Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 29 aprile 2024, n. 3858

Il contraddittorio procedimentale di cui all’art. 80, commi 7 ed 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016, costituisce un passaggio procedimentale indefettibile ai fini della adozione di un provvedimento di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica, stante la necessaria valutazione - in contraddittorio, appunto - della rilevanza e significatività delle misure di self cleaning. Tali misure, infatti, devono essere valutate per la potenziale capacità, in capo all’operatore economico, di evitare taluni comportamenti rilevanti non solo sul piano della affidabilità professionale ma anche su quello della leale collaborazione con gli enti istituzionali

Premesse

La quinta Sezione del Consiglio di Stato, in data 29 aprile 2024, con pronuncia n. 3858 (di seguito la “Sentenza” o “Pronuncia”) ha fornito alcune importanti delucidazioni in merito alla operatività del meccanismo di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica di operatori economici che abbiano commesso gravi illeciti professionali.

In particolare, la Sentenza prende le mosse dall’impugnazione della sentenza del T.A.R. Umbria, Sez. I, n. 621 del 13 novembre 2023 con la quale è stato accolto il ricorso promosso dalla Aurora Società Cooperativa Onlus (di seguito la “Resistente” o “Cooperativa”), per l’annullamento del provvedimento della Prefettura di Terni (di seguito la “Prefettura” o l “Appellante”), con cui il RUP escludeva la Cooperativa dalla procedura indetta per l’affidamento di servizi di accoglienza migranti nella Provincia di Terni per aver commesso “gravi illeciti professionali” (di seguito il “Provvedimento”), e la conseguente aggiudicazione ad altra concorrente con contestuale autorizzazione dell’esecuzione in via d’urgenza.

Il Provvedimento, nel dettaglio, veniva ritenuto adottato in violazione dell’art. 80, comma 7 e 8 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, (di seguito “Codice dei Contratti Pubblici”) ratione temporis applicabile, per avere, la Prefettura, omesso di consentire alla Cooperativa di dimostrare attivamente e fornire prova della propria affidabilità professionale e, quindi, non essere esclusa dalla procedura ad evidenza pubblica indetta.

L’art. 80, comma 5 lett. c) del Codice dei Contratti Pubblici, dispone che la stazione appaltante proceda all’esclusione dell’operatore che si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.

Tuttavia, la norma, al comma 7, consente all’operatore di provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti (cd. misure self cleaning). In tal caso, il comma 8 dell’art. 80, riconosce alla stazione appaltante di valutare le misure adottate e, laddove ritenute sufficienti, di non procedere all’esclusione dell’operatore economico.

La Sentenza in commento conferma le conclusioni del giudice di prime cure, sottolineando l’importanza di un adeguato contraddittorio procedimentale tra stazione appaltante e impresa, tale da consentire a questa la concreta possibilità di dimostrare l’adeguatezza delle misure di self cleaning nel frattempo adottate.

L’operatività di suddetto contraddittorio procedimentale deve essere garantita non solo in relazione alle procedure future, bensì anche con riguardo alle procedure in corso, ossia in relazione alle procedure in occasione delle quali viene, appunto, rilevata la commissione di “gravi illeciti professionali”.

Il Consiglio di Stato ad ogni modo prende le distanze da un orientamento giurisprudenziale a tenore del quale, le misure di self cleaning adottate dall’operatore economico sarebbero da ritenere irrilevanti e non sussisterebbe alcun obbligo della stazione appaltante di avviare un contraddittorio procedimentale, se questi tenga una condotta sleale e non collaborativa. Infatti, secondo i giudici di Palazzo Spada, affermare che l’avviso di partecipazione e contraddittorio procedimentale non debba essere dato quando la parte si sia dimostrata sleale, significherebbe introdurre una eccezione all’applicazione degli artt. 80, comma 7 del Codice dei Contratti Pubblici e 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Anche la slealtà, pertanto, andrebbe dimostrata in contraddittorio.

  1. Le cause di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica: il grave illecito professionale.

Preliminarmente, risulta necessario illustrare brevemente la disciplina delle cause di esclusione da una procedura ad evidenza pubblica, disciplinate dal Codice dei Contratti Pubblici, con particolare riguardo al grave illecito professionale e, successivamente, inquadrare la disciplina come di recente modificata ad opera del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (di seguito il “Nuovo Codice dei Contratti Pubblici”).

L’art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici prevedeva, in ossequio al principio di tassatività delle cause di esclusione, le specifiche ipotesi a ricorrere delle quali era possibile escludere un candidato[1].

Infatti, l’art. 83, comma 3 del Codice dei Contratti Pubblici disponeva espressamente che “i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle.”[2]

L’operatore era escluso, in particolare, nei seguenti casi:

  1. quando si fosse reso colpevole della commissione di alcune tipologie di reati, accertati con una condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti;[3]
  2. quando sussistevano in relazione a taluni soggetti che esercitino funzioni di direzione e di controllo dell’attività[4], cause di decadenza, di sospensione o di divieto di esercizio delle rispettive cariche[5];
  3. se l’operatore aveva commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;
  4. al ricorrere di condotte, puntualmente descritte, tutte accomunate dalla idoneità a far dubitare della sua affidabilità e della sua professionalità.

Nel dettaglio, rientrava nella categoria di ipotesi sub d), l’esclusione dell’operatore economico per aver commesso un “grave illecito professionale”, ovvero, a tenore dell’art. 80, comma 5, lett. c), per essersi reso colpevole di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, purché, precisa il Legislatore, debitamente dimostrati con adeguati mezzi dalla stazione appaltante.

Sul punto, di palmare evidenza risultava la discontinuità tra la formulazione letterale della norma, e l’analoga previsione contenuta nell’art. 38, lett. f) del decreto legislativo 12 aprile 2006 (di seguito “Codice De Lise”), che si limitava a fare riferimento ai “gravi errori professionali”. Tale formulazione dava così rilievo, secondo la prevalente opinione giurisprudenziale emersa a riguardo, ai soli inadempimenti e condotte negligenti commessi nell’esecuzione di un contratto pubblico, escludendo i fatti, anche illeciti, occorsi nella prodromica procedura di affidamento[6].

Il tenore letterale della previsione, contrariamente a quanto prevedeva il Codice De Lise, quindi, conferiva alla disposizione portata molto più ampia, non operando alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante, né facendo più alcun riferimento solo alla negligenza o errore professionale, né alla fase di esecuzione contrattuale, ma anche in fase di gara.[7]

L’art. 80, comma 5 lett. c) si presentava, dunque, come ampiamente illustrato in giurisprudenza, una fattispecie dotata di una struttura particolarmente ampia, ben potendo ricomprendersi all’interno delle condotte idonee ad escludere l’operatore economico, qualsiasi comportamento scorretto in grado di incidere sulla affidabilità e integrità professionale dell’operatore economico[8].

L’amministrazione godeva, pertanto, di un notevole margine di discrezionalità nel valutare i presupposti di fatto e le conseguenze in termini di affidabilità dell’operatore, ben potendo (rectius dovendo) valutare, esercitando la propria discrezionalità tecnica, la ricorrenza del fatto passibile di integrare il grave illecito professionale e, una volta accertato, verificare se questo incida o meno sull'affidabilità del concorrente nel caso concreto[9].

Non operava, dunque, alcun “automatismo espulsivo” dovendosi svolgere uno scrutinio di “doppio livello”, avente ad oggetto la verifica, da un lato, della gravità dei fatti occorsi e, dall’altro, della loro incidenza in concreto sull’affidabilità ed integrità dell’operatore economico, in relazione al particolare contratto per il quale è indetta la procedura[10].

La necessità di una adeguata valutazione da parte della stazione appaltante e la tutela dell’operatore economico nei confronti di scelte potenzialmente irragionevoli ed arbitrarie, trovavano puntuale conferma nella previsione dell’art. 80, comma 7 del Codice dei Contratti Pubblici che riconosceva, infatti, a favore dell’operatore, la facoltà di dimostrare precipuamente di “aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.

La norma rimarcava l’inoperatività di qualsivoglia automatismo espulsivo nel caso in esame, dovendo l’amministrazione procedente non solo accertare in concreto e puntualmente la posizione dell’operatore ritenuto inaffidabile ma altresì consentendo a quest’ultimo di tutelare la propria posizione, partecipando attivamente alla formazione della volontà della stazione appaltante.

Si prevedeva, quindi, un incidente procedimentale in contradditorio con l’operatore economico, da un lato con evidente finalità conservativa, dall’altro preordinato a garantire il committente pubblico rispetto all’affidabilità professionale del contraente privato[11].

Al riguardo, inoltre, la giurisprudenza nazionale, sulla scorta dei principi ermeneutici fissati dalla Corte di Giustizia, nella causa C-387/19, ha limpidamente affermato che le misure di ravvedimento operoso cd. self cleaning, possono essere attuate in qualunque fase della procedura che preceda l’adozione della decisione di aggiudicazione[12]. Tuttavia, nel confermare la sussistenza dell’obbligo di attivare il contraddittorio procedimentale nella fase di adozione del provvedimento di esclusione e di valutazione delle misure di self cleaning, si è ad ogni modo precisato che esso presuppone “il rispetto del principio di lealtà nei confronti della stazione appaltante, e quindi in caso di dichiarazioni mendaci o reticenti, l’amministrazione aggiudicatrice può prescindervi, disponendo l’immediata esclusione della concorrente”.[13]

  1. La posizione dell’Autorità nazionale anticorruzione sul grave illecito professionale.

Al fine di offrire maggiori indicazioni alle stazioni appaltanti e agli operatori di settore, nonché nell’intento di definire un quadro di maggiore omogeneità nelle prassi adottate da parte delle stazioni appaltanti, in attuazione dell’art. 80 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici, l’Autorità nazionale anticorruzione (di seguito “ANAC” o l’ “Autorità”) era intervenuta, precisando quali mezzi di prova potessero considerarsi adeguati per la dimostrazione del grave illecito professionale.

Nel dettaglio, l’ANAC, con Linee Guida n. 6 recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lettere c), c-bis), c-ter) e c-quater) del Codice dei Contratti Pubblici”, approvate dal Consiglio dell’ANAC con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, aggiornate con Delibera n. 1008 del 11 ottobre 2017 (di seguito “Linee Guida”), aveva puntualizzato talune fattispecie idonee e tali da rendere dubbia l’integrità del concorrente, intesa come “moralità professionale, o la sua affidabilità” ossia, “reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell’attività oggetto di affidamento.[14].

L’ANAC individuava una serie di circostanze idonee ad escludere un operatore economico, chiarendo, tuttavia, sempre che si trattava di ipotesi descritte ed elencate esclusivamente a titolo esemplificativo, costituendo, pertanto un elenco “aperto”.

In ogni caso, precisava l’Autorità, è comunque compito della stazione appaltante procedere alla verifica in ordine alla rilevanza ostativa degli specifici comportamenti, da effettuarsi nell’esercizio del potere discrezionale alla stessa riconosciuto.

In proposito, infatti, veniva espressamente garantita la possibilità all’operatore di a provare di aver adottato misure sufficienti a dimostrare la sua integrità e affidabilità nell’esecuzione del contratto oggetto di affidamento nonostante l’esistenza di un pertinente motivo di esclusione.

La necessità di un contraddittorio procedimentale era dunque confermata e ribadita dall’Autorità, la quale disponeva che le valutazioni in merito alle misure di self cleaning adottate, in ossequio all’art. 80, comma 7, del Codice dei Contratti Pubblici, avrebbero dovuto essere effettuate in contraddittorio con l’operatore economico, attraverso un confronto che fosse pienamente effettivo e coerente con il principio di proporzionalità e con i canoni generali della buona fede oggettiva.

Sul punto, erano considerate idonee ad evitare l’esclusione e, quindi, a dimostrare l’affidabilità dell’operatore economico:

  • l’adozione di provvedimenti volti a garantire adeguata capacità professionale dei dipendenti, anche attraverso la previsione di specifiche attività formative;
  • l’adozione di misure finalizzate a migliorare la qualità delle prestazioni attraverso interventi di carattere organizzativo, strutturale e/o strumentale;
  • la promozione di azioni di responsabilità nei confronti dei soggetti responsabili dei gravi illeciti professionali;
  • la rinnovazione degli organi societari;
  • l’adozione e l’efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi e l’affidamento a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, del compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento;
  • la dimostrazione che il fatto è stato commesso eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione o che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo.

Nondimeno, l’ANAC ha avuto modo di sottolineare criticamente che l’attuale quadro normativo ha generato un notevole contenzioso proprio in virtù della indeterminatezza dei casi che portano all’esclusione e dell’elevata discrezionalità attribuita alle stazioni appaltanti nelle valutazioni di rispettiva competenza. Indeterminatezza, difficilmente superabile attraverso le Linee Guida, in grado di fornire indicazioni solo a titolo esemplificativo e, comunque, limitate.

È stato, pertanto, fortemente auspicato un intervento del Legislatore in materia, affinché possa individuarsi un’elencazione maggiormente dettagliata in grado di circoscrivere l’applicazione dell’esclusione a carenze significative e chiarisca che non sono rilevanti le penali riferite ad episodi isolati e di modesta rilevanza che hanno natura fisiologica nell’esecuzione dell’appalto[15].

Il Legislatore è intervenuto con una modifica sistemica e globale della disciplina contenuta nel Codice dei Contratti Pubblici, incidendo fortemente anche sulla materia delle cause di esclusione per grave illecito professionale, attraverso l’adozione del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

  1. Il grave illecito professionale nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, in attuazione dei criteri di delega contenuti nella legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, ha ridefinito la disciplina delle cause di esclusione dalle procedure di gara, mediante le previsioni degli artt. 94-98.

Come si legge nella relazione illustrativa del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, la formulazione di cinque articoli, in luogo del previgente unico art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici, “si è resa opportuna a fini di semplificazione e chiarificazione, per consentire agli operatori economici ed alle stazioni appaltanti ed enti concedenti di meglio orientarsi”.

Pertanto, oggi, il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici distingue tra cause di esclusione automatica e cause di esclusione non automatica[16].

Più in dettaglio, l’articolo 94 disciplina le “cause di esclusione automatica”, dunque operanti senza alcun margine di apprezzamento valutativo da parte della stazione appaltante, individuando nel contempo le figure soggettive cui riferire la causa di esclusione.

L’articolo 95 disciplina invece le “cause di esclusione non automatica”, in relazione alle quali è rimesso alla stazione appaltante il potere decisorio di esclusione dell’operatore economico. Tra queste, il comma 1, lett. e), include la fattispecie del grave illecito professionale, prevista dall’articolo 80, comma 5, lettera c) del Codice dei Contratti Pubblici, che viene ora disciplinata nella specifica disposizione dell’articolo 98.

L’articolo 96 contiene la disciplina procedimentale comune agli “eventi” che conducono alla esclusione dell’operatore economico; la disposizione indica gli oneri di comunicazione dei predetti eventi da parte dell’operatore economico e disciplina il c.d. self cleaning.

L’art. 97 è dedicato alle cause di esclusione dei partecipanti ai raggruppamenti, con previsioni specifiche in ordine alle fattispecie della “sostituzione” o della “estromissione” del partecipante al raggruppamento che si trovi in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 o privo dei requisiti di cui all’articolo 100. Infine, l’articolo 98, a cui rinvia l’art. 95, comma 1, lett. e), disciplina in dettaglio la fattispecie dell’illecito professionale grave.

Innovando, pertanto, rispetto al previgente Codice dei Contratti Pubblici, l’attuale quadro normativo, individua tassativamente i gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia l’integrità di un operatore economico, fornendo in modo, altrettanto preciso, indicazioni in merito ai mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.

Il Legislatore ha dunque recepito così le istanze mosse dagli operatori del mercato e dall’ANAC, eliminando in tal modo gli elementi di incertezza in materia che hanno caratterizzato la previgente disciplina dettata dal Codice dei Contratti Pubblici.

L’art. 98 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, quindi, si occupa del grave illecito professionale, elencando le fattispecie che possono condurre alla adozione di una deliberazione motivata di esclusione, non automatica, dell’operatore.

Il comma 1 dell’art. 98 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici stabilisce che “l’illecito professionale grave rileva solo se compiuto dall’operatore economico offerente, salvo quanto previsto dal comma 3, lettere g) ed h)”.

Si definisce così il perimetro applicativo della fattispecie escludente in esame, stabilendo che il grave illecito professionale rileva quale causa di esclusione (non automatica) solo se riferibile all’operatore economico, fatta eccezione per i casi contemplati nel comma 3, lett. g) e h) della norma (riferiti alla contestata o accertata commissione dei reati ivi indicati) per i quali possono rilevare, ai fini escludenti, non solo i reati riferibili all’operatore economico ma anche quelli riferibili alle figure soggettive contemplate dall’art. 94, comma 3 (come si desume dalle previsioni dell’art. 98, comma 3, lett. g) e h).

Perché l’illecito professionale assuma rilevanza a questi fini occorre che ricorrano contestualmente i seguenti requisiti:

  • elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale, elencati al comma 3 dell’art. 98 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici;
  • idoneità del grave illecito professionale ad incidere sulla affidabilità e integrità dell’operatore;
  • adeguati mezzi di prova, elencati al comma 6 dell’art. 98 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici.

Come confermato dall’ANAC, quindi, l’elencazione contenuta all’interno del comma terzo dell’art. 98 del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici deve ritenersi tassativa[17].

Tra le fattispecie rilevanti per la sussistenza del grave illecito professionale, rientrano:

  1. l’aver riportato una sanzione esecutiva irrogata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore, rilevante in relazione all’oggetto specifico dell’appalto;
  2. l’aver tenuto una condotta dell’operatore economico che abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a proprio vantaggio oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l’aggiudicazione;
  3. aver tenuto una condotta che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili, derivanti da inadempienze particolarmente gravi o la cui ripetizione sia indice di una persistente carenza professionale;
  4. l’aver commesso un grave inadempimento nei confronti di uno o più subappaltatori;
  5. l’aver tenuto una condotta che abbia violato il divieto di intestazione, laddove la violazione non sia stata rimossa;
  6. l’aver omesso una denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’operatore economico persona offesa di taluni reati;[18]
  7. contestata o accertata commissione di talune tipologie di reati.[19]

La valutazione di gravità, reca il comma 4, deve tener conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta dell’operatore economico, anche in relazione alle modifiche intercorse nell’organizzazione dell’impresa.

La norma individua altresì i mezzi di prova idonei a valutare la sussistenza del grave illecito professionale, ricomprendendovi:

  • i provvedimenti sanzionatori esecutivi resi dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato o da altra autorità di settore;
  • la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che rendano evidente il ricorrere della situazione escludente;
  • l’intervenuta risoluzione per inadempimento o la condanna al risarcimento del danno o ad altre conseguenze comparabili;
  • la emissione di provvedimenti giurisdizionali anche non definitivi;
  • l’accertamento definitivo della violazione;
  • gli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale, cioè la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’operatore economico, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 429 del codice di procedura penale, o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna, anche non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale;

Anche in base al Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, dunque, la sussistenza dei gravi illeciti professionali rilevanti ai fini dell’esclusione dalla gara è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante, chiamata ad analizzare in concreto l’incidenza dei singoli fatti indicati dall’operatore economico.

La dimostrazione del grave illecito professionale non comporta difatti la definitività del relativo accertamento, a differenza di quanto accade nelle ipotesi, tassative, di esclusione “automatica”, essendo rimesso alla stazione appaltante l’onere di puntuale ed adeguata acquisizione in sede istruttoria di adeguato apprezzamento di rilevanza, preceduta da effettivo contraddittorio endoprocedimentale con il soggetto interessato.

Giova sottolineare, tuttavia, che la giurisprudenza successiva al Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ha tentato di allargare le stringhe del rigore formale imposto dal dettato dell’art. 98, ricorrendo al principio di fiducia anch’esso positivizzato a seguito della recedente riforma normativa.[20]

In particolare, si è sostenuto che la stazione appaltante, potrebbe utilizzare ogni tipo di elemento idoneo e mezzi adeguati a desumere l’affidabilità e l’integrità del concorrente, potendo evincere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell'operatore economico di cui sia stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, seguendo, però non tanto un approccio sanzionatorio, quanto, piuttosto, di carattere fiduciario, “garantista”. Per tale ragione, potrebbe, secondo tale orientamento, accadere che in situazioni diverse, per procedure diverse, due diverse stazioni appaltanti chiamate a valutare le medesime pregresse vicende professionali diano giudizi opposti, “l’una dicendo affidabile quel che l’altra ritenga non affidabile, senza che si possa sol per questo dire l'uno o l'altro provvedimento viziato da eccesso di potere”.[21]

  1. Il caso di specie.

Il caso di specie, oggetto della presente analisi, prende origine dall’indizione di una procedura di gara da parte della Prefettura per l’affidamento biennale tramite accordo quadro, di servizi di accoglienza migranti presso singole unità abitative site nella Provincia di Terni (la “Procedura”).

All’esito della Procedura, la Cooperativa veniva esclusa per non aver prodotto, neanche a seguito del soccorso istruttorio, le dichiarazioni integrative previste dal disciplinare di gara.

La suddetta esclusione, tuttavia, veniva impugnata prontamente innanzi al T.A.R. Umbria, il quale, accoglieva il ricorso e, conseguentemente, annullava il provvedimento di esclusione.

La Prefettura, allora, ottemperando alla decisione del T.A.R., richiedeva alla Cooperativa di integrare le dichiarazioni mancanti e, successivamente, ne otteneva la trasmissione conformemente a quanto previsto dal disciplinare di gara. La Cooperativa, così, sanava le carenze documentali e veniva riammessa alla Procedura.

Tuttavia, la Prefettura, si determinava, comunque, nell’escludere la Cooperativa ritenendo che, dalla documentazione resa, sarebbero emerse informazioni concernenti inadempimenti posti in essere dalla stessa, tali da configurare gravi illeciti professionali tanto da compromettere la sua integrità e affidabilità professionale. L’affidabilità, secondo la stazione appaltante, sarebbe stata pregiudicata dalla dall’esistenza di provvedimenti penali, che riguardavano amministratori e diversi dipendenti della Cooperativa nonché, infine, dalle inadempienze riscontrate nei servizi espletati.

Esclusa la Cooperativa, la Prefettura procedeva all’aggiudicazione a favore di altro operatore economico, dando altresì avvio all’esecuzione in via d’urgenza.

La Cooperativa, quindi, decideva di agire in giudizio, ricorrendo innanzi al T.A.R. Umbria, chiedendo, con unico motivo, la violazione, falsa ed erronea applicazione dell’art. 80, commi 5, lett. c) e c) ter, 7 e 8, del Codice dei Contratti Pubblici, dell’art. 57, par. 4, comma c), e 6 della dir. 2014/24/UE e delle Linee Guida, oltre che, la violazione dei principi del contraddittorio e di leale collaborazione. In particolare, veniva denunciata la violazione delle norme relative alla verifica delle misure di self cleaning e conseguente violazione dei principi di proporzionalità, di favor partecipationis e di libera concorrenza.

Il Collegio adito, con sentenza in forma semplificata, richiamando la giurisprudenza amministrativa consolidatasi sul punto, accoglieva il ricorso, conseguentemente annullando i provvedimenti gravati, obbligando la Prefettura a rinnovare gli atti del procedimento di gara a partire dall’espletamento del contraddittorio procedimentale con la Cooperativa.

Avverso tale decisione veniva proposto appello per violazione dell’art. 80 del Codice dei Contratti Pubblici, e ciò dal momento che il giudice di primo grado, secondo tesi di parte appellante, non avrebbe tenuto conto che, in assenza di qualsivoglia comunicazione da parte della Cooperativa in merito a fatti potenzialmente rilevanti ai fini della sua persistente affidabilità, alcun obbligo di contraddittorio graverebbe sulla stessa stazione appaltante proprio a cagione di tali comportamenti sleali del privato operatore economico.

Il Consiglio di Stato coglie l’occasione per pronunciarsi in merito ad un importante questione, quale la garanzia partecipativa da riconoscersi in favore dell’operatore concorrente all’interno di una procedura ad evidenza pubblica che venga escluso per essersi reso colpevole di grave illecito professionale.

La pronuncia, in particolare, confermando il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, enuncia il principio secondo cui tale esclusione deve essere necessariamente preceduta da un adeguato contraddittorio tra stazione appaltante ed operatore economico, affinchè questi possa essere messo nelle condizioni di dimostrare l’adozione di misure di self cleaning medio tempore adottate, idonee a comprovarne l’affidabilità.

Si tratta di una regola, come visto, recepita all’interno del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici che ha positivizzato l’orientamento giurisprudenziale emerso a riguardo e i chiarimenti offerti dall’ANAC attraverso le Linee Guida.

La ratio, secondo il Collegio, è quella di consentire all’operatore di porre rimedio alla propria condotta e, dunque, di partecipare ad altre procedure di gara, previa valutazione da parte della stazione appaltante.

Si deve, quindi, consentire a tutti gli operatori, chiariscono i giudici di Palazzo Spada, “di chiedere che siano esaminate tutte le misure dagli stessi adottati (quali ad es: riguardanti la rottura di tutti i rapporti con le persone o con le organizzazioni coinvolte nel comportamento scorretto, in misure adeguate per la riorganizzazione del personale, nell'attuazione di sistemi di rendicontazione e controllo, nella creazione di una struttura di audit interno per verificare la conformità e nell'adozione di norme interne di responsabilità e di risarcimento) per garantire l’osservanza degli obblighi imposti e ad impedire efficacemente che tali comportamenti scorretti si verifichino di nuovo, al fine di valutare se tali misure offrano garanzie sufficienti e, in caso positivo, la loro ammissione alla procedura d'appalto. Diversamente opinando, detti operatori economici non potrebbero mai più partecipare ad una procedura di gara, anche nel caso in cui avessero rimediato ai loro eventuali errori, con l'ovvia conseguenza che gli stessi sarebbero costretti a chiudere le rispettive attività ed avviare le procedure di liquidazione e/o fallimento”.

Ad ogni modo, la Sentenza prende atto dell’esistenza di un indirizzo secondo cui la misure di self cleaning sarebbero irrilevanti se adottate nel corso della procedura ad evidenza pubblica, in quanto le stesse sarebbero preordinate a produrre effetti esclusivamente pro futuro e non già in relazione alla specifica procedura all’interno della quale o, nel corso della quale, vengono adottate. Ciò, secondo tale orientamento, sarebbe giustificato dall’esigenza di “fornire una lettura maggiormente in linea con i principi europei per cui le predette misure vanno sempre valutate dalla stazione appaltante” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 febbraio 2023, nn. 1700 e 1719).

La Pronuncia in commento si discosta dal suddetto orientamento, concludendo per la tesi secondo cui, invero, le misure “di self cleaning possono essere dimostrate non solo de futuro ma anche per le gare in corso, facendo ricorso ai criteri già precedentemente enunciati dalla Corte di Giustizia. [22]

Il Collegio prende, inoltre, posizione in merito alla rilevanza da attribuire rispetto alla collaborazione resa da parte del concorrente escluso, al fine di esonerare la stazione appaltante dall’obbligo di attivazione del contraddittorio procedimentale.

Si deve, infatti, dare atto, a riguardo, di un contrasto giurisprudenziale tra chi ritiene che la mancata collaborazione serbata possa di per sé costituire legittimo motivo, per la stazione appaltante, di escludere l’attivazione del contraddittorio procedimentale e chi, contrariamente, ritiene che tale contraddittorio debba sempre essere attivato, indipendentemente dalla condotta serbata dall’operatore, sia essa leale o sleale.

A riguardo, il Consiglio di Stato, sebbene nel caso di specie non ricorrano le condizioni per qualificare la condotta dell’operatore come sleale o inerte, offre importanti delucidazioni.

La Sentenza in commento, chiarisce che, se si aderisse alla prima delle due tesi prospettate, si porrebbe, di fatto, nel nulla la previsione di cui all’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 che, pertanto verrebbe del tutto vanificata.

La norma, posta a piena garanzia della partecipazione all’interno del procedimento amministrativo, consente all’operatore interessato di venire direttamente in contatto con l’amministrazione procedente al fine di prendere cognizione del procedimento destinato a produrre effetti nei suoi confronti.

Quanto detto, risulta ancor più vero, argomenta il Collegio, se si considera che l’art. 80, commi 7 e 8 del Codice dei Contratti Pubblici introduce ipotesi “di partecipazione e di contraddittorio persino rafforzato rispetto all’ordinaria partecipazione di cui all’art. 7 della legge generale sul procedimento amministrativo”, in quanto, “il privato concorrente è specificamente ammesso a dimostrare di avere recuperato quel gap tecnico ed organizzativo che gli consentirebbe di non assumere ulteriormente comportamenti scorretti sul piano contrattuale e sleali sul piano procedimentale (ossia nei rapporti con la PA).”

Pertanto, anche tali previsioni sarebbero del tutto vanificate ed aggirate dalle amministrazioni procedenti che decidessero di escludere il contraddittorio procedimentale, previsto come obbligatorio, a ricorrere di condizioni che la legge non prevede, quali appunto la probità della condotta dell’operatore.

In altre parole, secondo il Consiglio di Stato, “affermare per tale via che l’avviso di partecipazione e contraddittorio procedimentale non va dato quando la parte è stata sleale significa introdurre una eccezione all’applicazione delle disposizioni sopra richiamate che non ha fondamento normativo.”

Il comportamento sleale, inoltre, conclude la Pronuncia, andrebbe considerato non tanto atomisticamente. È infatti necessario metterlo “in relazione alla fase ed ai relativi comportamenti organizzativi, caratterizzati da una certa devianza, che con il self cleaning si intende al contrario correggere: in altri termini, al pari dei gravi illeciti professionali anche tali atteggiamenti sleali potrebbero ben essere ascritti a quello stesso vertice societario dal quale, attraverso il self cleaning, si intende invece prendere le distanze. Dunque non si potrebbe escludere che la stessa slealtà, e non solo i gravi illeciti professionali, sia da ricondurre allo stesso centro decisionale poi successivamente oggetto, se del caso, di radicale cesura di tipo organizzativo. In questa direzione, slealtà e inaffidabilità si rivelano “facce della stessa medaglia”.

È, pertanto, da qui che nasce il diritto dell’operatore economico di dimostrare che, attraverso una rimodulazione del proprio assetto societario di vertice, tali comportamenti devianti non possano più essere messi in atto.

Sulla scorta di tali argomentazioni, il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello e confermato la pronuncia di primo grado.

  1. Considerazioni conclusive

La Sentenza in commento conferma l’importanza e la crucialità del contraddittorio procedimentale allorquando la stazione appaltante ritenga di procedere all’esclusione di un operatore economico ritenuto di aver commesso un grave illecito professionale.

Dunque, il grave illecito professionale non può comportare un’esclusione automatica, ma piuttosto una eventuale esclusione solamente all’esito di un’opportuna procedura contraddittoria, incidentale, in cui è consentito all’operatore concorrente di dimostrare l’adozione di efficaci misure atte a garantire la propria affidabilità e piena integrità professionale.

La Pronuncia rileva, come visto, anche per la natura e la portata chiarificatrice che fornisce nella materia di cui si tratta, oggetto di costanti e continui scontri giurisprudenziali.

In particolare, si conferma l’orientamento della prevalente e più recente giurisprudenza teso a dare rilevanza alle misure adottate non solo per le procedure future, bensì anche in relazione alle gare in corso.[23]

Inoltre, viene altrettanto superata una tesi emersa in via pretoria, orientata a escludere la necessità di qualsivoglia contraddittorio procedimentale nel caso in cui l’operatore economico tenga una condotta sleale e non collaborativa, tanto da far venire meno ogni obbligo partecipativo della stazione appaltante.[24]

Avvalorare la tesi secondo cui la stazione appaltante sarebbe esonerata dal coinvolgere l’operatore economico al fine di valutare le misure adottate per evitare l’esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica, significherebbe, di fatto, acconsentire ad una disapplicazione arbitraria e illogica, degli obblighi imposti dalla legge e, pertanto, illegittima.

Anche la slealtà, quindi, deve essere verificata in concreto e nel contraddittorio procedimentale, non potendo porsi come “petizione di principio o dimostrata ex post”. La stazione appaltante inoltre è tenuta ad analizzare la condotta dell’operatore economico non “atomisticamente” considerato, quanto nel suo complesso, mettendolo in relazione alla fase ed ai relativi comportamenti organizzativi che con le misure di self cleaning si intende correggere.

La Sentenza rappresenta un importante approdo all’interno di un quadro interpretativo molto instabile ed ondivago, teso da un lato a far prevalere il rigore dell’esclusione a fronte del grave illecito professionale dimostrato dall’operatore economico, dall’altro a dare rilevanza al principio di favor partecipationis e contraddittorio tra stazione appaltante e concorrente.

Si propone una lettura che, conforme al tenore letterale della norma, opta per una visione garantista, ispirata al principio di fiducia che deve necessariamente sussistere, aprendo al dialogo le due parti, stazione appaltante da un lato e operatore economico dall’altro, teso a consentire una piena ed adeguata dimostrazione delle misure adottate e volte ad impedire l’esclusione, comprovando l’affidabilità professionale del concorrente.


[1] La tipicità delle clausole di esclusione ha voluto porre un freno alla proliferazione di casi di esclusione che la prassi aveva creato, rendendo la partecipazione alla gara un “vero e proprio esercizio di caccia all’errore più che uno strumento di selezione dell’offerta più conveniente per la stazione appaltante”. In tali termini v. Diritto e regolazione dei contratti pubblici, A. Botto e S. Castrovinci Zenna, Giappichelli Editore, pg. 131.

[2] Il rispetto del principio di tassatività codificato nell’art. 83 del Codice dei Contratti Pubblici impone, secondo la giurisprudenza che “le norme di legge e di bando che disciplinano i requisiti soggettivi di partecipazione alle gare pubbliche devono essere interpretate nel rispetto del principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, che di per sé costituiscono fattispecie di restrizione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione, oltre che dal Trattato dell’Unione Europea” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 11 febbraio 2013, n. 768; nello stesso senso: Sez. V, 21 giugno 2016, n. 2722, Sez. V, 13 maggio 2014, n. 2448 e Sez. V, 21 febbraio 2013, n. 1061)..” (sent. Consiglio di Stato, Sez. V, 4 aprile 2024, n. 3007).

[3] In particolare, l’esclusione è disposta al ricorrere di condanna per i seguenti reati:

a) delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, 416-bis del codice penale ovvero delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, dall’articolo 291-quater del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 e dall’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in quanto riconducibili alla partecipazione a un’organizzazione criminale, quale definita all’articolo 2 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio;

b) delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355 e 356 del codice penale nonché all’articolo 2635 del codice civile;

b-bis) false comunicazioni sociali di cui agli articoli 2621 e 2622 del codice civile;

c) frode ai sensi dell’articolo 1 della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;

d) delitti, consumati o tentati, commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, e di eversione dell’ordine costituzionale reati terroristici o reati connessi alle attività terroristiche;

e) delitti di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 del codice penale, riciclaggio di proventi di attività criminose o finanziamento del terrorismo, quali definiti all’articolo 1 del decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109 e successive modificazioni;

f) sfruttamento del lavoro minorile e altre forme di tratta di esseri umani definite con il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24;

g) ogni altro delitto da cui derivi, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

[4] In particolare, l’art. 80, 3 del Codice dei Contratti Pubblici individua i seguenti soggetti: il titolare o del direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; un socio o il direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo; i soci accomandatari o il direttore tecnico, se si tratta di società in accomandita semplice; i membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, i membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o i soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, il direttore tecnico o il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, se si tratta di altro tipo di società o consorzio.

[5] Il rinvio è alle incisive misure adottabili ai sensi dell’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 o al ricorrere un tentativo di infiltrazione mafiosa.

[6] ex multis, sent. Consiglio di Stato, Sez. V, 15 giugno 2017, n. 2934; sent. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 7 dicembre 2022, n. 16343; si veda inoltre, sent. Consiglio di Stato, Sez. V, 18 gennaio 2024, n. 602, secondo cui “non è revocabile in dubbio l’assunto secondo cui, “in linea di principio, rientra nell’ambito dei gravi illeciti professionali valutabili ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del D.Lgs. n. 50 del 2016, anche la condotta costituente illecito anticoncorrenziale, accertata e sanzionata mediante il provvedimento dell’AGCM (in termini cfr. Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6635 e da ultimo Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 845; va rammentato, peraltro, che in precedenza la giurisprudenza aveva escluso la rilevanza del provvedimento sanzionatorio antitrust quale grave errore professionale non perché ritenesse necessario il previo accertamento dell’illecito da parte dell’Autorità o il previo vaglio giurisdizionale ma perché - interpretando l’allora vigente art. 38, comma 1, lettera f), del D.Lgs. n. 163 del 2006 - i fatti rilevanti erano esclusivamente quelli relativi alla fase esecutiva dell’appalto, e non quei fatti commessi nel corso della procedura di affidamento del contratto: cfr. Consiglio di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704 e 5 febbraio 2018, n. 722, richiamate anche nell’ordinanza del T.a.r. per il Piemonte che ha disposto il rinvio pregiudiziale deciso con l’ordinanza della Corte di giustizia U.E., XI Sez., 4 giugno 2019, nella causa C-425/18).”

[7] Sul punto, si veda Manuale di diritto amministrativo, G. Chieppa R. Giovagnoli, Giuffrè VII edizione, pg. 882.

[8] ex multis, sent. Consiglio di Stato, Sez. V, 18 gennaio 2024, n. 602.

[9] sent. Consiglio di Stato, Sez. V, 25 gennaio 2024, n. 804.

[10]sent. Consiglio di Stato, Sez. III, 7 maggio 2024, n. 4109; delibera ANAC, fascicolo UVLA 1324/2024, del 16 aprile 2024.

[11] In questi termini, sent. Consiglio di Stato, Sez. III, 15 giugno 2023, n. 5897.

[12] ex multis sent. CGA, 13 luglio 2022, n. 829.

[13] sent. Consiglio di Stato, Sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192; sent. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 4 marzo 2019, n. 2771.

[14] Linee Guida, pg. 4.

[15] Atto di segnalazione n. 3 del 27 luglio 2022, n. 370.

[16] Per un’approfondita disamina, si veda Delibera ANAC n. 397 del 6 settembre 2023.

[17] Ibidem.

[18] Reati di cui agli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell’articolo 416-bis.1 del medesimo codice. dagli  salvo che ricorrano i casi previsti dall’articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

[19] In particolare,

“1) abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell’articolo 348 del codice penale;

2) bancarotta semplice, bancarotta fraudolenta, omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario fallimentare o ricorso abusivo al credito, di cui agli articoli 216, 217, 218 e 220 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

3) i reati tributari ai sensi del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, i delitti societari di cui agli articoli 2621 e seguenti del codice civile o i delitti contro l’industria e il commercio di cui agli articoli da 513 a 517 del codice penale;

4) i reati urbanistici di cui all’articolo 44, comma 1, lettere b) e c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con riferimento agli affidamenti aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria;

5) i reati previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.”

[20] In particolare, ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, “L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato.”

[21] ex multis, sent. T.A.R. Sardegna, Cagliari, Sez. I, 11 marzo 2024, n. 204.

[22] Sent.14 gennaio 2021 (causa C-387/19).

[23] cfr. sent. Consiglio di Stato 20 febbraio 2023, n. 1700.

[24] In questo senso, si veda sent. Consiglio di Stato, Sez. V, 12 novembre 2019, n. 7749.