Cons. Stato, Sez. III, 5 giugno 2024, n. 5051

La distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando non al nomen utilizzato dalle parti ma agli effetti dell'atto che esse pongono in essere: la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale; laddove, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9001 del 2023, proposto dal Consorzio N.S. Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG (...), rappresentata e difesa dagli avvocati Luciano Martucci e Gennaro Terracciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

l'A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Valerio Casilli e Emma Tortora, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno n. 1602/2023, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'A.D.S.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024, il Cons. Antonio Massimo Marra e sentiti i difensori delle parti come da verbale.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. L'odierna appellante, Consorzio N.S. Soc. Coop. (di seguito solo C.), ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Salerno, il Provv. n. 1233 del 19 ottobre 2021, a mezzo del quale il Direttore Generale dell'A.D.S. ha disposto di "non riconoscere" alla Società C. la revisione prezzi, relativa all'appalto per il servizio di ausiliario, logistica e supporto alle attività S.D.P.O. dell'ASL, con conseguente rigetto della istanza avanzata dalla stessa società.

1.1. Nel primo grado del giudizio la ricorrente ha premesso in punto di fatto: i.) di essere risultata aggiudicataria, a seguito di gara comunitaria, del servizio di ausiliariato, logistica e supporto alle attività sanitarie presso i Presidi Ospedalieri dell'Azienda S.L.S., per l'importo di € 16,69 - per ogni ora lavorata - per un corrispettivo complessivo da determinare, per ciascun P.O., sulla base del predetto prezzo, orario moltiplicato per il monte ore annuo; ii.) che il servizio veniva regolato oltre che dal contratto di appalto (rep. (...) del 27 novembre 2014), dall'appendice integrativa (rep. (...) del 29 gennaio 2015) e dal C. di gara che tra l'altro prevedevano la durata dell'appalto fissata in tre anni, con decorrenza dall'inizio del servizio, avvenuto in data 6 febbraio 2015.

1.2. Soggiunge la società ricorrente che l'A.S., con determina del Dirigente Generale n. 117 del 1 febbraio 2018, aveva disposto la proroga del contratto sino al mese di febbraio 2019 e che, successivamente, l'appalto sarebbe stato prorogato, giuste delibere dirigenziali n. 127/2019, n. 166/2020 e n. 442/2021, senza modifica delle condizioni contrattuali; che le viste proroghe sarebbero state disposte anche per i servizi in ampliamento i quali, medio tempore, sarebbero stati accorpati al servizio, oggetto del contratto principale.

A causa dei significativi incrementi di costi, C. allega di avere presentato una prima istanza di revisione prezzi, invitando l'A.S. a determinare il compenso revisionale secondo gli indici ISTAT, in applicazione dell'art. 23 C.. Con Delib. n. 1037 del 2020, tale richiesta non è stata tuttavia accolta, sul presupposto che "non vi sarebbero stati prezzi di riferimento, ai sensi dell'art. 17 D.L. n. 98 del 2011".

Detta delibera è stata quindi impugnata da C., dinanzi al TAR che, con sentenza n. 1648/2021, annullava il provvedimento per violazione dell'art. 10 bis della L. n. 241 del 1990.

Indi l'A.S., in esecuzione della predetta sentenza, ha attivato il procedimento revisionale, inviando - in data 26 agosto 2021 - preavviso di diniego, portante analoghe ragioni già indicate nel provvedimento annullato e censurate da C. in sede giurisdizionale.

1.3. C., con il presente gravame ha dunque impugnato la delibera dirigenziale n. 1233 del 19 ottobre 2021 in esame, chiedendone al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Salerno, previa sospensione, l'annullamento sulla scorta dei seguenti motivi:

a) la violazione dell'art. 23 del C. in applicazione dell'art. 115 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, per la parte che riguarda l'obbligo della revisione annuale dei prezzi, oltre che vizio di difetto d'istruttoria e di motivazione, essendosi limitata l'ASL ad affermare una presunta rimuneratività del prezzo senza svolgere alcuna concreta verifica a fronte dei rilievi della ricorrente sui prezzi orari;

b) l'illegittimità della delibera nella parte in cui escludeva la revisione prezzi per il periodo successivo alla originaria scadenza sull'erroneo presupposto che si sarebbe trattato di ipotesi di rinnovo anziché di proroghe;

c) il carattere imperativo della normativa ratione temporis invocata (art. 115 D.Lgs. n. 163 del 2006), con nullità di clausole contrarie o derogatorie.

1.4. Nel primo grado del giudizio si è costituita Azienda S.L.D.S., per chiedere la reiezione del ricorso.

1.5. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Salerno, con la sentenza n. 1602 del 3 luglio 2027, ha respinto il ricorso.

2. Avverso tale sentenza ha proposto appello C. deducendo, anzitutto, l'erroneità della decisione del TAR, là dove ha respinto il secondo motivo di ricorso (difetto di motivazione sul diniego di compenso revisionale); con riproposizione dei motivi non esaminati dal primo giudice, e ne ha chiesto, previa sospensione dell'esecutività, la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.

2.1. Si è costituita anche in questo grado di giudizio l'Azienda S.L. per chiedere la reiezione del ricorso.

2.2. Nella camera di consiglio del 29 febbraio 2024, fissata per l'esame della domanda di sospensiva proposta dall'appellante, il Collegio, su accordo delle parti, ha rinviato la causa all'udienza pubblica per il sollecito esame del merito.

2.3. Infine, nell'udienza del 23 maggio 2024, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

3. L'appello risulta fondato nei limiti appresso specificati.

3.1. Come esposto brevemente in narrativa, il contratto di appalto in contestazione è ratione temporis governato dalla disciplina di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il cui articolo 115, per quanto qui interessa, stabilisce l'obbligo della revisione annuale dei prezzi, e che, sulla scorta della prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 25 novembre 2015, n. 5356), configurava norma imperativa destinata a eterointegrare il contratto, imponendosi quindi ope legis su eventuali clausole contrarie.

3.2. È vero che nella specie l'art. 23 del Capitolato speciale d'appalto aveva stabilito il principio dell'invariabilità dei prezzi; per altro verso, tuttavia, la lex specialis faceva espressamente salva la revisione dei prezzi, in applicazione della su vista disposizione normativa.

4. Ciò premesso, emerge in primo luogo - diversamente da quanto sostenuto dal primo giudice, la cui statuizione sul punto va, dunque, riformata - l'applicabilità alla ipotesi per cui è causa dell'art. 115 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, dovendosi ritenere che le delibere susseguentesi nel tempo - nn. 117/2018, 127/ 2019 e 11/2020 - ben possano interpretarsi superando il dato letterale, là dove in esse si utilizza la locuzione "rinnovo" e, più correttamente, qualificare l'atto intervenuto tra le parti come proroga tecnica.

4.1. Rafforza la suesposta conclusione quanto chiarito dalla giurisprudenza dominante, là dove ha statuito che la distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando non al nomen utilizzato dalle parti, ma agli effetti dell'atto che esse pongono in essere: la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale; laddove, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635; id., 8 agosto 2018, n. 4867).

Ebbene, tutto ciò considerato, risulta evidente - analizzando le determinazioni con cui l'A. ha prolungato l'efficacia del contratto - che, malgrado la locuzione utilizzata di "rinnovo", l'Amministrazione ha posto in essere sempre delle proroghe, come si desume univocamente dalle seguenti circostanze e, precisamente: i) che, con tali delibere, è stata essenzialmente differita nel tempo la cessazione del rapporto contrattuale, ferme restando tutte le originarie pattuizioni e senza alcuna negoziazione; ii) che tali proroghe sono sempre state ricollegate ai tempi necessari allo svolgimento di una nuova procedura di affidamento, con espressa salvezza di una possibile interruzione anticipata del rapporto ove tali procedure si fossero medio tempore concluse, come normalmente avviene per le cd proroghe "tecniche", pacificamente ammesse dalla giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, III, sent. 3 aprile 2017, n. 1521); iii) che, nelle viste delibere è sempre richiamata la previsione della possibilità di proroga del contratto, fino a un massimo di tre anni, contenuta nell'originaria disciplina di gara, trasparendo la priorità dell'Amministrazione di evidenziare che il prolungamento complessivo del rapporto non avrebbe ecceduto il termine ivi indicato (recte: dal 2018 al 2021).

4.2. Anche volendo prescindere da tali rilievi, risulta che il Tribunale abbia, in ogni caso, tralasciato di considerare che la richiesta di revisione prezzi, inoltrata dall'odierna appellante, non riguardava soltanto i periodi di proroga/rinnovo del contratto, ma anche il periodo di originaria esecuzione dello stesso, a partire dal secondo anno. Alla luce delle argomentazioni, sin qui esposte il rilievo formulato dall'appellante risulta quindi fondato, tenuto conto che il primo giudice ha effettivamente omesso di pronunciarsi, quantomeno a partire da tale annualità.

Da quanto esposto discende la fondatezza del primo motivo d'appello, a mezzo del quale - come detto - l'appellante ha riproposto la seconda censura avanzata nel primo grado di giudizio.

5. Quanto al terzo profilo di censura introdotto nel primo grado di giudizio - ed ora del pari riproposto - con cui C., denuncia la carente istruttoria nell'operato dell'Amministrazione, là dove il Tribunale ha respinto l'istanza di revisione prezzi, sul presupposto del mero raffronto tra il prezzo offerto in gara dall'odierna istante (€ 16,69 all'ora) e quello ricavabile dalla tabella di riferimento per il costo medio orario del lavoro dei contratti multiservizi (€ 16,43 all'ora), senza peraltro tenere conto delle deduzioni svolte dalla ricorrente, anche su tale profilo la motivazione della sentenza gravata non risulta esente dal dedotto difetto d'istruttoria.

5.1. Ed invero, sui rilievi svolti dall'appellante - là dove aveva evidenziato nel primo grado del giudizio che la voce di prezzo offerta non comprendeva solo il costo della manodopera (che in realtà era pari a € 15,51 all'ora), ma plurime altre voci di costo (spese generali, costi per la sicurezza etc.,) che a loro volta avevano risentito degli incrementi dei prezzi - non risulta che l'Amministrazione si sia fatta carico, nemmeno in corso di causa.

Anche questo ultima censura è dunque fondata

6. In conclusione e per le ragioni sin qui esposte l'appello di C. va accolto. Ne deriva, in riforma della sentenza impugnata, l'accoglimento del ricorso di primo grado e l'annullamento del diniego con esso impugnato, con salvezza delle ulteriori determinazioni dell'Amministrazione.

7. La peculiarità e la novità delle questioni esaminate giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con pronuncia n. 5051 dello scorso 5 giugno, la III Sezione del Consiglio di Stato si è occupata delle differenze tra proroga contrattuale e rinnovo del contratto.

In particolare, nella pronuncia in questione è stato dirimente delineare la differenza tra i suddetti istituti al fine di stabilire se fosse ammessa o esclusa la revisione prezzi per il periodo successivo alla originaria scadenza del contratto. Infatti,  secondo la giurisprudenza prevalente: "In materia di appalti pubblici, presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 - secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo - è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale" (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Cons. Stato, Sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).

Il Consiglio di Stato nella sentenza in esame rileva come il Tar abbia errato nel qualificare la fattispecie concreta alla stregua di rinnovo basandosi sul mero dato letterale utilizzato dalle parti, evidenziando come gli atti posti in essere da queste ultime ben possano interpretarsi superando il dato letterale, qualificando, ad esempio, come proroga tecnica un atto per cui si sia utilizzata la locuzione “rinnovo”.

Infatti, orientamento consolidato in giurisprudenza è quello secondo cui: “La distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando non al nomen utilizzato dalle parti, ma agli effetti dell'atto che esse pongono in essere: la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale; laddove, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale” (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635; Id., 8 agosto 2018, n. 4867).

La giurisprudenza specifica inoltre che: "Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l'accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall'atto originario; (Cons. Stato, Sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635).

Ebbene, nel caso di specie, come si evince in sentenza, risulta evidente che, malgrado la locuzione utilizzata di "rinnovo", l'Amministrazione abbia posto in essere sempre delle proroghe, come si desume univocamente dalle seguenti circostanze e, precisamente: i) che con una serie di delibere è stata essenzialmente differita nel tempo la cessazione del rapporto contrattuale, ferme restando tutte le originarie pattuizioni e senza alcuna negoziazione; ii) che tali proroghe sono sempre state ricollegate ai tempi necessari allo svolgimento di una nuova procedura di affidamento, con espressa salvezza di una possibile interruzione anticipata del rapporto ove tali procedure si fossero medio tempore concluse, come normalmente avviene per le cd. proroghe "tecniche", pacificamente ammesse dalla giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 3 aprile 2017, n. 1521); iii) che nelle delibere è sempre richiamata la previsione della possibilità di proroga del contratto, fino a un massimo di tre anni, contenuta nell'originaria disciplina di gara, trasparendo la priorità dell'Amministrazione di evidenziare che il prolungamento complessivo del rapporto non avrebbe ecceduto il termine ivi indicato.

Pertanto, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il Tar abbia errato nella parte in cui ha omesso di rilevare che non vi sono elementi di discontinuità rispetto al rapporto contrattuale in essere tali da far ritenere che l’Amministrazione abbia inteso dar corso a un rinnovo contrattuale ostativo all’applicazione della clausola di revisione dei prezzi.

La Sezione ha – così – concluso che il ricorso di primo grado vada accolto.