegiver, previa riunione, devono accolti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado da Coopselios deve essere in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in appello proposti dal Comune di La Spezia (NRG. 5929/2012) e da KCS (NRG. 6025/2012) entrambi avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria, sez. II, n. 746 del 24 maggio 2012, li riunisce e li accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, in parte respinge ed in parte dichiara inammissibile il ricorso proposto in primo grado dalla cooperativa sociale Coopselios.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolò Lotti, Consigliere

Carlo Schilardi, Consigliere

Giancarlo Luttazi, Consigliere