T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-quater, 29 aprile 2025, n. 8286
Per giurisprudenza costante, la responsabilità della Pubblica Amministrazione non può essere automaticamente dedotta dall’illegittimità del provvedimento, ma richiede la dimostrazione di una condotta dolosa o gravemente colposa.
Proprio tale circostanza e il doveroso apprezzamento del sopravvenuto indirizzo giurisprudenziale appaiono dirimenti per escludere la colpa grave ovvero il dolo a carico della condotta dell’Autorità.
È noto, infatti, che la sussistenza dell’elemento soggettivo previsto dall’art. 2043 c.c. è condizione necessaria per il risarcimento del danno da provvedimento amministrativo.
La giurisprudenza richiede, del resto, specie per il risarcimento del danno da perdita di chance, la dimostrazione concreta di una probabilità seria e concreta di conseguire il bene della vita, che nel caso in esame non è stata raggiunta.
La connotazione probabilistica di tale danno impone un livello di prova elevato, che non può essere soddisfatto da mere ipotesi o aspettative.
Guida alla lettura
La sentenza del TAR Lazio, Roma, Sezione I-quater, n. 8286 del 29 aprile 2025, rappresenta un significativo intervento giurisprudenziale in materia di responsabilità amministrativa, con particolare attenzione al fenomeno del revirement giurisprudenziale. Il Collegio ha affrontato la questione della legittimità dell'atto amministrativo in presenza di un mutamento dell'orientamento giurisprudenziale, esaminando le implicazioni per la responsabilità dell'amministrazione.
Il revirement giurisprudenziale si verifica quando una Corte modifica il proprio orientamento precedente, creando incertezze nell'interpretazione del diritto. In tale contesto, le amministrazioni pubbliche possono trovarsi in difficoltà nell'adozione di atti amministrativi, temendo possibili responsabilità per atti precedentemente ritenuti legittimi.
Il TAR Lazio ha sottolineato che, in presenza di un mutamento giurisprudenziale, l'amministrazione non può essere considerata automaticamente responsabile per gli atti adottati secondo l'orientamento precedente. Il Giudice amministrativo ha evidenziato che la responsabilità dell'amministrazione deve essere valutata caso per caso, tenendo conto della buona fede e della diligenza nell'adozione degli atti.
In particolare, il TAR ha precisato che la responsabilità amministrativa non sussiste quando l'amministrazione ha agito in conformità con un orientamento giurisprudenziale consolidato al momento dell'adozione dell'atto, anche se successivamente modificato. Tuttavia, l'amministrazione è tenuta a monitorare l'evoluzione giurisprudenziale e ad adattarsi tempestivamente ai nuovi orientamenti per evitare possibili responsabilità.
La decisione del TAR Lazio evidenzia l'importanza per le amministrazioni di adottare atti amministrativi in conformità con gli orientamenti giurisprudenziali consolidati al momento dell'adozione. Inoltre, le amministrazioni devono mantenere una vigilanza costante sull'evoluzione della giurisprudenza per adattarsi tempestivamente ai cambiamenti e ridurre il rischio di incorrere in responsabilità.
La sentenza n. 8286 del 29 aprile 2025 del TAR Lazio - in definitiva - offre un'importante riflessione sulla responsabilità amministrativa in contesti di mutamento giurisprudenziale. Essa sottolinea la necessità di un equilibrio tra la stabilità degli atti amministrativi e l'adattamento alle evoluzioni giuridiche, promuovendo un'amministrazione responsabile e attenta alle dinamiche giuridiche in continuo cambiamento.
Pubblicato il 29/04/2025
N. 08286/2025 REG.PROV.COLL.
N. 03243/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3243 del 2020, proposto da
Tmp S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Daniele Marrama, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Roberto Gerosa in Roma, via Virgilio 18;
contro
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Anac, non costituito in giudizio;
per la condanna
dell’Amministrazione intimata al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza del provvedimento sanzionatorio di cui alla delibera ANAC del 06.03.2019, comunicata alla ricorrente a mezzo pec in data 15.03.2019, ed annullata dalla sent. n. 8480/19, resa dalla sez. V del Consiglio di Stato il giorno 13.12.2019, quantificati in € 559.296,76 o in ogni diversa somma che codesto ecc. mo Tribunale vorrà fissare in esercizio dei suoi poteri equitativi anche in applicazione del meccanismo processuale di cui all’art. 34, IV c. c.p.a.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 24 gennaio 2025 il dott. Nicola Bardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La società TMP S.r.l., operatore economico specializzato nella gestione della sosta per le Pubbliche Amministrazioni, agisce in questa sede, chiedendo la condanna dell’ANAC al risarcimento del danno quantificato in € 559.296,76 (comprensivi di perdita di chance, danno curriculare e danno d’immagine) per i pregiudizi derivanti dalla delibera sanzionatoria n. 181 del 6 marzo 2019, annullata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 8480 del 13 dicembre 2019. La società lamenta che, a causa della sanzione interdittiva di due mesi, le è stata preclusa la partecipazione ad alcune gare d’appalto di rilevante valore economico, con conseguente perdita di chance, danno curricolare e danno d’immagine.
La delibera sanzionatoria era stata adottata dall’ANAC a seguito della segnalazione del Comune di Marigliano in relazione al carattere mendace di alcune dichiarazioni rese dall'azienda in sede d gara. Il provvedimento, in particolare, prevedeva la sanzione pecuniaria di € 2.000,00; l’interdizione dalla partecipazione alle gare pubbliche per un periodo 45 giorni; l’annotazione nel Casellario informatico.
TMP ha impugnato il suddetto provvedimento dinanzi al TAR Lazio, che ha rigettato il ricorso con sentenza n. 4729 /2019, ritenendo che l’esclusione della società dalla gara e la conseguente sanzione fossero giustificate dalla mancata dichiarazione di circostanze rilevanti ai fini della verifica dei requisiti di partecipazione. Successivamente, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello della società, annullando la delibera sulla base della distinzione tra “omesse dichiarazioni” e “false dichiarazioni”, osservando che la mancata comunicazione di una precedente revoca dell’aggiudicazione provvisoria rientrasse tra le prime e non accedesse ad una ipotesi di falsità dichiarativa.
Secondo TMP, durante il periodo di interdizione, l’azienda non avrebbe potuto partecipare alle seguenti gare d’appalto di rilevante valore economico:
- Settimo Torinese: gara per la concessione della gestione della sosta integrata (18 anni, valore € 8.910.000,00);
- Tropea;
- Monte Argentario.
TMP sostiene che, a causa della sanzione, non avrebbe potuto partecipare a queste gare; ritiene che avrebbe avuto elevate probabilità di aggiudicarsi almeno alcune di queste gare, possedendo requisiti economici e tecnici superiori al minimo richiesto e alle proposte tecniche competitive che è solita formulare. L’ANAC, costituitasi in giudizio, ha resistito nel merito.
All’udienza del 24 gennaio 2025, fissata per lo smaltimento dell’arretrato, la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato.
Per giurisprudenza costante, la responsabilità della Pubblica Amministrazione non può essere automaticamente dedotta dall’illegittimità del provvedimento, ma richiede la dimostrazione di una condotta dolosa o gravemente colposa.
Nel caso di specie, la condotta dell’Autorità appare ossequiosa dei principi di imparzialità e buona amministrazione, essendosi correttamente attenuta all’indirizzo giurisprudenziale all’epoca dominante che riconduceva ogni lacuna dichiarativa di circostanze attestanti i requisiti di affidabilità professionale a fattispecie di mendacio, suscettibili di determinare l’esclusione dalla gara.
Non può quindi essere trascurato che la decisione del Consiglio di Stato, che ha accolto l’appello della ricorrente, costituisca l’effetto di un cospicuo revirement giurisprudenziale, un mutamente di indirizzo radicalmente innovativo rispetto al precedente insegnamento, cui questo l’Autorità, dapprima, e questo Tribunale, all’esito del giudizio di primo grado, si erano attenuti.
Proprio tale circostanza e il doveroso apprezzamento del sopravvenuto indirizzo giurisprudenziale appaiono dirimenti per escludere la colpa grave ovvero il dolo a carico della condotta dell’Autorità.
In altri termini, la condotta tenuta dall’Autorità nella complessa vicenda oggetto del presente giudizio non risulta negligente o imperita. È noto, infatti, che la sussistenza dell’elemento soggettivo previsto dall’art. 2043 c.c. è condizione necessaria per il risarcimento del danno da provvedimento amministrativo (T.A.R. Lazio, Sez. I quater, 24 aprile 2025, n. 8018).
A ciò deve poi aggiungersi che la società ricorrente, limitandosi ad allegare argomentazioni apodittiche e prive di efficaci riscontri, non ha fornito prove concrete e plausibili del pregiudizio lamentato.
La giurisprudenza richiede, del resto, specie per il risarcimento del danno da perdita di chance, la dimostrazione concreta di una probabilità seria e concreta di conseguire il bene della vita, che nel caso in esame non è stata raggiunta.
La connotazione probabilistica di tale danno impone un livello di prova elevato, che non può essere soddisfatto da mere ipotesi o aspettative. TMP non ha però dimostrato alcuna probabilità di aggiudicazione, limitandosi a formulare ipotesi generiche e prive di riscontro, senza neppure evidenziare la sussistenza del nesso eziologico sussistente tra il danno lamentato ed il comportamento della stazione appaltante.
Nemmeno risulta seriamente dimostrato, infine, alcun pregiudizio derivante dal mancato arricchimento del curriculum o dell’immagine professionale, che richiederebbe, oltre alla seria allegazione, una prova puntuale e specifica, qui del tutto assente.
Per quanto precede, il ricorso deve essere respinto, con conseguente reiezione della domanda risarcitoria formulata da T.M.P. in quanto infondata nell’an e nel quantum.
Le spese vanno compensate, tenuto conto della particolarità della controversia.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Tomassetti, Presidente
Nicola Bardino, Primo Referendario, Estensore
Caterina Luperto, Referendario