Sommario: I. L’inquadramento normativo dell’accesso agli atti dei pubblici incanti. II. Un caso applicativo recente. Spunti e riflessioni
- L’inquadramento normativo dell’accesso agli atti dei pubblici incanti.
L’art. 35 del Codice, rubricato “Accesso agli atti e riservatezza”, stabilisce nel comma 1 che: “Le Stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”.
Nel comma 2, dedicato al differimento dell’esercizio del diritto di accesso, prevede che: “Fatta salva la disciplina prevista dal codice per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, l’esercizio del diritto di accesso è differito:
a) nelle procedure aperte, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;
b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all’elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l’accesso all’elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle Stazioni appaltanti o degli enti concedenti, dei nominativi dei candidati da invitare;
c) in relazione alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98 e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, fino all’aggiudicazione;
d) in relazione alle offerte e ai verbali relativi alla valutazione delle stesse e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, fino all’aggiudicazione;
e) in relazione alla verifica della anomalia dell’offerta e ai verbali riferiti alla detta fase, fino all’aggiudicazione”.
Nel comma 3, relativo ai limiti oggettivi del diritto di accesso, dispone che: “Fatta salva la disciplina prevista per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, e salvo quanto disposto dal comma 5, il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione:
a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali;
b) sono esclusi in relazione:
1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;
3) alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale”.
Il comma 5 stabilisce che: “In relazione all’ipotesi di cui al comma 4, lettere a) e b), numero 3), è consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.
Il successivo art. 36, D.lgs. n. 36/2023 reca “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso” in ossequio alle quali “L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90”.
Inoltre, ai sensi del comma 2 “Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.
Il comma 3 prevede che: “Nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a).
Con norma di carattere processuale il comma 4 stabilisce che: “Le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso”.
Giova altresì richiamare l’art. 90, D.lgs. n. 36/2023, precipuamente dedicato alle “Informazione ai candidati e agli offerenti”.
Nel comma 1 stabilisce che: “Nel rispetto delle modalità̀ previste dal codice, le Stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall’adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti;
b) l’aggiudicazione all’aggiudicatario;
c) l’aggiudicazione e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o parti dell’accordo quadro a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
d) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità̀ dell’offerta;
e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario ai soggetti di cui alla lettera c).
Nel comma 2 prevede che: “Le comunicazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), indicano la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 18, comma 1.
Il comma 3 stabilisce che: “Fermo quanto disposto dall’articolo 35, le Stazioni appaltanti non divulgano le informazioni relative all’aggiudicazione degli appalti, alla conclusione di accordi quadro o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione, di cui ai commi 1 e 2, se la loro diffusione ostacola l’applicazione della legge o è contraria all’interesse pubblico, o pregiudica i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati o dell’operatore economico selezionato, oppure possa recare pregiudizio alla leale concorrenza tra questi”.
Il quadro normativo testé richiamato consente di mettere in luce taluni rilievi di significativa importanza ai presenti fini[1].
A far data dall’entrata in vigore del Nuovo Codice dei contratti pubblici le Stazioni appaltanti o gli enti concedenti sono tenuti ad assicurare l’accesso agli atti delle procedure di affidamento nonché di esecuzione dei contratti pubblici in modalità digitale, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme di approvvigionamento digitale di cui all’art. 25, utilizzate dalla Stazione appaltante o dall’ente concedente.
Dette piattaforme sono costituite dall’insieme dei servizi e dei sistemi informatici, interconnessi e interoperanti, utilizzati dalle Stazioni appaltanti e dagli enti concedenti per svolgere una o più attività inerente al ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, di norma articolato in programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione, di cui all’art. 21, c. 1, D.lgs. n. 36/2023, nonché per assicurare la piena digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici.
A tal fine le piattaforme di approvvigionamento digitale interagiscono con i servizi della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, della quale è titolare è esclusiva l’ANAC (art. 23), nonché con i servizi della piattaforma digitale nazionale dati di cui all’art. 50-ter del Codice dell’amministrazione digitale recato dal D.lgs. n. 82/2005 (art. 25, c. 1, D.lgs. n. 36/2023).
Le Stazioni appaltanti e gli enti concedenti sono tenuti ad utilizzare le piattaforme di approvvigionamento digitale per svolgere le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici secondo le regole tecniche di cui all’art. 26, D.lgs. n. 36/2023 (art. 25, c. 2, D.lgs. n. 36/2023).
L’art. 26, c. 1, D.lgs. n. 36/2023 prevede infatti che l’AGID, di intesa con l’ANAC e la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale, stabiliscono i requisiti tecnici delle piattaforme di approvvigionamento digitale nonché la conformità delle piattaforme a quanto disposto dall’art. 22, c. 2, secondo cui le piattaforme consentono, in particolare, l’accesso elettronico alla documentazione di gara, oltre a: a) la redazione o l’acquisizione degli atti in formato nativo digitale; b) la pubblicazione e la trasmissione dei dati e documenti alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici; c) la presentazione del documento di gara unico europeo in formato digitale e l’interoperabilità con il fascicolo virtuale dell’operatore economico; d) la presentazione delle offerte; e) l’apertura, la gestione e la conservazione del fascicolo di gara in modalità digitale; f) il controllo tecnico, contabile e amministrativo dei contratti anche in fase di esecuzione e la gestione delle garanzie.
Ai sensi dell’art. 25, c. 2, D.lgs. n. 36/2023 le piattaforme non possono alterare la parità di accesso degli operatori, né impedire o limitare la partecipazione alla procedura di gara degli stessi ovvero distorcere la concorrenza, né modificare l’oggetto dell’appalto, come definito dai documenti di gara.
Le Stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono assicurare la partecipazione alla gara anche in caso di comprovato malfunzionamento, pur se temporaneo, delle piattaforme, eventualmente disponendo la sospensione del termine per la ricezione delle offerte per il periodo di tempo necessario a ripristinare il normale funzionamento e la proroga del medesimo per una durata proporzionale alla gravità del malfunzionamento.
Le Stazioni appaltanti e gli enti concedenti di regola utilizzano una propria piattaforma di approvvigionamento digitale ovvero, allorché non ne siano dotati, si avvalgono delle piattaforme messe a disposizione da altre Stazioni appaltanti o enti concedenti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni o province autonome, che a loro volta possono ricorrere a un gestore del sistema che garantisca il funzionamento e la sicurezza della piattaforma (art. 25, c. 3, D.lgs. 36/2023).
Nell’innovato sistema normativo emerge, dunque, con palmare evidenza l’attenzione rivolta dal legislatore al funzionamento e alla sicurezza del funzionamento delle piattaforme affinché tutte le attività inerenti al ciclo di vita digitale dei contratti pubblici – ivi incluso l’accesso agli atti di gara – possano espletarsi correttamente.
Ebbene, per assicurare l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici in modalità digitale mediante acquisizione diretta, le Stazioni appaltanti o gli enti concedenti devono previamente inserire i dati e le informazioni, che verranno poi attinti direttamente. E dunque “renderli disponibili” nelle piattaforme medesime.
Le Stazioni appaltanti o gli enti concedenti provvedono a ciò in momenti diversi in ragione del tipo di atto, dato e informazione che vengono in considerazione, secondo la ben definita scansione temporale indicata nell’art. 35, c. 2, D.lgs. n. 36/2023.
Per quanto di interesse, nelle procedure aperte, alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte è reso disponibile l’elenco dei soggetti che hanno presentato le offerte stesse.
Al momento dell’aggiudicazione sono resi disponibili le domande di partecipazione e gli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli artt. 94, 95 e 98, D.lgs. n. 36/2023 e i verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti; le offerte e i verbali relativi alla valutazione delle stesse e gli atti, dati e informazioni a questa presupposti; la verifica della anomalia dell’offerta e i verbali riferiti alla detta fase.
Solo in questi precisi “momenti” può essere esercitato il diritto di accesso, atteso che il Nuovo Codice dei contratti pubblici disciplina l’esercizio del diritto alla ostensione secondo la tecnica del differimento in ossequio al principio generale di cui all’art. 24, c. 4, L. n. 241/1990.
Con riguardo ai documenti accessibili al tempo dell’aggiudicazione - che qui interessano - le Stazioni appaltanti o gli enti concedenti provvedono a renderli disponibili precisamente al momento della comunicazione digitale di avvenuta aggiudicazione. Invero, dispongono l’aggiudicazione ed entro cinque giorni dall’adozione dell’aggiudicazione effettuano la comunicazione di aggiudicazione.
Il ricevimento della comunicazione digitale di aggiudicazione pone - automaticamente e immediatamente - il “destinatario” nella condizione di acquisire le informazioni e i dati utili presenti nella documentazione.
Contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 90, le Stazioni appaltanti o gli enti concedenti rendono disponibili, attraverso la piattaforma dai medesimi utilizzata, l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi (art. 36, c. 1).
Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la medesima piattaforma, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione, nonché le offerte dagli stessi presentate.
Nella comunicazione dell’aggiudicazione la Stazione appaltante o l’ente concedente danno altresì atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2 (ossia di parti delle offerte presentate dall’operatore economico risultato aggiudicatario, di tutti offerenti non definitivamente esclusi e degli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria), indicate dagli operatori secondo motivata e comprovata dichiarazione che esse recano informazioni costituenti “segreti tecnici o commerciali”.
L’aggiudicazione e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto sono resi disponibili a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva.
L’esercizio del diritto di accesso ai documenti acquisiti dalla Stazione appaltante ovvero formati da essa nel corso del c.d. ciclo di vita del contratto pubblico è dunque suscettibile di limiti soggettivi, legati al livello di legittimazione ostensiva che l’ordinamento assegna alle varie categorie di richiedenti, diversificate in ragione della posizione giuridica soggettiva riconoscibile in capo al singolo accedente rispetto alla fase dell’operazione contrattuale cui pertengono i documenti richiesti.
L’innovativo strumento di conoscenza degli atti della procedura di affidamento è limitato in via generale a coloro che vi partecipano: i concorrenti.
Stando alla lettera delle norme, vi sono: l’operatore economico risultato aggiudicatario, gli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, gli operatori la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva.
I concorrenti sono variamente legittimati[2].
Legittimati “a pieno titolo” sono i candidati che hanno completato la procedura di affidamento e si sono collocati nella graduatoria finale.
Poi vi sono i candidati che non hanno completato tale percorso: i concorrenti esclusi e coloro che hanno impugnato l’atto di avvio della procedura.
In taluni casi, l’esercizio del diritto di accesso ai documenti acquisiti dalla Stazione appaltante ovvero formati da essa nel corso del c.d. ciclo di vita del contratto pubblico è suscettibile di limiti oggettivi, derogabili o inderogabili, condizionati dal contenuto del singolo documento e dalla vocazione alla conoscibilità del singolo dato in esso contenuto
Così, il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione “possono” essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali nonché in relazione alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, se coperte da diritti di privativa intellettuale.
In tali casi è invero “consentito” l’accesso al concorrente se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara in relazione.
“Sono” invece esclusi in relazione a pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del Codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici; alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto.
La presenza di limiti soggetti e oggettivi all’esercizio del diritto di accesso de quo comporta che per i primi cinque operatori economici posizionati in graduatoria, ove una graduatoria venga formata con un numero di candidati almeno pari a cinque, sia possibile conoscere recta via, per ciascuno di loro, attraverso l’acquisizione delle informazioni, dei dati, dei documenti disponibili nella piattaforma di approvvigionamento digitale predisposta dalla stazione appaltante, ogni tipo di documento e di dato di loro interesse, ivi incluse le offerte tecniche - con la sola esclusione per i documenti inaccessibili ex lege - indipendentemente dalla prova della sussistenza di una legittimazione specifica alla conoscenza.
La stessa è invero dimostrata per il legislatore dal solo fatto di aver partecipato alla selezione senza esserne stati espulsi.
La comunicazione dell’aggiudicazione integra l’attività della Stazione Appaltante dalla quale prende avvio la fase conoscitiva di tutti i documenti di gara, venendo meno il diaframma impeditivo del differimento legale prevista dall’art. 35, c. 2 del Codice del 2023.
Con il Nuovo Codice l’istituto dell’accesso documentale si trasforma, infatti, da procedimento a istanza di parte a procedimento avviato d’ufficio.
Va inoltre rilevato che nella configurazione del Codice il diritto alla conoscenza dei dati e dei documenti detenuti dalla Stazione appaltante nel corso del ciclo di vita del contratto pubblico si presenta più prossimo, all’”accessibilità totale” di cui al D.lgs. n. 33/2013 e, prima ancora, alla trasparenza procedimentale prevista dall’art. 1, c. 30, L. n. 190/2012.
Nel rinnovato rapporto, in particolare, che intercorre fra Stazione appaltante e operatore economico, configurato dal legislatore, l’accesso ai documenti di gara si trasforma da diritto a conoscere per potersi difendere a diritto di sapere in quanto partecipante alla procedura nella quale si sviluppa il potere dall’esercizio “costituzionalmente temperato”, perché rispettoso dei principi di imparzialità e di correttezza di quell’art. 97 Cost.. Una sorta di diritto di conoscenza diffuso, assegnato all’operatore economico per la sola ragione di assumere il ruolo di co-protagonista dell’esercizio del potere, che rappresenta il precipitato del principio della reciproca fiducia che deve intercorrere tra operatori economici partecipanti alla selezione e Stazione appaltante nella fase di scelta dell’affidatario e deve mantenersi per tutta la durata del ciclo di vita del contraente pubblico ai sensi dell’art. 2, D.lgs. n. 36/2023.
Di tal che, il ricevimento della comunicazione di aggiudicazione pone – in via automatica e immediata – il concorrente rientrante fra i primi cinque graduati nella condizione di attingere alla piattaforma di approvvigionamento digitale per acquisire ogni informazione utile - non necessariamente alla difesa - presente in tutti i documenti della procedura, ivi compresi quelli contenuti nell’offerta, tranne che per la parte di essa contenente “segreti tecnici e commerciali” dell’operatore economico concorrente, a meno che essi non siano “indispensabili” ai fini della difesa in giudizio.
Ebbene, tale essendo l’ubi consistam dell’innovativa forma di accesso prevista dal Codice dei contratti pubblici del 2023, presupposto logico, giuridico e materiale affinché possa essere esercitato il diritto di accesso ai documenti acquisiti dalla Stazione appaltante ovvero da essa formati nel corso del c.d. ciclo di vita del contratto pubblico è – per espressa previsione normativa – che la documentazione sia “messa a disposizione”, dunque, resa disponibile spontaneamente da parte della Stazione appaltante o dall’ente concedente stessi.
Perché ciò sia possibile occorre anzitutto che le piattaforme consentano sotto il profilo tecnico “l’accesso elettronico alla documentazione di gara”.
Le Stazione appaltanti o l’ente concedente che non assolvano a tale obbligo previsto dal Codice violano le disposizioni ivi dettate e, in primo luogo, l’art. 25, c. 2 in combinato disposto con l’art. 26, trasgredendo al dovere di osservare nello svolgimento delle procedure ad evidenza pubblica tramite piattaforme le regole tecniche e la conformità al disposto di cui all’art. 22, c. 2, D.lgs. n. 36/2023 stabilite dall’AGID di intesa con l’ANAC e la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale.
Nella ipotesi in cui la Stazione appaltante o l’ente concedente non rendano disponibili i documenti di gara attraverso le piattaforme, oltre a incorrere nelle violazioni relative all’inosservanza delle predette “regole tecniche” – laddove si profilino problemi tecnici – ledono altresì il diritto di accedere agli atti di gara e dunque di conoscere il contenuto dei medesimi, di cui i soggetti legittimati ex lege sono titolari, secondo la cronologia illustrata dagli artt. 35 e 36, D.lgs. n. 36/2023, in quanto “concorrenti”.
Il Nuovo Codice dei contratti pubblici si occupa della fattispecie “fisiologica” ma non disciplina la fattispecie “patologica”. Più precisamente, non prende in considerazione l’ipotesi – alquanto probabile nella pratica – che i “concorrenti” non siano “messi in condizione” di accedere agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme di e-procurement.
Non avendo preso in considerazione tale evenienza il Codice non ha neppure avuto cura di disciplinare le conseguenze giuridiche, vuoi sul versante sostanziale – rectius procedimentale – vuoi su quello processuale, sebbene con riferimento a quest’ultimo versante – giova sottolineare – l’idonea sede processuale sia il Codice del rito amministrativo.
Difficile pensare sia una mera “svista” del legislatore. Più plausibilmente si tratta di una lacuna normativa, così come più plausibilmente il legislatore ha inteso rimettere all’interprete il compito di colmare detta lacuna, alla stregua dei principi generali vigenti nell’ordinamento in tema di accesso agli atti di gara dei pubblici incanti.
Invero, quando il legislatore ha voluto disciplinare con norma di settore possibili evenienze e relative conseguenze, non previste dalla normativa generale l’ha fatto espressamente, addirittura inserendo previsioni di carattere processuali all’interno di una disciplina di diritto sostanziale.
Tale è il caso previsto dall’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023, in cui il legislatore si occupa dell’ipotesi in cui gli operatori economici abbiano presentato alla Stazione appaltante richieste di oscuramento di parti delle offerte dell’operatore economico risultato aggiudicatario e degli operatori collocatasi nei primi cinque posti in graduatoria, con motivata e comprovata dichiarazione che esse recano informazioni costituenti segreti tecnici o commerciali.
Può infatti darsi l’ipotesi che la Stazione appaltante, ricevute ed esaminate le richieste di oscuramento, non condivida in tutto o in parte le proposte di oscuramento avanzate dagli operatori economici ed emetta una decisione in discordanza da esse, resa nota contestualmente alla comunicazione di aggiudicazione.
Per tale fattispecie il legislatore dispone che le decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte dell’aggiudicatario e degli operatori collocatasi nei primi cinque posti in graduatoria – cioè solo queste decisioni – siano impugnabili ai sensi dell’art. 116 c.p.a. con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso.
Al contrario il legislatore nulla dice in ordine alla fattispecie della mancata “messa a disposizione” degli atti di gara da parte della Stazione appaltante o dell’ente gestore a favore dei soggetti legittimati ex lege all’esercizio del diritto di accesso. Di qui l’esigenza di rinvenire possibili soluzioni, peraltro non meramente dogmatiche, atteso che occorre comprendere come in siffatte evenienze sia possibile conoscere i documenti utili anche per poter agire in giudizio e tutelare le proprie situazioni giuridiche soggettive. Più precisamente, vi è la necessità di comprendere quali siano le modalità di conoscenza praticabili e come si svolga il relativo procedimento. In definitiva, di intendere quali siano le conseguenze procedimentali e processuali della omissione posta in essere dalla Stazione appaltante o dall’ente gestore che si è tradotta in una mancata “messa a disposizione” anche di tutta la documentazione di gara nei confronti dei soggetti legittimati all’esercizio del diritto di accesso alla medesima.
Si rammenta che secondo i criteri sulla interpretazione della legge previsti dall’art. 12 delle “Disposizioni sulla legge in generale” “Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato” (c. 2).
A tal fine soccorrono, prima fra tutti, i principi generali vigenti in tema di accesso documentale agli atti, contemplati dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241. Del resto, l’art. 35, c. 1, D.lgs. n. 36/2023 reca un rinvio formale “agli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Tale rinvio, che realizza il raccordo fra i due corpi normativi, conferma che anche nel Nuovo Codice il legislatore declina il rapporto che intercorre fra la disciplina in materia di accesso documentale recata dalla Legge n. 241/1990 e quella dettata dal Codice dei contratti pubblici in termini di genus ad speciem. E tanto, evocando il principio di specialità di matrice penalistica di cui all’art. 15 c.p. in forza del quale, quando più leggi o più disposizioni della medesima legge regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.
Le disposizioni contenute nel Codice del 2023, come prima ancora nel Codice 2006 e nel Codice del 2016 (art. 53, c. 1, D.lgs. n. 50/2016), volte a disciplinare l’istituto dell’accesso documentale riferito “in tutto il ciclo di vita del contratto”, fotografano una previsione speciale rispetto alla norma che in via generale regola la materia dell’accesso documentale nella L. n. 241/1990. Ma ciò avviene comunque nel rispetto di tale disciplina generale – per volere dello stesso legislatore che la richiama espressamente nel corpo della norma di settore, imponendo ad ogni modo il rispetto delle regole ordinarie previste dalla Legge sul procedimento amministrativo, soprattutto nel caso in cui la norma speciale non disciplini interamente ogni singolo aspetto di sviluppo procedurale e provvedimentale dell’istituto. Più precisamene, le disposizioni di carattere generale o speciale contenute nella L. n. 241/1990 e dal regolamento di attuazione di cui al D.P.R. n. 184/2006 – ad oggi non abrogato – devono trovare applicazione ogniqualvolta non vi siano disposizioni derogatorie e, quindi, dotate di una specialità ancora più elevata in ragione della materia, nel Codice dei contratti[3].
Ne deriva che il rapporto che intercorre tra le due fonti, di genus ad speciem, deve essere sempre tenuto in considerazione dall’interprete al fine di risolvere i numerosi dubbi applicativi che le vicende concrete, ciascuna con una propria caratterizzazione peculiare pongono ogni qualvolta si è richiesto un accesso documentale ovvero un accesso civico.
- Un caso applicativo recente. Spunti e riflessioni.
Che la normativa applicabile alla fattispecie in rilievo nella vicenda che occupa trovi la propria sedes materiae nella disciplina recata dalla L. n. 241/1990 è opinione condivisa anche dalla giurisprudenza amministrativa, la quale al riguardo si è tra l’altro espressa molto recentemente.
Si intende fare riferimento alla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia 30 settembre 2024, n. 2520.
La fattispecie attenzionata dalla Sezione Quarta del Tar milanese concerne il parziale rigetto di una istanza di accesso agli atti, formulata da una società nell’ambito di una procedura di gara bandita per l’affidamento del servizio di assistenza domiciliare anziani e disabili (sad) cui aveva partecipato unitamente a quindici concorrenti, classificandosi al quinto posto in graduatoria.
L’istante aveva motivato la propria richiesta ostensiva con la necessità di accedere alla documentazione per esigenze difensive connesse alla tutela, anche in un eventuale giudizio, della propria posizione giuridica, rappresentando di avere “sommo interesse all’aggiudicazione dell’appalto de quo ed alla verifica, sia della regolarità dello svolgimento delle operazioni concorsuali relative alla procedura di gara in oggetto indicata, sia della congruità della offerta formulata”.
Il Comune di Como accoglieva solo parzialmente l’istanza di accesso mettendo a disposizione della richiedente la documentazione amministrativa, una parte delle offerte tecniche e le offerte economiche dei quattro concorrenti meglio classificati della medesima ricorrente. Più precisamente, le offerte tecniche dei concorrenti risultavano quasi esclusivamente oscurate mentre la documentazione amministrativa risultava parzialmente oscurata e le giustifiche non erano state trasmesse.
Nell’esaminare il ricorso promosso dalla società avverso il parziale diniego di accesso, il Tar ha preso le mosse dall’osservazione che il sistema normativo in materia consente di evincere come la Stazione appaltante sia obbligata, in via automatica e immediatamente, a mettere a disposizione dei primi cinque classificati nella procedura, oltre ai verbali di gara e agli atti, ai dati e alle informazioni presupposti all’aggiudicazione, anche le offerte degli altri quattro concorrenti, salvo procedere all’oscuramento di queste nelle parti che “costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.
Una volta messi a disposizione tali documenti, le contestazioni avverso le “decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte” sono svolte attraverso il rito “super speciale” contemplato dal comma 4 dell’art. 36, D.lgs. n. 36/2023.
Tuttavia, la normativa di settore non regolamenta in maniera espressa, né dal punto di vista sostanziale né sotto il profilo processuale, il procedimento che eventualmente avesse ad oggetto l’accesso alle offerte dei primi cinque concorrenti utilmente classificati in graduatoria in caso di omissione, integrale o parziale, della loro comunicazione da parte della Stazione appaltante.
Eppure, siffatta condotta si pone in contrasto con i precetti, aventi natura cogente, contenuti nei commi 1 e 2 dell’art. 36, D.lgs. n. 36/2023.
Spetta, dunque, all’interprete ricostruire la disciplina applicabile alla richiamata fattispecie, così da consentire ai concorrenti che intendessero accedere alla documentazione di gara di superare, vuoi in fase procedimentale vuoi in fase processuale, le omissioni, totali o parziali, della Stazione appaltante in ordine a tali aspetti.
La premessa di tale ragionamento, ad avviso del Tar, è rappresentata dalle già evocate previsioni contenute nell’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023.
Invero, la richiamata disposizione stabilisce che le decisioni avverso l’oscuramento o l’esibizione integrale del contenuto delle offerte sono impugnabili ai sensi dell’art. 116 c.p.a. con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale di avvenuta aggiudicazione. Tuttavia, come già rilevato, non contempla affatto l’evenienza in cui le offerte dei concorrenti - e la restante documentazione - non siano messe a disposizione dei partecipanti alla gara, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, come avvenuto nel caso oggetto della controversia sottoposta all’attenzione del Tar per la Lombardia.
Secondo una lettura restrittiva del dato letterale della norma de qua, condivisa dalla recente giurisprudenza amministrativa, giova preliminarmente rammentare che in materia processuale vige una riserva assoluta di legge, atteso che l’art. 111, c. 1, Cost. stabilisce che “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”.
Le fonti di rango secondario non possono dunque integrare la disciplina contenuta nella legge, poiché “la disciplina processuale dell’attività̀ giurisdizionale è riservata alla legge in termini «assoluti» e non «relativi»”[4].
In tal modo si garantisce altresì̀ il rispetto dell’ampia discrezionalità di cui il legislatore gode in tema di disciplina degli istituti processuali[5], destinati a garantire a tutti i consociati sia il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, sia il correlato diritto di difesa, in attuazione dell’art. 24 Cost..
Affinché la riserva assoluta di legge sia rispettata è necessario altresì che, in sede di applicazione della normativa processuale, sia utilizzato un criterio di interpretazione assolutamente rispettoso della lettera della norma, dovendosi escludere la possibilità di procedere a interpretazioni estensive o funzionali che non trovino un diretto riferimento nel senso attribuibile alla lettera della disposizione da applicare.
Invero, laddove si sia di fronte a un univoco tenore della norma, qualora si dubiti della sua conformità a Costituzione il tentativo interpretativo deve lasciare il posto al sindacato di legittimità costituzionale[6].
La riserva di legge processuale – in aggiunta a una interpretazione strettamente letterale delle pertinenti disposizioni – si prefigge la finalità di garantire i già più volte citati diritti di azione e di difesa in giudizio a tutti i consociati in un quadro di certezze, poiché il diritto processuale è strumentale alla tutela dei diritti dei singoli, anche di quelli qualificati fondamentali[7].
La modifica della portata applicativa della norma processuale, in assenza di una effettiva riferibilità della stessa alla fattispecie, si pone in conflitto con la evocata finalità e determina un grave vulnus lesione alla posizione giuridica di almeno una delle parti del giudizio.
Invero, con precipuo riferimento alla fattispecie di che si tratta, una “estensione” del disposto di cui all’art. 36, c. 4, D.lgs. n. 36/2023 anche ai casi in cui la Stazione appaltante non abbia reso disponibile nessun documento relativo alla gara appena conclusa avrebbe imposto al concorrente interessato all’accesso di incardinare, al buio, il ricorso di cui all’art. 116 c.p.a. entro il brevissimo termine di dieci giorni dalla comunicazione di aggiudicazione, peraltro in carenza degli elementi necessari per contestare l’eventuale oscuramento di dati contenuti nelle offerte non materialmente disponibili.
Come affermato dalla Consulta, i termini processuali in materia di contratti pubblici non devono determinare una arbitraria e irragionevole compressione del diritto di agire in giudizio[8].
In tal modo, le facoltà del predetto concorrente sarebbero sensibilmente limitate, in quanto gli si imporrebbe di intentare, in via diretta, un giudizio, senza la previa conoscenza delle decisioni della Stazione Appaltante, diversamente da quello che avviene allorquando, ex art. 36, c. 3, quest’ultima dà atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte in seguito alle richieste degli operatori che le hanno presentate.
Anche quest’ultimo è un procedimento in cui non è consentito l’intervento dei richiedenti l’accesso, tuttavia “mette in condizione” gli operatori, che hanno avanzato le richieste, di conoscere in anticipo le determinazioni assunte dall’Amministrazione procedente e di contestarle puntualmente in giudizio.
Diversamente, ove non vi fosse l’ostensione di alcun atto della procedura di gara, le questioni eventualmente afferenti all’oscuramento dei dati sarebbero oggetto di esame direttamente in giudizio, in contrasto con il già richiamato orientamento cui il ricorso in materia di accesso ai documenti amministrativi è comunque configurato quale rimedio impugnatorio. Di tal che – pur avendo a oggetto un giudizio sul rapporto, in sede di giurisdizione esclusiva – non può consentire di “esaminare la prima volta avanti al giudice questo rapporto perché è il procedimento la sede prima, elettiva, immancabile, nella quale la composizione degli interessi, secondo la tecnica del bilanciamento, deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo”[9].
Tali rilievi rendono di palmare evidenza l’incompatibilità di una interpretazione che, non solo si pone in contrasto con la chiara lettera della disposizione de qua e dunque con i principi costituzionali, ma altresì arreca un significativo vulnus alla tutela giurisdizionale del concorrente interessato all’accesso, con conseguente vantaggio per la Stazione appaltante.
La Stazione appaltante addirittura trarrebbe beneficio da un comportamento omissivo – rectius inerte – che si configura contra legem, atteso che “la mancata messa disposizione” delle offerte e di tutta la documentazione di gara trasgredisce in modo inequivoco l’espressa indicazione contenuta nell’art. 36, c. 1 e 2, D.lgs. n. 36/2023.
Infine, va rammentato che in sede di delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici[10] non è dato rinvenire, fra i principi e criteri direttivi posti, riferimento alcuno a norme processuali, sia in generale sia con specifico riguardo alla materia dell’accesso agli atti dei pubblici incanti. Sicché, una eventuale “implementazione” della disciplina in materia di accesso agli atti della procedura ad ambiti non espressamente contemplati si porrebbe anche in contrasto con la legge delega e configurerebbe indirettamente una violazione dei principi discendenti dall’art. 76 Cost..
Muovendo da tali argomentazioni il Tar meneghino perviene alla conclusione che nel caso in cui la Stazione Appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, c. 1 e 2, D.lgs. n. 36/2023, ometta, integralmente o parzialmente, di “mettere a disposizione” dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti regolato dalla L. n. 241/1990, e la disciplina processuale evincibile dall’art. 116 c.p.a. - senza deroghe - non essendo applicabili le previsioni relative al rito “super speciale” dettate dall’art. 36, c. 4 e 7, D.lgs. n. 36/2023[11].
Peraltro, vi è la consapevolezza nella stessa giurisprudenza che tale conclusione determini gravi distonie nella materia dell’accesso agli atti delle procedure ad evidenza pubblica, sul piano dell’efficienza e della durata delle predette procedure e della parità di trattamento tra i concorrenti, magari costretti ad avviare azioni diverse, pur a fronte di identiche situazioni. Invero, la tempestiva comunicazione del diniego dell’ostensione dell’offerta tecnica per ragioni di riservatezza solo a una parte dei primi cinque classificati reca con sè il rischio di trovarsi al cospetto di differenti procedimenti di accesso nell’ambito della medesima gara, a seconda del concorrente considerato, ovvero addirittura con riguardo a un singolo partecipante potrebbe determinarsi la necessità di azionare due procedimenti differenti, ove le offerte siano in parte ostese con omissioni e in parte del tutto omesse in fase di comunicazione.
Tuttavia, solo nella opportuna sede potrà essere posto un rimedio a tale regime, poco organico e sotto certi profili lacunoso, spettando all’interprete l’esclusivo compito di applicare la normativa allo stato vigente.
[1] Si veda S. Toschei, Norme procedimentali e processuali in tema di accesso, Commento all’art. 36 del D.lgs. n. 33/2016, in A. Botto e S. Castrovinci Zenna (a cura di), Commentario alla normativa sui contratti pubblici, Torino, 2024, 357 ss.; R. Garofoli, La digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti, in R. Garofoli – G. Ferrari, Manuale dei contratti pubblici, Nel diritto editore, 2024, 264 ss.
[2]V. sul punto S. Toschei, Norme procedimentali e processuali in tema di accesso, Commento all’art. 36 del D.lgs. n. 33/2016, in A. Botto e S. Castrovinci Zenna (a cura di), Commentario alla normativa sui contratti pubblici, Torino, 2024, 357 ss..
[3]CdS, Sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5062; cfr. Tar Puglia, Bari, Sez. I, 4 marzo 2019, n. 315.
[4]CdS, Ad. plen., 12 aprile 2024, n. 5; anche, Ad. plen., 22 marzo 2024, n. 4.
[5]C. cost. n. 148/2021, n. 271/2019, n. 94/2017.
[6]C. cost., n. 253/2020.
[7]Cfr. C. cost. n. 148/2021 e n. 77/2007.
[8]C. cost. n. 204/2021.
[9]CdS, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 10; cfr. anche, CdS, Sez. II, 3 febbraio 2022, n. 772.
[10]Cfr. art. 1, L. n. 78/2022, da cui è scaturita poi l’adozione del D.lgs. n. 36/2023.
[11] Conformi: Tar. Lazio, Roma, Sez. IV, 1° luglio 2024, n. 13225; CdS, Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 12 aprile 2024, n. 1083; CdS, Sez. V, 2 aprile 2024, n. 3008; CdS, sez. V, 15 marzo 2023, n. 2736; Tar. Lombardia, Milano, Sez. IV, 15 novembre 2023, n. 2658; CdS, Sez. III, 1° agosto 2022, n. 6750; CdS, Sez. V, 22 luglio 2022, n. 6448; CdS, sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792; C. cost., n. 204/2021; CdS, Ad. plen., 2 luglio 2020, n. 12.