Cons. Stato, Sez. V, 13 settembre 2024, n. 7573

(…) sebbene il termine per la stipula del contratto sia ordinatorio, non può essere rimesso ad libitum alla stazione appaltante in quanto, ove l’amministrazione procedente potesse costringere in ogni tempo l’operatore a concludere il contratto d’appalto, la relativa disposizione di legge risulterebbe completamente svuotata della funzione che le è propria; vale a dire quella di tutelare l'aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi (…). Infatti una volta che sia decorso il termine di centottanta giorni di validità dell’offerta, anche a volerlo considerare interrotto al momento dell’aggiudicazione, (…), e quello di sessanta giorni previsto per la stipulazione del contratto, l’ordinamento consente all’operatore economico, specie ove questi abbia visto mutare in senso peggiorativo le condizioni di esecuzione dell’appalto, di affrancarsi dall’impegno originariamente assunto (…)”. 

Pubblicato il 13/09/2024

N. 07573/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01790/2024 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1790 del 2024, proposto da
Renco S.p.A. in proprio e in qualità di mandataria del RTI costituito con I.F.M. Italiana Facility Management s.p.a., E.P.M. s.r.l., Romana Ambiente s.r.l., in relazione alla procedura CIG 918253753F, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Gennaro Terracciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Roma (ATER Roma), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Monica Viarengo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo D'Impresa S.p.A. - Invitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Lo Pinto, Fabio Cintioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Lo Pinto in Roma, via Vittoria Colonna 32

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. V, 19 gennaio 2024, n. 926, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ater del Comune di Roma e di Agenzia Nazionale per L'Attrazione degli Investimenti e Lo Sviluppo D'Impresa S.p.A. - Invitalia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Viarengo, Cintioli e La Fauci in dichiarata delega dell'Avv. Clarizia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con Bando pubblicato sulla G.U. n. 48 del 27 aprile 2022 Invitalia S.p.A. (d’ora in poi Invitalia) ha indetto, nella qualità di centrale di committenza per l'Azienda Territoriale per l'Edilizia Residenziale pubblica del Comune di Roma – ATER Roma (di seguito ATER), ai sensi degli artt. 37 e 38, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, una procedura per la conclusione di un accordo quadro per l’affidamento dei lavori volti alla riqualificazione degli immobili di proprietà dell’ATER, da attuarsi ai sensi dell’art. 119, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2020, n. 77 (cd. Superbonus 110%).

1.1. L’art. 7 del Disciplinare di gara ha previsto, in conformità all’indicata disciplina normativa, che “affinché gli interventi possano accedere alle detrazioni fiscali di cui agli artt. 119 e ss. della legge 17.07.2020 n. 77 e ss.mm.ii., i lavori oggetto della presente procedura dovranno essere conclusi entro e non oltre il 31.12.2023, e comunque entro la data del 30.06.2023 dovranno essere eseguiti per almeno il 60 % per cento dell'intervento complessivo, salvo nuovi termini disposti da proroghe di legge per le quali l’ATER si riserva l’eventuale opzione di validità”.

1.2. La gara era suddivisa in sei lotti di aggiudicazione, ciascuno per un valore di € 7.500.000,00 (comprensivi di oneri della sicurezza per € 1.000.000,00), con 2 operatori per ciascun lotto, da aggiudicare con il criterio dell’offera economicamente più vantaggiosa.

1.3. L’art. 4, sub 4.1., del Disciplinare, ha stabilito che “Nel caso in cui il numero di operatori economici partecipanti non risultasse sufficiente a garantire l’aggiudicazione di tutti i lotti in appalto, gli eventuali lotti deserti e i relativi plafond potranno essere assegnati agli operatori economici già aggiudicatari di altri lotti…”.

1.3.1. Era, altresì, previsto che le prestazioni dell’aggiudicatario sarebbero state compensate mediante il cd. “Sconto in fattura”, su ciascuno stato di avanzamento, ai sensi dell’art. 121, commi 1 e 1 bis, d.l. 19 maggio 2020, n. 34.

1.4. Alla procedura ha partecipato anche il RTI costituendo capeggiato da Renco S.p.A., capogruppo mandataria, con le società mandanti I.F.M. Italiana Facility Management S.p.A., E.P.M. S.r.l., Romana Ambiente S.r.l. (d’ora innanzi RTI Renco o Renco), presentando offerta per il solo lotto n. 4 che gli veniva aggiudicato da Invitalia in data 14 luglio 2022 (in relazione alla prima posizione conseguita, che l’abilitava ad eseguire lavori tra il 50 e il 70%).

1.4.1. Nel contempo Invitalia ha richiesto la disponibilità del RTI Renco all’affidamento di altri due lotti, le cui gare erano andate deserte, ovvero i lotti nn. 2 e 6, nonché della restante quota dei lavori del lotto n. 4.

1.4.2. Renco ha assentito all’affidamento dei suddetti lotti e, pertanto, in data 24 ottobre 2022, Invitalia ha disposto in favore del RTI Renco l’aggiudicazione definitiva dei suddetti lotti, dichiarata efficace, all’esito delle verifiche sui requisiti, in data 27 ottobre 2022.

1.5. Nelle more della stipula dei contratti (fissata per il 9 gennaio 2023), l’ATER, in data 4 novembre 2022, ha trasmesso una prima trance di documentazione di progetto in fase di approvazione; in data 18 novembre 2022 ha consegnato sotto le riserve di legge le aree relative agli interventi del lotto n. 4 Quadraro; in data 23 novembre 2022 il progetto approvato del lotto n. 4, Quadraro fabbr. n. 2, 3, 4, 5; in data 2 dicembre 2022 il progetto approvato del lotto n. 2, Cinquina B1, B2, C1, C2; infine, in data 19 dicembre 2022 è stata effettuata la consegna dei lavori relativi al lotto n. 4, Quadraro.

1.6. La ricorrente ha prodotto in data 15 dicembre 2022 l’atto di costituzione del R.T.I. e in data 21 dicembre 2022 l’ATER ha convocato le imprese aggiudicatarie per la sottoscrizione del contratto di accordo quadro in via telematica, fissandolo per la data del 9 gennaio 2023.

1.7. Peraltro, con nota del 4 gennaio 2023, la Renco ha evidenziato che “Il ritardo patito dall’RTI nella ricezione della documentazione progettuale esecutiva ed, in generale, nella definizione contrattuale definitiva dell’intervento costituiscono elementi oggettivamente ostativi alla realizzazione integrale delle lavorazioni potenzialmente richiedibili da parte dell’Amministrazione a causa dei limiti di carattere temporale che caratterizzano i benefici fiscali…” , domandando di procedere pertanto a diverse modifiche della proposta di accordo quadro (cfr. p. 5 del provvedimento impugnato).

1.8. L’ATER ha accolto le richieste di modifiche proposte dalla ricorrente in minima parte, mentre per la parte più consistente ha confermato il contenuto dell’accordo quadro.

1.9. In data 14 gennaio 2023 si è svolto un confronto telematico tra Renco ed ATER e all’esito di tale confronto Renco, con nota del 16 gennaio 2023, ha rappresentato di essere impossibilitata a stipulare il contratto del lotto n. 6.

1.10. Con successiva nota del 20 gennaio 2023 la Renco ha comunicato la decisione di non voler più stipulare i contratti afferenti a tutti i lotti di gara, considerata “la mancata sussistenza delle condizioni di tipo contrattuale-finanziario e tecnico per poter procedere alla sottoscrizione e relativa esecuzione delle attività”.

1.11. Nonostante la suddetta nota, l’ATER lo stesso giorno ha trasmesso la bozza dei tre accordi quadro, con invito alla firma entro il 24 gennaio 2023.

1.12. In data 23 gennaio 2023, l’ATER ha inoltrato alla ricorrente l’atto di diffida e costituzione in mora, intimando la stipula dei contratti, a cui la società ha replicato con comunicazione del 25 gennaio 2023, confermando la volontà di non stipulare.

1.13. Con PEC del 2 febbraio 2023 l’ATER ha notificato formale atto di diffida e costituzione in mora, al quale la Renco ha replicato con nota del 3 febbraio 2023.

1.14. In data 30 maggio 2023, con nota prot. 26682, l’ATER, ha comunicato l’avvio del procedimento di revoca dei provvedimenti di aggiudicazione della gara.

Renco ha formulato all’uopo le proprie controdeduzioni, con PEC del 13 giugno 2023, contestando integralmente il contenuto dell’atto di avvio del procedimento e replicando a tutti i rilievi formulati dall’ATER.

1.15. Con nota dell’11 luglio 2023, l’ATER, ritenute non condivisibili le osservazioni di Renco, ha comunicato l’intervenuta adozione della Determinazione Direttoriale n. 185 del 10 luglio 2023, recante revoca dell’aggiudicazione dei lotti d’appalto n. 2, Cod. CIG: 9182528DCF – n. 4, cod. CIG 9182535399 – n. 6, cod. CIG 918253753F.

Con la suddetta Determinazione l’ATER, oltre alla revoca, ha disposto di chiedere ad Invitalia di escutere la polizza fideiussoria presentata dal RTI Renco in sede di presentazione dell’offerta; di chiedere al RTI il rimborso delle spese di pubblicità sostenute dall’ATER; di procedere con la segnalazione del provvedimento all’ANAC.

2. La società pertanto ha impugnato innanzi al Tar per il Lazio, sede di Roma, detto provvedimento ed i relativi atti presupposti, con tre distinti ricorsi – uno per ciascun lotto - e segnatamente, relativamente al lotto n. 6, che viene qui in rilievo, con il ricorso R.G. n. 10318 del 2023, per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 21 septies l. 241/1990 e/o dell’art. 21 octies l. 241/1990. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Incompetenza. Nullità del provvedimento di revoca.

2) Violazione dell’art. 32, comma 8, d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Violazione dell’art. 1256 c.c. Eccesso di potere; illogicità manifesta; difetto del presupposto; difetto di istruttoria; perplessità.

3) Violazione dell’art. 32, comma 8 d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Eccesso di potere; illogicità manifesta; difetto del presupposto; difetto di istruttoria; perplessità.

4) Violazione dell’art. 32, comma 8, d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Eccesso di potere; illogicità manifesta; difetto del presupposto; difetto di istruttoria; perplessità.

3. Si sono costituite innanzi al Tar capitolino l’ATER, depositando documenti e controdeducendo a quanto sostenuto nell’atto introduttivo, nonché Invitalia, instando per il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo comunque nel merito il rigetto del ricorso.

4. Il primo giudice con la sentenza in epigrafe indicata ha respinto il ricorso.

5. Avverso tale sentenza il RTI Renco ha formulato, in tre motivi di appello, le seguenti censure:

1) Errores in procedendo ed in iudicando. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Carenza di motivazione. Illogicità; difetto di istruttoria.

2) Errores in iudicando. Violazione dell’art. 21 septies l. 241/1990 e/o dell’art. 21 octies l. 241/1990. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Incompetenza. Nullità del provvedimento di revoca.

3) Errores in iudicando. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Violazione dell’art. 32, comma 8, d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Violazione dell’art. 1256 c.c.. Eccesso di potere; illogicità manifesta; difetto del presupposto; difetto di istruttoria; perplessità.

6. Si sono costituite in resistenza l’ATER ed Invitalia.

6.1. In particolare Invitalia, con la memoria di costituzione ha riproposto, ex art. 101 comma 2 c.p.a., l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, chiedendo la propria estromissione dal giudizio, per essere la revoca dell’aggiudicazione imputabile unicamente all’ATER e per non potere comunque escutere la cauzione, come richiesto da quest’ultima, essendo la stessa venuta a scadenza senza che ne fosse stata chiesta l’estensione.

7. In vista della trattazione di merito della causa, le parti hanno depositato memoria di discussione diretta, ex art. 73 comma 1 c.p.a., e il RTI Renco ed Invitalia altresì memoria di replica, illustrando ulteriormente le loro posizioni.

7.1. L’ATER in particolare ha evidenziato di avere iniziato ad anticipare, ancor prima della sottoscrizione del contratto di accordo quadro, agli operatori aggiudicatari i progetti ed in particolare di avere trasmesso in data 4 novembre 2022, una prima trance di documentazione di progetto (doc. 13 di primo grado) sebbene in fase di approvazione e di avere inviato in dato 20 gennaio 2023 anche il progetto relativo al Lotto 6, quartiere Quarticciolo lotto unico fabbricato K (doc. 23 di primo grado), nonché in data 27 gennaio 2023 il progetto relativo Lotto di appalto 6, Quarticciolo lotto 1 fabbr. 2,3,4,5,7 (doc. 24 di primo grado), il tutto, in tesi, in tempo utile perché i lavori venissero realizzati secondo la tempistica dettata dalla legge, rimarcando che la lex specialis di gara prevedesse che i progetti dovessero essere trasmessi al momento della stipula dei contratti attuativi.

Ha pertanto insistito per il rigetto dell’appello, sulla base del rilievo che il RTI Renco era stata posto nelle condizioni di dare avvio ai lavori in tempo utile.

8. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 9 maggio 2024.

DIRITTO

9. Il presente giudizio inerisce la legittimità del provvedimento con cui l’ATER, imputando al RTI Renco la mancata stipula dell’accordo quadro, ha revocato l’aggiudicazione del lotto d’appalto n. 6, cod. CIG 918253753F, della procedura di gara curata da Invitalia, quale centrale unica di committenza, per conto dell’ATER, volta alla conclusione di un accordo quadro e dei successivi contratti attuativi per l’affidamento dei lavori relativi alla riqualificazione degli immobili di proprietà dell’ATER, da attuarsi ai sensi dell’art. 119, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla l. 17 luglio 2020, n. 77 (cd. Superbonus 110%).

9.1. Segnatamente, come esposto nella parte in fatto, l’appalto de quo è stato suddiviso in sei lotti territoriali, ai sensi dell’art. 51, comma 1 d.lgs. n. 50 del 2016, individuati con il criterio dell’indipendenza e dell’autonomia funzionale.

In ragione di tale “suddivisione”, infatti, è stato previsto un “vincolo” di partecipazione e di aggiudicazione, in base al quale ciascun operatore economico avrebbe potuto partecipare e presentare offerta per un solo lotto, con la precisazione che “ciascun lotto è finalizzato alla conclusione di un Accordo Quadro” da stipularsi “con un numero di 2 (due) operatori economici per ogni lotto, purché il numero di operatori che soddisfino i requisiti richiesti ovvero abbiano presentato offerte valide e convenienti, sia in numero sufficiente” (cfr. art. 4.1 del Disciplinare di Gara).

9.2. In considerazione del livello di complessità degli interventi da eseguire, la lex specialis ha previsto che la documentazione progettuale sarebbe stata fornita al momento della sottoscrizione dei singoli contratti attuativi e che, conseguentemente, i lavori oggetto di accordo quadro sarebbero stati affidati “mediante la sottoscrizione di singoli contratti attuativi” (cfr. art. 4 del Disciplinare di Gara).

9.3. Il RTI Renco, odierno appellante, aveva presentato offerta per il solo lotto n. 4 che viene qui in considerazione, che gli veniva aggiudicato da Invitalia in data 14 luglio 2022 (in relazione alla prima posizione conseguita, che l’abilitava ad eseguire lavori tra il 50 e il 70%); tuttavia Invitalia, in applicazione dell’art. 4, sub 4.1., del Disciplinare, secondo cui “Nel caso in cui il numero di operatori economici partecipanti non risultasse sufficiente a garantire l’aggiudicazione di tutti i lotti in appalto, gli eventuali lotti deserti e i relativi plafond potranno essere assegnati agli operatori economici già aggiudicatari di altri lotti…” richiedeva la disponibilità del RTI Renco all’affidamento di altri due lotti, le cui gare erano andate deserte, ovvero i lotti nn. 2 e 6, nonché della restante quota dei lavori del lotto n. 4.

9.3.1. Renco assentiva all’affidamento dei suddetti lotti e, pertanto, in data 24 ottobre 2022, Invitalia disponeva in suo favore l’aggiudicazione definitiva dei suddetti lotti, dichiarata efficace, all’esito delle verifiche sui requisiti, in data 27 ottobre 2022.

9.4. Una volta espletata la procedura di gara e, dunque, richiesto agli operatori aggiudicatari di trasmettere la documentazione necessaria ai fini della sottoscrizione dei contratti, è insorto un carteggio tra l’ATER ed il RTI Renco, dettagliato nella parte in fatto, all’esito del quale si è prevenuti all’adozione da parte dell’ATER del provvedimento di revoca delle aggiudicazioni per tutti e tre i lotti (nn. 2, 4 e 6).

9.5. In particolare, avendo l’ATER trasmesso i progetti “definitivo – esecutivi” di alcuni interventi riferiti ai lotti nn. 2 e 4, senza trasmettere in particolare i progetti definitivi – esecutivi del lotto n. 6 (avendo trasmesso una mera bozza prima della loro approvazione), Renco, a fronte dell’invito alla stipula dell’accordo quadro, fissato per la data del 9 gennaio 2023, con nota del precedente 4 gennaio, manifestava la difficoltà alla realizzazione integrale delle lavorazioni potenzialmente richiedibili da parte dell’Amministrazione, a causa dei limiti di carattere temporale caratterizzante i benefici fiscali, richiedendo pertanto nel contempo alcune modifiche contrattuali, in tesi idonee a garantire la realizzazione degli interventi e la copertura finanziaria degli stessi.

9.6. ATER accoglieva solo in parte le richieste di modifiche e all’esito di ulteriore interlocuzione, volta alla ricerca di una soluzione condivisa, Renco comunicava di non voler più procedere alla realizzazione anzitutto dei lavori di cui al lotto n. 6, che viene qui in considerazione, dichiarandosi disponibile, a determinate condizioni, a sottoscrivere un unico accordo quadro per i lotti nn. 2 e 4 (cfr. doc. 19 del fascicolo di primo grado dell’ATER), posizione questa che non veniva condivisa dall’ATER, la quale, non solo richiedeva di procedersi alla sottoscrizione di tutti gli accordi quadro (cfr. docc. 20, 21 e 22 del fascicolo di primo grado dell’ATER), ma provvedeva a trasmettere la progettazione “definitivo-esecutiva” di alcuni interventi, “ricadenti” proprio nel lotto n. 6 (cfr. docc. 23 e 24 del fascicolo di primo grado dell’ATER).

9.7. Il RTI Renco manifestava quindi la propria volontà di svincolarsi da qualsiasi impegno contrattuale con l’ATER, attesa l’insussistenza “delle condizioni di tipo contrattuale-finanziario e tecnico per poter procedere alla sottoscrizione e relativa esecuzione delle attività” con riferimento a tutti e tre i lotti aggiudicati (cfr. docc. 25 e 26 del fascicolo di primo grado dell’ATER).

9.8. A ciò è conseguito l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione, culminato nel provvedimento oggetto di impugnativa in prime cure, con cui l’ATER, nel revocare l’aggiudicazione in relazione a tutti e tre i lotti ha disposto altresì: (i) l’escussione della polizza fideiussoria presentata dal RTI Renco in sede di presentazione dell’offerta, per il tramite di Invitalia; (ii) il rimborso delle spese di pubblicità sostenute dall’Azienda per la procedura; infine, (iii) di procedere con la segnalazione del provvedimento all’ANAC (cfr. doc. 33 del fascicolo di primo grado dell’ATER).

10. Il giudice di prime cure, pur avendo chiarito che “l’effetto pregiudizievole dell’escussione della garanzie fideiussorie non si è avverato”, in ragione del fatto che le stesse erano venute a scadere prima dell’adozione del provvedimento impugnato e, quanto alla contestata segnalazione all’ANAC, che la stessa “si configura come atto prodromico ed endoprocedimentale e, come tale, non impugnabile, perché non dotato di autonoma lesività, potendo essere fatti valere eventuali vizi solo in via derivata impugnando il provvedimento finale dell’Autorità di Vigilanza, unico atto avente natura provvedimentale e carattere autoritativo”, ha deciso nel merito il ricorso, avendo riguardo alla sola legittimità del provvedimento di revoca, respingendolo.

11. Quanto all’asserita incompetenza di ATER a disporre la revoca dell’aggiudicazione, ha osservato che Invitalia era stata incaricata della selezione dei potenziali contraenti, rientrando invece nelle competenze della sola ATER la sottoscrizione e l’esecuzione dei successivi contratti; pertanto ogni determinazione susseguente l’aggiudicazione del contratto doveva ritenersi di competenza della stazione appaltante, unico soggetto a cui era rimessa la valutazione discrezionale in merito all’opportunità di sottoscrivere il contratto, ovvero di revocare l’aggiudicazione.

12. Ha inoltre disatteso le restanti censure, inerenti la legittimità del provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, invocando quell’orientamento giurisprudenziale, seguito anche da questa sezione, secondo il quale la revoca dell'aggiudicazione dell'appalto disposta dalla stazione appaltante a seguito del rifiuto, da parte dell'aggiudicatario, di stipulare il relativo contratto d'appalto, e ciò anche quando il termine per la stipula del contratto sia scaduto, è del tutto legittima, atteso che l’infruttuoso decorso del termine di cui all'art. 32, comma 8, del d.gs. n. 50/2016 previsto per la sottoscrizione del contratto di appalto non preclude affatto la possibilità di stipularlo, stante la natura meramente ordinatoria dello stesso, posto a tutela dell'aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi.

12.1. Da ciò deriverebbe, secondo il primo giudice che, di fronte all'inerzia dell'amministrazione che si sottrae all'obbligo di stipulare il contratto, l'operatore economico avrebbe di fronte a sé due opzioni: a) svincolarsi dalla propria offerta; b) proporre azione avverso il silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 del d.lgs. n. 104/2010 al fine di ottenere la condanna dell'amministrazione pubblica a provvedere.

In entrambi i casi, il presupposto legittimante sarebbe l'inerzia dell'amministrazione, inerzia che secondo il primo giudice non vi era stata, in quanto la ricorrente si era aggiudicata la gara, pretendendo poi di stipulare un contratto diverso rispetto a quello scaturito dalla procedura ad evidenza pubblica.

12.2. Secondo il primo giudice l'art. 32 comma 8 del Codice dei contratti, che la ricorrente assumeva violato sarebbe, a ben vedere, una disposizione applicabile solo quando il contratto che l'amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l'operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira.

La ripetuta manifestazione di volontà di addivenire alla stipula con condizioni contrattuali frutto di rinegoziazione tra le parti era pertanto del tutto incompatibile con quella di sciogliersi dal vincolo contrattuale.

12.3. A prescindere, inoltre, dall’imputazione della mancata conclusione del contratto all’una o all’altra parte contrattuale (accertamento che assumerebbe rilevanza solo quanto alle conseguenze che dalla revoca derivano, quali l’escussione della polizza fideiussoria o la segnalazione all’ANAC), il primo giudice ha ricordato che la giurisprudenza è consolidata nel senso di ritenere che negli appalti pubblici non sia precluso all'amministrazione di revocare l'aggiudicazione, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale si sia dato atto nella motivazione del provvedimento di autotutela, evidenziando come il rifiuto di stipulare il contratto a seguito di aggiudicazione di gara pubblica costituisca un fatto che può giustificare la revoca dell'aggiudicazione.

13. Ciò posto, in limine litis, prima di procedere alla disamina dei motivi di appello, occorre esaminare l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata da Invitalia, sulla quale il giudice di prime cure non si è pronunciato, ritualmente riproposta nei termini di rito, ex art. 101 comma 2 c.p.a..

13.1. Infatti secondo la giurisprudenza in materia solo nell’ipotesi in cui l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sia stata respinta dal primo giudice con pronuncia espressa, il relativo capo deve essere oggetto di impugnazione, formandosi su di esso il giudicato (Cons. Stato, ad. plen., 8 maggio 1996, n. 2; Id., 22 dicembre 1982, n. 21; Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2017, n. 4215; C.G.A.R.S. 13 maggio 2019, n. 428).

Pertanto se sull’eccezione il primo giudice non si è pronunciato, come nell’ipotesi di specie, la stessa può essere ritualmente riproposta con la memoria di costituzione, depositata nei termini di rito, ex art. 101 comma 2 c.p.a.

13.2. Ciò posto l’eccezione va respinta, dovendo la legittimazione passiva essere vagliata avuto riguardo a tutti gli atti oggetto di impugnativa.

Pertanto, in considerazione del rilievo che il RTI Renco in prime cure aveva impugnato, per quanto di interesse, la clausola della lex specialis di gara che prevedeva che la trasmissione della documentazione progettuale avvenisse al momento della sottoscrizione dei singoli contratti attuativi (cfr. art. 4 del Disciplinare di Gara), e che detta clausola è stata redatta da parte della medesima Invitalia, in qualità di centrale di committenza, sia pure sulla base delle indicazioni al riguardo fornite da ATER in qualità di stazione appaltante, l’eccezione va disattesa, restando per contro questione di merito la disamina della rilevanza di detta impugnativa rispetto al provvedimento di revoca, lesivo della posizione del RTI appellante, e attenendo pertanto semmai detta disamina alla regolamentazione delle spese processuali.

14. Quanto alla lesività del provvedimento di revoca va evidenziato, anticipando quanto verrà precisato nella disanima del primo motivo di appello, che - ad onta di quanto sottinteso dal primo giudice, con riferimento all’impossibilità di escussione della cauzione e alla non lesività della comunicazione del medesimo provvedimento ad ANAC - come la stessa vada ravvisata non tanto nella revoca ex se (attesa la volontà di Renco di non sottoscrivere più l’accordo quadro ed i contratti attuativi di tutti e tre i lotti) ma nell’accertamento compiuto dall’ATER dell’imputabilità della revoca al RTI Renco, considerazione questa che, sebbene inespressa nel pronunciamento del giudice di prime cure, è sottintesa alla pronuncia resa nel merito, che ha comunque ricondotto la revoca ad una fattispecie di (indebito) rifiuto alla stipula del contratto.

14.1. Infatti, a ragionare diversamente, a fronte della constatata volontà del RTI Renco di non addivenire comunque alla conclusione del contratto, alle condizioni previste dalla stazione appaltante (ovvero con riferimento indistintamente a tutti i lotti e senza le ulteriori modifiche richieste da Renco alle clausole contrattuali), il primo giudice sarebbe dovuto pervenire ad una pronuncia in rito di improcedibilità (quanto agli effetti pregiudizievoli relativi all’escussione della cauzione) ovvero di inammissibilità (quanto alla segnalazione ad ANAC), non avendo in particolare detto alcunché quanto alla richiesta di refusione delle spese di pubblicità, laddove, proprio sul presupposto dell’imputabilità della revoca alla condotta del RTI Renco, con il provvedimento impugnato sono state richieste all’operatore economico anche dette spese.

15. Ciò posto, quanto ai profili preliminari di rito, può procedersi al vaglio dei motivi di appello.

16. Con il primo motivo l’appellante critica la sentenza di prime cure per non avere debitamente considerato come il rifiuto di Renco di addivenire alla stipula dell’accordo quadro dovesse ritenersi del tutto giustificato, posto che a gennaio 2023 gli interventi dei tre lotti non erano ancora programmabili, in ragione della mancata stipula dei contratti entro i sessanta giorni dall’aggiudicazione, di problematiche riscontrate durante le consegne (peraltro parziali) delle aree, di carenze nella trasmissione degli elaborati progettuali, di esigenze di adeguamento del rapporto alla disciplina prevista per l’ottenimento del c.d. “superbonus” (e ciò al fine di poter ottenere la copertura finanziaria per un intervento del valore complessivo di € 22.500.000, a totale carico dell’appaltatore).

Pertanto legittimamente Renco aveva comunicato all’ATER di sciogliersi dall’impegno, considerato lo spirare del termine dei sessanta giorni per la stipula del contratto ex art. 32, comma 8, d.lgs. 50 del 2016 ed art. 23 del Disciplinare e “la mancata sussistenza delle condizioni di tipo contrattuale-finanziario e tecnico per poter procedere alla sottoscrizione e relativa esecuzione delle attività”.

La revoca delle aggiudicazioni disposta da ATER nel luglio 2023 (Determinazione Direttoriale n. 185 del 10.07.2023) si porrebbe pertanto, in tesi attorea, a valle di una vicenda in cui Renco aveva già formalizzato da tempo la decisione di non voler stipulare i contratti, in ragione della preclusione all’esecuzione di almeno il 60% dei lavori entro il 30.06.2023, ai fini dell’ottenimento del superbonus e quindi della copertura finanziaria dell’intervento.

Peraltro in alcun modo potrebbe essere imputata, nei termini ritenuti dall’ATER e con le connesse conseguenze pregiudizievoli, a Renco la revoca dell’aggiudicazione in relazione al lotto n. 6 in relazione al quale non aveva neanche presentato domanda.

Secondo parte appellante pertanto il Tar erroneamente non era entrato nel merito dell’accertamento della responsabilità della revoca dell’aggiudicazione, senza indagare, quindi, le ragioni che avevano giustificato la decisione di Renco di sciogliersi dal vincolo, con conseguente violazione del disposto dell’art. 112 c.p.c., oltre che con conseguente difetto di motivazione.

In tesi attorea il riferimento contenuto in sentenza al potere dell’amministrazione “di valutare e rivalutare la convenienza dell’operazione contrattuale alla luce degli interessi pubblici perseguiti” rappresenterebbe un assunto del tutto sganciato dai temi della controversia.

Infatti l’ATER non aveva revocato l’aggiudicazione per una sopravvenuta valutazione dell’interesse pubblico, bensì per fatto imputabile all’aggiudicatario, circostanza contestata sotto diversi profili dalla Renco, senza che il Tar avesse svolto alcun esame al riguardo.

17. Con il secondo motivo Renco lamenta l’erroneità della sentenza di prime cure, nel punto in cui aveva rigettato la censura di incompetenza dell’ATER ad adottare il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, richiamando al riguardo la giurisprudenza secondo la quale la revoca deve essere posta in essere dallo stesso organo che ha emanato il provvedimento di primo grado.

Peraltro, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, la circostanza che “ogni determinazione susseguente l’aggiudicazione del contratto sia di competenza della stazione appaltante” non poteva certamente comportare che la committente potesse adottare provvedimenti di autotutela inerenti atti adottati da altri soggetti; semmai post aggiudicazione si esauriva la fase pubblicistica, senza quindi che l’ATER potesse adottare atti autoritativi, oltretutto in termini di revoca.

18. Con il terzo motivo di appello il RTI Renco critica la sentenza di prime cure nella parte in cui aveva configurato la revoca come giustificabile in forza del rifiuto alla stipula del contratto, laddove per contro Renco aveva inteso sciogliersi dal vincolo, avuto riguardo al decorso del termine per la stipula, ex art. 32 comma 8 d.l.gs. 50 del 2016, e del rilievo che, avuto riguardo alla criticità dei progetti e alla non completa disponibilità delle aree, era diventato impossibile raggiungere l’obiettivo della realizzazione del 60% dei lavori entro il 30.06.2023 e pertanto si era ritenuta vanificata la copertura finanziaria dell’intervento, incentrata esclusivamente sul c.d. superbonus, non essendo assolutamente prevedibile l’ipotizzato inizio dei lavori al 1.02.2023.

18.1. In tesi attorea la circostanza che l’ATER avesse fornito il progetto di qualche quartiere rendeva palese che al momento della pretesa di assunzione dell’impegno contrattuale da parte del RTI Renco, la committente non avesse ancora contezza di tutti gli interventi da eseguire, avendone istruiti solo alcuni, pretendendo quindi l’assunzione unilaterale da parte dell’appaltatore di obblighi ancora indefiniti nell’an e nel quantum.

In particolare in relazione al Lotto 6, ad oltre metà gennaio 2023, non vi era alcuna informazione, e

nemmeno i progetti.

18.2. Parimenti la sussistenza di problematiche nelle aree, non risolte dall’ATER prima della stipula dei contratti, era circostanza che non consentiva di programmare e realizzare i lavori (almeno il 60%) entro 5 mesi.

18.3. Inoltre i cronoprogrammi forniti dall’ATER non permettevano in alcun modo di poter rispettare la condizione della realizzazione del 60% dei lavori entro il 30.06.2023, trattandosi di generici diagrammi che avevano come presupposto l’avvio già a gennaio, quando era pacifico che a quella data ancora non vi era traccia dei contratti attuativi (necessari per avviare la pratica del superbonus) e gli stessi non consideravano i tempi necessari per l’espletamento delle attività propedeutiche all’avvio dei lavori

18.4. Pertanto, considerate dette criticità, non essendo intervenuta la stipula del contratto nel termine previsto dall’art. 32 comma 8 d.l.gs. 50 del 2016, l’appaltatore era nel pieno diritto di potersi sciogliere dal vincolo, a maggior ragione considerata la stringente tempistica prevista per il finanziamento delle opere.

18.5. In tesi attorea pertanto del tutto illegittimo doveva intendersi il provvedimento di revoca, non avendo l’ATER congruamente valutato la problematica della copertura finanziaria dell’intervento, ed il giudice di prime cure erroneamente trascurato detto profilo.

18.6. Non condivisibile pertanto sarebbe la considerazione del Tar secondo cui non poteva trovare applicazione il disposto dell’art. 32 comma 8, d.lgs. 50 del 2016, in quanto l’ATER non era rimasta inerte e l’appaltatore aveva preteso “di stipulare un contratto diverso rispetto a quello scaturito dalla procedura ad evidenza pubblica”, valorizzando un precedente di questo Consiglio di Stato del tutto inconferente rispetto alla fattispecie de qua, posto che Renco aveva solo richiesto di inserire nei contratti alcune precisazioni volte a garantire la copertura dell’intervento con il c.d. superbonus (anche nell’interesse dei cessionari del credito), precisazioni che non avevano alcuna valenza sostanziale, non alteravano la natura generale del contratto, né implicavano esborsi da parte dell’ATER.

Peraltro l’unica giustificazione fornita al riguardo dall’ATER per negare detta modifica era costituita dall’esigenza di rispettare la par condicio concorrentium, giustificazione, in tesi attorea, del tutto priva di fondamento, posto che per i lotti nn. 2 e 6 non era stata presentata alcuna domanda e per il lotto n. 4 aveva presentato domanda solamente il RTI Renco.

18.7. Né peraltro, in tesi attorea, poteva valere la circostanza che l’ATER avesse presentato nel novembre 2022 progetti del tutto parziali e ineseguibili, trattandosi di bozze non definitive, con espressa avvertenza che i progetti potevano essere modificati in fase di approvazione.

18.7.1. Renco inoltre critica la sentenza di prime cure per non avere considerato le censure con le quali aveva confutato le contestazioni formulate dall’ATER (circa il rifiuto alla stipula dell’accordo quadro e dei conseguenti contratti attuativi, il mancato avvio dei lavori e l’infondatezza delle ragioni addotte all’esito della comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione), né l’impugnazione in via subordinata dell’art. 4 del Disciplinare, in quanto contrastante con gli artt. 33 Dir. UE 24/2014 e 54 d.l.gs. 50/2016 in tema di disciplina degli accordi quadro, nonché con la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia (C- 216/17), tutti univoci nell’esigere che già in sede di affidamento di accordi quadro siano rese note agli operatori tutte le informazioni necessarie (quindi nella specie le progettazioni) per consentire di formulare un’offerta seria e consapevole.

18.8. Peraltro i contratti di accordo quadro da stipularsi avevano ad oggetto tutti i lavori dei vari lotti aggiudicati, per cui contrariamente a quanto ritenuto da ATER, la trasmissione frammentata della progettazione afferente agli edifici in qualche quartiere (Quadraro e La Rustica per il lotto 4, Cinquina per il lotto 2, Quarticciolo per il lotto 6) non poteva assumere alcun significato ai fini dell’asserito adempimento dell’ATER, in quanto per nessuno dei tre lotti vi era la progettazione completa degli interventi da assumere con gli accordi quadro; pertanto l’appaltatore non era in grado di stabilire o quantomeno non aveva sufficiente contezza del quadro e dell’entità degli interventi da dover eseguire ai fini dell’ottenimento della provvista finanziaria.

18.9. Per il lotto n. 6 peraltro non era stata mai consegnata alcuna area, senza che quindi vi fosse contezza degli interventi da eseguire.

Ed in relazione a tale lotto, senza alcuna area consegnata e con una progettazione limitata ad un solo quartiere pervenuta a fine gennaio, risultava contrario ad ogni logica stigmatizzare l’omessa sottoscrizione dell’impegno negoziale, considerato che alla data del 9.01.2023 non solo non vi era una compiuta rappresentazione dell’oggetto contrattuale, ma difettavano altresì i presupposti per procedere alla sottoscrizione dei successivi contratti attuativi, risultando pacifico che a quella data non vi erano ancora le progettazioni.

18.10. Né, in tesi si parte appellante, assumerebbe rilievo la contestata tardiva trasmissione dei documenti per la stipula del contratto, posto che il contratto andava stipulato, al fine di rispettare i sessanta giorni di cui all’art. 32 comma 8 d.l.gs. 50 del 2016, entro il 26 dicembre 2022 – non avendo l’ATER richiesto alcuna differimento a Renco - per cui la trasmissione al 15 dicembre doveva considerarsi senz’altro tempestiva.

18.11. Né corrisponderebbe al vero che Renco avesse manifestato l’intenzione di sottoscrivere il contratto anche dopo lo spirare del termine dei sessanta giorni, in quanto il RTI, già con la missiva del 4 gennaio 2023, aveva evidenziato che il ritardo patito nella ricezione della documentazione progettuale fosse impeditivo alla realizzazione di tutti gli interventi richiedibili dall’ATER ed in questo senso aveva manifestato la disponibilità ad addivenire ad una stipula solo sulla scorta di modifiche da apportare alla disciplina contrattuale, all’uopo esplicitate, rappresentando poi con successiva missiva del 16 gennaio 2023 di non voler stipulare il contratto per il lotto n. 6.

18.12. Parimenti illogici, in tesi attorea, dovevano intendersi i rilievi dell’ATER sulle proposte di modifica degli accordi formulate da Renco.

19. Nel procedere al vaglio dei motivi di appello, quali innanzi esposti, giova precisare che il primo motivo verrà esaminato per primo solo nella parte in cui il RTI Renco lamenta la contraddittorietà della sentenza che, pur avendo ricondotto la revoca de qua ad una fattispecie di rifiuto alla stipula del contratto, non si era fatta carico di esaminare le ragioni di detto rifiuto e dunque la riconducibilità della responsabilità al RTI Renco, ovvero ad ATER, trattandosi di profilo che inerisce anche e soprattutto una questione preliminare di rito, ovvero l’interesse a ricorrere.

20. In questi termini il motivo è fondato posto che la sentenza per un verso sembrerebbe considerare irrilevante l’accertamento della responsabilità – in quanto avente riflessi solo sull’incameramento della cauzione, non più possibile, ovvero sulla segnalazione all’ANAC, ritenuta atto non immediatamente lesivo in quanto endoprocedimentale – per altro verso, nel momento in cui ha ricondotto la fattispecie de qua ad una figura di (indebito) rifiuto alla stipula del contratto, entrando peraltro nel merito, con rigetto del ricorso, ha evidentemente ritenuto sussistente la responsabilità di Renco, senza peraltro indagare le ragioni del rifiuto alla stipula e senza avere riguardo alla circostanza che nella fattispecie de qua non veniva in rilievo una revoca per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, ma una revoca imputabile all’asserito comportamento inadempiente di Renco, avente riflessi non solo sull’incameramento della cauzione e sulla segnalazione all’ANAC ma anche sulla richiesta di refusione delle spese sostenute per la pubblicità.

20.1. La restante parte del primo motivo di appello, ovvero l’erroneità della sentenza di prime cure, nel punto in cui aveva ritenuto sussistente un indebito rifiuto alla stipula del contratto, in quanto inerente la legittimità del provvedimento impugnato, verrà per contro trattato unitamente al terzo motivo, non solo per l’indubbia connessione fra i due motivi, in quanto fondati sugli stessi presupposti di fatto e di diritto, ma anche perché i motivi inerenti i vizi del provvedimento impugnato non possono che essere vagliati avendo riguardo a quanto statuito nel famoso arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2015, avendo parte appellante con il secondo motivo criticato la sentenza di prime cure nel punto in cui aveva respinto il primo motivo di ricorso, riferito al vizio di incompetenza.

Infatti, secondo quanto chiarito dall’Adunanza Plenaria con tale sentenza, pur essendo rimessa in generale alla parte ricorrente la graduazione dei motivi di ricorso, in senso vincolante per il giudice (graduazione peraltro da non confondersi con la mera numerazione dei motivi), a tale principio sfuggono le censure di carattere assorbente ex lege, come la censura di incompetenza, nelle sue varie configurazioni, non potendo in tal caso il giudice pronunciarsi su poteri non ancora esercitati, ex art. 34, comma 2, c.p.a., e dovendo pertanto tale censura essere esaminata per prima.

21. Pertanto, avuto riguardo alla tassonomia dei motivi di ricorso, quale fissata con tale arresto, verrà delibato primariamente il secondo motivo, ferme restando le precedenti riflessioni sul primo motivo, in quanto investenti il profilo preliminare di rito dell’interesse al ricorso.

22. Il motivo è infondato, dovendosi aderire sul punto alla prospettazione dell’ATER, peraltro condivisa dal primo giudice.

22.1. Infatti Invitalia ha operato quale centrale di committenza dell’ATER in virtù di una convenzione con cui la seconda ha delegato alla prima il potere di compiere attività per la ricerca del contraente (doc. 10 fascicolo di primo grado).

Come previsto dalla “Convenzione Quadro” tra l’ATER e Invitalia quest’ultima avrebbe dovuto svolgere esclusivamente “attività di centrale di committenza” (e, conseguentemente, indire e gestire “tutte le procedure volte all’aggiudicazione dei contratti di lavori, di prestazione di servizi, di acquisto di beni e forniture…”), mentre il contratto pubblico aggiudicato dalla centrale di committenza sarebbe stato stipulato direttamente tra l’ATER e l’operatore economico aggiudicatario del contratto stesso (cfr. punto 2.2 della Convenzione).

22.2. Per tale motivo le aggiudicazioni disposte dalla prima hanno assunto valore vincolante come se assunte dalla seconda in virtù di un rapporto di mandato. A ciò consegue che il provvedimento di aggiudicazione di Invitalia era rimasto nella disponibilità della stazione appaltante, che poteva disporne la revoca senza alcuna violazione dell’art. 21 quinques della l. 241 del 90, posto che la delega non comprendeva il potere di autotutela, pertanto correttamente esercitato dalla stazione appaltante, unica destinataria degli effetti dell’aggiudicazione. Tutta l’attività successiva alla fase di aggiudicazione, anche di tipo autoritativo, non era pertanto nella competenza di Invitalia che mai avrebbe potuto esercitare un potere che non era stato oggetto di delega.

22.3. Ciò si evince incontrovertibilmente anche dal doc. n. 32 depositato in prime cure da Invitalia, con cui la stessa ha trasmesso all’ATER tutta la documentazione inerente la procedura di gara all’esito della verifica dei requisiti, ex art. 32 comma 7 d.lgs. n. 50 del 2016, rappresentando pertanto che le attività espletate dalla Centrale di Committenza per conto dell’ATER dovevano intendersi concluse.

22.4. Pertanto fuori luogo appare il richiamo di parte appellante alla tesi del contrarius actus, posto che Invitalia aveva espletato la procedura di gara nell’ambito di una competenza delegata, per cui rimaneva intatto il potere di intervento in autotutela dell’ATER, in forza della competenza ad essa spettante in via propria, avuto riguardo alle sue funzioni istituzionali.

23. Per contro fondati, nel senso di seguito specificato, sono le censure di cui al primo motivo – per la parte non esaminata - e al terzo motivo di appello, da analizzarsi congiuntamente in quanto strettamente connesse.

23.1. La sentenza di prime cure ha infatti ritenuto legittimo il provvedimento di revoca sulla base del rilievo dell’indebito rifiuto di Renco alla stipula dell’accordo quadro e dei successivi contratti attuativi e del non ricorrere di alcuna inerzia da parte di ATER – ad onta di quanto ritenuto circa l’irrilevanza dell’addebitabilità della revoca all’una o all’altra parte – facendo peraltro riferimento ad un precedente di questa sezione (sentenza 14 luglio 2022, n. 5991) riferito ad una fattispecie del tutto differente, in cui l’operatore economico aveva richiesto, ancora prima che fosse decorso il termine per la stipula del contratto, ex art. 32 comma 8 d.lgs. 50 del 2016, modifiche al contratto, pretendendo di stipulare un contratto diverso da quello scaturito dalle operazioni di gara e, stante il rifiuto della stazione appaltante ed il successivo maturare del termine di cui sopra, aveva inteso rifiutare la sottoscrizione del contratto, laddove nell’ipotesi di specie tutto il carteggio tra Renco e l’ATER ha avuto inizio dopo il decorso di tale termine, ovvero a partire dalla nota del 4 gennaio 2023, alla ricerca di una soluzione concordata, nell’interesse comune delle parti.

In particolare con le note inviate Renco ha rappresentato le difficoltà all’esecuzione integrale degli interventi richiedibili dall’ ATER sulla base dell’accordo quadro, richiedendo modifiche alle clausole contrattuali, atte ad evitare il superamento dei termini per l’esecuzione degli interventi, quali fissati dalla disciplina di gara in conformità della normativa sul superbonus, nonché volte all’eliminazione dell’alea che in caso contrario sarebbe rimasta a suo totale carico.

23.2. Pertanto rispetto alla fattispecie de qua, il nodo cruciale è incentrato sul pericolo avvertito da Renco e palesato con le note trasmesse all’ATER, del venire meno della copertura finanziaria dell’appalto finanziato con i proventi del superbonus, avuto riguardo all’impossibilità di raggiungere entro una certa data un determinato importo dei lavori, circostanza determinante la decadenza delle risorse.

23.3. Al riguardo va infatti evidenziato che, come rappresentato nelle difese di parte appellante, l’appalto de quo non comportava un corrispettivo a carico della stazione appaltante, dovendo lo stesso essere conseguito dall’appaltatore tramite il c.d. superbonu110%, ma alla condizione (prevista sia dalla legge che dalla lex specialis) che entro il 30.06.2024 venisse realizzato almeno il 60% dei lavori.

Pertanto era necessario che sussistessero i presupposti per la realizzazione di tale obbiettivo, laddove, come lamentato da parte appellante ed emergente ex actis:

- l’aggiudicazione del lotto n. 4 al quale aveva partecipato Renco, risaliva al 14.07.2022; in considerazione della circostanza che era andata deserta la gara per l’affidamento della restante parte del lotto n. 4, nonché dei lotti nn. 2 e 6, Invitalia aveva chiesto a Renco la disponibilità all’affidamento anche di tali lotti e l’aggiudicazione era stata dichiarata efficace in data 27 ottobre 2022;

- per la stipula del solo accordo quadro era stata fissata la data del 9 gennaio 2023, allorquando peraltro non erano stati trasmessi i progetti definitivi ed esecutivi approvati relativamente a tutti i quartieri e a tutti gli edifici oggetto di appalto (cfr art. 4 del Disciplinare), ovvero un termine successivo al termine di sessanta giorni di cui all’art. 32 comma 8, d.lgs 50 del 2016 e dell’art. 23 del Disciplinare, senza che ATER avesse concordato con Renco il superamento di tale termine;

- alcuna data era stata ancora fissata per la stipula dei contratti attuativi, dai quali soltanto poteva sorgere il rapporto sinallagmatico, potendo darsi avvio ai lavori.

Quanto al lotto n. 6, solo in data 27 gennaio, allorquando era già intervenuto il rifiuto di Renco alla stipula di tale lotto (in data 16 gennaio) nonché il rifiuto alla stipula per la totalità dei lotti (in data 20 gennaio) l’ATER aveva trasmesso la progettazione, peraltro parziale del lotto n, 6, riferita al quartiere Quarticciolo fabbr. 2,3,4,5,7 (doc. 24 di primo grado), avendo in precedenza trasmesso una mera bozza precedente l’approvazione, nonché in data 20 gennaio, dopo la ricezione della nota di Renco, il progetto relativo al Lotto 6, quartiere Quarticciolo lotto unico fabbricato K.

24. Né rileva, onde imputare il ritardo alla stipula del contratto al RTI Renco, la circostanza che lo stesso avesse trasmesso la documentazione necessaria solo in data 15 dicembre, posto che detta trasmissione era comunque intervenuta in tempo utile per la stipula entro il termine di legge di sessanta giorni.

25. Del pari non rileva che in base alla lex specialis di gara (art. 4 del Disciplinare) gli elaborati progettuali avrebbero dovuto essere trasmessi al momento della stipula dei contratti attuativi, posto che - in disparte dalla circostanza che detta clausola è stata oggetto di impugnativa in via subordinata ad opera di Renco - la stessa non poteva che presupporre la tempestività della stipula, non solo dell’accordo quadro, ma anche dei contratti attuativi, in tempo utile per l’avvio dei lavori e la fruizione del beneficio del superbonus.

25.1. Ciò senza tralasciare di considerare la ravvisata non totale disponibilità delle aree dei lotti n. 2 e 4 e pertanto l’impossibilità di avvio dei lavori nei termini indicati nel cronoprogramma predisposto dall’ATER, che non aveva neppure tenuto conto delle attività propedeutiche (es. acquisto dei materiali dai fornitori, definizione delle pratiche per l’occupazione del suolo pubblico etc..).

26. Nonostante tali problematiche il RTI Renco non ha chiuso nell’immediato alla prosecuzione del rapporto, richiedendo alcuni aggiustamenti alla disciplina dell’accordo quadro al fine di pervenire all’obiettivo della realizzazione del 60% dei lavori entro il 30.06.2023 e quindi alla copertura economico – finanziaria dell’intervento.

26.1. A fronte della chiusura della stazione appaltante sul punto, ha dapprima dimostrato la disponibilità all’esecuzione dei lavori per alcune parti dei lotti nn. 2 e 4, con stralcio del lotto n. 6, relativamente al quale non era stata trasmessa la documentazione progettuale, e poi, considerato il rifiuto della stazione appaltante ad addivenire alla stipula per una sola parte degli interventi programmati, ha inteso sciogliersi dal vincolo, considerato tra l’altro il decorso del termine fissato dall’art. 32 comma 8, d.l.gs. 50 del 2016.

27. Alla luce delle evidenziate emergenze fattuali, il rifiuto alla stipula del contratto non poteva essere considerato come indebito, con conseguente imputazione della responsabilità della revoca dell’aggiudicazione a Renco.

27.1. Ed invero, come osservato di recente da questa sezione con la sentenza 22 febbraio 2024 n. 1774, riferita a fattispecie per certi versi analoga “sebbene il termine per la stipula del contratto sia ordinatorio, non può essere rimesso ad libitum alla stazione appaltante in quanto, ove l’amministrazione procedente potesse costringere in ogni tempo l’operatore a concludere il contratto d’appalto, la relativa disposizione di legge risulterebbe completamente svuotata della funzione che le è propria; vale a dire quella di tutelare «l'aggiudicatario, il quale deve poter calcolare ed attuare le scelte imprenditoriali entro tempi certi» (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 luglio 2022, n. 5991, § 28.5, nonché Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 2020, n. 6620).

Infatti una volta che sia decorso il termine di centottanta giorni di validità dell’offerta, anche a volerlo considerare interrotto al momento dell’aggiudicazione, come rilevato dal primo giudice, e quello di sessanta giorni previsto per la stipulazione del contratto, l’ordinamento consente all’operatore economico, specie ove questi abbia visto mutare in senso peggiorativo le condizioni di esecuzione dell’appalto, di affrancarsi dall’impegno originariamente assunto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 ottobre 2020 n. 6620).

E’ pur vero che secondo quanto ritenuto da questa sezione con la sentenza 14 luglio 2022, n. 5991, che l’art. 32 comma 8 del Codice dei contratti è una disposizione che si applica quando il contratto che l’amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l’operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira, ma il condivisibile principio individuato in tale sentenza è riferito a fattispecie del tutto differente da quella di cui è causa, come ben evidenziato da parte appellata: in quel caso, l’operatore economico aggiudicatario aveva sin da subito avanzato richieste di modifica delle condizioni contrattuali, e proprio per tale ragione, e cioè per la necessità di interloquire sul punto tramite un apposito carteggio, la stazione appaltante aveva formulato tardivamente la convocazione alla stipula del contratto d’appalto ….Per contro nell’ipotesi di specie, si è dapprima assistito all’infruttuoso decorso del termine stabilito dalla legge per la stipulazione del contratto; e solo in un secondo momento, a partire dal mese di aprile 2022, quando ormai l’impresa poteva legittimamente decidere di svincolarsi dall’impegno assunto in gara, essa aveva fatto presente che sarebbe stata disponibile a realizzare l’opera unicamente a fronte di un integrale riequilibrio del sinallagma.

La circostanza che l’amministrazione non intendesse dar seguito alla richiesta dell’aggiudicataria, considerandola contra legem, […….] non legittimava pertanto l’Amministrazione a tenere un comportamento inerte per altri mesi, per poi imputare all’aggiudicataria la mancata stipula del contratto, in quanto la medesima amministrazione, come correttamente ritenuto dal primo giudice “laddove avesse ritenuto (come, di fatto, ha ritenuto) che non vi fosse margine in tal senso, altro non avrebbe potuto/dovuto fare che prendere lealmente atto della volontà legittimamente manifestata dall’aggiudicataria e, poi, assumere le conseguenti determinazioni per assicurare, se ancora di suo interesse, la realizzazione dei lavori che qui vengono in rilievo”.

27.2. Né peraltro può assumere rilievo la circostanza che fosse stata disposta una consegna senza riserve per alcune aree del lotto n. 4 e n. 2.

Infatti come chiarito da questa sezione con l’indicata sentenza 22 febbraio 2024 n. 1774 “la consegna anticipata ed urgente dei lavori, nelle more della stipula del contratto, deve comunque intendersi sotto la riserva di legge della successiva stipula, che non può che avvenire in tempi celeri, una volta concluse le verifiche ad opera della stazione appaltante ed acquistata l’efficacia del contratto, non potendo i tempi di detta stipula essere ad libitum rimessi alla volontà della stazione appaltante…” [….]. “La stazione appaltante può certamente procedere alla consegna dei lavori in via d’urgenza, «nelle more della verifica dei requisiti di cui all’art. 80, d.lgs. 50 del 2016, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura»; ma ciò evidentemente non la esime dal dare tempestivamente corso alla stipulazione del contratto, una volta che le predette verifiche si siano concluse”.

28. Pertanto, a fronte del quadro fattuale innanzi delineato, avuto riguardo al mancato raggiungimento di una soluzione concordata volta in primis alla delineazione degli interventi effettivamente eseguibili nei termini di legge per potere usufruire del superbonus – unica forma di corrispettivo per l’appaltatore - questi era nel pieno diritto di sciogliersi dal rapporto.

29. In tale quadro la stazione appaltante ben avrebbe potuto consentire questo scioglimento e procedere alla revoca dell’aggiudicazione non per responsabilità dell’aggiudicatario – come avvenuto – ma per venire meno della copertura finanziaria.

E’ infatti noto che la carenza originaria o sopravvenuta della copertura finanziaria rappresenti una valida ragione per disporre la revoca dell’affidamento di un appalto pubblico, anche all’indomani della stipula di quest’ultimo e, quindi, a fortiori allorquando il contratto non sia stato ancora concluso.

30. Ciò senza tralasciare di considerare che le condotte stigmatizzate da parte appellante - ovvero il ritardo dell’ATER nella stipula del contratti e nella definizione dei progetti, oltre la totale chiusura dalla stessa dimostrata alla ricerca di una soluzione concordata, che consentisse la realizzazione almeno di alcuni interventi - avuto riguardo alla circostanza che in relazione ai lotti oggetto di aggiudicazione a Renco non era stata presentata alcun’altra domanda e che era impossibile bandire una nuova gara, stante la tempistica degli interventi per l’utilizzo del superbonus, non si sono rilevate dal tutto in linea con il principio del risultato

Trattasi di principio che seppure codificato solo con il nuovo codice dei contratti (d.lgs. n. 36 del 2023), non applicabile ratione temporis alla fattispecie di cui è causa, doveva intendersi immanente nel sistema, come evidenziato dalla giurisprudenza (ex multis Cons. Stato, sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812; Cons. Stato sez. VII, n. 5789 del 2024) o comunque utilizzabile in chiave interpretativa anche rispetto a fattispecie regolate dal d.lgs. 50 del 2016 (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).

Del pari la condotta tenuta da ATER si pone in contrasto con il principio della fiducia, codificato dal d.lgs. 36 del 2023, e da utilizzarsi in chiave interpretativa in quanto strettamente correlato con il principio del risultato.

30.1. L'art. 1, d.lgs. n. 36 del 2023 che ha codificato il principio del risultato è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri.

Tale articolo, collocato in apertura della disciplina del nuovo codice, dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell'affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza

Si tratta pertanto di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l'azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell'obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l'intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto (Cons. Stato, sez. V, n. 1924 del 2024 cit.)

Il principio della fiducia di cui all'art. 2 del nuovo Codice amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della P.A., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.

Tale fiducia, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l'interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento (Tar Campania Napoli, sez. V, 6 maggio 2024, n. 2959).

Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l'intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell'intervento medesimo (Cons. Stato, sez. V, n. 1294 del 2024; Cons. Stato, sez. VII, n. 5789 del 2024 che ha ritenuto che nell’ipotesi di specie l’eccessiva “rigidità” della piattaforma informatica approntata per la presentazione delle offerte, unita all’eccessivo “formalismo” con cui la stazione appaltante aveva gestito la gara, arrestata sul nascere, avessero nella sostanza frustrato i riportati principi che sebbene codificati soltanto con il d.lgs. n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla fattispecie, rappresentano comunque principi già immanenti dell’ordinamento).

31. Alla stregua degli indicati rilievi, l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va annullato il provvedimento impugnato.

32. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie - mancata presentazione di altre domande per i lotti oggetto del provvedimento di revoca, con conseguente necessità di affidamento al RTI Renco, unitamente alla ristrettezza dei tempi per l’esecuzione dei lavori - per compensare le spese del doppio grado di giudizio fra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla la Determinazione Direttoriale dell’ATER n. 185 del 10.07.2023 nella parte recante revoca dell’aggiudicazione del lotto d’appalto n. 6 Cod. CIG: 918253753F.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati:

 

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento del giudice amministrativo di secondo grado ha chiarito che l’operatore economico aggiudicatario di una gara pubblica di appalto ha il diritto di sottrarsi all’atto di stipula del contratto, per motivi ostativi alla conservazione dell’equilibrio contrattuale in divenire, nel caso in cui si compie il termine ordinatorio di stipula ascrivibile, però, alla condotta inerte dell’amministrazione.

A tale riguardo, si osserva che la suesposta impostazione esegetica si distingue da quella ulteriormente maturata nel diverso caso del non compimento del predetto termine di stipula previsto dalla legge. Questo ultimo approdo giurisprudenziale, difatti, non ammette che l’aggiudicatario ha il diritto di non stipulare il contratto, con la stazione appaltante, anche in caso di sopravvenienze. Le ragioni (apparentemente più rigide) di tale ultima posizione, del resto, riposano sulla valorizzazione della normale dinamica dell’alea contrattuale da sopportare in ossequio ad un sacrificio apprezzabile di autoresponsabilità del professionista, per motivi di tutela degli interessi pubblici generali.

Sennonché, dal confronto delle due premesse tesi esegetiche, il cui punto di non contatto è pantografato dalla latitudine del superamento o meno del termine di stipula del contratto da parte dell’amministrazione, e passando ad illustrare la fattispecie concreta scrutinata dal Consiglio di Stato, si rileva, in primo luogo, che all’origine delle contestazioni rivolte all’attività amministrativa c’era una gara di appalto pubblico interamente da finanziarie con il cosiddetto Superbonus 110 % (art. 119 del D.L. n. 34/2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77/2020); e che la causa in concreto del contratto, pertanto, atteneva all’interesse effettivo del privato aggiudicatario alla detrazione fiscale, di cui l’impresa avrebbe beneficiato per gli interventi di efficienza energetica, pure con l’eventuale cessione del credito, se le spese fossero state eseguite, però, entro il termine del 30/06/2023 almeno sul 60% dei lavori da realizzare e da documentare.

In secondo luogo, peraltro, si osserva che il rapporto sinallagmatico non afferiva ad un corrispettivo da porre a carico dell’amministrazione e che l’attività amministrativa era regolata dal secondo codice dei contratti pubblici, in ossequio al principio tempus regit actum (art. 32, co. 8, del d.lgs. n. 50/2016).

Infine, in terzo luogo, che il nucleo essenziale della contestazione della parte ricorrente era circoscritto all’illegittimo addebito alla sua condotta della lesione della buona fede oggettiva nel non addivenire all’atto (tardivo) di stipula, stante la tesi della difesa della stazione appaltante (accolta dal T.A.R.) dell’impossibilità per la parte pubblica di non uniformarsi alle presupposte regole del disciplinare di gara, con particolare riguardo a quelle tecniche della/e commessa/e da eseguire, che si riverberavano, come offerta, sull’oggetto del contratto nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Da qui, il punto nodale della controversia intercettato dal nocciolo duro di doglianza del portato motivazionale del provvedimento amministrativo ascritto alla responsabilità dell’aggiudicataria, da cui ne sono derivate: la revoca dell’aggiudicazione, l’escussione della polizza fideiussoria, il rimborso delle spese di pubblicità sostenute dalla medesima stazione appaltante e la segnalazione all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

Sicché, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di prime cure, il Consiglio di Stato ha accolto la censura dell’operatore economico ricorrente in appello istillata sulla legittimità della sua condotta, in ragione della causa in concreto del contratto da stipulare (Superbonus 110 %) e della valorizzazione del bene giuridico tempo, attinto dal conseguente ritardo colpevole dell’amministrazione nell’atto di stipula.

Invero, il collegio giudicante di ultima istanza della giustizia amministrativa dello Stato italiano ha dato continuità alla recentissima posizione ermeneutica maturata in materia di tutela dell’aggiudicatario, quale sintesi di un approdo favorevole alla parte giuridica privata, che deve ponderare il calcolo delle scelte imprenditoriali entro tempi certi, con la competitività nel mercato interno dell’Unione europea, in omaggio ai principi di risultato e di fiducia già generalmente immanenti nell’ordinamento giuridico domestico rispetto alla loro, attuale, tassativa collocazione nel terzo codice dei contratti pubblici (artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 36/2023). Conseguentemente, il giudicante ha accertato giurisdizionalmente che la data di stipula era stata fissata dalla pubblica amministrazione ben oltre il termine del 30/06/2023 di realizzazione di almeno il 60% dei lavori appaltati rispetto agli intervenuti tempi di aggiudicazione definitiva dei tre lotti, confinando, inoltre e come effetto, la causa in concreto del contratto a fattore oramai svuotato di contenuti patrimoniali per l’aggiudicatario. In particolare, poiché lo spirare del termine di stipula dei sessanta giorni successivi all’aggiudicazione (art. 32, co. 8, del d.lgs. n. 50/2016) era ascrivibile alla sola inerzia dell’amministrazione. Cionondimeno, nell’acclarata circostanza fattuale che l’aggiudicatario stesso aveva più volte sollecitato puntualmente la stipula, finanche rendendosi disponibile a rimodulare gli obblighi contrattuali non in maniera eccentrica, ma ragionevolmente calibrata sulle sopravvenute obiettive modifiche contrattuali da attuare, perché estranee alla sua normale alea ed allo stesso tempo diligentemente informate alla rilevante condotta corretta da esigere, in tema di equilibrio contrattuale in divenire nel ponderato bilanciamento proporzionale degli interessi pubblici e privati contrapposti.

In conclusione, l’esaltazione della ragionevolezza del termine, ancorché ordinatorio e non perentorio, di stipula del contratto pubblico previsto dalla legge e come limite all’inerzia dell’attività amministrativa, pare potere preservare la tutela degli interessi imprenditoriali economici, finanziari e non per ultimi patrimoniali, risultando ostativi a quelli pubblici generali, tutte le volte in cui la mancata stipula del contratto è addebitabile a condotte dilatorie della stazione appaltante, secondo l’interpretazione sistematica e teleologica delle disposizioni normative di riferimento in vigore enucleate dalla giurisprudenza in rassegna del giudice della nomofilachia amministrativa.

Per le surriferite ragioni il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, ha accolto il ricorso in appello ed ha riformato la sentenza del collegio giudicante di primo grado annullando la determinazione della stazione appaltante e dichiarando, tuttavia, la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio fra tutte le parti, per le eccezionali e le gravi ragioni accertate nella peculiare fattispecie delibata.