Il presente approfondimento rappresenta una rielaborazione della tesina presentata nell’ambito della IV Edizione (a.a. 2023/2024) del Master Universitario di II° livello Teoria e Management degli Appalti Pub-blici (TEMAP) presso la Libera Università Maria

Abstract

Il presente contributo analizza il tema dell’affidamento dei servizi legali nei contratti pubblici, un argomento complesso che si colloca al crocevia tra due esigenze fondamentali: da un lato, il rispetto dei principi di trasparenza e concorrenza che regolano gli appalti pubblici, dall’altro, la tutela delle peculiarità delle professioni legali e in particolare dell'avvocato, caratterizzata da un rapporto fiduciario tra questi e il cliente. Fin dalle direttive UE del 2014 veniva introdotta la distinzione tra i servizi legali esclusi dal campo di applicazione delle norme sugli appalti pubblici e i servizi legali soggetti a un regime c.d. "alleggerito" che ne disciplina espressamente le modalità concrete di affidamento. Nella prima di dette categorie di servizi rientra la fattispecie che ha suscitato il maggior dibattito e ha fatto sorgere orientamenti difformi nella giurisprudenza, vale a dire quella relativa all'affidamento di un incarico di difesa in giudizio da parte di una amministrazione aggiudicatrice o ente concedente. La distinzione ha trovato conferma anche nel nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36/2023 il quale, per i servizi legali esclusi, prevede al co. 5 dell’art. 13 di “tenere conto dei” principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Codice stesso, aprendo in tal modo, ancora una volta, un margine di interpretazione. La recente sentenza n. 2776/2025 del Consiglio di Stato fornisce in merito alcune prime indicazioni.

 

Sommario: 1. La disciplina dei servizi legali nell’ordinamento dell’Unione europea. -  2. La disciplina dell’affidamento dei servizi legali nell’ordinamento italiano nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006. – 3. La disciplina nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016. – 4. Segue. Le linee guida ANAC n. 12 relative all’“Affidamento dei servizi legali”. – 5. Gli indirizzi interpretativi della Corte dei conti. – 6. La disciplina attuale con il nuovo “Codice dei contratti pubblici”, d.lgs. n. 36/2023. – 7. Equo compenso. – 8. Considerazioni conclusive. – 9. Bibliografia.

 

1. La disciplina dei servizi legali nell'ordinamento dell’Unione europea.

Ai fini di un’analisi del tema degli affidamenti dei servizi legali nell’ambito dei contratti pubblici, si ritiene utile, innanzitutto, prendere le mosse da una ricognizione delle vigenti norme dell'Unione europea e da un importante e recente approdo giurisprudenziale della Corte di giustizia europea, anticipando fin d’ora che, allorquando, in seguito, si esporrà in merito alle norme e alla giurisprudenza nazionali italiane relative allo stesso tema, si rileveranno diverse interpretazioni susseguitesi nel tempo. Le diverse interpretazioni riguardano, in primo luogo, l’aspetto più delicato della questione e più importante in concreto, vale a dire l’individuazione delle corrette modalità di affidamento dei servizi in esame da parte dei soggetti tenuti all’applicazione delle norme degli appalti pubblici, vale a dire le stazioni appaltanti e gli enti concedenti.

In relazione a tale argomento va fatta necessariamente una premessa generale relativa alla ridefinizione operata, di fatto, dalle norme europee rispetto alla tradizionale nozione italiana di appalto di servizi ricomprendendovi anche attività di natura intellettuale prestate da professionisti.

Tradizionalmente, come noto, in Italia esiste una netta demarcazione, dal punto di vista civilistico, tra l’appalto (di servizi), disciplinato agli artt. 1655 e ss. del Codice civile, e il contratto d’opera intellettuale, disciplinato agli artt. 2230 e ss. del Codice civile, rientrando in questa seconda fattispecie ogni attività di natura intellettuale prestata dal professionista.

Nel diritto europeo, l’art. 57 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce espressamente che: “Sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. I servizi comprendono in particolare: (...) d) attività delle libere professioni”. Vale a dire che, secondo il diritto europeo, le prestazioni intellettuali dei professionisti sono qualificate quali “servizi”, intesi come prestazioni di rilievo economico che non rientrano nella nozione di merce o di capitale.

Tale qualificazione delle prestazioni intellettuali quali servizi professionali è confermata anche nella direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, al cui considerando n. 43 le professioni intellettuali sono, appunto, definite come attività praticate da “coloro che forniscono servizi intellettuali e di concetto nell’interesse dei clienti e del pubblico”.

Per quanto riguarda tali servizi professionali, le norme europee si sono occupate, innanzitutto, di disciplinarne, in ottica di regolamentazione del mercato, la libertà di prestazione all’interno della UE.

La direttiva 77/249/CEE, infatti, per quanto riguarda i servizi legali prestati da avvocati, ne disciplina la libera prestazione, includendo attività giudiziali e stragiudiziali, prevedendo che gli avvocati che operano in uno Stato membro diverso dal proprio devono rispettare determinate formalità, come la comunicazione all'Ordine degli Avvocati locale e la collaborazione con un professionista abilitato nel Paese ospitante.

La "direttiva servizi" (2006/123/CE) poi è intervenuta a eliminare restrizioni alla circolazione dei servizi, garantendo maggiore trasparenza e competitività. Per i professionisti legali, quest’ultima impone l’eliminazione dei divieti assoluti di comunicazioni commerciali, salvo regolamenti giustificati da motivi di interesse generale; la possibilità di fornire servizi multidisciplinari, purché siano garantiti indipendenza e imparzialità; l’obbligo di fornire ai clienti informazioni trasparenti su prezzi, norme professionali e possibili conflitti di interesse; la possibilità per gli Stati di richiedere un’assicurazione obbligatoria per attività a rischio finanziario, escludendo solo alcune attività legate all'esercizio di pubblici poteri.

In linea generale, si può affermare che il diritto della UE, qualificando le professioni intellettuali in termini di servizi professionali, oltre che regolamentarne la libera circolazione, ha anche assimilato le professioni intellettuali ai servizi professionali, regolati dalle norme sulla concorrenza e la libera circolazione, favorendo un approccio economico e competitivo, con alcune eccezioni per le attività legate all’esercizio del pubblico potere.

Da ciò deriva il fatto che la normativa europea ha ricompreso nell’ambito della disciplina degli “appalti pubblici di servizi” anche servizi che hanno ad oggetto prestazioni intellettuali di professionisti, tra cui anche quelli legali[1].

Si rileva, infatti, che la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici nei settori ordinari, attualmente in vigore, al considerando n. 25, in tema di servizi legali, prevede che taluni di questi servizi “sono forniti da prestatori di servizi designati da un organo giurisdizionale di uno Stato membro, comportano la rappresentanza dei clienti in procedimenti giudiziari da parte di avvocati, devono essere prestati da notai o sono connessi all’esercizio di pubblici poteri.” Fatta tale premessa, essa specifica che tali servizi “sono di solito prestati da organismi o persone selezionate o designate secondo modalità che non possono essere disciplinate da norme di aggiudicazione degli appalti, come può succedere ad esempio per la designazione dei pubblici ministeri in taluni Stati membri”. Sottolineando le particolarità di questa specifica categoria, il considerando anticipa che “tali servizi legali dovrebbero pertanto essere esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva”.

Sempre nei diversi considerando, e in particolare al n. 116, la stessa direttiva, relativamente al tema dell’esclusione della sua applicazione di alcuni servizi, esprime che “taluni servizi legali riguardano esclusivamente questioni di puro diritto nazionale e sono pertanto offerti generalmente solo da operatori ubicati nello Stato membro interessato e hanno di conseguenza anche una dimensione limitatamente transfrontaliera. Dovrebbero pertanto rientrare solo nel regime alleggerito, con una soglia di 750.000 EUR”, puntualizzando che solo gli “appalti di servizi legali al di sopra di tale soglia possono rivestire interesse per vari operatori economici, quali gli studi legali internazionali, anche su base transfrontaliera, in particolare ove riguardino questioni giuridiche aventi come fonte o contesto il diritto dell’Unione o il diritto internazionale oppure questioni giuridiche che interessano più di un paese”.

Dai citati considerando già si evince che il legislatore europeo inquadra i servizi legali come “appalti di servizi”, nella accezione ampia di tali termini propria del diritto europeo, di cui si è detto sopra, per i quali prevede un duplice regime giuridico.

Premesse le suddette considerazioni, la direttiva dispone l’esclusione dall’applicazione della normativa sugli appalti pubblici relativamente ad uno specifico elenco di servizi legali. L’art. 10, rubricato “Esclusioni specifiche per gli appalti di servizi” prevede, infatti, al co. 1, lett. d) che la direttiva n. 2014/24/UE “non si applica agli appalti pubblici di servizi (…) concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

  1. rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 77/249/CEE del Consiglio[2]:
    • in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro, un paese terzo o dinanzi a un’istanza arbitrale o conciliativa internazionale; oppure
    • in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro o un paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;
  2. consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui alla presente lettera, punto i), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento in questione, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 77/249/CEE;
  3. servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai;
  4. servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale nello Stato membro interessato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali;
  5. altri servizi legali che, nello Stato membro interessato, sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri;”

La categoria dei servizi legali esclusi, quindi, comprende “appalti pubblici di servizi” concernenti servizi di rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato in un arbitrato, conciliazione o in un procedimento giudiziario, e la eventuale “consulenza legale” fornita in preparazione di uno dei detti procedimenti. Essa ricomprende anche: servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai; servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali; altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri (quali ad esempio un incarico di collaborazione per la redazione di proposte di elaborati normativi, di natura legislativa e regolamentare).

Si rileva, poi, che nella stessa direttiva è presente un’ulteriore norma che tratta dei servizi in esame, vale a dire l’art. 74, rubricato Aggiudicazione degli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici”, contenuto nel Titolo III “Particolari regimi di appalto”, al Capo I “Servizi sociali e altri servizi specifici”. Tale norma prevede che gli “appalti pubblici di servizi sociali e di altri servizi specifici di cui all’allegato XIV sono aggiudicati in conformità del presente capo quando il valore di tali contratti sia pari o superiore alla soglia indicata all’articolo 4, lettera d)[3].”

I servizi legali che risultano ricompresi nell’elenco dell’Allegato XIV, citato dall’art. 74, sono quelli di cui al “Codice CPV da 79100000-5 a 79140000-7; 75231100-5; Servizi legali, nella misura in cui non siano esclusi a norma dell’articolo 10, lettera c bis)” (si rileva che l’art. 10, non contiene alcuna lettera c bis) e che, evidentemente, il riferimento della norma è a quanto previsto, invece, alla lettera d).

La definizione delle prestazioni legali di cui all’Allegato XIV, quindi, avviene tramite il riferimento alla nomenclatura europea prevista dal CPV ufficiale, ed espressamente ricomprende i codici da 79100000-5 a 79140000-7 e il codice 75231100-5[4], che elencano sia servizi di “rappresentanza legale” sia di “consulenza giuridica”. Come noto, il CPV (Vocabolario comune per gli appalti) è un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici volto a unificare i riferimenti utilizzati dalle amministrazioni e dagli enti appaltanti per la descrizione dell'oggetto degli appalti. L'utilizzo del CPV è obbligatorio nell'Unione europea dal 1° febbraio 2006.

Per quanto riguarda sempre le norme europee relative ai servizi legali, si riscontra che una disciplina analoga a quella sopra esposta relativa ai c.d. settori ordinari, è contenuta, per i c.d. settori speciali, nella direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e segnatamente all’art. art. 21 “Esclusioni specifiche per gli appalti di servizi” e all’art. 91 “Aggiudicazione degli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici”.

Solo per completezza della ricognizione delle norme dell'Unione europea, si rileva che anche la direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione prevede norme analoghe a quelle sopra riportate e, specificamente, l’art. 10 “Esclusioni riguardanti le concessioni aggiudicate da amministrazioni aggiudicatrici e da enti aggiudicatori” e l’art. 19 “Servizi sociali e altri servizi specifici”. Quest’ultime norme, però, appaiono il risultato di uno sforzo sterile del legislatore europeo in quanto non si comprende come possa essere conciliabile l’istituto della concessione con la particolare tipologia dei servizi legali.

Dalla lettura delle sopra riportate norme europee si evince quindi che alcune tipologie di servizi legali - per le loro spiccate particolarità e qualunque sia il loro valore economico, quindi sia sopra che sotto le soglie europee - non sono assoggettate alla applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici (ma, come si dirà in seguito, semmai sono assoggettate ai “soli” principi fondamentali del Trattato), mentre altre tipologie di servizi legali soggiacciono ad un regime “alleggerito”, vale a dire all’applicazione non di tutte le norme contenute nelle direttive ma solo di alcune norme, se sopra la soglia comunitaria. Nessuna disciplina è invece prevista dalle direttive per gli appalti in materia di servizi legali non esclusi e di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea, essendo quest’ultima dettata dai legislatori nazionali e in Italia, su alcuni ambiti, anche dalle regioni o provincie autonome. 

La distinzione sopra citata, e a tutt’oggi in vigore, tra servizi legali assoggettati al regime “alleggerito” e servizi legali esclusi in toto dal campo di applicazione oggettivo della normativa in materia di appalti pubblici è stata introdotta, per la prima volta, con l’emanazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Prima di esse, il diritto comunitario si era limitato a disciplinare i servizi legali in via residuale e senza alcuna distinzione tra essi, inserendoli nell’elenco delle prestazioni per le quali era previsto un regime semplificato di evidenza pubblica e prevendendone la sottoposizione alle sole disposizioni relative alle specifiche tecniche e alla comunicazione dei risultati della procedura[5].

Oltre alle disposizioni sopra riportate, l’ordinamento europeo, a tutt’oggi, non ci fornisce altre norme che dettaglino, in concreto, come si debbano effettuare gli affidamenti dei servizi in esame.

Alcune utili indicazioni, invece, ci vengono fornite dalla Corte di giustizia europea, la quale è intervenuta pronunciando un importante vaglio alle norme sopra citate in una sentenza che è necessario analizzare per l’inquadramento della questione fondamentale alla base del tema in esame, vale a dire quali sono le modalità corrette da seguire per l’affidamento dei servizi legali.

La Corte, infatti, è intervenuta – per quanto qui di interesse - in merito alle procedure di aggiudicazione degli appalti di servizi di cui all’art. 10, lettera d), i), ii) e v) della direttiva 2014/24/UE, con la sentenza del 6 giugno 2019, nella causa C-264/18. Nel caso oggetto del giudizio, la Cour Constitutionnelle del Belgio era stata investita da un ricorso di annullamento delle norme del codice degli appalti belga, che avevano recepito il quadro normativo delle direttive del 2014, come ridisegnato ut supra, specificando, con riferimento ai servizi legali esclusi di cui all’art. 10, lett. d) della direttiva, che il Re del Belgio poteva stabilirne le norme di aggiudicazione. Davanti alla Corte costituzionale era stata sollevata la contestazione che tale regolamentazione avrebbe determinato una differenza di trattamento ingiustificata tra i servizi legali esclusi e le altre tipologie di servizi legali. Il Giudice del rinvio ha ritenuto di dover investire la Corte giust. formulando la questione pregiudiziale se “l’articolo 10, lettera c) e lettera d), i), ii) e v), della direttiva [2014/24] sia conforme al principio di parità di trattamento, eventualmente in combinato disposto con il principio di sussidiarietà e con gli articoli 49 e 56 [TFUE], atteso che i servizi ivi menzionati sono esclusi dall’applicazione delle norme di aggiudicazione di cui alla citata direttiva, che garantiscono peraltro la piena concorrenza e la libera circolazione nell’acquisto di servizi ad opera della pubblica amministrazione”.

La Corte giust. si è pronunciata in merito e ha concluso nel senso della piena validità della normativa comunitaria, evidenziando che “dall’esame della questione non è emerso alcun elemento che possa inficiare la validità delle disposizioni dell’articolo 10, lettera c) e lettera d), i), ii) e v), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, alla luce dei principi di parità di trattamento e di sussidiarietà, nonché degli articoli 49 e 56 TFUE.”

La sentenza della Corte giust. ha preso posizione con riferimento a ciascun profilo di possibile incompatibilità sollevato. Per quanto riguarda il rispetto del principio di sussidiarietà e dei principi di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE, essa si è pronunciata in maniera alquanto sintetica e tautologica[6].

Ciò che rende particolarmente interessante la sentenza - e che ha dato spunto a numerosi commenti da parte dei vari soggetti interessati ed a numerosi scritti dottrinali[7] - sono, invece, le motivazioni che hanno portato la Corte giust. a statuire la validità delle disposizioni di cui all’articolo 10, lettera d), i), ii), riguardanti i servizi forniti da avvocati, con riferimento al rispetto del principio di parità di trattamento e in particolare ove essa fa esplicito riferimento al “rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza”.

Si anticipa, fin d’ora, che tale declarata natura fiduciaria, “intuitu personae”, dell’incarico all’avvocato ha rinnovato il vigore in Italia delle interpretazioni della dottrina e della giurisprudenza amministrativa - e, solo più recentemente, contabile - che escludono la necessità di procedure comparative per l’affidamento di detti servizi.

Come accennato, con riferimento ai servizi forniti dagli avvocati di cui all’art. 10, lett. d), il Giudice europeo ha ritenuto di valorizzare la peculiarità del rapporto tra avvocato e cliente ritenendo, al punto 35 della sentenza, che le prestazioni “fornite da un avvocato si configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza”. 

Lo stesso Giudice procede, nella sua motivazione, sostenendo, al punto 36, che da “un lato, un siffatto rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla libera scelta del suo difensore e dalla fiducia che unisce il cliente al suo avvocato, rende difficile la descrizione oggettiva della qualità che si attende dai servizi da prestare” e, al punto 37, che “la riservatezza del rapporto tra avvocato e cliente, il cui oggetto consiste, in particolare nelle circostanze descritte al punto 35 della presente sentenza, tanto nel salvaguardare il pieno esercizio dei diritti della difesa dei singoli quanto nel tutelare il requisito secondo il quale ogni singolo deve avere la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 1982, AM & S Europe/Commissione, 155/79, EU:C:1982:157, punto 18), potrebbe essere minacciata dall’obbligo, incombente sull’amministrazione aggiudicatrice, di precisare le condizioni di attribuzione di un siffatto appalto nonché la pubblicità che deve essere data a tali condizioni.”

In base a tali motivazioni la Corte ha ravvisato una differenza oggettiva dei servizi legali esclusi che li rende non comparabili agli altri servizi ricadenti nel campo di applicazione della direttiva 2014/24/UE. Essa ha giustificato l’esclusione prevista dall’art. 10, lett. d) i) e ii), proprio alla luce del principio generale di parità di trattamento: ritenendo, al punto 38 della sua sentenza, che tali servizi “non sono comparabili agli altri servizi inclusi nell’ambito di applicazione della direttiva medesima”, ha affermato che è proprio in considerazione di tale incomparabilità che “senza violare il principio della parità di trattamento (che) il legislatore dell’Unione ha potuto, nell’ambito del suo potere discrezionale, escludere tali servizi dall’ambito di applicazione di detta direttiva.”

Anche relativamente ai servizi legali rientranti nelle attività che partecipano, anche occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri, di cui all'articolo 10, lettera d), v), della direttiva 2014/24, la Corte afferma che il legislatore dell'Unione ha potuto, nell'ambito del suo potere discrezionale, escluderli dall'ambito di applicazione della direttiva 2014/24, senza violare il principio della parità di trattamento, in considerazione della loro particolari caratteristiche oggettive. In tal caso, però, essa si limita ad affermare in maniera sommaria che “siffatti servizi si distinguono da quelli che rientrano nell'ambito di applicazione di tale direttiva poiché partecipano direttamente o indirettamente all'esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche”.

Relativamente al principio di parità di trattamento, quindi, la Corte, con la pronuncia qui riportata, ha chiarito che tale principio implica il dovere di trattare situazioni analoghe in maniera analoga, e situazioni differenti in modo differente, a meno che non vi sia un’obiettiva giustificazione o particolarità che richieda di discostarsi da tale regola. Proprio in considerazione di tale assunto, la sentenza ha evidenziato le particolarità che connotano le singole categorie di servizi legali esclusi, argomentando in tal modo la legittimità della loro esclusione.

La Corte ha evidenziato, inoltre, come il valore primario da tutelare con l’incarico di patrocinio è il “diritto di difesa dei singoli”. Da ciò ne consegue che l’affidamento di tale incarico deve avvenire secondo modalità che garantiscano la migliore realizzazione di tale diritto. 

Secondo la Corte, tale garanzia si può realizzare solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra cliente ed avvocato, caratterizzato dalla massima riservatezza, e dalla “libera scelta”. Libertà di scelta che potrebbe essere minacciata dall’introduzione di un obbligo in capo alle amministrazioni aggiudicatrici di procedimentalizzare tale affidamento.

Si rileva, però, come la libertà invocata da detta sentenza sembra non essere perfettamente aderente a quell’indirizzo giurisprudenziale che, invece, in tema di appalti esclusi, ha fissato il principio per cui si debbano, comunque, anche per essi, rispettare i principi fondamentali del Trattato (sentenza Teleaustria - CGUE, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98).

Anche la Commissione europea, con propria “Comunicazione interpretativa relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici” (GUUE 1 agosto 2006 n. C 179) ha imposto, appunto, per gli appalti esclusi, il rispetto dei principi della libera circolazione delle merci, del diritto di stabilimento, della libera prestazione dei servizi, della non discriminazione e uguaglianza di trattamento, della trasparenza, della proporzionalità e del riconoscimento reciproco. Con tale Comunicazione, infatti, la Commissione prevede obblighi di pubblicità e procedurali per gli affidamenti degli appalti esclusi, di grado inferiore rispetto alle direttive, ma non consentendo, di certo, una scelta totalmente libera.

La Corte giust., pertanto, con la sentenza del 2019, sembra porsi in, almeno parziale, contrasto con quanto la Commissione ha previsto, in via interpretativa, in detta Comunicazione[8].

Nell’ambito di tale quadro normativo e interpretativo dettato dalle norme europee, nell’ordinamento italiano è stata introdotta una disciplina nazionale di cui si esporrà nei paragrafi che seguono.

 

2. La disciplina dell’affidamento dei servizi legali nell’ordinamento italiano nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006.

Per quanto riguarda la normativa nazionale in materia, è necessario prendere le mosse, per un’analisi compiuta del tema, dalle previsioni del d.lgs. n. 163/2006 (c.d. Codice De Lise dal nome del magistrato che lo ha redatto) - adottato in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, previgenti, quindi, rispetto a quelle di cui al paragrafo precedente - e ora abrogato da due successivi interventi di codificazione, come noto intervenuti negli anni 2016 e 2023.

Come  già accennato al paragrafo precedente, la normativa comunitaria vigente all’epoca dell’entrata in vigore del Codice De Lise, prevedeva che agli appalti dei servizi legali trovassero applicazione solamente le disposizioni in materia di specifiche tecniche e comunicazione dei risultati della procedura (per i settori ordinari la direttiva 2004/18/CE, art. 21, con rinvio all’Allegato IIB, e, per gli appalti nei settori speciali, la direttiva 2004/17/CE, art. 32, con rinvio all’Allegato XVIIB). In base al quadro normativo europeo i servizi legali erano, pertanto, parzialmente esclusi dalla applicazione della normativa sugli appalti pubblici. 

Nell’ambito del d.lgs. n. 163/2006 i servizi legali, infatti, erano contemplati al punto 21 dell’Allegato IIB, mentre il loro affidamento era retto dalle norme del codice e segnatamente dagli artt. 20, 27, 65, 68, 225. In particolare, l’articolo 20 disponeva che l’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’Allegato IIB fosse disciplinata dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).

L’art. 27, co. 1 stabiliva che l’affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture imponesse il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità per l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del d.lgs. n. 163/2006, e richiedeva che tale affidamento fosse preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto. L’art. 27, co. 2, stabiliva – attraverso il richiamo dell’art. 2, commi 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 163/2006 – inoltre – per quanto qui di interesse - l’applicazione ai contratti esclusi, in tutto o in parte, delle disposizioni del procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990 e delle disposizioni del Codice Civile quanto allo svolgimento dell’attività contrattuale.

In merito alla interpretazione di detta ultima norma, vale a dire l’art. 27 del d.lgs. n. 163/2006, è interessante ricordare che il Consiglio di Stato, con Adunanza Plenaria del 1° agosto 2011, n. 16, la qualificava come norma attuativa della giurisprudenza della Corte di giustizia europea esponendo che: “Tale previsione ha inteso tradurre in norma positiva nazionale una regola di diritto giurisprudenziale costantemente affermata dalla C. giust. CE, quella secondo cui ai contratti sottratti all’ambito di applicazione delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici (attualmente: direttiva 2004/18/CE e direttiva 2004/17/CE) si applicano comunque i principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell’Unione, e segnatamente i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità [C. giust. CE, 3 dicembre 2001 C-59/00; comunicazione della Commissione CE, 2006/C 179/02] (…). L’art.  27, codice appalti, non può che essere letto in coerenza con tale giurisprudenza comunitaria”. Ed in relazione sempre ad essa, affermava che: “L’art. 27 del codice appalti estende l’applicazione dei principi dei Trattati europei a tutela della concorrenza anche ai contratti “esclusi in tutto” dal codice: sono tali, ad avviso del Collegio, solo i contratti dallo stesso codice “nominati”, ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli. Infatti sarebbe paradossale che il codice apprestasse una disciplina per una categoria residuale e illimitata di contratti da esso non contemplati”.

Nello specifico, invece, per quanto riguarda i servizi legali, va evidenziato che durante la vigenza del d.lgs. n. 163/2006 si era delineato un interessante quadro interpretativo. Oggetto di dibattito era la qualificazione dell’incarico di difesa in giudizio e la questione se esso costituisse appalto di servizio. Se sussumibile nella fattispecie dell‘appalto, pur se escluso, l’affidamento sarebbe ricaduto nei servizi legali di cui all’Allegato IIB, punto 21 del d.lgs. n. 163/2006 sottoposto al Codice e con applicazione delle norme evidenziate sopra.

La giurisprudenza amministrativa e quella contabile, elaboravano, a tal proposito, una distinzione tra il conferimento del singolo incarico di patrocinio legale e l’attività di assistenza e consulenza giuridica. Si affermava che il primo caso “era sottratto alla disciplina del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto qualificato come “contratto d’opera intellettuale”, in ragione del fatto che il prestatore d’opera, pur avendo l’obbligo di compiere, dietro corrispettivo, un servizio a favore del committente, senza vincolo di subordinazione e con assunzione del relativo rischio, esegue detto servizio con lavoro prevalentemente proprio, senza una necessaria organizzazione[9]. Il secondo casoinvece, era qualificato come appalto di servizi, in quanto l’attività di assistenza e consulenza giuridica, caratterizzata dalla complessità dell’oggetto e dalla predeterminazione della durata, pur presentando elementi di affinità con il contratto d’opera (autonomia rispetto al committente), si differenzia da quest’ultimo poiché la prestazione è eseguita con organizzazione di mezzi e personale che fanno ritenere sussistente, assieme al requisito della gestione a proprio rischio, la qualità di imprenditore commerciale caratterizzata da una specifica organizzazione[10].

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con sentenza 11 maggio 2012, n. 2730, statuiva espressamente che il conferimento del singolo incarico di patrocinio, occasionato da puntuali esigenze di difesa, non rientra nella nozione di appalto ai sensi del diritto europeo e interno, trattandosi di un contratto d’opera intellettuale che esula dalla disciplina codicistica in materia di procedure di evidenza pubblica”. La Suprema Magistratura Amministrativa concludeva che l’affidamento dell’incarico difensivo specifico “non può soggiacere, neanche nei sensi di cui all’articolo 27 del codice dei contratti pubblici, ad una procedura concorsuale di stampo selettivo che si appalesa incompatibile con la struttura della fattispecie contrattuale, qualificata, alla luce dell’aleatorietà dell’iter del giudizio, dalla non predeterminabilità degli aspetti temporali, economici e sostanziali della prestazione e dalla conseguente assenza di basi organizzative sulla scorta delle quali fissare i criteri di valutazione necessari in forza della disciplina del codice dei contratti pubblici.”

Detta sentenza del Consiglio di Stato consolidava il prevalente orientamento dell’ordinamento interno, che qualificava il conferimento del singolo incarico giudiziale, legato alla necessità contingente, come ontologicamente diverso dall’appalto e dunque come un contratto del tutto estraneo al campo di applicazione dei contratti pubblici. Tanto premesso, la sentenza concludeva evidenziando che la scelta fiduciaria del patrocinatore legale fosse esclusivamente “soggetta ai principi generali dell’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione”.

Anche l‘ANAC affermava tale interpretazione nella determinazione n. 4/2011 (recante “Linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136”), ove riteneva che il patrocinio circoscritto di difesa giudiziale del cliente, fosse inquadrabile nell’ambito della prestazione d’opera intellettuale, in base alla considerazione per cui il servizio legale come appalto richiede qualcosa in più, “un quid pluris per prestazione o modalità organizzativa”.

Per molto tempo detta sentenza ha rappresentato l’approdo giurisprudenziale unico del Supremo giudice amministrativo, che ha mantenuto la sua valenza anche a seguito del mutamento della normativa, sia a livello comunitario sia nazionale, rispettivamente nel 2014 e nel 2016, e ciò per la convergenza tra le argomentazioni ivi espresse che riguardano la problematicità di una procedura comparativa per l’affidamento di un incarico giudiziale ad hoc e quanto previsto nel considerando n. 25 della direttiva 24/2014/UE e nella pronuncia C-264/18 della Corte di giustizia europea di cui si è detto al capitolo precedente.

Si anticipa fin d’ora che recentemente il Consiglio di Stato con la sentenza della Sez. V, n. 2776/2025, di cui si dirà nei paragrafi seguenti, si è pronunciato, nel contesto della nuova normativa nazionale intervenuta nel 2023, ricomprendendo il patrocinio legale, in ogni caso, nella categoria dei contratti “esclusi” ed affermando “che, pur sempre, esso va qualificato quale “appalto pubblico di servizi”, sia nel caso in cui “si qualifichi tale contratto alla stregua di prestazione d’opera professionale in quanto meramente occasionale (locatio operis), sia che lo si qualifichi come appalto di servizi in quanto diretto a disciplinare una serie continuativa di incarichi di patrocinio legale in forma complessa ed organizzata (locatio operarum)”.

 

3. La disciplina nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016.

L’impostazione dettata dal d.lgs. n. 163/2006, mutava, in parte, con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, “Codice dei contratti pubblici”, adottato in attuazione delle direttive del 2014. Detto nuovo Codice introduceva la distinzione, a tutt’oggi in vigore, tra servizi legali assoggettati al regime “alleggerito” e servizi legali esclusi in toto dal campo di applicazione oggettivo della normativa in materia di appalti pubblici che era stata introdotta, per la prima volta, con l’emanazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Prima di esse, infatti, come si è già detto, il diritto comunitario si era limitato a disciplinare i servizi legali in via residuale e senza alcuna distinzione tra essi, inserendoli nell’elenco delle prestazioni per le quali era previsto un regime semplificato di evidenza pubblica e la sottoposizione alle sole disposizioni relative alle specifiche tecniche e alla comunicazione dei risultati della procedura[11].

Il Codice dava attuazione – per quanto riguarda i servizi legali esclusi – alle direttive comunitarie con l’art. 17, rubricato Esclusioni specifiche per contratti di appalto e concessione di servizi”, applicabile sia ai settori ordinari che speciali (a questi ultimi, in forza della previsione di cui all’art. 114). Al co. 1 tale norma dispone che le “disposizioni del presente codice non si applicano agli appalti e alle concessioni di servizi” ed elenca poi alla lett. d) una pedissequa ripetizione delle fattispecie previste dalla norma comunitaria di cui all’art. 10, co. 1 lett. d) della direttiva n. 24/2014/UE.

Sempre in attuazione delle direttive, il Codice, quindi, prevedeva anche un regime di affidamento c.d. “alleggerito” per i “servizi legali, nella misura in cui non siano esclusi a norma dell’articolo 17, comma 1, lett. d)”, inserendoli nell’elenco contenuto nell’Allegato IX al Codice stesso.

Le norme che delineavano tale regime erano, per i settori speciali, l’art. 140 rubricato “Norme applicabili ai servizi sociali e ad altri servizi specifici dei settori speciali” e, per i settori ordinari, l’art. 142. Rubricato “Pubblicazione degli avvisi e dei bandi”, contenuto nel “Capo II - Appalti di servizi sociali e di altri servizi nei settori ordinari”.[12]

Va rilevato, in ogni caso,  che il d.lgs. n. 50/2016 – rispetto alla disciplina normativa comunitaria – apportava anche una rilevante innovazione consistente nella previsione contenuta nell’art. 4, rubricato “Principi relativi all’affidamento di contratti pubblici esclusi”, il quale imponeva che l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto servizi esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del codice “avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica.”

Il confronto con la disciplina relativa ai contratti esclusi contenuti nel previgente art. 27 del d.lgs. n. 163/2006 evidenzia che i principi enunciati sono gli stessi con l’aggiunta, nella nuova previsione, della “pubblicità” e della “tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”. Nel contempo, con il d.lgs. n. 50/2016 avveniva anche l’eliminazione della regola secondo cui “l’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto”. Mentre, quindi, nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006 era prevista, per l’affidamento dei servizi legali esclusi, una gara, anche se su invito ed in forma semplificata, la disciplina del d.lgs. n. 50/2016, sempre per i contratti esclusi, non prevedeva più una selezione comparativa tra più offerte. In tale ambito, quindi, il d.lgs. n. 50/2016 non dettava più alcuna regola, ma faceva riferimento - per i contratti esclusi - al solo rispetto dei principi, non definendo quindi le concrete modalità di affidamento.

Tale differenza è stata evidenziata puntualmente anche dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato, nel parere n. 855 del 1° aprile 2016, in quanto è stato sottolineato che “rispetto al (pre)vigente art. 27, si registra una maggiore ampiezza, in quanto non si impone l'onere di consultare almeno cinque operatori economici prima dell'affidamento.”

Le disposizioni sopra riportate introdotte dal d.lgs. n. 50/2016 hanno alimentato varie interpretazioni dirette soprattutto a cercare di dirimere la vexata quaestio se gli incarichi relativi alle difese in giudizio da parte di avvocati potessero essere affidati intuitu personae, in quanto ricadenti nella fattispecie dei contratti d’opera intellettuale, oppure se dovessero essere oggetto di una procedura comparativa in quanto appalti di servizi[13].

Nell’ambito del sopra esposto quadro normativo nazionale si generava, quindi, un ampio dibattito e si delineavano varie interpretazioni in merito all’affidamento dei servizi in parola, ad opera dell’ANAC, della giurisprudenza contabile e di vari organi, tra cui, in primis, quelli rappresentativi della professione forense.

 

4. segue: le linee guida ANAC n. 12 relative all’“Affidamento dei servizi legali”

In particolare, l’ANAC approvava le linee guida n. 12 denominate Affidamento dei servizi legali, con delibera del Consiglio dell’Autorità n. 907 del 24 ottobre 2018[14], dopo avere ottenuto un parere del Consiglio di Stato, i contributi del Consiglio Nazionale Forense, del Dipartimento Politiche Europee e del Ministero della Giustizia.

L’ANAC dichiarava di emettere tali linee guida non vincolanti in quanto “a seguito delle perplessità manifestate dagli operatori del settore, l’Autorità ha ritenuto necessario elaborare un atto di regolazione ai sensi dell’articolo 213, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, finalizzato a fornire indicazioni alle stazioni appaltanti per l’esatta individuazione delle tipologie di servizi legali rientranti nell’elenco di cui all’articolo 17 e di quelle rientranti nella categoria di cui all’allegato IX, e per le modalità di affidamento di tali servizi”.

Fin dalla premessa di tali linee guida, l’Autorità riassumeva l’esito del suo atto di regolazione come segue, affermando di aderire all’impostazione palesata dal Consiglio di Stato nel parere n. 2017 del 3 agosto 2018: L’affidamento dei servizi legali costituisce appalto, con conseguente applicabilità dell’allegato IX e degli articoli 140 e seguenti del Codice dei contratti pubblici, qualora la stazione appaltante affidi la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico al fornitore nell’unità di tempo considerata (di regola il triennio); l’incarico conferito ad hoc costituisce invece un contratto d’opera professionale, consistendo nella trattazione della singola controversia o questione, ed è sottoposto al regime di cui all’articolo 17 (contratti esclusi). Tale ricostruzione del regime delineato dal legislatore impone alle stazioni appaltanti la corretta individuazione del fabbisogno, anche allo scopo di evitare il frazionamento artificioso della commessa, vietato ai sensi dell’articolo 51 del Codice dei contratti pubblici”.

L’ANAC, nel prosieguo delle linee guida, entrava nel dettaglio e, dopo avere dato una definizione di entrambe le fattispecie, vale a dire quella dei servizi legali ex art. 17, co. 1, lett. d) del codice dei contratti pubblici (sussumibile, a sua detta, nella tipologia contrattuale del contratto d’opera intellettuale, di cui agli artt. 2229 e seguenti del codice civile, qualora l’affidamento risponda ad “un’esigenza puntuale ed episodica della stazione appaltante”) e quella dei servizi legali di cui all’Allegato IX dello stesso codice (sussumibile, a sua detta, nella fattispecie dell’appalto), delineava anche, per ciascuna di esse, le procedure o le migliori pratiche da seguire per il loro affidamento.

In sostanza, l’Autorità delineava due diversi regimi per l’affidamento dei servizi legali: per quanto riguarda la prima fattispecie sopra indicata, richiamava il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e dava alcune indicazioni su come declinarli in concreto; per quanto riguarda la seconda fattispecie, soggiacendo essa a precise norme che ne regolamentavano l’affidamento, distingueva tra affidamenti sopra e sotto la soglia europea e dava alcune indicazioni in merito alle procedure, comunque semplificate, da adottare.

Per quanto riguarda, pertanto, il regime dei servizi legali esclusi, l’ANAC - dai principi enunciati dall’art. 4 - traeva una serie di regole che delineavano, nel loro insieme, un vero e proprio procedimento ad evidenza pubblica. Secondo l’ANAC, dunque, la necessità di rispettare i principi avrebbe implicato, nei fatti, anche la necessità di procedimentalizzare la scelta dell’avvocato anche per un singolo incarico di difesa in giudizio. Al punto 3.1.4. delle linee guida ANAC stabiliva, difatti, che: “L’affidamento diretto a un professionista determinato di uno dei servizi legali di cui all’art. 17, co. 1, lett. d) del Codice dei contratti pubblici è possibile solo in presenza di specifiche ragioni logico-motivazionali che devono essere espressamente illustrate dalla stazione appaltante nella determina a contrarre.” Quali ipotesi in cui poteva avvenire un affidamento diretto, l’ANAC identificava, al punto 3.1.4.1., i requisiti della consequenzialità o complementarità tra incarichi ed al punto 3.1.4.2. identificava anche l’ipotesi di affidamento diretto per ragioni d’urgenza può considerarsi conforme ai principi di cui all’art. 4 del Codice (…)”

In relazione sempre a dette linee guida, si registrano anche due interventi da parte dell’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato, i quali sembrano tra di loro, almeno in parte, divergenti.

Con parere interlocutorio n. 2109/2017 l’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato ha sottolineato, con riferimento ai servizi legali di cui all’art. 17, co. 1, lett. d), l’importanza della componente fiduciaria, la quale doveva essere sempre presa in considerazione, rilevando esso, inoltre, che “andrebbe anche verificata la compatibilità di una regolazione particolarmente stringente e dettagliata con il divieto di gold plating”[15].

Con parere definitivo, invece, l’Adunanza della Commissione speciale con parere n. 2017/2018, cambiando rotta, escludeva le scelte fiduciarie, rilevando che la Commissione “condivide con l’Autorità che il rispetto dei principi posti dall’art. 4 del codice dei contratti pubblici, così come ampiamente articolati nelle Linee giuda, imponga la procedimentalizzazione nella scelta del professionista al quale affidare l’incarico di rappresentanza in giudizio (o in vista di un giudizio) dell’amministrazione, evitando scelte fiduciarie ovvero motivate dalla “chiara fama” (spesso non dimostrata) del professionista.”, e senza prendere posizione con riferimento al problema del  gold plating.

La circostanza che il d.lgs. n. 50/2016 – rispetto all’art. 27 del d.lgs. n. 163/2006 - non prevedeva più l’obbligo di invitare minimo cinque concorrenti, sembrava dunque, solo prima facie, una semplificazione. Con l’intervento dell’ANAC, ma anche con il parere definitivo della Commissione speciale del Consiglio di Stato, all’art. 4 e ai principi ivi contenuti, è stato attribuito un significato che imponeva lo svolgimento di una procedura comparativa.

Solo in seguito alle linee guida ANAC n. 12 del 2018, interveniva la sentenza della Corte di giustizia europea del 6 giugno 2019, nella causa C-264/18 di cui si è detto nel primo paragrafo del presente scritto, che, con riferimento ai servizi forniti dagli avvocati di cui all’art. 10, lett. d), ha ritenuto di valorizzare la peculiarità del rapporto tra avvocato e cliente ritenendo, al punto 35 della sentenza, che le prestazioni “fornite da un avvocato di configurano solo nell’ambito di un rapporto intuitu personae tra l’avvocato e il suo cliente, caratterizzato dalla massima riservatezza”.

Secondo un’interessante interpretazione della dottrina[16] che si era interrogata sull’impatto di detta sentenza nel nostro ordinamento nazionale, essa poteva essere letta nel senso di un suo concorso alla definizione e completamento della disciplina delle modalità di affidamento degli incarichi di difesa della pubblica amministrazione dettata dal d.lgs. n. 50/2016 e dalle linee guida ANAC. Utilizzando tale prospettiva, la sentenza ci rammentava che le direttive dell’UE sugli appalti pubblici non vanno lette solamente con riferimento ai principi di libera prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento sottesi a tali norme (considerando 1 della direttiva 2014/24/UE) che riguardano la tutela del mercato interno ma, anche, in rapporto alla salvaguardia previsto dall’UE del diritto di difesa. L’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, infatti, stabilisce che ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare nel processo. Nel caso di affidamento di un incarico di difesa in giudizio, pertanto, la pubblica amministrazione è tenuta a individuare la procedura più adeguata rispetto all’obiettivo primario della migliore tutela del diritto di difesa, sia che essa consista in un affidamento fiduciario che nell’affidamento sulla base di procedura comparativa. Secondo tale interpretazione, quindi, le statuizioni contenute nella sentenza della Corte di giustizia del 6 giugno 2019 avrebbero integrato le linee guida dell’ANAC n. 12.

Tale interpretazione, però, non sembra avere avuto molto seguito e l’impostazione dettata dalle linee guida ANAC sopra riassunta è stata, comunque, sempre molto criticata soprattutto dagli avvocati del libero foro[17].

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) (unitamente all’Avvocato Andrea Mascherin) ha, infatti, impugnato le stesse avanti la giustizia amministrativa, subito dopo la loro emissione, nell’anno 2018, durante la vigenza del Codice Appalti del 2016.

Come emerge dalla sentenza le linee guida venivano impugnate “esclusivamente per la tipologia di attività disciplinate dall’articolo 17, comma 1, lettera d), del d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. nuovo Codice dei contratti pubblici)” e “per la sola parte in cui impongono la celebrazione di un obbligatorio procedimento comparativo quale adempimento indispensabile per l’affidamento del mandato professionale, anziché ritenere sufficiente, su scelta discrezionale della singola amministrazione, un affidamento diretto su base fiduciaria che sia fondato sul carattere intuitu personae del rapporto e fermo restando sia l’obbligo di motivazione sia il rispetto dei principi generali dell’azione amministrativa.” Di conseguenza “l’oggetto dell’impugnazione – salvo alcune precisazioni che saranno fatte nella parte “in diritto” – è circoscritto al paragrafo 3.1 (e in particolare 3.1.1, 3.1.2, 3.1.3, 3.1.4.1, 3.1.4.2 e 3.1.3), perché in questi paragrafi:

(iii.a) si nega in via di principio (e salvo limitate e irragionevolmente restrittive eccezioni) che le p.a. possano effettuare un affidamento diretto di tali tipologie di incarichi agli avvocati;

(iii.b) l’ANAC, dall’aver sottoposto gli incarichi ex art. 17, comma 1, lettera d), all’applicazione dei principi generali enunciati all’articolo 4 del d. lgs. n. 50 del 2016, evince anche la necessità di dar corso ad una sequenza procedurale costellata di particolari vincoli e formalità, e negando quindi in ogni caso l’affidamento fiduciario e diretto dell’incarico, il quale ultimo, infatti, è considerato “possibile … solo in presenza di specifiche ragioni logico-motivazionali che devono essere espressamente illustrate dalla stazione appaltante nella determina a contrarre”.

Nel suo ricorso principale, quindi il CNF affermava che le linee guida erano illegittime nella parte in cui prevedevano l’obbligo di affidare gli incarichi legali di cui all’art. 17, co. 1, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016 mediante l’espletamento di una procedura comparativa, anziché mediante l’affidamento diretto, rivestente, nelle suddette linee guida, carattere eccezionale. Tali incarichi legali, essendo contratti esclusi ed essendo fondati sulla natura fiduciaria, avrebbero consentito infatti l’individuazione del soggetto incaricato mediante affidamento diretto, senza alcun obbligo di espletare in via ordinaria procedure comparative.

La sentenza n. 9492 del TAR Lazio Sez. I, 14 maggio 2024[18] si è pronunciata in merito a detta impugnazione dichiarando la cessazione della materia del contendere, dopo avere statuito che le linee guida hanno perso efficacia in quanto applicative di un testo normativo non più in vigore, vale a dire il d.lgs. n. 50/2016[19].

Nel corso del 2023, infatti, come è noto, è entrato in vigore il d.lgs. 36/2023 “Decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici” (G.U. n. 77 del 31 marzo 2023 - S.O. n. 12), di cui si tratterà nel prosieguo del presente testo.

Recentemente è anche intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2776/2025, la quale ha rigettato l’appello del Consiglio Nazionale Forense e ha fornito nuovi elementi interpretativi in merito all’inquadramento della fattispecie dell’incarico di patrocinio legale.

Si tornerà in merito a dette sentenze nel paragrafo relativo alla nuova disciplina dettata dal d.lgs. n. 36/2023 per citare le parti in cui esse chiariscono che non c’è omogeneità tra tale nuova disciplina e la previgente, vale a dire quella del d.lgs. n. 50/2016 di cui si è qui appena trattato e forniscono, in particolare la sentenza del Consiglio di Stato, nuovi elementi per affrontare la vexata questio qui in esame.

Per completezza di esposizione, si rileva che successivamente alle linee guida, l’ANAC interveniva ancora in tema di affidamento di servizi legali solo in maniera sporadica ed occasionale, come ad esempio con la delibera n. 303 del 1° aprile 2020 in tema di controllo del possesso dei requisiti generali in capo agli avvocati[20] o con atti relativi all'obbligo di acquisizione del CIG e di pagamento del contributo in relazione “ai servizi legali esclusi dall'ambito di applicazione del codice” [21].

 

5. Gli indirizzi interpretativi della Corte dei conti.

Per completare il quadro è necessario riportare anche quanto la Corte dei conti ha, nel tempo, espresso, sia nell’ambito delle sue pronunce giurisdizionali sia nelle delibere di controllo, fornendo essa alcune interpretazioni e posizioni, in generale particolarmente rigorose, in merito alla possibilità per le pubbliche amministrazioni di ricorrere a professionisti esterni, in particolare con riferimento agli incarichi relativi a “consulenze e patrocinio legale”[22].

Per delineare l’ambito e l’ampiezza di tale possibilità, essa ha interpretato le norme che regolamentano gli incarichi esterni di collaborazione e consulenza nel comparto pubblico, vale a dire l’art. 7, co. 6 del d.lgs. n. 165/2001 recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” e, per gli enti locali, l’art. 110, co. 6, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, contenente il “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”.

In termini di quadro normativo generale, giova richiamare che l’art. 7, co. 6 del d.lgs. n. 165/2001 consente alle pubbliche amministrazioni, in caso di carenza di risorse interne adeguate, di fare ricorso a professionalità esterne per fronteggiare necessità temporanee relativa ad attività non ordinarie. Più specificatamente le pubbliche amministrazioni possono conferire incarichi individuali a soggetti con comprovata esperienza e specializzazione, al fine di affrontare situazioni per le quali le risorse al momento in servizio non dispongono delle adeguate professionalità.

Per quanto riguarda, nello specifico, gli enti locali, la normativa di riferimento è l’art. 110, co. 6 del d.lgs. 267/2000, la quale consente il ricorso alle collaborazioni esterne ad “alto contenuto di professionalità” e “per obiettivi determinati e con convenzioni a termine”, che siano previste dal regolamento, che a loro volta dovrà conformarsi ai principi di cui all’art. 7, co. 6 del d.lgs. n. 165/2001, validi per tutte le amministrazioni pubbliche (cfr. in tal senso art. 6-ter del d.lgs. n. 165/2001).

Per quanto riguarda più nello specifico gli incarichi ad avvocati, la magistratura contabile, in passato, si era espressa in numerose pronunce, sia in sede consultiva[23] che in sede giurisdizionale[24], nel senso della irrilevanza del carattere fiduciario[25], qualificando l’attribuzione dell’incarico avente a oggetto un singolo patrocinio legale come appalto di servizi, con conseguente divieto di affidamento diretto e obbligatorietà della procedura competitiva. Alcune pronunce hanno ritenuto necessaria, addirittura, una procedura comparativa anche a prescindere dall’importo dell’incarico (cfr. in tal senso Corte dei conti, Sez. contr. reg. Lombardia, 21 gennaio 2021 n. 3).

In base al quadro normativo di riferimento di cui sopra, la Corte dei conti ha individuato, inoltre, in varie sue pronunce e delibere, i presupposti e criteri, al fine di valutare la legittimità degli incarichi esterni.  

Secondo la giurisprudenza contabile, l’amministrazione pubblica può procedere all’conferimento dell’incarico, solo dopo aver accertato preventivamente l’oggettiva impossibilità di utilizzo delle strutture organizzative e delle risorse umane interne e ritiene che “la verifica della indisponibilità di risorse interne costituisce un antecedente logico necessario nel percorso valutativo che si concluda con la (motivata) decisione di affidare un incarico esterno(cfr. in tal senso Corte dei conti, Sez. app. reg. Siciliana, 12 febbraio 2021, n. 24).

Con riferimento all’oggetto della prestazione, la giurisprudenza, inoltre, specifica che esso deve essere determinato e considera illegittimi incarichi che hanno un oggetto generico o globale, ritenendo che quest’ultimi incarichi “introdurrebbero un inammissibile sistema di generico “tutoraggio” che non è consentito nel vigente ordinamento, nel quale non solo le norme di contabilità ma anche le specifiche discipline di settore dell’agire amministrativo pongono vincoli e limiti alla spesa pubblica per le esternalizzazioni di attività” (cfr. in tal senso Corte dei conti, Sez. giur. reg. Trentino – Alto Adige, 18 marzo 2022, n. 28).

Sempre per quanto riguarda l’oggetto dell’incarico, la Corte dei conti sottolinea nelle sue pronunce che esso deve essere incluso nella prestazione e nelle competenze istituzionali attribuite dalla legge all’ente (cfr. in tal senso Corte dei conti, Sez. riun. contr., adunanza del 15 febbraio 2005, n. 6).

Più volte sottolineata è stata anche la necessità che la prestazione resa dall’incaricato debba essere “altamente qualificata”. In merito a tale locuzione, la giurisprudenza ha precisato che la specializzazione deve essere oggetto di accertamento in concreto condotto sull’esame di documenti curriculum.

Visto, inoltre, che il ricorso al personale esterno incaricato è eccezionale, deve rivestire comunque sempre il carattere della temporaneità.

Sempre e in ogni caso deve, infine, avvenire la pubblicazione degli incarichi sul sito web dell’ente, ai fini del rispetto del d.lgs. n. 33/2013 recante il “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” e ss.mm.

Le sopra evidenziate condizioni di legittimità, per la Corte dei conti devono coesistere e devono essere esplicitate nel provvedimento amministrativo di conferimento al fine di costituirne il necessario supporto motivazionale.

Come ha osservato la giurisprudenza contabile altresì, qualora manchino i suddetti requisiti, il relativo atto di conferimento di incarico deve essere ritenuto produttivo di danno erariale.

Fermo il sopra esposto quadro generale, si rileva d’altro canto, che la Corte dei conti – almeno in una recente pronuncia - sembra dare anche una diversa interpretazione alla questione prendendo atto della sentenza della Corte di giustizia europea del 6 giugno 2019, nella causa C-264/18, di cui si è detto nel primo paragrafo del presente scritto. Con la sentenza n. 509/2021, infatti, la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Lazio ha fatto proprie le conclusioni cui era pervenuta la Corte giust. sulla natura e modalità di conferimento fiduciario dei citati incarichi.

Nel giudizio in questione la Corte dei conti ha ritenuto infondata la richiesta della procura regionale, la quale aveva contestato ai convenuti un danno erariale conseguente alla presunta illegittimità dell’affidamento di incarichi professionali a quattro legali esterni ex art. 7, co. 6 del d.lgs. n. 165/2001, per non aver verificato all’interno la presenza di risorse idonee a svolgere le medesime attività e per non aver esperito una procedura selettiva tale da garantire la trasparenza, l’imparzialità e l’economicità della scelta.

Nella sentenza de qua i magistrati contabili sono giunti alla conclusione che non si configura responsabilità amministrativa e il consequenziale danno erariale, qualora l’ente pubblico conferisca incarichi di patrocinio legale a legali esterni all’amministrazione senza avvalersi di una procedura concorsuale. Secondo tale pronuncia, i predetti incarichi non sono equiparabili alle c.d. “consulenze esterne” alle quali si applica il procedimento di cui all’art. 7, co. 6 del d.lgs. n. 165/2001, ma “in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. V, n. 2730 del 2012; Comm. Speciale n. 2109 del 2017 e n. 22017 del 2018) e con gli indirizzi dell’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, sono stati inquadrati tra le prestazioni di lavoro autonomo professionale il cui affidamento, sia pur rispettoso dei principi generali in tema di trasparenza ed economicità, è caratterizzato da un preminente elemento fiduciario.” La sentenza evidenzia che la “fattispecie negoziale dell’appalto di servizi potrebbe configurarsi solo ove la prestazione richiesta al professionista non si esaurisca, come nei casi in esame, nel solo patrocinio legale a favore dell’ente, configurandosi quale modalità organizzativa di un servizio più complesso e articolato”. La pronuncia prosegue sottolineando che “i mandati di patrocinio in giudizio affidati (…), di cui si discute, non erano soggetti ad una procedura di evidenza pubblica. La contraria tesi, sostenuta dal requirente, si basa su una controversa interpretazione della disciplina riguardante l’affidamento di incarichi di patrocinio legale da parte della pubblica amministrazione, inquadrati nell’ambito di veri e propri appalti di servizi; interpretazione sicuramente minoritaria, durante il previdente d.lgs. n. 163/2006, solo in parte rivista dopo l’entrata in vigore del d.lgs. 50 del 2016 ed, attualmente, del tutto superata alla luce della più recente giurisprudenza comunitaria.”

La Corte dei conti, a fondamento della decisione, ha affermato la distinzione tra contratti di opera intellettuale di cui all’art. 2229 ss. del cod. civ. (rientranti nell’ambito dei contratti esclusi di cui all’art. 17, comma 1 del d.lgs. 50 del 2016) – per i quali era stata ribadita l’importanza dell’elemento fiduciario nell’affidamento dell’incarico di patrocinioe gli incarichi legali di consulenza ed assistenza a contenuto complesso inseriti in un quadro articolato di attività professionali organizzate, cui si applicano le norme del codice dei contratti sia pur semplificate. Con riguardo ai primi, se è vero che sia il Consiglio di Stato che l’Anac avevano osservato che il rispetto dei principi posti dall’art. 4 del codice dei contratti suggerisca la procedimentalizzazione nella scelta del professionista cui affidare l’incarico di patrocinio legale attraverso, preferibilmente, la costituzione di elenchi, ciò non esclude la possibilità di effettuare un affidamento diretto ad un professionista determinato, subordinato, secondo le Linee guida dell’Anac, alla presenza di specifiche ragioni espresse dalla stazione appaltante tra le quali si annoverano i casi di conseguenzialità di incarichi o di complementarietà con altri incarichi attinenti alla medesima materia che siano stati positivamente conclusi nonché i casi di assoluta particolarità della controversia”.

In proposito la Corte, in tale pronuncia, è stata esplicita nella sua conclusione, dando atto che “una lettura sistematica delle disposizioni del d.lgs. n. 50 del 2016, consente di rilevare come il legislatore, con il richiamo all’art. 4, più che delineare una vera e propria procedura comparativa, abbia inteso invocare il rispetto generale dei principi generali che regolano l’azione amministrativa in materia di imparzialità, trasparenza e adeguata motivazione, non escludendo la possibilità di un affidamento diretto e fiduciario dei servizi legali”. Rileva infine che “sulla materia degli incarichi di patrocinio legale è intervenuto da ultimo il giudice comunitario, con la sentenza nella causa C-264/18 del giugno 2019, confermando i prevalenti orientamenti giurisprudenziali (…)”.

 La Corte dei conti, quindi, con la sentenza citata – diversamente da un suo orientamento sostenuto in precedenza, secondo il quale una procedura comparativa era sempre e comunque necessaria – è giunta alla conclusione che l’art. 4 non imponeva necessariamente lo svolgimento di una tale procedura. Essa fonda la sua pronuncia valorizzando l’elemento fiduciario dell’incarico e richiamando la sentenza della Corte di giustizia europea già citata.

 

6. La disciplina attuale con il nuovo “Codice dei contratti pubblici” d.lgs. n. 36/2023.

Ora, il d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici” (G.U. n. 77 del 31 marzo 2023 - S.O. n. 12), all’art. 56, co. 1, lett. h) rubricato “Appalti esclusi nei settori ordinari”, prevede, analogamente al previgente art. 17 del d.lgs. 50/2016 e alla direttiva europea di cui al primo paragrafo, che “le disposizioni del codice relative ai settori ordinari non si applicano agli appalti pubblici: (…) h) concernenti uno qualsiasi dei seguenti servizi legali:

  1. rappresentanza legale di un cliente da parte di un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31:

1.1) in un arbitrato o in una conciliazione tenuti in uno Stato membro dell'Unione europea, un Paese terzo o dinanzi a un'istanza arbitrale o conciliativa internazionale;

1.2) in procedimenti giudiziari dinanzi a organi giurisdizionali o autorità pubbliche di uno Stato membro dell'Unione europea o un Paese terzo o dinanzi a organi giurisdizionali o istituzioni internazionali;

  1. consulenza legale fornita in preparazione di uno dei procedimenti di cui al punto 1), o qualora vi sia un indizio concreto e una probabilità elevata che la questione su cui verte la consulenza divenga oggetto del procedimento, sempre che la consulenza sia fornita da un avvocato ai sensi dell'articolo 1 della legge 9 febbraio 1982, n. 31;
  2. servizi di certificazione e autenticazione di documenti che devono essere prestati da notai;
  3. servizi legali prestati da fiduciari o tutori designati o altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato o sono designati per legge per svolgere specifici compiti sotto la vigilanza di detti organi giurisdizionali;
  4. altri servizi legali che sono connessi, anche occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri”.

L’elenco dei servizi legali c.d. “esclusi”, sopra annotato, rimane, pertanto, identico al passato.

Si riproduce, inoltre, con il nuovo codice la distinzione tra i suddetti servizi ed i servizi legali per i quali è previsto, invece, un regime c.d. “alleggerito.”

Per quanto riguarda, questi ultimi, rientrando essi nella categoria generale dei “servizi sociali ed assimilati”, hanno subito la revisione della relativa disciplina operata dal nuovo codice.

Il d.lgs. n. 36/2023, relativamente a tale categoria, ha riordinato le norme migliorandone il coordinamento generale con le altre parti del codice. Dal punto di vista terminologico, ha sostituito, fin dalla rubrica, la dizione “altri servizi specifici” (di cui all´art. 140 del d.lgs. n. 50/2016) con quella ora di “servizi assimilati” ai servizi sociali. Il legislatore ha, inoltre, riordinato e razionalizzato le eterogenee disposizioni previste nel previgente art. 142 del d.lgs. 50/2016, separando le norme riguardanti i servizi sociali ed assimilati in generale (che nel previgente art. 142 erano disciplinati dai commi da 1 a 4) da quelle prettamente relative ai servizi alla persona (che nel previgente art. 142 erano disciplinati dai commi da 5-bis a 5-nonies).

Nel quadro sopra delineato dal nuovo codice, la norma ora di riferimento per i servizi legali in regime c.d “alleggerito” è, per i settori ordinari, l’art. 127, rubricato “Norme applicabili ai servizi sociali e assimilati”, contenuto nella Parte VII “Disposizioni particolari per alcuni contratti dei settori ordinari”, il quale prevede:

  1. “Fermo quanto previsto dall’articolo 6 del codice, per l’affidamento dei servizi sociali e degli altri servizi assimilati di cui all’allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, per valori pari o superiori alla soglia di cui all’articolo 14, comma 1 lettera d), le stazioni appaltanti procedono alternativamente:
    1. mediante bando o avviso di gara che comprende le informazioni di cui all’allegato II.6, Parte I, lettera E;
    2. mediante avviso di pre-informazione, pubblicato con cadenza continuativa per periodi non superiori a ventiquattro mesi, recante le informazioni di cui allegato II.6, Parte I, lettera F, con l’avvertenza che l'aggiudicazione avverrà senza ulteriore pubblicazione di un avviso di indizione di gara.
  2. Le disposizioni del comma 1 non si applicano quando è utilizzata, in presenza dei presupposti previsti dall’articolo 76, una procedura negoziata senza pubblicazione di bando.
  3. L’avvenuto affidamento del servizio è reso noto mediante la pubblicazione di avviso di aggiudicazione di cui all’allegato II.6, Parte I, lettera G. È possibile raggruppare gli avvisi su base trimestrale, nel qual caso essi sono inviati cumulativamente al più tardi trenta giorni dopo la fine di ogni trimestre.
  4. I bandi e gli avvisi di gara per gli affidamenti nei settori speciali di cui al presente articolo all’articolo 173 contengono le informazioni di cui all’allegato II.6, Parte III, conformemente ai modelli di formulari stabiliti dalla Commissione europea mediante atti di esecuzione.

Gli avvisi di cui al presente articolo sono pubblicati conformemente all’articolo 164.”

Per i settori speciali, poi, l’art. 173 “Servizi sociali e altri servizi assimilati” prevede che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 141, comma 2, per l’aggiudicazione degli appalti di servizi sociali e di altri servizi assimilati di cui all'allegato XIV alla Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 nei settori speciali di cui al presente Libro si applicano gli articoli 127, 128, 129, 130, e 131, fermo restando quanto previsto dal Titolo VII del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117.”

Un’ulteriore norma prevista dal nuovo codice relativa ai servizi in esame, che si riporta qui solo per completezza, visto che essa interviene solo in merito ad un aspetto di dettaglio, è quella relativa alla inclusione dei “servizi legali” (rectius: i servizi legali diversi da quelli esclusi) nell’Allegato II.14, il quale individua i servizi di “particolare importanza” di cui all’art. 114, comma 8 del Codice, per i quali è previsto che il RUP debba essere un soggetto diverso rispetto al direttore dell’esecuzione contrattuale.

Come è evidente, le sopra riportate norme riproducono la dicotomia dei servizi legali presente già nelle direttive UE e nella previgente disciplina nazionale, distinguendo tra quelli appartenenti alla categoria dei servizi c.d. esclusi e quelli per i quali è previsto un regime c.d. “alleggerito”.

Si pone, tuttavia, ora la questione se i servizi legali esclusi di cui all’art. 56, co. 1 lett. h) siano comunque sottoposti ai principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato introdotti dal nuovo codice ed in quale misura, e con quali effetti concreti, oppure se il loro affidamento possa legittimamente avvenire in maniera avulsa da essi.

Tale questione nasce dal portato dell’art. 13 del d.lgs. n. 36/2023, rubricato “Ambito di applicazione”, il quale, al co. 2, prevede che le “disposizioni del codice non si applicano ai contratti esclusi, ai contratti attivi e ai contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto.” Il co. 5 dello stesso articolo prevede, inoltre, che “l’affidamento dei contratti di cui al comma 2 che offrono opportunità di guadagno economico, anche indiretto, avviene tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3.”

Marco Giustiniani nel “Nuovo Codice dei Contratti pubblici” diretto da Francesco Caringella, Ed. Giuffrè, 2023, nel suo commento all’art. 13, affronta questa specifica questione ed evidenzia che il comma 5 prevede che l’affidamento dei contratti di cui al co. 2 avvenga “tenendo conto dei principi” del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato.

Lo stesso Autore fornisce anche la corretta chiave interpretativa per risolvere un dubbio relativo a tale questione. L´art. 13 co. 5 prevede che si tenga conto dei principi sopra citati per quanto riguarda l’affidamento dei “contratti di cui al comma 2 che offrono opportunità di guadagno economico”. I contratti di cui al comma 2 consistono nei contratti esclusi, nei contratti attivi e nei contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto. Può sorgere il dubbio, quindi, dalla lettura di tali disposizioni, se i principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 si applichino o meno a tutte e tre le categorie di contratti appena citate

La relazione tecnica della Commissione speciale del Consiglio di Stato sembra riferire la disposizione non a tutte e tre le categorie di contratti citate al comma 2, ma solo alla terza, ossia ai “contratti a titolo gratuito, anche qualora essi offrano opportunità di guadagno economico, anche indiretto; in detta relazione, infatti, leggesi: “Il comma 4 (n.d.r. rectius comma 5) prevede una disciplina di specie per quei contratti a titolo gratuito che offrono opportunità di guadagno anche indiretto, il cui affidamento deve avvenire tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1 (principio del risultato), 2 (principio della fiducia) e 3 (principio dell’accesso al mercato declinato nei principi di concorrenza, di imparzialità e non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità)”.

Da quanto sopra, si potrebbe desumere che i “contratti esclusi” siano sottratti dall’ambito applicativo dei principi fondamentali del codice, ma, come osserva autorevolmente l’autore, ciò non sarebbe un’interpretazione corretta in quanto “finirebbe, ove accolta, per scolorare la risalente distinzione tra contratti esclusi e contratti estranei. Tale distinzione non avrebbe infatti più alcuna ragion d’essere se l’affidamento dei contratti esclusi fosse esentato persino dall’applicazione dei principi generali della contrattualistica pubblica e finanche dall’applicazione di quei 3 prìncipi di rango sovraordinato disciplinati dai primi 3 articoli del Codice.

In considerazione di quanto sopra esposto, quindi, la migliore interpretazione delle norme sembra quella che ci induce a ritenere che anche i servizi legali esclusi di cui all’art. 56, co., 1 lett. h) siano, comunque, sottoposti ai principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato introdotti dal nuovo codice.

In merito a tale questione, il TAR Lazio, sez. I, con sentenza del 14.05.2024 n. 9492, già citata nel presente scritto con riferimento alla non “sopravvivenza” delle linee guida ANAC alla entrata in vigore del nuovo codice, si pronunciava affermando che non ci troviamo di fronte ad una “assoluta omogeneità, in riferimento ai servizi legali, che sarebbe ravvisabile tra la disciplina del d. lgs. n. 50/16 e quella introdotta dal d. lgs. n. 36/23” in quanto “il d. lgs. n. 36/23, oggi vigente, dopo avere ricompreso negli appalti esclusi dall’applicazione del codice i medesimi servizi legali (art. 56 d. lgs. n. 36/23), prevede, per questi ultimi, nell’ipotesi di opportunità di guadagno economico, anche indiretto, che l’affidamento avvenga “tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3” (art. 13 comma 5 d. lgs. n. 50/16 – n.d.r. rectius d.lgs. 36/2023) “ovvero dei principi del risultato, della fiducia e dell’accesso al mercato. Tali principi, però, non possono, in assoluto, essere ritenuti coincidenti con quelli richiamati dal previgente art. 4 d. lgs. n. 50/16 se non altro per il nuovo ruolo e la nuova funzione che essi assumono nell’economia del d. lgs. n. 36/23, come desumibile dalla loro peculiare collocazione sistematica, dalla stessa relazione illustrativa al d. lgs. n. 36/23 (pagg. 10 e ss.) e dalla novità costituita dalla configurazione, quali categorie autonome, dei criteri del risultato e della fiducia”.

Secondo il TAR Lazio, quindi, l’affidamento dei servizi legali esclusi dall’applicazione del codice (art. 56 d. lgs. n. 36/23) deve avvenire “tenendo conto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3”.

Tale affermazione ha trovato conferma anche nella recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2776/2025, del 2 aprile, la quale ha rigettato l’appello del Consiglio Nazionale Forense avverso la citata sentenza del TAR Lazio ed ha fornito nuovi elementi interpretativi in merito all’inquadramento della fattispecie dell’incarico di patrocinio legale.

Con riferimento al motivo di ricorso in appello relativo alla questione della previsione della comunicazione CIG (codice identificativo gara introdotto dall’ANAC) anche agli incarichi di patrocinio legale, il Consiglio di Stato afferma che questi ultimi rientrano, in ogni caso, nella categoria degli “appalti pubblici”, dal momento che anche con essi “la PA persegue un fine pubblico”. Lo stesso Giudice afferma che l’art. 56 del d.lgs. n. 36/2023 “qualifica i “servizi legali” alla stregua di “appalti pubblici” (cfr. comma 1, primo periodo) sebbene “esclusi” dai suddetti obblighi di “evidenza pubblica”. Tale qualificazione deriva anche dalla “legislazione comunitaria, la quale non distingue – ricomprendendole in un’unica generale nozione di appalto pubblico di servizio legale – tra singola difesa in giudizio e attività di consulenza legale, prescindendo dalla nozione civilistica nazionale e attraendo anche negozi qualificabili come contratto d’opera o contratto d’opera intellettuale”. L’appartenenza degli incarichi di patrocinio legale alla categoria degli “appalti pubblici”, quindi, giustifica, secondo la pronuncia del Consiglio di Stato, l’applicazione ad essi delle regole sulla tracciabilità dei flussi finanziari, di cui il CIG è strumento.

Nella stessa sentenza, poi, con riferimento al motivo di ricorso in appello relativo alla questione della vigilanza dell’ANAC nei confronti dei contratti aventi ad oggetto patrocini legali, il supremo giudice amministrativo ribadisce che essi devono essere qualificati quali “appalti pubblici di servizi”, sia nel caso in cui “si qualifichi tale contratto alla stregua di prestazione d’opera professionale in quanto meramente occasionale (locatio operis), sia che lo si qualifichi come appalto di servizi in quanto diretto a disciplinare una serie continuativa di incarichi di patrocinio legale in forma complessa ed organizzata (locatio operarum: in questo caso occorrerebbe anzi una gara semplificata o “a regime alleggerito”, ai sensi dell’art. 127 del codice)”.

Lo stesso Giudice afferma, inoltre, che agli incarichi di patrocinio legale rientranti nella categoria dei “contratti esclusi” - vale a dire la fattispecie dell’incarico di difesa in giudizio singola ed occasionale - si applica quanto previsto dall’art. 13, co. 5, del decreto legislativo n. 36 del 2023. Tali incarichi, pertanto, devono essere affidati nel rispetto dei principi di cui agli artt. 1, 2 e 3 del Codice. In particolare, il principio dell’accesso al mercato, di cui all’art. 3  - che si sostanzia nel rispetto dei principi di concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, proporzionalità - impone che l’amministrazione appaltante, pur non essendo tenuta allo svolgimento di alcuna gara in senso stretto, sia comunque “chiamata ad osservare procedure che, in qualche misura, consentano alla amministrazione stessa di scegliere il relativo contraente (ossia il professionista) nel rispetto di taluni specifici principi tra cui anche quelli di imparzialità, pubblicità e concorrenza”. Da ciò il Consiglio di Stato desume che è necessario seguire la “tendenziale regola, a titolo esemplificativo, di adottare interpelli affinché i singoli interessati possano manifestare la propria disponibilità, istituire elenchi da cui attingere i professionisti più idonei ed effettuare – ove possibile – una certa rotazione degli incarichi stessi”.

Nella sentenza, quindi, il Giudice giunge alla conclusione che “in siffatta direzione, anche l’affidamento di tali servizi legali comporta la stipula di un contratto di appalto pubblico sia che si tratti di prestazione d’opera professionale per incarichi periodici e saltuari, sia che si tratti di appalto di servizi in senso stretto per incarichi continuativi ed organizzati: nel primo caso (incarico saltuario ed occasionale) per la scelta del relativo contraente privato la PA non sarà tenuta, sul piano procedimentale, al rigoroso rispetto delle regole di evidenza pubblica ma soltanto ad osservare alcuni principi in tema di “accesso al mercato” (art. 3 del codice dei contratti); nel secondo caso (servizi legali continuativi svolti in forma organizzata) occorrerà seguire le procedure competitive a carattere semplificato o “alleggerito” di cui all’art. 127 del codice”).

Anche con riferimento a questo secondo motivo di appello, la qualificazione degli incarichi di patrocinio legale come “appalti pubblici”, giustifica, secondo la pronuncia del Consiglio di Stato, la soggezione di tutti i contratti aventi ad oggetto patrocini legali, anche quelli esclusi, alla vigilanza ANAC ed al pagamento del relativo contributo.

Con riferimento, inoltre, al motivo di appello che contestava la violazione del principio di gold plating a causa della previsione dell’onere di comunicazione del CIG e del versamento del contributo ANAC anche per i patrocini legali, la sentenza lo dichiara infondato in quanto “a) il legislatore comunitario non impone l’esclusione dei servizi legali dalle procedure di evidenza pubblica ma lo auspica sebbene con forte accento (l’art. 10 della direttiva 2014/2024/UE afferma infatti che tali appalti “dovrebbero” essere esclusi da tali meccanismi procedurali): b) il legislatore interno si è tendenzialmente adeguato a tale indirizzo eurounitario (cfr. art. 56 codice dei contratti) temperandolo tuttavia con la applicazione di meccanismi di “concorrenzialità minima” o “ridotta” (ossia rispetto dei principi del c.d. “accesso al mercato”); c) tale maggiore concorrenzialità non costituisce violazione del divieto di gold plating, come evidenziato dalla Corte costituzionale; d) tale maggiore apertura comporta in ogni caso un intervento suppletivo di ANAC che, in ogni caso, è autorità che fa parte del sistema di governance in quanto primariamente addetta al “controllo dell’applicazione delle norme sugli appalti pubblici” (cfr. Titolo IV Direttiva 2014/2024/UE nonché artt. 221 ss. del decreto legislativo n. 36 del 2023, specificamente dedicato agli suddetti strumenti di governo del sistema degli appalti pubblici; e) tale intervento suppletivo di ANAC deve pertanto trovare adeguate forme di finanziamento anche da parte di simili contraenti (professionisti che stipulano contratti di appalto di servizi legali con la PA)”.

Il Consiglio di Stato, infine, dichiara infondata e rigetta la richiesta di rinvio alla Corte di giustizia UE avanzata dai ricorrenti per ritenuta violazione dei parametri di cui all’art. 10 della direttiva n. 24 del 2014, affermando che è legittima l’introduzione da parte del legislatore nazionale di “forme aggiuntive di concorrenzialità ridotta quali quelle contemplate dal citato art. 13, comma 5, del decreto legislativo n. 36 del 2023 (il quale richiama a sua volta l’art. 3 dello stesso codice); forme che sicuramente rispondono a criteri di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa diretti a consentire un minimo di “accesso al mercato” a vantaggio di tutti gli operatori dello specifico settore”.

La recente pronuncia del Consiglio di Stato appena riportata, fornisce, dunque, un quadro interpretativo nuovo nell’ambito del quale il patrocinio legale singolo o occasionale rientra nel novero degli “appalti pubblici” di servizi (di natura legale). Tale fattispecie appartiene, in particolare, alla categoria dei contratti esclusi di cui all’art. 56 del d.lgs n. 36/2023 in relazione ai quali il co. 5 dell’art. 13 impone di “tenere conto dei” (e non già di “applicare i”) principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Codice.

In relazione alla questione di come declinare in concreto, per tali servizi, la applicazione dei suddetti principi, il Consiglio di Stato, come già citato sopra - dopo avere affermato che la amministrazione appaltante non è tenuta allo svolgimento di alcuna gara in senso stretto - fornisce alcune indicazioni “a titolo esemplificativo” quali quelle di adottare interpelli affinché i singoli interessati possano manifestare la propria disponibilità, istituire elenchi da cui attingere i professionisti più idonei ed effettuare – ove possibile – una certa rotazione degli incarichi stessi.

Si rileva che le suddette regole tendenziali ed esemplificazioni non appaiono sufficienti a colmare l’assenza di chiare e precise indicazioni concrete in merito alle corrette modalità di affidamento dei servizi legali esclusi, in merito alle quali rimane, quindi, ancora oggi un campo aperto per l’interpretazione.

A tal proposito sarà utile monitorare eventuali futuri approdi giurisprudenziali in merito all’applicazione nel caso in esame dei principi di cui agi articoli 1, 2 e 3 richiamati dall’art. 13, co. 5 dell’attuale Codice[26].

In ogni caso, alcune indicazioni relative alle concrete modalità di affidamento dei servizi legali esclusi contenute nelle ormai non più applicabili linee guida ANAC n. 12 del 2018 possono ritenersi ancora utili, in considerazione della interpretazione del Consiglio di Stato di cui si è appena detto. Ci si riferisce, in particolare, ad esempio, alle migliori pratiche ivi descritte, quali la costituzione di elenchi di professionisti, eventualmente suddivisi per settore di competenza, previamente costituiti dall’amministrazione mediante una procedura trasparente e aperta, pubblicati sul proprio sito istituzionale o alle necessità di esplicitare le specifiche ragioni logico-motivazionali dell’affidamento nella decisione a contrarre.

Appaiono ancora plausibili anche le osservazioni espresse dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) nella Determinazione “Accesso al mercato e avvisi pubblici per l’affidamento esternalizzato dei servizi legali” (AS 1888 – Bollettino n. 16 del 24.04.2023) relative alla presenza di un requisito di partecipazione consistente nell’aver maturato una qualificata attività pregressa, nelle materie oggetto del bando, esclusivamente con riferimento a soggetti di natura pubblica/pubblicistica e alla presenza di vincoli di partecipazione relativi a requisiti impostati su base territoriale (iscrizione all’Albo di un determinato Foro geografico, localizzazione dello studio legale del professionista in una certa area geografica, ecc.) [27].

Per quanto riguarda, invece, le modalità concrete di affidamento dei servizi legali sussumibili nelle fattispecie di cui agli art. 127 (per i settori ordinari) e art. 173 (per i settori speciali) del d.lgs. n. 36/2023, vale a dire quelli per i quali è previsto un regime c.d. “alleggerito”, occorre richiamarsi alle norme e prassi relative a tale regime particolare.

In particolare, l’art. 127, riproducendo quanto previsto dall’art. 142 del d.lgs. n. 50/2016 e dalla disciplina comunitaria, dispone che per l’affidamento di servizi legali non esclusi, per valori pari o superiori alle soglie di cui all’art. 14, co. 1, lett. d) e co. 2 lett. c), le stazioni appaltanti procedono, alternativamente, mediante bando o avviso di gara, oppure avviso di pre-informazione (pubblicato con cadenza continuativa per periodi non superiori a 24 mesi), contente l’avvertenza che l’aggiudicazione avverrà senza ulteriore pubblicazione di avviso di indizione di gara. È previsto anche l’utilizzo della procedura negoziata senza pubblicazione di bando, in presenza dei presupposti di cui all’art. 76 (co. 2). L’avvenuto affidamento viene reso noto mediante la pubblicazione di avvisi di aggiudicazione (di cui all’Allegato II.6), raggruppabili – su base trimestrale – mediante invii cumulativi, da effettuare al più tardi 30 giorni dopo la fine di ogni trimestre (co. 3). I bandi e gli avvisi di gara devono contenere le informazioni di cui all’Allegato II.6, parte terza, in conformità ai modelli di formulari stabiliti dalla Commissione europea, mediante atti di esecuzione (co. 4). Infine, gli stessi avvisi sono pubblicati con le modalità di cui all’art. 164 del d.lgs. 36/2023 (co. 5).

L’art. 127 è richiamato dall’art. 173, quale applicabile anche ai settori speciali.

Per quanto riguarda, invece, il sotto soglia, per i settori ordinari si applicano le procedure delineate dall’art. 50 del d.lgs. 36/2023 (e anche il principio di rotazione di cui all’art. 49), mentre per i settori speciali vale quanto previsto dallo stesso art. 50 al co. 5: “Le imprese pubbliche, per i contratti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alle soglie europee di cui all’articolo 14, rientranti nell'ambito definito dagli articoli da 146 a 152, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale, se i contratti presentano un interesse transfrontaliero certo, deve essere conforme ai principi del Trattato sull’Unione europea a tutela della concorrenza. Gli altri soggetti di cui all’articolo 141, comma 1, secondo periodo, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale deve essere conforme ai predetti principi del Trattato sull’Unione europea”.

Dal nuovo quadro normativo che si è delineato con il d.lgs. n. 36/2023, quindi, si può desumere che, mentre permangono, come nel passato, chiare indicazioni relative alla procedimentalizzazione relativa all’affidamento dei servizi legali sottoposti al regime c.d. “alleggerito”, per quanto riguarda, invece, i servizi legali c.d. esclusi, le norme non prevedono oggi chiare indicazioni concrete in merito a come operare il loro affidamento e nemmeno supplisce a tale mancanza quanto affermato dal Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 2776/2025 il quale, in via solo esemplificativa, esprime alcune tendenziali regole al riguardo.

 

7. Equo compenso.

Per completezza di trattazione della disciplina dei servizi legali nell’ambito dei contratti pubblici, si ritiene utile fare anche alcuni cenni relativi al tema dell’equo compenso.

Come noto, in ossequio alla disciplina costituzionale (artt. 1, 35, 36 Cost.) che tutela il lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni (e non solo quello dipendente), il legislatore nell’aprile del 2023 ha dettato una nuova e organica disciplina in materia di equo compenso, la legge 21 aprile 2023, n. 49, recante le “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” pubblicata in G.U. n. 104 del 5.5.2023, oramai in vigore dal 20 maggio 2023.

Lo scopo perseguito è stato quello di garantire una maggiore qualità delle prestazioni professionali, tutelando al contempo la dignità e il decoro dei professionisti, ponendoli al riparo da una concorrenza oramai sempre più al ribasso, con conseguente svilimento dell’attività prestata.

Il legislatore ha, inoltre, onerato i consigli nazionali di adottare nuove disposizioni deontologiche nei rispettivi codici per scongiurare, anche con strumenti disciplinari e sanzionatori, vere e proprie corse al ribasso tra gli iscritti.

Così, in G.U. n. 102 del 3 maggio 2024, è stata anche pubblicata la modifica al Codice deontologico forense in materia di equo compenso, adottata dal Consiglio nazionale forense con delibera n. 275, del 23 febbraio 2024, con la quale è stato introdotto l’art. 25-bis del Codice deontologico forense rubricato “Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso” il quale prevede quanto segue:

“1. L’avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.

2. Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall’avvocato, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.

3. La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell’obbligo di cui al secondo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.”

È interessante rilevare come il tema della previsione di compensi minimi fissi inderogabili nei servizi legali sia stato affrontato anche dalla giurisprudenza della CGUE con la sentenza del 25.01.2024 nella causa C-438/22. Detta pronuncia ha ad oggetto un regolamento del Consiglio nazionale forense bulgaro, richiamato dalla normativa interna, che fissava compensi minimi inderogabili per i professionisti, non consentendo né la pattuizione di un compenso inferiore tra cliente e professionista né autorizzando il giudice a disporre la rifusione degli onorari per un importo inferiore al minimo. In tal caso, la Corte ha ritenuto che tale regolamento fosse illegittimo in quanto configurante una restrizione “per oggetto” della concorrenza, in violazione degli artt. 101 par. 1 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e 4 par. 3 del Trattato sull’Unione europea (TUE).

La Corte ravvisava, in tal caso, una violazione dell’art. 101 TFUE in quanto il Consiglio nazionale forense agiva in assenza di qualsiasi controllo da parte delle pubbliche autorità, non era emanazione di alcuna pubblica autorità e veniva, pertanto, assimilato ad una “associazione di imprese”.

L’art. 101 TFUE prevede che “sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno (…)”.

La sopra citata sentenza, quindi, dichiarava illegittima la determinazione “orizzontale” dei prezzi nella misura in cui lesiva della concorrenza.

In ogni caso, tale pronuncia non può applicarsi analogicamente alla normativa italiana in quanto in Italia le tariffe professionali, e in particolare quelle degli avvocati, non sono adottate con determinazioni “orizzontali” ma con decreti ministeriali.

Nel nostro ordinamento, infatti, con riferimento agli avvocati, è stato pubblicato sulla G.U. n. 236 dell’8 ottobre 2022, il decreto del Ministero della Giustizia 13 agosto 2022, n. 147 contenente il Regolamento recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

Tornando allo specifico ambito di analisi che qui ci occupa, si rileva, innanzitutto, che la disciplina dell’equo compenso dettata dalla l. n. 49/2023 prevede ex art. 2, co. 3 della medesima, che essa si applichi anche “alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.

L’art. 3 della l. n. 49/2023 sancisce, quindi, anche per tali contratti, la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, come le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale.

All’indomani dell’entrata in vigore della l. n. 49/2023, come noto, erano però emersi orientamenti dottrinali e giurisprudenziali divergenti in ordine all’applicabilità al settore dei contratti pubblici della normativa introdotta ex novo dalla detta legge. Nell’ambito del dibattito giurisprudenziale formatosi sul punto e relativo ai servizi di ingegneria ed architettura i primi interventi giurisprudenziali intervenuti, ossia le sentenze del TAR Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632, TAR Lazio, sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580 e successivamente anche TRGA Trentino-Alto Adige (Bolzano), 9 ottobre 2024, n. 230 e n. 231, hanno sostenuto l’applicabilità della legge sull’equo compenso al settore dei contratti pubblici, pronunce alle quali si sono contrapposti i pronunciamenti del TAR Campania (Salerno), sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 e TAR Calabria (Reggio Calabria), 25 luglio 2024, n. 483, che hanno, invece, affermato l’incompatibilità tra i due sistemi normativi, con esclusione dell’applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara regolate dal codice dei contratti pubblici. Si registra che in merito a tale questione si era anche pronunciata l’ANAC con la scrittura del Bando-tipo n. 2/2023 avente ad oggetto la “Procedura aperta per affidamento di servizi di architettura e ingegneria sopra soglia con offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi del d.lgs. 36/2023” e che la stessa aveva anche sollecitato, in sede di Cabina di Regia, affinché si procedesse con urgenza a fare chiarezza su tale questione.

Al fine di cercare di dare soluzione alle dette incertezze applicative, il legislatore, in sede di correzione al Codice dei contratti pubblici introdotta con decreto legislativo 31 dicembre 2024, n. 209, entrato in vigore in pari data, ha modificato come segue l’art. 8, comma 2 del d.lgs. n. 36/2023: “Le prestazioni d’opera intellettuale non possono essere rese dai professionisti gratuitamente, salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione. Salvo i predetti casi eccezionali, la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso secondo le modalità previste dall’art. 41 commi 15-bis, 15-ter e 15-quater “.

I commi 15-bis, 15-ter e 15-quater dell’art. 41 del d.lgs. 36/2023 disciplinano ora le modalità di applicazione del principio dell’equo compenso relativamente (e limitatamente) ai servizi di ingegneria ed architettura.

La soluzione di cui sopra è stata adottata sulla scorta del principio seguente, espresso nella relazione illustrativa al correttivo stesso: Per quanto riguarda il nuovo comma 15-bis, il richiamo ivi contenuto ai principi sulla concorrenza e sull’equo compenso previsti rispettivamente agli articoli 1, comma 2, primo periodo, e 8, comma 2, secondo periodo, del codice, è finalizzato a chiarire che le disposizioni del codice costituiscono diretta attuazione dei predetti principi e, conseguentemente, recano una disciplina speciale rispetto a quanto previsto dalla legge 49/2023, relativa alla disciplina generale in materia di equo compenso delle prestazioni professionali.”

Si rileva che, a tutt’oggi, il legislatore non è, invece, intervenuto con riferimento alla problematica della applicazione della norma sull’equo compenso ai contratti pubblici aventi ad oggetto servizi prestati da professionisti che non siano quelli aventi ad oggetto servizi di ingegneria ed architettura e, quindi, nemmeno per i servizi legali.

Al fine di avere utili riferimenti interpretativi, è necessario quindi tenere in considerazione quanto la giurisprudenza ha affermato con riferimento ai servizi di ingegneria ed architettura e, mutatis mutandis, riferirlo anche agli altri servizi prestati da professionisti ed in particolare, per la nostra indagine, dagli avvocati.

A tal proposito, si rileva che recentemente è intervenuta anche la sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 27.01.2025, n. 594, la quale ha riformato la sentenza del TAR Veneto n. 632/2024 sopra citata, fornendo alcune nuove interpretazioni alla questione. Tale approdo giurisprudenziale si riferisce ad una normativa non più in vigore (vale a dire il d.lgs. n. 50/2016) ma è utile, comunque, ripercorrerne le motivazioni per quanto essa afferma con riferimento ad alcune questioni generali ancora valide a tutt’oggi ed in quanto, nelle sue argomentazioni, essa fa anche riferimento al d.lgs. 36/2023 post correttivo.

La Corte amministrativa suprema, innanzitutto, conferma la sussunzione della comminatoria di nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo (prevista dall’art. 3 della l. n. 49/2023) nell’alveo delle c.d. “nullità di protezione” già contenuta nella sentenza di primo grado. In merito a ciò essa afferma che, in sede processuale, un tale vizio potrebbe essere fatto valere esclusivamente da un operatore economico aggiudicatario di un affidamento e controparte negoziale del contratto stipulato a valle della procedura, in quanto “la nullità di protezione coniata dalla disciplina sull’equo compenso opera solo a vantaggio del professionista contraente debole e non certo di terzi competitori, pur se nella cornice di procedure di gara”.

Entrando poi nel merito del rapporto tra il Codice dei contratti pubblici e la sopravvenuta disciplina dell’equo compenso, la stessa Corte afferma, nella citata sentenza, di aderire alla posizione secondo la quale non sussiste alcuna antinomia tra dette norme. Essa però sviluppa, al riguardo, alcune argomentazioni che presentano un carattere di novità rispetto a quelle della precedente giurisprudenza pretoria conforme allo stesso assunto.

In particolare, il Consiglio di Stato, dopo avere premesso che i due plessi normativi in parola devono essere interpretati e applicati in modo integrato e coordinato valorizzando le rispettive rationes legis, l’una proconcorrenziale per la disciplina sui contratti pubblici, l’altra di favor del professionista intellettuale, per la disciplina sull’equo compenso”, ricostruisce il loro rapporto in una maniera diversa rispetto al giudice di primo grado.

Il Consiglio di Stato, innanzitutto, con riferimento ai compensi nei servizi di ingegneria ed architettura, opera una netta distinzione tra le previsioni di due regolamenti: il primo è il d.m. del Ministero della giustizia n. 140/2012 ”Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 (GU Serie Generale n.195 del 22-08-2012) ed il secondo è il d.m. del 17 giugno 2016 (decreto interministeriale del Ministro della giustizia e del Ministro delle infrastrutture e trasporti) recante “Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell'articolo 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016” (GU Serie Generale n.174 del 27-07-2016).

Mentre il primo, vale a dire il d.m. 140/2012, disciplina i compensi professionali liquidabili dai giudici (applicabile alla tutela dell’equo compenso), il d.m. 17 giugno 2016 determina gli importi da porre a base di gara negli appalti pubblici.

Secondo le argomentazioni del Consiglio di Stato il concetto di equo compenso è diverso dal concetto di importo fisso e inderogabile negli appalti pubblici. La nozione di equo compenso nella contrattualistica pubblica non impone un importo fisso, ma introduce il concetto di “equo ribasso”.

Mentre il d.m. 140/2012 stabilisce una soglia minima per il compenso equo (ribassabile fino al 60%), il d.m. 17 giugno 2016, invece, definisce i corrispettivi da porre a base di gara, che non devono essere confusi con il compenso minimo inderogabile.

Secondo il Consiglio di Stato, quindi, le gare pubbliche devono garantire la concorrenza e, impedire del tutto i ribassi sul compenso, comprimerebbe la concorrenza, violando i principi del diritto europeo sugli appalti pubblici sanciti dalla direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.

Da ciò, lo stesso giudice deriva che l’equo compenso nei contratti pubblici deve essere inteso come un “equo ribasso”, ossia una riduzione possibile entro i limiti stabiliti dal d.m. n. 140/2012. Egli, inoltre, esclude l’eterointegrazione automatica della lex specialis di gara con la disciplina dell’equo compenso, affermando che la verifica dell’equità dell’offerta spetta alla fase di valutazione dell’anomalia.

Il giudice, infine, afferma che “si orienta nel senso prospettato da questa esegesi la novella recata dal cd. “correttivo appalti” all’art. 41 d.lgs. n. 36/2023, cui rinvia anche la novella dell’art. 8 (“la pubblica amministrazione garantisce comunque l'applicazione del principio dell'equo compenso secondo le modalità previste dall'articolo 41, commi 15-bis, 15-ter e 15-quater”): tale novella prevede, da un lato, che le tariffe siano considerate per il 65 per cento come un importo “a prezzo fisso”, come tale non ribassabile in sede di gara; dall’altro, che rispetto al restante 35 per cento, l’elemento relativo al prezzo possa essere invece oggetto di offerte al ribasso in sede di presentazione delle offerte; per mitigare l’impatto di tali ribassi sull’aggiudicazione e valorizzare la componente tecnica della progettazione, si prevede tuttavia che per tale residuo 35 per cento, la stazione appaltante stabilisca un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30 per cento. Secondo quanto riferito dalla relazione illustrativa, tale soluzione garantirebbe il principio dell’equa remunerazione del progettista, aprendo al contempo ad una valutazione competitiva tra diverse offerte economiche, al fine, in ogni caso, di valorizzare nell’affidamento quegli operatori economici che propongono migliori condizioni di economicità e qualità del servizio”.

Premesso quanto sopra, ci si deve interrogare, per lo specifico ambito della nostra analisi, se la decisione del Consiglio di Stato possa avere ripercussioni anche per l’applicazione dell’equo compenso nei servizi legali.

La sentenza, pur riguardando i servizi di ingegneria e architettura, afferma un principio generale, vale a dire che l’equo compenso non deve essere interpretato come un importo fisso ed inderogabile e che le offerte economiche possono prevedere ribassi, purché sia rispettata una soglia minima di sostenibilità delle stesse.

Questo ragionamento sembra potersi estendere anche agli incarichi legali conferiti dalle stazioni appaltanti tramite procedure di gara. Infatti, il d.m. 55/2014 sugli onorari forensi, così come aggiornati dal d.m. 147/2022, analogamente al d.m. 140/2012 per gli ingegneri e architetti, costituisce il parametro per la liquidazione dei compensi richiamato dall’art. 3 legge 49/2023, e definisce, quindi, la soglia minima (e massima) del compenso del professionista, al di sotto del quale scatta la qualificazione normativa di “compenso non equo” passibile di nullità di protezione.

Tuttavia, resta da vedere se la giurisprudenza futura adotterà un’interpretazione più rigida o più flessibile per gli incarichi legali, considerando la specificità della professione forense e l'importanza del diritto alla difesa.

In ogni caso, quindi, con riferimento all’applicazione dell’equo compenso ai contratti pubblici aventi ad oggetto i servizi legali, non essendo intervenuto il legislatore, come per i servizi di architettura ed ingegneria, a prevedere una disciplina speciale in sede di correttivo al Codice, sarà necessario monitorare eventuali futuri approdi giurisprudenziali sul tema.

 

8. Considerazioni conclusive.

Si è ripercorsa cronologicamente la storia delle varie discipline e interpretazioni relative ai c.d. servizi legali susseguitesi nel tempo non per un mero esercizio di conoscenza del passato, ma in quanto si ritiene che, solo attraverso la conoscenza di tali sviluppi, si possa, a tutt’oggi, cercare di delineare le più corrette modalità di affidamento di detti servizi.

Ciò rileva, non tanto per quanto riguarda i servizi legali sussumibili nelle fattispecie di cui agli art. 127 (per i settori ordinari) e art. 173 (per i settori speciali) del d.lgs. n. 36/2023, vale a dire quelli per i quali è previsto un regime c.d. “alleggerito”, per i quali, appunto, esiste un quadro di regole, pur “alleggerito”, che ne disciplina espressamente le modalità concrete di affidamento. 

La conoscenza di tali sviluppi passati assume particolare rilevanza, invece, per quanto riguarda i servizi legali c.d. esclusi (art. 56 d.lgs. n. 36/2023). Con riferimento ad essi, a tutt’oggi, mancano ancora regole procedurali chiare e precise che consentano all’interprete o pubblico funzionario che deve curare un incarico di tale tipologia di identificare, in concreto, le corrette modalità del loro affidamento. L’affidamento di tali servizi costituisce da sempre una delle ipotesi maggiormente dibattute e controverse, in quanto sul loro inquadramento e sull’esenzione si sono registrati orientamenti difformi nella giurisprudenza contabile e amministrativa. A tal proposito va tenuto conto del recente approdo del Consiglio di Stato, Sez. V, che con la sentenza n. 2776/2025 ha qualificato gli stessi quali “appalti pubblici di servizi (di natura legale)” ed ha affermato che il loro affidamento deve avvenire sulla scorta di procedure nel rispetto di alcuni principi, indicando, in via solo esemplificativa, alcune tendenziali regole al riguardo. Come si è detto, il comma 5 dell’art. 13 impone di “tenere conto dei” principi di cui agli articoli 1, 2 e 3 del Codice agli affidamenti dei servizi legali esclusi, ma come declinare in concreto detti principi rimane, rispetto ad una categoria di servizi così particolari, ancora un campo aperto per la interpretazione.

 

9. Bibliografia

 

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https://www.cfnews.it/diritto/la-corte-di-giustizia-e-gli-incarichi-legali/;

 

D. CAMINATI, Rassegna monotematica di giurisprudenza dell’Ufficio del massimario della Giustizia amministrativa, Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, 2024, reperibile nel sito istituzionale della Giustizia Amministrativa al link:

https://www.giustizia-amministrativa.it/documents/20142/58906310/IL+NUOVO+CODICE+DEI+CONTRATTI+PUBBLICI.pdf/043f8db8-8826-a1d2-2625-82cc216276db?t=1731580374949;

 

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S. COLOMBARI, Diritto di difesa della Pubblica Amministrazione e patrocinio legale (anche alla luce di una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in Federalismi.it, 2019, reperibile al link: https://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?artid=40252&dpath=document&dfile=18092019110155.pdf&content=Diritto%2Bdi%2Bdifesa%2Bdella%2BPubblica%2BAmministrazione%2Be%2Bpatrocinio%2Blegale%2B%2D%2Bstato%2B%2D%2Bdottrina%2B%2D%2B;

 

Commissione Incarichi della Pubblica Amministrazione, costituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona, Note di indirizzo – Affidamento degli incarichi relativi ai servizi legali, 2019, reperibile nel sito istituzionale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona al link:

https://www.ordineavvocati.vr.it/wp-content/uploads/2022/02/Relazione-finale-Commissione-Incarichi-PA-29.11.2019.pdf ;

 

V. LAUDANI, Affidamento di servizi legali: obbligo di acquisizione del CIG e di pagamento del contributo Anac, 2024;

 

M. ORSETTI, I. CAVALLINI,  L’affidamento degli incarichi di patrocinio legale da parte della Pubblica Amministrazione: applicazioni pratiche per la soluzione ai contrasti interpretativi, in Azienditalia, 2018, reperibile al link: https://www.segretaricomunalivighenzi.it/archivio/anno-2018/novembre/laffidamento-degli-incarichi-di-patrocinio-legale.pdf;

 

V. PAPA, L’affidamento degli incarichi di consulenza e patrocinio legale nelle pubbliche amministrazioni, 2023, reperibile nel sito istituzionale della Corte dei conti al link: https://www.corteconti.it/Download?id=228852fa-15a0-44cc-8581-592eed80d67d;

 

R. SEVERINI, Gli incarichi di patrocinio legale dopo la sentenza della Corte di giustizia UE,  in  Azienditalia 2019, reperibile al seguente link: https://www.segretaricomunalivighenzi.it/archivio/2019/ottobre/gli-incarichi-di-patrocinio-legale.pdf.

 

 

 

 

* Il presente approfondimento rappresenta una rielaborazione della tesina presentata nell’ambito della IV Edizione (a.a. 2023/2024) del Master Universitario di II° livello Teoria e Management degli Appalti Pubblici (TEMAP) presso la Libera Università Maria Ss. Assunta (LUMSA): Responsabile Scientifico Prof. Avv. Angelo Rinella; Direttore Avv. Domenico Galli; Coordinatore Scientifico Avv. Adriano Cavina.

[1] In merito a ciò si dirà anche nel seguito del presente scritto, allorquando si cercherà di delineare il quadro nazionale dettato dalle norme e dalla giurisprudenza e si riferirà come una nota sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2730/2012, abbia interpretato la norma comunitaria distinguendo la fattispecie dell’espletamento del singolo incarico, integrante un contratto d’opera intellettuale, che esula dalla disciplina degli appalti, dalla fattispecie dell’appalto di assistenza legale, eventualmente comprendente anche la difesa giudiziale, espletato in forma di appalto di servizi; si dirà, inoltre, come una più recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2776/2025 abbia ora, invece, affermato che la legislazione comunitaria “non distingue – ricomprendendole in un’unica generale nozione di appalto pubblico di servizio legale – tra singola difesa in giudizio e attività di consulenza legale, prescindendo dalla nozione civilistica nazionale e attraendo anche negozi qualificabili come contratto d’opera o contratto d’opera intellettuale”.

[2] Direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati (GU L 78 del 26.3.1977, pag. 17).

[3] Tale soglia è pari a: “d) 750 000 EUR per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all’Allegato XIV” (Direttiva 2014/24 - Articolo 4 - Importi delle soglie).

[4] Detti CPV identificano le seguenti tipologie di servizi: 79100000-5: Servizi giuridici che si articolano in: a) 79110000-8: Servizi di consulenza giuridica e di rappresentanza I quali ricomprendono: 79111000-5: Servizi di consulenza giuridica 79112000-2: Servizi di rappresentanza legale che si specifica in: 79112100-3: Servizi di rappresentanza delle parti interessate b) 79120000-1: Servizi di consulenza in materia di brevetti e diritti d’autore che ricomprendono: 79121000-8: Servizi di consulenza in materia di diritti d’autore i quali si specificano in: 79121100-9: Servizi di consulenza in materia di diritti di autore di software c) 79130000-4: Servizi di documentazione e certificazione giuridica che ricomprendono: 79131000-1: Servizi di documentazione 79132000-8: Servizi di certificazione i quali ultimi si specificano in: 79132100-9: Servizi di certificazione della firma elettronica d) 9140000-7: Servizi di consulenza e informazione giuridica e) 75231100-5: Servizi amministrativi connessi ai tribunali.

[5] Per i settori ordinari, vedasi la direttiva 92/50/CE del 18 giugno 1992, art. 1, lett. a), n. vi) nonché art. 9 in relazione all’Allegato IB, n. 21. Per i settori speciali, vedasi la direttiva 93/38/CEE del 14 giugno 1993, art. 1, n. 4, lett. c) n. iii) nonché art. 16 in relazione all’Allegato XVIB. Successivamente, con riferimento agli appalti dei servizi legali nei settori ordinari vedasi la direttiva 2004/18/CE, art. 21, con rinvio all’Allegato IIB, e, con riferimento agli appalti nei settori speciali, la direttiva 2004/17/CE, art. 32, con rinvio all’Allegato XVIIB.

[6] Come ha osservato L. UCCELLO BARRETTA nell’articolo “Il diritto europeo degli appalti e i contratti esclusi: il caso dei servizi legali affidati all’esterno dalle PPAA” nella rivista online Diritto Pubblico Comparato Europeo DPCE ONLINE reperibile al link: https://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/view/815/758.

[7] Si leggano, ad esempio, i contributi pubblicati nel sito della Cassa Forense, “La Corte di Giustizia e gli incarichi legali” in data 28/06/2019 dell’Avv. Marcello Bella: https://www.cfnews.it/diritto/la-corte-di-giustizia-e-gli-incarichi-legali/ e il contributo nella rivista Azienditalia IPSOA 10/2019, l’articolo “Gli incarichi di patrocinio legale dopo la sentenza della Corte di giustizia UE” di Roberto Severini, reperibile al seguente link: https://www.segretaricomunalivighenzi.it/archivio/2019/ottobre/gli-incarichi-di-patrocinio-legale.pdf.

 

[8] Come ha osservato L. UCCELLO BARRETTA nell’articolo “Il diritto europeo degli appalti e i contratti esclusi: il caso dei servizi legali affidati all’esterno dalle PPAA” nella rivista online Diritto Pubblico Comparato Europeo DPCE ONLINE reperibile al link: https://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/view/815/758.

[9] Il virgolettato, che sintetizza in maniera esaustiva l’argomento, è tratto dalla relazione AIR dell’ANAC redatta per le linee guida n. 12 (datate 2018) di cui si dirà nel prosieguo del testo.

[10] Il virgolettato, che sintetizza in maniera esaustiva l’argomento, è tratto dalla relazione AIR dell’ANAC redatta per le linee guida n. 12 (datate 2018) di cui si dirà nel prosieguo del testo.

[11]  Per i settori ordinari, vedasi la direttiva 92/50/CE del 18 giugno 1992, art. 1, lett. a), n. vi) nonché art. 9 in relazione all’Allegato IB, n. 21. Per i settori speciali, vedasi la direttiva 93/38/CEE del 14 giugno 1993, art. 1, n. 4, lett. c) n. iii) nonché art. 16 in relazione all’Allegato XVIB. Successivamente, con riferimento agli appalti dei servizi legali nei settori ordinari vedasi la direttiva 2004/18/CE, art. 21, con rinvio all’Allegato IIB, e, con riferimento agli appalti nei settori speciali, la direttiva 2004/17/CE, art. 32, con rinvio all’Allegato XVIIB.

[12] L’ANAC con proprie linee guida n. 17 - Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali - 27 luglio 2022 (pubblicate nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 188 del 12 agosto 2022) delineava le procedure di affidamento in c.d. regime “alleggerito” solo però con riferimento ai servizi indicati al comma 5-bis dell’articolo 142 (servizi sanitari, servizi sociali e servizi connessi; servizi di prestazioni sociali; altri servizi pubblici, sociali e personali, inclusi servizi forniti da associazioni sindacali, da organizzazioni politiche, da associazioni giovanili e altri servizi di organizzazioni associative).

 

[13]  Tale questione è stata trattata nell’articolo: “L’affidamento degli incarichi di patrocinio legale da parte della Pubblica Amministrazione: applicazioni pratiche per la soluzione ai contrasti interpretativi” di Iacopo Cavallini e Maria Orsetti, della rivista Azienditalia IPSOA 11/2018 reperibile nel sito: https://www.segretaricomunalivighenzi.it/archivio/anno-2018/novembre/laffidamento-degli-incarichi-di-patrocinio-legale.pdf.

[14] Linee guida n. 12 – Affidamento dei servizi legali: https://www.anticorruzione.it/-/linee-guida-n.-12.

[15] Il divieto del gold plating è previsto dall’art. 1, lett. a) della legge delega per l’attuazione delle   direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE (legge n. 11 del 28 gennaio del 2016) e indica il divieto di introduzione o mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive europee.

 

[16] S. COLOMBARI in “Diritto di difesa della Pubblica Amministrazione e patrocinio legale (anche alla luce di una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea” in Federalismi.it: https://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?artid=40252&dpath=document&dfile=18092019110155.pdf&content=Diritto%2Bdi%2Bdifesa%2Bdella%2BPubblica%2BAmministrazione%2Be%2Bpatrocinio%2Blegale%2B%2D%2Bstato%2B%2D%2Bdottrina%2B%2D%2B

 

[17] Vedasi le “Note di indirizzo – Affidamento degli incarichi relativi ai servizi legali” a cura della Commissione Incarichi della Pubblica Amministrazione, costituita presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona. https://www.ordineavvocati.vr.it/wp-content/uploads/2022/02/Relazione-finale-Commissione-Incarichi-PA-29.11.2019.pdf .

[18]  In merito alla impugnativa da parte del CNF, al fine di illustrare le diverse opinioni che tengono conto degli interessi in gioco, è interessante riportare la opinione contenuta nell’articolo “Affidamento di servizi legali: obbligo di acquisizione del CIG e di pagamento del contributo Anac” del 20/5/2024, a cura di Vincenzo Laudani, nella rivista Appalti & Contratti di Maggioli, nel quale l’Autore solleva perplessità in merito alla scelta del CNF di “contestare le Linee Guida ANAC n. 12 nella parte in cui prevedevano un’apertura alla concorrenza dell’affidamento dei servizi legali. In particolare, tale scelta non sembra essere adeguatamente coperta dall’interesse che l’ente dovrebbe perseguire, ossia quello degli interessi dei propri componenti. L’azione svolta dal CNF sembra tutelare unicamente quei componenti che, per rapporti con le Pubbliche Amministrazioni (e con i loro funzionari), siano in grado di acquisire commesse per lo svolgimento di incarichi, e non tutti i componenti dell’ente”.

[19]  Come autorevolmente osserva F. CARINGELLA nel commento all’art. 56 del Codice Ed. Giuffrè, per quanto riguarda le indicazioni fornite dall’ANAC alle stazioni appaltanti per l’esatta individuazione delle tipologie di servizi legali rientranti nell’elenco di cui all’art. 17 si può ancora trarre spunto dalle Linee guida in quanto le tipologie di incarichi legali rientranti nel perimetro dell’esclusione sono rimaste invariate.

 

[20]  Si riporta la massima della delibera n. 303 del 1 aprile 2020: “Gli operatori economici che prendono parte all’esecuzione di appalti pubblici devono possedere i requisiti generali di moralità, tra cui quello di regolarità contributiva. In caso di costituzione di un apposito elenco di avvocati, da consultare ai fini del conferimento del singolo incarico professionale, tali requisiti devono essere posseduti dai professionisti al momento della richiesta di iscrizione nel citato elenco e debbono essere controllati al momento di ogni singolo affidamento, fermo restando, da un lato, che non può esigersi il medesimo rigore formale di cui all’art. 80 d.lgs. 50/2016 (prima art. 38 d.lgs. 163/2006) e, dall’altro, che la stazione appaltante nell’esercizio della propria discrezionalità amministrativa può valutare di svolgere in ogni momento le verifiche ritenute necessariehttps://www.anticorruzione.it/-/delibera-numero-303-del-01-aprile-2020.

[21]  Comunicato del Presidente dell’ANAC del 16/10/19, depositato presso la Segreteria del Consiglio in data 25/10/19, recante “Indicazioni relative all'obbligo di acquisizione del CIG e di pagamento del contributo in favore dell'Autorità per le fattispecie escluse dall'ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici” e Delibera dell'Autorità Nazionale Anticorruzione n. 584 del 19.12.23, depositata presso la Segreteria del Consiglio in data 28.12.23, recante “Indicazioni relative all'obbligo di acquisizione del CIG e di pagamento del contributo in favore dell'Autorità per le fattispecie escluse dall'ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici”.

 

[22]  La dizione “consulenza e patrocinio legale” è quella utilizzata nello scritto “L’affidamento degli incarichi di consulenza e patrocinio legale nelle pubbliche amministrazioni” di Valentina Papa - magistrato della Corte dei conti – reperibile nel sito istituzionale della Corte al link: https://www.corteconti.it/Download?id=228852fa-15a0-44cc-8581-592eed80d67d

Nel presente paragrafo n. 5 si riporta il quadro sul tema così come delineato in detto articolo in quanto particolarmente autorevole ed esaustivo.

 

 [23]  Si indicano dette pronunce traendole dallo scritto di Valentina Papa di cui alla nota precedente: “Cfr., ex multis, Corte conti, Sez. contr. reg. Emilia-Romagna, 26 aprile 2017, n. 75, in questa Rivista, 2017, 1-2, 175; 24 ottobre 2017, n. 156, ibidem, 5-6, 134; 22 maggio 2018, n. 105”.

[24]  Si indicano dette pronunce traendole dallo scritto di Valentina Papa di cui alla nota precedente: Cfr. Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 29 maggio 2017, n. 124, ivi, 2017, 3-4, 328.

[25]  Dallo scritto di V. PAPA di cui alla nota precedente: “Cfr. Corte conti, Sez. contr. reg. Emilia-Romagna, n. 105/2018, cit.: “La ricostruzione della disciplina applicabile agli incarichi aventi a oggetto un singolo patrocinio legale dev’essere, tuttavia, rivista, alla luce dell’entrata in vigore, il 19 aprile 2016, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. A decorrere da tale data anche il singolo incarico di patrocinio legale appare dover essere inquadrato come appalto di servizi; ciò, sulla base del disposto di cui all’art. 17 (recante “Esclusioni specifiche per contratti di appalto e concessione di servizi”), che considera come contratto escluso la rappresentanza legale di un cliente, da parte di un avvocato, in un procedimento giudiziario dinanzi a organi giurisdizionali, nonché la consulenza legale fornita in preparazione di detto procedimento. Tale interpretazione pare preferibile anche tenuto conto di come l’art. 17 richiamato recepisca direttive dell’Unione europea che, com’è noto, accoglie una nozione di appalto più ampia di quella rinvenibile dal nostro codice civile. In ogni caso, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 4 del citato decreto legislativo, l’affidamento dello stesso deve avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, proporzionalità e pubblicità. L’applicazione anche al singolo patrocinio della disciplina dei principi summenzionati, conferma l’orientamento consolidato di questa Corte in merito all’impossibilità di considerare la scelta dell’avvocato esterno all’ente come connotata da carattere fiduciario. Anche dopo l’emanazione del nuovo codice dei contratti pubblici, l’ente deve preliminarmente operare una ricognizione interna finalizzata ad accertare l’impossibilità, da parte del personale, a svolgere l’incarico (così, da ultima, questa Sezione con la citata deliberazione n. 66/2016)”

[26] Per una ricognizione della giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei TAR in tema dei principi generali del Codice si legga la rassegna monotematica di giurisprudenza dell’Ufficio del massimario della Giustizia amministrativa - a cura di Diana Caminiti del 28 ottobre 2024 reperibile al link: https://www.giustizia-amministratva.it/documents/20142/58906310/IL+NUOVO+CODICE+DEI+CONTRATTI+PUBBLICI.pdf/043f8db8-8826-a1d2-2625-82cc216276db?t=1731580374949