Tar Sicilia, Palermo, Sezione I, 14 febbraio 2013, n. 351.
Tar Sicilia, Palermo, Sezione I, 14 febbraio 2013, n. 351.
Filoreto D'Agostino, Presidente - Nicola Maisano, Consigliere, Estensore1. La soluzione adottata dalla giurisprudenza amministrativa, in modo ampiamente prevalente, dalla giurisprudenza amministrativa secondo la quale: (i) non può ritenersi meritevole di tutela “l’interesse strumentale” alla partecipazione ad una nuova gara e conseguentemente i motivi – di carattere escludente – contenuti nel ricorso incidentale sono da esaminare sempre in via prioritaria rispetto a quelli del ricorso principale; (ii) una volta accolto il ricorso incidentale, il ricorso principale sarebbe inammissibile in quanto proposto da soggetto privo della necessaria legittimazione; determina una grave disparità di trattamento tra le parti in giudizio, contraddicendo uno dei principi cardine del processo, peraltro espressamente ribadito, in termini generali, proprio nella decisione dell’A.P. n. 4/2011 che ha definitivamente accolto tale giurisprudenza e, proprio per tale ragione, va rimeditato.
2. Non è condivisibile (in quanto sovrappone i concetti di condizioni dell’azione, che devono sussistere in linea teorica, con il merito delle pretese azionate, la cui fondatezza va invece verificata in concreto) la ricostruzione secondo la quale l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale comporta l’illegittimità della partecipazione alla gara del ricorrente principale, che dalla stessa avrebbe dovuto essere escluso; e la conseguente mancanza della condizione di legittima partecipazione alla gara priverebbe il ricorrente della legittimazione a proporre ricorso, che sarebbe conseguentemente inammissibile. Infatti, a parità di vizi o di fondatezza degli stessi è ineludibile la circostanza che l’ordine di trattazione dei ricorsi determina l’esito della controversia, con compromissione del principio della parità delle parti.
3. Le condizioni dell’azione devono sussistere al momento della proposizione dell’azione e persistere al momento in cui una controversia viene posta in decisione. L’accertata persistenza a quello specifico momento radica nel giudice il dovere di una pronuncia che ne presupponga la sussistenza, senza che possa operarsi alcuna rinnovazione valutativa in dipendenza dell’ordine nel quale, nel contesto decisorio, vengono trattate le diverse questioni. Contrariamente argomentato tale metodica si risolverebbe, nei fatti, in una manipolazione del contesto nel quale la pronuncia andrà a incidere. L’unica rivalutazione ipotizzabile e considerabile come ammissibile dall’ordinamento è quella eccezionale dell’evento nuovo ed esterno occorso tra l’assegnazione della causa a sentenza e la formazione e pubblicazione della pronuncia che incida in modo sensibile sul precisato contesto (ad esempio entrata in vigore di norma che disciplina la specifica vicenda anche per il passato in modo diverso da quello sul quale si sarebbe formato il giudizio) e quindi anche, per effetti propri del fatto nuovo quale il precetto retroattivo, sulle condizioni dell’azione. Al di là di questa peculiare circostanza, non si vede come possa assumere rilievo una situazione diversa da quella complessivamente definita nei due momenti su indicati, nei quali la parte ha piena disponibilità: diversamente opinando occorrerebbe, con un’operazione inaccettabile sotto un profilo logico prima ancora che giuridico, conferire valenza di fatto nuovo ed estraneo alla valutazione del giudice sulla sussistenza delle condizioni dell’azione espressa come giudizio a posteriori. Siffatta soluzione condurrebbe alla liquidità della stessa nozione di condizioni dell’azione, sottomettendola concettualmente non già alla posizione delle parti come radicata nel corso del giudizio, ma alle valutazioni successive di un organo terzo e, per questo, inabilitato a innovarle, seppur legittimato a conoscerle in ragione della loro portata sulla situazione sostanziale della quale si richiede tutela. A maggior ragione tale metodica non può esserre ammessa quando la valutazione di inammissibilità del ricorso principale intervenga in conseguenza del positivo scrutinio delle censure contenute in un atto diverso per contenuto e provenienza quale il ricorso incidentale. Il che pare non coerente alla struttura e alla funzione del processo. A prescindere dal merito delle pretese azionate, è fino al momento del passaggio in decisione del ricorso che occorre verificare la legittimazione e l’interesse a ricorrere; momento nel quale, in linea di massima, le condizioni dell’azione sussistono sia in capo al ricorrente principale sia a quello incidentale, o comunque prescindono dalle decisioni che verranno adottate dal giudice. Ne consegue che il giudice è tenuto ad esaminare sia i motivi contenuti nel ricorso principale sia in quello incidentale, pervenendo agli eventuali annullamenti che derivano dall’accoglimento delle censure proposte, ove ritenute fondate.
4. L’interesse della parte deve sussistere quando si instaura la controversia e quando la stessa viene posta in decisione, mentre è evidente che l’esito del giudizio non deve necessariamente soddisfare l’interesse delle parti, che – valutato in astratto - ha costituito una condizione essenziale per l’instaurazione della causa, ma che non necessariamente viene in concreto soddisfatto al suo esito. Conferma questa ricostruzione la possibilità di dichiarare d’ufficio la nullità dei provvedimenti che vengono in rilievo, come disciplinata dall’art. 31 comma 4, c.p.a.; tale eventuale decisione si inserisce in un processo di parti, ma prescinde dalla concreta utilità che alle parti medesime possa derivare.
BREVI ANNOTAZIONI
OGGETTO DELLA PRONUNCIA
La sentenza del Tar Sicilia affronta nuovamente i rapporti processuali tra ricorso incidentale e ricorso principale. I giudici siciliani rivisitano e superano la giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/11 in merito all’ordine di trattazione delle due impugnative nell’ottica di garantire la parità delle parti di giudizio. Il Tar, infatti, conclude per il necessario esame anche del gravame principale seppure in presenza di un ricorso incidentale che risulti fondato nel merito.
CONSIDERAZIONI
Per un esauriente ragionamento sulla tematica oggetto della presente sentenza si cfr. C. Varrone, Il Consiglio di Stato sull’esame pregiudiziale del ricorso incidentale nelle procedure di evidenza pubblica: presupposti e limiti, in questa rivista, Febbraio 2013.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1201 del 2012, proposto da:
PFE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Ilardo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Nino Bullaro sito in Palermo, via Leonardo Da Vinci N. 94;
contro
Airgest s.p.a. Società di Gestione Aeroporto di Trapani Birgi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Riccardo Rotigliano e Carmela Mangalaviti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Riccardo Rotigliano sito in Palermo, via Nunzio Morello N. 20;
nei confronti di
Gestione Servizi Ambientali s.r.l. in proprio e n.q. di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese con Zenith Service Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
Zenith Service Group s.r.l., in proprio e n.q. di mandante del costituendo raggruppamento temporaneo d’imprese con Gestione Servizi Ambientali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
entrambe rappresentate e difese dagli avv. Domenico Gentile, Domenico Galli e Fulvio Ingaglio La Vecchia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fulvio Ingaglio La Vecchia sito in Palermo, via G. Arimondi N. 2/Q;
per l'annullamento
- dei verbali di gara tutti, pubblici e riservati, relativi alla procedura aperta avente ad oggetto "l'Affidamento del servizio di pulizia e manutenzione aree verdi presso l'aeroporto civile V. Florio di Trapani Birgi”, nella parte in cui è stata ammessa in gara la costituenda ATI tra le imprese G.S.A. s.r.l. (capogruppo) e la Zenith Service Group s.r.l. (mandante) che, per converso, avrebbe dovuto essere esclusa, nonché nella parte in cui è stata disposta l'aggiudicazione provvisoria nei confronti della stessa;
- del provvedimento di aggiudicazione definitiva adottato in data 22 maggio 2012, prot. int. n.602/12, comunicato alla PFE s.p.a., a mezzo telefax, in data 23 maggio 2012;
- in quanto occorra, della comunicazione di avvenuta aggiudicazione definitiva del 23 maggio 2012;
- ove intervenuta, della verifica dei requisiti della suddetta costituenda ATI;
NONCHÉ per l'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione dell'appalto e la stipula del relativo contratto e, nell'ipotesi in cui sia stato - o nelle more venisse - stipulato il contratto di appalto:
- per la declaratoria di inefficacia del contratto stesso, ai sensi e per gli effetti degli artt.121 e 122 del D. Lgs. n.104/2010 e per l'accoglimento della domanda di subentro, che fin d'ora espressamente si esplicita;
nonché ancora, per le subordinate ipotesi in cui non venissero conseguiti l'aggiudicazione ed il contratto, ovvero in cui (in caso di parziale esecuzione del servizio da parte della costituenda ATI G.S.A. s.r.l. - Zenith Service Group s.r.l.) venisse affidata solo una parte del servizio, per l'accoglimento della domanda di condanna della P.A. al risarcimento per equivalente monetario per la refusione dei danni subiti e subendi a causa dei provvedimenti impugnati, nella misura che, s.e.o., si indica nel 13% dell'importo a base d'asta del contratto (10% per lucro cessante e 3% per perdita di qualificazione e di chances), ovvero nella maggiore o minore somma che risulterà in corso di giudizio, con espressa riserva di ulteriormente dedurre, precisare e comprovare, in ogni caso oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valore.
nonché per l’annullamento dei seguenti atti impugnati con ricorso incidentale proposto dalle società contro interessate:
- verbali di gara, pubblici e riservati relativi alla procedura aperta avente ad oggetto "l'Affidamento del servizio di pulizia e manutenzione aree verdi presso l'aeroporto civile V. Florio di Trapani Birgi”, nella parte in cui è stata ammessa alla gara la PFE s.p.a., che avrebbe, invece, essere esclusa e ne è stata valutata l’offerta tecnica ed economica;
- dei provvedimenti di approvazione dei suddetti verbali;
- della graduatoria di gara e della relativa approvazione nella parte in cui la PFE è stata inserita in graduatoria piuttosto che esclusa.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Airgest s.p.a., Società di Gestione Aeroporto di Trapani Birgi, di Gestione Servizi Ambientali s.r.l. e di Zenith Service s.r.l.;
Visto il ricorso incidentale ed i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2013 il dott. Nicola Maisano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 22 giugno 2012, e depositato il successivo 6 luglio, la PFE s.p.a. ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, ed articolato le domande ivi analiticamente specificate, censurando le determinazioni adottate dall’amministrazione per i seguenti motivi:
I) Violazione e/o falsa applicazione dell'art.38, comma 1, lett. h), D.Lgs. N.163/06 e ss.mm.ii. - Violazione e/o falsa applicazione del punto III.2.1.) del bando di gara e del punto c) del disciplinare di gara nonché delle avvertenze espulsive contenute nei suddetti atti - Eccesso di potere - Difetto di istruttoria - Carenza di motivazione - Errore nei presupposti - Violazione della par condicio tra i concorrenti - Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed efficienza dell'azione amministrativa - censura articolata sia nei confronti della mandataria che della mandante del raggruppamento risultato aggiudicatario;
II) Violazione e/o falsa applicazione dell'art.38, comma 1, lett. m-ter), D.Lgs. N.163/06 e ss.mm.ii. - Violazione e/o falsa applicazione del punto III.2.1.) del bando di gara e del punto c) del disciplinare di gara nonché delle avvertenze espulsive contenute nei suddetti atti - Eccesso di potere - Difetto di istruttoria - Carenza di motivazione - Errore nei presupposti - Violazione della par condicio tra i concorrenti - Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed efficienza dell'azione amministrativa - censura articolata nei confronti della Zenith Service Group s.r.l.
Sostiene parte ricorrente che sia la mandataria sia la mandante facenti parte del raggruppamento aggiudicatario dell’appalto per cui è causa, avrebbero reso erroneamente la dichiarazioni previste dall’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006 comma 1° lett h), e che la Zenith avrebbe reso erroneamente anche la dichiarazione prevista dalla successiva lett. m-ter) del medesimo comma; conseguentemente l’amministrazione avrebbe errato nel non escludere tale raggruppamento.
Con successivo ricorso incidentale la GSA s.r.l. e la Zenith Service Group s.r.l. hanno invece contestato l’ammissione alla gara per cui è causa della società ricorrente articolando le censure di:
I) Inammissibilità dell'offerta indeterminata formulata da PFE; Violazione del punto VI.3 del bando di gara e del punto 2) del disciplinare di gara; Violazione del principio della par condicio; eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento; violazione dell'art. 97 della Costituzione;
II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 86, comma 3 bis e 3 ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163; Violazione e falsa applicazione dell'art. 87, comma 4 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 nonché dell'art. 26, comma 6, del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81;
III) Violazione e falsa applicazione dell'art. 38, comma 1, m-quater, e comma 2 del D.Lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere - difetto di istruttoria - carenza di motivazione - errore nei presupposti;
IV) Violazione e falsa applicazione dell'art. 38, comma 1, m-ter, del D.Lgs. n. 163/2006. Eccesso di potere - difetto di istruttoria - carenza di motivazione errore nei presupposti.
Secondo le società controinteressate la ricorrente sarebbe dovuta essere esclusa per l’indeterminatezza dell’offerta presentata, per non avere espressamente quantificato – nell’offerta economica - gli oneri di sicurezza e per non avere correttamente reso le dichiarazioni previste dall’art. 38, comma 1°, lett. m-quater e lett. m-ter del D.Lgs n. 163/2006.
Si è inoltre costituita la AIRGEST s.p.a. che ha replicato a tutte le censure mosse alle sue determinazioni e chiesto il rigetto dei gravami proposti.
Tutte le parti costituite hanno diffusamente esposto le rispettive posizioni con diversi scritti difensivi ed, all’udienza di discussione, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
In via pregiudiziale va affrontato il problema dell’ordine di trattazione delle diverse censure proposte con particolare riguardo alla precedenza della trattazione del ricorso principale ovvero di quello incidentale, e con quali conseguenze.
Il collegio è consapevole che la giurisprudenza amministrativa è orientata, in modo assolutamente prevalente – con pochissime voci divergenti – nel senso di ritenere che vadano preliminarmente affrontate le censure articolate con i motivi aggiunti, ove dal loro accoglimento possa derivare l’esclusione del ricorrente dalla gara espletata.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 11 del 10 novembre 2008 aveva invero posto dei limiti a quel criterio, quando dall’accoglimento delle censure proposte, sia con il ricorso principale sia con quello incidentale, derivasse l’obbligo di rifacimento della gara.
Secondo la citata pronunzia, in quel caso il giudice era tenuto ad esaminare entrambi i ricorsi, a tutela dell’interesse “strumentale”, rinvenibile in capo al ricorrente principale, alla partecipazione ad una nuova gara; interesse qualificato minore rispetto a quello tendente all’aggiudicazione, ma comunque ritenuto meritevole di tutela.
Questa posizione è stata poi superata con la decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 7 aprile 2011, secondo la quale non può ritenersi meritevole di tutela “l’interesse strumentale” alla partecipazione ad una nuova gara; conseguentemente i motivi – di carattere escludente – contenuti nel ricorso incidentale sono da esaminare sempre in via prioritaria rispetto a quelli del ricorso principale; accolto il ricorso incidentale, il ricorso principale sarebbe inammissibile in quanto proposto da soggetto privo della necessaria legittimazione.
Oltre alla sentenza n. 4/2011 dell’Adunanza Plenaria, si ritiene utile segnalare la pronuncia della III sezione del Consiglio di Stato n. 5111 del 27 settembre 2012, estremamente chiara nell’indicare i presupposti teorici sui quali viene fondata tale ricostruzione, mentre in senso sostanzialmente contrario – e per un ritorno alle posizioni dell’A.P. n. 11/2008 - si registra l’ordinanza del T.A.R. Piemonte n. 208 del 9.2.2012, con la quale è stata rimessa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee la questione della compatibilità dell’assetto da ultimo raggiunto dalla giurisprudenza amministrativa con il diritto comunitario.
Ciò considerato, assume il collegio come la soluzione adottata, in modo ampiamente prevalente, dalla giurisprudenza amministrativa determini una grave disparità di trattamento tra le parti in giudizio, contraddicendo uno dei principi cardine del processo, peraltro espressamente ribadito, in termini generali, proprio nella decisione dell’A.P. n. 4/2011.
Recentemente le SS.UU. della Corte di Cassazione, con la sentenza del 21 giugno 2012 n. 10294, hanno precisato che la soluzione dell’A.P., da ultimo citata e prevalentemente seguita dalla giurisprudenza amministrativa, “genera indubbiamente delle perplessità che lasciano ancor più insoddisfatti ove si aggiunga che l'aggiudicazione può dare vita ad una posizione preferenziale soltanto se acquisita in modo legittimo e che la realizzazione dell'opera non rappresenta in ogni caso l'aspirazione dell'ordinamento (v. artt 121/23 cod. proc. amm.), che in questa materia richiede un'attenzione e un controllo ancora più pregnanti al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato.”
A fronte, infatti, di posizioni identiche tra il ricorrente principale e quello incidentale (illegittima ammissione alla gara, magari per identica ragione) l’originario aggiudicatario, e quindi il ricorrente incidentale, prevale in giudizio e mantiene l’aggiudicazione dell’appalto, seppur viziata da un’errata ammissione alla gara.
Ritiene pertanto il collegio che la questione vada rimeditata così da pervenire ad una composizione che garantisca la reale parità tra le parti del giudizio.
Il presupposto dogmatico-processuale della soluzione propugnata dall’Adunanza Plenaria si radica sul rilievo che l’eventuale fondatezza del ricorso incidentale comporta l’illegittimità della partecipazione alla gara del ricorrente principale, che dalla stessa avrebbe dovuto essere escluso; e la mancanza della condizione di legittima partecipazione alla gara priverebbe il ricorrente della legittimazione a proporre ricorso, che sarebbe conseguentemente inammissibile.
Tale ricostruzione non è condivisibile, in quanto tende a sovrapporre i concetti di condizioni dell’azione – che devono sussistere in linea teorica - con il merito delle pretese azionate, la cui fondatezza va invece verificata in concreto.
In primo luogo è evidente che, volendo portare a estreme conseguenze tale tesi, anche l’eventuale fondatezza del ricorso principale – contenente motivi relativi all’illegittima partecipazione alla gara dell’aggiudicatario – determinerebbe un effetto speculare nei confronti del ricorrente incidentale, il cui gravame dovrebbe, per identica causale, essere ritenuto inammissibile.
E’ giocoforza constatare, a questa stregua, che, seguendo la tesi dell’A.P., l’ordine di trattazione dei ricorsi determina l’esito della controversia, con compromissione del principio della parità delle parti.
Ma il vero punto della questione concerne il momento in cui deve essere verificata la presenza delle condizioni dell’azione.
Le condizioni dell’azione devono sussistere al momento della proposizione dell’azione e persistere al momento in cui una controversia viene posta in decisione.
L’accertata persistenza a quello specifico momento radica nel giudice il dovere di una pronuncia che ne presupponga la sussistenza, senza che possa operarsi alcuna rinnovazione valutativa in dipendenza dell’ordine nel quale, nel contesto decisorio, vengono trattate le diverse questioni: tale metodica si risolve, di fatto, in una manipolazione del contesto nel quale la pronuncia andrà a incidere. L’unica rivalutazione ipotizzabile ed ammessa dall’ordinamento è quella dell’evento nuovo ed esterno occorso tra l’assegnazione della causa a sentenza e la formazione e pubblicazione della pronuncia che incida in modo sensibile sul precisato contesto (ad esempio entrata in vigore di norma che disciplina la specifica vicenda anche per il passato in modo diverso da quello sul quale si sarebbe formato il giudizio) e quindi anche, per effetti propri del fatto nuovo quale il precetto retroattivo, sulle condizioni dell’azione.
In siffatta evenienza, del tutto eccezionale e per questo accennata quale argomento a contrariis, sarebbe sempre utile e coerente alla giustizia sostanziale riportare la vertenza sul ruolo per una disamina in contraddittorio del fatto nuovo e dei suoi effetti nella specifica vicenda.
Al di là di questa peculiare circostanza, non si vede come possa assumere rilievo una situazione diversa da quella complessivamente definita nei due momenti su indicati, nei quali la parte ha piena disponibilità: diversamente opinando occorrerebbe, con un’operazione inaccettabile sotto un profilo logico prima ancora che giuridico, conferire valenza di fatto nuovo ed estraneo, quale sopra delineato, alla valutazione del giudice sulla sussistenza delle condizioni dell’azione espressa come giudizio a posteriori. Siffatta soluzione condurrebbe alla liquidità della stessa nozione di condizioni dell’azione, sottomettendola concettualmente non già alla posizione delle parti come radicata nel corso del giudizio, ma alle valutazioni successive di un organo terzo e, per questo, inabilitato a innovarle, seppur legittimato a conoscerle in ragione della loro portata sulla situazione sostanziale della quale si richiede tutela.
A maggior ragione tale metodica non può esserre ammessa quando la valutazione di inammissibilità del ricorso principale intervenga in conseguenza del positivo scrutinio delle censure contenute in un atto diverso per contenuto e provenienza quale il ricorso incidentale.
Il che pare non coerente alla struttura e alla funzione del processo.
Peraltro, spingendo alle estreme conseguenze la tesi che si contesta, ne deriverebbe che l’infondatezza di un ricorso determinerebbe anche la carenza di legittimazione alla sua proposizione e, se non tutte, la maggior parte delle decisioni di infondatezza dovrebbero essere d’inammissibilità, per carenza delle condizioni dell’azione.
Ritiene invece il collegio che - a prescindere dal merito delle pretese azionate - è fino al momento del passaggio in decisione del ricorso che occorre verificare la legittimazione e l’interesse a ricorrere; momento nel quale, in linea di massima, le condizioni dell’azione sussistono sia in capo al ricorrente principale sia a quello incidentale, o comunque prescindono dalle decisioni che verranno adottate dal giudice.
Ne consegue che il giudice è tenuto ad esaminare sia i motivi contenuti nel ricorso principale sia in quello incidentale, pervenendo agli eventuali annullamenti che derivano dall’accoglimento delle censure proposte, ove ritenute fondate.
Ritiene, peraltro, il collegio che, a garanzia della imparzialità che deve imprescindibilmente connotare il comportamento delle amministrazioni nei procedimenti di gara relativi all’affidamento di appalti, la stazione appaltante non possa esimersi dall’applicare in modo omogeneo per tutti i partecipanti alla gara i principi affermati da una pronunzia giurisdizionale, passata in giudicato.
Alla conclusione raggiunta potrebbe obiettarsi che in tal modo il giudizio finisce per assumere connotati oggettivi, che prescindono dall’interesse delle parti in causa.
Deve di contro rilevarsi che l’interesse della parte deve sussistere quando si instaura la controversia e quando la stessa viene posta in decisione (si è già visto che sono questi i momenti in cui devono essere verificate le condizioni dell’azione), mentre è evidente che l’esito del giudizio non deve necessariamente soddisfare l’interesse delle parti, che – valutato in astratto - ha costituito una condizione essenziale per l’instaurazione della causa, ma che non necessariamente viene in concreto soddisfatto al suo esito.
Conferma questa ricostruzione la possibilità di dichiarare d’ufficio la nullità dei provvedimenti che vengono in rilievo, come disciplinata dall’art. 31 comma 4° c.p.a.; tale eventuale decisione si inserisce in un processo di parti, ma prescinde dalla concreta utilità che alle parti medesime possa derivare.
Alla luce delle su esposte considerazioni, il collegio ritiene pertanto di dover procedere all’esame sia del ricorso principale sia di quello incidentale.
Il primo motivo del ricorso principale è fondato.
Dall’esame della documentazione in atti risulta che la società G.S.A., in sede di gara, ha reso una dichiarazione non conforme alla previsione di cui all’art. 38, comma 1° lett. h) del D.Lgs n. 163/2006; l’omessa dichiarazione di alcune parti essenziali del contenuto di tale lett. h avrebbe dovuto portare la stazione appaltante ad escludere la controinteressata.
La G.S.A. non contesta, in punto di fatto, che la dichiarazione resa in sede di gara non riportasse analiticamente tutte le condizioni previste dalla lett. h, ma rileva che:
- la censura sollevata da parte ricorrente è meramente formalistica dovendosi, di contro, dare rilievo alla eventuale effettiva mancanza delle condizioni ostative a stipulare con la P.A., piuttosto che al tenore della dichiarazione resa;
- comunque l’incompletezza rilevata sarebbe superata dalla circostanza che l’offerta era anche corredata da una dichiarazione omnicomprensiva sull’assenza di ricorrenza di tutte le ipotesi contemplata dall’art. 38 D.Lgs n. 163/2006;
- la possibilità di disporre l’esclusione da una gara per l’incompletezza della dichiarazione prevista dal comma 2° dell’art. 38 del D. Lgs n. 163/2006 sarebbe comunque preclusa dall’art. 46, comma 1 bis del medesimo D.Lgs n. 163/2006.
Con riferimento a tale questione, la giurisprudenza di questo Tribunale è orientata nel senso che il rispetto della previsione dell’art. 38 richiede che la dichiarazione ivi prevista debba essere resa singolarmente in relazione a ciascuna delle ipotesi di esclusione ivi contemplata (T.A.R. Sicilia, Palermo n. 1933/2011; C.G.A. n. 649 dell’11 ottobre 2011) ).
In ogni caso, nella fattispecie in questione, gli atti di gara prevedevano espressamente, a pena di esclusione, la necessità di rendere analiticamente la dichiarazione di cui all’art. 38, in relazione a ciascuna delle ipotesi di esclusione ivi prevista.
In particolare nel disciplinare di gara a pag. 3 vengono indicati i documenti da produrre, a pena di esclusione, da parte dei partecipanti alla gara e, nell’ambito del punto C – pag. 5 –, viene precisato che la dichiarazione ex art. 38 D.Lgs. n. 163/2006 va resa indicando specificatamente e singolarmente l’assenza di ogni singola clausola di esclusione.
La necessità di presentare la dichiarazione ex art. 38 D.Lgs. n. 163/2006, a pena di esclusione, è poi ribadita dal punto III.2.1) del bando di gara.
Da queste disposizioni si ricava che gli atti di gara richiedono chiaramente che la dichiarazione in questione venga resa a pena di esclusione attraverso l’indicazione specifica dell’assenza di ciascuna clausola di esclusione.
Pertanto, anche a volere aderire all’indirizzo meno rigoroso della giurisprudenza amministrativa - secondo il quale la mancata indicazione specifica dell’assenza delle condizioni di esclusione può determinare l’esclusione di un partecipante dalla gara solo ove espressamente richiesta dagli atti di gara - nella fattispecie in questione si ritrova tale espressa clausola di esclusione e, conseguentemente, la generica dichiarazione di non incorrere in alcuna delle condizioni di esclusione previste dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 non può ritenersi che soddisfi le indicazioni, previste a pena di esclusione, dagli atti di gara.
Con riguardo agli ulteriori rilievi articolati dal contro interessato, con riguardo al motivo di ricorso in esame, il collegio non li ritiene condivisibili alla luce della giurisprudenza che si è pronunziata in merito.
In particolare l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 21/2012 ha precisato, con convincenti argomentazioni, che la dichiarazione ex art. 38 deve essere resa a pena di esclusione dalla gara, e che non incide in senso contrario la previsione dell’art. 46 comma 1 bis del D.Lgs n. 163/2006; norma che preclude all’amministrazione appaltante di introdurre adempimenti ulteriori, rispetto a quelli previsti dalla legge, a pena di esclusione, ma non preclude di sanzionare con l’esclusione il mancato adempimento di adempimenti già indicati nella legge (sul punto appare utile rimandare anche alla lucida e condivisibile ricostruzione operata dal C.G.A. nella decisione n. 764 del 7 settembre 2012).
Conseguentemente ritiene il collegio che l’omessa completa dichiarazione della mancanza delle condizioni previste dalla lett. h) del comma 1° dell’art. 38 in esame avrebbe dovuto comportare l’esclusione della G.S.A. dalla gara per cui è causa.
Dichiarate assorbite le ulteriori censure, il ricorso principale deve pertanto essere accolto.
Passando ora all’esame del ricorso incidentale, deve essere preliminarmente affrontata l’eccezione di inammissibilità formulata dal ricorrente principale, per non avere impugnato anche l’atto di aggiudicazione definitiva, che il collegio non ritiene fondata.
Invero la necessità di impugnare l’aggiudicazione definitiva è stata affermata in giurisprudenza in quanto tale atto contiene anche l’approvazione dei verbali di gara; conseguentemente determina il rinnovo della lesione eventualmente derivata dalle determinazioni assunte durante la gara, e la sua mancata impugnazione comporta l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso proposto esclusivamente avverso tali determinazioni.
Nel caso specifico, però, il ricorso incidentale è stato espressamente rivolto anche nei confronti dell’approvazione dei suddetti verbali e cioè di quella parte di provvedimento finale che ha determinato il rinnovo della lesione operata con gli atti di gara, mentre non può la ricorrente incidentale ritenersi onerata di impugnare un atto – l’aggiudicazione definitiva in sé – adottato in suo favore.
Ciò premesso, il ricorso incidentale è fondato.
Con il primo motivo viene rilevato che la ricorrente principale sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara per cui è causa per indeterminatezza dell’offerta presentata.
La censura è fondata.
Dallo specchietto riportata a pag. 10 del progetto tecnico presentato dalla PFE in sede di gara risulta, invero, che sono previsti nella macro area 4, per l’alta fascia di traffico, n. 15 ripassi, mentre nello specchietto contenuto all’allegato A – offerta economica - vengono indicati n. 10 ripassi, ed il prezzo viene rapportato a quest’ultimo numero.
Sostiene parte ricorrente che l’offerta presentata non sarebbe affatto indeterminata e che la discrasia evidenziata dalla controinteressata sarebbe dovuta al fatto che la scheda dell’offerta economica non poteva che essere conforme al modello allegato al disciplinare di gara, che riporta 10 passaggi, mentre l’offerta tecnica contiene i miglioramenti che vengono offerti rispetto alla richiesta dell’amministrazione - nel caso di specie cinque passaggi in più – senza che tali miglioramenti determinino alcun aumento di prezzo per l’amministrazione.
Tali giustificazioni non risultano convincenti.
Come correttamente rilevato dalla difesa della G.S.A., al fine di fugare qualsiasi dubbio, il terzo comma dell’art. 74 precisa che l’utilizzo del modulo predisposto dall’amministrazione non è vincolante; e la disposizione non può che essere interpretata ritenendo, non soltanto che l’offerta – purché completa in tutti i suoi elementi – possa essere strutturata anche in modo totalmente diverso rispetto al modulo predisposto dall’amministrazione, ma che a tale modulo possano essere apportate tutte le variazioni ritenute necessarie per rendere chiara l’offerta presentata.
Ben poteva pertanto la PFE modificare, nel modulo predisposto, il numero dei passaggi che intendeva effettuare nell’espletamento del servizio, al fine di rendere chiaro che il prezzo indicato si riferiva a 15 e non 10 passaggi.
Non avendolo fatto è evidente la discrasia tra le due parti dell’offerta e, conseguentemente la sua indeterminatezza.
Diversamente da quanto ritiene la PFE, tale indeterminatezza non avrebbe potuto indurre l’amministrazione a chiedere chiarimenti sull’effettivo contenuto dell’offerta, in quanto in tal modo, sarebbe stata evidentemente violata la par condicio tra i concorrenti, consentendo ad uno di loro di modulare l’offerta presentata dopo aver conosciuto quella dei concorrenti.
Il primo motivo del ricorso incidentale è pertanto fondato.
Il collegio ritiene che sia fondato anche il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale viene eccepito che la PFE non ha indicato in modo specifico i costi della sicurezza.
A fronte di tale motivo del ricorso incidentale, la ricorrente principale replica che gli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso – così detti da interferenza - erano già stati indicati dall’amministrazione; correttamente pertanto la PFE sugli stessi non ha operato alcun ribasso e non aveva neanche motivo di ripeterli nell’offerta, tanto più che mancava nel modulo predisposto dall’amministrazione alcuno spazio per il loro inserimento.
Per quanto riguarda l’omessa indicazione degli specifici oneri di sicurezza per l’impresa, la PFE ribadisce ancora che nel modello predisposto dall’amministrazione non esisteva alcun campo ove indicarli e che comunque, nella formulazione dell’offerta, sono stati tenuti in debita considerazione.
Tali argomentazioni non risultano condivisibili, quanto meno in ordine ai costi di sicurezza specifici per l’impresa.
Sul punto si richiama quanto chiarito da questa sezione con la recente sentenza n. 124/2013, che si riporta nella parte che interessa, e che il collegio condivide:
“ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, le operazioni di gara erano inficiate dalla mancata espressa indicazione, nell’offerta economica presentata dalla predetta, degli oneri per la sicurezza, secondo quanto previsto dagli artt. 86, co. 3 bis, e 87, co. 4, del d. lgs. n. 163/2006, i quali stabiliscono, rispettivamente, che: Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. (art. 86, co. 3 bis); e che: Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture. (art. 87, co. 4, ult. periodo).
Secondo un consolidato orientamento del Consiglio di Stato – che il Collegio condivide e dal quale non ravvisa argomenti giuridici per discostarsi - il combinato disposto delle norme appena indicate impone ai concorrenti di segnalare gli oneri economici che intendono sopportare per l’adempimento degli obblighi di sicurezza sul lavoro (cd. costi di sicurezza aziendale) - distinti dagli oneri, non soggetti a ribasso, finalizzati all'eliminazione dei rischi da interferenze (che devono essere quantificati dalla stazione appaltante nel DUVRI) – al fine di porre la stazione appaltante nella condizione di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela di fondamentali interessi dei lavoratori, e di consentire alla stessa la valutazione della congruità dell’importo destinato ai costi per la sicurezza (Cons. St., III, 28 agosto 2012, n. 4622; 19 gennaio 2012, n. 212; 3 ottobre 2011, n. 5421; V, 29 febbraio 2012, n. 1172; 23 luglio 2010, n. 4849; nello stesso senso: T.a.r. Lazio, Roma, I, 17 ottobre 2012 n. 8522; I ter, 11 ottobre 2011 n. 7871).
La mancata indicazione preventiva dei costi per la sicurezza rende l’offerta incompleta sotto un profilo particolarmente pregnante, alla luce della natura costituzionalmente sensibile degli interessi protetti, impedendo alla p.a. un adeguato controllo sulla affidabilità della stessa: detto altrimenti, l’offerta economica manca di un elemento essenziale e costitutivo, con conseguente applicazione della sanzione dell’esclusione dalla gara anche in assenza di una specifica previsione in seno alla lex specialis, attesa la natura immediatamente precettiva della disciplina contenuta nelle norme citate, idonea ad eterointegrare le regole procedurali (su tale specifico punto: Cons. St., n. 4622/2012; n. 4849/2010 citate; T.a.r. Lazio, Roma, n. 7871/2011 cit.).”
Conseguentemente anche il secondo motivo del ricorso incidentale è fondato, mentre le ulteriori censure possono essere dichiarate assorbite.
In conclusione risultano fondati sia il ricorso principale che quello incidentale e per l’effetto devono essere annullati i provvedimenti ivi impugnati, per le parti censurate.
A fronte della decisione della controversia, mancano invece i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria proposta da parte ricorrente.
In considerazione dell’esito della causa e, per alcuni aspetti, della novità dei principi posti a fondamento della decisione, il collegio ritiene che sussistano gli estremi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto: accoglie il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino, Presidente
Nicola Maisano, Consigliere, Estensore
Aurora Lento, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/02/2013