Cons. Stato, Sez. V, 13 giugno 2025, n. 5196
Secondo la più recente giurisprudenza, il Legislatore, con il D.Lgs. n. 36/2023, non ha inteso imporre un obbligo generalizzato di predisposizione del PEF nelle concessioni, ma ha lasciato spazio alla flessibilità e ad una valutazione discrezionale da parte degli enti concedenti da effettuarsi caso per caso, in funzione delle caratteristiche peculiari della gara.
Tuttavia, il PEF, qualora previsto dal bando, ha un ruolo più funzionale alle caratteristiche specifiche del rapporto concessorio, senza che si debba pretendere una totale esaustività di rappresentazione dei singoli oneri economici, atteso che ciò che rileva è che sia adeguatamente rappresentato il rischio che l’operatore economico è chiamato ad assumere, tanto al fine di consentire la sostenibilità dell’offerta e la corretta partecipazione alla procedura di gara: il PEF, se presente tra gli atti predisposti dall’ente concedente, è ‘volto ad individuare una cornice entro la quale gli operatori economici interessati possono presentare un’offerta, valutando le voci di costo e di ricavo individuate dalla stazione appaltante’.
Guida alla lettura
Come noto, la Parte II del Libro IV (“Del Partenariato Pubblico-privato e delle concessioni”) del D.Lgs. n. 36/2023 è dedicata ai contratti di concessione. Il Titolo II, rubricato “L’aggiudicazione delle concessioni: principi generali e garanzie procedurali” apre con l’art. 182 che, al comma 5, prevede quanto segue: «I bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico-finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito. I bandi possono anche richiedere che le offerte siano corredate da manifestazioni di interesse dell’istituto finanziatore. Tali avvisi contengono le informazioni di cui all’allegato VI alla direttiva 2014/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014».
Prima di analizzare la sentenza in esame, risulta interessante ricordare che il G.A. (TAR Lecce, Sez. II, 6 agosto 2024, n. 982), già nel 2024, aveva affrontato il tema della necessità o meno di presentare il Piano Economico Finanziario (PEF), asseverato da un professionista abilitato, da parte degli Operatori economici, in sede di partecipazione a una procedura di gara, anche in caso di mancata previsione di tale obbligo nella lex specialis di gara. Nella sentenza citata n. 982/2024, il G.A. di I grado aveva già richiamato l’attenzione su quanto previsto dall’art. 182, comma 5 del D.Lgs. n. 36/2023 che, in merito al PEF, dispone che gli allegati al bando di concessione comprendono “a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico-finanziario”. Nella fattispecie posta all’attenzione del G.A., la lex specialis non prevedeva l’obbligo da parte dell’O.e. di depositare anche il PEF. Esso assume rilevanza – ai fini delle procedure di gara – soltanto se è lo stesso Ente concedente, sulla base di una valutazione discrezionale operata, a prevederne la necessità di invio da parte dei concorrenti, considerato che – nell’ambito del più ampio “genus” del PPP – soltanto in tema di finanza di progetto, “ciascuna proposta” di realizzazione in concessione di lavori o servizi “contiene (…) il piano economico-finanziario asseverato”, per come previsto dall’art. 193 del D.Lgs. n. 36/2023 (Libro IV, Titolo IV – La finanzia di progetto). La Sez. II del TAR Lecce, pertanto, precisa che: «Alla luce del complesso quadro normativo evocato non è quindi possibile affermare che, nell’ambito di concessioni, sia sempre necessaria la previa presentazione di un PEF ai fini della valutazione dell’adeguatezza dell’offerta economica del partecipante (in tal senso, si veda Cons. Stato, Sez. III, n. 5283/2021), rimanendo al contrario ferma la discrezionalità dell’Amministrazione nel richiedere, tra i documenti di gara, la presentazione del PEF sulla base della specifica concessione da affidare (così TAR Lombardia – Milano, Sez. I, n. 2132/2024)».
Fatta questa premessa, anche utile per la lettura della sentenza in commento, occorre precisare che la fattispecie posta all’esame della V Sezione del Consiglio di Stato riguarda una procedura telematica aperta per l’affidamento, in concessione, dei servizi di somministrazione e vendita di alimenti e bevande.
Tra le diverse contestazioni di cui al ricorso promosso in primo grado, la Società contestava le previsioni e le clausole della lex specialis e in particolare la previsione di costi e ricavi, indicati nel PEF, non coerenti e con una sovrastima dei ricavi e una sottostima dei costi. Al di là dell’iter processuale, anche per il secondo grado di giudizio, si focalizza l’attenzione sull’obbligatorietà del PEF ma anche sui vari elementi economici costitutivi del medesimo Piano. In particolare, il G.A. di II grado stigmatizza le doglianze della società ricorrente (sia in primo che in secondo grado) sul presupposto della asserita insostenibilità del PEF redatto dall’ente concedente, che avrebbe condotto all’impossibilità dello stesso O.e. di presentare un’offerta.
Tratteggiata la fattispecie e tenuto conto di quanto già richiamato nella sentenza TAR Lecce, Sez. II, 6 agosto 2024, n. 982, la V Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza in esame, ha proposto una riflessione sull’istituto del PEF nelle concessioni, facendo leva – in premessa – sul già menzionato comma 5 dell’art. 182 del D.Lgs. n. 36/2023. Il G.A. ricorda, inoltre, che ai sensi dell’art. 185, comma 5 del medesimo Codice: “Prima di assegnare il punteggio all’offerta economica la commissione giudicatrice verifica l’adeguatezza e la sostenibilità del piano economico finanziario”. Tale ultima previsione normativa, deve essere letta, tuttavia, congiuntamente con quanto disciplinato dallo stesso art. 182, comma 5, laddove viene contemplata la facoltà da parte dell’ente concedente di allegare al bando di gara un modello di PEF, al fine di agevolare i concorrenti nella predisposizione del documento. E, tale modello compilato dall’O.e. (se previsto) sarà valutato dalla commissione giudicatrice unitamente all’offerta: “Il modello di PEF allegato dalla stazione appaltante è uno strumento che agevola i concorrenti nella predisposizione del proprio PEF, per aiutare i concorrenti nella preparazione del documento richiesto. In sostanza, questo documento serve come riferimento per la struttura e i contenuti del PEF facilitando la compilazione e riducendo il rischio di errori”.
Nella sentenza in commento, il G.A. di secondo grado chiarisce che: «Nel modello di PEF l’Amministrazione è tenuta a specificare gli oneri economici che concorrono a definire il rischio che l’operatore economico è chiamato ad assumere; infatti, se l’operatore non è posto a conoscenza di tutti gli oneri del servizio che dovrà svolgere, non sarà in condizione di valutare se, per la sua organizzazione di impresa, sia in grado di sostenere il rischio senza incorrere in perdite di attività e la sua offerta risulterà inevitabilmente inattendibile (Cons. Stato, n. 2809 del 2022). In sostanza, gli atti a base di gara devono identificare le prestazioni poste a carico del concessionario e quantificarne l’onere economico, in modo da consentire di definire compiutamente ex ante le condizioni che incideranno, nel corso della durata del rapporto, sull’equilibrio economico finanziario del servizio. La funzione primaria del PEF è, quindi, quella di assicurare il raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa concessa, che si concretizza nella contemporanea presenza di condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria, e rappresenta lo strumento attraverso il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti coinvolte».
Tuttavia, il G.A. ricorda che, la più recente giurisprudenza, sulla base di una lettura restrittiva delle disposizioni del Codice, ha attribuito al PEF una funzione meramente “eventuale”, come tra l’altro precisato in premessa del presente commento: «Secondo tale orientamento, l’art. 182 del d.lgs. n. 36 del 2023 stabilisce che l’affidamento delle concessioni deve avvenire tramite pubblicazione di un apposito bando, specificando al comma 5, che il PEF è una componente meramente ‘eventuale’ (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, n. 982 del 2024, T.A.R. Lombardia, Milano, n. 2132 del 2024). La tesi è emersa dai primi interventi interpretativi della giurisprudenza di settore, secondo cui il Legislatore non ha inteso imporre un obbligo generalizzato di predisposizione del PEF nelle concessioni, ma ha lasciato spazio alla flessibilità e ad una valutazione discrezionale da effettuarsi caso per caso, in funzione delle caratteristiche peculiari della gara. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato, la natura facoltativa del PEF verrebbe ulteriormente confermata dall’art. 193 del Codice che, invece, impone espressamente la presentazione di un PEF asseverato solo nell’ambito delle proposte di finanza di progetto. Questa disposizione confermerebbe l’interpretazione secondo cui, in alcuni casi, il Legislatore ha inteso essenziale la predisposizione del PEF, dove la complessità e l’entità del progetto richiedono una valutazione più approfondita della sostenibilità economica e finanziaria. Secondo questo indirizzo, il PEF, pur non essendo obbligatorio in ogni concessione, conserva un ruolo centrale quando il bando espressamente lo richieda, ma va modulato secondo le caratteristiche dalla concessione alla quale accede». Il G.A. ricorda che questa nuova visione delle regole del rapporto è in linea con la natura dell’istituto della concessione. Nella concessione, i servizi hanno una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni. Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio interno alla aleatorietà della domanda di prestazioni, poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi, forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.
Da tali assunti emerge, secondo questo indirizzo giurisprudenziale, che nelle concessioni disciplinate dal D.Lgs. n. 36 del 2023, il PEF, qualora previsto dal bando, ha un ruolo più funzionale alle caratteristiche specifiche del rapporto concessorio, senza che si debba pretendere una totale esaustività di rappresentazione dei singoli oneri economici, atteso che ciò che rileva è che sia adeguatamente rappresentato il rischio che l’operatore economico è chiamato ad assumere, tanto al fine di consentire la sostenibilità dell’offerta e la corretta partecipazione alla procedura di gara.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8879 del 2024, proposto da
Events Planning & Catering s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG B1B72BA506, rappresentata e difesa dagli avvocati Aristide Police, Filippo Degni, con domicilio eletto presso lo studio Aristide Police in Roma, viale Liegi, n. 32;
contro
Sport e Salute s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Ranieri, Fabio Cintioli e Paolo Giugliano, con domicilio eletto presso lo studio Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna n. 32;
nei confronti
Fast Eat Italy s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mattia Matarazzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Ristogest s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Cassamagnaghi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 14437/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Sport e Salute s.p.a. e della Fast Eat Italy s.r.l.;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2025 il Consigliere Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Police, Degni, Ranieri, Cintioli, Giugliano e Cassamagnaghi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Sport e Salute s.p.a. indiceva, con decisione di contrarre n. 105 del 14 maggio 2024, ai sensi dell’art. 76 e ss. d.lgs. n. 36 del 2023, una ‘procedura telematica aperta per l’affidamento, in regime di concessione, dei servizi di somministrazione e vendita di alimenti e bevande, ristorazione e catering presso l’area del Parco del Foro Italico in Roma’.
La procedura era stata strutturata in unico lotto, in quanto i servizi oggetto della concessione erano tutti afferenti attività e processi relativi alle manifestazioni ed eventi organizzati presso l’area del Parco del Foro Italico di Roma e dello Stadio Olimpico. Il valore della concessione era stato individuato in un importo complessivo stimato, per i cinque anni di durata del contratto, pari ad euro 55.472.500,00 IVA esclusa.
Nel capitolato, inoltre, era stato previsto che l’offerta avrebbe dovuto essere formulata dagli operatori prevedendo un rialzo unico percentuale rispetto ai corrispettivi minimi garantiti.
In particolare, Sport e Salute s.p.a. aveva stabilito i seguenti importi per ciascun anno di durata della concessione: per il primo anno di vigenza del contratto, euro 1.736.500,00, oltre IVA; per il secondo anno di vigenza del contratto, euro 1.976.000,00 oltre IVA; per il terzo anno di vigenza del contratto, euro 2.219.500,00 oltre IVA; per il quarto anno di vigenza del contratto, euro 2.467.000,00 oltre IVA; da ultimo, per il quinto anno di vigenza del contratto, euro 2.695.500,00 oltre IVA.
In aggiunta a tali importi minimi garantiti, era stato poi previsto che il concessionario sarebbe stato tenuto a riconoscere alla Stazione appaltante una quota pari al 25% del fatturato complessivo per la sola parte eccedente il menzionato minimo garantito al netto dell’IVA dovuta, cui si sarebbe aggiunta una royalty pari al 20% sul fatturato relativo al solo servizio di catering svolto in occasione di eventi organizzati da soggetti terzi.
2. In pendenza del termine fissato per la ricezione delle offerte da parte degli operatori economici, in data 24 giugno 2024, la società Event Planning & Catering s.r.l. (in seguito anche solo EPC) proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, domandando l’annullamento degli atti di gara.
La ricorrente era titolare in regime di concessione, da oltre dieci anni, del servizio di somministrazione di cibi e bevande dei punti di ristoro dell’area del Parco del Foro Italico di Roma e dei bar aperti durante gli eventi dello Stadio Olimpico, con ultimo affidamento conseguito nel 2014 in scadenza al 31.12.2024, all’esito di procedura competitiva indetta dalla concedente Sport e Salute s.p.a. (in seguito anche solo SeS o concedente).
Con il ricorso introduttivo, la società contestava le previsioni e le clausole della lex specialis e, in particolare, i costi e i ricavi indicati nel PEF che, essendo gestore uscente, non le consentivano, a suo dire, la partecipazione alla gara per l’assenza di condizioni di equilibrio economico – finanziario. Nello specifico, sulla base di una relazione tecnico – economica a firma del prof. Tiscini, EPC lamentava l’insostenibilità del PEF posto a base di gara, facendo riferimento a tre aspetti: a) la sovrastima dei ricavi indicati nel PEF (dovuta ad un’errata individuazione della spesa media per spettatore sia nel valore di partenza che nella proiezione temporale); b) la sottostima dei costi indicati da Sport e Salute s.p.a., con particolare riferimento ai costi del personale, non essendosi tenuto conto dei costi del personale e supporto specifico degli eventi, ma solo di quello stabile; c) il livello eccessivo del minimo garantito indicato nella lex specialis e l’impossibilità di farvi fronte sulla base dei ricavi stimati. Inoltre, quanto al capitolato, si evidenziava la genericità degli investimenti richiesti, stimati in circa 2.500.000,00 euro (aspetto che non consentiva al concorrente di valutarne la sostenibilità e i ritorni) e il trasferimento di rischi non controllabili al concessionario (nello specifico, quello per eventuali danneggianti o atti di vandalismo), oltre alla circostanza che molti costi erano stati ribaltati sul concessionario (ad es. per la gestione rifiuti e altro).
3. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con sentenza n. 14437 del 2024, respingeva il ricorso. Il Collegio di prima istanza, inter alia, rilevava che, quanto agli eccessivi corrispettivi minimi garantiti richiesti e al valore complessivo della concessione, Sport e Salute s.p.a. si era basata, da un lato, sugli importi corrisposti dalla ricorrente per l’anno 2023, e dall’altro, sul fatturato conseguito nel medesimo anno (11.977.270,55 al netto dell’IVA di legge). Pertanto, l’importo complessivo della concessione pari a euro 55.472.500,00 IVA esclusa era di poco inferiore a quanto si sarebbe ottenuto moltiplicando per cinque, ossia gli anni di durata del rapporto, il fatturato dichiarato dalla Events Planning & Catering s.r.l. nel 2023.
Il T.A.R., pur rilevando che nel PEF redatto da Sport e Salute s.p.a. non si facesse menzione dei costi relativi a spaltisti, banchisti e capi buvette, tuttavia non riteneva che tale mancanza di per sé non consentisse di poter presentare un’offerta, respingendo anche le ulteriori censure prospettate dalla ricorrente, anche in ragione del fatto che erano state comunque presentate offerte da quattro imprese che avevano deciso di partecipare alla gara.
4. Con ricorso in appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, la società Event Planning & Catering s.r.l. ha impugnato la suddetta pronuncia chiedendone la riforma, sulla base delle seguenti censure: “1. Error in procedendo et error in iudicando per violazione degli articoli 60 e 120, co. 5, c.p.a., per avere il T.A.R. definito il primo grado di giudizio all’esito dell’udienza cautelare, sull’erroneo presupposto che la controversia fosse suscettibile di essere decisa senza effettuare gli approfondimenti propri della fase di merito – Error in procedendo et error in iudicando per erroneità, irragionevolezza e difetto di motivazione della sentenza, nonché per omessa pronuncia, per non avere rilevato gli errori e le incongruenze delle affermazioni contenute nella Relazione KPMG poste ad asserito fondamento della sentenza – Error in iudicando conseguente alla falsa applicazione degli articoli 1, 2, 3, 5, 9, 10, 17, 174, 176, 177, 178 e 178 del d.lgs. n. 36/2023; 2. Error in procedendo et error in iudicando per erroneità, irragionevolezza ed illogicità della motivazione della sentenza, derivante dal travisamento dei presupposti per la determinazione dei ricavi e dei costi dei Lavoratori occasionali indicati nel PEF SeS e dall’erronea ricostruzione del contenuto di alcune clausole della lex specialis essenziali per ricostruire la portata degli obblighi posti a carico del futuro concessionario – Error in iudicando conseguente alla falsa applicazione degli articoli 1,2,3,5,9,10,17,174,176,177,178 e 179 del d.lgs. n. 36/2023; 3. Error in procedendo et error in iudicando per erroneità, irragionevolezza ed illogicità della motivazione della Sentenza nella parte in cui ha omesso di considerare l’incidenza economica complessiva delle clausole dello schema di concessione sull’equilibrio economico – finanziario del rapporto – Error in iudicando conseguente alla falsa applicazione degli articoli 1,2,3,5,9,10,17,174,176,177,178 e 179 del d.lgs. n. 36/2023”.
L’appellante ha presentato istanza di verificazione ai sensi dell’art. 66 c.p.a. e/o di consulenza tecnica d’ufficio ai sensi dell’art. 67 c.p.a. al fine di valutare i dati economici e gli aspetti organizzativi erroneamente indicati nel PEF di SeS, ‘in modo da accertarne l’effettiva insostenibilità in conseguenza delle numerose incongruenze ed erronee rappresentazioni di aspetti essenziali, evidenziate da EPC anche attraverso le diverse relazioni predisposte dallo Studio Tiscini & Partners’.
5. La società Sport e Salute s.p.a. si è costituita in resistenza, concludendo per il rigetto del gravame.
6. La società Ristogest s.r.l. si è costituita ad opponendum chiedendo la reiezione dell’appello, e la società Fast Eat Italy s.p.l. si è difesa, anche essa concludendo per il rigetto dell’impugnazione.
7. Le parti, con rispettive memorie, hanno precisato le proprie difese.
8. All’udienza del 13 marzo 2025, la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
9. Con il primo mezzo, l’appellante lamenta che il Collegio di prime cure avrebbe definito la controversia all’esito dell’udienza in camera di consiglio, senza istruire ulteriormente il giudizio.
Le palesi incongruenze dell’impianto motivazionale dimostrerebbero come non sussisterebbero i presupposti indicati dagli artt. 60 e 120 c.p.a. per adottare una sentenza in forma semplificata.
Secondo la ricorrente, il non avere correttamente dato avvio alla fase istruttoria del processo, attraverso il contraddittorio pieno su aspetti tecnici essenziali e controversi tra le parti e una verificazione rimessa ad un soggetto qualificato, avrebbe menomato il proprio diritto di difesa, in quanto la società Event Planning & Catering s.r.l. è stata privata della possibilità di replicare alle numerose inesattezze e incongruenze della Relazione KPMG. Inoltre, l’avere ritenuto la controversia matura per la decisione già in sede di udienza cautelare avrebbe inficiato l’apparato motivazionale della sentenza, che sarebbe afflitta da alcuni vistosi errori, “quali il travisamento dei presupposti per la determinazione dei ricavi e dei costi dei Lavoratori occasionali indicati nel PEF SeS, l’erronea ricostruzione del contenuto di alcune clausole della lex specialis essenziali per ricostruire la portata degli obblighi posti a carico del futuro concessionario e la loro incidenza economica complessiva sull’effettivo equilibrio economico – finanziario della concessione”. L’appellante censura la decisione anche nella parte in cui si è osservato che: “l’importo complessivo della concessione pari a euro 55.472.500,00… è di poco inferiore quanto si otterrebbe moltiplicando per cinque (cioè gli anni di durata del rapporto) il fatturato dichiarato da EPC nel 2023”, atteso che il Collegio di prima istanza non si sarebbe domandato come fosse possibile, per un verso, raggiungere tali livelli di fatturato in condizioni ordinarie, ossia senza poter beneficiare del recupero degli eventi rinviati nel biennio 2020/2021 a causa del Covid – 19, e per altro verso, incrementare la spesa media per spettatore al ritmo di circa il 20% annuo. L’esponente lamenta che il Giudice di prime cure non avrebbe ritenuto opportuno approfondire con apposita istruttoria, disponendo una verificazione, anche il tema della discrepanza nel numero di eventi svolti nel 2023, indicati nella Relazione KPMG in 67, mentre in realtà sarebbero molti di più (80), limitandosi ad osservare che nel PEF SeS erano state considerate solo le partite di campionato e non anche le competizioni europee di Coppa Italia cui le squadre romane avrebbero potuto astrattamente accedere. Nella relazione KPMG mancherebbe qualsiasi spiegazione della mancata inclusione nel PEF SeS della voce di costo del personale riferibile ai lavoratori occasionali. Ad avviso della ricorrente, il Giudice di primo grado, senza consentire a EPC di controdedurre sul punto allegando ulteriori documenti, si è appiattito acriticamente sulle tesi dell’Advisor SeS, incorrendo in un grave errore di fatto. Ciò in quanto “Il punto decisivo sfuggito al TAR è che l’intero costo del lavoro indicato nel PEF SeS incide in media per il 15,6% sul totale dei ricavi della produzione e ciò è possibile solo perché è stata espunta la voce riguardante i lavoratori occasionali, mentre il dato reale complessivo è parti al 43% (e di tale componente oltre il 50% si riferisce ai lavoratori occasionali), quindi comunque più del doppio. Nella Relazione KPMG si prova a sminuire tale incontestabile vizio del PEF SeS, ponendo l’accento sul fatto che EBIT ipotizzato dalla Concedente sarebbe comunque positivo durante tutto l’arco della concessione, ma tale assunto è minato in radice a causa dell’artificioso incremento dei ricavi ottenuto con l’abnorme aumento della spesa media per spettatore”. La conclusione cui giunge il T.A.R. secondo cui “di fatto, risulta esservi stata una evidente sovrastima dei costi effettuata nel PEF per il personale stabile, aspetto che permetteva di formulare un’offerta, dato che proprio nella differenza con i costi sostenuti dal gestore uscente si sarebbe potuto far rientrare quelli del personale variabile”, sarebbe smentita dalla tabella riepilogativa dei costi per il personale dipendente inserita a p. 9 del PEF SeS, dove i costi per il solo personale dipendente assommano appunto ad euro 1.650.000,00 (euro 33.000,00 x 50 risorse), e non euro 750.000,00.
10. Con il secondo motivo, l’appellante lamenta che, rispetto al profilo dell’eccessivo ammontare dei corrispettivi minimi garantiti, il T.A.R. si sarebbe limitato a richiamare le Relazioni TP Proroga, ritenendo che il fatturato realizzato dalla società Event Planning & Catering s.r.l., nell’anno 2023, potesse fungere da riferimento per determinare la media di fatturato del quinquennio successivo, limitandosi a prendere in considerazione i dati relativi alle partite di calcio di Roma e Lazio, riportate nella Relazione KPMG e nel PEF SeS, quale preteso indice rivelatore della congruità dei valori indicati su una media di 52 eventi considerati nel PEF SeS e con un incremento della spesa media per spettatore corrispondente a quello ipotizzato dalla concedente. Il Collegio di primo grado avrebbe omesso di pronunciarsi sul profilo dell’irragionevole crescita del fatturato e dell’impossibilità di assumere i ricavi nell’anno 2023, quale riferimento per valutare la sostenibilità del minimo garantito. Secondo l’esponente, l’intrinseca contraddittorietà degli assunti del PEF SeS è stata dimostrata anche dal fatto che la spesa media per spettatore della ‘Vendita Prodotti Stadio e Tour’ cresce in media di circa il 20% annuo, mentre la voce corrispondente per la ‘Vendita Prodotti Altri’ solo dell’1% annuo. L’assunto sostenuto dal Collegio di prime cure, secondo cui la partecipazione alla gara di ben quattro imprese fornirebbe di per sé sola una prova evidente che non vi sia una prova obiettiva e generalizzata di presentare la domanda, sarebbe inconferente, essendo dimostrato che SeS non ha fornito agli operatori economici tutte le informazioni necessari per formulare un’offerta consapevole e attendibile, essendo stati trascurati i costi dei lavoratori occasionali. Le imprese avrebbero dunque predisposto un’offerta ‘al buio’ su di una componente essenziale, la cui effettiva incidenza sarebbe stata travisata dal T.A.R. che ha per errore imputato, nella misura di euro 900.000,00 annui, alla voce generale degli oneri della manodopera senza considerare quanto previsto nel PEF SeS.
Il Giudice di prime cure avrebbe ritenuto in equilibrio il PEF SeS solo perché ha considerato erroneamente che: i) gli oneri relativi ai lavoratori occasionali potrebbero essere organizzati in modo più efficiente (il rapporto 1 dipendente per 300 spettatori è invece fisso e l’obbligo di tenere aperti tutti i Punti Bar durante gli eventi organizzati presso lo Stadio è inderogabile); ii) il costo generale della manodopera previsto dalla concedente comprende euro 900.000,00 annui per i lavoratori occasionali (al contrario, tale onere è solo per i lavoratori dipendenti); iii) i maggiori ricavi assorbono i maggiori oneri derivanti dall’inclusione dei lavoratori occasionali (ma il PEF SeS non spiega come sia possibile prevedere un incremento della spesa media per spettatore nella ‘Vendita Prodotti Stadio’ di circa il 20% annuo).
11. Con il terzo mezzo, la società appellante deduce che nei paragrafi 6.3. e 6.4. della sentenza impugnata vengono trattati i motivi di ricorso riguardanti l’indebito trasferimento a carico del futuro concessionario di rischi impropri, in violazione dei principi generali dettati dal Codice in tema di fiducia e ricerca del risultato, nonché della più specifica disciplina delle concessioni.
Lamenta che il Collegio di primo grado avrebbe erroneamente ritenuto che gli oneri di cui si duole la ricorrente sarebbero stati già previsti nella previgente concessione e, quindi, noti alla società e, dall’altro, che non sarebbe ‘previsto alcun potere del concedente di variare i prezzi dei prodotti… dato che il valore da prendere in considerazione …è quello del listino … ASSOBAR’, in tal modo travisando le censure prospettate e ricostruendo in modo erroneo il contenuto del Capitolato.
Diversamente da quanto sostenuto dal T.A.R., i costi di cui si duole la società Events Planning & Catering s.r.l. sarebbero divenuti eccessivi non in sé considerati, ma per effetto dell’incremento abnorme del c.d. ‘canone minimo garantito’, dovuto a prescindere dal numero di eventi organizzati nello Stadio (e, quindi, dei ricavi realizzati fornendo il Servizio). Il rilievo sostenuto dal Collegio di prime cure, secondo cui alcune prescrizioni fossero già presenti nella concessione del 2014 non sarebbe condivisibile, in quanto tali rischi erano ragionevoli nel contesto di una concessione nella quale il canone minimo garantito era notevolmente inferiore, mentre, nel nuovo schema, l’esponenziale aumento di tale voce di costo avrebbe ridotto il margine operativo del gestore e, quindi, il ribaltamento dei costi e/o le altre voci indicate nel ricorso assumerebbero una incidenza diversa da quella del passato. Il rinvio al pregresso rapporto concessorio sarebbe ancora più erroneo nel caso degli oneri relativi allo smaltimento dei rifiuti, dal momento che il Collegio di primo grado non si sarebbe avvenuto dell’aggravio di costi conseguente alla modifica introdotta da SeS in sede di gara.
In particolare, sarebbe evidente, secondo la società appellante, come, per le vendite durante i grandi eventi organizzati presso lo Stadio, l’autorizzazione (o il nulla – osta) e il potere di fissare i prezzi dei prodotti sia attribuito all’unilaterale determinazione di SeS, senza che il listino costituisca più un parametro o un vincolo al quale attenersi. Pertanto, l’ingerenza di SeS nelle scelte imprenditoriali del futuro gestore, esercitando un potere autorizzatorio del tutto svincolato da alcun parametro obiettivo, per la ricorrente, sarebbe ancora più grave, ove si consideri che la vendita di prodotti nel corso delle grandi manifestazioni organizzate allo Stadio costituirebbe il vero core business della concessione, in quanto oltre il 90% del fatturato complessivo deriverebbe dalla vendita dei Prodotti Stadio.
12. Le critiche, come sopra sintetizzate, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti a profili connessi, sono infondate, per i rilievi di seguito enunciati.
Per tale ragione, il Collegio ritiene di soprassedere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate da parte appellata, in ragione della infondatezza del ricorso nel merito.
12.1. Per priorità logica va esaminata la critica introdotta con il primo mezzo, con la quale si deduce un vulnus del profilo motivazionale della sentenza impugnata, per avere il Collegio di prima istanza deciso di definire la controversia all’udienza fissata per la camera di consiglio, non sussistendo nella specie i presupposti processuali per una sentenza in forma semplificata, ai sensi degli artt. 60 e 120 c.p.a.
La critica non può essere condivisa.
La giurisprudenza amministrativa ha, in più occasioni, ribadito che presupposti della sentenza in forma semplificata sono la completezza del contraddittorio (cioè la rituale notifica del ricorso e il rispetto del termine per la discussione dell’istanza incidentale), la completezza dell’istruttoria, e l’avviso alle parti. Tali presupposti processuali non sono stati disattesi dal Collegio di prima istanza.
Orbene, l’esigenza e l’opportunità della sollecita decisione nel merito di una causa è da intendersi rimessa al prudente apprezzamento del giudice e non alla volontà delle parti, alle quali è stato riconosciuto il diritto di essere avvertite dell’intenzione del giudice (di decidere immediatamente nel merito la causa) al fine precipuo di non esaurire le loro difese sul piano della misura cautelare incidentalmente richiesta e di sviluppare pertanto le proprie argomentazioni difensive anche nel merito; di conseguenza, la censura proposta contro la sentenza di primo grado, con cui si denuncia la carenza dei presupposti per la pronuncia in forma semplificata all’esito della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, oltre ad essere inammissibile se le parti, espressamente informate dell’intenzione del collegio giudicante di definire immediatamente nel merito la causa, nulla hanno obiettato, è anche infondata nel merito, atteso che la doglianza si sostanzia in una censura di difetto di motivazione della sentenza impugnata che non rileva nel giudizio di appello, giacché l’effetto devolutivo di quest’ultimo consente al giudice di legittimità di provvedere sulle domande, eventualmente integrando la motivazione mancante (ex plurimis cfr. Cons. Stato, n. 4244 del 2010).
E’ stato, altresì, affermato che le doglianze alla decisione del giudice, rappresentando un interesse ad allegare o provare i fatti rilevanti prima della conclusione del giudizio, non può tuttavia muovere dall’erroneo e non condivisibile assunto secondo cui il principio dispositivo, che vige con alcuni temperamenti anche nel giudizio amministrativo, conferisca alla parte un potere di impulso o di veto immotivato e incondizionato sul regolare e, ove possibile, sollecito andamento del processo che è, sì, la tutela giurisdizionale di una situazione giuridica lesa, ma anche esercizio di una funzione pubblica, quella del ius dicere, che obbedisce a precise regole e a valori di rilievo costituzionale, i quali presidiano beni che non sono o, almeno, non sono del tutto nella disponibilità della parte (Cons. Stato, n. 7045 del 2021).
Quanto all’asserito vizio di motivazione della sentenza impugnata e agli assunti errori di valutazione in cui sarebbe incorso il Collegio di prima istanza, va osservato quanto segue.
12.2. Le articolate censure spiegate dall’appellante si fondano sostanzialmente sul presupposto della asserita insostenibilità del PEF redatto da Sport e Salute s.p.a., che avrebbe condotto all’impossibilità per la ricorrente di presentare un’offerta, e sull’indebito trasferimento a carico del futuro concessionario di rischi impropri, in violazione dei principi generali dettati dal Codice in tema di fiducia e ricerca del risultato.
Events Planning & Catering s.r.l. sostiene la sussistenza di molteplici vizi ed omissioni della concedente nella definizione di alcuni voci economiche ed aspetti tecnici essenziali per assicurare la sostenibilità del futuro rapporto concessorio. In particolare: “lo stravolgimento della crescita ipotetica dei ricavi, che prevede un aumento esponenziale della spesa media per spettatore, e la parallela mancata inclusione tra gli oneri rilevanti del costo del personale impiegato per la vendita spaltistica (‘Lavoratori Spaltisti’), nonché dei lavoratori banchisti e capi buvette necessari per l’apertura di tutti i 35 punti bar oltre i punti bar temporanei (Punti Bar) presenti nello Stadio (insieme, i ‘lavoratori occasionali’), pur considerati dalla stessa Concedente essenziali per la buona riuscita del Servizio e, quindi, oggetto di previsioni vincolanti nella lex specialis, hanno costretto EPC a non presentare l’offerta, nella piena consapevolezza, derivante dall’approfondita conoscenza delle reali modalità di svolgimento del Servizio, dell’obiettiva impossibilità di mantenere un equilibrio economico nella gestione per tutta la durata del rapporto”.
L’esame delle critiche presuppone una riflessione sull’istituto del PEF nelle concessioni.
L’art. 182 del d.lgs. n. 36 del 2023 prevede, al comma 5, che: “i bandi e i relativi allegati, ivi compresi, a seconda dei casi, lo schema di contratto e il piano economico finanziario, sono definiti in modo da assicurare adeguati livelli di bancabilità, intendendosi per tali la reperibilità sul mercato finanziario di risorse proporzionate ai fabbisogni, la sostenibilità di tali fonti e la congrua redditività del capitale investito. I bandi possono anche richiedere che le offerte siano corredate da manifestazioni di interesse dell’istituto finanziatore”. L’art. 185 del d.lgs. n. 36 del 2023 detta la disciplina sui criteri di aggiudicazione dei contratti di concessione. Al comma 5 stabilisce che: “Prima di assegnare il punteggio all’offerta economica la commissione giudicatrice verifica l’adeguatezza e la sostenibilità del piano economico finanziario”.
L’art. 182, comma 5, cit. contempla quindi la facoltà da parte della stazione appaltante di allegare al bando di gara un modello di PEF al fine di agevolare i concorrenti nella predisposizione del documento. La norma dispone, altresì, che la valutazione dell’offerta dovrà avvenire tramite l’analisi del PEF, la cui presentazione sia richiesta dalla stazione appaltante.
Pertanto, per la valutazione dei fatti per cui si procede, occorre partire dal suddetto assunto, ossia che il modello di PEF allegato dalla stazione appaltante è uno strumento che agevola i concorrenti nella predisposizione del proprio PEF, per aiutare i concorrenti nella preparazione del documento richiesto. In sostanza, questo documento serve come riferimento per la struttura e i contenuti del PEF facilitando la compilazione e riducendo il rischio di errori.
Nella concessione il PEF si atteggia diversamente rispetto all’appalto, stante la diversità dei negozi.
La concessione, che rappresenta una species del più ampio genus delle forme di parternariato pubblico privato, si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario, pertanto il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità con riferimento agli operatori economici che partecipano alla gara deve essere valutata dall’Amministrazione.
Nel modello di PEF l’Amministrazione è tenuta a specificare gli oneri economici che concorrono a definire il rischio che l’operatore economico è chiamato ad assumere; infatti, se l’operatore non è posto a conoscenza di tutti gli oneri del servizio che dovrà svolgere, non sarà in condizione di valutare se, per la sua organizzazione di impresa, sia in grado di sostenere il rischio senza incorrere in perdite di attività e la sua offerta risulterà inevitabilmente inattendibile (Cons. Stato, n. 2809 del 2022).
In sostanza, gli atti a base di gara devono identificare le prestazioni poste a carico del concessionario e quantificarne l’onere economico, in modo da consentire di definire compiutamente ex ante le condizioni che incideranno, nel corso della durata del rapporto, sull’equilibrio economico finanziario del servizio.
La funzione primaria del PEF è, quindi, quella di assicurare il raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa concessa, che si concretizza nella contemporanea presenza di condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria, e rappresenta lo strumento attraverso il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti coinvolte.
Nella vicenda processuale in esame, per quanto in seguito sarà chiarito, l’Ente concedente ha adeguatamente indicato nel modello di PEF tutti gli elementi per consentire all’operatore economico la partecipazione alla gara, formulando una offerta economicamente sostenibile, posto che di fatto ben quattro operatori del settore hanno partecipato alla procedura, e tre su quattro hanno offerto dei rialzi sui canoni concessori a base d’asta di circa il 30%, in questo modo attestando che il PEF era sostenibile anche con il suddetto incremento dei corrispettivi concessori.
Per ragioni di completezza, anche per sfumare la rilevanza di una eccessiva esaustività dei contenuti del modello di PEF redatto dalla Stazione appaltante nelle concessioni, va osservato che la più recente giurisprudenza, sulla base di una lettura restrittiva delle disposizioni del d.lgs. n. 36 del 2023, ha in qualche modo attribuito al PEF una funzione meramente ‘eventuale’.
Secondo tale orientamento, l’art. 182 del d.lgs. n. 36 del 2023 stabilisce che l’affidamento delle concessioni deve avvenire tramite pubblicazione di un apposito bando, specificando al comma 5, che il PEF è una componente meramente ‘eventuale’ (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, n. 982 del 2024, T.A.R. Lombardia, Milano, n. 2132 del 2024).
La tesi è emersa dai primi interventi interpretativi della giurisprudenza di settore, secondo cui il Legislatore non ha inteso imporre un obbligo generalizzato di predisposizione del PEF nelle concessioni, ma ha lasciato spazio alla flessibilità e ad una valutazione discrezionale da effettuarsi caso per caso, in funzione delle caratteristiche peculiari della gara.
Secondo l’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato, la natura facoltativa del PEF verrebbe ulteriormente confermata dall’art. 193 del Codice che, invece, impone espressamente la presentazione di un PEF asseverato solo nell’ambito delle proposte di finanza di progetto.
Questa disposizione confermerebbe l’interpretazione secondo cui, in alcuni casi, il Legislatore ha inteso essenziale la predisposizione del PEF, dove la complessità e l’entità del progetto richiedono una valutazione più approfondita della sostenibilità economica e finanziaria.
Secondo questo indirizzo, il PEF, pur non essendo obbligatorio in ogni concessione, conserva un ruolo centrale quando il bando espressamente lo richieda, ma va modulato secondo le caratteristiche dalla concessione alla quale accede.
Questa nuova visione delle regole del rapporto è in linea con la natura dell’istituto della concessione.
Nella concessione, i servizi hanno una chiara natura imprenditoriale, nel senso che si rivolgono ad un mercato composto da una pluralità di utenti che ne domandano le prestazioni.
Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio interno alla aleatorietà della domanda di prestazioni, poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica.
Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi, forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare.
E’ noto a questo Collegio l’indirizzo più volte sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui, pur essendo necessario il trasferimento del rischio operativo in capo al soggetto privato “è necessario pure che siano specificati tutti gli oneri economici che concorrono a definire il rischio che l’operatore economico è chiamato ad assumere. In mancanza non potrà dirsi attendibile l’elaborazione del Piano economico finanziario – nel quale l’amministrazione è tenuta a riportare i costi preveduti e i ricavi possibili di modo da prefigurare l’utile conseguibile ovvero, in sintesi, le condizioni di equilibrio economico – finanziario del servizio – e, di risulta non sarà neppure corretta l’allocazione del rischio’ (ex plurimis cfr. Cons. Stato, n. 795 del 2022).
Nondimeno, in altre occasioni, si è ribadito che la predisposizione del modello di PEF e, quindi, anche la valutazione del fatto che l’operatore economico sia in grado di gestire il rischio operativo e garantire la realizzazione degli obiettivi di interesse pubblico costituisce espressione di discrezionalità tecnica della stazione appaltante non suscettibile di censura da parte del giudice amministrativo (Cons. Stato, n. 1043 del 2023), se non nei limiti di manifesta irragionevolezza ed errore macroscopico e manifesto.
Da tali assunti emerge, secondo questo indirizzo giurisprudenziale, che nelle concessioni disciplinate dal d.lgs. n. 36 del 2023, il PEF, qualora previsto dal bando, ha un ruolo più funzionale alle caratteristiche specifiche del rapporto concessorio, senza che si debba pretendere una totale esaustività di rappresentazione dei singoli oneri economici, atteso che ciò che rileva è che sia adeguatamente rappresentato il rischio che l’operatore economico è chiamato ad assumere, tanto al fine di consentire la sostenibilità dell’offerta e la corretta partecipazione alla procedura di gara.
12.3. Orbene, ciò premesso, le critiche sostenute nel gravame sono infondate.
L’appellante sostanzialmente ritiene che l’Ente concessionario avrebbe formulato un modello di PEF insostenibile, poiché avrebbe: i) sovrastimato i potenziali ricavi e ii) sottostimato i costi, soprattutto con riferimento al costo del personale.
Con riferimento alla sovrastima dei potenziali ricavi, la società ritiene non corretto costruire la gara tenendo conto dei risultati economici conseguiti nell’anno 2023, definito un anno ‘eccezionale’, e quindi una annualità non ripetibile, dal momento che molti eventi svolti presso lo Stadio Olimpico nel 2023 sarebbero consistiti nel ‘recupero’ di attività che negli anni precedenti non sono state consentite a causa della Pandemia.
La tesi, sostenuta anche dal consulente di parte appellante, viene superata dal fatto che il PEF posto a base di gara è stato redatto prevedendo ricavi stimati per circa 8 milioni di euro per il primo anno, con crescita progressiva negli anni successivi, fino al quarto anno di concessione, ossia il 2028, ove i ricavi sono stimati pari a quelli del 2023. Ne consegue, l’evidente infondatezza della tesi difensiva.
Quanto alla assunta ‘eccezionalità’ dei ricavi conseguiti nel 2023, va osservato che l’assunto non è stato adeguatamente supportato probatoriamente dagli esiti processuali, atteso che non emerge che l’anno 2023 sia servito al recupero di eventi che sono stati rinviati negli anni 2020 e 2021, né viene spiegato dall’appellante come l’eccezionalità emerga solo nel 2023 e non anche nel 2022, primo anno che ha segnato l’inizio della fine della Pandemia, o addirittura nel 2024.
Come emerge da un documento trasmesso a Sport e Salute s.p.a. da EPC in data 2.2.2024 (doc. 7 – All.6 alla Relazione KPMG), il fatturato conseguito dalla ricorrente nel 2023 è stato pari ad euro 11.977.270,55 al netto dell’IVA di legge, pertanto va condivisa l’osservazione resa in memoria dalla società concedente la quale sostiene come non possa comprendersi su quali basi la ricorrente abbia ritenuto di prospettare in giudizio che, in caso di aggiudicazione della concessione, tra il 2023 e il 2025, primo anno di gestione della nuova concessione, l’aggiudicatario della stessa avrebbe dovuto fronteggiare una riduzione del fatturato di circa 4 milioni di euro e, quindi, una contrazione delle attività di oltre il 30%. Nella relazione del consulente di parte, prof. Tiscini del 16 ottobre 2023 (All. 4 alla Relazione KPMG) si legge: ‘I dati di ricavo, quantificato per il 2023 in 11,98 mln., vedono una crescita di circa l’80% rispetto al risultato 2022 e sono assunti costanti al medesimo livello nel 2024. Anche nei primi 9 mesi del 2025 si assume un andamento del fatturato in linea con l’esercizio precedente’…’grazie ai positivi valori della redditività attesi per gli esercizi 2023, 2024, 2025, i flussi di cassa realizzati riuscirebbero a compensare l’effetto dei risultati negativi registrati negli anni 2019,2020, 2021’.
Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, come dedotto dal Sport e Salute s.p.a. nei propri scritti difensivi, il numero degli eventi presso lo Stadio Olimpico tenuti nel 2024 e quelli tenuti nel 2025 è in linea con il numero degli eventi che si sono tenuti nel 2023.
In particolare, l’Ente concedente ha fornito una prima previsione degli eventi che si sarebbero tenuti nel corso del 2025, stimati in n. 67, che sarebbero potuti divenire 86, nel caso di partecipazione delle società calcistiche romane alla Coppa Italia e/o a coppe europee. Ha, altresì, riferito che nel periodo estivo, sono stati programmati n. 13 concerti (e altri due eventi sono stati contrattualizzati, ma non commercializzati), verosimilmente in un numero quasi uguale a quelli che sono svolti nel 2023.
Lo Stato Olimpico di Roma, nel 2024, è stato indicato al quinto posto della classifica stilata sugli incassi della biglietteria realizzati dai concerti e al secondo posto nella classifica stilata sulla base del numero dei biglietti venduti nei concerti stessi.
Ne consegue che la sentenza impugnata non merita censura, dovendosi ribadire quanto precisato dal T.A.R., secondo cui, rispetto ai corrispettivi minimi garantiti richiesti e al valore complessivo della concessione, ‘deve essere sottolineato che Sport e Salute s.p.a. si è basata, da un lato, sugli importi corrisposti da EPC per l’anno 2023 (…) e, dall’altro lato, sul fatturato conseguito dalla ricorrente nello stesso anno (…) nonché in ragione delle previsioni di crescita stimata dal Prof. Tiscini (…) l’importo complessivo della concessione pari a euro 55.472.500,00 IVA esclusa è di poco inferiore a quanto si otterrebbe moltiplicando per cinque (cioè gli anni di durata del rapporto) il fatturato dichiarato da EPC nel 2023’.
Con riferimento alla stima dei ricavi, tenuto conto degli eventi in previsione per gli anni a venire, l’Ente concedente si è correttamente basato sulla relazione predisposta da KPMG (società di consulenza incarica da Sport e Salute s.p.a. per esaminare la documentazione di gara), il cui atteggiamento nella valutazione prospettica, come emerge dai dati contabili, è stato prudenziale, ‘dato che si è partiti, per il primo anno, da 8.682.500,00 euro e non sono state considerate le partite che la AS Roma e la SS Lazio potranno disputare nelle competizioni internazionali nei prossimi anni (Conference League, Europa League, Champions League), le partite che le medesime società potranno disputare in Coppa Italia a seguito del passaggio del primo turno e la reale affluenza media alle partite disputate dalla AS Roma e dalla SS Lazio. Nel PEF si stima che alle partite della AS Roma assisteranno in media 50.000 spettatori (ma il dato numerico reale rivela un’affluenza media di circa 62.000 spettatori) e alle partite della SS Lazio parteciperanno in media 30.000 spettatori (sebbene anche in questo caso i dati storici parlino di un’affluenza media di circa 44.000 spettatori)’.
12.4. Priva di fondamento anche l’asserita sottostima dei costi per la gestione della concessione, con particolare riferimento ai costi del personale.
A sostegno dell’assunto la società appellante ha allegato gli esiti della stima effettuata dal perito di parte, argomentando che il PEF posto a base di gara per la formulazione dell’offerta economica migliorativa avrebbe tenuto conto, ai fini del calcolo del costo del personale, solo dei lavoratori indicati nell’Allegato 15.1_RA15224PA, omettendo quindi di considerare il costo relativo ai lavoratori a chiamata o per singolo evento e che svolgono attività di spaltisti, addetti alla buvette e i c.d. banchisti, ossia ’15.2_RA15224 PA’.
Le tesi non tiene conto che l’Allegato 15.1_15224PA, oltre a contenere l’elenco del personale contrattualizzato dal gestore uscente, reca anche evidenza della retribuzione annua lorda di tale personale comunicata da EPC, pertanto, se si sommano le retribuzioni di tutti e 50 i lavoratori elencati, i cui compensi vanno ritenuti diversificati (quindi non tutti sono retribuiti con 33,000), si ottiene un costo complessivo sostenuto da EPC per tali figure di circa 750.000,00 euro.
Nonostante ciò, nel PEF il costo del personale, per il primo anno, è stimato in euro 1.650.000,00 e quindi a livello superiore, quindi una sovrastima del personale ‘stabile’, con la conseguenza che la differenza tiene conto di eventuali costi di lavoratori occasionali, o del personale ‘variabile’.
A tale riguardo, va premesso quanto sopra diffusamente illustrato con riferimento alla funzione del modello di PEF, ossia che trattasi di un documento ‘volto ad individuare una cornice entro la quale gli operatori economici interessati possono presentare un’offerta, valutando le voci di costo e di ricavo individuate dalla stazione appaltante’, pertanto, il calcolo del personale è preordinato a stabilire, in tesi, quale potrebbe essere la forza lavoro necessaria da impiegare a tempo pieno per la gestione della concessione, con la conseguenza che le predicate mancanze non appaiono idonee di per sé a non aver consentito all’appellante la presentazione di una offerta.
Sport e Salute s.p.a. nei propri scritti difensivi evidenzia, inoltre, una condivisibile contraddizione nelle argomentazioni difensive illustrate da EPC, posto che nell’appello si sostiene come l’incidenza del costo complessivo del personale sia pari al 43% sul valore della produzione, e quindi dei ricavi, mentre nella relazione del prof. Tiscini del 16 ottobre 2023, esaminata dalla KPMG, e dai bilanci della EPC, l’incidenza del costo complessivo del personale è indicata pari al 33% sul valore della produzione.
Ne consegue che, anche con riferimento a tale specifico profilo, la sentenza impugnata non merita censura, avendo il Collegio di prima istanza osservato che se pure Sport e Salute s.p.a. avesse calcolato il costo del personale assumendolo pari al 33% dei ricavi, il PEF sarebbe rimasto comunque pienamente sostenibile.
12.5. Non risulta neppure sovrastimata la spesa media prevista per ciascun spettatore.
L’Ente concedente ha determinato tale spesa in euro 3,50 per il 2025, mentre la ricorrente ha dedotto in giudizio che nel 2023 tale spesa è stata pari ad euro 3,23 pro capite. Quindi il PEF, sulla base del noto incremento del costo delle materie prime, ha ragionevolmente rideterminato l’importo, senza si possa ritenere che tale stima sia viziata in eccesso.
12.6. Va anche respinta la censura sostenuta dall’appellante circa l’eccessività del canone concessorio indicato nel PEF e della relativa quota minima garantita. Dalla Relazione KPMG emerge che EPC nel 2023 ha corrisposto alla società concedente una somma più alta rispetto a quella indicate nel PEF, per un totale di euro 2.994.317,64, laddove il minimo garantito indicato nel PEF è certamente inferiore a tale importo come emerge dalla tabella allegata da Sport e Salute s.p.a. in memoria.
12.7. Non può trovare accoglimento la denuncia secondo cui il T.A.R. avrebbe omesso di pronunciarsi sulla ‘irragionevole crescita del fatturato’ e sulla ‘impossibilità di assumere i ricavi dell’anno 2023 quale riferimento per valutare la sostenibilità del minimo garantito’.
Si è già ampiamente dedotto sulla differenza tra la concessione e l’appalto, pertanto ritenere che la lex specialis in una concessione debba assicurare un adeguato margine di guadagno all’aggiudicatario è affermazione riferibile al contratto di appalto ma non alla concessione, ove il profitto del concessionario è caratterizzato da rischio ed alea, ciò in ragione del trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario.
12.8. Quest’ultimo rilievo è l’argomento dal quale partire per respinge l’ultimo mezzo, con il quale si deduce, in sintesi, che il T.A.R. avrebbe errato nel non considerare la insostenibilità per il concessionario di alcune voci di costo previste dalla lex specialis, asserendo un ‘ribaltamento ingiustificato di costi diretti del concedente’, e in particolare del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, dei rischi non imputabili al concessionario quali i danni derivanti da condotte di terzi, come danneggiamenti e vandalismi, nonchè i rischi derivanti dal potere che il concedente si sarebbe riservato rispetto ai prezzi praticati dal concessionario e alla individuazione dei fornitori.
L’appellante paventa, altresì, il rischio di modifica ex post della concessione a causa di lavori che potrebbero essere in futuro richiesti per l’adeguamento alle normative in materia di edilizia ed impiantistica.
In disparte l’ammissibilità delle critiche, atteso che Sport e Salute s.p.a., con memoria, ha eccepito la violazione del divieto dei nova in appello, le stesse sono infondate, dovendosi confermare quanto ha precisato il T.A.R. nella sentenza impugnata ossia ‘che si tratta di costi diretti del concessionario, quale detentore dei locali che producono i rifiuti, e non del concedente’, in base al noto principio ‘chi inquina paga’ (Direttiva 2018/851/CE). Quanto ai costi derivanti da danni causati da condotte di terzi, come danneggiamenti e vandalismi, va rammentato che sull’operatore sono trasferiti, a seguito del contratto di concessione, i rischi ‘operativi’, ossia i rischi di natura economica o tecnica connessi all’alea della gestione, che possono riguardare il lato della domanda o dell’offerta o di entrambi.
Ai sensi dell’art. 177, comma 3, del Codice (come modificato dall’art. 55, co.1, d.lgs. n. 209/2024), ‘il rischio operativo, rilevante ai fini della qualificazione dell’operazione economica come concessione, è quello che deriva da fattori esterni, non soggetti al controllo delle parti. Non rilevano rischi connessi a cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali dell’operatore economico o a cause di forza maggiore’.
Né risulta dai fatti di causa che l’Ente concedente si sia riservato il potere di variare ex post i prezzi dei prodotti, in quanto gli allegati al capitolato tecnico prestazionale prevedono solo un controllo della concedente sull’offerta merceologica e sul relativo listino prezzi per i servizi di bar – caffetteria, ristorazione e di somministrazione di cibo e bevande in occasione di eventi aperti al pubblico.
Infatti, diversamente da quanto sostiene l’appellante, i costi sono stati chiaramente esposti e soprattutto non è stato ‘previsto alcun potere del concedente di variare i prezzi dei prodotti (dato che il valore da prendere in considerazione, come specificato nel capitolato, è quello del listino pubblicato da ASSOBAR), o di scegliere i fornitori’ il tutto, peraltro, in continuità con quanto già previsto dal capitolato tecnico del 2014, che stabiliva previsioni analoghe.
Infondate sono anche le doglianze relative alle altre clausole, in quanto il PEF a pag. 11 indica in modo chiaro quali saranno gli investimenti edili, nonché tecnologici che il concessionario dovrà effettuare.
13. Da siffatti rilievi consegue l’infondatezza delle censure, anche in considerazione della portata dirimente della circostanza, al fine di escludere la fondatezza della tesi della insostenibilità del PEF, che nel corso della gara sono state presentate ben quattro offerte, tre delle quali hanno proposto un rialzo del canone concessorio di circa il 30%, provenienti da operatori qualificati; pertanto, come precisato dal T.A.R., tanto ‘costituisce, di per sé sola, prova evidente che non vi era un’obiettiva e generalizzata impossibilità di presentare la domanda, per l’ovvia evidenza che quattro offerte sono state enucleate’.
14. Ne consegue il rigetto dell’istanza istruttoria, tenuto conto che, ai sensi degli artt. 63 e 64 c.p.a., il c.d. principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova postula che l’interessato debba avanzare almeno un principio di prova affinché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori ufficiosi. Nella specie, tenuto conto che le censure sono state disattese dagli esiti processuali, le richieste istruttorie di parte ricorrente si traducono in una inversione dell’onere della prova, non potendosi colmare con esse l’omessa ottemperanza agli oneri processuali inerenti ai fatti costitutivi della pretesa.
15. In definitiva, l’appello va respinto, e la sentenza impugnata va confermata.
16. La complessità, anche fattuale, delle questioni esaminate suggerisce la compensazione integrale delle spese di lite del grado tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore