T.A.R. Liguria, Sez. II, 9 ottobre 2024, n. 655

È dunque alla luce dell’oggetto del bando che doveva essere vagliata la congruità dell’offerta (…), mentre la facoltà di non procedere all'aggiudicazione “pur avendo ricevuto regolari offerte”, (…) non poteva certo essere esercitata arbitrariamente, postulando necessariamente di una motivata valutazione di non convenienza o di inidoneità “in relazione all'oggetto del contratto”, ovvero in relazione agli obiettivi perseguiti con il bando, non certo in relazione allo statuto della (…) o – men che meno – a “future linee strategiche”, non definite (cioè esplicitate nei documenti di gara), né attuali. Donde il palese difetto di motivazione della decisione di non aggiudicare la concessione, decisione che, pur in astratto ampiamente discrezionale, richiede in concreto un onere di motivazione rafforzato circa le ragioni di non convenienza o di inidoneità dell’offerta rispetto alle esigenze che hanno condotto all'indizione della gara 

Pubblicato il 09/10/2024

N. 00655/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00654/2023 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 654 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Arge s.r.l. con socio unico, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Betti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Genova, piazza del Portello n. 1/2 Sc. B;

contro

la Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, rappresentata e difesa dagli avvocati Lorenzo Barabino e Federico Maria Dottori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

del Comune di Genova, della Regione Liguria e del Ministero della Cultura, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento Prot. n. 901/23 SB/pf del Consiglio Direttivo di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, che ha ritenuto la proposta di Arge s.r.l. non adeguata alle attività e alle future linee strategiche di Palazzo Ducale, e pertanto ha deliberato di non procedere all’assegnazione del bando 13.6.2023 per l’affidamento in subconcessione ex art. 115 D. Lgs. n. 42/2004 del comparto delle Terrazze.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 settembre 2024 il dott. Angelo Vitali e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe la società ARGE s.r.l. con socio unico espone: - che dal 2000 ha in subconcessione dalla Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura (concessionaria del Comune di Genova, proprietario dell’immobile), con scadenza 31/12/23, il compendio immobiliare ad uso ristorante “Terrazze del Ducale”, dove svolge attività di ristorazione ed allestimento di eventi culturali; - che la società ha partecipato alla gara indetta dalla Fondazione, con bando 13.6.2023 (reiterato a seguito di una prima gara andata deserta), per l’affidamento in subconcessione ex art. 115 D. Lgs. n. 42/2004 del comparto delle Terrazze, “attualmente ad uso ristorante, implementato con la possibilità di utilizzo della terrazza all'aperto, del locale detto piccolo teatro e dei locali attualmente occupati dagli uffici di direzione, al fine di dare la possibilità di costruire una offerta più articolata e sostenibile con ulteriori funzioni rispetto alla sola destinazione di ristorazione, ma pur sempre in linea con le attività della Fondazione”; - che, a mente del bando, “Il servizio oggetto della presente procedura è inquadrabile tra i servizi di ristorazione ed è affidato mediante subconcessione di servizi, in coerenza con le previsioni degli artt. 115 e 117 d.lgs. 42/04”; - che il bando specificava i contenuti dell’offerta tecnica (relazione composta da tre sezioni concernenti: 1. il progetto per l'organizzazione e la gestione del servizio; 2. il progetto di allestimento degli spazi; 3. il profilo di immagine e comunicazione), con i relativi punteggi, senza prevedere un punteggio minimo ai fini della assegnazione della subconcessione; - che la sua offerta, compilata secondo le prescrizioni del bando, concerneva solo il comparto delle Terrazze con la possibilità di utilizzo della terrazza all'aperto, senza il locale detto “piccolo teatro” ed i locali attualmente occupati dagli uffici di direzione; - che alla gara non partecipavano altri operatori economici.

Impugna il provvedimento prot. 901/23, comunicato via pec il 19.9.23, con cui la Fondazione ha comunicato che “il Consiglio direttivo, valutata la regolarità dell’offerta ed esaminato il progetto tecnico presentato, ha ritenuto – dopo attenta disamina – la vostra proposta non adeguata alle attività e alle future linee strategiche di Palazzo Ducale e pertanto ha deliberato di non procedere all’assegnazione del bando.”

Svolta una premessa circa il rito ordinario applicabile in luogo del rito appalti (trattandosi di una sub-concessione di bene pubblico ad uso ristorante, ex artt.115 e 117 D. Lgs. 422004), a sostegno del gravame ha dedotto tre motivi di ricorso, come segue.

1. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 3 L. 241/1990 per omessa o apparente motivazione; violazione e/o falsa applicazione di legge ex L. 241/1990 per difetto di istruttoria; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.

Posto che il provvedimento dà atto della regolarità dell’offerta, e che il progetto tecnico era dettagliato secondo le tre sezioni richieste dal bando, la motivazione sarebbe meramente apparente, non essendo dato di comprendere quale parte del progetto tecnico e per quali ragioni la proposta non sarebbe adeguata alle attività di Palazzo Ducale.

Generico ed improprio sarebbe anche il richiamo a non meglio precisate linee strategiche, per giunta “future”, non esplicitate nel bando.

La circostanza che nel bando la Fondazione si sia riservata la facoltà di non assegnare la gara sarebbe irrilevante, in quanto tale facoltà non potrebbe essere esercitata arbitrariamente, ma sarebbe comunque soggetta ai canoni di istruttoria, congrua motivazione, correttezza, buona fede, buon andamento ed imparzialità.

2. Violazione e/o falsa applicazione della lex specialis di gara (bando del 13/6/2023); violazione del principio dell’autovincolo; violazione e/o falsa applicazione dei principi del d.lgs. 42/2004; violazione e/o falsa applicazione di legge ex artt. 6, 115, 117 d.lgs. 42/2004; eccesso di potere, violazione e/o falsa applicazione dello statuto della Fondazione del Ducale e delle linee strategiche di gestione di Palazzo Ducale emerse con la pubblicazione del bando del 13/06/2023; violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 3 L. 241/1990 per difetto di motivazione; violazione e/o falsa applicazione di legge ex L. 241/1990 per difetto di istruttoria; eccesso di potere per illogicità e/o contraddittorietà manifesta, travisamento dei fatti, e/o difetto di istruttoria.

Il provvedimento, oltre a non specificare le “future” linee strategiche, viola quelle che la Fondazione del Ducale, in linea con lo statuto, si era data, auto-vincolandosi con la pubblicazione del bando (cioè, la valorizzazione del bene pubblico mediante l’affidamento in sub-concessione dei locali ad uso ristorazione, con la sola “possibilità” di svolgervi ulteriori funzioni, per le quali il bando non ha neppure previsto l’attribuzione di punteggi).

3. Violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 95 d.lgs. 50/16; violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 3 d.lgs. 50/16; violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 3 L. 241/1990 per difetto o apparente motivazione; violazione e/o falsa applicazione di legge ex L. 241/1990 per difetto di istruttoria; eccesso di potere per difetto di istruttoria e/o illogicità e/o contraddittorietà manifesta e/o travisamento dei fatti.

Sebbene non sia applicabile il codice dei contratti pubblici, nondimeno, trattandosi di procedura ad evidenza pubblica, sono comunque applicabili alla procedura i principi del codice dei contratti ex art. 3 D. Lgs. 50/16 (segnatamente, l’art. 95, comma 12) e della Direttiva 2014/24/UE, che la Fondazione Ducale avrebbe violato.

Alla domanda di annullamento accede domanda di risarcimento, in forma specifica, mediante accertamento dell’obbligo della Fondazione di aggiudicare il bando alla ricorrente, o, in subordine, per equivalente, con riferimento alle spese per la partecipazione alla procedura, alla perdita di avviamento della società ed al mancato guadagno per i 7 anni di durata della concessione.

Si è costituita in giudizio per resistere al ricorso la Fondazione Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, controdeducendo.

A fronte dell’impegno della Fondazione a garantire la prosecuzione dell’attività fino alla decisione della causa (cfr. doc. 1 delle produzioni 21.11.23 di parte resistente), la ricorrente ha rinunciato alla sospensiva, ed è stata fissata l’udienza pubblica di trattazione del ricorso.

Con ordinanza 22.1.24, n. 28 la sezione ha in parte dichiarato improcedibile ed in parte rigettato la domanda di accesso in corso di causa per l’annullamento del silenzio-diniego formatosi sull’istanza di accesso avanzata da ARGE con comunicazione PEC del 26/9/2023.

Con atto di motivi aggiunti notificato il 10-11.1.2024 e depositato il 17.1.2024 la ricorrente ha esteso l’impugnazione al verbale della riunione del 24 luglio 2023 del Consiglio Direttivo di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, depositato in giudizio dalla parte resistente in data 15/12/2023, di tenore letterale analogo al provvedimento principalmente impugnato.

A sostegno dell’impugnazione aggiuntiva richiama i motivi del ricorso introduttivo, sottolineando come neppure il verbale del Comitato direttivo specifichi in cosa consistano le linee strategiche della Fondazione cui la proposta della ricorrente non sarebbe conforme.

All’udienza pubblica del 18 settembre 2024 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisone.

Il ricorso è palesemente fondato, sotto i profili dedotti con il primo ed il terzo motivo di gravame, che del primo costituisce specificazione.

Giova premettere come – bando alla mano – l’oggetto della gara in questione consistesse sostanzialmente nell’affidamento della (sub)concessione di una limitata porzione (il comparto delle Terrazze) di un bene demaniale (il Palazzo Ducale di Genova) “attualmente ad uso ristorante”, in vista della prestazione al pubblico del servizio di ristorazione.

Decisiva è la circostanza che l’unico requisito di capacità tecnica e professionale fosse individuato dal bando nell’aver “gestito un ristorante aperto al pubblico, o un servizio analogo, con servizio ai tavoli per almeno diciotto mesi nell’ultimo triennio”, e che per “servizio analogo”, anche ai fini della valutazione del requisito di capacità economico-finanziaria del fatturato specifico, il bando intendesse un “servizio di somministrazione di cibi e bevande, aperto al pubblico, con servizio al tavolo”.

Vero è che, nell’oggetto dell’affidamento, il bando aggiunge il termine “valorizzazione” a quello di “ristorazione”.

Tuttavia, poiché il bando non contiene alcuna utile indicazione riferita a finalità di “valorizzazione” propriamente culturale dei beni oggetto di gara, deve ritenersi che esso si riferisse ad una generica valorizzazione di tipo “economico”, in linea con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa prescelto, che prevedeva un punteggio fino ad un massimo di 20 punti per l’offerta economica, in termini di incremento della royalty dovuta alla Fondazione in percentuale sul fatturato annuo.

Tanto ciò è vero che il bando non soltanto non ha esplicitamente richiesto alcuna finalità di valorizzazione propriamente “culturale” del compendio da dare in concessione - ulteriore rispetto a quella puramente economica - né la dimostrazione di corrispondenti requisiti di capacità tecnica e professionale (quale l’organizzazione e gestione di eventi culturali e/o artistici); ma, anzi, si è premurato, per un verso, di specificare che l’offerta avrebbe potuto “riguardare anche solo una parte del comparto delle Terrazze” (e dunque anche solo la parte propriamente destinata alla ristorazione, con esclusione dei locali attualmente occupati dagli uffici di direzione e del locale detto “piccolo teatro”); per altro verso, di prospettare la mera “possibilità di costruire una offerta più articolata e sostenibile con ulteriori funzioni rispetto alla sola destinazione di ristorazione, ma pur sempre in linea con le attività della Fondazione”.

Stando così le cose, e considerato che è il bando di gara che definisce e delimita gli obiettivi e le esigenze dell’amministrazione procedente, è evidente come le argomentazioni difensive della Fondazione secondo le quali “il bando di gara non prefigura un servizio di ristorazione ai fini della mera fruizione o “valorizzazione economica” del bene (cioè, realizzare un ritorno economico dall’affidamento del servizio a terzi), bensì ricerca un’offerta più articolata e complessa richiedendo all’operatore economico di attuare un vero e proprio connubio tra l’attività di valorizzazione culturale in senso stretto e quella di ristorazione, mediante la presentazione di una specifica progettazione culturale che avrebbe dovuto riguardare l’intero comparto” (così la memoria 18.7.24, p. 16) siano del tutto prive di un oggettivo riscontro nella lex specialis, dove non sta scritto da nessuna parte - neppure tra i criteri di valutazione dell’offerta tecnica - che i locali del Comparto Terrazze dovessero “necessariamente”, a pena di inammissibilità dell’offerta, essere destinati ad ulteriori e prevalenti funzioni di valorizzazione culturale, rispetto alla sola ristorazione.

È dunque alla luce dell’oggetto del bando che doveva essere vagliata la congruità dell’offerta di Arge s.r.l., mentre la facoltà di non procedere all'aggiudicazione “pur avendo ricevuto regolari offerte”, espressamente riservatasi dalla Fondazione a mente dell’art. 95 comma 12 del D. Lgs. n. 50/2016 non poteva certo essere esercitata arbitrariamente, postulando necessariamente una motivata valutazione di non convenienza o di inidoneità “in relazione all'oggetto del contratto”, ovvero in relazione agli obiettivi perseguiti con il bando, non certo in relazione allo statuto della Fondazione o – men che meno – a “future linee strategiche”, non definite (cioè esplicitate nei documenti di gara), né attuali.

Donde il palese difetto di motivazione della decisione di non aggiudicare la concessione, decisione che, pur in astratto ampiamente discrezionale, richiede in concreto un onere di motivazione rafforzato circa le ragioni di non convenienza o di inidoneità dell’offerta rispetto alle esigenze che hanno condotto all'indizione della gara (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 10/10/2023, n. 5528), come esplicitate nel bando.

E ciò, viepiù, alla luce della ulteriore decisiva circostanza che il bando non prevedeva un punteggio minimo per l’offerta tecnica, ovvero una soglia di sbarramento, che delimita lo standard minimo di qualità richiesto: sicché, in mancanza dell’attribuzione dei punteggi previsti dal bando per le varie sezioni dell’offerta tecnica, risulta obiettivamente impossibile ricostruire l’iter logico della decisione di inadeguatezza dell’offerta.

Tale ricostruzione, invero, è stata inammissibilmente offerta, ex post, soltanto in sede giurisdizionale (sull’inammissibilità della motivazione postuma tramite atti processuali o scritti difensivi cfr. Consiglio di Stato sez. VII, 6/6/2024, n. 5069), con il contorno di considerazioni circa una presunta inaffidabilità economica della ricorrente che, lungi dal motivare il diniego di aggiudicazione, non fanno che confermare lo sviamento di potere: ovvero che la Fondazione ha negato l’aggiudicazione non già perché l’offerta di Arge fosse stata ritenuta obiettivamente non conveniente o inidonea “in relazione all'oggetto del contratto”, bensì perché proveniente da un operatore divenuto sgradito a seguito del deterioramento del rapporto di fiducia conseguente ad un contenzioso, poi transatto, per il recupero di canoni concessori non corrisposti (così la memoria della Fondazione 18.7.24, p. 17 e ss.).

Dall’annullamento dell’atto di diniego di aggiudicazione, disposto contra ius, consegue il diritto di Arge s.r.l. al risarcimento del danno ingiusto.

In particolare, poiché il diniego impugnato non contiene una legittima valutazione di inidoneità o incongruità dell’unica offerta in gara – di cui anzi è predicata la “regolarità” - il giudizio prognostico di spettanza del bene della vita (l’aggiudicazione della subconcessione del compendio immobiliare) all’esito del procedimento di gara è senz’altro positivo, non sussistendo, a termini del bando, ulteriori profili di discrezionalità amministrativa o tecnica riservati all’amministrazione (art. 31 comma 3 c.p.a.).

Considerato che la società ricorrente è il gestore uscente, e che, in forza di un apposito provvedimento della Fondazione (doc. 1 delle produzioni 21.11.2023 di parte resistente), essa ha proseguito nella gestione dell’attività di ristorazione “sino alla data della decisione di merito” (da intendersi: fino alla pubblicazione della sentenza), al punto di rinunciare all’istanza cautelare, è evidente come non sussista un danno-conseguenza ulteriore e diverso da quello scongiurabile mediante l’accoglimento della domanda principale di risarcimento in forma specifica (art. 30 c.p.a.), ovvero dell’azione di condanna ex artt. 34 comma 1 lett. c) e 124 c.p.a. al rilascio del provvedimento, con l’accertamento del diritto di Arge di conseguire l’aggiudicazione e del correlativo l’obbligo dell’amministrazione di provvedere al rilascio della subconcessione, e la conseguente condanna.

Le spese seguono come di regola la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:

annulla il provvedimento della Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura prot. 901/23 e la deliberazione del Consiglio Direttivo del 24.7.2023;

accerta il diritto della ricorrente di conseguire l’affidamento della subconcessione del comparto delle Terrazze di Palazzo Ducale;

condanna Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura al rilascio del relativo provvedimento, entro trenta giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notificazione, se anteriore;

condanna Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese di giudizio, che liquida in € 4.000,00 (quattromila), oltre spese generali, IVA e CPA, oltre al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati:

Luca Morbelli, Presidente

Angelo Vitali, Consigliere, Estensore

Nicola Pistilli, Referendario

 

Guida alla lettura

La decisione in illustrazione afferisce al tema della gestione indiretta delle attività di ristorazione istituite come servizi di assistenza per il pubblico, nelle forme di valorizzazione dei beni culturali attuate tramite la sub-concessione a terzi.

A tale riguardo, preliminarmente, si osserva che la materia in esame è di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, perché accede (petitum sostanziale e causa petendi) alla particolare fattispecie astratta delle concessioni indicate dalla legge all’art. 133, comma 1, lettera b), del c.p.a. (Corte costituzionale sentenze n. 204/2004 e n. 191/2006).

Conseguentemente, il rito è ordinario e non è quello abbreviato compendiato nell’art. 119 c.p.a., per le procedure di affidamenti di pubblici lavori, servizi e forniture.

Sennonché, avendo tracciato brevemente in premessa l’orbita sostanziale e processuale della tematica in trattazione, si può approdare alla sua più intima latitudine. Invero, il nucleo essenziale di tutela.

L’ordinamento giuridico domestico quando qualifica un bene come d’interesse culturale ne garantisce anche la sua valorizzazione nel tempo, per scopi di solidarietà sociale e di pubblica funzione (artt. 2, 3 e 9 Cost.).

D’altronde, la tutela del patrimonio storico e artistico della Repubblica si attua proprio per il tramite della sua valorizzazione economica e culturale, che deve essere compiutamente attestata, con trasparenza, in una puntuale, oltre che adeguata, istruttoria procedimentale, con cui l’autorità pubblica dà conto di avere eseguito un bilanciamento dei valori economici e di servizio (come nel caso in esame di ristorazione) per il pubblico interesse generale.

In estrema sintesi, ogni determinazione finale della pubblica amministrazione (allargata) di gestione di un bene culturale (common good), in forma anche indiretta sia di concessione a terzi sia di affidamento di appalti pubblici di servizi congiunti e integrati, dovrebbe [ deve ] essere sempre supportata da obiettive prove documentali, che consentano di ricostruire con cristallinità (ex post e con approccio induttivo inferenziale ex ante) l’iter logico e ragionato seguito nel divenire dell’attività amministrativa  procedimentalizzata, la quale, per legge (artt. 2 e 3 della legge n. 241/1990), deve culminare (nella peculiare fattispecie) con l’adozione finale di una decisione espressa e motivata.

In tale ambito, si colloca il caso concreto delibato dal collegio giudicante, perché lo stesso attiene proprio ad una sub-concessione di un compendio immobiliare d’interesse culturale ad uso di gestione del servizio pubblico di ristorazione (art. 117, comma 2, lettera f), del d.lgs. n. 42/2004).

Per la composizione della controversia in questione, tuttavia, è stato ritenuto dirimente l’accertamento giurisdizionale dell’auto-vincolo per l’amministrazione sostanzialmente oggettivato nella lex specialis (bando).

In definitiva, l’obbligo soggettivo gravante sull’autorità amministrativa di concedere all’operatore economico (unico concorrente) il servizio pubblico di ristorazione reclamato è stato dedotto dai dirimenti valori economici espressi in modalità generica nel bando stesso.

Segnatamente, perché i requisiti tecnici di aggiudicazione attinenti all’essenza della concessione da autorizzare non si coloravano schiettamente di diversi e di più stringenti contenuti di valorizzazione propriamente culturali, bensì solo di quelli economici, per la concreta modalità di aggiudicazione prescelta secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla luce di ciò, allora, è stata accertata giurisdizionalmente: l’illegittimità della motivazione del provvedimento di non procedere all’assegnazione prevista dal bando, in quanto l’offerta era regolare; l’insussistenza, nei termini del più volte indicato bando, di ulteriori poteri di discrezionalità amministrativa, anche tecnica, non ancora esercitati dall’amministrazione e la possibilità di una sua condanna in forma specifica.

Conclusivamente, per le surriferite ragioni, il Tribunale amministrativo ligure ha, quindi, accolto il ricorso dichiarando l’annullamento degli impugnati provvedimenti. In aggiunta, ha accertato il diritto della parte ricorrente al conseguimento dell’affidamento in sub-concessione del bene culturale, in relazione alla gestione del servizio pubblico di ristorazione, con la condanna dell’amministrazione al rilascio sia del relativo provvedimento costitutivo del diritto sia alle spese di giudizio, oltre che a quelle generali (ampliate di IVA e di CPA), unitamente al rimborso del contributo unificato anticipato.