sommario: 1. I costi della manodopera, gli oneri aziendali per la sicurezza sui luoghi di lavoro e il beneficio del c.d. soccorso istruttorio: l’excursus storico della disciplina e le posizioni giurisprudenziali. - 1.1. Dalle origini al Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 16. - 1.2. In vigenza del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. - 1.3. In vigenza del D.lgs. 31 marzo 2023 n. 36. - 2. Un caso applicativo recente. - 3. Spunti e riflessioni

 

1. I costi della manodopera, gli oneri aziendali per la sicurezza sui luoghi di lavoro e il beneficio del c.d. soccorso istruttorio: l’excursus storico della disciplina e le posizioni giurisprudenziali.

I costi della manodopera e gli oneri aziendali in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro sono al centro di un fervido e vivace dibattito, vuoi in dottrina vuoi in giurisprudenza, sotto molteplici profili.

Nel presente lavoro si intende soffermarsi, in particolare, sul profilo che attiene al rapporto di tali costi e oneri con l’esclusione dalla gara pubblica e il beneficio del c.d. soccorso istruttorio, su cui in passato sono affiorate criticità giurisprudenziali e ora sembrano giungere segnali percepibili di un apporto chiarificatore[1].

Stante la complessità e la rilevanza della questione si impongono talune riflessioni sull’evoluzione normativa e giurisprudenziale sia dei predetti costi e oneri sia dell’istituto del soccorso istruttorio.

 

1.1. Dalle origini alla vigenza del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 16 e degli interventi successivi.

In vigenza del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture per quel che concerneva i costi della manodopera e gli oneri aziendali per la sicurezza l’art. 86 prevedeva nel comma 3 bis che “gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”. Con la precisazione che “il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”.

Riguardo ai costi della manodopera, si poi sono susseguiti vari interventi normativi, i quali, tuttavia, pur se caratterizzati dall’intenzione di contrastare i fenomeni di lavoro irregolare, hanno comportato notevoli difficoltà applicative.

Con il Decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, c.d. “Decreto Sviluppo”, convertito dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106, veniva introdotto il comma 3 bis nell’art. 81 del D.lgs. n. 163/2006, il quale, in materia di offerta economicamente più vantaggiosa, era formulato nei seguenti termini: “l’offerta migliore è determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. Scopo della norma, che prevedeva lo scorporo della manodopera dagli importi non assoggettabili a ribasso, era proprio quello di scongiurare comportamenti illeciti dovuti alla necessità di compensare gli eccessivi ribassi agendo sui minimi salariali o attraverso l’utilizzo irregolare di manodopera.

Tale disposizione, tuttavia, comportava difficoltà operative sia per le stazioni appaltanti in fase di redazione dei bandi di gara sia per gli operatori in fase di contabilità dell’opera. Di tal che, veniva abrogata dopo pochi mesi dalla sua entrata in vigore dall’art. 44 del Decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 (decreto Monti - Salva Italia) convertito dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Sempre in ambito di costo della manodopera, con il Decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 c.d. “decreto del fare”, convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, all’interno dell’art. 82, D.lgs. n. 163/2006, rubricato “criterio del prezzo più basso”, veniva introdotto il comma 3 bis, il quale prevedeva che: “il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.”. La finalità della norma era quella di assicurare che l’affidamento dei contratti pubblici avvenisse nel pieno rispetto degli obblighi prescritti per la tutela dei diritti (retributivi e contributivi) dei lavoratori impiegati nell’esecuzione delle commesse pubbliche.

Anche la nuova disposizione non era esente da notevoli problemi applicativi, come rilevato dall’Autorità anticorruzione, che, con Atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014, evidenziava le criticità connesse alla sua interpretazione, che di fatto la rendevano inapplicabile[2].

Quanto agli oneri aziendali per la sicurezza, il D.lgs. n. 163/2006 vi faceva cenno relativamente alla verifica delle offerte anormalmente basse, prevedendo nell’art. 87, comma 4 che non erano ammesse giustificazioni su tali costi. Essi riguardavano le spese aziendali necessarie alla risoluzione dei rischi specifici propri dell’appaltatore, relative sia alle misure per la gestione del rischio dell’impresa sia alle misure operative per i rischi legati alle lavorazioni nell’esercizio dell’attività svolta da ciascun operatore economico. A titolo di esempio, tra gli oneri aziendali per la sicurezza, si richiamano i dispositivi di protezione individuale (Dpi), la sorveglianza sanitaria, la gestione delle emergenze, la formazione, l’informazione e l’addestramento, il servizio di prevenzione e protezione dei rischi. Si trattava di somme conseguenti ad attività che l’appaltatore doveva realizzare ex lege[3].

Gli oneri aziendali per la sicurezza a loro volta vanno distinti dai costi della sicurezza, allora definiti dall’art. 100 del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico Sicurezza). Essi derivavano dall’analisi eseguita dalla stazione appaltante o dal coordinatore della sicurezza in fase di progettazione, ove nominato, all’interno del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC)[4]. Tali costi, cui l’impresa era vincolata contrattualmente, rappresentavano “l’ingerenza” del committente nelle scelte esecutive della stessa e attenevano esclusivamente alle spese connesse al coordinamento delle attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze o sovrapposizioni, nonché a quelle spese degli apprestamenti, dei servizi e delle procedure necessarie per la sicurezza dello specifico cantiere, secondo le scelte involgenti la discrezionalità tecnica del coordinatore della sicurezza in fase di progettazione o della stazione appaltante, valutate attraverso un computo metrico preciso. I costi della sicurezza erano compresi nell’importo totale dei lavori e individuavano la parte del costo dell’opera da non assoggettare a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici.

La differenza sostanziale fra le due categorie consisteva, pertanto, nella diversità delle caratteristiche e della funzione dei relativi obblighi gravanti, rispettivamente, sulla stazione appaltante e sull’operatore economico. Infatti, mentre la quantificazione dei costi della sicurezza era rimessa alle stazioni appaltanti, che li indicavano nel bando di gara, la determinazione e l’indicazione in sede di offerta degli oneri aziendali per la sicurezza rappresentava un obbligo posto a carico degli operatori economici concorrenti. I costi della sicurezza attenevano, dunque, allo specifico appalto come definito dalla stazione appaltante, gli oneri aziendali per la sicurezza erano costi interni che l’impresa sosteneva per la sicurezza nell’ambito dell’espletamento della propria attività economica[5].

Ebbene, passando ad esaminare il tema del soccorso istruttorio, merita rilevare che l’istituto de quo, quale strumento di leale collaborazione con cui la stazione appaltante chiede al concorrente, in presenza di carenze formali e ferma l’immodificabilità della propria offerta, di sanare, integrare o chiarire la documentazione presentata in gara, costituisce espressione di sovraordinati principi di matrice europea, come tutela della concorrenza, massima partecipazione e proporzionalità.

Quanto alla ratio dell’istituto di cui trattasi, esso mira ad evitare che eventuali irregolarità o inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse della stessa stazione appaltante, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore per vizi procedimentali facilmente emendabili[6].

È acquisito infatti che lo scopo della gara è attuare la massima concorrenza nel mercato, selezionando la migliore offerta in rapporto alle concrete esigenze della stazione appaltante; le procedure ad evidenza pubblica hanno lo scopo di premiare il merito degli operatori privati, stimolandone efficienza e innovazione, non di minare e rallentare le missioni degli apparati pubblici. Conseguentemente gli errori, le omissioni dichiarative e documentali che non intaccano le garanzie sostanziali (errata corrige, il possesso dei requisiti prescritti dalla legge di gara) in quanto non alterano in alcun modo il leale confronto competitivo non avvantaggiano nessun concorrente a discapito degli altri e pertanto non possono avere portata espulsiva[7].

L’istituto rinviene il proprio fondamento normativo nell’ordinamento europeo.

Invero, è stato introdotto dall’art. 27 della Direttiva del Consiglio n. 71/305/CEE del 26 luglio 1971, in materia di coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori e ha trovato disciplina nell’art. 56, par. 3 della Direttiva del Parlamento Europeo 26 febbraio 2014 n. 2014/24/UE, secondo cui: “Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza”.

La norma, ancora attuale, definisce l’ambito di applicazione del soccorso istruttorio, che può essere attivato non solo per chiarire ma anche per integrare e completare le informazioni o la documentazione di gara, prevedendo quale unico limite il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza.

Muovendo da tali fondamentali principi, strumentali allo sviluppo di una concorrenza sana ed efficace tra le imprese che partecipano a un appalto pubblico[8], la Corte di Giustizia ha tracciato i confini dell’istituto fissandone limiti e condizioni.

A tal proposito, la Corte non ha mancato di ricordare che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza ostano a qualsiasi forma di trattativa o di negoziato tra l’amministrazione aggiudicatrice e i concorrenti nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica. Di tal che, in linea di principio, un’offerta non può essere modificata dopo il suo deposito, né su iniziativa dell’amministrazione aggiudicatrice né dell’offerente[9].

In tale quadro, coerentemente alle previsioni della Direttiva, la Corte di Lussemburgo ha elaborato una serie di requisiti volti a garantire l’applicazione dell’istituto in termini conformi alle norme e ai principi dell’Unione Europea. I requisiti al riguardo stabiliti dalla giurisprudenza della Corte sono i seguenti:

- la richiesta di chiarimenti deve essere rivolta in modo equivalente a tutti gli offerenti che si trovano nella stessa situazione e deve riguardare tutti i punti dell’offerta che richiedono un chiarimento[10];

- nell’esercizio di tale potere l’amministrazione aggiudicatrice deve trattare i candidati in maniera uguale e leale, di modo che, all’esito della procedura di selezione delle offerte e tenuto conto del risultato di quest’ultima, non possa apparire che la richiesta di chiarimenti abbia indebitamente favorito o sfavorito il candidato o i candidati cui essa è stata rivolta[11];

- la richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione che la disciplina di gara richiedeva a pena di esclusione, atteso che l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati[12]. Di contro, la richiesta di chiarimenti, e dunque l’attivazione del soccorso istruttorio, è ammissibile in presenza di carenze informative e documentali non richieste a pena di esclusione dalla stessa amministrazione[13];

- infine, la richiesta di chiarimenti non può condurre, da parte dell’offerente interessato, alla presentazione di una nuova offerta[14]. Come successivamente chiarito dalla Corte, eventuali integrazioni o correzioni all’offerta possono essere eccezionalmente consentite, ma ciò solo ove non conducano a una modifica sostanziale dell’offerta medesima e siano quindi finalizzate a eliminare errori materiali manifesti[15].

Nell’ordinamento interno, il beneficio de quo è contemplato in via generale dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241, quale strumento essenziale di collaborazione tra amministrazione e privati nell’ambito dello svolgimento del procedimento amministrativo. L’art. 6, comma 1, lett. b) prevede infatti che il responsabile del procedimento accerta d’ufficio i fatti disponendo il compimento degli atti necessari e adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria e, più precisamente, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici e ispezioni nonché ordinare esibizioni documentali.

Nel settore della contrattualistica pubblica, al di là di specifici interventi di settore, il beneficio del soccorso istruttorio ha conosciuto una concreta applicazione nel nostro ordinamento per mezzo del Codice De Lise. Esso ha infatti trovato una inziale, sia pure compiuta, disciplina nell’art. 46 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

La previsione, tuttavia, limitava l’applicazione del soccorso istruttorio alle sole ipotesi in cui si rendesse necessario “completare” o “fornire” chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati in gara; non prevedeva espressamente la possibilità che l’istituto fosse attivato per “integrare” la documentazione risultata carente.

In tale contesto, la giurisprudenza amministrativa forniva una lettura restrittiva dell’istituto: pur qualificando il soccorso come dovere e non mera facoltà, della stazione appaltante[16], l’orientamento più rigoroso, allora prevalente - nella prospettiva di individuare un giusto contemperamento tra esigenze contrapposte (massima partecipazione e parità di trattamento), anche valorizzando il principio di autoresponsabilità dei concorrenti - distingueva, ai fini dell’applicazione del soccorso istruttorio, tra “regolarizzazione”, generalmente ammessa, e “integrazione” documentale, viceversa esclusa siccome ritenuta lesiva del principio di parità di trattamento tra i concorrenti[17].

Successivamente, il legislatore ampliava l’ambito applicativo dell’istituto mediante la modifica del citato art. 46 del D.lgs. n. 163/2006 con l’aggiunta del comma 1-bis ad opera dell’art. 4, comma 2, lett. d), n. 2), Decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106. Ai sensi del comma 1 bisLa stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”.

In un contesto normativo in parte mutato a seguito dell’introduzione del principio di tipicità delle cause di esclusione con il D.l. n. 70/2011, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato avallava la lettura rigorosa data dalla giurisprudenza all’istituto de quo. Ribadendo il discrimen tra regolarizzazione e integrazione documentale, la Plenaria confermava che: “La linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del soccorso istruttorio è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del ‘potere di soccorso’; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi[18].

L’assetto normativo definitivo del soccorso istruttorio è stato raggiunto con l’inserimento nell’art. 46 del comma 1-ter ad opera dell’art. 39, comma 2, Decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 nonché con l’aggiunta nell’art. 38 del comma 2-bis.

Per quanto attiene alle mancanze, incompletezze, irregolarità suscettibili di essere regolarizzate, l’art. 38, comma 2-bis contemplava due tipologie. Da un lato, la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive, per le quali era ammesso il c.d. soccorso istruttorio “a pagamento” ossia il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a un massimo di 50.000 Euro; dall’altro, i casi di irregolarità non essenziali vale a dire di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, per le quali non occorreva regolarizzazione alcuna.

Nel sistema così delineato si sosteneva fosse possibile regolarizzare qualsivoglia mancanza o irregolarità, fermo restando il divieto di modificare le offerte una volta scaduto il termine di presentazione delle stesse.

Inoltre, si riteneva potessero verificarsi anche ipotesi non riconducibili alle irregolarità essenziali ma neppure inquadrabili fra quelle non essenziali, per le quali era sempre possibile ricorrere al soccorso istruttorio non “a pagamento” di cui all’art. 46, comma 1 del D.lgs. n. 163/2006, vale a dire la prima forma di soccorso istruttorio introdotta nel panorama degli appalti pubblici.

In ordine alla tipologia di elementi o atti da regolarizzare, nel Codice del 2006 il ventaglio delle ipotesi era estremamente ampio per effetto del combinato disposto delle norme previgenti.

L’art. 38, comma 2-bis aveva riguardo a irregolarità e mancanze degli “elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2”, necessari alla dimostrazione dell’assenza delle cause di esclusione; l’art. 46, comma 1-ter aggiungeva che: “Le disposizioni di cui all’art. 38, comma 2 bis si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”.

Ebbene, in materia di contratti pubblici il soccorso istruttorio si pone, fin da subito, quale completamento del principio di tassatività delle cause di esclusione - individuate espressamente nell’art. 46, comma 1 bis del Codice De Lise e non più indicate nel Codice del 2016 - valorizzando il profilo sostanziale del possesso dei requisiti richiesti ai fini della partecipazione: quel che rileva è la reale situazione in cui l’operatore economico versa e non il dato formale delle dichiarazioni. Con esso non assume importanza la dichiarazione formale dei requisiti stessi, la cui irregolarità, o addirittura la cui mancanza, diventa irrilevante[19].

L’istituto – rectius il beneficio – de quo mira a privilegiare un approccio di carattere sostanziale a scapito di sterili formalismi che in passato imponevano, anche a pena di esclusione, complessi oneri dichiarativi e di “confezione” dell’offerta.[20]

Stante la tassatività delle cause di esclusione dalla gara, il potere di soccorso istruttorio costituisce non già una facoltà della stazione appaltante bensì un doveroso ordinario modus procedendi, volto a superare i formalismi in nome dei principi del favor partecipationis e della semplificazione[21].

La concreta applicazione si presenta tuttavia, fin dalle origini, estremamente problematica confrontandosi con la necessità di conciliare i principi fondamentali in materia di procedure concorsuali: quello di massima partecipazione, quello di concorrenza, quello di par condicio e, ancora, quello di non aggravamento del procedimento.

La preoccupazione che l’ampliamento dell’ambito applicativo del c.d. potere di soccorso alteri la par condicio, violi il canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto di disapplicazione della lex specialis recata dal bando di gara, eluda la natura decadenziale cui è soggetta la procedura rende necessaria un’esegesi rigorosa delle disposizioni concernenti il potere di soccorso stesso[22]. Può dunque dar luogo a soccorso istruttorio l’aver reso una dichiarazione non veritiera ma non la mancanza, l’incompletezza o l’irregolarità della dichiarazione ove non sia specificamente contestata. La fattispecie della dichiarazione “non veritiera”, perché priva della doverosa menzione di eventi la cui valenza ostativa all’instaurazione di un rapporto contrattuale è riservata alla stazione appaltante, resta dunque fuori dalla sanatoria[23]. Inoltre, il soccorso istruttorio involge la sola fase della verifica delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti per l’ammissione alla gara e non anche la fase del controllo dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, il cui possesso sia stato dichiarato nel segmento procedimentale poc’anzi detto. Detto altrimenti, una cosa è verificare le dichiarazioni relative ai requisiti necessari per l’ammissione alla gara e una cosa è appurare che i requisiti dichiarati sussistano[24].

Sotto la vigenza del Codice De Lise mancava, dunque, nell’ordinamento nazionale una norma atta a prescrivere espressamente, in maniera chiara e univoca, la doverosità della dichiarazione relativa agli oneri della sicurezza aziendale ancora al momento della presentazione delle offerte, che è il tema che qui interessa maggiormente.

Emergeva, così, nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale la questione ermeneutica che ruotava intorno alla possibilità di attivare il soccorso istruttorio in caso di mancata separata indicazione nell’offerta economica degli oneri di sicurezza c.d. aziendali o interni. Questione che involgeva in particolare la legittimità dell’eventuale esclusione da una gara pubblica per insussistenza della suddetta dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza aziendali.

Dal canto suo, la giurisprudenza amministrativa si era già espressa sull’obbligatorietà dell’indicazione nell’offerta economica dei costi aziendali per la sicurezza.

Tale obbligo, imposto a pena di esclusione, era dunque il risultato di un’interpretazione giurisprudenziale consolidatesi per effetto delle pronunce dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 20 marzo 2015, n. 3 e n. 9.

L’Adunanza plenaria n. 3/2015 affermava il principio di diritto secondo cui: “Nelle procedure di affidamento dei lavori, i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista dal bando di gara”. E tanto, in base a una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 87, comma 4, 86, comma 3-bis del D.lgs. n. 163/2006 e art. 26, comma 6 del Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, relativi, in realtà, alla verifica di congruità delle offerte e non già alla presentazione delle stesse, con l’evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto delle norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in materia di salute e sicurezza in relazione all’entità e alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare.

Sicché, secondo il Consiglio di Stato, l’omessa indicazione in offerta dei costi interni della sicurezza comportava l’esclusione del concorrente, senza possibilità di applicare la procedura del soccorso istruttorio.

Riguardo all’utilizzo di questo istituto il Consiglio di Stato precisava che, secondo l’art. 46, comma 1-bis del D.lgs. n. 163/2006, l’omessa specificazione nelle offerte dei costi di sicurezza interni configurava un’ipotesi di mancato adempimento alle prescrizioni del previgente Codice, capace di determinare “incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta” per difetto di un suo elemento essenziale, tale da comportare, anche se non prevista dalla lex specialis, l’esclusione dell’offerta dalla procedura di gara. Ad essere violato, secondo l’interpretazione data, era un precetto di carattere imperativo che imponeva un determinato adempimento ai partecipanti alla gara, non sanabile con il ricorso al soccorso istruttorio della stazione appaltante, non potendosi consentire di integrare ex post un’offerta dal contenuto ab origine carente di un suo elemento ritenuto fondamentale.

Alle medesime conclusioni perveniva l’Adunanza plenaria n. 9/2015, la quale precisava che nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si fosse conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza plenaria n. 3/2015, era da escludere il beneficio del soccorso istruttorio. Secondo la Plenaria, “l’esercizio del soccorso istruttorio determinerebbe infatti un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta”.

Parallelamente, della medesima quaestio iuris veniva investita la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla quale alcuni Tribunali amministrativi regionali[25] avevano rimesso la questione pregiudiziale circa la compatibilità della normativa nazionale, così come interpretata severamente dal Consiglio di Stato, con i principi eurounitari di tutela dell’affidamento e di certezza del diritto (unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi), di diretta derivazione dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, oltre che con i connessi principi di parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza.

Con ordinanza Sez. VI, 10 ottobre 2016, C-140/16 (Edra Costruzioni), la Corte di Giustizia, pronunciandosi sull’argomento, affermava che: “I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Detto altrimenti, secondo la Corte, una condizione di partecipazione il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione non codificata né nella disciplina dello Stato né nel bando di gara o nel capitolato d’oneri ma che deriva dall’interpretazione del diritto nazionale e dalla prassi di un’Autorità – pur se Giudice nazionale di ultima istanza – lede il diritto degli offerenti di comprendere l’esatta portata e di interpretare allo stesso modo le condizioni, le modalità e gli obblighi della procedura di aggiudicazione. Inoltre, risulta particolarmente sfavorevole per gli offerenti stabiliti in altri Stati membri, il cui grado di conoscenza del diritto nazionale e della sua interpretazione non può essere comparato a quello degli offerenti nazionali[26].

Sicché, le pronunce successive del Consiglio di Stato hanno univocamente affermato che “è illegittima l’esclusione dell’impresa che non abbia indicato nella propria offerta economica gli oneri della sicurezza aziendale al cospetto della loro mancata predeterminazione negli atti di gara[27]; che “la mancata indicazione degli oneri per la sicurezza presenti caratteri di un errore scusabile che non giustifica l’immediata esclusione dalla gara, ovvero l’annullamento dell’aggiudicazione, quando non è in contestazione, sotto il profilo sostanziale, il rispetto dei costi minimi imposti dagli obblighi in materia di sicurezza del lavoro[28].

Sul punto controverso, intanto l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato si era nuovamente espressa con la sentenza 27 luglio 2016, n. 19 - resa sulla base del quadro normativo vigente dopo l’entrata in vigore del Codice del 2016 - mitigando il rigore applicativo delle precedenti pronunce.

Essa, dopo aver espresso l’intento di non discostarsi da quanto affermato dalla precedente pronuncia n. 9/2015 ma di operare un mero chiarimento di carattere temporale, aveva affermato che in caso di mancata indicazione degli oneri aziendali in materia di salute e sicurezza del lavoro il soccorso istruttorio era ammesso soltanto per le gare indette prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti del 2016. Eccezione, la cui ratio risiedeva nell’esigenza di garantire il rispetto dei princìpi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, trasparenza, proporzionalità e par condicio, in assenza di una specifica disposizione normativa.

L’Adunanza plenaria, pertanto, statuiva il principio di diritto che “per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri del soccorso istruttorio”.

In definitiva, i presupposti per l’attivazione del soccorso istruttorio, ove il concorrente avesse omesso di indicare separatamente nella propria offerta gli oneri aziendali per la sicurezza erano i seguenti:

a) sussistenza di un’incertezza normativa e giurisprudenziale sul punto;

b) gara bandita anteriormente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 50/2016;

c) lex specialis (disciplinare di gara o lettera di invito) non recante espressamente l’indicazione dei suddetti oneri;

d) predisposizione di una modulistica fuorviante da parte dell’amministrazione;

e) offerta economica rispettosa, dal punto di vista sostanziale, dei costi minimi di sicurezza aziendale.

In particolare, secondo quanto precisato dall’Adunanza plenaria, i principi di parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, unitamente a quelli della tutela dell’affidamento e di certezza del diritto, precludevano l’esclusione automatica del concorrente che, pur avendo tenuto conto degli oneri di sicurezza aziendale nella formulazione dell’offerta, non ne avesse specificato la relativa quota, quando tale obbligo non fosse stato previsto dai documenti di gara né fosse stato stabilito da una norma chiara e univoca, ma derivasse solo da un’interpretazione giurisprudenziale, quale quella formulata dall’Adunanza plenaria con le pronunce nn. 3 e 9 del 2015. In questo caso, infatti, si tratterebbe solo di una carenza formale, tale da giustificare il soccorso istruttorio.

Ancora, l’Adunanza plenaria aveva chiarito che la mancanza degli oneri aziendali per la sicurezza era in grado di generare una situazione di insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto solo se l’offerta economica non avesse considerato i costi derivanti dal doveroso adempimento degli obblighi di sicurezza a tutela dei lavoratori, in quanto, l’aggiunta dell’importo corrispondente agli oneri per la sicurezza inizialmente non computati avrebbe comportato una modifica “sostanziale” del prezzo[29].

Per completezza va segnalato che anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nella delibera n. 2, 11 gennaio 2017, relativa ad un’istanza di precontenzioso, recepiva le indicazioni della giurisprudenza eurounitaria e del Consiglio di Stato. Nella deliberazione, infatti, si legge che “In una gara indetta in vigenza del D.lgs. n. 50/2016, nella cui lex specialis non è previsto l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza aziendale, qualora il concorrente non li abbia indicati specificamente, l’amministrazione è tenuta ad applicare il principio del soccorso istruttorio entro i limiti indicati dalle Adunanze Plenarie n. 19 e 20 del 27 luglio 2016, nonché secondo i principi espressi dalla Corte di giustizia nella sentenza del 10 novembre 2016, ovvero previa verifica della natura sostanziale o formale dell’eventuale integrazione dell’indicazione degli oneri”.

 

1.2. In vigenza del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Il tema della legittimità dell’eventuale esclusione da una gara per insussistenza della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza aziendali era destinato a perdere rilievo con l’entrata in vigore del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che risolveva la questione prevedendo espressamente nell’art. 95, comma 10 l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza.

Stabiliva infatti che: “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ad esclusione di ...”.

A distanza di un anno il Decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (decreto c.d. correttivo)” ed entrato in vigore dal 20 maggio 2017, sostituiva l’originaria formulazione del comma 10 prevedendo che: “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36 comma 2, lett. a), ossia di importo inferiore a 40.000 Euro.

In ordine ai costi della manodopera altresì precisava che le stazioni appaltanti, prima dell’aggiudicazione, avrebbero dovuto procedere alla verifica del rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5 lett. d), che a sua volta aveva riguardo “ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16” del Codice dei contratti pubblici. Tale previsione normativa, fra l’altro, disponeva che nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante fosse tenuta a individuare i costi della manodopera nei documenti della legge specialis di gara al fine di determinare l’importo posto a base della gara stessa[30].

Con il correttivo scompariva la previsione di scorporare il costo della manodopera dagli importi non assoggettabili a ribasso, prevista in precedenza dall’art. 86, comma 3 bis del D.lgs. n. 163/2006, e la valutazione del rispetto dei minimi salariali era associata alla fase di valutazione dell’anomalia dell’offerta.

Secondo la nuova formulazione del Codice dei contratti pubblici post Decreto correttivo, si aveva la seguente sequenza:

1. la stazione appaltante individuava nei documenti del bando l’importo della manodopera;

2. l’impresa indicava nell’offerta economica il costo della manodopera e specificava gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. I costi della manodopera erano liberamente valutabili dal concorrente, nel rispetto assoluto dei minimi salariali e degli obblighi contributivi e non dovevano essere scorporati dall’importo assoggettato a ribasso; anche gli oneri aziendali per la sicurezza erano liberamente valutabili dal concorrente, nel rispetto del Dvr;

3. la stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione, effettuava una verifica di congruità su oneri aziendali e su costo del personale, che non doveva essere inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali di cui all’art. 23, comma 16;

4. i costi della sicurezza non erano soggetti a ribasso e quindi andavani anche specificati nel quadro economico dell’opera pubblica; erano sottratti a qualsiasi valutazione di merito da parte dell’offerente.

Con il Decreto correttivo, in sostanza, solo i costi della sicurezza erano scorporati dal costo dell’importo assoggettato a ribasso, così come precisato nell’ultimo capoverso dell’art. 23, comma 16.

Anche nel Decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, c.d. sblocca - cantieri, convertito con modificazioni dalla Legge 14 giugno 2019, n. 55, gli obblighi concernenti l’indicazione nell’offerta economica del costo della manodopera e degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro sono stati pienamente conservati.

Una volta introdotta nell’ordinamento nazionale una disposizione quale l’art. 95, comma 10, che enunciava in modo espresso un preciso e ineludibile obbligo legale inderogabile” di indicare separatamente i costi della manodopera e i costi aziendali per la sicurezza dei lavoratori, da assolvere necessariamente già in sede di predisposizione dell’offerta economica proprio al fine di garantire la massima trasparenza dell’offerta economica nelle sue varie componenti, è venuta meno la ragione che aveva indotto l’Adunanza plenaria con la pronuncia n. 19/2016 ad ammettere il soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli stessi da parte del concorrente[31]. Infatti, l’obbligo della separata indicazione dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per la sicurezza era contenuto in disposizioni di legge dalla formulazione chiara e inequivocabile per gli operatori economici, di tal che, la mancata riproduzione di tale obbligo nel bando e nel capitolato della gara non avrebbe potuto comunque giovare alle imprese in termini di scusabilità dell’errore.

Il Consiglio di Stato precisava che si trattava, per i costi della manodopera, di dati informativi che solo l’operatore economico, datore di lavoro, poteva conoscere, sicché essi non potevano formare oggetto di una precostituita modalità di computo e imposizione, ai fini dello scorporo del prezzo; per gli oneri aziendali di adempimento delle disposizioni in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, di costi interni aziendali dell’impresa, da quantificarsi in rapporto all’offerta economica e all’organizzazione propria e autonoma dell’impresa concorrente. Di tal che, in difetto di una separata indicazione, nell’offerta economica, dei costi della manodopera e dei costi aziendali per la sicurezza dei lavoratori, sarebbe venuto meno l’obiettivo della norma oltre a quello della lex specialis, che altro non era se non quello di verificare il rispetto delle prescrizioni in materia di retribuzione, assicurazione obbligatoria e sicurezza del lavoro. Il Consiglio di Stato, pertanto, evidenziava che ad essere violata era una disposizione la cui inosservanza determinava una situazione di incertezza sul contenuto dell’offerta economica e, come tale, non sanabile attraverso il soccorso istruttorio[32].

Ebbene, passando ad esaminare funditus l’istituto del soccorso istruttorio, merita rilevare che il legislatore ne ha ampliato l’ambito applicativo superando il precedente approccio, rigoroso e formalistico, che aveva contribuito a determinare un incremento del contenzioso - ridotto a una sorta di ‘caccia all’errore’ nel confezionamento della documentazione allegata alla domanda -  con effetti pregiudizievoli in termini di tempestivo ed efficiente completamento delle procedure[33]. E tanto ha fatto, dapprima, mediante la modifica del citato art. 46, D.lgs. n. 163/2006, poi attraverso la disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici del 2016 riconoscendo la possibilità di attivare il soccorso istruttorio anche per integrare la documentazione mancante.

Nel dettaglio, l’istituto de quo è stato disciplinato nel Codice De Lise dall’art. 83, rubricato “Criteri di selezione e soccorso istruttorio”, nel comma 9, che dava attuazione all’art. 56 della Direttiva 2014/24/UE nonché alle analoghe disposizioni delle Direttive 2014/23/UE e 2014/25/UE, e recepiva l’art. 1, comma 1, lett. q), r), z) e uu) della Legge 28 gennaio 2016, n. 11 (c.d. legge delega), poi integralmente sostituito ad opera dell’art. 52, comma 1, lett. d) del Decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.

L’articolo 83 trattava istituti e temi di fondamentale importanza in materia di procedure a evidenza pubblica. Invero, erano ivi riunite previsioni eterogenee, tanto diverse fra loro che il Consiglio di Stato “per una migliore comprensione del testo” aveva suggerito di trattare separatamente, “anche mediante una più accurata formulazione ed un migliore coordinamento con le diverse fasi della procedura[34]. Tuttavia, il suggerimento non fu seguito, di tal che fu rimesso all’interprete l’arduo compito di scorporare principi e istituti, quali il principio di tassatività e il soccorso istruttorio a evidente valenza generale, dalla disciplina dei criteri di selezione e dagli appalti di servizi e forniture di cui trattava principalmente l’art. 83.

Il comma 9 disponeva che: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”. Disciplinava dunque il soccorso istruttorio, procedimento attraverso il quale la pubblica amministrazione interviene in ausilio dell’operatore economico che pur possedendo i requisiti di partecipazione non li abbia correttamente dichiarati o documentati, evitandone ove possibile l’esclusione dalla gara.

La principale differenza tra la vecchia e la nuova disciplina, dopo l’intervento del D.lgs. n. 56/2017, si sostanziava nell’eliminazione della sanzione pecuniaria in precedenza prevista dal legislatore per la regolarizzazione. Infatti, nell’art. 83, comma 9, a seguito del Decreto correttivo non era più previsto in alcun caso il pagamento di una sanzione pecuniaria differentemente da quanto stabilito dall’art. 38, comma 2-bis del Codice De Lise.

Per quanto attiene alla tipologia di mancanze, incompletezze, irregolarità suscettibili di essere regolarizzate, l’art. 83, comma 9, come novellato dall’art. 52, comma 1, lett. d, D.lgs. n. 56/2017, estendeva l’ambito applicativo del soccorso istruttorio a tuttele carenze di qualsiasi elemento formale della domandae, in particolare, ai casi di “mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi del documento di gara unico europeo”. Pur in mancanza di un’espressa previsione in tal senso, poteva dunque desumersi a contrario che le mancanze, incompletezze e irregolarità non essenziali non necessitassero di soccorso istruttorio.

Rimanevano sottratte all’operatività dell’istituto soltanto le carenze e irregolarità essenziali afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, nonché le carenze della documentazione che non consentivano l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa. Le amministrazioni aggiudicatrici potevano quindi chiedere agli operatori economici di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione ove incomplete o non corrette, entro un termine adeguato (10 giorni). Si confermava infine che il mancato possesso (sostanziale) dei prescritti requisiti di partecipazione (alla data di presentazione della domanda) non consentiva la sanatoria, determinando l’esclusione dalla procedura di gara.

Dal canto suo, la giurisprudenza amministrativa, interpretando estensivamente l’art. 83, comma 9 applicava l’istituto del soccorso istruttorio in ipotesi precedentemente escluse dalla sanatoria.

Per quanto di interesse, particolarmente dibattuta è stata la questione della possibilità di attivare la sanatoria postuma nell’ipotesi di mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendali e dei costi della manodopera di cui all’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016.

Nell’ambito del quadro normativo di riferimento che si è tentato di delineare, infatti, emergeva un contrasto in seno alla giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla valenza immediatamente escludente – a prescindere dal soccorso istruttorio – dell’inosservanza dell’obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza e costi della manodopera di cui all’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016, specie nel caso di silenzio sul punto della lex specialis.

Il contrasto, rilevato dalle ordinanze del Consiglio di Stato 26 ottobre 2018, nn. 6069 e 6122, riguardava precipuamente la perdurante vigenza, dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 del principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 19 del 2016.

In seguito all’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici una parte della giurisprudenza, anche prendendo spunto dal fatto che la sentenza n. 19 del 2016 aveva circoscritto espressamente la portata del principio enunciato alle gare bandite nel vigore del D.lgs. n. 163/2006, riteneva che la mancata indicazione separata dei costi per la sicurezza aziendale non potesse essere più sanata attraverso il previo soccorso istruttorio ma determinasse al contrario un automatismo espulsivo incondizionato, destinato ad operare anche nel caso in cui il relativo obbligo dichiarativo non fosse richiamato dalla lex specialis.

In tale direzione si valorizzava l’esistenza nel nuovo Codice dei contratti pubblici di una previsione puntale - l’art. 95, comma 10 - la quale chiariva l’obbligo per i concorrenti di indicare nell’offerta economica i c.d. costi di sicurezza aziendali, così superando le incertezze interpretative in ordine all’esistenza e all’ampiezza dell’obbligo dichiarativo che nel vigore del D.lgs. n. 163/2006 avevano originato i contrasti interpretativi, poi risolti dall’Adunanza plenaria con le sentenze nn. 3 e 9 del 2015.

In senso contrario, tuttavia, un’altra parte della giurisprudenza opinava che anche dopo l’entrata in vigore del Codice del 2016, malgrado l’espressa previsione di un puntuale obbligo dichiarativo ex art. 95, comma 10, la mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza aziendale non determinasse di per sé l’automatismo espulsivo - almeno nei casi in cui tale obbligo dichiarativo non fosse richiamato nella lex specialis - a meno che si contestasse al ricorrente di aver presentato un’offerta economica indeterminata o incongrua, perché formulata senza considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento degli oneri di sicurezza.

Secondo le ordinanze di rimessione, il primo indirizzo interpretativo faceva capo alla citata sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 7 febbraio 2018, n. 815[35].

In tale occasione la Quinta Sezione ha ritenuto che, per quel che atteneva l’obbligo di indicare puntualmente l’ammontare degli oneri per la sicurezza c.d. interni o aziendali, trovasse applicazione l’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016 che, superando legislativamente le precedenti incertezze, ha statuito la necessità dell’indicazione di tali oneri per le gare indette nella vigenza del nuovo Codice dei contratti pubblici, per le quali non troverebbero dunque applicazione i principi di diritto formulati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 27 luglio 2016, n. 19 in tema di ammissibilità del soccorso istruttorio per il caso di mancata separata indicazione. Secondo quanto affermato in tale decisione, non sarebbe infatti possibile utilizzare l’istituto del soccorso istruttorio nel caso di incompletezze e irregolarità relative all’offerta economica anche al fine di “evitare che il rimedio... che corrisponde al rilievo non determinante di violazioni meramente formali possa contrastare il generale principio della par condicio concorrenziale, consentendo in pratica ad un concorrente (cui è riferita l’omissione) di modificare ex post il contenuto della propria offerta economica”.

Dalla suindicata pronuncia erano poi ricavabili ulteriori statuizioni, fra le quali quella secondo cui “la mancata indicazione dei detti oneri non porterebbe senz’altro alla esclusione”. Invero, accertato che tale obbligo di indicazione era chiaramente sancito dalla legge, la sua violazione determinava conseguenze escludenti a prescindere dal fatto che l’esclusione non fosse stata testualmente enunciata dagli articoli 83 e 95 del Codice: ciò in quanto un’inadeguata indicazione non ledeva solo interessi di ordine dichiarativo o documentale, ma si poneva ex se in contrasto con i doveri di salvaguardia dei diritti dei lavoratori cui presiedevano le previsioni di legge, che imponevano di approntare misure e risorse congrue per preservare la loro sicurezza e la loro salute.

A questo indirizzo interpretativo paiono aver aderito le pronunce della V Sezione del Consiglio di Stato 28 febbraio 2018 n. 1228, 12 marzo 2018, n. 1228 e 25 settembre 2018, n. 653.

Va precisato che, in tutte le fattispecie esaminate dalle richiamate sentenze, l’obbligo di separata indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale era stato imposto, a pena di esclusione, ai partecipanti alla procedura di gara dalla lex specialis della procedura mediante un’espressa previsione contenuta nel disciplinare o nella lettera di invito.

Il secondo indirizzo interpretativo è stato, invece, espresso, secondo le ordinanze di rimessione, da Consiglio di Stato, Sez. III, 27 aprile 2018, n. 2554[36].

La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha evidenziato che, pur nella consapevolezza dell’esistenza di orientamenti non univoci, l’obbligo codificato nell’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016 non recava con sé l’automatica esclusione dell’impresa concorrente che, senza evidenziare separatamente nell’offerta gli oneri per la sicurezza aziendali, li avesse comunque considerati nel prezzo complessivo dell’offerta.

Secondo tale indirizzo, l’isolato esame dell’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016 non sarebbe stato in sé decisivo, nemmeno sulla base dei principi contenuti nella sentenza 25 febbraio 2014 n. 9 dell’Adunanza Plenaria, per affermare il suo carattere imperativo, a pena di esclusione, e l’effetto ipso iure espulsivo della mancata formale evidenziazione di tali costi nel contesto dell’offerta economica. E tanto, perché si imponeva di leggere tale norma in combinato disposto con l’art. 97, comma 5, lett. c), dello stesso Codice, il quale disponeva al contrario - e in coerenza con l’art. 69, 2, lett. d), della Direttiva 2014/24/UE e con tutto l’impianto della nuova normazione europea - che la stazione appaltante escludesse il concorrente solo ove, in sede di chiarimenti richiesti, detti oneri risultassero incongrui.

Tale soluzione, secondo l’orientamento de quo, non avrebbe comportato poi alcuna violazione del disposto dell’art. 83, comma 9, D.lgs. n. 50/2016: infatti, il consentire all’impresa di specificare la consistenza degli oneri per la sicurezza già inclusi (ma non distinti) nel prezzo complessivo dell’offerta non si sarebbe tradotto in alcuna manipolazione o alterazione in corso di gara dell’offerta stessa in contrasto con le regole di trasparenza e parità di trattamento tra le concorrenti.

Il secondo indirizzo ermeneutico, a differenza del precedente, fondava l’esegesi operata sul canone interpretativo espresso nel brocardo ubi lex voluit dixit ubi noluit tacuit, in base al quale ogni opzione ermeneutica che si risolva nell’aggiunta di un diverso e ulteriore adempimento rispetto a quelli tipizzati deve essere rifiutata, in quanto finirebbe per far dire alla legge una cosa che legge non dice e che, si presume, non volesse dire.

Peraltro, secondo le ordinanze di rimessione, mentre il primo indirizzo privilegiava il principio di par condicio competitorum, il secondo orientamento pareva teso a salvaguardare i diversi principi di massima partecipazione alle gare e di tassatività e tipicità delle cause di esclusione, prima previsto dall’art. 46, D.lgs. n. 163/2006 e attualmente disciplinato dall’art. 83, comma 8 del Codice dei contratti pubblici del 2016. In base a quest’ultimo principio, le cause di esclusione dalla gara, siccome limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica[37]. Conseguentemente, in caso di equivocità delle disposizioni che regolano lo svolgimento della gara, deve essere preferita l’interpretazione che in aderenza ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione.

Ebbene, nell’ipotesi in parola, in ossequio al secondo filone ermeneutico, l’esclusione non si sarebbe potuta far derivare automaticamente dall’applicazione della legge, non prevedendo l’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016 alcuna sanzione espulsiva né richiedendo alcuna “specifica” indicazione degli oneri per la sicurezza interna. Secondo tale orientamento, infatti, ciò non sarebbe stato casuale in quanto il legislatore nazionale, nell’attuare la Direttiva 2014/247UE non si era realmente discostato dall’orientamento sostanzialistico del diritto eurounitario, che (da ultimo ed espressamente nell’art. 57 di tale Direttiva) non ha mai inteso comprendere l’inadempimento di questo mero obbligo formale - la mancata indicazione degli oneri per la sicurezza interna separatamente dalle altre voci dell’offerta - tra le cause di esclusione.

Si perveniva così ad affermare che tale formalistica ipotesi escludente avrebbe contrastato sia con la lettera dell’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016, non comminante espressamente l’effetto espulsivo, sia con la ratio della norma, la cui finalità era quella di consentire la verifica della congruità dell’offerta economica anche sotto il profilo degli oneri aziendali “concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Profilo, che era ritenuto dal Codice di particolare importanza per la salute dei lavoratori, in sede verifica dell’anomalia, in coerenza con le previsioni del legislatore europeo nell’art. 18, 2, e nell’art. 69, 2, lett. d) della Direttiva 2014/24/UE e nel Considerando n. 37 della stessa Direttiva, il quale rimetteva agli Stati membri l’adozione di misure non predeterminate al fine di garantire il rispetto degli obblighi in materia di lavori.

In base a tale seconda esegesi, la Direttiva 2014/24/UE di cui le norme del Codice del 2016 costituivano attuazione avrebbe “replicato” senza sostanziali modifiche il previgente quadro della normativa eurounitaria di cui alla Direttiva 2004/18/CE, in virtù del quale la mancanza di indicazioni, da parte degli offerenti, del rispetto di tali obblighi non avrebbe determinato automaticamente l’esclusione dalla procedura di aggiudicazione. La soluzione automaticamente escludente si sarebbe posta, quindi, in contrasto con i principi eurounitari[38], ove l’impresa dimostrasse, almeno in sede di giustificazioni, che sostanzialmente la sua offerta comprendeva gli oneri per la sicurezza e che tali oneri erano congrui.

Analogo contrasto interpretativo fra la tesi più rigorosa c.d. formalistica – favorevole all’automatismo espulsivo senza possibilità di soccorso istruttorio[39] – e la contraria tesi c.d. sostanzialistica, che ammetteva il soccorso istruttorio almeno quando risultava che l’importo degli oneri di sicurezza fosse stato considerato nella formulazione dell’offerta economica e salva la verifica di congruità dell’offerta[40], si rinveniva nella giurisprudenza dei Tribunali amministrativi regionali.

La questione è stata anche oggetto di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia da parte del Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata con ordinanza 25 luglio 2017, n. 525, che ha indirizzato alla stessa il seguente quesito interpretativo: “se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016, secondo la quale l’omessa separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di appalti pubblici, determina, in ogni caso, l’esclusione della ditta offerente senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti effettivamente i costi minimi di sicurezza aziendale”.

Il Giudice europeo ha dichiarato irricevibile la questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata per l’assenza di interessi transfrontalieri rilevanti in quel giudizio[41].

In seguito, tuttavia, analoga questione pregiudiziale è stata nuovamente sottoposta all’attenzione della Corte di Giustizia dal Tar per il Lazio con ordinanza 24 aprile 2018, n. 4562.

La Quinta Sezione, scartate le ipotesi di sospendere il giudizio in attesa che sulla questione interpretativa si pronunciasse la Corte Lussemburgo in seguito al rinvio disposto dal Tar Roma ovvero di sollevare anch’essa analoga questione pregiudiziale sulla corretta interpretazione del diritto dell’Unione[42], optando per la soluzione favorevole al soccorso istruttorio decideva di investire (ancora una volta) del delicato dilemma l’Adunanza Plenaria. Erano, pertanto, formulati i seguenti quesiti: 1) se, per le gare bandite nella vigenza del D.lgs. n. 50/2016, la mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza aziendale determinasse immediatamente e incondizionatamente l’esclusione del concorrente, senza possibilità di soccorso istruttorio, anche quando non fosse in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta né venissero in rilievo profili di anomalia dell’offerta ma si contestasse solo la mancata specificazione nell’offerta della quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri; 2) se, ai fini della eventuale operatività del soccorso istruttorio, assumesse rilevanza la circostanza che la lex specialis richiamasse espressamente l’obbligo di dichiarare gli oneri di sicurezza.

Peraltro, il Collegio manifestava di preferire la tesi favorevole al concorrente inadempiente osservando che “Non pare, tuttavia, che tale espressa previsione normativa concernente l’obbligo di indicare i costi di sicurezza aziendale sia un elemento di novità di per sé in grado di escludere l’operatività del soccorso istruttorio, il quale, peraltro, nel passaggio dal vecchio al nuovo codice (specie con le ulteriori modifiche apportate in sede di correttivo: D.lgs. n. 56 del 2017) è stato persino potenziato (attraverso la generalizzazione del principio di gratuità e l’eliminazione dell’ambigua categoria delle cd. irregolarità non essenziali)” (par. 20 della motivazione). Inoltre, il principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 19/2016 (gli oneri di sicurezza andrebbero qualificati in termini di elemento formale dell’offerta economica nel caso in cui essi siano stati considerati ai fini del prezzo e inglobati in esso), imporrebbe “di consentire il soccorso istruttorio a prescindere dalla circostanza, che di per sé non appare dirimente alla luce dell’esistenza di un pacifico principio di eterointegrazione, che la lex specialis abbia richiamato o meno il relativo obbligo dichiarativo” (par. 23 della motivazione)[43].

L’Adunanza Plenaria, investita della questione, dopo avere ripercorso il sistema normativo, per come emergente dalle direttive europee[44] e dal Codice dei contratti pubblici, e i due opposti orientamenti interpretativi emersi nella giurisprudenza amministrativa, formulava una propria motivata opzione interpretativa, che comunque a ragion veduta - considerate le riferite alterne decisioni sulla stessa questione, ancorché in relazione a gare soggette al precedente Codice degli appalti pubblici - sottoponeva al vaglio della Corte di Giustizia, al fine di verificarne la ipotizzata piena compatibilità con il diritto dell’Unione europea.

Non si può pertanto non fare un breve cenno alle ordinanze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 24 gennaio 2019 nn. 1, 2 e 3, con le quali, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, è stata rinviata alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione relativa alle conseguenze della mancata indicazione degli oneri per la sicurezza e dei costi della manodopera nell’offerta economica dopo il D.lgs. n. 50/2016.

Le tre ordinanze, pur non dubitando della correttezza dell’interpretazione che portava alla necessaria esclusione dei concorrenti che omettevano l’indicazione dei costi della manodopera, distintamente da quelli inerenti alla sicurezza sul lavoro, si interrogavano se il quadro normativo nazionale vigente dopo l’entrata in vigore del Codice del 2016 contrastasse o meno con il diritto eurounitario e, precipuamente, con i principi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi. A tale riguardo hanno ritenuto necessario rimettere il dubbio alla Corte di Giustizia.

A fondamento della propria conclusione nelle motivazioni delle ordinanze[45] il Consiglio di Stato precisava, in primo luogo, di aderire, come detto, alla tesi formalistica della necessaria esclusione dalla gara del concorrente che non avesse indicato separatamente, nell’offerta economica, i costi della manodopera e quelli della sicurezza. Invero, poiché, l’obbligo della separata indicazione di tali costi era contenuto in disposizioni di legge dal carattere “sufficientemente chiaro” (art. 95, comma 10) per gli operatori economici, la mancata riproduzione di tale obbligo nel bando e nel capitolato della gara non avrebbe potuto giovare loro in termini di scusabilità (par. 9 della motivazione).

In secondo luogo, chiariva che dal punto di vista testuale l’art. 83, comma 9, D.lgs. n. 50/2016, espressamente escludeva il soccorso istruttorio per le carenze dichiarative relative “all’offerta economica e all’offerta tecnica”, laddove l’art. 95, comma 10 stabiliva in modo espresso che i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori costituivano, appunto, elementi costitutivi dell’offerta economica, onerando i concorrenti ad “indicare” tali costi (e non, genericamente, a tenerne conto ai fini della formulazione dell’offerta).

In terzo luogo, a supporto delle proprie argomentazioni richiamava quanto già chiarito dalla giurisprudenza interna e, in specie, dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 25 febbraio 2014 n. 9: nella materia delle pubbliche gare esiste una causa di esclusione per ogni norma imperativa che contempli in modo espresso un obbligo o un divieto. Pertanto, l’obbligo previsto esplicitamente dall’art. 95, comma 10 era sicuramente oggetto di una norma imperativa, la quale non poteva che comportare, in caso di mancata ottemperanza, l’esclusione dalla gara.

In quarto luogo, il Consiglio di Stato precisava che già le sentenze dell’Adunanza plenaria del 2015, rese con riferimento all’impianto normativo del precedente Codice, avevano stabilito che nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti dovevano indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, a pena di esclusione dalla procedura (anche in assenza di disposizioni nel bando di gara) e, inoltre, che era escluso il beneficio del soccorso istruttorio in caso di offerta priva delle indicazioni degli oneri aziendali.

Infine, ricordava che l’obbligo di indicare i costi della manodopera e quelli per la sicurezza dei lavoratori “risponde all’evidente esigenza di rafforzare gli strumenti di tutela dei lavoratori, di responsabilizzare gli operatori economici e di rendere più agevoli ed efficaci gli strumenti di vigilanza e controllo da parte delle amministrazioni”.

Il Consiglio di Stato, pertanto, formulava alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il seguente quesito interpretativo pregiudiziale: “se il diritto dell’Unione europea e, segnatamente, i principi di legittimo affidamento, di certezza del diritto di libera circolazione di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi ostino a una disciplina nazionale (quale quella di cui all’art. 83 comma 9, 95 comma 10 e 97 comma 5 del Codice dei contratti pubblici italiano) in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. soccorso istruttorio, pur nell’ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione”.

A sostegno della propria tesi argomentativa, inoltre, l’Adunanza plenaria richiamava la sentenza 10 novembre 2016 in causa C-140/16, Edra Costruzioni, cui si è fatto poc’anzi cenno, ritenendo rafforzasse le conclusioni del giudice del rinvio essendo stata pronunciata in un momento storico nel quale la normativa italiana non fissava l’obbligo di indicazione dei costi della manodopera e degli oneri aziendali in modo del tutto chiaro e conoscibile ad un operatore economico, attraverso un’espressa previsione di legge, ossia il più volte richiamato art. 95, comma 10. Tale regola, infatti, era frutto di interpretazione giurisprudenziale.

A fronte di tali considerazioni, il principio di effettività dei principi dell’ordinamento giuridico europeo sembrava condurre alla conclusione che la tutela della sicurezza del lavoro e dei diritti dei lavoratori comportasse la legittimità eurounitaria dell’esclusione dell’offerente che avesse omesso di dichiarare in sede di offerta i costi della manodopera e i costi aziendali per la sicurezza del lavoro per ragioni, prima di tutto, di ordine sostanziale.

Alla luce di quanto esposto appariva dunque necessario un chiarimento definitivo dell’ambito oggettivo del rispetto degli obblighi disciplinati dall’art. 18, par. 2, Dir. n. 2014/24/UE, che imponeva agli Stati membri l’adozione di “misure adeguate” in relazione alla necessità di garantire che gli operatori economici osservassero gli obblighi applicabili in materia di diritto sociale[46] e di sicurezza sul lavoro nell’esecuzione di appalti pubblici.

Pressoché in contemporanea con la pubblicazione delle ordinanze del Consiglio di Stato 26 ottobre 2018, nn. 6069 e 6122 di rimessione della questione di diritto all’Adunanza Plenaria era pubblicata l’ordinanza del Tar per il Lazio, Sez. II-bis, 24 aprile 2018, n. 4562, che rimetteva alla Corte di Giustizia similare quesito interpretativo.

Ad avviso del Tribunale remittente, in specie, andava considerata dubbia la conformità al diritto dell’Unione della disciplina nazionale “nei casi in cui l’offerta economica, che non riporta l’indicazione dei costi della manodopera, sia stata redatta dall’impresa partecipante alla gara di appalto in conformità alla documentazione all’uopo predisposta dalla stazione appaltante e, comunque, nella stessa figuri il richiamo al rispetto dell’art. 95, comma 10, in argomento” (par. 4.3 della motivazione). In tali circostanze, infatti, tenuto conto che l’elemento in discussione non era costituito dal mancato rispetto dal punto di vista sostanziale della disciplina in materia di costi della manodopera, l’esclusione della concorrente dalla gara appariva difficilmente compatibile con la tutela del legittimo affidamento, la certezza del diritto e la proporzionalità, principi generali del diritto dell’Unione europea.

La causa pregiudiziale proposta dal tribunale romano è stata poi decisa dalla Corte di Giustizia con la sentenza della Sez. IX, 2 maggio 2019, in C-309/18, Lavorgna S.r.l.[47].

Nel dare risposta al predetto quesito interpretativo secondo la propria giurisprudenza formatasi in materia di appalti pubblici, la Corte di Giustizia ha preso le mosse da due considerazioni preliminari.

La normativa italiana stabiliva chiaramente l’obbligo, a pena di esclusione, di indicare nell’offerta economica separatamente i costi della manodopera (e pure gli oneri di sicurezza cd. interni), escludendo nel contempo dalla procedura di soccorso istruttorio l’ipotesi in cui le informazioni mancanti riguardassero i ridetti costi della manodopera. Nella gara oggetto di ricorso il bando aveva specificato che, per quanto non espressamente previsto nel predetto documento di gara, nel capitolato e nel disciplinare di gara, si applicavano le norme del Codice dei contratti pubblici.

Qualsiasi offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente, in linea di principio, era dunque in grado, rispetto alla fattispecie concreta in esame, di prendere conoscenza delle norme pertinenti applicabili alla procedura di gara, incluso l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera. Dal che derivava che i principi della parità di trattamento e di trasparenza non ostassero alla legittimità della suddetta normativa nazionale.

Tuttavia - come sembrava essere nel caso concreto vagliato dalla Corte di Giustizia - qualora il modulo predisposto dalla stazione appaltante per la formulazione dell’offerta economica da doversi obbligatoriamente utilizzare non avesse lasciato ai concorrenti alcuno spazio fisico per l’indicazione separata dei costi della manodopera e, al contempo, il capitolato d’oneri avesse precisato che gli offerenti non avrebbero potuto presentare documenti non specificamente richiesti dall’amministrazione aggiudicatrice, in tal caso, in considerazione dei principi della certezza del diritto, di trasparenza e di proporzionalità, l’amministrazione aggiudicatrice sarebbe stata tenuta a concedere ai concorrenti la possibilità di sanare la propria situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla legislazione nazionale in materia entro un termine stabilito dalla stessa amministrazione aggiudicatrice.

Il Giudice del Lussemburgo affermava dunque che: “I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.

A questi semplici ma del tutto ragionevoli criteri orientativi, intuitivamente ispirati al principio di certezza del diritto temperato da quello di equità alla luce delle peculiarità del caso concreto, si è tempestivamente adeguata la giurisprudenza nazionale successiva[48] e, innanzitutto, il Giudice amministrativo di primo grado che aveva opportunamente chiesto l’intervento interpretativo della Corte di Giustizia in relazione alla procedura di gara oggetto di controversia.

In quest’ultimo giudizio era infatti stato respinto il ricorso proposto da un concorrente avverso l’aggiudicazione del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani disposta in favore di un’impresa che aveva omesso (al pari di molti altri concorrenti) di specificare nell’offerta economica il costo della manodopera, beneficiando pertanto del soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante. Nel processo, infatti, era emersa la sussistenza della situazione derogatoria dell’impossibilità materiale di indicare, nel modulo predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, il costo della manodopera, modulo da doversi obbligatoriamente utilizzare ad opera dei concorrenti e senza alcuna possibilità di presentazione di ulteriori documenti[49].

Preso atto del puntuale pronunciamento della Corte di Giustizia sull’ordinanza del Tar Lazio, l’Adunanza Plenaria ha dapprima deliberato di dover ritirare la propria domanda di pronuncia pregiudiziale in ragione della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del quesito interpretativo proposto[50]. Infine, mediante le due sentenze gemelle 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8, pubblicate il 2 aprile 2020, ha optato per l’esercizio della facoltà di decidere le intere vicende sottoposte a scrutinio ex art. 99, comma 4, c.p.a., anziché disporre di restituire gli atti alla Sezione remittente (art. 99, comma 1, c.p.a.).

In via preliminare, le sentenze evidenziavano il venir meno della necessità di pronunciarsi sul principio di diritto alla luce dell’esaustività della decisione medio tempore emessa dalla Corte di Giustizia, sicché si sarebbe assistito a una mera (inutile) ripetizione di quanto già affermato da quest’ultimo Giudice.

Ricordava l’Adunanza Plenaria che, nel campo dei rapporti intercorrenti tra giudice nazionale e Corte di Giustizia a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta ai sensi dell’art. 267 TFUE, rilevava la regola generale secondo cui, dopo aver ricevuto la risposta della Corte a una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte abbia già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, “una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell’Unione[51].

Ciò posto, le sentenze si limitavano a statuire che l’appello proposto fosse manifestamente fondato poiché, per un verso, l’impresa aggiudicataria appellata aveva chiaramente eluso l’obbligo di indicare nell’offerta economica i costi della manodopera ex art. 95, comma 10, D.lgs. n. 50/2016, per altro verso, l’impresa appellante aveva depositato in giudizio la documentazione della propria offerta, dalla quale si evinceva come la stessa avesse materialmente rispettato gli oneri dichiarativi di cui alla predetta normativa, smentendo così per tabulas l’esistenza di una situazione impeditiva alla dichiarazione.

 

1.3. In vigenza del D.lgs. 31 marzo 2023 n. 36.

Rivolgendo l’attenzione all’attuale disciplina, il Decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36, con cui è stato approvato il vigente Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’art. 1 della Legge 21 giugno 2022, n. 78 (recante delega al Governo in materia di contratti pubblici), disciplina i costi della manodopera e gli oneri di sicurezza c.d. aziendali o interni nell’art. 108.

Tale disposizione, rubricata “Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture”, prevede nel comma 9 che: “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale.

Giova anzitutto rilevare che nel citato comma si utilizza più correttamente, anziché la terminologia generica “costi della sicurezza” – che, stando alla consolidata opinione espressa nei pareri dell’ANAC, sono solo quelli volti all’attuazione delle misure del PSC (Piano di Sicurezza e Coordinamento) – quella puntuale “oneri aziendali per la sicurezza”, confermando come questi ultimi abbiano riguardo agli oneri relativi all’“adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro” riferiti allo specifico cantiere. Più precisamente, detti oneri attengono alle spese aziendali necessarie per la risoluzione dei rischi specifici propri dell’appaltatore, relativi sia alle misure per la gestione del rischio dell’impresa sia alle misure operative per i rischi legati alle lavorazioni nell’esercizio dell’attività svolta da ciascun operatore economico[52].

Inoltre, merita osservare che il comma 9 dell’art. 108 recepisce l’indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato in tema di indicazione dei costi della manodopera e degli oneri aziendali per la sicurezza, dei quali, per ovviare ai numerosi fraintendimenti e contenziosi insorti in vigenza dell’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016, si prevede espressamente l’indicazione “a pena di esclusione”. Il che, si ritiene, dovrebbe consentire di superare i dubbi interpretativi, perdurati anche a seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia UE 2 maggio 2019, causa C-309/18 per le ipotesi di “materiale impossibilità di indicare tali costi nell’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico[53].

Rivolgendo l’attenzione al beneficio del c.d. soccorso istruttorio, il nuovo Codice dei contratti pubblici, a differenza del previgente, dedica ad esso un’autonoma e più articolata disposizione: l’art. 101.

Il legislatore del 2023 ha inteso, da un lato, recepire gli approdi del diritto pretorio in tema di soccorso istruttorio, anche procedimentale, dall’altro lato, spingersi oltre ampliando l’ambito, la portata, le modalità e i tempi di attivazione, forse in maniera eccessiva al limite della violazione del principio di par condicio e di autoresponsabilità pur vigente nei diversi rami del diritto, in primis quello civile con l’art. 1227 c.c., cui i canoni fondamentali del D.lgs. n. 36/2023 sembrano ispirarsi.

Il legislatore ha superato altresì talune incertezze diffusamente maturate nella prassi operativa[54].

Coerentemente, nella Relazione illustrativa del nuovo Codice si sottolinea che la disciplina contemplata dall’art. 101 muove da un approccio sostanziale, volto ad evitare che lo svolgimento della procedura di gara sia condizionato da un eccessivo formalismo, tale da pregiudicare la qualità dell’offerta e il pieno raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla stazione appaltante con la procedura di gara. Chiave interpretativa della norma è pertanto la leale collaborazione delle parti - amministrazione appaltante e operatori economici - ispirata alla fiducia nell’attività dell’amministrazione e alla responsabilità dell’operatore economico, secondo il principio di buona fede, nel rispetto del principio della par condicio.

Come ben messo in luce dalla pronuncia del Consiglio di Stato 21 agosto 2023, n. 7870, in seguito all’entrata in vigore del nuovo Codice si deve in ogni caso puntualizzare, sotto un profilo funzionale, la necessaria distinzione fra varie fattispecie di soccorso.

Viene in considerazione, anzitutto, il soccorso integrativo o completivo, previsto dall’art. 101, comma 1, lett. a) del D.lgs. n. 36/2023, la cui formulazione non è difforme da quella dell’art. 83, comma 9. Esso mira, in termini essenzialmente quantitativi, al recupero di carenze della c.d. documentazione amministrativa necessaria alla partecipazione alla gara - con esplicita esclusione, quindi, della documentazione relativa all’offerta, sia sotto il profilo tecnico che sotto il profilo economico - sempreché non si tratti di documenti non allegati ma acquisibili direttamente dalla stazione appaltante (in prospettiva, tramite accesso al fascicolo virtuale dell’operatore economico);

In secondo luogo, il soccorso sanante, previsto dall’art. 101, comma 1, lett. b), non difforme nella formulazione dall’art. 83, comma 9 del D.lgs. n. 50/2016). Esso consente, in termini qualitativi, di rimediare a omissioni, inesattezze o irregolarità della documentazione amministrativa, con il limite dell’irrecuperabilità di documentazione di incerta imputazione soggettiva, che varrebbe a rimettere in gioco domande inammissibili;

In terzo luogo, il soccorso istruttorio in senso stretto, disciplinato dall’art. 101, comma 3. Recependo il soccorso c.d. procedimentale[55], elaborato dalla giurisprudenza, alle forme di, esso abilita la stazione appaltante (o l’ente concedente) a sollecitare chiarimenti o spiegazioni sui contenuti dell’offerta tecnica e dell’offerta economica, volti a consentirne l’esatta acquisizione e a ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di pervenire a esiti certi sulla portata dell’impegno negoziale assunto, e fermo in ogni caso il divieto - strettamente correlato allo stringente vincolo della par condicio - di apportarvi qualsivoglia modifica[56].

Infine, il soccorso correttivo di cui all’art. 101, comma 4. Rispetto alle altre ipotesi di soccorso si atteggia a fattispecie innovativa, come tale insuscettibile di applicazione retroattiva. A differenza da queste ultime, prescinde dall’iniziativa e dall’impulso della stazione appaltante o dell’ente concedente abilitando direttamente il concorrente, fino al giorno di apertura delle offerte, alla rettifica di errori che ne inficino materialmente il contenuto, fermo il duplice limite formale del rispetto dell’anonimato e sostanziale della immodificabilità contenutistica. Sicché non si tratta, a rigore, di soccorso in senso stretto.

La riforma generalizza la facoltà dell’amministrazione di richiedere chiarimenti sui contenuti dell’offerta tecnica ed economica e sugli allegati alle stesse, con obbligo dell’operatore economico di fornire risposta entro il termine assegnato, che non può essere inferiore a 5 giorni, ma nemmeno superiore a 10. Entro il suddetto termine l’operatore economico può integrare o sanare (a pena di esclusione, ai sensi dell’art. 101, comma 4) la documentazione amministrativa ovvero (ma in tal caso, senza automatismi espulsivi) chiarire ed illustrare, nei termini e nei limiti della specifica richiesta, il tenore della propria offerta. Naturalmente, fermo il divieto di modificare il contenuto di entrambe le offerte (comma 3).

La sanzione per la mancata integrazione o per l’elusione del termine all’uopo concesso dalla stazione appaltante è quella espulsiva.

Superando i precedenti contrasti giurisprudenziali, la previsione chiarisce inoltre che sono soccorribili: (i) la mancata presentazione della garanzia provvisoria; (ii) l’omessa allegazione del contratto di avvalimento; (iii) la carenza dell’impegno al conferimento, per i concorrenti partecipanti in forma di raggruppamento costituendo, del mandato collettivo speciale. E tanto, purché si tratti di omissioni documentabili con atti di data certa, anteriore al termine di presentazione delle offerte, a conferma che si debba trattare di una mancanza meramente formale e non di una originaria carenza sostanziale.

In definitiva, la nuova disciplina del soccorso istruttorio si pone sulla scia della precedente normativa, confermando l’ammissibilità del soccorso sanante e del soccorso integrativo; ne amplia la portata, in termini conformi ai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, introducendo e disciplinando l’istituto del soccorso procedimentale, quale forma di sanatoria – ossia la richiesta di chiarimenti – elaborata dalla giurisprudenza in relazione ad elementi dell’offerta. In questa prospettiva, la norma introduce una nuova forma di sanatoria, vale a dire la rettifica su iniziativa del concorrente, quale strumento ulteriore rispetto alla rettifica ad iniziativa della stazione appaltante, già ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza nell’ambito del quadro normativo pregresso. Essa consente al medesimo concorrente di rimediare a un errore materiale contenuto nell’offerta tecnica o economica di cui si sia accorto dopo la scadenza del termine di presentazione della domanda, purché la correzione non alteri la sostanza dell’offerta e non ne comporti una nuova formulazione o la violazione dell’anonimato, così disponendo il comma 4, dell’art. 101.

In considerazione dell’intervenuta estensione dell’istituto il Consiglio di Stato ha sottolineato il rischio di un possibile “conflitto” tra l’applicazione della sanatoria e il principio generale di autoresponsabilità, evidenziando che detto principio è preposto a sollecitare gli operatori economici, in virtù della loro qualificazione professionale e del correlativo dovere di diligenza, al pieno e puntuale rispetto delle formalità procedimentali e ad evitare gli aggravi imposti dalla rimessione in termini, nonché possibili forme di abuso dell’istituto, come tali contrarie al canone di buona fede[57].

In conclusione, l’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’istituto riflette ed è espressiva dell’evoluzione dei principi sottesi al settore della contrattualistica pubblica.

Invero, se l’iniziale approccio formalistico, cristallizzato dal Codice del 2006, muoveva dall’esigenza di tutelare la concorrenza “ad ogni costo”, l’attuale configurazione dell’istituto, quale recepita dal nuovo Codice, si fonda ed è ispirata ai canoni della fiducia e del risultato, quali principi cardine della nuova disciplina dettata dal D.lgs. n. 36/2023, funzionali al raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea. Ed è alla luce di tali principi che il nuovo Codice, ponendosi in linea con la più recente giurisprudenza europea e nazionale, consente in un’ottica sostanziale di soprassedere alle omissioni e alle irregolarità meramente formali verificatesi in gara.

In particolare, il nuovo Codice dei contratti pubblici veicolato nel D.lgs. 36/2023 amplia la portata di utilizzo del soccorso istruttorio indirizzato dalla necessità di superare l’operato “formalistico” dei soggetti pubblici, evitando, nelle procedure di gara e nei limiti del possibile, che il rigore e la formalità precludano la limitazione di offerte generando un “disutile pregiudizio per la sostanza e la qualità delle proposte negoziali in competizione e, in definitiva, del risultato dell’attività amministrativa[58].

Non è un caso che, di recente, il Consiglio di Stato abbia ribadito la centralità e la rilevanza dei principi cardine nell’ambito della disciplina del nuovo Codice, quali valori dominanti del pubblico interesse da perseguire, funzionali ad evitare che “l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale” cui è proposta la procedura di gara, ossia “giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto[59].

 

2. Un caso applicativo recente.

Fra le pronunce giurisprudenziali intervenute sull’art. 101 del D.lgs. n. 36/2023 si intende nella presente sede soffermarsi sulla sentenza del Tar Firenze, 11 giugno 2024, n. 703.

Tale pronuncia si inserisce nel quadro normativo, dottrinale e giurisprudenziale che si è tentato di delineare.

Preliminarmente, al fine di comprendere il thema decidendum, giova illustrare taluni elementi in fatto che hanno portato alla pronuncia in analisi.

Il provvedimento attenzionato trae origine dall’indizione, da parte della Provincia di Lucca per conto di un piccolo Comune, di una procedura di gara aperta, in modalità telematica, con inversione procedimentale, per l’affidamento della gestione del servizio di ristorazione scolastica, di importo complessivo pari a 1.657.500,00 Euro, di cui 764.337,00 Euro per costi della manodopera non soggetti a ribasso e 1.300,50 Euro per costi della sicurezza non soggetti a ribasso.

La procedura di gara si svolgeva in modalità telematica sul sistema “START”. Vi partecipavano tre operatori economici, i quali si classificavano in graduatoria: il primo, con punteggio complessivo di 97,79, di cui 78 per l’offerta tecnica e 19,79 per l’offerta economica; il secondo, con punteggio complessivo di 90,65, di cui 70,65 per l’offerta tecnica e 20,00 per l’offerta economica; il terzo, con punteggio complessivo di 85,24, di cui 65,38 per l’offerta tecnica e per 19,86 l’offerta economica.

L’allegato b) al verbale del 2 ottobre 2023 della Commissione di gara, recante la predetta classificazione, riportava, fra gli altri, i costi della manodopera dei tre concorrenti: il primo, costo manodopera 819.147,61; il secondo, costo manodopera 764.337,00; il terzo, costo manodopera 782.455,68.

Sempre in data 2 ottobre 2023 la Commissione disponeva l’attivazione del soccorso istruttorio per il secondo classificato, non avendo quest’ultimo indicato nell’offerta l’importo degli oneri della sicurezza aziendale. Concedeva il beneficio del c.d. soccorso istruttorio affermando che “per errore materiale sulla piattaforma, in relazione al form online di offerta economica complessiva” l’operatore non poteva inserire tali costi. E nello stesso giorno disponeva l’esclusione della prima classificata per aver inserito costi della manodopera in misura superiore a quelli indicati dall’amministrazione in gara.

Per effetto del soccorso istruttorio concesso al secondo classificato e dell’esclusione del primo, il secondo classificato saliva alla prima posizione della graduatoria.

Pervenuta l’istanza di autotutela del concorrente escluso, la Commissione e l’amministrazione con verbale del 26 ottobre, provvedevano a riesaminare le decisioni. Conseguentemente annullavano il precedente verbale nella parte in cui era stato disposto il soccorso istruttorio in favore del secondo classificato in merito alla mancata indicazione dei costi aziendali della sicurezza, indi l’esclusione del medesimo dalla gara, nonché il verbale del 9 ottobre 2023 nella parte in cui era stato escluso il primo classificato, poiché i maggiori costi della manodopera indicati non integravano alcuna causa di esclusione.

La Provincia comunicava l’esclusione al secondo classificato sottolineando l’insussistenza di una “materiale impossibilità di indicare nell’offerta i costi della sicurezza e, dunque, la mancanza dei presupposti per l’attivazione del soccorso istruttorio.

In risposta alla richiesta del Comune di fornire adeguati ed esaustivi chiarimenti sulla congruità dell’offerta presentata ex art. 110 del D.lgs. n. 36/2023, il primo classificato inviava le giustificazioni relative alle voci di costo componenti l’offerta economica.

Successivamente il Comune disponeva l’aggiudicazione dell’appalto in favore del primo classificato nonché l’esecuzione immediata del servizio nelle more della stipula del contratto, ai sensi dell’art. 17, comma 8 del D.lgs. n. 36/2023. Così il secondo classificato, dapprima, proponeva ricorso principale avverso il provvedimento recante la propria espulsione nonché l’aggiudicazione della gara in favore del primo classificato. Poi, in seguito all’accesso agli atti depositava un primo ricorso per motivi aggiunti, cui seguivano un secondo e un terzo.

In giudizio si costituivano la Provincia di Lucca, il Comune e il primo classificato controinteressato, tutti eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso principale e dei motivi aggiunti per carenza d’interesse poiché il ricorrente era stato escluso legittimamente dalla gara e inoltre, essendosi classificato al secondo posto, non avrebbe potuto conseguire alcun vantaggio dalla sua riammissione in gara.

All’udienza il ricorso veniva trattenuto in decisione. Con la sentenza che si commenta il Tar in parte ha rigettato e in parte ha dichiarato inammissibili il ricorso principale e i motivi aggiunti.

Brevemente narrati i fatti oggetto della vicenda che occupa, ben si può comprendere che la quaestio iuris sottoposta all’attenzione del Tar per la Toscana atteneva al tema, ben noto al dibattito dottrinale e giurisprudenziale[60], delle conseguenze derivanti dall’omessa separata indicazione, nell’offerta economica, degli oneri di sicurezza c.d. aziendali o interni derivanti dalla messa in atto delle misure necessarie a garantire la sicurezza del lavoro. E, in definitiva, ruotava intorno alla legittimità dell’eventuale esclusione da una gara per insussistenza della dichiarazione separata relativa ai suddetti oneri e alla possibilità di attivare il soccorso istruttorio.

Nel confrontarsi con la vexata quaestio, poc’anzi delineata, il Tar fiorentino prende le mosse, sul versante normativo, dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10 e 83, comma 9 del D.lgs. n. 50/2016, ora art. 108, comma 9 del D.lgs. n. 36/2023 e, sul versante giurisprudenziale, dagli orientamenti esegetici che la giurisprudenza interna[61] nonché quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[62] hanno visto emergere sul tema specifico della mancata indicazione degli oneri aziendali relativi all’adempimento della disciplina in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Sorvolando sul quadro normativo, sul quale ci si è testé soffermati e che il giudice di prime cure si limita a evocare, merita concentrare l’attenzione sul panorama giurisprudenziale.

Il Tar per la Toscana ha infatti principalmente avuto cura di richiamare gli indirizzi interpretativi fissati dalla giurisprudenza amministrativa nazionale e della Corte di Lussemburgo.

Volendo ripercorrerli, un primo orientamento opina nel senso che l’omessa separata indicazione dei costi della manodopera, dunque anche della sicurezza, nell’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico rechi con sé l’esclusione dell’impresa dalla gara[63].

Un secondo indirizzo ermeneutico sostiene che l’omissione della separata indicazione nell’offerta economica dei costi di cui trattasi non sia sanabile neppure mediante giustificativi presentati in sede di verifica di congruità dell’offerta[64].

Secondo un terzo filone interpretativo la disposizione dell’esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica è doverosa altresì in assenza di specificazione ossia di espressa comminatoria in tal senso ad opera della “legge di gara”. Invero, la disciplina italiana è sufficientemente chiara in ordine a detto formale obbligo, di tal che qualsiasi operatore economico “ragionevolmente informato e normalmente diligente” si presume a conoscenza dell’obbligo de quo. Ne deriva che l’esclusione può intervenire non solo ove espressamente richiamata dal bando o dal capitolato di gara ma anche direttamente in base a previsioni di legge sufficientemente chiare e conoscibili[65].

Un quarto orientamento attiene alla possibilità che gli oneri della sicurezza per i lavoratori e i costi della manodopera siano ricostruiti in via postuma. Richiamando ancora gli orientamenti esegetici emersi in seno alla giurisprudenza interna e, in particolare, i principi statuiti dalla pronunce gemelle dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8, il giudice di prime cure afferma che detti costi non possono neppure essere ricostruiti in un secondo momento, sempre in sede di verifica di congruità, attraverso l’eventuale dimostrazione che un tale dato era “comunque compreso nell’offerta economica … anche se non espressamente indicato”. La regola generale esige dunque che tali costi siano espressamente “indicati” e non solo “considerati” o comunque contemplati[66].

Infine, il Tar fiorentino evoca l’indirizzo che opina che similmente a qualsivoglia regola generale anche quella testé enunciata soffra di eccezioni. Si tratta sia dei casi in cui la lex specialis di gara rechi disposizioni fortemente ambigue o fuorvianti, tali da ingenerare “confusione” nel concorrente, sia dei casi in cui i modelli predisposti dalla stazione appaltante rendano materialmente impossibile – quali assenza di “spazio fisico” nella domanda di partecipazione e nel relativo schema di offerta[67]; divieto, pena l’esclusione, di recare integrazioni di sorta al modello predisposto dalla stazione appaltante cui i concorrenti siano vincolati nella formulazione dell’offerta – il loro effettivo inserimento. In siffatte ipotesi, ai fini della tutela del “legittimo affidamento” deve essere consentita una sanatoria – rectius – una rettifica postuma del dato mediante soccorso istruttorio ovvero giustificativi in sede di giudizio di anomalia[68].

Il giudice di prime cure, nel richiamare tali indirizzi ermeneutici, pare dunque allinearsi all’orientamento restrittivo, favorevole a sostenere che l’esclusione automatica sia la conseguenza del mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10 del Codice dei contratti pubblici, ora art. 108, comma 9.

Nel proseguo del proprio percorso argomentativo il Tar rileva altresì la conformità al diritto europeo dell’automatismo espulsivo dalle gare d’appalto correlato alla presentazione di offerte economiche prive della separata indicazione dei costi inerenti alla sicurezza interna, che deriva dal combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del Codice dei contratti pubblici nazionale (D.lgs. n. 50/2016)[69].

Evoca dunque quanto sostenuto dal Giudice del Lussemburgo con la pronuncia C. Giust. UE, Sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, Lavorgna.

A questo punto dell’iter argomentativo il Tar osserva come nella vicenda in esame non siano ravvisabili, in concreto, le condizioni di “materiale impossibilità di separata evidenziazione” dei costi di cui trattasi, che consentirebbero di sanare la carenza dell’offerta mediante l’esercizio del potere di soccorso istruttorio della stazione appaltante. Di tal che, il ricorso principale deve essere respinto.

Il Collegio perviene a tale conclusione muovendo dall’interpretazione rigorosa della nozione di “materiale impossibilità” data dalla giurisprudenza amministrativa interna che ne esclude la sussistenza ove sia possibile modulare, integrare e personalizzare i contenuti dell’offerta fissati nei moduli unilateralmente predisposti dall’amministrazione. Del resto – aggiunge il Tar – la “materiale impossibilità” dovrebbe essere intesa in senso oggettivo, quale impossibilità per tutti gli operatori economici che partecipino alla gara.

In applicazione dei rammentati principi di diritto al caso posto alla sua attenzione, il Tar rileva che il form online dell’offerta economica complessiva non prevedeva uno spazio apposito dedicato all’indicazione dei costi aziendali della sicurezza; tuttavia, la modulistica predisposta dalla stazione appaltante consentiva in ogni caso di adempiere in altro modo all’obbligo previsto ex lege di dichiarare detti costi. Infatti, ben avrebbe potuto la dichiarazione dei costi aziendali per la sicurezza essere inserita nell’ambito della Scheda dettaglio economico scaricabile dalla piattaforma “START”.

Tale documento, costituito da un file in formato ods - vale a dire un foglio di calcolo open document, corrispondente al più noto file excel di Microsoft - era interamente editabile, consentendo ai concorrenti di dichiarare il costo degli oneri di sicurezza aziendali. E infatti la società terza classificata si è avvalsa di tale possibilità per effettuare la sua dichiarazione, mentre la prima classificata ha inserito tale indicazione nella “dichiarazione relativa alla dimostrazione ribasso costo manodopera”, a riprova della possibilità di allegare alla domanda documentazione integrativa.

Ancora, il giudice di prime cure argomenta come al fine di addivenire a una diversa conclusione non possa revocarsi in dubbio la sussistenza, nella specie, dell’obbligo di dichiarare i costi aziendali della sicurezza per i lavoratori.

Invero, come già accennato, l’art. 108, comma 9 del nuovo Codice dei contratti pubblici stabilisce espressamente che “Nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro eccetto che nelle forniture senza posa in opera e nei servizi di natura intellettuale”. E, ad ogni modo, l’obbligo dichiarativo risultava dall’art. 18.2 del disciplinare, che a sua volta richiedeva espressamente la specificazione nell’offerta dei “costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. A nulla rileva che un errore materiale sulla piattaforma in relazione al form online di “offerta economica complessiva” avesse comportato il mancato inserimento dello spazio entro il quale il partecipante avrebbe dovuto indicare i costi.

Alla luce delle suesposte riflessioni, ad avviso del Tar, non si può sostenere fondatamente l’incertezza sulla necessità gravante sugli operatori economici di indicare nell’offerta economica i costi della sicurezza. Così come non si può sostenere la sussistenza della “materiale impossibilità” di tale dichiarazione. Tutt’al più si può ritenere che l’impresa seconda classificata, a fronte di plausibili difficoltà riscontrate nella compilazione della domanda o di dubbi sulle modalità consentite di dichiarazione degli oneri della sicurezza, avrebbe potuto chiedere chiarimenti alla stazione appaltante.

 

3. Spunti e riflessioni.

Ebbene, ancora una volta, nella vicenda in scrutinio la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, Lavorgna è stata utilizzata quale canone interpretativo per la soluzione della questione centrale della vicenda stessa, ossia la possibilità di omettere l’indicazione separata degli oneri per la sicurezza dei lavoratori, in sede di predisposizione dell’offerta economica.

Si delinea infatti il medesimo schema concettuale seguito in altre vicende attenzionate sia dalle Sezioni del Consiglio di Stato[70] sia dal giudice di prime cure[71].

La questione de qua, come si è testè rammetanto, è stata oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, la quale fornito la soluzione del quesito interpretativo nella menzionata pronuncia resa dalla Nona Sezione, ritenuta esaustiva dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato già nell’ordinanza 28 ottobre 2019, n. 12 e, in seguito, nelle sentenze gemelle 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8.

In quelle occasioni come in quella in esame, dunque, affermata la dichiarata compatibilità con il diritto europeo degli automatismi espulsivi conseguenti al mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10 del Codice dei contratti pubblici del 2016, le questioni residue sono state rivolte unicamente a delineare la portata dell’eccezione alla regola dell’espulsione automatica, collegata all’accertamento in fatto della possibilità di indicare le voci stesse nei modelli predisposti dall’amministrazione.

Si rammenta che nella vicenda all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8 si è delineato lo stesso schema concettuale, atteso che, una volta ritenuta applicabile la citata sentenza della Corte di Giustizia, non poteva che evidenziarsi la chiara elusione da parte dell’impresa aggiudicataria delle previsioni dell’art. 95, comma 10. Infatti, l’aggiudicataria aveva del tutto omesso nella sua offerta economica l’indicazione dei costi della manodopera prevista dall’art. 95 del D.lgs. n. 50/2016 e dalla lex specialis. Solo in un secondo momento, dopo la notifica del ricorso introduttivo da parte della seconda classificata, la stazione appaltante chiedeva all’aggiudicataria in sede di soccorso istruttorio chiarimenti in ordine ai “costi del personale al fine di verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5 lett. d), del D.Lgs. n. 50 del 2016”. Secondo l’Adunanza Plenaria, doveva quindi ritenersi integrata l’illegittimità evidenziata dall’appellante, stante la mancata attivazione del dovuto meccanismo espulsivo da parte della stazione appaltante.

Per altro verso, quanto al tema della riferibilità alla vicenda all’esame delle sentenze 2 aprile 2020, n. 7 e n. 8 dell’eccezione alla regola dell’esclusione automatica, applicabile quando si ammette il soccorso istruttorio malgrado l’offerta non rechi la separata indicazione dei costi, secondo l’Adunanza Plenaria occorreva ricordare che la pronuncia della Nona Sezione della Corte di Giustizia, 2 maggio 2019, causa C-309/18 aveva demandato al giudice del rinvio di verificare se, nel caso di specie, “fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice” (punto 30), al fine di fare eventualmente applicazione del soccorso istruttorio.

L’equazione indicata dalla Corte -materiale impossibilità” di indicazione come fatto legittimante il soccorso istruttorio - era però, nel caso di specie, inficiata dagli elementi di fatto, la cui valutazione spettava appunto al giudice nazionale. Invero, l’appellante aveva depositato in giudizio la documentazione della propria offerta, dalla quale si evinceva come la stessa avesse materialmente rispettato gli oneri dichiarativi di cui all’art. 95, comma 10 del Codice dei contratti pubblici, smentendo per tabulas l’esistenza di una situazione impeditiva alla dichiarazione.

A tal proposito, va detto comunque che non tutta la giurisprudenza amministrativa pare allo stato allineata nel senso di un’applicazione rigorosa dei canoni ermeneutici tracciati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Il Tar Campobasso, ad esempio, con la pronuncia 3 giugno 2019, n. 204 ha ritenuto sufficiente a legittimare il ricorso al meccanismo del soccorso istruttorio il fatto che il disciplinare di gara si limitasse a sanzionare espressamente con l’espulsione dalla gara esclusivamente la mancata indicazione degli oneri aziendali relativi alla sicurezza, senza operare alcun riferimento ai costi della manodopera. E che stabilisse altresì che l’offerta economica doveva essere predisposta in conformità a un modello “G” che conteneva un apposito spazio per la dichiarazione dei costi in materia di sicurezza e salute sul lavoro, ma non richiedeva anche l’indicazione dei costi della manodopera, per il resto il disciplinare di gara rinviando al Codice dei contratti pubblici.

Ciò posto, il Collegio molisano giungeva alla conclusione che l’omessa indicazione dei costi della manodopera da parte dell’aggiudicataria non poteva assumere, in siffatta ipotesi, autonoma rilevanza escludente. Invero, nonostante il rinvio al Codice dei contratti pubblici recato nella clausola di chiusura, tanto le prescrizioni della lex specialis quanto la struttura del modello allegato al disciplinare di gara per la predisposizione dell’offerta tecnica erano carenti e ambigue sul punto e potevano risultare ingannevoli rispetto alla sussistenza del relativo obbligo dichiarativo. Lo stesso non poteva dirsi con riferimento ai costi della sicurezza aziendali, la cui indicazione era espressamente richiesta quale presupposto necessario ai fini della partecipazione alla gara.

Nello stesso senso il Consiglio di Stato, con la sentenza 4 ottobre 2019, n. 6688 della Quinta Sezione, con un’interpretazione elastica del principio di diritto statuito dalla Corte di Giustizia UE, Sez. IX, 2 maggio 2019 C-309/18 ha riaperto l’annosa questione.

L’appellante contestava in giudizio l’esclusione, deducendo la violazione degli artt. 95 e 83 del D.lgs. n. 50/2016 e del principio di tassatività delle cause di esclusione, facendo leva sulla mancata previsione da parte della legge di gara di un’espressa sanzione espulsiva per l’omissione dichiarativa de qua e sulla conseguente necessità da parte della stazione appaltante di attivare il soccorso istruttorio.

Secondo il Collegio, se la documentazione di gara e il modello dell’offerta non sono omogenei o improntati alla necessaria chiarezza, il soccorso istruttorio è da attivare, in quanto “oggettivamente idonea a ingenerare in capo ai partecipanti il dubbio in ordine alla individuazione di quali siano le “non conformità” della domanda di partecipazione soggette alla sanzione di irricevibilità, e, pertanto, a causare il plausibile timore di subire la predetta conseguenza negativa in caso di presentazione di una domanda contenente modifiche al modello allegato alla lex specialis.

Tutti i predetti elementi portano a concludere per la correttezza del ricorso nella fattispecie al rimedio del soccorso istruttorio volto a verificare il rispetto “sostanziale” dell’art. 95, comma 10 del d.lgs. n. 50/2016, i cui esiti sono stati validati dalla sentenza appellata in aderenza a conforme giurisprudenza, risultante non contrastante con la posizione poi assunta dalla Corte di giustizia”.

Il Consiglio di Stato, al fine di evitare l’automatica esclusione del concorrente inadempiente, ha valorizzato la previsione da parte della lex specialis di gara dell’adozione, in via peraltro meramente preferenziale, di un modello per la presentazione delle domande non recante la specifica voce relativa ai costi del personale. Pur ammettendo che il modello di offerta prestampato non impedisse l’aggiunta dell’indicazione del costo della manodopera, ha concluso che la lex specialis di gara era oggettivamente idonea a ingenerare in capo ai partecipanti il plausibile timore di subire conseguenze negative in caso di presentazione di domande contenenti modifiche al modello allegato.

Tali pronunce non appaiono tuttavia convincenti in quanto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, come testé ricordato, ha espresso un principio di diritto diverso nel sostenere che il giudice interno debba, dapprima, verificare se per gli offerenti fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera e della sicurezza conformemente all’art. 95, comma 10 del Codice dei contratti pubblici e, solo in un secondo tempo, verificare se tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del Codice.

In definitiva, stante l’incontrovertibile natura imperativa dell’art. 95, comma 10 che prevede che i costi della manodopera e gli oneri di sicurezza debbano essere indicati nell’offerta sortendo l’effetto di integrare dall’esterno le previsioni escludenti recate dal bando e dal capitolato di gara (c.d. effetto di etero-integrazione), la semplice modifica di un file o l’integrazione in senso additivo di un modulo non si ritiene possano costituire in linea di massima operazioni materialmente impossibili tale da giustificare l’ammissione al beneficio del soccorso istruttorio per sanare la lacuna. Salvo dimostrare, in concreto, l’insussistenza di impedimenti tecnici insormontabili.

Un’ipotesi paradigmatica in tal senso è rappresentata dal caso deciso dal Tar Campania, Napoli, con la sentenza 19 dicembre 2020, n. 802. Il modello predisposto dalla stazione appaltante, da utilizzare a pena di esclusione per la formulazione dell’offerta economica, recava appositi spazi per l’indicazione dell’importo offerto, del ribasso percentuale e dei costi interni per la sicurezza; viceversa, non conteneva altri campi editabili dai concorrenti e non era integrabile in base alla lex specialis, atteso che una volta generato automaticamente dal sistema non poteva essere modificato in alcuna sua parte, in quanto la procedura al momento del caricamento del file PDF, firmato digitalmente, controllava che lo stesso non avesse subito modifiche (cfr. art. 16 del disciplinare).

Il caso sottoposto al vaglio del Tar ricade dunque fra quelli presi in considerazione dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ossia l’ipotesi in cui “le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche”. Invero, la disciplina di gara ingenerava confusione in ordine alla portata precettiva dell’indicazione del costo della manodopera, trovandosi i concorrenti nella situazione conflittuale di dover, da un lato, specificare tale importo ai sensi dell’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 16 del disciplinare, senza tuttavia essere messi concretamente in condizione di assolvere tale obbligo, non potendo modificare - neppure in senso additivo - il modulo predisposto per la predisposizione dell’offerta economica che, come si è visto, non conteneva alcuno spazio apposito.

 

[1]Per tali considerazioni si veda L. Carbone, Il Codice dei contratti pubblici: un anno di applicazione, in Giornale di diritto amministrativo, n. 4, 1° luglio 2024, 441, che rileva che “La giurisprudenza sul primo anno di applicazione del codice fornisce una serie di indicazioni”, fra le quali “la tendenziale riduzione del contenzioso tradizionale che aveva afflitto il precedente codice” come traspare, fra gli altri dagli “spazi del soccorso istruttorio” e dal “nodo della ribassabilità dei costi della manodopera”, considerato che “i principi di risultato, fiducia e accesso al mercato “indubbiamente portano a circoscrivere le esclusioni dalla procedura” (Tar Veneto, Venezia, Sez. I, 9 febbraio 2024, n. 230).

[2]Secondo il parere dell’Autorità l’effettivo costo complessivo del personale da parte di ciascun concorrente va determinato in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale e, come tale, non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante.

[3]Gli oneri aziendali non sono riconducibili ai costi stimati per le misure previste al punto 4, allegato XV del D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

[4]Allegato XV al Testo Unico Sicurezza.

[5]Relativamente alle differenze tra costi della sicurezza e oneri aziendali per la sicurezza, si veda la delibera ANAC n. 100, 8 febbraio 2017.

[7]Consiglio di Stato, Sez.VI, 24 febbraio 2022, n. 1308; Consiglio di Stato, Sez. V, 3 gennaio 2023, n. 68; Consiglio di Stato, Sez. V, 9 gennaio 2024, n. 295.

[8]Corte di Giustizia UE 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta; Corte di Giustizia UE 12 marzo 2015, eVigilo, C-538/13.

[9]Corte di Giustizia UE, 29 marzo 2012, C-599/10, SAGELV Slovensko e a.; Corte di Giustizia UE 10 ottobre 2013, C-336/12, Manova.

[10]Corte di Giustizia UE 11 maggio 2017, C-131/16, Archus e Gama.

[11]Corte di Giustizia UE 11 maggio 2017, C-131/16, Archus e Gama.

[12]Corte di Giustizia UE 6 novembre 2014, C-42/13, Cartiera dell’Adda; Corte di Giustizia UE 10 novembre 2016, C-199/15, Ciclat; Corte di Giustizia UE 28 febbraio 2018, C-523/16 e C-536/16, MA.T.I. SUD S.p.a..

[13]Corte di Giustizia UE 2 giugno 2016, C-27/15, Pizzo Pippo e aa..

[14]Corte di Giustizia UE 29 marzo 2012, SAGELV Slovensko e a., C-599/10.

[15]Corte di Giustizia UE 11 maggio 2017, C-131/16, Archus e Gama.

[18]Consiglio di Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9.

[19]G. Margiotta – P. L. Portulari, Art. 83 - Criteri di selezione e soccorso istruttorio, in R. Garofoli – G. Ferrari, Codice dei contratti pubblici, II, Nel diritto editore, 2017, 1419.

[20]D. Villa, La selezione degli offerenti, in Caringella-Mantini-Giustiniani, Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016, 263.

[21]Tar Emilia - Romagna, Bologna, Sez. II, 29 giugno 2016, n. 683; Tar Lazio, Roma, Sez. I, 21 gennaio 2016, n. 715; Consiglio di Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9.

[22]Consiglio di Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9.

[23]Tar Lazio, Roma, Sez. II, 6 giugno 2016, n. 6488; Consiglio di Stato, Sez. V, 11 aprile 2016, n. 1412.

[24]Tar Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 4 maggio 2016, n. 469; contra Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 31 marzo 2016, n. 625.

[25]Cfr. Tar Piemonte, Sez. II, ordinanza, 16 dicembre 2015, n. 1745; Tar Campania, Napoli, ordinanza 27 gennaio 2016, n. 451; Tar Molise, Sez. I, 12 febbraio 2016, n. 77; Tar Marche, ordinanza 19 febbraio 2016, n. 451.

[26]G. Di Pardo, La Corte di Giustizia sugli oneri di sicurezza c.d. interni o aziendali: nessun ragionevole dubbio, in Lexitalia.it, novembre 2016.

[27]Consiglio di Stato, Sez. III, 9 gennaio 2017, n. 30.

[28]Consiglio di Stato, Sez. V, 6 febbraio 2017, n. 500.

[29]Si veda, altresì, in quanto conforme, Consiglio di Stato, Adunanze Plenaria, 27 luglio 2016, n. 20, secondo la quale, laddove né il bando abbia prescritto l’obbligo di separata indicazione dei costi di salute e della sicurezza né nei moduli di offerta sia prevista la possibilità di esplicitare detta indicazione “l’Amministrazione ha ingenerato in capo ai concorrenti un significativo affidamento circa la non sussistenza dell’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri di sicurezza”.

[30]Sul punto giova rammentare che il Tar Lazio con la pronuncia della Sez. I ter, 30 dicembre 2016, n. 12873 aveva già segnalato l’apparente erronea formulazione dell’art. 97, comma 5, lett. d) nella parte in cui stabiliva che l’offerta era anormalmente bassa e doveva essere esclusa in caso costo del personale inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16. Queste infatti “non sono altro che le tabelle già previste, con disposizione perfettamente sovrapponibile, dall’art. 86, comma 3 bis del D.lgs. n. 163 del 2006”. Ebbene, tali tabelle, predisposte sulla base dei valori economici elencati dalla norma, “stabiliscono il costo medio orario del lavoro, che è cosa ben diversa dal trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo fa riferimento la previsione di inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6 del D.lgs. n. 163/2006”. Sulla base di tali riflessioni la giurisprudenza era così giunta ad affermare, con orientamento consolidato e perdurante anche sotto la vigenza del Codice del 2016, che i costi medi della manodopera indicati nelle tabelle ministeriali non assumevano valore di parametro assoluto e inderogabile, ma svolgevano una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche e analisi aziendali evidenzianti una peculiare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori.

Nella prima bozza del decreto c.d. Correttivo il Legislatore, anziché espungere dal testo dell’art. 97, comma 5, lett. d) il rinvio errato alle tabelle ex art. 23, comma 16 del Codice dei contratti pubblici, sostituiva il riferimento ai minimi salariali con il costo medio orario del lavoro. Sennonché il Consiglio di Stato con il parere n. 782 del 2017 segnalava che tale modifica avrebbe creato “un forte irrigidimento” e in sostanza avrebbe impedito le giustificazioni da parte dell’operatore economico, che invece sino ad allora erano sempre state consentite nel caso di costo del lavoro inferiore al costo medio orario purché in misura non inferiore ai minimi salariali. Nella versione definitiva del D.lgs. n. 56/2016 la disposizione restava immutata.

[31]Così affermavano le prime pronunce giurisprudenziali: Tar Molise, Campobasso, 9 dicembre 2016, n. 5; Consiglio di Stato, Sez. V, ordinanza 15 dicembre 2016, n. 5582; Tar Reggio Calabria, 25 febbraio 2017, n. 166; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 5 gennaio 2017, n. 34; Tar Veneto, Venezia, Sez. I, 21 febbraio 2017, n. 182; Tar Campania, Napoli, Sez. III, 3 maggio 2017, n. 2358; Tar Campania, Salerno, Sez. I, 6 luglio 2016, n. 1604. Cfr. anche Tar Veneto, Venezia, Sez. I, 21 febbraio 2017, n. 182.

In dottrina, si veda M.B. Cavallo, Art. 95 Criteri di aggiudicazione dell’appalto, in R. Garofoli – G. Ferrari, Codice dei contratti pubblici, II, Nel diritto editore, 2017, 1668-1669.

[32]Consiglio di Stato, Sez. V, 25 settembre 2018, n. 5513.

[34]Consiglio di Stato, parere 1° aprile 2016, n. 855.

[35]Nello specifico caso oggetto di tale pronunzia, attinente ad una gara informale ai sensi dell’art. 162 del D.lgs. n. 50/2016, indetta dal Ministero della difesa per l’affidamento della fornitura di servizi di connettività satellitare, la lettera di invito disciplinava le modalità di formulazione dell’offerta richiedendo espressamente ai partecipanti di precisare i costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e di attenersi al modello per la presentazione dell’offerta allegato. L’appellante aveva impugnato in primo grado gli atti di gara sostenendo che la Commissione avrebbe dovuto escludere dalla procedura l’offerta dell’appellata, anziché concedere il soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83, comma 9 del D.lgs. n. 50/2016, stante l’incompletezza della dichiarazione relativa ai costi di sicurezza.

[36]Tale sentenza concerneva la domanda di annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara per la mancata specifica quantificazione degli oneri della sicurezza interna da parte dell’appellante nella propria offerta economica e dell’aggiudicazione definitiva, adottati nell’ambito di una procedura negoziata avente ad oggetto la prestazione di forniture indetta dall’Azienda Sanitaria Locale Roma 6.

 

[37]Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 aprile 2013, n. 2064.

[38]Si veda per tutte Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. VI, 10 10 novembre 2016, in C/162/16.

[40]Risultava accolta da Tar Campania, Napoli, 6 agosto 2018, n. 521, 11 maggio 2018, n. 3149 e 3 ottobre 2017, n. 4611; Tar Lazio, Roma, 20 luglio 2017, n. 8119; Tar Lombardia, Brescia, 14 luglio 2017, n. 912; Tar Sicilia, Palermo, 15 maggio 2017, n. 318.

[41]Corte di Giustizia UE, sez. VI, 23 novembre 2017, in C-486/17.

[42]L’opzione della sospensione, invece, è stata preferita, ad esempio, dalle ordinanze del Consiglio di Stato, Sez. V, 28 settembre 2018, n. 5589; Consiglio di Stato, Sez. V, 7 marzo 2019, n. 1571.

[43]Sulla base di consimili considerazioni giuridiche e optando per la soluzione favorevole al soccorso istruttorio, pure il Consiglio di Giustizia Amministrativa rimetteva la medesima questione all’Adunanza Plenaria Cons. Giust. Amm. Sicilia, ordinanza, 20 novembre 2018, nn. 772 e 773.

[44]La questione dedotta è stata ritenuta attratta integralmente nelle seguenti disposizioni di cui alla Dir. 2014/24/UE sugli appalti pubblici: art. 18 “Principi per l’aggiudicazione degli appalti”; art. 56 “Principi generali”; art. 69 “Offerte anormalmente basse”.

[45]Si rinvia al par. 9 - la motivazione del rinvio - ordinanza, n. 1/2019; cfr. anche il punto III, ordinanza n. 3/2019 dove sono riportati gli snodi argomentativi della decisione.

[46]In tema di rispetto dei diritti sulla tutela del lavoro si veda P. Tullini Concorrenza ed equità nel mercato europeo: una scommessa difficile (ma necessaria) per il diritto del lavoro, in Riv. it. dir. lav., fasc. 2, 1° giugno 2018, 199; S. Varva, Concorrenza e promozione sociale. Le nuove prospettive alla luce della direttiva appalti 2014/24/UE, in A. Perulli (a cura di), L’idea di diritto del lavoro, oggi, Padova, 2016, 187 ss..

[47]Corte di Giustizia, Sez. IX, 2 maggio 2019, n. 309, C-309/18 - Lavorgna s.r.l., in Riv. it. dir. lav., 2019, 4, 687, con nota di C. Macchione.

[49]Tar Lazio, Roma, Sez. II bis, 14 febbraio 2020, n. 1994.

[51]È stata ripresa la statuizione finale della sentenza della Corte di Giustizia, Grande Sezione, 5 aprile 2016, n. 689, C-689/14, Puligienica, in Urb. e appalti, 2016, 10, 1084, con nota di C. Lamberti.

[52]Del. 8 febbraio 2017, n. 100 e Del. 4 agosto 2020, n. 710 emesse dall’Anac. Cfr. G. Semeraro, Salute e sicurezza nei cantieri nel Codice “ter” dei contratti pubblici, in Igiene & Sicurezza del Lavoro, n. 4, 1° aprile 2023, I. (cfr. art. 31, comma 4, lett. o) dell’Allegato I.7 [29] – “Contenuti minimi del quadro esigenziale, del documento di fattibilità delle alternative progettuali, del documento di indirizzo della progettazione, del progetto di fattibilità tecnica ed economica e del progetto esecutivo”, che ha riguardo alle “spese di adeguamento del cantiere, le misure per la gestione del rischio aziendale, nonché gli ulteriori oneri aziendali in osservanza del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, da indicarsi in attuazione delle previsioni di cui all’articolo 108, comma 9 del Codice, ai fini di quanto previsto dall’articolo 110 del Codice”.

[53]Consiglio di Stato, Ad. plen, 2 aprile 2020, n. 7; Consiglio di Stato, Ad. plen, 2 aprile 2020, n. 8; Consiglio di Stato, Sez. V, 8 aprile 2021, n. 2839. Si veda A. Cancrini e F. Vagnucci, Le procedure di scelta del contraente e la selezione delle offerte, in Giornale di diritto amministrativo, n. 3, 1° maggio 2023, 325.

[54]Consiglio di Stato, Sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870.

[55]Come si è ampiamente illustrato, non ogni carenza può essere sanata ricorrendo al soccorso istruttorio, essendo ad esso sottratte per costante giurisprudenza le deficienze strutturali dell’offerta economica e tecnica (da ultimo Consiglio di Stato, Sez. III, 21 marzo 2022, n. 2003). E tanto, in ragione della natura stessa dell’istituto che mira a consentire l’integrazione della documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, e non anche la formazione ex novo di atti dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, in quanto ciò violerebbe i principi di immodificabilità e segretezza dell’offerta, di imparzialità e di par condicio delle imprese concorrenti. Per l’effetto, vanno ritenute ammissibili solo le integrazioni documentali che non riguardino elementi essenziali dell’offerta. Peraltro, anche in ordine ai vizi emendabili, sussiste la possibilità che la stazione appaltante corregga gli errori materiali inficianti l’offerta in quanto l’effettiva volontà negoziale dell’impresa partecipante alla gara sia individuabile in modo certo nell’offerta presentata, senza margini di opacità o ambiguità, così che si possa giungere a esiti univoci sulla portata dell’impegno ivi assunto (Consiglio di Stato, Sez. V, 4 ottobre 2022, n. 8481). Ed è quest’ultimo che la giurisprudenza definisce “soccorso procedimentale” (diverso dal “soccorso istruttorio”, che non potrebbe riguardare né il profilo economico, né quello tecnico dell’offerta) che consiste, dunque, nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire chiarimenti di “interpretazione autentica” dell’offerta per superarne le eventuali ambiguità (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. V, 2 febbraio 2021, n. 1225; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 gennaio 2020, n. 680, che rammenta che, nei pareri nn. 855 del 21 marzo 2016 e 782 del 22 marzo 2017 relativi allo schema del Codice degli appalti pubblici e del “correttivo” di cui al D.lgs. n. 56/2017 resi dalla Commissione speciale, questo Consiglio di Stato ha espressamene sottolineato, in relazione all’art. 83, l’opportunità di conservare il “soccorso procedimentale” in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”). Tanto, fermo in ogni caso il divieto di integrazione dell’offerta e a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunta. Interpretazione, questa relativa all’ammissibilità del cd. soccorso procedimentale, in linea con quanto previsto dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza 10 maggio 2017, causa C-131/16 Archus, laddove, in tema di soccorso istruttorio in caso di carenze dell’offerta tecnica, ha ritenuto che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per il chiarimento dell’offerta o per la rettifica di un errore manifesto dell’offerta, ma sempre che ciò non comporti modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta. Pertanto, la giurisprudenza ammette il ricorso al cd. soccorso procedimentale anche al di là di quanto previsto nella lex specialis di gara, in via di eterointegrazione della stessa, in presenza di un errore manifesto o di ambiguità dell’offerta tecnica purché l’effettiva volontà del partecipante sia desumibile da altri elementi della medesima offerta tecnica. In tal modo, invero, si consente di coniugare il principio della massima partecipazione con il principio della par condicio, che risulterebbe altrimenti vulnerato ove si consentisse al concorrente di integrare ex post un’offerta carente dei requisiti prescritti dalla lex specialis di gara, sia ove detti requisiti siano richiesti ai fini della stessa ammissibilità dell’offerta (dovendo quella carente in tal caso essere esclusa), sia ove siano richiesti ai fini dell’attribuzione di un punteggio premiale (non potendosi in tale ipotesi attribuire il correlativo punteggio).

[56]Consiglio di Stato, Sez. VII, 4 marzo 2024, n. 2101 secondo cui la stazione appaltante è chiamata ad attribuire all’offerta un contenuto coerente con la valutabilità in gara e risolta dalla commissione di gara nel senso dell’interpretazione dell’offerta secondo i generali principi di conservazione e di buona fede.

[60]Sulle questioni di diritto in materia oggetto di contrasti nella giurisprudenza del Consiglio di Stato cfr., in particolare, Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 7 e n.8; Corte di giustizia UE, sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, L. s.r.l.. Si veda L. Carbone, Il Codice dei contratti pubblici: un anno di applicazione, in Giornale di diritto amministrativo, n. 4, 1° luglio 2024, 441, che rileva che “la giurisprudenza sul primo anno di applicazione del codice fornisce una serie di indicazioni. La prima è la tendenziale riduzione del contenzioso tradizionale che aveva afflitto il precedente Codice”. Alcuni esempi appaiono significativi: per quanto di interesse, i motivi di esclusione, il cui impianto complessivo è stato rimeditato e ricostruito in un quadro più articolato costituito dagli artt. 94-98 del D.lgs. n. 36/2023, il nodo della ribassabilità dei costi della manodopera, gli spazi del soccorso istruttorio. “Un’ulteriore serie di indicazioni viene dalle sentenze che hanno affrontato alcuni specifici istituti del nuovo codice con un approccio sistemico di ampio respiro, fornendo chiarimenti e indicazioni sulla nuova disciplina. In questi casi la giurisprudenza ha fornito l’interpretazione che le appariva più chiara, efficace, in linea col disegno complessivo del codice”. Si segnalano solo alcune decisioni, senza alcuna pretesa di completezza, che hanno affrontato: il ricorrente tema del divieto di ribasso dei costi della manodopera e dell’interpretazione dell’art. 41, comma 14 (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665; Tar Toscana, Firenze 29 gennaio 2024, n. 120; Tar Veneto, Venezia 21 giugno 2024, n. 1560); il soccorso istruttorio (art. 101) (Consiglio di Stato, Sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870 e Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2024, n. 1372.)

[61]Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 7; Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 8; Consiglio di Stato, Sez. V, 17 febbraio 2022, n. 1191; Consiglio di Stato, Sez. V, 21 maggio 2024, n. 4502; Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2020, n. 604.

[62]Corte di giustizia UE, Sez, IX, 2 maggio 2019, C-309/18, L. s.r.l.

[63]Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 7; Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 8; Corte di giustizia UE, sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, L. s.r.l..

[64]Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 7; Consiglio di Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020, n. 8; Corte di giustizia UE, sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, L. s.r.l..

[65]Corte di giustizia UE, sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, L. s.r.l..

[67]Consiglio di Stato, Sez. III, 15 giugno 2020, n. 3773

[69]Consiglio di Stato, Sez. V, 21 maggio 2024, n. 4502; Consiglio di Stato, Sez. V, 24 giugno 2020, n. 4034; Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2020, n. 604.

 

[70]Si veda Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2020, n. 604; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 febbraio 2020 n. 1008.

[71]Si veda Tar Lazio, Roma 14 febbraio 2020 n. 1994, data nel giudizio che aveva originato quella rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.