Tar Lazio, Sez. I, 6 agosto 2024, n. 15720
L’art. 41, comma 14 cod. app. non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile.
La disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica, attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa. Difatti, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla più efficiente organizzazione aziendale.
In altri termini, si tratta di una presunzione relativa, superabile per mezzo di una specifica prova indicata direttamente dalla legge. Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro più bassa rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati
N. 15720/2024 REG.PROV.COLL.
N. 08105/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 8105 del 2024, proposto da
Konecta Italia s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A0371A1BDE, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Altamura, Giancarlo Sorrentino e Valeria Falconi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. Fabio Altamura in Roma, via Cicerone, n. 60;
contro
PagoPa, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
S.M.I. technologies and consulting s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Fabrizio Maiellaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Tecnocall s.r.l., 3g s.p.a., Transcom worldwide Italy s.p.a., non costituite in giudizio;
per l’annullamento, previa sospensione e/o emanazione di adeguate misure cautelari,
• della decisione di aggiudicazione ed esecuzione anticipata in favore della società S.M.I. technologies and consulting s.r.l. della «gara europea a procedura aperta ai sensi dell’art. 71 d.lgs. 36/2023 per l’affidamento del servizio di contact center e servizi correlati - aggiudicazione ex art. 17, comma 5, d.lgs. 36/2023 ed esecuzione anticipata ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 225, comma 8, d.lgs. 36/2023 e all’ art. 8, comma 1, lett. a) d.l. 76/2020 s.m.i. CIG: A0371A1BDE CUP: G51B21005580006» del 18 giugno 2024;
• della comunicazione ai sensi dell’art. 90, comma 1 lett. c) d.lgs. n. 36/2023;
• di tutti i verbali di gara, ed in particolare dei verbali nn. 3 e 4;
• della decisione a contrarre, del bando di gara;
• del disciplinare di gara e di ogni altro atto ad essi presupposto, consequenziale e/o comunque connesso e conseguente, anche se non conosciuto, relativo alla suddetta procedura di gara;
nonché per la declaratoria
• del diritto di Konecta Italia s.p.a. all’aggiudicazione della gara per cui è causa, oltre che per il risarcimento del danno in forma specifica e – se del caso - per la caducazione del contratto eventualmente stipulato con l’aggiudicataria, con dichiarazione di disponibilità al subentro per la negata ipotesi in cui il contratto venisse appunto stipulato nelle more del gravame;
• nonché per il risarcimento del danno per equivalente anche tenuto conto degli sviluppi processuali.
• con riserva di domanda ex art. 116 c.p.a. con riferimento all’istanza di accesso del 15 luglio 2024, a fronte della quale PagoPa ha riscontrato fornendo soltanto parte della documentazione richiesta.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e di PagoPa, nonché della S.M.I. technologies and consulting s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2024 il dott. Matthias Viggiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente, risultante quarta nella graduatoria relativa alla gara in epigrafe, impugnava il provvedimento di aggiudicazione.
2. Si costituiva in resistenza l’amministrazione aggiudicatrice, nonché la Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 12-bis, comma 4 d.l. 16 giugno 2022, n. 68, conv. dalla l. 5 agosto 2022, n. 108, trattandosi di procedura finanziata con fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
2.1. Del pari, si costituiva in giudizio la società aggiudicataria, mentre non si costituivano gli operatori economici risultati al secondo e terzo posto, cui pure era stato regolarmente notificato il ricorso.
3. All’impugnazione era unita istanza di sospensione cautelare dell’efficacia dell’aggiudicazione che veniva esaminata alla camera di consiglio del 31 luglio 2024: durante la discussione il Collegio avvisava le parti della possibile definizione del ricorso ai sensi dell’art. 60 c.p.a. e su tali premesse, nulla opponendo le parti, la causa veniva trattenuta in decisione.
4. Esaurita l’esposizione dello svolgimento del processo, è possibile passare allo scrutinio delle ragioni di impugnazione.
4.1. Con un primo motivo viene lamentata la violazione dell’art. 41, comma 14 d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (cod. app.), atteso che le offerte economiche degli operatori classificatesi ai primi tre posti avrebbero dovuto essere escluse per aver indicato un importo inferiore ai costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante nel bando di gara. Nel dettaglio, PagoPa avrebbe indicato in € 12.325.000,00 l’importo a base di gara, nonché individuato i costi della manodopera per un valore di € 9.280.200,00 precisando che tali ultimi costi non sarebbero soggetti a ribasso: conseguentemente, le offerte di S.M.I. Technologies and Consulting, di Tecnocall e del costituendo RTI tra 3g e Transcom worldwide Italy sarebbero tutte inammissibili (essendo pari, rispettivamente € 7.835.358,49, a € 8.141.032,38 e a € 8.587.140,00), mentre la propria (ammontante a € 9.666.108,00) sarebbe l’unica correttamente formulata.
4.2. A mezzo della seconda, subordinata, censura si deduce l’illegittimità del bando di gara che sarebbe stato redatto in maniera oscura, violando i principî di clare loqui e buona fede, risultando cosí incomprensibile e contraddittorio.
5. Le doglianze, tra loro strettamente connesse e da trattare unitariamente, non possono essere accolte.
6. Preliminarmente, è opportuno – stante la centralità della disposizione nella risoluzione dell’odierna controversia – trascrivere l’art. 41, comma 14 cod. app.: «Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una piú efficiente organizzazione aziendale».
6.1. Le parti, nelle loro difese, hanno fornito un’antitetica lettura della disposizione appena trascritta: da un lato, secondo la ricorrente, essa imporrebbe alla stazione appaltante di individuare i costi della manodopera, vincolando l’operatore economico a formulare un’offerta non inferiore a tale importo; viceversa, le altre parti precisano come l’indicazione in bando vincoli la stazione appaltante a verificare attentamente l’eventuale offerta inferiore, precisando che solamente fornendo la prova di una piú efficiente organizzazione aziendale l’impresa possa giustificare gli oneri inferiori.
6.2. Orbene, l’ermeneusi proposta dalla parte resistente e dalla società controinteressata è da preferire.
6.3. In primo luogo, va osservato che seguendo rigidamente l’argomentazione della società esponente, basata su una lettura formalistica della disposizione di legge, anche l’offerta presentata dalla ricorrente dovrebbe considerarsi inammissibile. Difatti, nei documenti trasmessi all’amministrazione è chiarito come la Konecta Italia abbia stimato i proprî costi per la manodopera in € 7.188.262,00, ribassando quindi tale voce di costo di oltre il 20% rispetto all’indicazione della stazione appaltante. Pertanto, questo dato è, da solo, sufficiente per escludere che l’art. 41, comma 14 cod. app. debba essere interpretato nel senso di imporre agli operatori economici di presentare offerte che indichino un costo per la manodopera pari o superiore a quello stimato dalla stazione appaltante.
6.4. Al contempo, neppure può essere seguita la prospettazione della ricorrente secondo cui l’indicazione nel bando di gara prescriva agli operatori economici di formulare offerte limitate sia nella loro misura massima (l’importo a base d’asta) sia in quella minima (l’importo dei costi della manodopera): in altri termini, non è avallabile la tesi per la quale l’amministrazione creerebbe una sorta di corridoio all’interno del quale collocare l’offerta economica. Difatti, una simile interpretazione non trova riscontro in alcun lavoro preparatorio né in precedenti giurisprudenziali: peraltro, non sarebbe comprensibile la ratio di una tale limitazione della libertà dell’impresa di organizzare nei modi reputati ottimali la propria attività economica. In aggiunta, portando alle estreme conseguenze la prospettata ermeneusi, nei contratti caratterizzati da un’elevata incidenza dei costi del lavoro (c.d. labour intensive) sarebbe quasi impossibile formulare offerte tra loro distinte, atteso che tutte dovrebbero rispettare i rigorosi vincoli posti dal bando di gara.
6.5. Vi sono poi ulteriori circostanze, desumibili sia dalle disposizioni normative applicabili, sia dal bando di gara, che rendono evidente l’irricevibilità della prospettazione della ricorrente.
6.6. Ad esempio, avallando la tesi dell’esponente risulta incomprensibile la necessità di indicazione dei costi della manodopera, prescritta oltre che dal bando anche dall’art. 108, comma 9 cod. app.: difatti, se tali oneri economici fossero un elemento rigido esogeno, ossia fissato in maniera vincolante dalla stazione appaltante, non si comprenderebbe la ragione della loro indicazione nell’offerta, potendo quest’ultima sempre essere integrata in base a quanto previsto in modo espresso dal bando. Inoltre, diverrebbe superfluo l’ultimo periodo della disposizione in esame: infatti, se i costi della manodopera fossero interamente predeterminati dalla stazione appaltante, non sarebbe chiaro quale prova potrebbe desumersi dalla più efficiente organizzazione aziendale dimostrata dall’operatore economico.
6.7. In aggiunta, neppure può sostenersi la sussistenza di un autovincolo posto dall’amministrazione nella formulazione del bando: difatti, leggendo complessivamente le prescrizioni di quest’ultimo (in particolare i punti 17 e 22) emerge con solare evidenza che la stessa stazione appaltante abbia reputato ribassabili i costi della manodopera, prevedendo poi degli accorgimenti specifici nella valutazione di anomalia dell’offerta. Circostanza, peraltro, pienamente compresa anche dalla parte ricorrente che, infatti, ribassava i costi della manodopera per oltre il 20%: ne consegue che risulta palese come il bando, ove letto in maniera globale, fosse sufficientemente chiaro – per ogni operatore economico mediamente avveduto – della possibilità di indicare un’offerta economica inferiore ai costi della manodopera stimati dalla stazione appaltante.
6.8. Riassumendo, quindi, va precisato come l’art. 41, comma 14 cod. app. non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1677).
6.9. Per di più, la tesi sviluppata da parte ricorrente appare contraria alla ratio della disposizione: quest’ultima deve essere individuata nella garanzia di una proporzionata remunerazione del fattore produttivo lavoro (art. 36 Cost.). A tal proposito, però, va osservato come il costo del lavoro, essendo contrattato in un mercato solo parzialmente regolamentato, non possa essere calcolato in maniera certa sulla basa di parametri algebrici inequivocabili: d’altronde, quella formulata nel bando dalla stazione appaltante è una stima che sconta inevitabili margini di opinabilità e, conseguentemente, non può essere considerata cogente per l’operatore economico. Sul punto, va ribadito come l’indicazione dei costi della manodopera, in continuità con la precedente disciplina, è basata sulle tabelle ministeriali che, come noto, non sono mai state reputate vincolanti in maniera assoluta (v. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2020, n. 7554), essendo ben possibile dimostrare un trattamento economico inferiore (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2796).
6.10. Conseguentemente, la disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica, attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa. Difatti, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla piú efficiente organizzazione aziendale. In altri termini, si tratta di una presunzione relativa, superabile per mezzo di una specifica prova indicata direttamente dalla legge. Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro piú bassa rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati.
6.11. In sintesi, avendo precisato come sia legittima l’indicazione dei costi della manodopera in maniera inferiore a quanto stimato dalla stazione appaltante, risulta logico che tale importo non costituisca neppure il limite inferiore della complessiva offerta dell’operatore economico.
6.12. Non pienamente pertinenti, poi, sono i due precedenti giurisprudenziali citati dalla parte ricorrente (Tar Calabria, sez. dist. Reggio Calabria, sez. I, 8 febbraio 2024, n. 120 e Tar Sicilia, sez. dist. Catania, sez. IV, 4 luglio 2024, n. 2421) afferenti solo in parte alla disciplina dell’art. 41, comma 14 cod. app. Premesso che per ambedue i pronunciamenti pende l’appello (tra l’efficacia di quello del Tar Calabria è già stato sospeso da Cons. Stato, sez. V, ord., 22 marzo 2023, n. 1067), va osservato come il giudice calabrese abbia incentrato l’accoglimento del ricorso sulla manipolazione dell’offerta da parte della stazione appaltante, mentre quello siculo sulla violazione dell’autovincolo. Orbene, essendo evidente che, nell’odierna vicenda, tali vizî non sono riscontrabili, i due richiamati arresti pretori risultano inconferenti, confermandosi ulteriormente la legittimità della decisione di aggiudicazione.
7. L’esposta infondatezza delle censure mosse determina il rigetto del ricorso.
8. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la società ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 3.000,00, oltre accessorî di legge, in favore di ciascuna delle altre parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Cosí deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Arzillo, Presidente
Matthias Viggiano, Referendario, Estensore
Domenico De Martino, Referendario
Guida alla lettura
Con sentenza n. 15720 dello scorso 6 agosto, la Prima Sezione del Tar Lazio, pronunciandosi in tema di scorporo e ribasso del costo della manodopera, ha affermato che l’art. 41, comma 14 del Codice degli Appalti, non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile.
Ai sensi dell’art. 41, comma 14 cod. app.: «Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale».
Ad avviso dei giudici, una lettura formalistica della citata disposizione di legge - secondo la quale essa imporrebbe alla stazione appaltante di individuare i costi della manodopera, vincolando l’operatore economico a formulare un’offerta non inferiore a tale importo - renderebbe incomprensibile la necessità di indicazione dei costi della manodopera, prescritta oltre che dal bando anche dall’art. 108, comma 9, cod. app.: difatti, se tali oneri economici fossero un elemento rigido esogeno, ossia fissato in maniera vincolante dalla stazione appaltante, non si comprenderebbe la ragione della loro indicazione nell’offerta, potendo quest’ultima sempre essere integrata in base a quanto previsto in modo espresso dal bando.
Inoltre, sottolinea la Prima Sezione, diverrebbe superfluo l’ultimo periodo della disposizione in esame: se i costi della manodopera fossero interamente predeterminati dalla stazione appaltante, non sarebbe chiaro quale prova potrebbe desumersi dalla più efficiente organizzazione aziendale dimostrata dall’operatore economico.
Riassumendo, quindi, il Collegio afferma che l’art. 41, comma 14 cod. app. non ha determinato la totale equiparazione tra i «costi della manodopera» e gli «oneri di sicurezza da interferenze» (c.d. oneri fissi): difatti, solo questi ultimi sono (come già lo erano, per giurisprudenza pacifica, sotto la vigenza del precedente codice) integralmente predeterminati dall’amministrazione aggiudicatrice in maniera fissa ed immodificabile.
Secondo la Prima Sezione, la ratio della disposizione deve essere individuata nella garanzia di una proporzionata remunerazione del fattore produttivo lavoro (art. 36 Cost.).
A tal proposito, però, il Collegio osserva come il costo del lavoro, essendo contrattato in un mercato solo parzialmente regolamentato, non possa essere calcolato in maniera certa sulla base di parametri algebrici inequivocabili: d’altronde, quella formulata nel bando dalla stazione appaltante è una stima che sconta inevitabili margini di opinabilità e, conseguentemente, non può essere considerata cogente per l’operatore economico.
Sul punto, i Giudici ribadiscono come l’indicazione dei costi della manodopera, in continuità con la precedente disciplina, è basata sulle tabelle ministeriali che, come noto, non sono mai state reputate vincolanti in maniera assoluta (v. Cons. Stato, Sez. V, 30 novembre 2020, n. 7554), essendo ben possibile dimostrare un trattamento economico inferiore (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2020, n. 2796).
Conseguentemente, la disposizione ha la funzione di garantire una congrua retribuzione semplificando il processo di verifica dell’anomalia dell’offerta economica attraverso la circoscrizione della discrezionalità nella valutazione della stessa.
Nella sentenza si legge che, rendendo separata l’indicazione dei costi della manodopera, la stazione appaltante ha semplicemente immediata evidenza di quanto l’operatore economico suppone di dover corrispondere per tale fattore produttivo: qualora fosse superiore a quanto indicato nel bando, nulla quaestio; viceversa, nell’ipotesi opposta l’impresa dovrà dimostrare che tali minori oneri siano giustificati dalla più efficiente organizzazione aziendale. In altri termini, si tratta di una presunzione relativa, superabile per mezzo di una specifica prova indicata direttamente dalla legge. Pertanto, l’operatore economico non può, per spiegare un’offerta con un costo del lavoro più bassa rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, allegare elementi differenti dalla propria organizzazione aziendale (es. corresponsione di salarî inferiori ai minimi retributivi): specularmente, l’amministrazione non è legittimata a valutare ulteriori e diverse circostanze per reputare non anomala un’offerta formulata ribassando i costi stimati.