Cons. Stato, Sez. VII, 24 marzo 2025 n. 2435

Il rilascio di una concessione di sfruttamento economico esclusivo di un bene pubblico demaniale, che viene in tal modo sottratto alla fisiologica libera fruizione collettiva dei cittadini e al fisiologico utilizzo economico di tutti i potenziali concorrenti, deve ritenersi eccezionale rispetto alla libera fruizione dei bagnanti e alla libera prestazione di servizi (ad esempio di noleggio) sul medesimo litorale.

Una tale limitazione può quindi essere giustificata solo dalla rispondenza all’interesse pubblico generale connesso alla ottimale fruizione di una parte delle spiagge da parte di un maggior numero di bagnanti nel rispetto dell’ecosistema costiero, ma quello stesso interesse ha anche debitamente motivato la revoca di una procedura che al momento era ancora in corso, di modo che nessun soggetto economico a quel momento poteva vantare una pretesa negoziale o anche solo un giustificato affidamento ad uno sfruttamento economico esclusivo di quel bene pubblico.

Non potendo l’appellante trarre alcuna utilità, neanche ai fini risarcitori, dall’annullamento di una esclusione relativa a una procedura mai conclusa perché legittimamente revocata.

Il potere di revoca in esame, ampiamente discrezionale, sarebbe stato, infatti, giustificato da ragioni di opportunità e di tutela dell'interesse pubblico, non avrebbe palesato vizi evidenti di irragionevolezza o illogicità, e neppure avrebbe causato un danno ingiusto rispetto all’affidamento generato nella società ricorrente, posto che la procedura selettiva era ancora in corso.

Pubblicato il 24.03.2025

N. 02435/2025REG.PROV.COLL.

N. 06556/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6556 del 2024 proposto da Leone S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Salvatore Paolino, Antonio Fasolino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Capaccio Paestum, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Carmine Sparano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Terza) n. 727/2024.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Capaccio Paestum;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2025 il Cons. Raffaello Sestini e udito per le parti l’avvocato Marcello Bassani per delega dell'Avv. Carmine Sparano;

Viste le conclusioni della parte appellante come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1 - L’appello in epigrafe è volto all’annullamento o alla riforma della sentenza che ha riunito e definito due ricorsi amministrativi presentati dalla società Leone S.r.l. contro il Comune di Capaccio Paestum.

1.1 - In particolare, con il primo dei due ricorsi (R.G. n.876/2022), la predetta società ha lamentato l’illegittimità di un provvedimento del Comune che aveva escluso la sua offerta dalla procedura comparativa ai fini dell’affidamento di una concessione balneare. Secondo la prospettazione della società ricorrente, infatti, tale decisione era stata indebitamente motivata dalla ritenuta mancanza dei necessari requisiti di onorabilità, peraltro a seguito di una errata istruttoria che aveva indebitamente attribuito alla società ricorrente comportamenti illeciti di un’altra società, solo a causa di una assonanza della sua denominazione sociale.

1.1.2-Il TAR ha, viceversa, attribuito all’atto impugnato la natura di un preavviso di diniego adottato ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, e non quella di un provvedimento definitivo suscettibile di impugnazione.

1.1.3 - Il ricorso R.G. n. 876/2022 è stato, quindi, dichiarato inammissibile in primo grado, in quanto rivolto avverso un atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo.

1.2 - Con il secondo ricorso (R.G. n. 452/2023) e con successivi motivi aggiunti, la società ha impugnato i provvedimenti del Comune che hanno confermato, in via definitiva, la sua decadenza dalla partecipazione alla procedura in esame e che, successivamente, hanno annullato l’intera procedura di affidamento della nuova concessione balneare.

1.2.1 – Con il nuovo ricorso la società ha chiesto l'annullamento di tali provvedimenti, deducendo la sussistenza di un vizio di violazione di legge sotto plurimi profili, di una erroneità manifesta delle decisioni adottate nonché di ulteriori vizi procedurali, tra i quali il difetto di istruttoria e la carenza di motivazione.

1.2.2 – Il TAR ha innanzitutto respinto il ricorso per motivi aggiunti, ritenendo che l’amministrazione avesse legittimamente esercitato il potere di revoca della procedura comparativa secondo le previsioni di cui all'art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, che consente la revoca di un provvedimento per motivi di pubblico interesse o per il mutamento delle circostanze. Il potere di revoca in esame, ampiamente discrezionale, sarebbe stato, infatti, giustificato da ragioni di opportunità e di tutela dell'interesse pubblico, non avrebbe palesato vizi evidenti di irragionevolezza o illogicità, e neppure avrebbe causato un danno ingiusto rispetto all’affidamento generato nella società ricorrente, posto che la procedura selettiva era ancora in corso.

1.2.3 - Infine, secondo la decisione del TAR il rigetto del ricorso per motivi aggiunti ha reso improcedibile il ricorso principale volto all’annullamento della esclusione della ricorrente dalla procedura comparativa, essendo stata tale procedura legittimamente annullata.

1.3 – In conclusione, il TAR con l’appellata sentenza ha dichiarato inammissibile il ricorso r.g. n. 876/2022 e improcedibile il ricorso principale r.g. n. 452/2023. Inoltre, ha rigettato il ricorso per motivi aggiunti, compensando integralmente le spese di giudizio.

2 - Con l’appello in epigrafe si lamenta il mancato apprezzamento, da parte del TAR, delle sopradescritte censure di primo grado, che vengono riproposte nei seguenti termini.

2.1 – In primo luogo, la società appellante ribadisce la illegittimità dell’erroneo addebito di conseguenze negative derivanti da condotte illecite riconducibili, secondo quanto prospettato, ad una diversa ed autonoma società.

2.2 - In secondo luogo, si deduce che l’Ente avrebbe emanato in danno della società deducente un atto atipico, avente allo stesso tempo contenuto di comunicazione di avvio del procedimento ma anche di archiviazione definitiva, tanto è vero che dopo l’impugnazione del secondo provvedimento, definitivo, di esclusione dalla procedura, il TAR ha emesso una ordinanza con la quale ha riammesso in gara la società con riserva.

2.3 - La società appellante riferisce altresì che il TAR, con ordinanza 243/2023, ha accolto la sua istanza e ordinato la conclusione della procedura comparativa entro 30giorni dalla comunicazione dell’ordinanza. Solo a questo punto, prosegue la società, il Comune ha revocato la procedura de quo, con atto debitamente impugnato con motivi aggiunti.

2.4 – Infatti, secondo la società appellante la revoca sarebbe sopravvenuta sulla base di nuove motivazioni solo apparenti, manifestamente illogiche, irragionevoli ed irrazionali, dovendosi denunciare l’inesistenza delle sopravvenute ragioni di interesse pubblico tali da motivare una diversa valutazione in ordine all’utilizzo del demanio marittimo, comunque in contrasto con la direttiva 2006/123/CE.

3 – Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, contro deduce con propria memoria la infondatezza delle descritte censure e la piena legittimità, già riconosciuta dal TAR, del proprio operato.

4 – L’appello non può essere accolto.

5 –Il Comune ha motivatamente disposto la revoca della procedura selettiva volta all’affidamento della concessione demaniale in esame, all’epoca ancora in corso dopo la riammissione dell’odierna appellante, in relazione alla sopravvenuta esigenza di perseguire “una strategia di gestione più inclusiva”, volta a “garantire la libera fruizione delle spiagge” e a “ridurre il rischio di monopoli” nella gestione delle concessioni balneari.

6 – La serietà e veridicità della predetta motivazione risulta confermata dalla documentazione allegata agli atti di causa, dalla quale emerge come il Comune di Capaccio Paestum abbia espressamente individuato l’obiettivo del rilancio e dell’incremento dell’offerta balneare, sfruttando il riconoscimento della Bandiera Blu e puntando allo sviluppo dell’economia balneare. Il nuovo progetto comunale include, in particolare, la riqualificazione della fascia costiera e la realizzazione di un lungomare rispettoso dell’ecosistema della costa, in collaborazione con la Regione Campania e i Comuni vicini. Tali interventi sono incentrati su una implementazione e integrazione dei servizi pubblici e privati comprendente la libera fruizione del tratto di spiaggia considerato, facendo emergere nuove ragioni di interesse pubblico suscettibili di giustificare la revoca della procedura amministrativa, attivata in precedenza, per la concessione in esclusiva dello sfruttamento economico dell’area demaniale marittima in esame.

7 – Infatti, considera il Collegio, il rilascio di una concessione di sfruttamento economico esclusivo di un bene pubblico demaniale, che viene in tal modo sottratto alla fisiologica libera fruizione collettiva dei cittadini e al fisiologico utilizzo economico di tutti i potenziali concorrenti, deve ritenersi eccezionale rispetto alla libera fruizione dei bagnanti e alla libera prestazione di servizi (ad esempio di noleggio) sul medesimo litorale. Una tale limitazione può quindi essere giustificata solo dalla rispondenza all’interesse pubblico generale connesso alla ottimale fruizione di una parte delle spiagge da parte di un maggior numero di bagnanti nel rispetto dell’ecosistema costiero, ma quello stesso interesse ha anche debitamente motivato la revoca di una procedura che al momento era ancora in corso, di modo che nessun soggetto economico a quel momento poteva vantare una pretesa negoziale o anche solo un giustificato affidamento ad uno sfruttamento economico esclusivo di quel bene pubblico, indipendentemente dalla più vasta vicenda delle concessioni marittime balneari.

8 – Alla luce delle pregresse considerazioni, il TAR ha esattamente statuito la infondatezza delle censure dedotte avverso la revoca della procedura di affidamento della concessione balneare, conseguendone la non rilevanza delle precedenti vicende contenziose concernenti l’esclusione dell’odierna appellante dalla medesima procedura con conseguente conferma anche della declaratoria di improcedibilità del ricorso avverso l’esclusione della gara, non potendo l’appellante trarre alcuna utilità, neanche ai fini risarcitori, dall’annullamento di una esclusione relativa a una procedura mai conclusa perché legittimamente revocata.

9 - In conclusione l’appello deve essere respinto. La peculiarità e parziale novità delle questioni giustificano, tuttavia, la integrale compensazione fra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Chieppa, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore

Sergio Zeuli, Consigliere

 

Guida alla lettura

Con la sentenza n. 2435 del 24 marzo 2025 il Consiglio di Stato, Sez. VII, si è pronunciato su un caso emblematico in tema di concessioni demaniali marittime, riaffermando alcuni principi fondamentali in materia di revoca dei procedimenti amministrativi, discrezionalità pianificatoria e tutela dell’affidamento del privato.

La revoca di una procedura ancora in corso, giustificata da esigenze di pubblico interesse sopravvenute, è stata ritenuta legittima, escludendo ogni pretesa risarcitoria per l’operatore economico.

La pronuncia in esame offre un'importante occasione per riflettere sul bilanciamento tra interesse pubblico e tutela delle posizioni giuridiche soggettive nei procedimenti di affidamento di concessioni demaniali marittime. In un contesto segnato dalle incertezze interpretative legate alla direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Bolkestein), il Consiglio di Stato riafferma l’ampio potere di valutazione dell’Amministrazione locale nella gestione delle spiagge, anche in chiave urbanistica, ambientale e turistica.

In fatto, la società Leone S.r.l. ha partecipato a una procedura indetta dal Comune di Capaccio Paestum per l’affidamento di una concessione balneare. In un primo momento, l’impresa è stata esclusa per presunte carenze in termini di requisiti soggettivi, basate – secondo l’assunto dell’Amministrazione – su un’errata attribuzione di illeciti a essa non riferibili.

Tuttavia, a seguito di un’ordinanza del TAR (n. 243/2023), che ha riammesso la società in gara “con riserva”, il Comune ha revocato in autotutela l’intera procedura, motivando tale scelta con un mutato interesse pubblico, incentrato su una strategia di valorizzazione e gestione più inclusiva del demanio marittimo. La società ha impugnato il provvedimento, sostenendo l’illegittimità della revoca e la lesione del proprio legittimo affidamento.

Il TAR Campania – Sezione di Salerno, con sentenza n. 727/2024, ha:

  • dichiarato inammissibile il ricorso contro un preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. 241/1990, qualificato come atto endoprocedimentale;
  • rigettato il ricorso per motivi aggiunti avverso la revoca della procedura;
  • dichiarato improcedibile il ricorso principale sull’esclusione, non sussistendo più la gara cui riferirsi.

La società ha proposto appello al Consiglio di Stato, lamentando, tra le altre cose, la natura contraddittoria del comportamento dell’Amministrazione, la violazione del principio di buon andamento e la carenza di motivazione del provvedimento di revoca.

Con la pronuncia in commento, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello, confermando in pieno l’operato del TAR.

Il cuore motivazionale della sentenza ruota attorno alla legittimità della revoca per sopravvenuto interesse pubblico, ai sensi dell’art. 21-quinquies L. n. 241/1990. Il Comune ha agito nell’ambito della propria discrezionalità pianificatoria, adottando una strategia mirata a:

  • garantire la libera fruizione delle spiagge;
  • evitare concentrazioni nella gestione del demanio marittimo;
  • promuovere una riqualificazione ambientale e turistica della fascia costiera, anche in sinergia con Regione e altri enti territoriali.

Tali scelte, osserva il Collegio, rientrano pienamente nella valutazione ampiamente discrezionale dell’interesse pubblico e non presentano vizi di illogicità o arbitrarietà.

Particolarmente interessante è il passaggio in cui il Collegio evidenzia l’assenza di un affidamento qualificato da parte della società ricorrente. Al momento della revoca, la procedura non si era conclusa e la stessa era stata riammessa “con riserva”. Di conseguenza:

  • nessun diritto soggettivo o interesse legittimo pretensivo si era ancora consolidato;
  • nessun danno risarcibile era ipotizzabile, nemmeno in via di interesse strumentale.

Anche sul piano sistematico, la sentenza ribadisce che il rilascio di concessioni esclusive su beni demaniali deve essere considerato eccezionale, potendo avvenire solo in presenza di un bilanciamento tra interesse economico e fruizione collettiva del bene pubblico.

La sentenza n. 2435/2025 del Consiglio di Stato si inserisce nel solco di una giurisprudenza sempre più attenta a tutelare le prerogative pianificatorie dell’Amministrazione, in particolare in settori delicati come quello delle concessioni demaniali marittime. L’insegnamento che se ne ricava è duplice:

  • il potere di revoca, se adeguatamente motivato e basato su finalità pubbliche attuali, è uno strumento fisiologico e legittimo di governo dell’azione amministrativa;
  • l’affidamento dell’operatore privato deve essere valutato con prudenza, specie in assenza di atti conclusivi o di aspettative giuridicamente consolidate.

La pronuncia, infine, conferma la piena coerenza della disciplina interna con la normativa europea in materia di libertà di stabilimento e prestazione di servizi, ponendo un ulteriore argine a fenomeni di appropriazione privatistica prolungata di beni pubblici a danno della collettività