TAR Lazio, Roma, Sez. III, 15 luglio 2024, n. 14366

Le procedure di gara per la realizzazione di opere finanziate in tutto o in parte con fondi PNRR e PNC nonché con fondi strutturali dell’Unione europea, anche se indette dopo il 1° luglio 2023, continuano ad essere disciplinate dal d.l. n.  77/2021 nonché dai richiami e rinvii che quest’ultimo compie al d.lgs. n. 50/2016 e risultano impermeabili all’applicazione delle disposizioni del nuovo codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 36/2023.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5038 del 2024, proposto dalla So.I.Ge.A. s.r.l. e dalla Air Fire s.p.a., in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A014BEC9ED, rappresentate e difese dall’avv. Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di Villa Sacchetti n. 9;

contro

l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

della Installazioni Impianti s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Damiano Lipani, Francesca Sbrana, Sergio Grillo e Federica Berrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

della Fincantieri Si s.p.a., della Port Utilities s.p.a., della Nidec Asi s.p.a., del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e del Ministero dell'Economia e delle Finanze, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

- degli atti della “Procedura ristretta per l''appalto integrato per la progettazione definitiva, esecutiva e l''esecuzione dei “Lavori di elettrificazione del Porto di Civitavecchia (COLD IRONING)” - CIG A014BEC9ED – CUP J39J2100671005, indetta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, e in particolare:

i) dell’aggiudicazione disposta con decreto del Presidente dell’Autorità n. 65 del 28 marzo 2024 in favore del RTI formato dalla Installazioni Impianti s.p.a. (mandataria), dalla Fincantieri SI s.p.a., dalla Port Utilities s.p.a. e dalla NIDEC ASI s.p.a. (mandanti) e pubblicata il 29 marzo 2024;

ii) della proposta di aggiudicazione formulata dal RUP il 28 marzo 2024;

iii) di tutti i verbali relativi alla prima fase di prequalifica;

iv) di tutti i verbali relativi alla seconda fase di gara;

v) nei limiti esposti col ricorso, dell’avviso di indizione gara approvato con decreto del Presidente dell’Autorità n. 242 del 26 settembre 2023;

vi) nei limiti esposti col ricorso, del bando di gara pubblicato in G.U.U.E. 2023/S 188-588426 del 29 settembre 2023 e sulla G.U.R.I. – 5° serie speciale, n. 113 del 29 settembre 2023 e del disciplinare di prequalifica;

vii) nei limiti esposti col ricorso, del decreto del Presidente dell’Autorità n. 38 del 28 febbraio 2024, di Validazione del P.F.T.E e di avvio della II fase della procedura di gara, e del disciplinare di gara II fase procedura ristretta con esso approvato;

viii) ove occorrer possa, della determina n. 10 del 15 novembre 2023, di nomina del seggio di gara per la fase di prequalifica; della determina n. 3 del 12 marzo 2024, di nomina del seggio di gara per la II fase; del decreto n. 53 del 14 marzo 2024, di nomina della Commissione Giudicatrice per la II fase;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

nonché per la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato medio tempore tra Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale e il RTI aggiudicatario e per il subentro del RTI formato dalla SO.I.GE.A. s.r.l. (mandataria) e dalla AIR FIRE s.p.a. (mandante) nel contratto eventualmente stipulato nelle more;

nonché per la condanna dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale, in caso di parziale inefficacia del contratto, al risarcimento per equivalente del danno che potrà emergere in corso di causa per la sola eventuale parte residua, ovvero, qualora il T.A.R. si determini al mantenimento in vita del contratto eventualmente stipulato ovvero in caso di impossibilità del subentro, per la condanna all’integrale risarcimento del danno che potrà emergere in corso di causa.

Visti il ricorso, le memorie e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e le memorie dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale e della Installazioni Impianti s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2024 il dott. Massimiliano Scalise e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Con l’atto introduttivo del presente giudizio, la SO.I.GE.A. s.r.l. e la AIR FIRE s.p.a., rispettivamente mandataria e mandante del costituendo RTI (di seguito anche “ricorrenti” o “RTI Soigea” o “RTI ricorrente”), hanno impugnato gli atti sulla cui base la procedura ristretta indetta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale (di seguito “Autorità” o “AdSP”) per l’affidamento dell’appalto integrato concernente la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei “Lavori di elettrificazione del Porto di Civitavecchia (COLD IRONING)”, finanziato con risorse a valere sul PNRR-PNC, è stata aggiudicata in favore del RTI formato dalla mandataria Installazioni Impianti s.p.a. e dalle mandanti Fincantieri SI s.pa., Port Utilities s.p.a. e NIDEC ASI s.p.a. (di seguito anche “RTI aggiudicatario” o “RTI controinteressato”).

2 – La procedura ristretta, per un importo complessivo a base d’asta di euro circa 69 milioni di euro (di cui circa 66,6 milioni per lavori, circa 1,2 milioni per oneri della sicurezza specifici e circa 1,5 milioni di euro per la progettazione definitiva) è stata aggiudicata secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (80 punti per l’offerta tecnica e 20 punti per l’offerta economica e temporale).

3 – Ha, poi, avuto luogo la fase della prequalifica (c. d. prima fase della procedura ristretta), in esito alla quale sono stati invitati a presentare offerta cinque operatori economici.

4 – Nella seconda fase hanno presentato offerta soltanto due di essi e cioè: 1) il costituendo RTI costituito dalla Installazioni Impianti s.p.a. (mandataria), dalla Fincantieri SI s.p.a. (mandante), dalla Port Utilities s.p.a. (mandante) e dalla NIDEC ASI s.p.a. (mandante) (di seguito “RTI controinteressato” o “RTI aggiudicatario”); 2) il costituendo RTI formato dalla SO.I.GE.A. s.r.l. (mandataria) e dalla AIR FIRE S.r.l. (mandante).

4 – Ad esito delle operazioni di gara, il RTI sub n. 1), avendo conseguito un punteggio complessivo di 97,5 punti (77,5 punti per l’offerta tecnica e 20 punti per l’offerta economica, con un ribasso dell’8,5%), si è posizionato al primo posto nella graduatoria. Il RTI sub 2) si è, invece, classificato al secondo posto, avendo ottenuto complessivamente 79,3 punti (61,7 punti all’offerta tecnica e 17,6 punti per l’offerta economica, con un ribasso del 3,6%).

5 – E’ seguita la pubblicazione del decreto di aggiudicazione in favore del RTI controinteressato.

6 – Avverso tale decreto e gli atti presupposti è insorto il RTI Soigea.

In particolare:

i) con i primi due motivi di ricorso, detto RTI ha lamentato l’illegittimità dell’aggiudicazione in considerazione dell’asserita assenza della qualificazione SOA in capo al RTI aggiudicatario in OG10 e delle connesse certificazioni di qualità richieste dalla lex specialis di gara, in tesi entrambe oggetto di un illegittimo avvalimento infragruppo tra la mandataria Installazioni Impianti s.p.a. e la mandante Port Utilities s.p.a.;

ii) con il terzo e quarto motivo di ricorso, è stata censurata la valutazione delle offerte tecnica ed economica del RTI aggiudicatario, che sarebbe avvenuta in asserita elusione della lex specialis e dei princìpi di trasparenza, di ragionevolezza e di non contraddizione; tale violazione sarebbe stata, in tesi, aggravata dalla mancanza di una motivazione discorsiva e dall’assenza di puntuali criteri di valutazione, non ulteriormente specificati dalla Commissione;

iii) con il quinto motivo, è stata censurata la decisione dell’AdSP di non procedere alla valutazione di anomalia dell’offerta di RTI aggiudicatario, malgrado la sussistenza di plurimi indici che avrebbero imposto un simile modus agendi;

iv) con il sesto motivo, è stata lamentata l’omessa verifica della congruità dei costi della manodopera del RTI aggiudicatario, nei termini in cui essa è richiesta dalla lex specialis di gara, non avendo quest’ultimo fornito – ai fini di tale valutazione – i giustificativi richiesti dal par. 13.3 del disciplinare, da redigere anche in funzione del computo metrico estimativo delle migliorie proposte;

v) con il settimo motivo, è stata censurata l’illegittima composizione della Commissione di gara, in pretesa violazione sia del d.lgs n. 36/2023 sia del d.lgs n. 50/2016, sia comunque dei princìpi di trasparenza e buon andamento ex art. 3 e 97 Cost.;

vi) con i motivi ottavo e nono, proposti in via subordinata, stante la loro natura potenzialmente caducante dell’intera procedura di gara, è stata censurata l’illegittimità di quest’ultima rispettivamente in considerazione del fatto che: 1) per la valutazione dell’offerta tecnica la lex specialis avrebbe affidato un peso sproporzionato a criteri di natura soggettiva (con un peso pari al 35% del complessivo punteggio previsto per l’offerta tecnica); ii) i criteri di valutazione delle offerte sarebbero stati resi noti solo dopo lo svolgimento della fase di prequalifica, così impedendo ai concorrenti di strutturarsi e di partecipare in composizione e in termini tali da poter proporre un’offerta competitiva e adeguata.

7 – Unitamente al gravame, le ricorrenti hanno anche proposto istanza di tutela cautelare, allo scopo di non vanificare la possibilità di aggiudicarsi il contratto, anche in ragione dei limiti al risarcimento in forma specifica imposti dall’art. 48, comma 4, del d.l. n. 77/2021 per gli appalti finanziati con risorse del PNRR.

8 - Si sono costituite in giudizio l’AdSP e la mandataria del RTI aggiudicatario, entrambe contestando la fondatezza del ricorso e chiedendo il rigetto dell’istanza cautelare, anche in relazione alle scadenze imposte dal PNRR per non perdere i finanziamenti.

9 - All’esito dell’udienza camerale del 22 maggio 2024, questo T.A.R. ha reso l’ordinanza cautelare n. 2129/2024, con cui ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo prioritario l’interesse pubblico a dare avvio al contratto finanziato con risorse del PNRR e a non perdere il finanziamento stesso, e ha fissato la trattazione del merito per l’udienza pubblica del 3 luglio 2024.

10 - Nelle more, dalle produzioni della parte resistente è emerso che: i) il 3 giugno 2024 è stato stipulato il contratto di appalto con il RTI aggiudicatario; ii) il successivo 6 giugno è stata avviata la relativa esecuzione per quanto attiene alla fase di progettazione.

11 – In vista dell’udienza pubblica, le parti con memorie e repliche hanno meglio puntualizzato e articolato le rispettive tesi.

12 – Il ricorso va respinto, in quanto è infondato.

13 – Introduttivamente, il Collegio intende precisare che - come correttamente rilevato dalla stazione appaltante, peraltro in coerenza con la circolare del MIT del 12 luglio 2023 e non efficacemente contestato dalle ricorrenti – il regime giuridico applicabile agli affidamenti, come quello oggi all’esame, finanziati con i fondi del PNNR e del PNC è individuabile sulla base della lettura congiunta degli artt. 225, comma 8 e 226, comm1 e 2 del d.lgs n. 36/2023.

In particolare, la prima norma dispone che “In relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018”.

La seconda norma, poi, stabilisce l’abrogazione del d.lgs n. 50/2016 a far tempo dal 1° luglio 2023 e l’applicazione di tale decreto ai procedimenti in corso, cioè a quelli in cui i bandi o avvisi con cui è indetta la procedura di scelta del contraente sono stati pubblicati prima del 1° luglio 2023.

Orbene, la lettura sistematica delle cennate disposizioni induce a ritenere che:

- la sottrazione della disciplina delle procedure di affidamento finanziate con risorse del PNRR e del PNC al generale spartiacque temporale stabilito per l’entrata in vigore del d.lgs n. 36/2023 si spiega in ragione della sua specialità e della sua funzionalizzazione alla loro celere e fruttuosa conclusione in vista della realizzazione delle relative opere;

- a tale stregua, la specialità della disciplina recata dal d.lgs n. 77/2021 va intesa in senso ampio e omnicomprensivo, in modo da preservarne l’applicazione integrale e piena, anche per le procedure indette - come quella all’esame – dopo il 1° luglio 2023;

- in questa prospettiva, la summenzionata ultrattività non può non ricomprendere, oltre alle disposizioni del d.lgs n. 77/2021, che derogano al d.lgs. n. 50/2016, anche i rinvii e i richiami (anche impliciti) a quest’ultimo decreto legislativo e ai relativi strumenti attuativi;

Ne consegue che lo speciale corpus normativo previsto per le opere PNRR e assimilate continua a trovare applicazione, pur dopo il 1° luglio 2023, in modo completo e integrale.

Su tali basi, la procedura all’esame, pur essendo stata indetta dopo il 1° luglio 2023, continua ad essere soggetta all’applicazione del d.lgs n. 77/2021 nonché ai richiami e ai rinvii che quest’ultimo compie del d.lgs n. 50/2016 e risulta impermeabile all’applicazione delle disposizioni del nuovo codice dei contratti (il d.lgs n. 36/2023).

Ciò premesso, il Collegio può passare all’esame dei nove motivi di gravame, con l’avvertenza che si procederà alla valutazione congiunta dei mezzi aventi una struttura logica unitaria e integrata.

14 – Innanzitutto, non colgono nel segno i primi due motivi, con cui le ricorrenti hanno dedotto che il RTI aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso per asserita mancanza dei requisiti di qualificazione, in quanto, con il contratto di avvalimento infragruppo, la mandataria Installazioni Impianti s.p.a., si sarebbe spogliata dei mezzi e delle risorse necessarie ad eseguire i lavori di sua pertinenza, avendoli messi a disposizione della mandante Port Utilities s.p.a..

In particolare, la mandataria sarebbe rimasta sprovvista: i) del requisito di qualificazione richiesto dalla legge di gara e necessario per l’esecuzione della propria quota lavori in Categoria OG10, e cioè della classifica VIII (primo motivo); ii) la propria certificazione di qualità, in tesi legata inscindibilmente alla SOA stessa in quella categoria (secondo motivo).

Conseguentemente, il RTI aggiudicatario, siccome rimasto privo dei cennati requisiti, avrebbe dovuto essere escluso.

14.1 – Quanto al profilo sub n. 1), è il caso di chiarire subito – per una migliore intelligenza dei fatti - che la censura delle ricorrenti è intervenuta in una fattispecie in cui la mandataria Installazioni Impianti s.p.a., impegnatasi ad eseguire in proprio la maggior parte dei lavori in categoria OG10 (in tutto euro 60.036.004,88), e segnatamente una percentuale del 56,98% (pari a euro 34.208.515,58), col contratto di avvalimento interno si è limitata a mettere l’attestazione SOA nella Categoria OG10, Classifica VI a disposizione della mandante Port Utilities s.p.a., che ne era priva, per l’esecuzione dei lavori nella medesima categoria pari ad appena l’11,10%, per un importo di euro 6.663.996,54.

Ora, ad avviso del Collegio, la documentazione in atti, riletta alla luce delle pertinenti disposizioni dell’art. 61 del d.P.R. n. 207/2010, induce a ritenere che, pur a seguito del citato contratto di avvalimento interno, l’impresa ausiliaria non abbia perso la qualificazione necessaria allo svolgimento dei lavori che si è impegnata ad eseguire in proprio.

14.1.1 - Al proposito, la norma rilevante nella fattispecie all’esame va individuata nell’art. 61, comma 6 del d.P.R. n. 207/2010, a mente del quale “Per gli appalti di importo a base di gara superiore a euro 20.658.000, l'impresa, oltre alla qualificazione conseguita nella classifica VIII, deve aver realizzato, nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra di affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, non inferiore a 2,5 volte l'importo a base di gara; il requisito è comprovato secondo quanto previsto all'articolo 79, commi 3 e 4, ed è soggetto a verifica da parte delle stazioni appaltanti”.

Come traspare dal suo chiaro dettato, la norma disciplina - in modo del tutto distinto, autonomo e indipendente rispetto a quanto previsto dal precedente art. 61, comma 5 (norma questa riferita al diverso caso dell’abilitazione delle imprese a partecipare alle gare d’appalto fino a euro 20.658.000) - i requisiti che legittimano le imprese qualificate nella classifica VIII a svolgere gli appalti di importo superiore a euro 20.658.000.

A tal fine, è necessario che l’impresa non solo conservi la qualificazione nella classifica VIII ma anche che abbia realizzato, nei cinque anni precedenti alla data di pubblicazione del bando, una cifra di affari, ottenuta con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta, non inferiore a 2,5 volte l'importo a base di gara.

14.1.2 - Su tali basi, il Collegio ritiene che l’impresa ausiliaria, pur dopo il contratto di avvalimento interno, non abbia perso la qualificazione a svolgere i lavori in classifica VIII.

Sul punto, infatti, l’interpretazione letterale e logico-sistematica dell’art. 61, comma 6 del d.P.R. n. 207/2010 evidenzia la necessità che per l’esecuzione di appalti di importo superiore a euro 20.658.000 l’impresa ausiliaria conservi, non già la qualificazione in classifica VIII (illimitata) - unico requisito questo per svolgere appalti di importo diverso e minore - bensì la qualificazione a svolgere i lavori rientranti nella categoria VIII, da calcolarsi in base alle regole generali stabilite ai primi quattro commi dell’art. 61.

E ciò ben si comprende tenuto conto: i) della maggior rilevanza dei lavori considerati all’art. 61, comma 6 del d.P.R. n. 207/2010; ii) della necessità in questo caso che alla qualificazione “astratta” (cioè per importi convenzionali, come quelli contemplati nell’art. 61) si accompagni necessariamente quella “concreta”, basata sulla cifra d’affari effettivamente realizzata dall’impresa.

A tale stregua, per accertare la conservazione, da parte dell’ausiliaria, della qualificazione nella classifica VIII assumono rilievo unicamente i commi 2 e 4 dell’art. 61 del d.P.R. n. 207/2010.

Il comma 2 prevede che “La qualificazione in una categoria abilita l'impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto”, mentre il comma 4 specifica che l’importo convenzionale della classifica VIII comprende livelli di importo “oltre euro 15.494.000”.

Ne deriva che detto importo aumentato di un 1/5 è pari a euro 24.789.600.

Orbene, se si sottrae a tale valore quello relativo ai lavori di competenza dell’ausiliata (Euro 6.663.996,54), valore “prestato” all’ausiliata in esecuzione del contratto di avvalimento interno, l’impresa ausiliaria resta comunque qualificata in proprio ad eseguire lavori di importo rientrante nella classifica VIII, per un importo di euro 18.125.603,5, certamente superiore al valore minimo indicato al comma 4.

Ne consegue che l’impresa ausiliaria, anche a seguito del contratto di avvalimento, ha conservato la qualificazione nella categoria VIII, cioè l’idoneità a prendere parte ad appalti corrispondenti ai relativi importi, secondo l’interpretazione letterale e logico-sistematica delle norme surrichiamate.

14.1.3 - Quanto, poi, all’ulteriore requisito previsto dall’art. 61, comma 6 del d.P.R. n. 207/2010, l’impresa ausiliaria ha dichiarato di possedere una cifra d’affari di euro 141.688.108,07.

Ora, pur dopo aver scorporato da tale valore l’importo prestato all’ausiliata Port Utilities s.p.a. (euro 6.663.996,54) in esecuzione del contratto di avvalimento interno, residua un valore di euro 135.024.110,00, che risulta di gran lunga superiore all’importo corrispondente a 2,5 volte l’importo dei lavori che l’ausiliaria Installazioni Impianti s.p.a. deve eseguire, cioè ad euro 85.521.288,80.

Detta impresa ha, dunque, dichiarato di avere realizzato e, quindi, di possedere, per il quinquiennio antecedente all’indizione della gara, l’ulteriore cifra di affari prevista dalle disposizioni normative in materia e dalla legge di gara, in misura largamente superiore a quella da esse richiesta.

L’impresa ausiliaria, quindi, pur dopo il contratto di avvalimento interno, non ha perso nessuno dei due requisiti previsti dall’art. 61, comma 6 del d.P.R. n. 207/2010 per svolgere in proprio la quota di lavori cui si è impegnata.

Alla luce di ciò, prive di pregio risultano le censure delle ricorrenti, volte a contestare che, con il ciato contratto di avvalimento, la Installazioni Impianti s.p.a., oltre a “n. 1 Direttore tecnico con oltre 20 anni di esperienza, n. 1 Capo commessa”, avrebbe messo integralmente a disposizione dell’ausiliata Port Utilities s.p.a. “l’intera Direzione Procurement – Logistica …., n. 1 RSPP, l’intero Ufficio Progettazione, l’intero Ufficio risorse umane, il Responsabile di formazione, l’intera Direzione Amministrativa, l’intera Direzione Commerciale/ufficio contratti”, in tal modo spogliandosi dei requisiti necessari per l’esecuzione delle attività di propria competenza.

Al riguardo, è sufficiente considerare: i) da un lato, le dimensioni e la strutturazione, anche organizzativa, dell’impresa ausiliaria, in possesso di una cifra d’affari così rilevante nel settore di gara; ii) dall’altro, la limitatezza delle attività deferite all’impresa ausiliata in OG10 (appena l’11% dei lavori); iii) d’altro lato ancora, il rilievo per cui, nel caso di avvalimento, l’ausiliaria non perde la detenzione del complesso produttivo unitariamente considerato, specie nei casi – come quello oggi all’esame – in cui si limita a metterne a disposizione dell’ausiliata solo una parte per l’esecuzione di una quota ridotta dei lavori oggetto di affidamento (cfr. ex multis, Cons. St, VI, n. 3197/2022).

In questo senso, il Collegio osserva che il precedente giurisprudenziale richiamato dalle ricorrenti (Cons. St., V, n. 6271/2021) - secondo cui l’avvalimento interno al raggruppamento non sarebbe ammissibile, ove il requisito messo a disposizione da parte dell’ausiliaria in favore dell’ausiliata determinasse la perdita dello stesso in capo alla prima - non risulta valorizzabile con riguardo alla fattispecie qui all’esame.

E ciò in quanto le specificità del contratto di avvalimento, le modalità di esecuzione dei servizi oggetto della gara, le dimensioni delle parti del contratto stesso e il loro diverso ruolo in fase di esecuzione dei lavori, nonché la tipologia delle risorse messe a disposizione dall’ausiliaria inducono a ritenere che il requisito permanga in capo a entrambi gli operatori economici, nonostante il prestito (cfr. in fattispecie analoga T.A.R. Sicilia, Catania, III, n. 2202/2023).

14.1.4 – Alla luce delle superiori considerazioni, il Collegio è dell’avviso che il contratto di avvalimento interno risulti immune da censure, in quanto, anche a seguito di quest’ultimo, l’ausiliaria ha conservato i requisiti previsti dall’art. 61, comma 6 del d.P.R. n. 207/2010 necessari a svolgere in proprio la quota di lavori cui si è impegnata e ha validamente trasferito all’ausiliata le componenti necessarie a legittimarla in relazione alle prestazioni di sua pertinenza.

14.2 – Altrettanto infondata risulta la censura secondo cui l’ausiliaria, avendo posto a disposizione dell’ausiliata la propria certificazione di qualità, in tesi legata inscindibilmente alla SOA stessa in quella categoria, l’avrebbe persa.

Al proposito è sufficiente considerare che:

- l’esame del contratto di avvalimento interno mette in luce che la Installazioni Impianti s.p.a. non ha ceduto alla Port Utilities s.p.a. alcuna certificazione di qualità;

- e ciò ben si comprende, ove si consideri che la Port Utilities s.p.a. risulta in possesso in proprio di una certificazione ISO pertinente rispetto all’oggetto dell’appalto, essendo peraltro il relativo settore di accreditamento quello IAF: 28, che si riferisce alle “Costruzioni” - e quindi ai lavori;

- nessuna norma e alcun principio prevedono che la certificazione dell’ausiliaria debba necessariamente essere trasferita all’ausiliata con il contratto di avvalimento; se così fosse, si giungerebbe al paradosso per cui una impresa di grandissime dimensioni e in possesso di una classificazione SOA illimitata (o comunque superiore alla classificazione III) non potrebbe più eseguire alcun lavoro qualora abbia prestato anche semplicemente una parte irrisoria dei propri mezzi e del proprio personale in favore di altra impresa; si arriverebbe, ancor più, al paradosso di rendere del tutto vano e non operativo l’istituto dell’avvalimento del settore delle gare di lavori; e sul punto il Collegio è dell’avviso che la disciplina in materia di certificazioni di qualità vada interpretata in modo da non costituire un limite all’avvalimento; ove detta disciplina fosse intesa come limite, essa sarebbe contraria al diritto comunitario, che non pone limitazioni quantitative né qualitative all’avvalimento, e che lo consente espressamente anche nell'ambito dei raggruppamenti di imprese, e in tal caso sia mediante avvalimento interno che mediante avvalimento esterno (ex multis, Cons. St. n. 9677/2010 e T.A.R. Veneto n. 1135/2013);

- il precedente citato dalle ricorrenti (Cons. St., V, n. 6271/2021) non risulta utilmente invocabile nella fattispecie all’esame atteso che: i) in quel caso il Giudicante si è pronunciato in una fattispecie in cui il tenore del contratto di appalto risultava – al contrario di quanto avvenuto nella fattispecie oggi all’esame – generico quanto al suo oggetto, per statuire se quest’ultimo potesse o meno ricomprendere, oltre alla SOA, anche la certificazione di qualità; ii) nella specie l’oggetto del contratto è chiaro nell’escludere la messa a disposizione della certificazione di qualità; ii) l’ausiliata Port Utilities s.p.a. già possiede in proprio una certificazione congruente con l’oggetto dell’appalto;

- diversa risulta anche la fattispecie in relazione alla quale si è espresso l’ulteriore precedente citato dalle ricorrenti (cfr. Cons. St., V, n. 6212/2021): in quel caso, infatti, il Giudice di Appello ha preso posizione in relazione a censure di indeterminatezza del contratto di avvalimento sulla messa a disposizione delle certificazioni di qualità, profilo questo nella specie non ricorrente, in quanto l’esclusione di tale componente ben si spiega in ragione del possesso in proprio, da parte dell’ausiliata, della certificazione di qualità attinente all’oggetto dell’appalto;

- è ragionevole, in accordo con il citato precedente, che qualora oggetto del contratto di avvalimento sia la certificazione di qualità, il soggetto ausiliario metta a disposizione anche tutta la propria organizzazione aziendale che gli ha consentito di acquisire la certificazione di qualità; non altrettanto comprensibile, tuttavia, risulta il motivo per cui un’impresa che, ai fini dell’avvalimento di una qualificazione SOA, metta a disposizione dell’impresa ausiliata solo una parte del proprio personale e della propria organizzazione di impresa, senza perdere la sua capacità di eseguire con la sua restante organizzazione ulteriori lavori, debba cedere automaticamente e indeclinabilmente la certificazione di qualità prodromica all’ottenimento della SOA oggetto di avvalimento.

14.3 – Si soggiunge, in ogni caso, che, anche a voler seguire le tesi delle ricorrenti, la stazione appaltante non avrebbe comunque potuto procedere all’esclusione immediata dell’ATI aggiudicatario dalla gara, tenuto conto del tenore dell’art. 89, comma 3, del d.lgs n. 50/2016, che prevede espressamente la possibilità di sostituzione dell’ausiliaria in qualunque fase di gara, assegnando un termine congruo per l’adempimento.

Né dalla legge di gara, dai documenti di offerta del RTI aggiudicatario o aliunde è desumibile un divieto di agire in tal senso, divieto che oltre tutto risulterebbe contrastante con la citata normativa primaria.

In coerenza con la finalità di assicurare la massima partecipazione alle gare a tutela della concorrenza tra le imprese (cfr. ex multis Cons. Stato, V, n. 368/2022), la conseguenza della mancanza di un requisito in capo ad una società del raggruppamento - pur previsto a pena di esclusione dal bando - non può essere l’esclusione dalla gara.

15 – Con il terzo e quarto mezzo, le ricorrenti hanno censurato la valutazione delle offerte tecnica ed economica del RTI aggiudicatario, che sarebbe avvenuta in asserita elusione della lex specialis e dei princìpi di trasparenza e di congrua motivazione.

In via strettamente connessa al quarto mezzo, con il quinto motivo le ricorrenti hanno sostenuto che le mende rilevate in relazione all’offerta economica del RTI aggiudicatario avrebbero dovuto indurre la stazione appaltante a ritenere sussistenti quegli “elementi specifici” tali da giustificare la verifica facoltativa di anomalia.

15.1 - In particolare, quanto all’offerta tecnica (terzo motivo), le ricorrenti muovono dal presupposto secondo cui il RTI aggiudicatario non ha riportato nel computo metrico non estimativo tutte le migliorie proposte nell’offerta tecnica, in violazione del par. 12.4 del disciplinare.

Da tale premessa, deriverebbero la genericità e l’assenza della garanzia di realizzabilità delle migliorie non riportate nel citato computo, che pertanto avrebbero dovuto ritenersi come non valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio tecnico.

Con il medesimo motivo, le ricorrenti hanno censurato anche la valutazione delle offerte tecniche presentate, in quanto è stata espressa mediante l’attribuzione del solo punteggio numerico, nonostante che: i) il Regolamento dell’Autorità del 25 febbraio 2021 imponesse una valutazione espressa in forma discorsiva; ii) la genericità dei criteri valutativi fissati dalla legge di gara non fosse stata colmata con la determinazione di sub-criteri; iii) i criteri di valutazione fossero stati indicati soltanto nella seconda fase della procedura ristretta.

15.2 – Con riguardo all’offerta economica (quarto motivo), poi, le ricorrenti hanno sostenuto che la mancata indicazione di tutte le migliorie proposte dal RTI aggiudicatario nel computo metrico non estimativo e la loro mancata valorizzazione economica nel computo metrico estimativo:

- da un lato, renderebbero dette migliorie non esigibili dalla stazione appaltante;

- dall’altro, avrebbero consentito al RTI aggiudicatario di offrire “un enorme ribasso”, da cui sarebbe derivato il punteggio massimo per l’offerta economica (15 punti).

15.3 – Tali elementi avrebbero dovuto indurre la stazione appaltante a compiere una verifica della congruità dell’offerta del RTI aggiudicatario, al fine di verificare la sua sostenibilità, tenendo conto di tutte le migliorie proposte e non solo di quelle effettivamente indicate nel computo metrico estimativo (quinto motivo).

Nessuna delle tre censure, così riassunte, è suscettibile di favorevole considerazione.

15.4 – Non la prima, afferente all’offerta tecnica del RTI aggiudicatario.

Al proposito, giova subito rilevare che le migliorie non trasfuse nel computo metrico non estimativo sono state tutte inserite nell’offerta tecnica e sono state descritte con sufficiente chiarezza nei relativi documenti a corredo.

15.4.1 - Ciò posto, va innanzitutto osservato che, ad avviso del Collegio, la trasposizione di tali migliorie nel citato computo costituiva soltanto una modalità di rappresentazione formale di una componente dell’offerta, insuscettibile di impattare sulla sua validità e sulla sua valutabilità.

Milita in questo senso l’interpretazione logico-letterale e sistematica del par. 12.4 del disciplinare, alla luce dei princìpi della tassatività delle cause di esclusione e del favor partecipationis.

A mente di tale clausola, “Il concorrente dovrà produrre il Computo metrico NON estimativo delle migliorie, corredato di una relazione di asseverazione delle proposte tecniche migliorative, il quale – a pena di esclusione – non dovrà contenere alcun riferimento di tipo economico”.

Il tenore della cennata previsione è chiaro: i) nel non contemplare alcuna sanzione per il mancato inserimento nel computo metrico non estimativo delle migliorie indicate nell’offerta tecnica; ii) nel contemplare espressamente, al contrario, la sanzione espulsiva soltanto per la diversa ipotesi dell’apposizione dei riferimenti economici in relazione alle migliorie indicate nel ridetto computo (ubi lex specialis voluit dixit, ubi noluit tacuit).

15.4.2 - In questa prospettiva, posto che, come già anticipato, tutte le migliorie sono comunque state inserite all’interno dell’offerta tecnica, nella fattispecie all’esame non poteva che trovare applicazione il principio sancito dall’art. 32, comma 4 del d.lgs n. 50/2016, volto a sancire la vincolatività dell’offerta nel suo complesso “per il periodo indicato nel bando o nell’invito e, in caso di mancata indicazione, per centottanta giorni dalla scadenza del termine per la sua presentazione…”. Conseguentemente, l’offerta tecnica del RTI aggiudicatario, comprensiva delle migliorie in essa indicate, era per quest’ultimo immediatamente vincolante, a prescindere dalle modalità di compilazione del computo metrico non estimativo.

L’inserimento delle cennate migliorie in tale computo, poi, non era neppure suscettibile di influire sulla loro esigibilità.

Una previsione di tal fatta non è rinvenibile nella legge di gara e non si vede, dunque, perché le migliorie non avrebbero dovuto essere valutate dalla stazione appaltante, visto che sono state inserite tutte nell’offerta tecnica, che è documento la cui vincolatività per l’offerente è incontestabile a termini dell’art. 32, comma 4 citato.

In definitiva, la loro riproposizione nel computo metrico non estimativo ha assunto una valenza puramente formale, tenuto conto che detto documento non ha aggiunto alcuna valenza vincolante all’offerta tecnica né tanto meno ha assolto alcuna specifica funzione in termini economici.

15.4.3 - Oltre tutto, la ragione della mancata indicazione nel computo metrico non estimativo di tutte le migliorie proposte dal RTI aggiudicatario si coglie, ove si consideri che esse: i) o hanno impattato su sottoelementi delle voci, che non sarebbe stato possibile, per esigenze di chiarezza espositiva, inserire nel computo metrico (cfr. ad es. proposte in tema di apparati di manutenzione preventiva); ii) o hanno riguardato elementi non monetizzabili ma impattanti sulla qualità del processi (cfr. ad es. proposte afferenti al criterio B2.b)).

Ciò peraltro in coerenza con la natura della procedura di gara all’esame, avente ad oggetto un appalto integrato, in cui è stato chiesto agli operatori economici di sviluppare la progettazione esecutiva, con la conseguenza che le soluzioni proposte in sede di offerta tecnica non potevano che essere valutate dalla stazione appaltante in relazione alla loro idoneità a implementare e ottimizzare le caratteristiche richieste nella documentazione di gara.

Per tali ragioni, risulta privo di pregio il rilievo delle ricorrenti volto a dedurre, quale profilo di contraddittorietà in sede valutativa, il presunto maggior valore economico delle migliorie proposte dal RTI ricorrente rispetto a quelle proposte dal RTI aggiudicatario (elemento questo persuasivamente smentito dalla stazione appaltante a pag. 22 e 23 della memoria depositata in giudizio il 19 maggio 2024).

Sul punto, è dirimente osservare che non necessariamente le migliorie di valore economico (peraltro solo in tesi) superiore hanno per ciò stesso una componente qualitativa più elevata rispetto ad altre aventi un costo inferiore, ma più aderenti alle caratteristiche richieste dalla stazione appaltante.

Infatti, le proposte implementative, per quanto costose, potrebbero non essere comunque idonee a portare sensibili miglioramenti rispetto a quanto richiesto nella documentazione di gara.

In definitiva, il costo delle migliorie proposte non è parametro univoco indicativo della loro qualità e della loro idoneità a soddisfare in modo ottimale gli obiettivi individuati dalla legge di gara.

15.4.4 - In definitiva, le migliorie proposte dal RTI aggiudicatario risultavano, contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, rilevanti, valutabili dalla stazione appaltante e pienamente vincolanti per l’offerente.

A tale stregua, proprio nella misura in cui le migliorie proposte sono state tutte puntualmente indicate nell’offerta tecnica, la loro mancata riproduzione nel computo metrico avrebbe potuto, al massimo, essere considerata una mera incompletezza della documentazione, sanabile attraverso il soccorso istruttorio, come previsto dall’art. 83, comma 9, del d.lgs n. 50/2016, richiamato anche all’art. 12 del disciplinare.

Ciò, peraltro, in accordo con il costante insegnamento giurisprudenziale che, anche con specifico riferimento all’offerta tecnica, consente di acquisire chiarimenti dal concorrente sia nel caso in cui la sua effettiva volontà sia desumibile da altri elementi della medesima offerta sia nel caso in cui detta volontà debba comunque essere aliunde ricercata (cfr. ex multis, Cons. St., V, n. 1307/2024; id., n. n. 324/2023).

15.4.5 – Neppure potrebbe ritenersi, poi, che le migliorie non trasfuse nel computo metrico non estimativo siano per ciò stesso da ritenersi generiche, posto che l’esame della documentazione di offerta in cui esse sono state descritte non mette in luce – a differenza di quanto asserito dalle ricorrenti – alcuna palese lacuna o macroscopica incongruità nelle valutazioni compiute dalla stazione appaltante in ordine alla completezza delle soluzioni prefigurate dal RTI aggiudicatario.

E si soggiunge che, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la censura di genericità andava suffragata da adeguati elementi oggettivi e non già – come hanno fatto le ricorrenti - da mere asserzioni apodittiche ed opinabili giudizi di valore (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, V, n. 5772/2024).

Sul punto, il Collegio non può che riportarsi all’orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato nel ritenere che la valutazione delle offerte tecniche, così come, più in particolare, quella delle eventuali soluzioni migliorative proposte, quanto alla loro efficienza e rispondenza alle esigenze della stazione appaltante, costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità.

Conseguentemente, le valutazioni e i punteggi attribuiti dalla Commissione sono da ritenersi insindacabili nel merito, ove – come nella fattispecie all’esame – non siano inficiati da macroscopici errori di fatto o da manifeste illogicità e irragionevolezza (cfr. ex plurimis Cons. St., V, n. 2719/2015; id., III, n. 5306/2015; id., IV, n. 4212/2012; id., IV, n. 4293/2012; T.A.R. Lazio, I, n. 7865/2020).

15.4.6 – Altrettanto infondate risultano le censure appuntatesi sul difetto di motivazione delle valutazioni compiute dalla stazione appaltante, censure basate sul presupposto secondo cui la Commissione avrebbe dovuto corredare il giudizio numerico con quello in forma discorsiva.

15.4.6a - In primo luogo, la norma regolamentare invocata (idest, il Regolamento del 25 febbraio 2021) a supporto della pretesa necessità di una valutazione discorsiva non è un Regolamento della stazione appaltante, bensì di una diversa Autorità di Sistema Portuale (Mar Tirreno Centrale, porti di Livorno, Piombino, Porto Ferraio, Rio Marina, Cavo e Capraia Isola) e non è stato dalla prima richiamato.

15.4.6b - Né detta necessità può giustificarsi in ragione della procedura valutativa prevista al par. 5 del disciplinare di gara che – lungi dal peccare di genericità – risulta, ad avviso del Collegio, nel suo complesso idonea ad esplicitare e giustificare congruamente l’iter logico seguito dalla Commissione.

La lex specialis ha preso le mosse dalla suddivisione del punteggio complessivo relativo all’offerta tecnica in quattro criteri valutativi, per ciascuno dei quali è stato previsto un apposito punteggio.

Per ogni criterio sono stati indi esplicitati in maniera chiara gli elementi che la Commissione doveva prendere in considerazione, ferma restante l’oggettività insita nel riferimento al progetto di fattibilità tecnica ed economica posto a base della gara.

E’ stata inoltre introdotta, per accrescere l’oggettività e la comprensibilità dei giudizi formulati dai singoli Commissari, un’articolata serie di coefficienti per l’attribuzione dei punteggi, con la specificazione del giudizio in lettere corrispondente a ciascuno di essi, e con la precisazione del criterio motivazionale della relativa attribuzione.

Da ultimo, la lex specialis ha anche oggettivizzato il metodo di attribuzione del punteggio finale richiamando il metodo compensativo aggregatore, usualmente utilizzato per la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Su tali basi, non sono quindi condivisibili: i) da un lato l’assunto ricorsuale, secondo cui il par. 5 del disciplinare sarebbe in contrasto con l’art. 95 del d.lgs n. 50/2016; ii) dall’altro, l’affermazione relativa alla non perspicuità del solo voto numerico attribuito alle offerte, in quanto i fatti smentiscono che nel concreto la Commissione abbia utilizzato soltanto tale modalità di espressione del giudizio.

In realtà, attraverso la verbalizzazione dei voti attribuiti dalla Commissione, sono stati implicitamente richiamati, con ciò stesso, anche i corrispondenti giudizi in lettere, nonché la motivazione del maggiore o minore apprezzamento di ciascuna offerta, secondo i puntuali richiami contenuti nella lex specialis.

E poiché quest’ultima ha previsto una articolata griglia di valutazione dei coefficienti, allora sono gli stessi punteggi numerici ad esplicitare sia il ben preciso giudizio espresso dalla Commissione, sia la motivazione per cui lo stesso è stato attribuito.

In definitiva, allora, nell’ipotesi in discorso i punteggi non sono meri voti numerici, ma sono anche e soprattutto espressione di un giudizio in lettere e di una motivazione, atteso che è “stato predeterminato un valore esplicito del voto numerico (come, ad esempio, “x” sufficiente, “y” buono e così via)” (cfr. ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sent. n. 4599/2021).

Sul punto, può, quindi, trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui in un contesto – come quello all’esame – di criteri e sub-criteri sufficientemente specifico e adeguato alla peculiarità dell’affidamento, il punteggio numerico assegnato agli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa integra di per sé una sufficiente motivazione, sussistendo pertanto la possibilità di ripercorrere il momento valutativo e quindi di controllare la logicità e la congruità del giudizio tecnico (cfr. ex multis, Cons. St., V, n. 4440/2024; T.A.R. Lazio, Roma, n. 5772/2024; id. III, n. 5679/2024).

In particolare, è stato condivisibilmente affermato che “La giurisprudenza amministrativa, con riguardo alla intellegibilità e trasparenza dei criteri e delle valutazioni, è costante nel ritenere che in linea con ‘l’ineludibile principio di trasparenza, le commissioni esaminatrici debbano rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio, non necessariamente mediante diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, essendo sufficiente l’indicazione del punteggio numerico, che sintetizza le ragioni dell’apprezzamento purché a monte siano stati predeterminati criteri idonei alla ricostruzione dell’iter logico seguito dalla commissione nella valutazione delle prove d’esame.

Infatti, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove o ai titoli nell’ambito di un concorso pubblico o di un esame – in mancanza di una contraria disposizione – esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, quale principio di economicità amministrativa di valutazione, ma la sufficienza motivazionale è correlata alla prefissazione, da parte della stessa commissione esaminatrice, di criteri di massima di valutazione, che soprassiedono all’attribuzione del voto, da cui desumere con evidenza la graduazione e l’omogeneità delle valutazioni effettuate mediante l’espressione della cifra del voto’ …. (Consiglio di Stato sez. V, 23/04/2019, n. 2573 e sez. III, 29/04/2019, n. 2775)” (cfr. Cons. Stato, sez. II, sent. n. 4247 del 27 aprile 2023; Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 7 del 20 settembre 2017).

In seno alla giurisprudenza amministrativa è stato, inoltre, affermato che ‘con riferimento ai criteri di valutazione prefissati dalla Commissione, che essi fungono da adeguato parametro di riscontro, tale da consentire al candidato di comprendere, in modo esaustivo, le valutazioni riferite alla propria prova: detti criteri, assolvendo ad una precisa funzione di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa, rappresentano un indubbio canone di esplicazione e di verifica della coerenza della scelte operate dalla commissione, tradottesi nell’assegnazione del voto numerico o nella mera valutazione di inidoneità, che consente al candidato di comprenderne appieno i motivi e al giudice di ricostruire l’iter logico che ha condotto la Commissione ad attribuire quel voto’ (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 5743 del 30 settembre 2020)” (cfr. T.A.R. Lazio, III, n. 5679/2024).

Lo schema valutativo adottato nella lex specialis risulta, oltre tutto, anche coerente con le previsioni delle Linee Guida ANAC n. 2/2016.

15.4.6c – Del pari inconferente, al fine di fondare l’obbligo per la stazione appaltante di corredare il giudizio numerico con una valutazione discorsiva, risulta la circostanza per cui i singoli criteri e sub-criteri di valutazione dell’offerta tecnica sono stati resi noti dopo la fase di prequalifica.

Al proposito - nel rinviare, per esigenze di sintesi e di chiarezza, a quanto si illustrerà in appresso sull’infondatezza della nona censura (cfr. par. 15.9) – è il caso di osservare che: i) non è dato comprendere il motivo per cui la stazione appaltante dovesse specificare tutti gli aspetti di dettaglio della procedura valutativa in una fase in una fase cronologicamente e logicamente ad essa anteriore, in cui i concorrenti erano solo chiamati a decidere se partecipare o meno all’affidamento; ii) già in fase di prequalifica la stazione appaltante ha comunque fornito a tutti i concorrenti, nel rispetto della trasparenza e della par condicio, un quadro conoscitivo in merito alle caratteristiche e ai criteri di aggiudicazione, comunque sufficiente a valutare l’an e il quomodo della partecipazione.

15.5 – Ugualmente infondato risulta il quarto motivo di ricorso, volto a lamentare che la mancata indicazione di tutte le migliorie proposte nel computo metrico non estimativo e la loro mancata valorizzazione economica nel computo metrico estimativo avrebbero consentito al RTI aggiudicatario di offrire “un enorme ribasso” da cui sarebbe derivato il punteggio massimo per l’offerta economica (15 punti).

Al riguardo, assume rilievo il chiaro tenore del par. 13.2 del disciplinare, lì dove prevede che:

- nel computo metrico estimativo a corredo dell’offerta economica devono essere valorizzate, non tutte le migliorie, ma le sole “migliorie (monetizzabili) proposte…”: il disciplinare ha quindi individuato con nettezza le ipotesi in cui il concorrente avrebbe dovuto inserire le migliorie offerte, riferendosi solo a quelle concretizzanti attività e lavorazioni suscettibili di comportare in capo ai concorrenti un esborso economico ulteriore rispetto a quanto previsto dalla legge di gara, e quindi un aumento rispetto ai prezzi già valorizzati dalla stazione appaltante;

- l’attribuzione di un punteggio nullo dell’offerta è stata circoscritta alla sola ipotesi del mancato inserimento nella busta dell’offerta economica del computo metrico estimativo (“il suo mancato inserimento comporterà l’attribuzione di un punteggio nullo per l’offerta economica…”) e non è stata prevista anche per l’ipotesi del mancato inserimento di “tutte” le migliorie, come pretenderebbero le ricorrenti: ogni diversa interpretazione colliderebbe con la lettera della legge di gara e con i princìpi del favor partecipationis e della tassatività delle cause di esclusione; ma soprattutto, ove mai tale interpretazione dovesse essere corretta, anche il RTI Soigea avrebbe dovuto ottenere, per l’offerta economica, un punteggio pari a 0, in quanto, delle migliorie tecniche dallo stesso offerte per i criteri B2.a) e B2.b), solo alcune sono riportate nel computo metrico.

E ciò dimostra, oltre tutto, la mancanza di interesse, da parte delle ricorrenti, alla censura, a prescindere dalla sua infondatezza.

A tale stregua, va rimarcato che alcune migliorie non sono state riportate dal RTI aggiudicatario nel computo metrico estimativo in quanto esse non implicavano un costo superiore a quello individuato dalla stazione appaltante per le soluzioni poste a base di gara, come risultanti dalla lex specialis e dai suoi allegati (computo metrico estimativo, analisi prezzi ed elenco prezzi).

Più specificamente, le proposte migliorative non inserite nel computo metrico: i) hanno implicato esclusivamente delle puntualizzazioni sulle caratteristiche di alcuni elementi costruttivi (trasformatori, UPS, convertitori) dotati delle medesime caratteristiche tecniche degli elementi costruttivi già previsti dalla legge di gara; ii) sono consistite nell’offerta di caratteristiche tecniche migliorative. In entrambi i casi dette proposte non hanno implicato costi maggiori per il RTI aggiudicatario rispetto ai corrispondenti costi previsti dalla stazione appaltante per le soluzioni base.

Né può essere condivisa l’argomentazione delle ricorrenti, secondo cui il riferimento alle modifiche non monetizzabili sarebbe contraddittorio, in quanto o si tratta di proposte migliorative e allora esse avrebbero dovuto essere inserite nel computo metrico estimativo, o non lo sono e allora non avrebbero dovuto essere oggetto di punteggio.

Infatti, ben potevano essere presentate – come nella fattispecie all’esame è stato - proposte migliorative dal punto di vista tecnico, suscettibili di accrescere la qualità delle soluzioni implementative, senza tuttavia comportare maggiori esborsi economici in capo al concorrente.

E ciò è tanto vero che il disciplinare al par. 13.2, evocando espressamente le sole migliorie monetizzabili, evoca implicitamente ma comunque in modo evidente quelle non monetizzabili.

Sulla base delle superiori considerazioni, risulta sfornita di pregio anche l’asserzione delle ricorrenti, secondo cui il mancato inserimento nel computo metrico estimativo allegato all’offerta economica di tutte le migliorie avrebbe inciso sulla sua intellegibilità, essendo semmai vero il contrario.

Infatti, la trasposizione in sede di offerta economica di elementi insuscettibili di dar luogo ad ulteriori esborsi rispetto a quelli previsti dalla documentazione di gara avrebbe certamente pregiudicato, questa volta sì, la chiarezza dell’offerta stessa, concretizzandosi nella valorizzazione di elementi ultronei e inidonei ad incidere sul prezzo proposto e per questa via suscettibili di indurre confusione nell’organo valutatore.

Alla luce di ciò, le risultanze agli atti mettono in luce che lo sconto offerto dal RTI aggiudicatario ha tenuto in considerazione tutte migliorie proposte, ivi comprese quelle non inserite nel computo metrico allegato all’offerta economica, posto che queste ultime non erano suscettibili di determinare un aumento dei prezzi già valorizzati dalla stazione appaltante, non comportando a carico del RTI aggiudicatario esborsi economici ulteriori rispetto a quanto già previsto nel progetto a base della gara.

Pertanto, il rilievo ricorsuale, secondo cui il mancato inserimento nel computo metrico estimativo di tutte le migliorie offerte avrebbe consentito al RTI aggiudicatario di aumentare lo sconto percentuale offerto, risulta infondata.

E del resto l’entità dello sconto proposto, di poco superiore all’8%: i) risulta tutt’altro che esorbitante ed eccessiva, atteso che esso è di appena qualche punto percentuale superiore a quello praticato dal RTI ricorrente; ii) contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, dipende non già dalle predette componenti bensì unicamente da fattori organizzativi interni all’impresa e dalle sue capacità; iii) non può di per sé solo essere considerato come un elemento di anomalia dell’offerta.

15.6 – Quanto in precedenza illustrato rende infondata la censura articolata al quinto motivo di ricorso, in quanto dimostra che non è dato rivenire nella fattispecie all’esame alcun indice rivelatore della presunta anomalia dell’offerta, tale da indurre la stazione appaltante ad attivare la verifica facoltativa della sua congruità, ai sensi dell’art. 97, comma 6 del d.lgs n. 50/2016.

Secondo tale norma, infatti, “La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

Sul punto il Collegio non può che applicare il costante insegnamento giurisprudenziale, secondo cui: i) l’esperimento del procedimento di verifica facoltativa dell’anomalia dell’offerta costituisce espressione di un potere discrezionale della stazione appaltante, che la dispone soltanto laddove, in base ad elementi specifici emersi in sede di gara, l’offerta possa apparire anormalmente bassa (cfr. in tal senso ex multis Cons. St., V, n. 9280/2022; id., n. 4365/2022; id., V, n. 1818/2020); ii) affinché si possa censurare la scelta dell’Amministrazione è necessario che emergano agli atti chiari elementi sintomatici della possibile incongruità dell’offerta (cfr. ex multis CGA n. 586/2021; Cons. St., V, n. 5782/2020); iii) la decisione della stazione appaltante non è soggetta alla sindacabilità del Giudice, se non per le ipotesi di manifesta erroneità e di evidente illogicità (cfr. ex multis Cons. St.; III, n. 1698/2022; id., V, n. 6297/2021; id., III, n. 5967/2021).

Sennonché, come già anticipato, nella fattispecie all’esame: i) da un lato, non è emerso alcun “elemento specifico” nell’offerta del RTI aggiudicatario, idoneo ad attualizzare i presupposti per il controllo facoltativo di anomalia (né detto elemento poteva essere rappresentato dalla mancata trasposizione nel computo metrico estimativo di alcune proposte migliorative); ii) dall’altro, le ricorrenti non sono state in grado di addurre alcun profilo di manifesta erroneità o incongruità della decisione della stazione appaltante di non ricorrervi.

15.7 – Neppure coglie nel segno il sesto mezzo, con cui le ricorrenti hanno lamentato che la stazione appaltante, pur avendo dato atto di aver verificato i costi per la manodopera del RTI aggiudicatario, ai sensi dell’art. 95, comma 10, del d.lgs n. 50/2016, non avrebbe in realtà compiuto i relativi controlli in conformità a quanto previsto dalla legge. E tale infondatezza esime il Collegio dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità della censura sollevata dall’impresa controinteressata.

Al proposito, va evidenziato che il RUP, nella proposta di aggiudicazione del 28 marzo 2024, ha dato atto di aver proceduto al controllo in discorso dando atto che “….l’offerta non presenta anomalie relative al costo della manodopera, il quale risulta superiore a quello desumibile dai prezzi del prezziario regionale costituenti il computo a base gara, pari ad € 4.153.350,50”.

Per verificare la congruità dei costi di manodopera è stato sufficiente al RUP accertare l’enorme differenza in eccesso fra i costi per la manodopera indicati dal RTI aggiudicatario nella propria offerta economica (euro 12 milioni) e quello desunto dal piano di fattibilità tecnica e finanziaria posto a base della gara (circa euro 4,1 milioni), risultando i primi circa il triplo dei secondi.

E si consideri anche che – come puntualmente osservato dall’impresa controinteressata e non efficacemente contestato dalle ricorrenti - i costi della manodopera indicati in sede di offerta economica (euro 12 milioni) hanno una incidenza sul costo della commessa del 18%, percentuale questa di gran lunga superiore a quella che è prevista nei bandi di gare ad oggetto analogo (c. d. cold ironing), per importo e per natura delle prestazioni, a quella in oggetto, in cui l’incidenza della manodopera si attesta in media tra il 3% e il 15%.

In presenza di un quadro istruttorio così univoco e concludente, il RUP ha legittimamente soprasseduto dal compimento di ulteriori controlli che, tenuto conto della stima in eccesso formulata dal RTI aggiudicatario, avrebbero finito per risultare superflui, ad esito scontato e per questa via contrastanti con i princìpi di efficacia, efficienza, non aggravamento del procedimento; si soggiunge che la valenza di detti princìpi era vieppiù stringente nella fattispecie all’esame, avendo l’affidamento ad oggetto un’opera strategica per l’AdSP, finanziata con le risorse del PNRR, con un iter approvativo scandito da tempistiche ristrette.

Nella specie, dunque, non è mancato il controllo sui costi di manodopera ma esso è stato compiuto dal RUP con una diversa modalità, desumendo da un fatto noto e pacifico (la manifesta sovrabbondanza dei costi di manodopera offerti dal RTI aggiudicatario rispetto a quelli indicati nella legge di gara) il rispetto della normativa sui minimi retributivi.

Né a tale modus procedendi osta il dettato dell’art. 95, comma 10, del d.lgs n. 50/2016, che si limita a prevedere l’obbligo per le stazioni appaltanti di verificare “relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione…il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d)”, senza tuttavia imporre una specifica modalità di svolgimento di tale verifica e anzi lasciando alle stazioni appaltanti stesse la possibilità di individuare le modalità (dirette o indirette) per provvedervi.

Detto modus procedendi risulta, poi, coerente anche con la ratio del par. 13.3 del disciplinare, nella misura in cui il rispetto, da parte del RTI aggiudicatario, dei minimi retributivi è stato accertato sulla base di un dato emergente dall’offerta economica, così univoco e concludente da rendere superflui ulteriori riscontri.

Sul punto, è significativo osservare che la cennata previsione, subito dopo aver richiamato l’obbligo per la stazione appaltante di compiere i controlli sui costi di manodopera, puntualizza che “…La stessa [la documentazione di dettaglio sui costi di manodopera ndr] potrà essere prodotta dal concorrente anche in successiva fase (efficacia dell’aggiudicazione) su richiesta della stazione appaltante e prodotta entro i termini previsti dall’art. 97 comma 5 del D.L.gs 50/2016 e s.m.i.”.

Con ciò il disciplinare mette in luce che le richieste documentali all’aggiudicataria costituiscono un passaggio non indefettibile nell’ambito del controllo sui costi della manodopera, passaggio che può ben essere evitato laddove superfluo, cioè laddove – come nel caso di specie - la stazione appaltante abbia già tutti gli elementi per concludere nel senso della congruità dei costi di manodopera.

E si badi che le ricorrenti non hanno contestato l’attendibilità delle conclusioni raggiunte dal RUP né l’evidenza dei dati su cui si sono basate ma si sono limitate a censurare l’omissione dei controlli, basandosi su un’interpretazione strettamente letterale e formalistica dell’art. 95, comma 10 del d. lgs n. 50/2016 e della legge di gara; e ciò senza considerare che l’obiettivo di tali previsioni è quello di assicurare che i controlli sui costi di manodopera vengano compiuti in modo effettivo ed efficace a prescindere dalle modalità di verifica di volta in volta individuate.

E del resto la miglior riprova (seppur a posteriori) dell’attendibilità delle conclusioni della stazione appaltante è costituita dalle risultanze della documentazione di dettaglio depositata in atti dal RTI aggiudicatario, che non è stata oggetto di alcun rilievo di parte ricorrente: da tale documentazione è emerso che l’incidenza della manodopera è in linea con le relative percentuali indicate nei prezziari regionali.

15.7 – Neppure persuasivo risulta il settimo mezzo, proposto in via subordinata, con cui le ricorrenti hanno dedotto una serie di vizi di costituzione della Commissione di gara con riferimento alla sua composizione e all’asserita incompatibilità del componente interno. E tale infondatezza esime il Collegio dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità della censura sollevata dall’impresa controinteressata.

Sul punto, come già argomentato al par. 13, il parametro di legittimità per valutare le censure dedotte è rappresentato dall’art. 77 del d.lgs n. 50/2016.

15.7.1 - Secondo le ricorrenti, da tale norma si desumerebbe che solo eccezionalmente possono essere nominati membri della commissione tra il personale interno all’Amministrazione.

A tale stregua, la composizione della Commissione di gara sarebbe illegittima in quanto composta da due componenti esterni e uno interno.

Inoltre, l’AdSP avrebbe agito in violazione del Regolamento dell’Autorità sulla nomina delle Commissioni di gara, atteso che la scelta del membro interno non risulterebbe essere stata preceduta né da una procedura di scelta tra una rosa di idonei né dalla verifica adeguata del curriculum vitae, il quale, ancora a dispetto del citato Regolamento, non risulterebbe pubblicato.

Va innanzitutto rilevato che l’art. 77, per la parte vigente e applicabile al momento dei fatti, (così come del resto poi anche l’art. 93 del d.lgs n. 34/2023) non prevede che la commissione debba essere nominata, rispettivamente, con soli membri interni o con soli membri esterni, limitandosi a prescrivere che: i) i componenti siano in numero dispari; ii) siano competenti in relazione all’oggetto del contratto; iii) non versino in situazioni di incompatibilità. La norma, quindi, ammette la possibilità di commissione “ibride”.

Pertanto, la presenza all’interno di una commissione di membri interni o esterni alla stazione appaltante non può costituire di per sé sola ragione per la nomina di una nuova commissione e per la riedizione dell’attività valutativa.

Altrettanto priva di pregio risulta l’invocata violazione del Regolamento interno sulla nomina delle commissioni, trattandosi di atto normativo adottato da altra Autorità, valevole solo per quest’ultima e qui non richiamato neppure indirettamente.

Quanto alla mancata pubblicazione del curriculum vitae dei componenti, il Collegio non può che riportarsi al consolidato e condivisibile orientamento giurisprudenziale, secondo cui “la mancata pubblicità dei curricula dei commissari non incide in alcun modo sulla legittimità degli atti di gara, non costituendo siffatto adempimento in materia di trasparenza elemento essenziale del relativo atto di nomina» (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, n. 834/2023 e in senso analogo Cons. St., V, n. 283/2019 e parere di precontenzioso ANAC n. 448 del 3 ottobre 2023).

Pertanto, l’eventuale carenza nella pubblicazione dei curricula dei commissari non assume effetti caducanti dell’intera procedura.

15.7.2 – Altrettanto non condivisibili risultano gli ulteriori profili di censura, con cui le ricorrenti hanno lamentato che il componente interno: i) non possiederebbe la competenza necessaria a svolgere l’incarico, in quanto sarebbe inquadrato al III livello; ii) sarebbe inquadrato in una struttura dell’AdSP: 1) che potrebbe aver prestato supporto e svolto funzioni in relazione alla procedura in esame; 2) in cui risulta essere impiegata anche un’altra risorsa in rapporto di familiarità con il d.g. della Port Utilities s.p.a., mandante del RTI aggiudicatario.

15.7.2a – Quanto al punto i), il Collegio osserva che parametro di legittimità per valutare il profilo dedotto non risieda già nelle previsioni del paragrafo 2.5 delle Linee Guida ANAC n. 5, atteso che esse hanno disciplinato i requisiti per l’iscrizione dei commissari all’Albo ANAC, oggi definitivamente superato e non più previsto, bensì nell’ultimo inciso dell’art. 77, comma 1 del d.lgs n. 50/2016. Tale norma si limita a prevedere un concetto elastico, e cioè che la commissione giudicatrice sia “composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l'oggetto del contratto”.

A tale stregua, come puntualmente allegato e comprovato dall’AdSP, il componente interno della commissione possiede un profilo tecnico-professionale (laurea in ingegneria, iscrizione all’albo, master di II livello afferente anche al project management, corso presso lo SNA per la redazione dei documenti di gara), una collocazione nell’AdSP (applicazione presso la struttura interna di supporto giuridico e amministrativo per la realizzazione delle opere previste dal PNRR) ed esperienze pregresse (commissario di gara per interventi analoghi di altre Autorità), tali da farlo ritenere idoneo, ai sensi della norma succitata, ad assumere la qualifica di commissario nella procedura in discorso; e ciò a prescindere dal suo inquadramento (elemento quest’ultimo meramente formale).

Né del resto le ricorrenti, al di là del richiamo nominalistico al livello di inquadramento rivestito, hanno addotto alcun elemento adeguato a dimostrare l’inadeguatezza professionale del commissario, elemento quest’ultimo smentito dall’esame di quanto puntualmente comprovato da parte resistente sul profilo del Commissario e non efficacemente contestato dalle ricorrenti.

15.7.2b – Quanto al punto ii), il Collegio osserva che i presunti aspetti di incompatibilità sono stati sono stati dedotti in via meramente ipotetica, allusiva e congetturale, senza il conforto di alcun riscontro obiettivo sulla loro effettività.

Ciò vale innanzitutto per il possibile svolgimento, da parte del commissario interno, di funzioni di supporto in relazione alla procedura, elemento questo desunto sulla base del dato, di per sé neutro e non indicativo, del suo incardinamento all’interno della struttura interna di supporto giuridico e amministrativo per la realizzazione delle opere previste dal PNRR.

Ora – come puntualmente dedotto dall’AdSP e non efficacemente smentito dalle ricorrenti – detta struttura è stata istituita al solo fine di supportare normativamente gli altri uffici dell’Ente e non ha mai svolto, nell’ambito delle funzioni per le quali è stata costituita, attività di supporto tecnico alle attività di attuazione del PNRR.

Sul punto, il Collegio non può che riportarsi al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui “è onere della parte che prospetta la sussistenza di una condizione di incompatibilità dei commissari dimostrare che vi sia stata concretamente l’assunzione di un ruolo nella predisposizione degli atti di gara, non essendo in alcun modo sufficiente un mero sospetto.” (cfr. ex multis, T.A.R Lazio, Roma, n. 12688/2023).

Le stesse conclusioni di infondatezza valgono per il rilievo, secondo cui nella medesima struttura di appartenenza del commissario avrebbe prestato servizio anche un’altra risorsa in rapporto di familiarità con un esponente della mandante del RTI aggiudicatario.

Al proposito, come puntualmente osservato dall’AdSP - in disparte il fatto che detta risorsa è cessata dal servizio qualche mese dopo l’indizione della gara e che la stessa non ha seguito il relativo procedimento con alcun ruolo di responsabilità - la situazione rappresentata non è idonea ad integrare alcuna fattispecie di incompatibilità per il commissario. Quest’ultimo, infatti, non è legato, a sua volta, alla ridetta risorsa da alcun rapporto di parentela o di affinità ma da un rapporto di mera colleganza, peraltro durato solo fino al mese di novembre 2023 (prima dello svolgimento della gara e delle attività valutative della Commissione).

15.8 – Con l’ottavo motivo, sempre proposto in via subordinata, le ricorrenti hanno impugnato la lex specialis in quanto avrebbe previsto criteri di valutazione dell’offerta tecnica che fanno riferimento a caratteristiche soggettive non correlate “a una specifica caratteristica dell'oggetto del contratto da aggiudicare” e tali da non consentire di “apprezzare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o di valorizzare caratteristiche dell’offerta ritenute particolarmente meritevoli”.

Si tratterebbe dei criteri A2), B1), B5), B6) e B8) del par. 5 del disciplinare.

Detti criteri, che avrebbero un peso determinante, violerebbero il divieto di commistione tra elementi soggettivi e oggettivi in fase di valutazione delle offerte tecniche.

Neppure tale censura coglie nel segno. E la sua infondatezza esime il Collegio dallo scrutinio dell’eccezione di inammissibilità della censura sollevata dall’impresa controinteressata.

15.8.1 - Al proposito, il Collegio deve riportarsi al condivisibile orientamento giurisprudenziale, secondo cui l’introduzione, fra i criteri di valutazione tecnica, di quelli di natura soggettiva è da ritenersi ammissibile nella misura in cui: i) non favoriscano alcuni operatori economici a discapito di altri; ii) siano, anche indirettamente, funzionali a lumeggiare la miglior qualità tecnica dell’offerta (cfr. ex multis, Cons. St., V, n. 1916/2020; id., III, n. 4283/2018; id., V, n. 6062/2018; T.A.R. Sicilia, Palermo, I, n. 467/2022).

A tale stregua, nella fattispecie all’esame, appare immediatamente rilevante osservare che:

- con riguardo all’aspetto sub i), sui criteri B5), B6) e B8) del par. 5 del disciplinare - contemplanti l’attribuzione del relativo punteggio solo in caso di possesso di specifiche certificazioni (8 punti su 80) e aventi, quindi, una connotazione soggettiva più marcata - in due casi il RTI ricorrente e quello aggiudicatario hanno conseguito lo stesso punteggio e in un caso (criterio B6) il primo ha addirittura conseguito un punteggio maggiore: appare, allora, evidente che l’introduzione dei summenzionati criteri non ha in alcun modo favorito il RTI aggiudicatario né ha influito sugli esiti della gara; si consideri nello stesso senso che, pur volendo prendere a riferimento tutti gli altri criteri oggetto di contestazione da parte delle ricorrenti, il distacco tra i due partecipanti è di soli 2,2 punti dopo la riparametrazione ed è quindi in linea con la valutazione complessiva delle offerte;

- con riferimento all’aspetto sub ii), i criteri A2) e B1), che in tesi avrebbero un peso preponderante, hanno in realtà ad oggetto la valutazione delle attività e dei lavori pregressi attinenti all’appalto in esame; essi, quindi, valorizzano gli aspetti organizzativi ed esperienziali, che inducono a ritenere il singolo concorrente più qualificato all’esecuzione dell’appalto con lo standard qualitativo prospettato in sede di offerta; per questa via, detti criteri concorrono, seppur in via indiretta, a connotare la obiettiva qualità dell’offerta, valutata in relazione all’operato dell’operatore economico in analoghe esperienze pregresse; e tale valenza obiettiva non è nemmeno estranea ai criteri B5), B6) e B8), ove si consideri che il possesso della tipologia delle certificazioni richieste è valutato anche per la sua valenza di indice rivelatore dell’idoneità dei processi produttivi del concorrente a garantire la perfetta e tempestiva esecuzione dell’appalto.

15.8.2 - Del pari privo di pregio risulta l’assunto ricorsuale relativo al peso preponderante che assumerebbero i criteri di valutazione soggettiva nella fattispecie all’esame.

Ciò risulta evidente, ove si consideri che percentualmente il peso di tutti i criteri contestati (pur volendoli considerare tutti soggettivi, cosa che non è per quanto già anticipato) non solo non risulta preponderante in relazione al complesso dell’offerta, anche se raffrontata al solo elemento qualitativo (28 punti su 80 circa), ma addirittura incide ancor meno, se rapportato al totale del punteggio conseguibile dal concorrente (28 punti sui 100 disponibili, ossia il 28% e solo 8 punti su 100, ossia l’8%, se si assumono a riferimento i soli punteggi relativi ai criteri B5), B6) e B8) di tipo più marcatamente soggettivo).

Né vale richiamare, come hanno fatto le ricorrenti, il passo delle Linee Guida n. 2 ANAC, lì dove si prevede che il peso attribuito ai criteri di natura soggettiva o agli elementi premianti non debba essere maggiore del 10% sul totale.

Difatti, l’attenta lettura delle Linee Guida citate mette in luce che tale previsione vale “di regola” e che la percentuale del 10% (comunque nella specie non sforata, ove si consideri il peso dei soli criteri aventi matrice più squisitamente soggettiva, cioè i criteri B5), B6) e B8)) vale “ad esempio”. Ciò significa che non esiste un parametro assoluto ed oggettivo ma che va condotta una valutazione specifica caso per caso.

15.9 – Con il nono mezzo, proposto in via ulteriormente gradata, le ricorrenti hanno impugnato la legge di gara per violazione delle norme che disciplinano la procedura ristretta, in quanto già nella fase di prequalifica non sarebbero stati resi noti tutti i singoli criteri di valutazione dell’offerta tecnica e i relativi pesi.

15.9.1 - Sul punto, in accoglimento della puntuale eccezione in rito, dedotta dall’impresa controinteressata e non efficacemente confutata dalle ricorrenti, la censura va ritenuta irricevibile siccome tardiva, poiché diretta, in definitiva, a censurare le presunte carenze informative di un documento (l’avviso di indizione della gara) adottato e pubblicato ben circa 7 mesi prima della notifica del ricorso (a fine settembre 2023), carenze che, in tesi, avrebbero impedito ai concorrenti, già in fase di prequalifica di strutturarsi in modo ottimale per la successiva fase di gara.

A tale stregua, le ricorrenti avrebbero dovuto far valere tale doglianza nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione del ridetto documento, come previsto dall’art. 120, comma 2 del cod.proc.amm., ma non vi hanno proceduto.

15.9.2 - In ogni caso, per mera completezza, si soggiunge che la censura, ove mai fosse stata tempestivamente proposta, sarebbe comunque stata da ritenersi priva di pregio.

Al riguardo, il Collegio, esaminata la documentazione di gara, è dell’avviso che la stazione appaltante abbia dosato il set informativo concernente i criteri di aggiudicazione in maniera coerente con le caratteristiche della natura bifasica della procedura ristretta, caratterizzata da: i) una prima fase di prequalifica, in cui i potenziali concorrenti sono stati chiamati non già a presentare offerta ma a valutare se partecipare o meno alla procedura, avendone i requisiti; ii) una seconda fase, quella della gara vera e propria, dedicata alla presentazione delle offerte e alla loro valutazione.

A tale stregua, la stazione appaltante, già con l’avviso di indizione della gara, ha palesato ai potenziali partecipanti la declinazione fondamentale dei parametri di valutazione dell’offerta e la loro proporzione, prevedendo che le offerte da presentare nella seconda fase sarebbero state valutate con l’attribuzione di un punteggio massimo di 80 punti per la parte tecnica (qualitativa) e di un punteggio massimo di 20 punti per la parte quantitativa, di cui 15 per la componente economica e 5 per la riduzione dei tempi di esecuzione (cfr. par. 5 rubricato “Criterio di aggiudicazione e valutazione dell’offerta”).

Ora, essendo agevolmente intuibile, già in tale fase, che i criteri qualitativi di valutazione dell’offerta sarebbero stati verosimilmente funzionalizzati a mettere in luce gli aspetti di pregio delle soluzioni proposte rispetto al piano di fattibilità tecnico-economica posto a base della gara, il predetto bagaglio informativo risultava già sufficiente a mettere tutti i potenziali partecipanti in grado di adottare in modo avveduto le decisioni su come strutturarsi per prendere parte alla seconda fase; e si consideri, oltre tutto, che tali decisioni potevano essere, seppur nel perimetro delle previsioni della legge di gara, oggetto di successiva (e seppur limitata) modifica (cfr. risposta della stazione appaltante al quesito n. 22).

Tutto ciò in sostanziale coerenza con i considerando n. 90 e 140 della direttiva 2014/24/UE e con la giurisprudenza comunitaria richiamati dalle ricorrenti, avendo la stazione appaltante declinato sia le varie componenti (qualitative ed economico-temporali) del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sia la loro ponderazione, cioè il loro peso percentuale.

In questa prima fase, la propalazione anche del dettaglio dei criteri di valutazione qualitativa delle singole offerte sarebbe risultato elemento superfluo, proprio perché i potenziali concorrenti non erano chiamati a formularle.

Tali informazioni, coerentemente sono state riportate dai documenti di gara relativi alla seconda fase, proprio perché soltanto in tale fase e non nella precedente ha avuto luogo la vera e propria procedura comparativa fra gli operatori che, dopo aver manifestato interesse alla partecipazione alla gara, hanno superato la fase di prequalifica e hanno formulato le offerte.

Ma soprattutto, è rilevante evidenziare che il surrichiamato modus procedendi non ha violato i princìpi di trasparenza e par condicio, pubblicità e imparzialità nella misura in cui: i) tale set informativo è stato reso noto, con le medesime modalità e nello stesso momento, a tutti gli operatori che hanno superato la fase di prequalifica; ii) i criteri successivamente resi noti, come già in precedenza evidenziato, risultano tutti coerenti con l’oggetto dell’appalto e sono tutti volti a lumeggiare, direttamente o indirettamente, elementi di pregio dell’offerta; iii) le ricorrenti non hanno addotto né elementi obiettivi da cui desumere che detti criteri hanno procurato un indebito vantaggio al RTI aggiudicatario né tanto meno riscontri idonei a spiegare in modo persuasivo il modo in cui ciò sarebbe avvenuto.

Per tali ragioni, la giurisprudenza comunitaria citata nel ricorso non risulta utilmente invocabile nella fattispecie all’esame, tenuto conto che: i) in quest’ultima non si è consumata alcuna violazione della par condicio e della trasparenza in fase valutativa; ii) la stazione appaltante non ha in alcun modo modificato o alterato i criteri di aggiudicazione già stabiliti in fase di prequalifica, ma in coerenza con questi ultimi e nel rispetto delle relative proporzioni, si è autovincolata con lo scopo di rendere più analitica, obiettiva e controllabile la fase valutativa della qualità delle offerte, cioè la fase più caratterizzata da opinabilità e discrezionalità.

La censura proposta è quindi irricevibile e comunque infondata.

16 – In definitiva, il ricorso va respinto, in quanto è infondato per i profili in precedenza illustrati. E l’infondatezza della presente impugnativa comporta la conseguente reiezione anche della richiesta risarcitoria, in forma specifica e per equivalente, introdotta dalla parte ricorrente, non sussistendone i presupposti.

Il Collegio, poi, non ravvisa i presupposti per il promovimento della questione legittimità costituzionale in via incidentale dell’art. 48, comma 4, del d. l. n. 77/2021, in combinato disposto con l’art. 125, comma 3, del cod.proc.amm., per evidente difetto di rilevanza della questione stessa alla luce del tenore della presente sentenza.

Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 del cod.proc.civ.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati infatti dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione, e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna in solido le ricorrenti al pagamento delle spese legali, che si liquidano: i) in favore dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro-Settentrionale, in euro 7.500 (settemilacinquecento/00), oltre ad oneri come per legge; ii) in favore della Installazioni Impianti s.p.a., in euro 7.500 (settemilacinquecento/00), oltre ad oneri come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Sapone, Presidente

Chiara Cavallari, Primo Referendario

Massimiliano Scalise, Referendario, Estensore

 

Guida alla lettura

Con la sentenza n. 14366 del 15 luglio 2024, il TAR Lazio, sede di Roma, ha affermato che le gare indette dopo il 1° luglio 2023 inerenti ad opere finanziate con fondi PNRR e PNC nonché con fondi strutturali dell’Unione europea continuano ad essere soggette all’applicazione del d.lgs. n. 77/2021 oltre che ai richiami e ai rinvii che quest’ultimo compie al d.lgs. n. 50/2016, risultando completamente impermeabili all’applicazione delle disposizioni del nuovo codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 36/2023.

Secondo i Giudici capitolini, il regime giuridico applicabile a detti affidamenti è individuabile sulla base della lettura congiunta degli artt. 225, comma 8 e 226, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36/2023.

In particolare, l’art. 225, comma 8, dispone che: “In relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018”.

La seconda norma, poi, stabilisce l’abrogazione del d.lgs. n. 50/2016 a far tempo dal 1° luglio 2023 e l’applicazione di tale decreto ai procedimenti in corso, cioè a quelli in cui i bandi o avvisi con cui è indetta la procedura di scelta del contraente sono stati pubblicati prima del 1° luglio 2023.

Orbene, la lettura sistematica delle cennate disposizioni, sempre secondo il TAR, induce a ritenere che:

  • la sottrazione della disciplina delle procedure di affidamento finanziate con le suddette risorse al generale spartiacque temporale stabilito per l’entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2023 si spiega in ragione della sua specialità e della sua funzionalizzazione alla loro celere e fruttuosa conclusione in vista della realizzazione delle relative opere;
  • a tale stregua, la specialità della disciplina recata dal d.l. n. 77/2021 va intesa in senso ampio e omnicomprensivo, in modo da preservarne l’applicazione integrale e piena, anche per le procedure indette – come quella all’esame – dopo il 1° luglio 2023;
  • in questa prospettiva, la summenzionata ultrattività deve necessariamente ricomprendere, oltre alle disposizioni del d.l. n. 77/2021, che derogano al d.lgs. n. 50/2016, anche i rinvii e i richiami (anche impliciti) a quest’ultimo decreto legislativo e ai relativi strumenti attuativi.

Ne consegue che lo speciale corpus normativo previsto per le opere PNRR e assimilate continua a trovare applicazione, pur dopo il 1° luglio 2023, in modo completo e integrale.

Le conclusioni del TAR, invero, non appaiono pienamente convincenti.

Difatti, non sembra tenuta affatto in considerazione la previsione di cui all’art. 226, comma 5, del d.lgs. n. 36/2023, secondo cui: “Ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza ai principi desumibili dal codice stesso”.

Alla luce di quest’ultima previsione, si ritiene che le procedure di gara debbano essere svolte sulla base delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 36/2023, che automaticamente vanno a sostituire le disposizioni del precedente codice dei contratti richiamate dal d.l. n. 77/2021 e sono comunque derogate dalle specifiche disposizioni, contenute in quest’ultimo decreto, volte a semplificare e agevolare la procedura di gara.

In altri termini, si ritiene che non si possa ritenere che le procedure PNRR siano totalmente impermeabili alla disciplina del nuovo codice degli appalti.

Ad esempio, l’art. 48, comma 3, del d.l. n. 77/2021 stabilisce le fattispecie aggiuntive in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere alle procedure senza previa pubblicazione di bando di gara di cui all’art. 63 del d.lgs. n. 50/2016, per i settori ordinari, e di cui al successivo art. 125, per i settori speciali.

È evidente, proprio in forza della specialità della disciplina del d.l. n. 77/2021, che dette fattispecie aggiuntive rimangono applicabili anche con il nuovo codice degli appalti, ma occorrerà far riferimento rispettivamente ai relativi artt. 76 e 158, in forza proprio del disposto dell’art. 226, comma 5 del d.lgs. n. 36/2023.

Con la conseguenza che, sempre a titolo esemplificativo, la disciplina sul possesso dei requisiti di carattere morale sarà quella contenuta integralmente nel nuovo codice e non già quella contenuta nel d.lgs. n. 50/2016, posto che nel d.l. n. 77/2021 non v’è, al riguardo, alcuna norma derogatoria e semplificativa.

In conclusione, si ritiene che, per le opere finanziate in tutto o in parte con i fondi di cui al d.l. n. 77/2021, la disciplina di gara debba essere predisposta facendo riferimento al d.lgs. n. 36/2023, tranne nelle parti in cui il citato d.l. n. 77/2021 deroga espressamente al d.lgs. n. 50/2016, il che poi ha ripercussioni anche sulla disciplina applicabile nella fase esecutiva dei contratti.