1. Premessa; 2. La recente giurisprudenza amministrativa, comunitaria e costituzionale; 3. Il decreto Salva-Infrazioni n. 131 del 2024; 4. Il testo emendato dalla Camera dei Deputati: il comma 1 bis e il regime derogatorio nel settore dello sport; 5. Conclusioni
1. Premessa.
La materia delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive, (d’ora in avanti concessioni demaniali), è stata oggetto di recenti modifiche da parte del legislatore italiano che ha tentato di elaborare un sistema organico e armonizzato ai principi eurocomunitari.
L’obiettivo, invero, è quello di incardinare il regime concessorio in un sistema di imparzialità e trasparenza, aprendo il mercato delle attività economiche a tutti gli stakeholders e non assegnando risorse pubbliche demaniali in maniera automatica e generale, ma attraverso procedure che permettano e assicurino la par condicio tra tutti i soggetti, così come chiarito sia dalla Direttiva 2006/123/CE, (anche Direttiva Bolkestein o Direttiva Servizi), sia dall’art. 49 TFUE.
Difatti, la “libertà di stabilimento”, sancita dall’art. 49 TFUE[1] e ribadita dalla Direttiva Bolkestein, ha lo scopo di creare, all'interno dell'UE, un mercato unico e aperto per i servizi che garantisca, al contempo, la qualità degli stessi forniti ai consumatori.
Dunque, con l’art. 12 della Direttiva menzionata, è stata imposta l’indizione di procedure di gara nei casi in cui sia possibile rilasciare solo un numero limitato di autorizzazioni a causa della scarsità di alcuni tipi di risorse naturali determinando un dovere per gli Stati di attivare meccanismi tutelanti verso i candidati per una attribuzione equitativa delle risorse disponibili.
Stante ciò, le criticità in materia di concessioni demaniali si sono sviluppate proprio a seguito dell’emanazione della Direttiva Servizi, che ha fatto emergere due interrogativi rilevanti: vale a dire, se la normativa in materia di concessione di beni possa essere ugualmente applicata ai beni del demanio costiero e se, effettivamente, tali beni, possano essere considerati scarsi.
Spostandosi sul piano nazionale, la disciplina di riferimento era contenuta nel Codice della Navigazione, R.D. 30 marzo 1942 n. 327, (artt. 36 e ss.), il quale stabiliva che le concessioni di un bene demaniale dovessero essere assegnate a coloro che avrebbero garantito il perseguimento di un interesse pubblico e di una proficua utilizzazione del bene.
Successivamente veniva introdotto il “diritto di insistenza”, in virtù del quale si attribuiva una preferenza al precedente concessionario rispetto agli altri concorrenti al momento della scadenza della concessione e della conseguente nuova assegnazione, nonché introdotto il rinnovo automatico ogni sette anni delle concessioni in essere salvo eccezioni.
Quanto sopra, ha ovviamente prodotto un conflitto fra le istituzioni nazionali e quelle comunitarie, attente alla libera concorrenza del mercato approdata con la Direttiva Servizi del 2006.
Nonostante ciò, il legislatore italiano non ha dato seguito agli impegni assunti a livello comunitario, in questo modo determinando l’avvio di procedimenti di infrazione finalizzati a sollecitare lo Stato ad adeguare, entro un breve termine, la normativa nazionale ai principi unionali.
Difatti, al di là del recepimento della Direttiva Bolkestein, con il d.lgs 26 marzo 2010 n. 59, si sono susseguiti una serie di provvedimenti con cui si è prorogato il termine di scadenza delle concessioni, procedimento vietato proprio dalla menzionata Direttiva.
Nonostante si sia assistito da un lato, all’abrogazione nel 2010 del diritto di insistenza e del rinnovo tacito, dall’altro, il Parlamento ha prorogato le concessioni in essere al 2015, poi al 2020 e ancora, con legge di bilancio del 2018 (art. 1, commi 682 e 683, l. n. 145/2018) sino al 31 dicembre 2033.
Nelle more è intervenuta la giurisprudenza amministrativa dichiarando tali proroghe automatiche in contrasto con il diritto UE e imponendo che le concessioni avessero fine al 31 dicembre 2023.
Alla stregua di ciò, è stata approvata la L. 5 agosto 2022, n. 118, le cui disposizioni di delega, avrebbero dovuto essere implementate da decreti legislativi attuativi del Governo, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della predetta legge, determinando così l’apertura di una nuova procedura di infrazione da parte della Commissione Europea.
2. La recente giurisprudenza amministrativa, comunitaria e costituzionale.
Il quadro normativo così delineato ha portato ad un sensibile incremento del contenzioso tra gli operatori di settore.
Invero, venute meno le proroghe al 2033, stabilite dall’art. 1, commi. 682 ss., della l. n. 415 del 2018, gli enti concedenti hanno avviato le procedure di assegnazione sulla base dei principi comunitari e della legge n. 118 del 2022, la quale però, come si è anticipato, è rimasta inattuata, non essendo mai stati emanati da parte del Governo i decreti legislativi attuativi.
Pertanto, la giurisprudenza ha dato un nuovo apporto, con alcune pronunce che costituiscono l’ultimo tassello di un tormentato iter legislativo e giurisprudenziale sulla gestione delle concessioni demaniali a seguito dell’emanazione della Dir. 2006/123/CE che ha comportato una rivisitazione dell’intera materia de qua.
Dopo tre anni dalle sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenze gemelle n. 17 e 18 del 9 novembre 2021) [2] con cui si è affermato che, per gli eventuali atti di proroga disposti dalla P.A. (anche nei casi in cui tali atti siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiano comunque formato oggetto di un giudicato favorevole), deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari, per cui gli effetti di detti provvedimenti devono intendersi tamquam non esset, i giudici di Palazzo Spada sono, ancora una volta, intervenuti censurando il meccanismo di proroga automatica, sebbene, la situazione sia rimasta in ogni caso invariata.
Difatti, la settima sezione del Consiglio di Stato, con tre sentenze (C.d.S., sez. VII, sent. nn. 4479, 4480 e 4481 del 20 maggio 2024), richiamata la giurisprudenza europea e riaffermata la scarsità delle risorse costiere, ha posto fine al dibattito sulla validità dei principi espressi nelle sentenze gemelle dell’Adunanza Plenaria, fornendo interessanti spunti per la preparazione delle gare.
Più dettagliatamente, le pronunce hanno ribadito l’applicabilità self-executing della Direttiva Bolkestein e la conseguente diretta disapplicazione delle norme dell’ordinamento interno che prevedono proroghe automatiche alle concessioni demaniali. Queste infatti, proprio come disposto dall’art. 12 della medesima Direttiva, devono essere assegnate mediante procedure ad evidenza pubblica e l’unica proroga ritenuta ammissibile è quella “tecnica”, funzionale allo svolgimento della gara (art. 3 commi 1 e 3, L. n. 118/2022) e motivata da parte dell’amministrazione concedente.
Altra tematica, tutt’oggi ancora dibattuta riguarda il diritto agli indennizzi del concessionario uscente. A tal riguardo, si è di recente pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE, sez. III, 11 luglio 2024)[3], a seguito di un rinvio pregiudiziale da parte del Consiglio di Stato, la quale ha stabilito che lo Stato ha la facoltà di riappropriarsi dei beni demaniali concessi senza dover obbligatoriamente concedere un indennizzo per le opere inamovibili costruite dal concessionario uscente, non ravvisando alcun contrasto tra la normativa nazionale e l’art. 49 TFUE.
Anche la Corte Costituzionale si è apprestata a dare un proprio contributo sul tema delle concessioni demaniali attraverso la sentenza n. 109 del 26 giugno 2024 con cui si è pronunciata, a seguito del ricorso notificato in data 29 aprile 2023 dal Governo, sulla legittimità costituzionale degli artt. 36 e 38 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 2 (Legge di stabilità regionale 2023-2025) sulla base dell’art. 117, comma. 1, Cost. La pronuncia in commento risulta rilevante sotto diversi profili.
In particolare, l’art. 36 della legge menzionata, interveniva sul termine di presentazione delle istanze per il rinnovo delle concessioni, fissando un nuovo termine al 30 aprile 2023 per la presentazione delle domande di proroga delle concessioni in essere, a seguito dell’abrogazione della legge statale n. 104 del 2018 che prevedeva quale termine il 31 dicembre 2033.
Tuttavia, tale termine veniva interpretato dalla Corte quale proroga ope legis delle concessioni dichiarandolo, perciò, incompatibile con l’ordinamento unionale in violazione dei principi sanciti dall’art. 117, comma 1, Cost., per contrasto all’art. 12 della Direttiva Servizi.
Dunque, la Corte non si è soffermata sulla semplice violazione della potestà esclusiva statale in materia di usi marittimi rientranti nella sfera della concorrenza, quanto piuttosto ha adottato un approccio sostanzialistico alla materia, dichiarando il contrasto della legge regionale ai principi comunitari.
Questo è sicuramente uno degli aspetti innovativi della sentenza, correlata al concetto di scarsità delle risorse demaniali marittime le quali, possono e devono essere concesse da parte delle amministrazioni pubbliche unicamente mediante un titolo autorizzativo stringente che possa favorire lo scambio tra i diversi operatori del settore, giacché l’attività degli stabilimenti balneari, si qualifica quale attività di impresa di tipo economico e concorrenziale.
Dunque, i chiarimenti riportati nella sentenza in commento permettono, ancora una volta, di arricchire il diritto delle concessioni demaniali, confermando l’incompatibilità ex lege delle proroghe nonché ribadendo i principi di imparzialità e di una giusta concorrenza.
Principi richiamati altresì nella recente sentenza del Tribunale Amministrativo del Lazio – sezione distaccata di Latina, (TAR Latina, sent., n. 713 del 8 novembre 2024), con la quale si è dato atto che “anche nelle eccezionali ipotesi di risorsa non scarsa e di contestuale assenza dell’interesse transfrontaliero certo, da provarsi in modo rigoroso, il diritto nazionale impone in ogni caso di procedere con procedura selettiva comparativa ispirata ai fondamentali principi di imparzialità, trasparenza e concorrenza e preclude l’affidamento o la proroga delle concessioni in via diretta ai concessionari uscenti”.
3. Il decreto Salva-Infrazioni n. 131 del 2024.
In tale contesto, il legislatore italiano ha emanato il d.l. n. 131 del 16 settembre 2024, convertito con legge n. 166 del 16 novembre 2024, con cui ha, da un lato, prorogato le concessioni in essere sino al 2027 e, dall’altro, tentato di porre fine alle incompatibilità tra la normativa statale e quella comunitaria, adeguando così l’ordinamento interno agli obblighi e principi previsti dagli atti eurocomunitari.
Il campo di applicazione di detto decreto legge ha effetto solo per le nuove procedure, mentre quelle anteriormente deliberate, se conformi alle disposizioni della legge 5 agosto 2022 n. 118, così come modificato, possono ritenersi valide.
Sicché, con l’art. 3, comma 1, è stata prevista la proroga delle concessioni demaniali sino al 30 settembre 2027 attribuendo agli enti concedenti l’obbligo di avviare le gare entro e non oltre tale data, salvo deroghe, debitamente motivate, qualora sussistano ragioni oggettive che impediscano la conclusione della procedura selettiva, e comunque solo per il tempo strettamente necessario e non oltre il 31 marzo 2028.
La vera novità è contenuta nel disposto normativo di cui all’art. 4 del d.l. citato, trasformato in norma prescrittiva, con il quale si è colmato quel vuoto legislativo determinato dalla l. n. 118/2022, atteso che il Governo non aveva mai provveduto all’adozione dei decreti legislativi attuativi entro 6 mesi dell’entrata in vigore della stessa.
In tal modo, si è proceduto al riordino della disciplina, con l’introduzione pedissequa dei criteri direttivi da seguire nella predisposizione e avvio delle procedure di gara: vengono, appunto, definite le modalità di pubblicazione dei bandi, il loro contenuto, la durata delle concessioni, i criteri di aggiudicazione e gli elementi relativi all’indennizzo per il concessionario uscente.
Anzitutto, il destinatario non è più individuato nel Governo ma negli enti concedenti, i quali, devono procedere ad avviare una gara ad evidenza pubblica per una nuova assegnazione del bene.
Dunque, almeno sei mesi prima della scadenza del titolo concessorio, l’amministrazione deve pubblicare il bando di gara – per 30 giorni – sul sito istituzionale ed albo pretorio on-line del comune ove è situato il bene, per le concessioni standard; nel Bollettino ufficiale regionale e nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, per le concessioni demaniali di interesse regionale o nazionale; infine, il bando di gara andrà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, per le concessioni di durata superiore a dieci anni o di interesse transfrontaliero.
Il comma 4 dell’art. 4 indica gli elementi che devono essere riportati nel bando di gara ossia:
l’oggetto e la finalità della concessione; il valore degli investimenti non ammortizzati; la durata della concessione; la misura del canone; il valore dell’indennizzo; la cauzione come garanzia del pagamento del canone e degli altri obblighi del concessionario; i requisiti di partecipazione e quelli tecnico-professionali; modalità e termine per la presentazione delle domande nonché il loro contenuto e la relativa documentazione da allegare; le modalità del sopralluogo; modalità e termini della procedura di affidamento; i criteri di aggiudicazione; lo schema di disciplinare della concessione ed infine i motivi dell’eventuale mancata suddivisione della concessione in lotti.
Ai sensi del comma 5, la concessione non può avere una durata inferiore a cinque anni e superiore a venti, ciò in quanto il tempo della stessa è strettamente correlato a garantire l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti previsti dal piano economico-finanziario dell’aggiudicatario.
Il comma 8, infine, conferma la validità dell’art. 49 cod. nav. circa la facoltà di ordinare da parte dell’amministrazione, con provvedimento motivato, al concessionario uscente di demolire, a proprie spese, le opere non amovibili realizzate.
L’aggiudicazione della concessione diviene efficace solo a seguito della verifica positiva dei requisiti dichiarati dall’aggiudicatario. Ai fini della valutazione delle offerte, l’ente concedente è tenuto ad applicare i criteri basati sulla parità di trattamento, massima partecipazione, proporzionalità e in particolare:
importo offerto rispetto a quello minimo[4]; qualità e condizioni del servizio offerto agli utenti e degli impianti; offerta servizi integrati che valorizzano gli aspetti culturali; l’incremento e la diversificazione dell’offerta turistico-ricreativa; obiettivi di politica sociale; impegno ad assumere personale di età inferiore a 36 anni; esperienza tecnica e professionale dell’offerente; valutare se l’offerente nei cinque anni precedenti abbia utilizzato una concessione quale prevalente fonte di reddito per sè e per il proprio nucleo familiare; in numero di concessioni di cui è titolare ciascun offerente al fine di garantire la massima partecipazione di tutti ed il numero di lavoratori del concessionario uscente che abbiano ricevuto da tale attività la loro prevalente fonte reddituale.
Quanto all’indennizzo, viene confermato che il concessionario uscente ha diritto ad un indennizzo da parte del nuovo concessionario determinato in base ad una perizia realizzata da un professionista ed il nuovo rapporto concessorio diviene definitivo solo dopo il pagamento di almeno il 20% dell’indennizzo da parte del concessionario uscente. Tuttavia, i criteri per definire l’entità economica dell’indennizzo sono stati demandati ad un ulteriore decreto ministeriale, da adottarsi entro il 31 marzo 2025.
Sul punto, è doveroso richiamare la legge regionale Toscana, 29 luglio 2024, n. 30[5], mediante la quale la Giunta Regionale, disponendo un riordino dell’intera materia delle concessioni marittime, ha altresì approvato le linee guida riguardanti la determinazione dell’indennizzo da corrispondere al concessionario uscente da parte di quello subentrante. È stato chiarito che per determinare l’indennizzo bisognerà valutare due elementi: il residuo ammortamento degli investimenti realizzati durante la concessione ed il valore reddituale dell’impresa turistico-balneare, elementi che dovranno essere determinati sulla base di una stima giurata presentata da un perito esperto il quale dovrà conformarsi alle norme UNI 11729/2018 “Linee guida per la stima del valore delle imprese concessionarie demaniali marittime, lacuali e fluviali a uso turistico ricreativo (imprese balneari)” e ai vigenti Principi Italiani di Valutazione.
Mentre, nei commi 10, 11 e 12 sono definiti i canoni concessori e l’entità dei singoli importi con i quali, il legislatore preliminarmente modifica l’art. 03, commi 1, lettera a), del d.l. n. 400 del 1993, che rielabora le classificazioni delle aree per la determinazione dei canoni e, successivamente si sofferma nuovamente sui criteri per calcolare i canoni prevedendo che l’aggiornamento degli importi sarà effettuato mediante le regole che verranno stabilite con decreto ministeriale entro il 31 marzo 2025, e che, in caso di mancata adozione dello stesso, saranno aumentati solo nella misura del 10%, mentre, nello specifico, per i canoni delle concessioni lacuali e fluviali sarà l’ente concedente a determinarne l’aumento.
In definitiva, con le nuove disposizioni legislative:
- è stata prevista una proroga al 30 settembre 2027 per le concessioni demaniali in essere;
- è stato inserito l’obbligo per le amministrazioni di provvedere all’avvio delle gare entro il 30 giugno 2027;
- sono stati specificati e pedissequamente elencati gli elementi per i bandi di gara nonché i criteri di valutazione delle procedure selettive;
- vengono indicati i termini minimi e massimi di durata delle concessioni;
- è stato confermato il diritto all’indennizzo per il concessionario uscente, i cui criteri di quantificazione economica saranno determinati con successivo decreto. Tuttavia, il calcolo dell’indennizzo non si baserà più sull’intero valore aziendale, come previsto dalla legge n. 118/2022 e dalla legge regionale Toscana sopra citata, ma viene limitato al valore degli investimenti effettuati e non ammortizzati e ad un’equa remunerazione sugli investimenti degli ultimi cinque anni;
- è stata confermata la facoltà per gli enti locali di imporre la demolizione delle strutture preesistenti a spese del concessionario uscente.
4. Il testo emendato dalla Camera dei Deputati: il comma 1 bis e il regime derogatorio nel settore dello sport.
Il 28 ottobre 2024 la Camera dei Deputati ha approvato la modifica dell’art.1 del d.l. n. 131 del 16 settembre 2024, inserendo all’art. 4 il comma 1 bis, con il quale è stato previsto che: “fermo restando l'obbligo di versamento del canone previsto, la disciplina di cui al presente articolo non si applica agli usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale relativi allo svolgimento delle attività di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, qualora dette attività sportive siano svolte da federazioni sportive, discipline sportive associate, enti di promozione sportiva, anche paralimpici, associazioni e società sportive dilettantistiche costituite ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2021 e iscritte nel Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 39, che perseguono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, e a condizione che detti usi del demanio marittimo, lacuale e fluviale possano essere considerati come attività non economiche in base al diritto dell'Unione europea”.
La modifica attuata è rilevante sul piano gestionale ed economico delle concessioni demaniali, atteso che le concessioni per le associazioni e società sportive dilettantistiche, che svolgono esclusivamente finalità sociali, ricreative e di promozione del benessere psicofisico, verranno attribuite in via diretta, senza la necessità di attivare una procedura di gara come previsto dalla Direttiva Servizi, ovvero attraverso la procedura stabilita dal Codice della Navigazione o dalle leggi regionali.[6]
L’intervento normativo de quo, che deriva dal Considerando n. 35[7] della Direttiva Servizi, determina due profili di criticità:
- il primo relativo alla esatta individuazione dei soggetti che rientrino nella fattispecie derogatoria prevista dal suddetto comma 1 bis. In particolar modo, è necessario che coesistano due condizioni ossia il perseguimento di una finalità sociale, ricreativa e di promozione del benessere psicofisico e che non venga svolta attività economica in base al diritto dell’UE;
- ed il secondo relativo all’applicazione della proroga al 30 settembre 2027 per questa tipologia di enti.
Alla luce delle suddette modifiche occorre determinare anzitutto cosa il legislatore intenda per “attività non economiche in base al diritto dell'Unione europea”.
Infatti, come chiarito più volte dalla giurisprudenza della CGUE la nozione di attività economica nel diritto UE si fonda su due elementi: a) la domanda e l’offerta di servizi, b) la “retribuzione” del o per il servizio definita come il corrispettivo economico della prestazione considerata; corrispettivo che è generalmente pattuito fra il prestatore ed il destinatario del servizio. Tuttavia, tale definizione risulta di complessa definizione tale per cui occorrerà valutare caso per caso l’effettiva portata dell’attività svolta.
Per quanto attiene al secondo profilo, è dubbio se la proroga al 30 settembre 2027, disposta dall’art. 3, comma 1, del d.l. n. 131 del 2024 sia applicabile anche a tali soggetti. Da un lato, infatti, potrebbe sostenersi che detta proroga non trovi applicazione alle concessioni di cui all’art. 4, comma 1-bis, della legge 118/2022 in quanto tali concessioni non sono soggette alle procedure di affidamento disciplinate dall’art. 4, comma 1, alla cui “ordinata programmazione” è preordinata la predetta proroga. Dall’altro lato, tuttavia, appare più conforme al dato letterale che detta proroga riguardi tutte le tipologie di concessioni, in quanto l’art. 3, comma 1, lett. a), non pone alcuna distinzione tra di esse.
In ogni caso, la proroga al 30 settembre 2027 trova necessariamente applicazione alle associazioni e società sportive dilettantistiche che hanno in concessione beni demaniali utilizzati anche per lo svolgimento di attività economiche, in quanto soggette all’applicazione delle procedure di cui all’art. 4.
5. Conclusioni.
Alla luce di quanto sopra, gli enti concedenti dovranno nel corso dei prossimi mesi avviare una ricognizione dei beni dei concessionari uscenti. Questi ultimi, a loro volta, dovranno predisporre una serie di attività in vista della pubblicazione dei bandi di gara. Come si è visto, infatti, saranno tenuti a presentare una stima giurata alle amministrazioni al fine di determinare l’indennizzo e l’eventuale ordine di demolizione delle strutture non amovibili.
Seguirà la predisposizione e pubblicazione dei bandi di gara da parte degli enti concedenti tenuto conto delle disposizioni di cui ai commi 2 e 4 dell’art. 4, del d.l. citato.
Le procedure proseguiranno con la valutazione delle offerte dei partecipanti alle gare sulla base dei criteri individuati dal comma 6 dell’art. 4 e dei punteggi predeterminati dagli enti concedenti. Esse si concluderanno con la stipula delle convenzioni entro sessanta giorni dalla data di efficacia delle aggiudicazioni.
Tuttavia, tali attività dovranno essere necessariamente anticipate nell’ipotesi in cui la giurisprudenza si pronunci nuovamente sulla proroga al 2027 nel senso della disapplicazione del termine indicato dal decreto Salva-Infrazioni.
[1] Art. 49 TFUE: “Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all'apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l'accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell'articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali”.
[2] Si rammenda che: “i principi enunciati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza del 9 novembre 2021, n. 17 sono tutt’ora validi dato che, a differenza della sentenza n. 18 del 2021, annullata per diniego di giurisdizione dalla sentenza delle sezioni unite n. 32559 del 23 novembre 2023, quest’ultima non risulta essere stata impugnata. Ne consegue che, alla luce di tali principi, le proroghe delle concessioni disposte dai comuni risultano tamquam non esset” (https://www.giustizia-amministrativa.it/-/105486-203).
[3] Nella causa C-598/22, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato, con decisione del 15 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 16 settembre 2022, nel procedimento Società Italiana Imprese Balneari Srl contro Comune di Rosignano Marittimo, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia del demanio – Direzione regionale Toscana e Umbria, Regione Toscana.
[4] Tale importo si riferisce al valore dell’indennizzo da riconoscere al concessionario. È rilevante osservare che l’offerta economica che il partecipante alla selezione sarà tenuto a presentare non riguarderà, pertanto, il canone della concessione, ma esclusivamente il predetto importo dell’indennizzo.
[5] Attualmente al vaglio della Corte Costituzionale, a seguito dell’impugnazione da parte del Governo, con delibera del Consiglio dei Ministri del 3 ottobre 2024, perché alcune disposizioni sono state ritenute in contrasto con la normativa nazionale ed europea per violazione dell’art. 117, co. 1, Cost., in relazione alla competenza statale sulle questioni del demanio pubblico e del co. 2, lett. e), in tema di tutela della concorrenza.
[6] A tal proposito bisogna tener conto dell’art. 39-ter della Legge Regionale del Lazio del 20 giugno 2002, a norma della quale «La Regione promuove i valori storico-culturali e sportivi delle associazioni sportive operanti nel territorio regionale, non aventi finalità di lucro, costituite ed in attività da almeno cento anni» e dell’art. 23 del Legge Regionale del Lazio del 7 agosto 2024, n. 17 che, in attuazione del Considerando n. 40 della direttiva 2006/123/CE, prevede che «al fine di assicurare la salvaguardia del patrimonio storico, culturale e artistico nonché gli obiettivi di politica sociale e dei valori sociali […] sono rinnovate, su istanza delle parti interessare, le concessioni per l’utilizzo del demanio idrico in deroga all’articolo 6 del regolamento regionale 3 gennaio 2022 , n. 1 [che prevede l’adozione di procedure selettive per il rilascio delle concessioni], per una durata superiore ad anni diciannove, previo accertamento da parte della direzione regionale competente della sussistenza dei motivi imperativi di interesse generale correlati alla salvaguardia dei valori sociali ed alla tutela del patrimonio, storico culturale e artistico» (v. in tal senso anche la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5157).
[7] Considerando n. (35): “Le attività sportive amatoriali senza scopo di lucro rivestono una notevole importanza sociale. Tali attività perseguono spesso finalità esclusivamente sociali o ricreative. Pertanto, esse non possono costituire un'attività economica ai sensi del diritto comunitario e non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva”.