Cons. Stato, Sez. V, 13 agosto 2024, n. 7116

....Quanto agli effetti della dichiarazione del contribuente di voler estinguere i carchi affidati all’agente per la riscossione, occorre muovere da quanto previsto dall’art. 1, comma 240, della legge n. 197 del 2022, secondo cui la sospensione dei termini di decadenza (e quindi anche del termine per impugnare la cartella di pagamento) ha effetto solo dopo la presentazione dell’istanza di definizione agevolata (testualmente: «A seguito della presentazione della dichiarazione, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza […]»).

Ciò significa, in altri termini, che la società appellante, nel caso di specie, avrebbe dovuto tempestivamente impugnare la cartella (impedendone la definitività) e successivamente aderire alla definizione agevolata; in quella sede avrebbe dovuto rinunciare agli eventuali giudizi pendenti (come previsto dall’art. 1, comma 236 della legge n. 197 del 2022: «Nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L'estinzione del giudizio è subordinata all'effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti»).

In sostanza, l’adesione alla definizione agevolata è intervenuta in data 8 marzo 2023, quando la cartella era già definitiva.

 

N. 07116/2024 REG.PROV.COLL.                                                                               N. 00503/2024  REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 503 del 2024, proposto da
Impresa Eliseo Ing. Renato S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 94845588DB, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuliano Di Pardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

contro

Provincia di Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Cristina Colombo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Crisostomo Sciacca in Roma, via di Porta Pinciana n. 6;
Stazione Unica Appaltante della Provincia di Pavia, non costituito in giudizio;
Ministero dell'Istruzione e del Merito e Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti

A.I.Co. Consorzio Stabile S.C. A R.L., Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), 18 ottobre 2023, n. 2380, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pavia, del Ministero dell'istruzione e del merito e del Ministero dell'economia e delle finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. Giorgio Manca e udito l’avvocato Di Pardo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

FATTO

Con l’appello in trattazione, la società Impresa Eliseo Ing. Renato s.r.l. (in seguito anche solo Impresa Eliseo) chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, 18 ottobre 2023, n. 2380, che ha accolto in parte il ricorso proposto dalla medesima società per l’annullamento del provvedimento di revoca (rectius: annullamento) dell’aggiudicazione in favore di Impresa Eliseo dell’appalto dei lavori di «riqualificazione antisismica ed energetica del Liceo “Niccolò Copernico” di Pavia», di escussione della cauzione provvisoria, di segnalazione all’Anac e di aggiudicazione del contratto alla seconda graduata, adottato dalla Provincia di Pavia con determinazione dirigenziale n. 678 del 16 maggio 2023.

Il provvedimento impugnato era motivato in relazione alla condizione di irregolarità fiscale della ricorrente, rilevante quale causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, posto che dai controlli effettuati presso l’anagrafe tributaria dell’Agenzia delle Entrate sarebbero emerse «le seguenti violazioni in materia di pagamento di imposte e tasse:

- n. 4 violazioni definitivamente accertate, di cui 3 da considerarsi gravi, in quanto di importo superiore ad € 5.000,00 […];

- n. 2 violazioni non definitivamente accertate».

In particolare, anche dopo il contraddittorio svolto con l’impresa, sarebbero risultati confermati i debiti (ciascuno superiore a 5.000 euro e quindi da ritenere gravi) derivanti dalle seguenti cartelle di pagamento:

- cartella n. 09720210238456016000, notificata il 03/11/2022, dell’importo di € 7.072,55;

- cartella n. 09720220150446859000, notificata il 22/09/2022, dell’importo di € 9.116,26.

Respinti i rilievi formulati dall’impresa sull’assunto che in data 8 marzo 2023 aveva presentato istanza di adesione alla definizione agevolata per le summenzionate cartelle (ai sensi dell’art.1, commi da 231 a 252, della legge 197/2022), in quanto – secondo la stazione appaltante – l’istanza era successiva alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di gara di cui trattasi, non essendo consentita una regolarizzazione postuma della posizione fiscale dell’operatore economico, è stato adottato il provvedimento nei termini già sopra riassunti.

Con la citata sentenza, il T.a.r. ha accolto il ricorso limitatamente alla cartella n. 09720220150446859000 dell’importo di euro 9.116,26. Premesso che l’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 è chiaro nel prevedere che l’esclusione – o, come nel caso in esame, la revoca dell’aggiudicazione – è disposta quando l’irregolarità attiene al pagamento di imposte e tasse o dei contributi previdenziali, non in qualsiasi ipotesi in cui un credito dell’amministrazione sia riscosso tramite cartella esattoriale, nel caso di specie la cartella aveva per oggetto il pagamento di spese di giustizia (codice tributo 8663), per cui non potrebbe trovare applicazione la disposizione invocata e, conseguentemente, l’accertamento di detto debito è inidoneo a fondare la revoca dell’aggiudicazione impugnata.

Quanto alle articolate censure svolte in relazione alla cartella n. 09720210238456016000 (notificata il 3 novembre 2022, dell’importo di € 7.072,55), il primo giudice le ha ritenute complessivamente infondate. Pertanto, avendo l’Impresa Eliseo perso il requisito di regolarità fiscale nel periodo successivo alla data in cui la cartella n. 09720210238456016000 è divenuta definitiva per mancata impugnazione (2.01.2023), risultando irrilevante, agli effetti di cui all’art. 80, comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016, la successiva formalizzazione della domanda di adesione alla procedura di definizione agevolata (l’istanza era datata 8 marzo 2023), da ciò è conseguito l’obbligo della stazione appaltante di disporre l’esclusione dalla gara e la revoca dell’aggiudicazione.

Il parziale accoglimento, peraltro, ha determinato l’annullamento del provvedimento solo nella sua motivazione («nella sola parte in cui richiama e assume a fondamento della disposta revoca dell’aggiudicazione la violazione portata dalla cartella n. 09720220150446859000 dell’importo di euro 9.116,26»: punto 23 della sentenza), non nel dispositivo, che non è stato inciso dalla pronuncia.

La società Impresa Eliseo Ing. Renato s.r.l., rimasta soccombente, ha proposto appello reiterando in parte i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.

Resiste in giudizio la Provincia di Pavia, chiedendo che l’appello sia respinto.

Si sono costituiti anche il Ministero dell'istruzione e del merito e il Ministero dell'economia e delle finanze, contestando la decisione del primo giudice di respingere l’eccezione di difetto di legittimazione passiva delle due amministrazioni statali, che pertanto viene qui riproposta. In ogni caso, concludono per la reiezione di ogni e qualsivoglia domanda formulata con riferimento alle posizioni giuridiche delle amministrazioni.

All’udienza del 26 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalle amministrazioni statali. Come esattamente rilevato dal primo giudice sul presupposto che l’affidamento in questione ha riguardato lavori rientranti nel P.N.R.R., nei giudizi che hanno per oggetto detti interventi il contraddittorio va necessariamente esteso anche alle «amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti nel PNRR» le quali «sono parti necessarie dei giudizi» (art. 12-bis, commi 1 e 4 del decreto-legge 16 giugno 2022, n. 68, come convertito dalla legge 5 agosto 2022, n. 108).

Passando all’esame dell’appello, con il primo motivo (pp. 8 ss. dell’atto di appello) l’appellante deduce l’invalidità della sentenza per la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), per avere ritenuto che la verifica circa la regolarità fiscale dell’Impresa Eliseo sia stata effettuata dalla stazione appaltante con riferimento alla data di adozione dell’aggiudicazione (20 febbraio 2023), ovvero alla data del 2 gennaio 2023 (data in cui sarebbe divenuta definitiva la cartella), mentre – ad avviso dell’appellante – dalla motivazione del provvedimento di revoca emergerebbe chiaramente che la verifica è stata circoscritta dall’ente alla data di presentazione dell’offerta (16 dicembre 2022).

Sotto altro profilo, critica la sentenza anche per la violazione del divieto di integrazione postuma della motivazione sul punto sopra segnalato, in quanto la Provincia avrebbe modificato le ragioni poste a base della revoca solo in corso di giudizio e solo attraverso le memorie difensive. Né tale integrazione potrebbe essere giustificata dalla natura vincolata dell’accertamento (stante anche il carattere non vincolante che avrebbero le certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate).

Con il secondo motivo (pp. 17 ss. dell’atto di appello), l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha dapprima esaminato la questione della gravità e definitività dell’irregolarità fiscale e solo successivamente ha valutato gli effetti della adesione di Impresa Eliseo alla definizione agevolata disciplinata dalla legge n. 197 del 2022 (legge di Bilancio 2023). Pertanto il T.a.r. avrebbe errato nel considerare definitivo il debito tributario della Eliseo a causa della mancata impugnazione della cartella entro il termine decadenziale (2 gennaio 2023).

Inoltre, il provvedimento di esclusione sarebbe sproporzionato e illogico rispetto alla ratio sottesa alla previsione dell’automatica esclusione dell’operatore economico incorso in una violazione contributiva o tributaria, che consisterebbe nel disincentivare condotte elusive degli obblighi tributari e previdenziali e nell’evitare fenomeni di dumping, garantendo all’amministrazione di contrarre con un operatore dalla professionalità affidabile. Nel caso di specie, tuttavia, l’Impresa Eliseo non avrebbe tratto alcun vantaggio sugli altri concorrenti, e la Provincia di Pavia sarebbe stata garantita circa l’affidabilità professionale dell’operatore economico.

La presentazione della domanda di definizione agevolata avrebbe garantito la realizzazione delle predette finalità, consentendo alla Eliseo di conservare il requisito generale per tutto il corso della procedura, posto che il debito sarebbe stato azzerato, in corso di gara, dalla disciplina introdotta dalla Legge di Bilancio 2023, indipendentemente dalla impugnazione nei termini della cartella in questione (l’art. 1, comma 236, della legge n. 197 del 2022 avrebbe previsto come meramente eventuale la pendenza del giudizio avverso la cartella di cui si chiede la definizione agevolata).

La disciplina sarebbe diretta ad assicurare specifici benefici al contribuente aderente tra cui non solo la riduzione delle sanzioni, ma anche la sospensione dei termini di decadenza, espressamente prevista dall’art. 1, comma 240, della legge n. 197 del 2022.

La legge n. 197 del 2022 (art. 1, comma 232) ha stabilito, inoltre, che il «pagamento delle somme di cui al comma 231 è effettuato in unica soluzione, entro il 31 ottobre 2023». Ne conseguirebbe che dal 1/1/2023, data di entrata in vigore delle citate norme della legge n. 197 del 2022, la Eliseo aveva un nuovo termine (31 ottobre) per pagare o accertare l’azzeramento del debito ex lege, con la presentazione della richiesta di adesione, come avrebbe riconosciuto l’Agenzia delle Entrate (con atto, depositato, da cui risulterebbe che nulla era dovuto dalla Eliseo per la citata cartella). In sostanza, i termini per il pagamento, stante la continuità tra quello assegnato per il pagamento della cartella e quello successivamente indicato dalla legge n. 197 del 2022, non sarebbero mai scaduti.

Né la Eliseo avrebbe potuto aderire alla definizione agevolata entro il 2 gennaio 2023, perché solo alla fine di febbraio 2023 l’Agenzia delle Entrate avrebbe messo a disposizione il servizio web per richiedere l’elenco delle cartelle che potevano essere oggetto di definizione agevolata.

Con il terzo motivo (pp. 24 ss. dell’atto di appello), l’appellante impugna la sentenza nella parte in cui ha escluso l’applicazione, nella fattispecie, del decreto del MEF 28 settembre 2022, al fine di valutare la gravità del debito tributario contestato.

Il fatto che sino al 2 gennaio 2023 la Eliseo avrebbe potuto pagare spontaneamente o impugnare la cartella, farebbe ritenere l’ipotesi di irregolarità come non definitivamente accertata, da valutare secondo le previsioni del citato decreto ministeriale. Per cui, nel caso di specie, non sussisterebbe neppure il requisito della gravità: l’importo richiesto con la cartella n. 09720210238456016000 è pari ad € 7.072,55, al di sotto delle soglie di rilevanza (inferiore sia al 10% del valore dell’appalto, come previsto dall’art. 3 del Decreto ministeriale 28 settembre 2022, sia all’importo di 35.000 euro, come stabilito dall’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016).

10. Con il quarto motivo (pp. 26 ss. dell’atto di appello), l’appellante riprende le questioni già dedotte con il terzo motivo, ribadendo che l’art. 1, comma 231, della legge n. 197 del 2022 produrrebbe un effetto estintivo del debito tributario, senza che tale effetto sia subordinato a un provvedimento di accoglimento dell’istanza da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I motivi sopra esposti si prestano a una trattazione congiunta, essendo tutti incentrati sulla contestazione dell’unica ragione che ha portato all’esclusione dalla gara e alla conseguente revoca dell’aggiudicazione in favore dell’appellante.

Le censure sono infondate.

Anzitutto, va smentito l’argomento secondo cui la stazione appaltante avrebbe limitato la verifica della regolarità della posizione fiscale della società appellante alla data di presentazione dell’offerta (il che comporterebbe l’irrilevanza delle risultanze successive a tale data).

La motivazione del provvedimento di revoca sul punto è precisa: «la Provincia di Pavia, ai fini della stipula del contratto d’appalto, procedeva ad effettuare le verifiche circa il possesso dei requisiti di cui agli artt. 80 e 83 del D.Lgs n. 50/2016 e s.m.i in capo all’Impresa Eliseo Ing. Renato S.r.l., riscontrando a carico di quest’ultima, come emerso dalle risultanze del sistema informativo dell’anagrafe tributaria presso l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale III di Roma - Ufficio Territoriale di Albano Laziale in data 01/03/2023, le seguenti violazioni in materia di pagamento di imposte e tasse:

- n. 4 violazioni definitivamente accertate, di cui 3 da considerarsi gravi, in quanto di importo superiore ad € 5.000,00, tutte non dichiarate, in sede di presentazione dell’offerta;

- n. 2 violazioni non definitivamente accertate»

Il riferimento alla “sede di presentazione dell’offerta” non individua un limite cronologico della verifica ma sottolinea solo l’omessa dichiarazione (evento, peraltro, del tutto irrilevante ai fini dell’esclusione).

Sono manifestamente infondate, pertanto, le diverse censure che l’appellante formula basandosi su tale erronea lettura della motivazione.

Ne è derivato che, accertata la sussistenza della causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, la stazione appaltante non poteva che disporre l’esclusione (anche ai sensi del comma 6 del citato art. 80: «Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5»).

Quanto alla effettiva sussistenza della causa di esclusione, rammentato che, a seguito dell’annullamento parziale pronunciato dalla sentenza appellata, l’unico motivo di esclusione si fonda sul debito tributario oggetto della cartella n. 09720210238456016000, notificata il 3 novembre 2022, dell’importo di € 7.072,55, rimasto inadempiuto da parte dell’Impresa Eliseo, occorre accertare se detta cartella (che sicuramente presuppone l’omesso pagamento di un debito tributario dotato di gravità ai sensi del citato art. 80, comma 4, in quanto superiore ai 5.000 euro) sia divenuta definitiva e quali effetti giuridici abbia determinato la presentazione, da parte dell’Impresa Eliseo, dell’istanza di definizione agevolata dei carichi fiscali affidati agli agenti della riscossione, di cui all’art. 1, commi 231-252, della legge n. 197 del 2022.

Come segnalato, la cartella in questione risulta notificata il 3 novembre 2022. Pertanto, al fine di impedire il suo consolidamento per mancata impugnazione, l’impresa avrebbe dovuto notificare il ricorso innanzi al giudice tributario entro il 2 gennaio 2023 (sessanta giorni dalla notifica: art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992). È pacifico in causa che la cartella non è stata mai impugnata ed è pertanto divenuta definitiva dal 2 gennaio 2023.

Quanto agli effetti della dichiarazione del contribuente di voler estinguere i carchi affidati all’agente per la riscossione, occorre muovere da quanto previsto dall’art. 1, comma 240, della legge n. 197 del 2022, secondo cui la sospensione dei termini di decadenza (e quindi anche del termine per impugnare la cartella di pagamento) ha effetto solo dopo la presentazione dell’istanza di definizione agevolata (testualmente: «A seguito della presentazione della dichiarazione, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza […]»).

Ciò significa, in altri termini, che la società appellante, nel caso di specie, avrebbe dovuto tempestivamente impugnare la cartella (impedendone la definitività) e successivamente aderire alla definizione agevolata; in quella sede avrebbe dovuto rinunciare agli eventuali giudizi pendenti (come previsto dall’art. 1, comma 236 della legge n. 197 del 2022: «Nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L'estinzione del giudizio è subordinata all'effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti»).

In sostanza, l’adesione alla definizione agevolata è intervenuta in data 8 marzo 2023, quando la cartella era già definitiva.

Non vi è dubbio, inoltre, che le norme richiamate in tema di definizione agevolata dei carichi tributari non prevedono alcuna automatica estinzione dei debiti tributari pendenti, non foss’altro perché è sempre necessaria una espressa manifestazione di volontà del contribuente di aderire alla definizione agevolata.

Per completezza, va anche osservato che non assume rilevanza nemmeno la norma di cui al citato art. 1, comma 240, che alla lettera f) prevede che, a seguito della presentazione della dichiarazione, «il debitore non è considerato inadempiente ai fini di cui agli articoli 28 ter e 48 bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602», trattandosi di ipotesi che nel caso di specie non ricorrono (l’art. 28-ter riguarda i pagamenti mediante compensazione volontaria con crediti di imposta; l’art. 48-bis disciplina i pagamenti delle pubbliche amministrazioni e le verifiche che queste debbono preliminarmente effettuare).

Infine, come si evince agevolmente dalle considerazioni svolte ai punti precedenti, è manifestamente infondata anche la censura di violazione del decreto del MEF 28 settembre 2022, la cui mancata applicazione alla fattispecie deriva dal fatto che il decreto ha per oggetto le ipotesi di «esclusione dell’operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto per gravi violazioni in materia fiscale non definitivamente accertate».

Con il quinto motivo (pp. 29 ss. dell’atto di appello), l’appellante contesta la sentenza per aver respinto il vizio di difetto di istruttoria e di motivazione dedotto avverso il provvedimento di esclusione e di revoca dell’aggiudicazione.

Il motivo è manifestamente infondato, per le ragioni già indicate ai punti precedenti.

Con il sesto motivo (pp. 30-31 dell’appello), lamenta l’ingiustizia della sentenza per avere ritenuto legittimo l’incameramento della cauzione da parte della Provincia di Pavia. Tuttavia, secondo l’appellante, l’incameramento sarebbe sanzione sproporzionata rispetto alla motivazione dell’esclusione, ossia alla presunta irregolarità fiscale all’atto di presentare l’offerta. Irregolarità fiscale che sarebbe stata smentita dal T.a.r., che avrebbe rimarcato come la società appellante, al momento della presentazione dell’offerta, fosse in possesso del requisito della regolarità fiscale.

L’incameramento, inoltre, sarebbe una misura eccessiva anche in ragione dell’affidamento riposto dall’impresa nelle specifiche disposizioni con cui la legge n. 197 del 2022 ha disciplinato il diritto ad impugnare e a definire in maniera agevolata il debito tributario oggetto di contestazione.

Il motivo è infondato.

L’art. 95, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che la garanzia provvisoria copra i danni derivanti dalla «mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario». La garanzia, pertanto, anche secondo la ricostruzione giurisprudenziale prevalente, persegue essenzialmente due finalità: quella di garantire il rispetto delle regole di gara e la serietà dell’offerta presentata (come sottolineato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 198 del 2022) e quella di liquidare in via anticipata e forfettaria il danno subito dall’amministrazione aggiudicatrice per qualunque fatto riconducibile all’aggiudicatario, che abbia impedito la stipula del contratto. Per riprendere le parole dell’Adunanza plenaria, «nella fase fisiologica, la “fideiussione” assolve alla sola funzione di consentire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di svincolare tale garanzia al momento della sottoscrizione del contratto. Nella fase patologica, la “fideiussione” consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento dell’obbligo di pagamento della somma predeterminata dalla legge con funzione compensativa dei danni relativi alla fase procedimentale. L’operatività di entrambe le forme di garanzia presuppone un “fatto” del debitore principale che viola le regole di gara che comporta – a seguito dell’eliminazione del riferimento al dolo e alla colpa grave da parte del citato decreto legislativo n. 56 del 2017 – la configurazione di un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità» (Consiglio di Stato, Ad. plen. 26 aprile 2022, n. 7, al punto 3.3. del diritto).

Peraltro, la questione della compatibilità con il diritto europeo delle norme di diritto interno che prevedono l’incameramento della cauzione provvisoria quale conseguenza automatica dell’esclusione di un operatore economico da una procedura di affidamento di un contratto pubblico di servizi o lavori, a prescindere dalla circostanza che lo stesso sia stato, o non, aggiudicatario dell’affidamento medesimo è stata rimessa alla Corte di giustizia dell’U.E. da questo Consiglio di Stato in diverse recenti occasioni (cfr. sez. V, 16 giugno 2023, n. 5950; sez. V, 7 giugno 2023, n. 5618; sez. V, 6 aprile 2023, n. 3571; sez. V, 29 marzo 2023, n. 3264; 28 febbraio 2023, n 2033).

Tuttavia, la fattispecie per cui è controversia si differenzia da quelle oggetto delle richiamate ordinanze per almeno due profili.

In primo luogo, nel caso di specie il contratto di lavori oggetto del provvedimento impugnato è di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea (pari all’epoca, per i lavori, a euro 5.382.000; nel caso in esame, l’importo dei lavori a base d’asta è pari a 1.847.842,82), e si sottrae pertanto alla disciplina dettata dalla direttiva 2014/24/UE; mentre, per quanto concerne l’eventuale applicazione dei principi del Trattato per il funzionamento dell’U.E. (di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE), questi – secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’U.E. (3 dicembre 2001, C-59/00, punti 20 e 21; 20 ottobre 2005, C-264/03, punto 32; 14 giugno 2007, C-6/05, punto 33; 13 novembre 2007, C-507/03, punto 29) – possono essere invocati solo se il contratto presenti un interesse transfrontaliero certo, il cui accertamento nella concreta fattispecie è riservato al giudice nazionale.

La Corte di giustizia, anche di recente, ha affermato che «per quanto riguarda i criteri oggettivi atti a indicare l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo [...] potrebbero sostanziarsi, in particolare, nell’importo di una certa consistenza dell’appalto in questione, in combinazione con il luogo di esecuzione dei lavori o, ancora, nelle caratteristiche tecniche dell’appalto e nelle caratteristiche specifiche dei prodotti in causa. A tal riguardo, si può altresì tenere conto dell’esistenza di denunce presentate da operatori ubicati in altri Stati membri, purché sia accertato che queste ultime sono reali e non fittizie» (CGUE 6 ottobre 2016, in causa C-318/15).

Nel caso di specie non emerge alcuno degli elementi di collegamento tra la fattispecie regolata dall’ordinamento interno e le disposizioni del diritto dell’Unione, posto che:

- l’importo del contratto oggetto della gara, pari a circa un terzo della soglia fissata dal legislatore europeo, non appare idoneo a suscitare un interesse transfrontaliero;

- il luogo di esecuzione dei lavori (Comune di Pavia) non presenta quelle caratteristiche (come la vicinanza del luogo di esecuzione alla frontiera con altro stato membro) che potrebbero rilevare la natura transfrontaliera dell’appalto;

- peraltro, anche con riguardo alle caratteristiche tecniche dei lavori oggetto dell’appalto in questione (che pure potrebbero suscitare l’interesse di imprese residenti in altri stati membri, anche indipendentemente dal luogo di esecuzione e dall’importo) non emergono, né sono state segnalate dalle parti, indicazioni che fanno propendere per la natura transfrontaliera dell’appalto.

In secondo luogo, le ordinanze di questo Consiglio di Stato, sopra richiamate, hanno riguardato la compatibilità con i principi del Trattato per il funzionamento dell’U.E. (di proporzionalità, concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi di cui agli articoli gli artt. 49, 50, 54 e 56 del TFUE), e con la direttiva 2004/18/CE, delle norme interne di cui all’art. 11, comma 6, all’art. 37, commi 8, 9, 10, 18 e 19, all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, che contemplavano ipotesi di automatico incameramento della cauzione provvisoria non più previste dall’art. 93, comma 6, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, applicabile alla fattispecie per cui è giudizio (sui differenti ambiti applicativi si veda Consiglio di Stato, Ad. plen. 26 aprile 2022, n. 7, a punti 2.2.1. e 3.1. del diritto).

Passando al piano dell’ordinamento interno, una corretta qualificazione giuridica dovrebbe escludere che la garanzia provvisoria (o meglio: l’incameramento della cauzione o l’escussione della fideiussione) possa essere assimilata a una sanzione (connotata quindi da profili di afflittività per chi la subisce). Una tale connotazione sanzionatoria deve essere esclusa anche sulla base dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (c.d. criteri Engel), come ha recentemente affermato la Corte costituzionale (sentenza 26 luglio 2022, n. 198, ai punti 8.3. ss. del dritto), che ha smentito la natura punitiva dell’incameramento della cauzione provvisoria: «dall’importo della garanzia provvisoria, dalla previsione di forme alternative di costituzione (la cauzione o la fideiussione) e dal regime delle riduzioni previste dal legislatore, dunque, può ben desumersi l’assenza di quel connotato di speciale gravità, necessario affinché la misura pregiudizievole possa essere assimilata a una sanzione sostanzialmente penale».

Pertanto, sotto tutti i profili esaminati, la censura va respinta.

In conclusione, l’appello va integralmente respinto.

La disciplina delle spese giudiziali, per il grado di appello, segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese giudiziali in favore della Provincia di Pavia, liquidate in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre 15% spese generali e accessori di legge; e del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’economia e delle finanze, complessivamente liquidate in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Alessandro Maggio, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Giorgio Manca, Consigliere, Estensore

Marina Perrelli, Consigliere

 

Guida alla lettura

Con pronuncia n. 7116 del 13 agosto 2024 la V Sezione del Consiglio di Stato si è pronunciata in merito agli effetti dell’istanza di definizione agevolata dei carichi fiscali affidati agli agenti della riscossione, di cui all’art. 1, commi 231-252, della legge n. 197 del 2022 sulla causa di esclusione di cui all’art. all’art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 (ratione temporis applicabile).

I Giudici hanno precisato che: “Quanto agli effetti della dichiarazione del contribuente di voler estinguere i carchi affidati all’agente per la riscossione, occorre muovere da quanto previsto dall’art. 1, comma 240, della legge n. 197 del 2022, secondo cui la sospensione dei termini di decadenza (e quindi anche del termine per impugnare la cartella di pagamento) ha effetto solo dopo la presentazione dell’istanza di definizione agevolata (testualmente: «A seguito della presentazione della dichiarazione, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza […]»).

Al riguardo il comma 4 dell’art. 80 del previgente Codice, ratione temporis applicabile, così recita(va): “un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti”.

In relazione alla predetta causa di esclusione, la stazione appaltante è tenuta ad adottare il provvedimento di esclusione a fronte del carattere della “definitività” della pretesa tributaria.

La Corte, nel ritenere infondate le censure avanzate, ha evidenziato che la cartella in questione risulta notificata il 3 novembre 2022; pertanto, al fine di impedire il suo consolidamento per mancata impugnazione, l’impresa avrebbe dovuto notificare il ricorso innanzi al giudice tributario entro il 2 gennaio 2023 (sessanta giorni dalla notifica: art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992).

Ciò posto e ai fini che qui interessano, il punto focale della questione esaminata dalla pronuncia in commento non verte tanto sulla questione della natura automaticamente escludente della causa e sul carattere della definitività della violazione fiscale, quanto invece sugli effetti della definizione agevolata sulla succitata causa di esclusione automatica.

Sul punto, la dichiarazione del contribuente di voler estinguere i carichi affidati all’agente per la riscossione non prevede alcuna automatica estinzione dei debiti tributari pendenti, non fosse altro perché è sempre necessaria una espressa manifestazione di volontà del contribuente di aderire alla definizione agevolata.

Invero, l’art. 1, comma 240, della legge n. 197 del 2022, prevede che la sospensione dei termini di decadenza (e quindi anche del termine per impugnare la cartella di pagamento) ha effetto solo dopo la presentazione dell’istanza di definizione agevolata (testualmente: «A seguito della presentazione della dichiarazione, relativamente ai carichi definibili che ne costituiscono oggetto: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza).

In altri termini, la società appellante, nel caso di specie, avrebbe dovuto tempestivamente impugnare la cartella (impedendone la definitività) e successivamente aderire alla definizione agevolata; in quella sede avrebbe dovuto rinunciare agli eventuali giudizi pendenti (come previsto dall’art. 1, comma 236 della legge n. 197 del 2022: «Nella dichiarazione di cui al comma 235 il debitore indica l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi in essa ricompresi e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi, che, dietro presentazione di copia della dichiarazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice. L'estinzione del giudizio è subordinata all'effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti»).

Nel caso oggetto di attenzione, l’adesione alla definizione agevolata è intervenuta in data 8 marzo 2023, quando la cartella era già definitiva (2 gennaio 2023).