Cons. Stato, Sez. IV, 25 marzo 2025, n. 2490
Il diritto alla revisione del corrispettivo in appalto pubblico può essere disciplinato da clausole contrattuali chiave che prevedano termini decadenziali precisi e non derogabili, i quali devono essere rispettati per esercitare il diritto stesso, assicurando così stabilità e certezza nei rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.
Guida alla lettura
La revisione dei prezzi negli appalti pubblici rappresenta un istituto fondamentale per garantire l’equilibrio economico e finanziario del contratto, preservando l’adeguatezza del corrispettivo in relazione alle variazioni degli indici di costo nel tempo. La normativa di riferimento disciplina i criteri e le modalità per l’aggiornamento dei prezzi, prevedendo che la revisione debba essere effettuata in modo equo e proporzionato, al fine di evitare sia l’arricchimento ingiustificato che il pregiudizio per una delle parti.
In tale contesto, rilevano con particolare attenzione le clausole contrattuali che regolano la tempistica e le condizioni per la richiesta di revisione del prezzo da parte dell’appaltatore.
La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 2490 del 25.03.2025 affronta il delicato tema della validità e dell’efficacia di una clausola di decadenza prevista nel capitolato speciale d’appalto, che fissa un termine annuale per formulare la richiesta di adeguamento del corrispettivo sulla base dell’indice ISTAT FOI.
La vicenda trae origine da un contratto di appalto quadriennale per il servizio di igiene urbana, affidato da un Comune il 24 ottobre 2014 in esito a gara pubblica esperita ai sensi della disciplina all’epoca vigente (D.Lgs. n. 163/2006), e successivamente prorogato più volte fino al 30 aprile 2023.
Il contratto e il capitolato speciale prevedevano la possibilità per l’appaltatore di richiedere la revisione del corrispettivo contrattuale a partire dal secondo anno, sulla base dell’indice ISTAT FOI (Famiglie Operai e Impiegati), con una precisa clausola che fissava al 31 marzo di ogni anno il termine ultimo per la richiesta.
La società appaltatrice, nel gennaio 2020, ha chiesto l’adeguamento del prezzo per il periodo settembre 2014-dicembre 2019, ma la richiesta è stata considerata tardiva dal Comune, che ha negato l’aumento per gli anni antecedenti al 2019 e ha riconosciuto l’adeguamento solo dal 2020 in avanti.
In seguito, la società ha presentato più istanze e contestazioni, emettendo anche note di credito sulle fatture contestate. Il Comune ha mantenuto la propria posizione di parziale rigetto dell’aumento, riconoscendo l’adeguamento solo per l’anno 2022.
La società con due distinti ricorsi ha così impugnato i provvedimenti comunali, contestando soprattutto la pretesa del Comune di attribuzione di valenza decadenziale al termine per la richiesta di revisione (31 marzo) previsto nel capitolato speciale, sostenendo che tale termine non fosse perentorio, ex adverso dovendosi sostenere la sua contrarietà alla normativa vigente.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha respinto entrambi i ricorsi, riconoscendo la validità del termine decadenziale previsto dal contratto.
La società ha appellato, quindi, tali decisioni in Consiglio di Stato, richiedendo il riconoscimento del diritto all’integrale adeguamento del corrispettivo del contratto secondo l’indice ISTAT FOI a partire dal settembre 2014 e la dichiarazione di nullità o inapplicabilità della clausola decadenziale ivi contenuta.
La questione centrale oggetto di scrutinio concerneva la natura giuridica del termine previsto dalla lex specialis per la presentazione della domanda di revisione prezzi, con particolare riferimento alla sua qualificazione come termine decadenziale o meno, nonché alla compatibilità di tale previsione con i principi generali in materia di revisione prezzi sanciti dall'art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006.
Ulteriore profilo di indagine ha riguardato la presunta natura vessatoria della clausola e, conseguentemente, l'eventuale necessità di una specifica sottoscrizione ai sensi dell'art. 1341, comma 2, cod. civ..
I Giudici di Palazzo Spada, nel rigettare entrambi gli appelli, hanno confermato la validità e l’efficacia della clausola contrattuale per le motivazioni che seguono.
Il Collegio ha ritenuto che il meccanismo contrattuale che impone all'appaltatore di richiedere l'adeguamento del corrispettivo entro il termine del 31 marzo di ogni anno sia legittimo e conforme al principio di tutela previsto dall'art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006. Tale disposizione, infatti, pur garantendo all'appaltatore il diritto alla revisione prezzi, non preclude che la disciplina di dettaglio circa le modalità e i termini di esercizio di tale diritto sia rimessa alla regolamentazione pattizia.
Il Consiglio di Stato ha qualificato come decadenziale il termine contrattualmente previsto per la presentazione dell'istanza di revisione prezzi. Ne consegue che la mancata richiesta entro la scadenza prefissata comporta la perdita del diritto alla revisione limitatamente al periodo oggetto della richiesta.
Tale interpretazione appare coerente con la funzione stessa dell'istituto revisionale, volto a garantire l'equilibrio economico del contratto nel corso della sua esecuzione. La previsione di un termine annuale entro cui avanzare la richiesta di adeguamento risponde all'esigenza di certezza dei rapporti giuridici e di programmazione finanziaria dell'amministrazione, consentendo a quest'ultima di valutare tempestivamente l'impatto economico delle sopravvenienze e di adottare le conseguenti determinazioni.
Il Consiglio di Stato, in linea con un approccio pragmatico, ha quindi valorizzato la finalità di certezza dei rapporti e la necessità di buon andamento dell’azione amministrativa, ritenendo che il diritto alla revisione non possa essere esercitato sine die.
Sotto il profilo civilistico, poi, il Consiglio di Stato ha escluso che la clausola che stabilisce il termine decadenziale per la revisione prezzi rientri nel novero delle clausole vessatorie di cui all'art. 1341, comma 2, cod. civ., e come tale necessiti di specifica sottoscrizione ai fini della sua validità.
Tale conclusione si fonda su un consolidato e persuasivo indirizzo della Corte di Cassazione formatosi sui rapporti tra l'art. 1341 cod. civ. e i capitolati speciali, secondo cui la norma è inapplicabile alle clausole di un capitolato speciale d'appalto richiamate nel contratto concluso tra la stazione appaltante e l'impresa vincitrice della gara per cui il richiamo alla disciplina fissata in un distinto documento - come il capitolato speciale predisposto con la funzione di regolamentare un singolo rapporto - effettuato dalle parti contraenti, assegna alle previsioni di quella disciplina il valore di clausole concordate.
Storicamente, invero, il legislatore italiano (art. 115 D.Lgs. n. 163/2006) ha individuato regole piuttosto generali, che lasciavano ampi margini alla libertà negoziale delle parti nella disciplina della revisione. La prassi amministrativa si è così orientata a introdurre, nei capitolati speciali, clausole più dettagliate che, da un lato, tutelassero entrambe le parti e, dall’altro, riducessero il rischio di rivendicazioni tardive o di contenziosi seriali.
L’entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2023 (nuovo Codice dei contratti pubblici) ha razionalizzato la materia, rendendo obbligatoria la previsione della revisione prezzi nei contratti di importo superiore alle soglie comunitarie e offrendo criteri più stringenti, anche in merito a tempi, limiti e modalità di calcolo (art. 60 D.Lgs. n. 36/2023).
In risposta ai frequenti contenziosi e alle criticità maturate in fase applicativa negli anni delle turbolenze economiche recenti, la normativa di cui al D.Lgs. n. 209/2024, correttivo al nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023), ha, poi, apportato ulteriori innovazioni in materia di revisione prezzi.
Il legislatore ha rafforzato, infatti, la funzione “riequilibratrice” dell’istituto, accentuando il carattere obbligatorio della clausola di revisione prezzi per tutti gli appalti e fissando criteri più vincolanti su modalità di calcolo, parametri ISTAT e soprattutto tempi di attivazione della richiesta di aggiornamento.
Il sistema della revisione prezzi, dopo il correttivo del 2024, si orienta verso una maggiore tutela sostanziale dell’equilibrio contrattuale, pur senza sacrificare la certezza dei rapporti.
La giurisprudenza futura sarà, pertanto, chiamata a bilanciare questi principi, interpretando le clausole in modo coerente con il nuovo quadro normativo e con i principi di buona fede, trasparenza e proporzionalità.
Pubblicato il 25/03/2025
N. 02490/2025REG.PROV.COLL.
N. 06068/2023 REG.RIC.
N. 06069/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6068 del 2023, proposto dalla società Pizzamiglio Andrea s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marina Giani e Stefano Sonzogni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
il Comune di Tribiano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Ferraris, Enzo Robaldo e Francesco Caliandro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 6069 del 2023, proposto dalla società Pizzamiglio Andrea s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marina Giani e Stefano Sonzogni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
il Comune di Tribiano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pietro Ferraris, Enzo Robaldo e Francesco Caliandro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
per la riforma
quanto al ricorso n. 6069 del 2023:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) per la Lombardia, sede di Milano, Sez. I, 3 aprile 2023, n. 824, che ha respinto il ricorso R.G. 1678/2021, proposto per l'annullamento del provvedimento del 18 giugno 2021, prot. n. 2945, comunicato lo stesso giorno, con cui il Comune di Tribiano ha accolto solo in parte l'istanza presentata dalla società ricorrente il 22 gennaio 2020, per la revisione dei corrispettivi dovuti in base al contratto di appalto del servizio di igiene urbana nel territorio comunale, in misura pari all'intera variazione dell'indice ISTAT dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (FOI) dal settembre 2014 al 31 dicembre 2019, nonché per la dichiarazione di nullità parziale dell'art. 23, par. 5, del relativo capitolato speciale e per l'accertamento dell'obbligo del Comune di corrispondere la differenza fra l'aggiornamento riconosciuto e quello richiesto;
quanto al ricorso n. 6068 del 2023:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale (T.A.R.) per la Lombardia, sede di Milano, Sez. I, 3 aprile 2023, n. 825, che ha respinto il ricorso R.G. 991/2022, proposto per:
A) l'annullamento dei seguenti atti del Comune di Tribiano:
- del provvedimento del 22 marzo 2022, prot. n.1707, comunicato in data imprecisata, con cui il Comune di Tribiano ha accolto solo in parte l'istanza presentata dalla società ricorrente il 23 marzo 2022, per la revisione dei corrispettivi dovuti in base al contratto di appalto del servizio di igiene urbana nel territorio comunale, in misura pari all'intera variazione dell'indice ISTAT dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (FOI) fino all'annualità 2022;
- dei seguenti atti dello stesso Responsabile, nella parte in cui indicano l'importo contrattuale non integralmente aggiornato: la determinazione n. 141 del 29 marzo 2022 di assunzione dell'impegno di spesa; la nota del 9 maggio 2022, prot. n.2564, di comunicazione della proroga contrattuale; la determinazione n. 217 del 20 maggio 2022 di assunzione dell'impegno di spesa;
B) la dichiarazione di nullità parziale dell'art. 23, par. 5, del capitolato speciale d'appalto;
C) l'accertamento dell'obbligo del Comune di corrispondere la differenza fra l'aggiornamento riconosciuto e quello richiesto.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Tribiano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2025 il Cons. Martina Arrivi e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il 24 ottobre 2014, all'esito di una gara pubblica, il Comune di Tribiano ha concluso con la società Pizzamiglio Andrea s.r.l. il contratto di appalto per lo svolgimento del servizio di igiene urbana, di durata quadriennale, più volte prorogato, sino al 30 aprile 2023.
L'art. 11 del contratto prevede che il corrispettivo contrattuale può formare oggetto di revisione, a partire dal secondo anno di servizio, nei termini e alle condizioni stabilite dall'art. 23 del capitolato speciale d'appalto. L'art. 23 del capitolato speciale, a sua volta attuativo dell'art. 115 d.lgs. 163/2006, stabilisce – per quanto qui d'interesse – che la revisione è operata, decorso il primo anno e con cadenza annuale, sulla base dell'indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (FOI), pubblicato mensilmente dall'ISTAT, e che l'aggiornamento si effettua su richiesta dell'appaltatore, la quale deve pervenire non appena sono disponibili gli indici ISTAT di riferimento relativi all'anno oggetto di revisione e comunque non oltre il 31 marzo dello stesso anno.
Avvalendosi di tale clausola, la società Pizzamiglio Andrea s.r.l., con una missiva pervenuta all'amministrazione il 23 gennaio 2020, ha domandato l'adeguamento del corrispettivo per l'annualità 2020, calcolando l'incremento di prezzo in base all'indice di variazione FOI per il periodo compreso tra il settembre 2014 (data di avvio del servizio) e il dicembre 2019 (termine dell'ultima annualità). Nel silenzio dell'amministrazione, la società ha rinnovato la richiesta il 17 aprile 2020.
È controverso tra le parti se il Comune abbia adottato un primo atto di diniego dell'istanza in forma verbale. Ad ogni modo, il 10 settembre 2020 la società ha emesso delle note di credito con le quali ha stornato le fatture, di giugno e di luglio 2020, che tenevano conto dell'incremento del corrispettivo contrattuale, e il 14 giugno 2021 ha inviato al Comune una comunicazione del seguente tenore: «Su Vostra indicazione abbiamo emesso nota di credito in quanto da Voi, considerata tardiva la richiesta di aumento ISTAT rispetto al termine del 31.03. Tuttavia, il nostro legale, interpellato in merito, ci comunica che non può in alcun modo ritenersi perentorio o comunque posto a pena di decadenza il termine suddetto, pertanto siamo a comunicare che, non essendo, altresì, intervenuta la prescrizione quinquennale, emetteremo fattura per quanto erroneamente stornato con la nota di credito suddetta».
Con provvedimento del 18 giugno 2021, il Comune di Tribiano ha formalmente negato l'adeguamento del corrispettivo in base alla variazione dell'indice FOI per il periodo dal settembre 2014 al dicembre 2018, poiché la richiesta era pervenuta il 23 gennaio 2020, perciò oltre il termine decadenziale fissato dall'art. 23 del capitolato speciale d'appalto per le annualità anteriori al 2019. Viceversa, ha riconosciuto, a decorrere dal 2020, l'incremento di prezzo in base all'indice FOI applicabile dal gennaio 2019 al dicembre 2019.
Con una comunicazione inviata il 31 dicembre 2021, la società Pizzamiglio Andrea s.r.l. ha chiesto al Comune di Tribiano l'adeguamento del corrispettivo contrattuale – sempre utilizzando, come base di calcolo, le variazioni dell'indice nel periodo decorrente dal settembre 2014 – sia per il 2020 (annualità già interessata dalla precedente istanza del 23 gennaio 2020) sia per il 2021 e, con un'ulteriore nota inviata il 23 gennaio 2022, ha domandato l'adeguamento del prezzo per l'annualità 2022.
Con nota del 28 marzo 2022, il Comune di Tribiano ha riconosciuto l'adeguamento per la sola annualità 2022.
2. Con un primo ricorso, notificato il 17 settembre 2021 e depositato il 30 settembre 2021, la società Pizzamiglio Andrea s.r.l. ha chiesto l'annullamento della nota comunale del 18 giugno 2021, di parziale rigetto dell'istanza di incremento del corrispettivo per l'anno 2020. Con un secondo ricorso, notificato il 27 maggio 2022 e depositato il 3 giugno 2022, la società ha domandato l'annullamento della nota del 28 marzo 2022, in quanto contenente un implicito rigetto dell'istanza di adeguamento del corrispettivo del 2021. A sostegno dei gravami, la società ha dedotto l'erronea interpretazione del termine indicato all'art. 23 del capitolato speciale d'appalto come decadenziale e, in subordine, ha domandato l'accertamento della nullità di siffatta clausola di decadenza, per contrasto con l'art. 115 d.lgs. 163/2006. In ulteriore subordine, la ricorrente ha addotto la nullità della clausola in quanto priva di specifica approvazione scritta, ai sensi dell'art. 1341, co. 2, cod. civ.: invero, tale censura è stata formulata, nel primo ricorso, nella memoria di replica alla difesa comunale, mentre nel secondo giudizio ha formato oggetto di uno specifico motivo di ricorso. In entrambi i ricorsi, la società ha domandato, inoltre, l'accertamento del diritto a percepire l'integrale incremento del corrispettivo contrattuale, calcolato in base all'indice FOI di rivalutazione a partire dal settembre 2014, oltre agli interessi moratori di cui all'art. 5 d.lgs. 231/2002, nonché la condanna del Comune di Tribiano al pagamento delle somme richieste.
3. Si è costituito il Comune di Tribiano, formulando molteplici eccezioni preliminari e, comunque, chiedendo il rigetto delle domande nel merito.
4. Il T.A.R. adito, premessa la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, co. 1, lett. e), n. 2), cod. proc. amm., assorbite le eccezioni della difesa civica, ha respinto entrambi i gravami con le sentenze nn. 824 e 825 del 3 aprile 2023. In sintesi, il giudice di primo grado ha ritenuto che la clausola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 11 del contratto e 23 del capitolato speciale contenga una decadenza e l'ha giudicata non in contrato con l'art. 115 d.lgs. 163/2006. Nella sentenza n. 824 del 2023, resa sul ricorso avverso la nota comunale del 18 giugno 2021, il T.A.R. non ha analizzato la censura poggiante sull'art. 1341, co. 2, cod. civ., poiché irritualmente formulata, mentre, nella sentenza n. 825 del 2023, resa sul ricorso avverso la nota comunale del 28 marzo 2022, l'ha ritenuta infondata, stante l'inapplicabilità dell'art. 1341 cod. civ. alla fattispecie.
5. Pizzamiglio Andrea s.r.l. ha appellato entrambe le sentenze con separati ricorsi, notificati il 3 luglio 2023 e depositati il 13 luglio 2023, iscritti:
- al numero di R.G. 6068/2023, quanto all'appello avverso la sentenza n. 824 del 2023, resa sull'impugnazione della nota comunale del 18 giugno 2021;
- al numero di R.G. 6069/2023, quanto all'appello avverso la sentenza n. 825 del 2023, resa sull'impugnazione della nota del 28 marzo 2022.
I gravami sono affidati a un unico articolato motivo, intitolato «Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 115, D.Lgs. 163/2006, dell'art. 2948 c.c., degli artt. 1, 3, 6, 10, 10bis, legge 241/1990, degli artt. 1339, 1341, 1366, 1370 e 1375 del codice civile. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31 e 43 c.p.a. Violazione dei principi di certezza del diritto, tutela dell'affidamento e proporzionalità. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 11 del contratto di servizio e dell'art. 23 del capitolato speciale d'appalto. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto d'istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, illogicità e sviamento». Con esso, la società appellante lamenta:
- che l'art. 23 del capitolato speciale d'appalto, come richiamato dall'art. 11 del contratto, non contenga un termine decadenziale per la formulazione dell'istanza di revisione del corrispettivo, per mancanza di una esplicita e inequivoca comminatoria di decadenza;
- che una eventuale clausola di decadenza sarebbe, comunque, nulla per violazione della norma imperativa contenuta all'art. 115 d.lgs. 163/2006;
- che, pertanto, la società avrebbe dovuto rispettare unicamente il termine di prescrizione quinquennale sancito dall'art. 2948, co. 1, n. 4, cod. civ., termine non ancora spirato al momento della formulazione delle istanze di revisione;
- che, in subordine, la clausola di decadenza sia nulla in quanto non specificamente approvata per iscritto ex art. 1341, co. 2, cod. civ., visto e considerato che la norma si applica anche ai contratti con la pubblica amministrazione;
- in relazione alla sentenza n. 824 del 2023, che il giudice avrebbe dovuto rilevare la nullità della decadenza convenzionale per contrarietà all'art. 1341, co. 2, cod. civ. d'ufficio, essendo, perciò, irrilevante che la società non avesse articolato uno specifico motivo di ricorso sulla questione.
6. Si è costituito il Comune di Tribiano, che, oltre a insistere per il rigetto delle domande, ha riproposto, ex art. 101, co. 2, cod. proc. amm., le eccezioni assorbite in primo grado e, segnatamente:
- l'eccezione di inammissibilità del gravame avverso la nota del 18 giugno 2021, poiché questa sarebbe meramente confermativa di un precedente diniego orale dell'istanza di revisione;
- l'eccezione di irricevibilità del medesimo ricorso, poiché la società sarebbe stata al corrente degli effetti lesivi dell'intendimento comunale già nel momento in cui ha emesso le note di storno delle fatture (il 10 settembre 2020) o, quantomeno, quando ha inviato, il 14 giugno 2021, la missiva in cui ha dato atto di essere a conoscenza del fatto che l'amministrazione aveva giudicato tardiva la propria istanza;
- l'eccezione di inammissibilità della domanda di accertamento della nullità dell'art. 23 del capitolato speciale, poiché la decadenza ivi stabilita non costituirebbe una clausola contrattuale, ma una determinazione autoritativa dell'amministrazione, e avrebbe dovuto, pertanto, essere impugnata con una tempestiva domanda di annullamento;
- l'eccezione di inammissibilità dei gravami, per il mancato esperimento dell'azione avverso il silenzio serbato dal Comune sulla prima istanza di revisione del corrispettivo, risalente al 23 gennaio 2020;
- l'eccezione di inammissibilità del primo ricorso, in ragione dell'acquiescenza manifestata con le note di credito emesse per stornare le fatture maggiorate;
- l'eccezione di inammissibilità del secondo ricorso, poiché la nota del 28 marzo 2022 sarebbe meramente confermativa delle precedenti determinazioni comunali.
7. Le cause sono state trattenute in decisione all'udienza pubblica del 13 marzo 2025.
8. Preliminarmente, si procede alla riunione degli appelli, ai sensi dell'art. 70 cod. proc. amm., in ragione della loro connessione soggettiva e oggettiva.
9. I gravami sono infondati. Pertanto, anche in grado d'appello si prescinde dall'analisi delle molteplici eccezioni preliminari sollevate dal Comune di Tribiano.
10. La prima questione controversa attiene all'interpretazione della clausola di revisione del prezzo del contratto d'appalto in essere tra la società appellante e l'amministrazione appellata. Precipuamente, occorre indagare se detta clausola contenga un termine di decadenza entro il quale la società appaltatrice è tenuta a richiedere l'adeguamento del prezzo.
L'art. 11 del contratto d'appalto, rubricato "revisione dei corrispettivi", così recita: «Il prezzo di aggiudicazione dei servizi oggetto del presente appalto è fisso per il primo anno di servizio. Si rimanda per le variazioni all'art. 23 del Capitolato Speciale d'Appalto».
A sua volta, l'art. 23 del capitolato speciale dispone quanto segue.
«Il prezzo di aggiudicazione dei servizi oggetto del presente appalto è fisso per il primo anno di servizio e per gli anni successivi sarà assoggettato esclusivamente alle seguenti revisioni periodiche: […]
B. Variazione del Prezzo Contrattuale
Per gli anni successivi al primo si procederà alla revisione periodica prevista dall'art. 115 del D.Lgs. n°163/2006.
In assenza o indisponibilità dei dati di riferimento occorrenti per compiere la revisione di cui all'art. 115 del D.Lgs. n°163/2006, la revisione sarà operata, decorso il primo anno e con cadenza annuale, sulla base dell'indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (FOI) mensilmente pubblicato dall'ISTAT.
L'indice FOI utilizzato è quello medio annuo riferito all'anno precedente a quello in cui viene determinata la revisione del canone.
L'aggiornamento si effettua su richiesta dell'appaltatore, che deve pervenire non appena sono disponibili gli indici Istat di riferimento relativi all'intero anno oggetto di revisione e comunque non oltre il 31 marzo dello stesso anno.
In caso di aggiornamento in diminuzione il Comune potrà procedere d'ufficio, con avvio del procedimento di cui al successivo punto C con gli stessi termini temporali previsti dal comma precedente.
L'aggiornamento in aumento o in diminuzione dovrà essere oggetto di liquidazione a partire dalla fatturazione del servizio relativo al mese in cui viene comunicato all'appaltatore l'esito dell'istruttoria di cui al successivo punto C.
C. Istruttoria delle Variazioni
Le variazioni previste vengono operate sulla base di una istruttoria condotta dal Servizio Tecnico del Comune, che si dovrà concludere con un atto di approvazione da parte del Responsabile, con assunzione del relativo impegno di spesa, se non già previsto nell'impegno annuale relativo al finanziamento del contratto in oggetto.
Il procedimento si dovrà concludere nel più breve tempo possibile e comunque non oltre 30 giorni dal suo avvio.
Per il solo procedimento relativo al precedente punto A "Adeguamento del servizio", il termine di 30 giorni decorre dalla data di adozione dell'atto dell'Amministrazione di approvazione dell'adeguamento del servizio».
L'art. 23 del capitolato speciale d'appalto, come richiamato dall'art. 11 del contratto, dà, dunque, attuazione all'art. 115 d.lgs. 163/2006, ossia alla previsione del primo codice dei contratti pubblici, applicabile ratione temporis alla fattispecie, che impone l'inserimento, in tutti i contratti di durata relativi a servizi o forniture in favore delle pubbliche amministrazioni, di una clausola di revisione periodica del prezzo, stabilendo, altresì, che la revisione deve essere operata sulla base di una istruttoria condotta dall'amministrazione aggiudicatrice.
L'art. 23 del capitolato speciale, laddove stabilisce che «[l]'aggiornamento [del prezzo] si effettua su richiesta dell'appaltatore, che deve pervenire non appena sono disponibili gli indici Istat di riferimento relativi all'intero anno oggetto di revisione e comunque non oltre il 31 marzo dello stesso anno», contiene una decadenza convenzionale, tale per cui, se l'appaltatore non fa pervenire la richiesta di revisione al più tardi entro il 31 marzo di ciascun anno, perde la pretesa all'adeguamento del corrispettivo in base alle variazioni dell'indice FOI relative all'annualità precedente.
La conclusione è coerente con l'interpretazione letterale, che, del resto, costituisce il criterio principale di ermeneutica degli atti predisposti da un'amministrazione in vista di una gara per l'affidamento di un contratto (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 21 dicembre 2012, n. 6615; Id., Sez. III, 18 giugno 2018, n. 3715; Id., Sez. IV, 17 luglio 2024, n. 6431). Come sottolineato dal giudice di primo grado, infatti, l'utilizzo dell'espressione «non oltre il 31 marzo dello stesso anno» dimostra la chiara volontà di onerare la società appaltatrice a una tempestiva formulazione della richiesta di adeguamento, pena la perdita dell'incremento ambito.
Diversamente da quanto sostenuto dall'appellante, non occorre che il testo espliciti la natura decadenziale del termine, poiché né specifiche norme di legge né i principi generali sull'interpretazione degli atti impongono l'uso di formule sacramentali. Per la qualificazione di un termine alla stregua di una decadenza è necessario, ma al contempo sufficiente, che dalle espressioni utilizzate nella clausola si desuma la volontà di rendere il termine perentorio. Neppure nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1635 del 2023, citata dall'appellante a sostegno della propria tesi, si richiede il ricorso a formule sacramentali per attestare l'esistenza di una decadenza; il richiamo a tale sentenza è, anzi, inconferente, perché la clausola di revisione dei prezzi ivi interpretata non assegnava all'appaltatore alcun termine entro cui formulare la richiesta di adeguamento, stabilendo soltanto la cadenza annuale dell'aggiornamento dei prezzi.
Non pertinente è, inoltre, l'evocazione, effettuata dall'appellante, della giurisprudenza civile in materia di termine essenziale e, in particolare, dell'orientamento per cui, ai fini dell'accertamento della essenzialità del termine per l'adempimento, non è sufficiente l'uso di espressioni come "entro e non oltre" oppure "termine ultimo" (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 26 gennaio 2023, n. 2390). Il termine essenziale, quale ipotesi di risoluzione di diritto di un contratto per inadempimento di un contraente (art. 1457 cod. civ.), presuppone già la previsione di un termine per l'adempimento (artt. 1183 e 1184 cod. civ.), sicché per distinguere il "termine di adempimento", comportante l'esigibilità della prestazione e – alla ricorrenza della mora – il ritardo imputabile nell'inadempimento, dal "termine di adempimento essenziale", comportante altresì la risoluzione automatica del contratto, occorre una specificazione in più. Per converso, il termine entro cui far valere l'adeguamento del corrispettivo contrattuale, il quale è correlato non a una situazione giuridica passiva – come il termine per l'adempimento dell'obbligazione – ma a una situazione giuridica attiva, non può che avere altra funzione che addossare al titolare della pretesa un onere di tempestiva attivazione, la cui mancata osservanza determina la perdita di un qualche vantaggio.
In effetti, se si escludesse la presenza del termine decadenziale, la citata previsione contrattuale dell'art. 23 del capitolato speciale non avrebbe portata precettiva, giacché al ritardo nella presentazione della richiesta di revisione del prezzo non si accompagnerebbe alcuna conseguenza per l'appaltatore.
Sul punto, non convince il tentativo dell'appellante di ricostruire il termine del 31 marzo alla stregua di un dies a quo di messa in pagamento del corrispettivo aggiornato: la società sostiene che, poiché l'aggiornamento deve essere liquidato «a partire dalla fatturazione del servizio relativa al mese in cui viene comunicato all'appaltatore l'esito dell'istruttoria di cui al successivo punto C» e giacché l'istruttoria deve concludersi «non oltre 30 giorni dal suo avvio», il rispetto del termine del 31 marzo sia la precondizione per la liquidazione del corrispettivo aggiornato durante lo stesso anno, a partire dal mese di comunicazione dell'esito favorevole dell'istruttoria; nondimeno, questa opzione interpretativa, oltre che farraginosa, è errata, giacché la clausola già prevede che l'aggiornamento del prezzo è liquidato «a partire dalla fatturazione del servizio relativo al mese in cui viene comunicato all'appaltatore l'esito dell'istruttoria», a prescindere da quale sia il mese di comunicazione della richiesta e/o di conclusione del procedimento, sicché non assume nessun rilievo, ai fini del dies a quo della liquidazione del nuovo corrispettivo, che la richiesta pervenga entro il mese di marzo.
11. La seconda questione da affrontare concerne la legittimità della clausola di decadenza, sia in relazione all'art. 115 d.lgs. 163/2006 sia con riferimento all'art. 1341 cod. civ.
L'art. 115 d.lgs. 163/2006, per giurisprudenza consolidata (formatasi anche in riferimento alla disciplina previgente, fornita dall'art. 6 l. 537/1993, poi confluito nel citato art. 115), ha natura imperativa, per cui si inserisce automaticamente nella regolamentazione pattizia, eventualmente in sostituzione, ex art. 1339 cod. civ., delle clausole contrattuali difformi (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2012, n. 2682; Id., Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275). La portata precettiva della disposizione, come si ricava pianamente dalla sua lettura, è circoscritta alla necessità che il contratto contempli una clausola di revisione del prezzo e che il correlato adeguamento sia procedimentalizzato, ossia affidato a un'istruttoria dell'amministrazione aggiudicatrice. Pertanto, l'art. 115 d.lgs. 163/2006 non pone un divieto di sottoporre la pretesa alla revisione ad adempimenti operativi, quali la tempestiva formulazione della richiesta di adeguamento, sotto pena di decadenza; al contrario, la circostanza che la norma demandi al contratto la previsione di una clausola di revisione dei prezzi sottende il riconoscimento di un ampio margine di operatività dell'autonomia privata in ordine alla regolamentazione dell'istituto. Il limite alla legittimità delle decadenze convenzionali si ricava, piuttosto, dal precetto generale di cui all'art. 2965 cod. civ., a mente del quale «[è] nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto». In definitiva, in assenza di specifici divieti contenuti all'art. 115 d.lgs. 163/2009, è possibile subordinare l'attivazione della clausola di revisione del prezzo di un appalto pubblico al rispetto di un termine di decadenza, purché esso non sia talmente restrittivo da svuotare, di fatto, il contenuto della pretesa.
Ebbene, il termine di cui all'art. 23 del capitolato speciale d'appalto non presenta detto profilo di illegittimità, posto che attribuisce all'appaltatore tre mesi dall'inizio dell'anno (entro il 31 marzo) per domandare l'adeguamento del corrispettivo alle variazioni subite dai prezzi medi al consumo nell'anno precedente, dunque gli riconosce uno spatium deliberandi più che adeguato per prendere atto dei dati statistici, i quali vengono resi pubblici dall'ISTAT ogni mese, e per valutare la convenienza della richiesta di revisione. Né è rilevante indagare, ai fini della decisione della controversia, se sia irragionevole pretendere che la richiesta di revisione sia formulata entro il predetto termine pur nell'eventualità in cui gli indici non vengano pubblicati, giacché, nella fattispecie, non risulta alcuna omissione o ritardo della loro pubblicazione, senza contare che la società appellante ha atteso l'anno 2020 per domandare l'adeguamento del corrispettivo alle variazioni dei prezzi medi intercorse a partire dal settembre 2014, perciò, all'incirca in un quinquennio.
È destituita di fondamento anche la tesi per cui la clausola di decadenza sia inoperante perché non specificamente approvata per iscritto, a norma dell'art. 1341, co. 2, cod. civ. Pertanto, può prescindersi dall'indagine se siffatta contestazione dovesse essere sviluppata in uno specifico motivo di ricorso oppure se – in relazione al primo giudizio conclusosi con la sentenza n. 824 del 2023 – detta inoperatività, integrando una nullità della clausola, dovesse essere rilevata ex officio dal giudice di prime cure.
Come noto, l'art. 1341 cod. civ. – recante la primigenia disciplina civilistica dedicata ai contratti asimmetrici – stabilisce che le condizioni generali di contratto unilateralmente predisposte da uno dei contraenti non sono efficaci se non conosciute o diligentemente conoscibili dall'altra parte (co. 1) e che tali condizioni, se integranti una delle clausole vessatorie ivi elencate (tra cui le decadenze convenzionali), richiedono una specifica approvazione, per iscritto, della parte che non le ha predisposte.
Ebbene, la norma è inapplicabile alle clausole di un capitolato speciale d'appalto richiamate nel contratto concluso tra la stazione appaltante e l'impresa vincitrice della gara. Infatti, secondo un consolidato e persuasivo indirizzo della Corte di Cassazione formatosi sui rapporti tra l'art. 1341 cod. civ. e i capitolati speciali, «il richiamo alla disciplina fissata in un distinto documento - come il capitolato speciale predisposto con la funzione di regolamentare un singolo rapporto - effettuato dalle parti contraenti sul presupposto della piena conoscenza di tale documento ed al fine della integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione assegna alle previsioni di quella disciplina, per il tramite di relatio perfecta, il valore di clausole concordate: il rinvio a tale atto formulato dai contraenti, equivalendo alla sua materiale trascrizione nel documento sottoscritto, comporta che detta sottoscrizione si estenda alle clausole in esso contenute, che al tempo stesso sono sottratte alla esigenza della approvazione specifica per iscritto di cui all'art. 1341 c.c., comma 2, non essendo tale capitolato diretto a disciplinare una serie indefinita di rapporti, ma solo quello da istituirsi con il vincitore della gara» (in termini, Cass. Civ., Sez. I, 2 febbraio 2007, n. 2256; in senso conforme v., altresì, Cass. Civ., Sez. I, 22 ottobre 2003, n. 15783; Id., 19 marzo 2004, n. 5549; Id., 6 settembre 2006, n. 19130; cfr., inoltre, Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sez. Giurisdizionale, 3 giugno 2020, n. 393).
12. Per le ragioni innanzi esposte, gli appelli devono essere respinti, con conferma delle sentenze impugnate.
13. Le spese del secondo grado di giudizio vengono compensate, stante la novità della questione affrontata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli (R.G. 6068/2023 e R.G. 6069/2023), come in epigrafe proposti e riuniti, li rigetta e, per l'effetto, conferma le sentenze impugnate.
Spese del secondo grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gambato Spisani, Presidente FF
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere
Martina Arrivi, Consigliere, Estensore