Cons. Stato, Sez. VI, 22 aprile 2024, n. 3641

(…)Simile tesi non tiene conto della specifica scelta legislativa racchiusa all’interno dell’art. 21-bis della L. n. 287/1990, che ha conferito, al comma 1, una peculiare legitimatio ad causam all'Autorità nei confronti degli atti amministrativi generali, dei regolamenti e dei provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato, “in tal modo evidenziando la natura di speciale interesse pubblico generale della tutela della concorrenza e del mercato, quale condizione essenziale per l'ordinato sviluppo economico e sociale e per il progresso della collettività, in armonia del resto con i principi comunitari” (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2014, n. 2246). Lo stesso legislatore ha, quindi, conferito tale potere non, certamente, al fine di affermare una primazia dell’Autorità sulle altre Amministrazioni ma, al contrario, al fine di assicurare al soggetto istituzionalmente investito della tutela della concorrenza uno strumento di tutela di tale valore anche nell’ambito delle azioni delle Pubbliche Amministrazioni.

16.6. Del resto, la Corte Costituzionale - nel dichiarare inammissibili le questioni di illegittimità costituzionale dell'art. 21-bis della legge n. 287 del 1990 promosse in via principale dalla Regione Veneto (in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 113, primo comma, 117, sesto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, alla legge costituzionale n. 3 del 2001 ed al principio di leale collaborazione) - ha osservato che tale norma, piuttosto che introdurre un “nuovo e generalizzato controllo di legittimità” in capo all'Autorità nei confronti degli atti delle pubbliche amministrazioni, ha soltanto integrato “i poteri conoscitivi e consultivi già attribuiti all'Autorità garante dagli artt. 21 e seguenti della legge n. 287 del 1990”, prevedendo “un potere di iniziativa finalizzato a contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato […] e, comunque, certamente non generalizzato, perché operante soltanto in ordine agli atti amministrativi che violino le norme a tutela della concorrenza”;(…)

La fase procedimentale è, quindi, funzionale al confronto tra il soggetto istituzionalmente deputato alla tutela della concorrenza e la Pubblica Amministrazione, affinché quest’ultima possa essere resa edotta delle possibili violazione della normativa di riferimento segnalate dall’Autorità istituzionalmente competente in materia, e possa rimediare alle stesse, esercitando i poteri di propria competenza.

 

Pubblicato il 22/04/2024

N. 03641/2024REG.PROV.COLL.

N. 03397/2023 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3397 del 2023, proposto da: 
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Poste Italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Cintioli, Dario Ruggiero e Flavia Speranza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Daniela Anziano, con domicilio digitale come da PEC; 

nei confronti

Fulmine Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Consorzio di Tutela A.RE.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Silvia Lanzaro e Alessandro Bonanni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

per la riforma:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sede di Roma (Sezione Quinta) n. 01012/2023, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Poste Italiane s.p.a. e dell’I.N.P.S.;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum del Consorzio di tutela A.RE.L.;

Vista l’ordinanza collegiale n. 8164/2023 con la quale la Sezione ha disposto il deferimento all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del quesito ivi indicato;

Vista l’ordinanza collegiale n. 18/2023 con la quale l’Adunanza plenaria ha restituito gli atti alla Sezione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il Consigliere Lorenzo Cordì e uditi, per le parti, l'avvocato dello Stato Davide Di Giorgio e gli avvocati Fabio Cintioli, Dario Ruggiero, Flavia Speranza, Daniela Anziano e Silvia Lanzaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha interposto appello avverso la sentenza n. 1012/2023 con la quale il T.A.R. per il Lazio – sede di Roma (Sezione Quinta) ha respinto il ricorso ex art. 21-bis della L. n. 287/1990 proposto dalla stessa Autorità avverso gli atti della gara di appalto n. 2931662, indetta dall’I.N.P.S. ai sensi degli artt. 54, comma 3, e 55 del D.Lgs. n. 50/2016 (CIG: 9002366B6D, 9004957598, 9004965C30, 9004976546, 9004981965, 90049911A8, 9005020994, 900503237D, 9005039942, 9005049185, 90050545A4, 9005060A96, 9005064DE2, 90051168CD, 90051282B6, 9005144FE6, 9005200E1D, 900520309B, 9005211733, 9005215A7F, 9005218CF8, 90052241EF).

2. In punto di fatto l’appellante ha esposto che, con lettera d’invito del 13.1.2022, l’I.N.P.S. aveva indetto l’appalto n. 2931662 per l’affidamento - nell’ambito del sistema dinamico di acquisizione della Pubblica Amministrazione - dei “servizi di recapito e di gestione della corrispondenza non automatizzata della Direzione Generale, delle Direzioni Regionali e di Coordinamento Metropolitano”. L’appalto era stato suddiviso in 21 lotti, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

2.1. In data 3.2.2022 la Società Fulmine Group s.r.l. aveva inviato una segnalazione all’Autorità chiedendo di valutare la sussistenza di possibili previsioni discriminatorie nei confronti di operatori postali diversi dalla concorrente nella gara Poste Italiane s.p.a. L’Autorità aveva, quindi, avviato il procedimento S4480, e, all’adunanza del 15.3.2022, aveva espresso parere motivato ex art. 21-bis della L. n. 287/1990, evidenziando alla stazione appaltante la sussistenza di profili di criticità nelle clausole contenute nell’art. 6.4.1. dell’Allegato n. 2 (recante “specifiche integrative al Capitolato Tecnico”, con riferimento al lotto n. 1), e nell’art. 6.4.2. del medesimo Allegato (con riferimento, invece, ai lotti dal n. 2 al n. 21). In particolare, in tale parere, l’Autorità aveva evidenziato come tali disposizioni - non giustificabili alla luce di ragioni tecniche o di efficienza – avrebbero potuto “pregiudicare il corretto dispiegarsi delle dinamiche competitive nell’espletamento della procedura di gara” stante le elevate soglie di copertura previste, e avrebbero, quindi, potuto “avvantaggiare i soli operatori postali [in grado di] garantire simili coperture capillari del territorio, o perché particolarmente strutturati, come il Fornitore del Servizio Postale Universale, Poste Italiane S.p.A., o perché radicati nel territorio”.

L’I.N.P.S. aveva riscontrato il parere dell’Autorità evidenziando come le previsioni fossero, in realtà, aderenti al contenuto delle Linee guida A.N.A.C. relative all’affidamento degli appalti pubblici di servizi postali all’epoca vigenti (determinazione n. 3/2014), e, in generale, alle previsioni di cui al D.Lgs. n. 50/2016, nonché conformi al principio di economicità dell’azione amministrativa e in grado di assicurare possibili risparmi di gestione.

3. Preso atto del riscontro dell’I.N.P.S., l’Autorità ha, quindi, proposto ricorso al T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, articolando due motivi a sostegno dell’impugnazione. In particolare, l’Autorità ha dedotto l’illegittimità delle previsioni di cui agli artt. 6.4.1. e 6.4.2. dell’Allegato n. 2, evidenziando come tali disposizioni avessero fissato soglie di copertura territoriale diretta non giustificate da ragioni tecniche o di efficienza, e comportato – in ragione anche delle ulteriori regole di gara – la violazione dei principi dell’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016 e delle relative disposizioni di riferimento contenute nelle direttive euro-unitarie, nonché dei principi di libertà di iniziativa economica e di libera prestazione dei servizi. L’Autorità ha, inoltre, dedotto l’illegittimità delle modalità previste dall’art. 6.4.1. dell’Allegato n. 2 per l’attribuzione dei punteggi ai soggetti in grado di garantire la copertura più elevata, ritenute irragionevoli e suscettibili di determinare disparità di trattamento in favore di operatori economici più strutturati, a discapito, quindi, dei piccoli e medi operatori postali.

4. Si sono costituite in giudizio Poste Italiane s.p.a. e I.N.P.S. chiedendo di respingere il ricorso e di dichiarare inammissibile l’intervento in giudizio di Fulmine Group s.r.l., medio tempore intervenuta in giudizio deducendo di essere titolare di un interesse qualificato per aver già impugnato i medesimi atti di gara con autonomo ricorso al T.A.R.

5. Con sentenza n. 1012/2023 il T.A.R. per il Lazio ha, in primo luogo, dichiarato inammissibile l’intervento di Fulmine Group s.r.l., che non ha interposto appello avverso questo capo di sentenza.

5.1. Nel merito, il Giudice di primo grado ha respinto il ricorso dell’Autorità richiamando, in particolare, le motivazioni della sentenza n. 11164/2022 del medesimo Tribunale, resa sul ricorso di Fulmine Group s.r.l. Tale sentenza aveva affermato, in primo luogo, che la regola della lex specialis con la quale si era previsto che l’operatore economico dovesse garantire direttamente una certa copertura di C.A.P. doveva essere intesa quale requisito di esecuzione dell’appalto – e non quale requisito di partecipazione – in quanto afferente alle modalità di esecuzione del servizio aggiudicato e agli obiettivi prefissati dalla stazione appaltante. Operata tale premessa, la sentenza n. 11164/2022 aveva evidenziato come le regole sulle soglie di copertura diretta non potessero ritenersi illegittime in quanto avevano bilanciato la tutela della concorrenza e l’interesse pubblico ad un servizio postale soddisfacente e capillare. Secondo il T.A.R. una soglia di copertura dei C.A.P. inferiore al 100% avrebbe potuto, certamente, garantire la possibilità di aggiudicazione ad un maggior numero di operatori, ma ciò sarebbe andato a scapito delle esigenze del servizio pubblico. Pertanto, al fine di bilanciare le contrapposte esigenze: i) l’appalto era stato, comunque, suddiviso in lotti, aprendo, in tal modo, la selezione agli operatori con una ridotta porzione di mercato e non in grado di assicurare il servizio a livello nazionale; ii) erano stati ammessi i raggruppamenti di imprese, consentendo, in tal modo, la partecipazioni degli operatori che, per caratteristiche strutturali, avevano la necessità di ricorrere ad altre imprese per assicurare il servizio; iii) si era garantito il ricorso al subappalto, permettendo di selezionare qualitativamente l’attività da svolgere in proprio e quella da devolvere ad altri operatori. Secondo il T.A.R. la sussistenza di tali elementi consentiva di escludere l’illegittimità della lex specialis, predicabile solo dimostrando l’impossibilità sostanziale di eseguire l’appalto neppure ricorrendo a tali strumenti. Tale previsione non si poneva, inoltre, in contrasto con le Linee Guida A.N.A.C. che dettavano percentuali di copertura territoriale del servizio con valore meramente esemplificativo.

5.2. La sentenza appellata ha, inoltre, evidenziato come la sentenza n. 11164/2022 del T.A.R. per il Lazio avesse richiamato una precedente decisione del Consiglio di Stato (n. 4200/2017), la quale aveva ritenuto legittima una precedente gara dell’I.N.P.S., che aveva previsto soglie di copertura territoriale diretta persino maggiori, in quanto calibrate su base ultraregionale. Inoltre, secondo il Giudice di primo grado, occorreva considerare le caratteristiche del settore postale, caratterizzato da ampia intensità di manodopera, con la conseguente possibilità di realizzare la copertura dei C.A.P. su base regionale anche ricorrendo “partnership con altri operatori (RTI, consorzi, aggregazioni senza personalità giuridica, subappalto ecc. oltre che attraverso l’apertura diretta di nuovi CAP)”. In ultimo, il T.A.R. ha evidenziato come fosse inconferente il richiamo alle nuove Linee Guida approvate dall’A.N.A.C. e dall’A.G.Com. nel 2022, in quanto entrate in vigore dopo la pubblicazione degli atti di gara.

5.3. Il T.A.R. ha respinto anche il secondo motivo con il quale l’Autorità aveva dedotto l’illegittimità della regola relativa all’utilizzo di un criterio premiale per l’operatore in grado di garantire una copertura più elevata, evidenziando come si trattasse di una previsione relativa a parte marginale dell’appalto (in quanto riguardante il solo lotto 1, il cui valore – i.v.a. inclusa – era pari a euro 372.207,73) e, comunque, dettate per peculiari esigenze della sola Direzione Generale, la cui corrispondenza è destinata all’intero territorio nazionale. In ultimo, la scelta di valorizzare il numero di punti di giacenza trovava giustificazione, secondo il T.A.R., nella tipologia di destinatari delle comunicazioni I.N.P.S., in gran parte persone anziane e/o affette da invalidità.

6. L’Autorità ha proposto ricorso in appello premettendo all’esposizione dei motivi alcune considerazioni relative al mercato dei servizi postali.

6.1. In particolare, l’Autorità ha evidenziato come il contesto di mercato che aveva fatto da sfondo alla sentenza n. 4200/2017 di questo Consiglio fosse molto differente dall’attuale, in ragione: i) delle determinazioni e degli effetti derivanti dal caso “A493 - POSTE ITALIANE/PREZZI RECAPITO” di abuso di posizione dominante da parte di Poste Italiane (Provvedimento n. 26900 del 13.12.2017); ii) delle misure assunte relativamente all’accesso alla rete con la conclusione del procedimento di concentrazione “C12333 - POSTE ITALIANE/NEXIVE GROUP”, avvenuta in data 22.12.2020 (Provvedimento n. 28497 del 22.12.2020); iii) dei più recenti orientamenti dell’A.G.Com.

6.2. L’Autorità ha, quindi, esposto come, con il provvedimento n. 26900/2017, si fosse accertato che Poste Italiane s.p.a. aveva offerto ai propri clienti prodotti meno cari degli equivalenti rientranti nel servizio universale. In relazione al secondo aspetto, l’Autorità ha evidenziato come l’acquisizione del controllo di Nexive da parte di Poste avesse comportato la crescita della quota di mercato di Poste (pari al 97 % nel mercato totale della corrispondenza, e superiore al 90% nel mercato dei servizi di corrispondenza non universali), determinando, oltre al rafforzamento della posizione dominate di Poste Italiane s.p.a., “il passaggio da una concorrenza infrastrutturale caratterizzata da operatori con rete, a un mercato caratterizzato dalla presenza di un’unica rete nazionale, quella del FSU, Poste Italiane, ove gli spazi per la concorrenza residuano soltanto nell’offerta a valle dei servizi postali”. In ragione di questo nuovo scenario di mercato l’Autorità ha illustrato di aver prescritto a Poste una serie di misure, tra cui: i) la n. 8, che ha imposto la predisposizione di offerte “wholesale” di accesso da parte di Poste Italiane alla propria rete di posta “descritta” e posta “indescritta”, a condizioni “retail minus” e non discriminatorie, per tutta la parte di rete non economicamente duplicabile/replicabile, rivolte a qualunque operatore dotato di licenza/autorizzazione sia infrastrutturato sia non infrastrutturato; ii) la n. 5 che ha imposto l’ulteriore ampliamento della soglia di accesso all’offerta wholesale delle cc.dd. aree EU2, così da permettere a più operatori di accedere a queste aree di recapito EU2.

6.3. L’Autorità ha, quindi, dedotto che: i) questi provvedimenti evidenziavano le caratteristiche attuali del mercato di riferimento in cui nessun operatore può vantare una copertura territoriale come quella di Poste Italiane, neppure ricorrendo agli strumenti del r.t.i. o del subappalto; ii) tali caratteristiche del mercato erano confermate dalle nuove Linee Guida A.N.A.C. – A.G.Com. per l’affidamento degli appalti pubblici di servizi postali che hanno ridotto il valore delle soglie di copertura (50% per le gare ad ampiezza nazionale e 70% per quelle ad ampiezza regionale), proprio in considerazione dell’operazione di concentrazione conseguente all’acquisizione da parte del maggior operatore alternativo da parte di Poste Italiane, con conseguente riduzione della capacità di copertura da parte del mercato alternativo.

7. Operate queste considerazioni sul mercato dei servizi postali, l’Autorità ha articolato due motivi di ricorso in appello.

7.1. Con il primo motivo l’Autorità ha dedotto l’erroneità della sentenza osservando come fosse irrilevante ricondurre le clausole impugnate ai requisiti di partecipazione o di esecuzione, operando, in ogni caso, i principi racchiusi dall’interno dell’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016. L’Autorità ha, inoltre, evidenziato come il punto centrale della controversia risiedesse non solo nella soglia di copertura particolarmente elevata ma anche nella richiesta di copertura diretta di tale percentuale che, quindi, aveva imposto all’operatore di provvedere con rete propria (o nei limiti previsti dal bando ricorrendo a r.t.i. e subappalto), ma senza possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale, tramite la c.d. postalizzazione. In tal modo, gli operatori avrebbero potuto adempiere solo formando un r.t.i. con Poste o subappaltando parte del servizio a Poste, specie in considerazione dell’impossibilità di raggiungere le zone EU2. In forza delle clausole indicate, la partecipazione degli altri operatori sarebbe stata, in sostanza, rimessa alla decisione dell’impresa in posizione dominante di partecipare con altro concorrente ad un r.t.i. o di svolgere parte del servizio in subappalto. Pertanto, gli strumenti individuati dal T.A.R. sarebbero stati, in realtà, inidonei a scongiurare la compromissione della concorrenza.

7.2. Con il secondo motivo l’Autorità ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha respinto la censura relativa all’attribuzione di punteggi aggiuntivi per l’operatore in grado di assicurare la copertura più elevata. Sul punto l’Autorità ha spiegato come il riferimento ai punti di giacenza operato dal primo Giudice fosse inconferente, trattandosi di aspetto non dedotto dall’A.G.C.M., ma da Fulmine Group s.r.l. nel giudizio instaurato da tale operatore. Secondo l’Autorità, l’utilizzo di questo criterio di copertura premiale avrebbe contribuito “ad ampliare ulteriormente i vantaggi non replicabili del Fornitore del Servizio Universale, ad ulteriore pregiudizio del principio della parità delle condizioni di partecipazione”.

8. Si sono costituiti in giudizio Poste Italiane s.p.a. e l’I.N.P.S. che, in vista dell’udienza pubblica del 6 luglio 2023, hanno depositato memorie conclusionali. L’Autorità ha depositato memoria di replica che, come evidenziato dall’ordinanza collegiale n. 8164/2023 della Sezione (punto 15), era, tuttavia, inammissibile in assenza del preventivo deposito della memoria conclusionale (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. II, 30 settembre 2019, n. 6534).

9. All’udienza del 6 luglio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Con ordinanza n. 8164/2023 la Sezione, ravvisata la possibilità di adottare una pronuncia in contrasto con la sentenza n. 6013/2023 della V Sezione, ha deferito all’Adunanza plenaria il seguente quesito: “Se, a risoluzione del potenziale contrasto di giurisprudenza, possa ritenersi legittima una disciplina di gara […] che, imponendo obblighi di copertura diretta dei lotti nelle percentuali dell’80% su base nazionale e del 100% su base ragionale - non adeguati allo stato attuale del mercato dei servizi postali e senza possibilità di ricorso ai servizi del fornitore del servizio universale - precluda, in sostanza, o, comunque, riduca in modo drastico la possibilità di partecipazione di operatori postali diversi da Poste Italiane s.p.a. comprimendo, in tal modo, il confronto concorrenziale tra gli operatori e non consentendo, di fatto, alla stazione appaltante di scegliere in funzione del miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, senza ottenere, quindi, risparmi di spesa, e senza che tale disciplina di gara sia imposta dall’esigenza di ottenere la capillarità del servizio postale che sarebbe, comunque, assicurata dalla possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale per le sole zone non coperte dalla rete del diverso operatore postale”.

11. Con ordinanza n. 18/2023 l’Adunanza plenaria ha restituito gli atti alla Sezione in quanto, “successivamente all’ordinanza di rimessione le parti hanno prospettato alcune questioni, che devono essere esaminate in via pregiudiziale [dalla Sezione remittente], anche ai fini di una eventuale specificazione del quesito posto all’esame della Plenaria”. L’Adunanza plenaria ha osservato che: i) la prima questione attiene all’eventuale rilievo da attribuire sotto il profilo processuale alla citata sentenza n. 6013 del 2023, della Quinta Sezione del Consiglio di Stato; ii) la seconda questione attiene alla valutazione in ordine alla necessità o meno dell’integrazione del contraddittorio nei confronti di Post&Service Group che, pur se aggiudicataria di due lotti, non è stata parte del processo. In ultimo, l’Adunanza plenaria ha rimesso alla Sezione la questione relativa all’ammissibilità dell’atto di intervento, depositato nel corso del giudizio d’appello.

12. In vista della nuova udienza pubblica dinanzi alla Sezione, le parti hanno depositato memorie conclusionali e memorie di replica. All’udienza del 21 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

13. Preliminarmente il Collegio deve valutare la tempestività delle memorie delle parti al fine di individuare gli atti ritualmente depositati e, di conseguenza, le questioni, eccezioni e difese che devono essere prese in considerazione nella presente decisione.

13.1. A tal fine si osserva come il presente giudizio sia soggetto alla disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del codice del processo amministrativo, in ragione di quanto disposto dalla previsione di cui all’art. 21-bis, comma 3, della L. n. 287/1990. Operano, quindi, le disposizioni di cui all’art. 119 c.p.a. e, in particolare, la previsione di cui all’art. 119, comma 2, c.p.a. che prevede la dimidiazione, ex aliis, dei termini per il deposito delle memorie ex art. 73 c.p.a.

13.2. Applicando tali previsioni al caso di specie, le memorie conclusionali delle parti devono ritenersi tutte tempestive. Omologhe considerazioni valgono per le memorie di replica delle parti, ad eccezione di quella dell’Autorità che è stata depositata in data 11.3.2024. Trattandosi, infatti, di termini espressamente qualificati come liberi dal disposto di cui all’art. 73, comma 1, c.p.a., non devono essere conteggiati né il dies a quo né il dies ad quem, e, inoltre, laddove l’ultimo giorno libero cada in un giorno festivo la scadenza viene anticipata al giorno antecedente non festivo ex art. 52, comma 4, c.p.a. Nel caso di specie l’udienza pubblica è stata fissata per la data del 21.3.2024, e, pertanto, il termine per il deposito della replica scadeva in data 9.3.2024 (non operando la previsione di cui all’art. 52, comma 5, c.p.a., per i termini a ritroso; cfr.: Consiglio di Stato, Sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252), con conseguente tardività della memoria dell’Autorità e impossibilità di tener conto delle deduzioni difensive ivi contenute.

14. Individuate le memorie ritualmente depositate occorre procedere ad esaminare le varie questioni processuali poste dalle parti. Tali questioni devono essere esaminate in ordine logico-giuridico e, pertanto, occorre: i) verificare, in primo luogo, l’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, trattandosi di questione che involge l’individuazione dei soggetti nei cui confronti la sentenza del Collegio viene resa (v., infra, punti 15-15.5); ii) vagliare, in secondo luogo, le eccezioni articolate da Poste Italiane relative alla genericità delle censure, alla richiesta di un sindacato sul merito amministrativo e alla mancata indicazione dell’effetto conformativo della pronuncia, le quali attengono all’ammissibilità della domanda (v., infra, punti 16-16.10); iii) verificare, in terzo luogo, se l’avvenuta stipulazione dei contratti e la mancanza di una domanda di caducazione degli stessi abbia reso il ricorso inammissibile o improcedibile (v., infra, punti 17-17.2); iv) accertare, successivamente, la portata della sentenza n. 6013 del 2023 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato (che postula l’ammissibilità della domanda e del gravame) (v., infra, punti 18-18.4 e 19-19.4); v) verificare la questione relativa all’omessa evocazione in giudizio di Post&Service Group, che, come si esporrà, attiene alla portata della domanda articolata dall’Autorità, della quale postula, quindi, l’ammissibilità (v., infra, punti 20-20.9); vi) verificare la sussistenza di domande nuove, come dedotto da Poste Italiane nella memoria di replica del 3.11.2023 (v., infra, punti 21-21.1).

15. Procedendo nell’ordine sopra indicato si prende l’abbrivio dalla questione rimessa alla Sezione dall’Adunanza Plenaria, che ha chiesto di verificare se possa essere considerato ammissibile l’atto di intervento, “depositato nel corso del giudizio d’appello” da parte del Consorzio A.RE.L.

15.1. Osserva, in primo luogo, il Collegio come la previsione di cui all’art. 97 c.p.a. consenta a chi vi ha interesse di intervenire nel giudizio di impugnazione, con atto notificato a tutte le parti. Nel caso di specie, tale notificazione è stata effettuata in data 13.10.2023, in vista dell’udienza dinanzi all’Adunanza plenaria del 15.11.2023. Pertanto, l’adempimento processuale richiesto dal codice risulta, correttamente, effettuato dalla parte.

15.2. In secondo luogo, occorre verificare la sussistenza dei presupposti per l’intervento nel presente giudizio di appello. In termini generali, si osserva come l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato abbia chiarito che l’intervento previsto dalla disposizione di cui all’art. 97 “è volontario, giacché non dipende dalla richiesta delle parti o dall’ordine del giudice; adesivo, perché è a sostegno della posizione di una delle parti; dipendente, in quanto esercitato a tutela di un interesse che non è direttamente toccato – in senso favorevole o sfavorevole – dal provvedimento impugnato (dalla sentenza appellata), purché non sia di mero fatto, ossia non qualificato in alcun modo dall’ordinamento giuridico” (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 3 luglio 2017, n. 3). Tale decisione ha, inoltre, chiarito come siano “legittimati a proporre intervento ad adiuvandum i titolari di posizioni soggettive dipendenti da quella del ricorrente (appellante), o, comunque, coloro che vantino un interesse indiretto alla demolizione degli effetti prodotti dall’atto impugnato (sentenza appellata), che si riflettono negativamente sulla propria posizione giuridica”.

15.3. In sostanza, risulta ammesso l’intervento del portatore di un interesse che, come affermato dalla dottrina, “da un lato, deve essere più marcato di quello che ha la generalità, nei confronti della legittimità degli atti amministrativi; dall'altro, deve avere una consistenza minore di quella che legittimerebbe il ricorso in via autonoma”. Occorre, quindi, accertare la qualificazione della posizione sostanziale del Consorzio e la sua interrelazione con la posizione dell’Autorità.

A tal fine si osserva che il Consorzio A.RE.L. ha dedotto di essere composto da un “gruppo qualificato di oltre 50 società medio-piccole operanti nel settore postale e persegue l’obiettivo di tutelare l’intero comparto nel suo complesso, oltre che di garantire ai propri consorziati l’adeguata rappresentanza presso tutte le istituzioni, sedi (ivi comprese quelle giudiziarie) e organizzazioni operanti direttamente e/o indirettamente nel suddetto settore”. Si tratta, quindi, di un soggetto che persegue la finalità di tutelare l’interesse legittimo collettivo delle piccole e medie imprese operanti nel settore postale e, quindi, di un soggetto titolare di una posizione soggettiva normativamente qualificata (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 2 gennaio 2020, n. 6; v, anche, Cassazione civile, Sezioni unite, 9 gennaio 2024, n. 786).

15.4. La posizione di protezione risulta, poi, differenziata in relazione al concreto potere amministrativo esercitato dall’Autorità che, nel caso di specie, ha articolato un’azione ex art. 21-bis della L. n. 287/1990, finalizzata, in estrema sintesi, a dedurre l’illegittimità di una procedura di gara la cui articolazione e struttura è stata ritenuta lesiva dei principi a tutela della concorrenza nello specifico settore dei servizi postali, ove operano le Società parti del Consorzio. In sostanza, nel caso di specie, si assiste ad un’interrelazione tra l’interesse generale che sorregge l’azione ex art. 21-bis della L. n. 287/1990 e l’interesse collettivo fatto valere dall’interveniente. Deve, infatti, considerarsi che l’Autorità è - in forza di tale previsione - investita della salvaguardia dell'interesse al corretto funzionamento del mercato e la titolarità di detto interesse discende direttamente da una precisa scelta del legislatore che le ha affidato la relativa tutela; pertanto, l’Autorità non agisce – in casi come quelli di specie – per far valere una propria posizione soggettiva, ma quale portatrice di un interesse pubblico alla promozione della concorrenza e alla garanzia del corretto esplicarsi delle dinamiche competitive (Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2023, n. 1760; Corte costituzionale, sentenza 14 febbraio 2013, n. 20). A questo interesse pubblico si correla l’interesse collettivo del Consorzio, parimenti diretto alla tutela della concorrenza nello specifico segmento del mercato.

15.5. Pertanto, deve ritenersi sussistente l’interesse del Consorzio ad ottenere una pronuncia di accoglimento dell’appello che, nella prospettiva dell’interveniente, risulta funzionale ad assicurare tutela diretta all’interesse collettivo delle Società consorziate ad ottenere una struttura della gara in grado di garantire un effettivo e reale confronto concorrenziale.

16. Procedendo ad esaminare le eccezioni processuali nell’ordine indicato, occorre verificare l’ammissibilità della domanda dell’Autorità alla luce di quanto dedotto sul punto da Poste Italiane, in modo particolare nella memoria del 30.10.2023, richiamata nei successivi scritti difensivi.

16.1. Le eccezioni di Poste Italiane muovono dall’illustrazione delle condizioni alle quali è sottoposto il rimedio di cui all’art. 21-bis della L. n. 287/1990, che, secondo la parte appellata, impone, comunque, all’Autorità di: i) individuare le norme a tutela della concorrenza che sarebbero state violate; ii) dedurre in maniera puntuale i motivi di impugnazione; iii) rispettare la discrezionalità amministrativa e dunque “evitare di chiedere un sindacato dal G.A. sul merito amministrativo”; iv) dedurre un interesse a ricorrere che sia apprezzabile in concreto, anche tenendo conto dell’effetto conformativo richiesto al Giudice amministrativo (f. 8 della memoria del 30.10.2023). Secondo Poste Italiane questi criteri non sarebbero stati rispettati nel caso di specie atteso che: i) i motivi a fondamento della domanda non sarebbero stati articolati con modalità “rispettosa dei criteri che valgono per ogni altro ricorso”, in quanto affidati sia a norme generali “che non tutelano la concorrenza in senso specifico e diretto” sia “a generici principi generali”; ii) l’invocazione dei principi sarebbe stata strumentale ad ottenere un sindacato di merito del Giudice Amministrativo e volta, al contempo, a sancire il primato dell’A.G.C.M. sulla pubblica amministrazione “tradizionale” e sulle sue scelte; iii) l’inammissibilità sarebbe stata confermata dalla mancata indicazione dell’effetto conformativo che l’Autorità intenderebbe ottenere e che sembrerebbe consistere nell’annullamento di una gara (i cui contratti sono, però, già stati stipulati e le relative prestazioni in corso), con rimodulazione del bando, “usurpando”, in tal modo, la discrezionalità dell’I.N.P.S., con conseguente violazione della previsione di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a.; iv) lo sconfinamento nel merito amministrativo sarebbe emerso dal richiamo alle Linee Guida Anac – A.G.Com. del 2022 che impongono una valutazione caso per caso per individuare la copertura minima territoriale da richiedere, imponendo, quindi, una preventiva attività istruttoria.

16.2. Le eccezioni sono infondate.

16.3. Osserva, in primo luogo, il Collegio come l’Autorità abbia, puntualmente, indicato le regole e i principi a tutela della concorrenza nell’ambito dei contratti pubblici che ha ritenuto violati. In particolare, l’Autorità ha richiamato – oltre alle disposizioni del T.F.U.E. e delle direttive unionali in materia di contratti pubblici – l’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016 (vigente ratione temporis), che imponeva il rispetto, nell'affidamento degli appalti e delle concessioni, dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità (comma 1). Si tratta, quindi, di chiari parametri di legittimità dell’azione amministrativa, espressioni della tutela della concorrenza nel settore degli appalti pubblici che - lungi dal costituire un concetto “nebuloso”, come affermato da Poste Italiane – rappresenta un caposaldo dell’intero ordito normativo della materia (cfr., ex multisconsideranda nn. 1, 31, 32, 49, 50, 59, 61, 63, 68, 69, 74, 78, 79, 90, 93, 96, 101, e artt. 18, par. 1, 24, par. 1, 30, par. 6, 32, par. 2, 40, 41, 42, par. 2, 49, par. 4, 55, par. 4, 65, par. 2, 66, par. 1, 67, par. 4, 79, 80, par. 3, della Direttiva 2014/24/UE; artt. 11-bis e 22 della direttiva 97/67/CE; in giurisprudenza, v., ex multis, Corte Costituzionale, sentenza 17 marzo 2023, n. 44; Id., sentenza 14 gennaio 2022, n. 4). Del resto, l’esplicitazione puntuale delle ragioni che sorreggono la domanda è funzionale anche al diritto di difesa delle parti evocate in giudizio (Consiglio di Stato, Sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4009), che, nel caso di specie, hanno potuto articolare le loro difese nel merito sin dal primo grado, come comprova anche la circostanza che tale eccezione è stata sollevata solo dinanzi all’Adunanza Plenaria.

16.4. Parimenti infondata è l’eccezione secondo la quale l’azione si sostanzierebbe nella richiesta di un sindacato di merito sulle decisioni dell’Amministrazione. Infatti, il merito amministrativo riguarda valutazioni e apprezzamenti relativi all’opportunità, all’utilità, alla convenienza e alla giustizia di una decisione. Nel caso di specie, l’Autorità non ha censurato gli atti di gara per nessuno di tali profili ma ne ha dedotto l’illegittimità alla luce dei principi e delle regole sopra indicati che, come esposto, costituiscono parametri di legittimità dell’azione amministrativa delle stazioni appaltanti. Né comproverebbe la sussistenza di una richiesta di controllo del merito amministrativo il richiamo alle Linee Guida Anac del 2022 che, come si esporrà più diffusamente nel prosieguo, è esclusivamente volto ad evidenziare il mancato allineamento degli atti di gara alle evoluzioni del mercato dei servizi postali e alle esigenze di tutela della concorrenza anche in tale settore.

16.5. Inoltre, non è condivisibile la tesi secondo la quale il ricorso sarebbe strumentale ad affermare il primato dell’Autorità sulle altre Amministrazioni, “senza modificare l’ordine delle responsabilità per la buona cura degli interessi della collettività”. Simile tesi non tiene conto della specifica scelta legislativa racchiusa all’interno dell’art. 21-bis della L. n. 287/1990, che ha conferito, al comma 1, una peculiare legitimatio ad causam all'Autorità nei confronti degli atti amministrativi generali, dei regolamenti e dei provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato, “in tal modo evidenziando la natura di speciale interesse pubblico generale della tutela della concorrenza e del mercato, quale condizione essenziale per l'ordinato sviluppo economico e sociale e per il progresso della collettività, in armonia del resto con i principi comunitari” (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2014, n. 2246). Lo stesso legislatore ha, quindi, conferito tale potere non, certamente, al fine di affermare una primazia dell’Autorità sulle altre Amministrazioni ma, al contrario, al fine di assicurare al soggetto istituzionalmente investito della tutela della concorrenza uno strumento di tutela di tale valore anche nell’ambito delle azioni delle Pubbliche Amministrazioni.

16.6. Del resto, la Corte Costituzionale - nel dichiarare inammissibili le questioni di illegittimità costituzionale dell'art. 21-bis della legge n. 287 del 1990 promosse in via principale dalla Regione Veneto (in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 113, primo comma, 117, sesto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, alla legge costituzionale n. 3 del 2001 ed al principio di leale collaborazione) - ha osservato che tale norma, piuttosto che introdurre un “nuovo e generalizzato controllo di legittimità” in capo all'Autorità nei confronti degli atti delle pubbliche amministrazioni, ha soltanto integrato “i poteri conoscitivi e consultivi già attribuiti all'Autorità garante dagli artt. 21 e seguenti della legge n. 287 del 1990”, prevedendo “un potere di iniziativa finalizzato a contribuire ad una più completa tutela della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato […] e, comunque, certamente non generalizzato, perché operante soltanto in ordine agli atti amministrativi che violino le norme a tutela della concorrenza”; precisando, quindi, che tale potere “si esterna in una prima fase a carattere consultivo (parere motivato nel quale sono indicati gli specifici profili delle violazioni riscontrate), e in una seconda (eventuale) fase di impugnativa in sede giurisdizionale, qualora la pubblica amministrazione non si conformi al parere stesso” (Corte Costituzionale, sentenza 14 febbraio 2013, n. 20). Inoltre, proprio la fase procedimentale mira, innanzitutto, “a sollecitare la pubblica amministrazione a rivedere le proprie determinazioni e a conformarsi agli indirizzi dell'Autorità, attraverso uno speciale esercizio del potere di autotutela giustificato proprio dalla particolare rilevanza dell'interesse pubblico in gioco, in tal modo auspicando che la tutela di quest'ultimo sia assicurata innanzitutto all'interno della stessa pubblica amministrazione e restando pertanto il ricorso all'autorità giudiziaria amministrativa l'extrema ratio (non essendo stata d'altra parte dotata l'Autorità di poteri coercitivi nei confronti dell'amministrazione pubblica che non intenda conformarsi al predetto parere motivato)” (Consiglio di Stato, Sez. V, 30 aprile 2014, n. 2246). La fase procedimentale è, quindi, funzionale al confronto tra il soggetto istituzionalmente deputato alla tutela della concorrenza e la Pubblica Amministrazione, affinché quest’ultima possa essere resa edotta delle possibili violazione della normativa di riferimento segnalate dall’Autorità istituzionalmente competente in materia, e possa rimediare alle stesse, esercitando i poteri di propria competenza.

16.7. Parimenti infondata è la tesi secondo la quale la domanda sarebbe inammissibile in quanto l’Autorità non avrebbe specificato l’effetto conformativo che intenderebbe ottenere dalla pronuncia.

16.8. Occorre considerare, in primo luogo, come l’annullamento giurisdizionale della procedura comporti, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio, l’obbligo per l’Amministrazione soccombente di rinnovare la stessa (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 589). La rinnovazione dell’intera procedura dovrà effettuarsi secondo le regole e i principi che il Collegio individuerà nello scrutinio delle censure di merito dell’Autorità, tenuto conto che, “per la delimitazione dell'ambito dell'effetto conformativo del giudicato amministrativo, la giurisprudenza afferma che occorre avere riguardo alla tipologia e al numero dei motivi accolti e distinguere le sentenze a effetto vincolante pieno, con le quali l'atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all'esercizio del potere, da quelle a effetto vincolante strumentale, con le quali l'annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all'amministrazione di eliminare il vizio dall'atto senza vincolarla in alcun modo nei contenuti. La portata effettiva del giudicato va ricostruita sulla base di una lettura congiunta del dispositivo della sentenza e della parte motiva, che vanno inoltre correlate ai dati oggettivi di identificazione delle domande (causa petendi e petitum) proposte dalla parte ricorrente, considerando che il potere residuo dell'amministrazione in sede di riedizione del potere dopo una pronuncia di annullamento va delimitato con riferimento al tipo di vizio riscontrato e che, in ogni caso, l'effetto conformativo si estende all'obbligo di porre in essere una attività successiva conforme ai canoni di legittimità individuati dalla pronuncia da eseguire(Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 giugno 2023, n. 6187, Id., Sez. VI, 19 maggio 2023, n. 5002; Id., Sez. VI, 12 luglio 2022, n. 5880).

16.9. L’effetto conformativo dipende, quindi, dalla tipologia e dal contenuto dei motivi che il Giudice amministrativo ritiene di accogliere. Esaminando i motivi dedotti dall’Autorità si evidenzia come sia, chiaramente, evincibile l’effetto conformativo che la stessa intende ottenere dalla richiesta di tutela giurisdizionale formulata. Infatti, pur consapevole della sussistenza di evidenti margini di discrezionalità della stazione appaltante anche dopo l’annullamento giurisdizionale, l’Autorità ha, richiesto, in sostanza che il contenuto precettivo della pronuncia sia tale da imporre un’adeguata verifica delle soglie di copertura territoriale nonché delle ulteriori regole di gara che, come si esporrà nel merito, precludono o, comunque, limitano in modo significativo il confronto concorrenziale.

16.10. Inoltre, l’annullamento investe necessariamente gli atti impugnati e non incide su poteri amministrativi non ancora esercitati. Infatti, il divieto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a. non esclude l'operatività dell'effetto conformativo, il quale - dato per presupposto dall'art. 112 c.p.a. e, secondo una parte della dottrina, anche dall'art. 34, comma 1, lett. c), c.p.a.  - è espressamente considerato nell'art. 113 c.p.a. (laddove si fa riferimento al “contenuto dispositivo e conformativo dei provvedimenti” giurisdizionali). Come evidenziato dalla dottrina, “non vi è dubbio che il divieto non possa essere riferito […] ai poteri che l'amministrazione dovrà esercitare nuovamente a seguito della sentenza di annullamento”, atteso che, diversamente opinando, dovrebbero ipotizzarsi dubbi di legittimità costituzionale della previsione di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a. nella parte in cui – annichilendo, in sostanza, l’effetto conformativo della pronuncia – determinerebbe un irragionevole arretramento dei livelli di tutela rispetto al sistema processuale pre-codicistico.

17. Non può neppure ritenersi fondata l’eccezione secondo la quale dovrebbe riscontrarsi un difetto di interesse dell’Autorità ad ottenere l’annullamento di una gara in cui i contratti sono già stati stipulati e i servizi sono in corso di svolgimento. Con tale eccezione Poste Italiane e I.N.P.S. hanno inteso dedurre una carenza originaria o sopravvenuta dell’interesse all’impugnazione e, quindi, una causa ostativa all’esame di merito del ricorso in appello. In questo capo può esaminarsi – in quanto afferente, anch’essa, al tema dell’interesse – la questione oggetto dell’eccezione articolata da Poste Italiane, che ha evidenziato, come l’Autorità non avesse presentato una istanza di caducazione dei contratti successivamente conclusi.

17.1. In termini generali, il Collegio osserva come i provvedimenti sopravvenuti determinano l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse, qualora attuino un assetto di interesse inoppugnabile, ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tale caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio per l’impossibilità del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200). Questo Consiglio ha precisato che l’inutilità di una pronuncia di merito sulla domanda articolata dalla parte può affermarsi solo all’esito di una indagine “condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in un’ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito” (Consiglio di Stato, Sez. VII, 10 agosto 2022, n. 7076; Id., Sez. VI, 12 settembre 2022, n. 7895). Inoltre, la pronuncia giudiziaria risulta utile qualora, nel riscontrare l’illegittimità dell’azione amministrativa, consenta la realizzazione dell’interesse sostanziale di cui è portatrice la parte ricorrente, impedendo la sottrazione o garantendo l’acquisizione (o chance di acquisizione) di utilità giuridicamente rilevanti e salvaguardando, per l’effetto, la sfera giuridica individuale da azioni autoritative difformi dal paradigma normativo di riferimento. Qualora, invece, tale interesse sia stato già realizzato ovvero non possa più essere soddisfatto, il giudizio non può concludersi con l’esame, nel merito, delle censure svolte nell’atto di parte, la cui fondatezza non potrebbe, comunque, arrecare alcuna utilità concreta (Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2023, n. 11200).

17.2. Declinando questi principi al caso di specie, si osserva che l’avvenuta stipulazione dei contratti e l’attuale svolgimento dei relativi servizi, nonché la mancanza di una domanda di caducazione dei contratti, non sono circostanze che deprivano integralmente di interesse l’appello dell’Autorità, la quale ha attivato un rimedio che è volto alla tutela concorrenziale del mercato e – come già illustrato - comporta, comunque, in caso di accoglimento della domanda dell’Autorità, l’obbligo per la stazione appaltante di provvedere alla rinnovazione della procedura, emendata dai vizi riscontrati dal Giudice amministrativo.

18. Respinte le eccezioni di inammissibilità della domanda, occorre esaminare la questione relativa alla portata e agli effetti della sentenza n. 6013/2023 della Quinta Sezione di questo Consiglio sul presente giudizio. In questo capo sono quindi esaminate: i) l’eccezione articolata da Poste Italiane al punto 1.2. della memoria del 30.10.2023; ii) le eccezioni articolate dall’I.N.P.S. ai punti II-II.C della memoria del 30.10.2023. In sintesi, le parti appellate hanno eccepito che il ricorso in appello dell’Autorità sarebbe inammissibile e/o improcedibile in quanto: i) la vicenda sarebbe già stata definita anche per l’Autorità dalla sentenza n. 6013/2023 e il presente giudizio costituirebbe un’impropria revocazione o, comunque, un terzo grado di giudizio sulla vertenza giudicata dalla Quinta Sezione; ii) in ogni caso, gli effetti riflessi di tale giudicato investirebbero anche la posizione dell’Autorità; iii) tale sentenza escluderebbe, comunque, la legittimazione dell’Autorità a contestare gli esiti di una gara ritenuta legittima dalla sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio.

18.1. Procedendo con ordine si osserva che una prima eccezione di inammissibilità/improcedibilità si fonda sulla sussistenza di un vincolo diretto del giudicato della sentenza n. 6013/2023, anche in considerazione della notificazione del ricorso di appello di Fulmine Group. In particolare, Poste Italiane ha osservato che, “pur essendo rimasta estranea e non intimata nel giudizio di primo grado, l’Autorità è stata destinataria della notifica dell’impugnazione da parte di Fulmine e, non essendo stata estromessa, viene espressamente menzionata dalla sentenza n. 6013/2023 tra le parti del giudizio” (f. 2 memoria di replica del 3.11.2023).

18.1.1. L’eccezione è infondata atteso che la notificazione all’Autorità del solo ricorso in appello di Fulmine Group deve essere, correttamente, qualificata - in assenza di domande nei confronti dell’A.G.C.M. (che non era parte necessaria di quel giudizio) - come una mera denuntiatio litis, finalizzata, per l’appunto, a rendere edotta l’Autorità (alla quale la parte aveva già inviato la segnalazione) della pendenza del grado di appello.

18.2. Ora, nel sistema processualcivilistico la denuntiatio litis non costituisce, tuttavia, una vocatio in ius e, comunque, non fa assumere la qualità di parte sostanziale, come affermato dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr., ex multis, Cassazione civile, Sez. VI, 15 novembre 2021, n. 34174). Tale principio è mutuabile anche nel processo amministrativo, atteso che la mera denuntiatio litis non rende l’Amministrazione - destinataria della notificazione - una parte sostanziale del processo. Lo conferma la giurisprudenza di questo Consiglio osservando che, quando il ricorso introduttivo della lite sia stato notificato, oltreché all’Amministrazione che ha formalmente adottato il provvedimento impugnato, anche ad altra Amministrazione la quale, quand’anche non sia parte necessaria del processo (perché il provvedimento impugnato non le è soggettivamente e formalmente imputabile), ha – per ragioni di ordine funzionale, di intreccio di competenze ovvero di connessione tra procedimenti – obiettivo interesse all’esito della lite, l’atto introduttivo va inteso come acquisito in termini di denuntiatio litis, che la pone in condizione di curare il proprio cointeresse (nel senso precipuo di interesse connesso) nella controversia (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 gennaio 2021, n. 330). La sentenza appena richiamata ha, poi, distinto l’ipotesi della obiettiva e formale estraneità alla controversia del soggetto pubblico passivamente non legittimato (per la quale la rilevabilità officiosa e l’assenza di preclusione ex novis alla deduzione di parte, in ogni stato e grado del giudizio, non soffrono eccezioni) dalla situazione di sostanziale cointeressenza dal lato passivo, che consolida il litisconsorzio processuale facoltativo per accettazione del contraddittorio, in assenza di tempestiva richiesta di estromissione ex denuntiata lite.

18.3. Questo principio può operare anche nel caso di specie ove rileva una legittimazione non sul lato passivo ma, al contrario, sul lato attivo. Infatti, l’Autorità non ha rivestito alcuna posizione di sostanziale cointeressenza dal lato passivo ma, al contrario, è stata destinataria della notificazione del ricorso in appello contenente una domanda di annullamento omologa a quella formulata nel presente giudizio. La funzione della denuntiatio litis in caso di cointeressenza sul lato attivo è quella di consentire – nei limiti previsti dall’ordinamento e a seconda delle posizioni sostanziali delle parti – un eventuale intervento in giudizio o la proposizione di un autonomo ricorso. Nel caso di specie, andava esclusa la possibilità di un mero intervento dell’A.G.C.M. nella controversia instaurata dall’operatore privato atteso che la norma di riferimento abilita l’Autorità alla sola impugnazione e non anche ad intervenire per far valere un interesse riflesso o indiretto rispetto all’azione dell’operatore privato che non è, invero, predicabile. L’Autorità aveva la sola possibilità di articolare – come effettivamente ha fatto – un’autonoma azione ex art. 21-bis della L. n. 287/1990, che non sarebbe stata preclusa neppure dalla mera notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di Fulmine Group (né tanto meno – come accaduto nel caso di specie - dalla notificazione del ricorso in appello dell’operatore privato), con la conseguenza che, in ragione della scindibilità delle cause e delle differenti posizioni sostanziali delle parte, l’Autorità non ha, certamente, assunto la qualità di parte sostanziale nel giudizio articolato da Fulmine Group e, quindi, alla stessa non può opporsi direttamente il giudicato formatosi in quel giudizio.

18.4. Infatti, l’Autorità che agisce ex art. 21-bis della L. n. 287/1990 non può neppure ritenersi un soggetto leso né in via diretta né tanto meno in via riflessa (con conseguente possibilità di un intervento ex art. 28, comma 2, c.p.a.) dai provvedimenti dell’Amministrazione in quanto, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio, l’Autorità non agisce facendo valere un interesse analogo a quello dell’operatore privato che partecipa alla gara, bensì la sua azione è volta a tutela della libertà di concorrenza e del corretto funzionamento del mercato (v., ancora, Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2023, n. 1760; Corte Costituzionale, sentenza 14 febbraio 2013, n. 20). Di conseguenza, le ontologiche differenze tra l’azione dell’Autorità e l’azione dell’operatore privato corroborano, ulteriormente, la già esposta impossibilità di individuare una preclusione processuale nel caso di specie o di affermare che dalla mera denuntiatio litis sia disceso un giudicato valevole anche per l’Autorità.

19. In secondo luogo, non è neppure condivisibile la tesi secondo la quale la sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio avrebbe effetti riflessi sulla posizione dell’Autorità in quanto costituirebbe un giudicato con effetti inscindibili e, quindi, “con efficacia erga omnes sulla infondatezza dei vizi esaminati” (f. 11 della memoria dell’I.N.P.S. del 30.10.2023). Si tratta, con ogni evidenza, di questione logicamente e giuridicamente distinta da quella esaminata in precedenza che, come esposto, postulava che l’Autorità avesse assunto la qualità di parte sostanziale del giudizio definito dalla sentenza n. 6013/2023, che, al contrario, l’eccezione in esame esclude, affermando, per l’appunto, la valenza ultra partes della sentenza.

19.1. Osserva il Collegio che, come chiarito dall’Adunanza plenaria n. 4 e n. 5 del 2019 di questo Consiglio, il giudicato amministrativo – in assenza di norme ad hoc nel c.p.a. – è sottoposto alle disposizioni processualcivilistiche, per cui il giudicato opera solo inter partes, secondo quanto prevede per il giudicato civile l’art. 2909 c.c. I casi di giudicato amministrativo con effetti ultra partes sono, quindi, eccezionali e si giustificano in ragione dell’inscindibilità degli effetti dell’atto o dell’inscindibilità del vizio dedotto: in particolare, l’indivisibilità degli effetti del giudicato presuppone l’esistenza di un legame altrettanto indivisibile fra le posizioni dei destinatari, in modo da rendere inconcepibile – logicamente, ancor prima che giuridicamente – che l’atto annullato possa continuare ad esistere per quei destinatari che non lo hanno impugnato.

19.2. Utilizzando tale criterio, dottrina e giurisprudenza hanno, quindi, individuato alcune eccezionali ipotesi di estensione ultra partes degli effetti del giudicato. Tale estensione dipende spesso da una pluralità di fattori concorrenti, fra i quali rileva non solo la natura dell’atto annullato, ma anche, cumulativamente, il vizio dedotto, nonché il tipo di effetto prodotto dal giudicato della cui estensione si discute. Più nel dettaglio, secondo l’orientamento tradizionale, gli effetti inscindibili del giudicato amministrativo possono dipendere: i) in alcuni casi (ma raramente), solo dal tipo di atto annullato; ii) altre volte, più frequenti, sia dal tipo di atto annullato, sia dal tipo di vizio dedotto; iii) altre volte ancora, dal tipo di effetto che il giudicato produce e di cui si invoca l’estensione. Si ritiene, in particolare, che produca effetti ultra partesi) l’annullamento di un regolamento; ii) l’annullamento di un atto plurimo inscindibile; iii) l’annullamento di un atto plurimo scindibile, se il ricorso viene accolto per un vizio comune alla posizione di tutti i destinatari; iv) l’annullamento di un atto che provvede unitariamente nei confronti di un complesso di soggetti.

19.3. Le situazioni sopra compendiate si riferiscono tutte ad ipotesi di giudicato di annullamento del provvedimento impugnato. Fattispecie che non ricorre nel caso di specie, avendo questo Consiglio respinto l’appello di Fulmine Group avverso la sentenza del T.A.R. che aveva respinto il ricorso di tale operatore. Inoltre, in tutti i casi indicati l’inscindibilità riguarda solo l’effetto di annullamento (l’effetto caducatorio), perché è solo rispetto ad esso che viene a crearsi la sopra richiamata situazione di incompatibilità logica “che un atto inscindibile possa non esistere più per taluno e continuare ad esistere per altri (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 27 dicembre 2019, n. 4, punto 30). Un diverso discorso vale, invece, per gli ulteriori effetti del giudicato amministrativo (di accertamento della pretesa, ordinatori, conformativi), considerato che, secondo un risalente e consolidato orientamento interpretativo, gli effetti di accertamento della pretesa e, consequenzialmente a tale accertamento, quelli ordinatori/conformativi operano sempre solo inter partes, essendo soltanto le parti legittimate a far valere la violazione dell’obbligo conformativo o dell’accertamento della pretesa contenuto nel giudicato (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. VI, 1 dicembre 2017, n. 5634; Id., Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; Id., Sez. IV, 5 settembre 2003, n. 4977; Id., Sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; Id., Sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; Id., Sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; Id., Sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561). Di conseguenza, non è predicabile una estensione ultra partes dell’accertamento della “non illegittimità” degli atti impugnati da Fulmine Group, ovvero dell’infondatezza delle relative censure dedotte. Del resto, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio, le pronunce di rigetto lasciano invariato l'assetto giuridico dei rapporti precedente alla radicazione del giudizio, e, quindi, non pongono neppure propriamente un vincolo precettivo alle parti (cfr.: Consiglio di Stato, sez. II, 25 marzo 2022, n. 2219; Consiglio di Stato, Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 1675; Id., 21 maggio 2013, n. 2724).

19.4. Le considerazioni sin qui esposte sulla portata della sentenza n. 6013/2023 e sull’impossibilità di estendere erga omnes gli effetti di un giudicato di rigetto della precedente domanda articolata da Fulmine Group esonerano il Collegio dall’affrontare, in questa sede, le questioni relative alla dedotta unitarietà della procedura di gara sulle quali si è, diffusamente, soffermata la difesa dell’I.N.P.S. Infatti, anche ammettendo la sussistenza di una gara unica non risulta, comunque, asseribile un giudicato diretto o riflesso sulla posizione dell’Autorità derivante dalla sentenza di rigetto n. 6013/2023 di questo Consiglio.

20. Procedendo, ancora, nell’ordine sopra tracciato, occorre esaminare l’ulteriore questione rimessa a questa Sezione dall’Adunanza plenaria e relativa alla valutazione in ordine alla necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di Post&Service Group che, pur se aggiudicataria di due lotti, non è stata parte del processo. L’Adunanza plenaria ha chiesto, in particolare, alla Sezione di verificare se, tenuto conto dei principi di cui all’articolo 24 della Costituzione, “l’eventuale statuizione del giudice amministrativo di annullamento di un bando di gara – avente effetti scindibili con riferimento ai vari lotti in cui l’appalto è stato suddiviso – possa o meno comportare la caducazione degli effetti delle aggiudicazioni ottenute da soggetti cui non sia stato notificato il ricorso di primo grado”.

20.1. Ai fini della soluzione della questione è necessario affrontare due distinte tematiche e, in particolare, quella della natura giuridica della gara suddivisa in lotti e quello della portata dell’effetto di caducazione automatica delle aggiudicazioni derivante dall’annullamento del bando di gara (cfr., su tale principio, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 14 ottobre 2022, n. 8772).

20.2. In relazione al primo aspetto si osserva come la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ritenga che la gara suddivisa in più lotti, di regola, non costituisca un’unica procedura, ma tante gare autonome e distinte quanti sono i lotti, sì che, pur essendo la procedura disciplinata dalla medesima lex specialis (bando, capitolato e disciplinare), a ciascun lotto corrisponde una distinta gara, potendo i concorrenti partecipare a tutti, o a uno solo, o ad alcuni dei lotti, con conseguente distinta aggiudicabilità degli stessi previa autonoma procedura valutativa delle offerte presentate per ciascuno di essi (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 31 dicembre 2021, n. 8749). In questa prospettiva è stato affermato che il provvedimento di indizione della gara (che la stazione appaltante adotta con riferimento a tutti i lotti) costituisce atto ad oggetto plurimo disciplinante un numero di gare corrispondente al numero dei lotti da aggiudicare, sia nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un’unica gara finalizzata all'affidamento di un unico contratto, bensì quelle per l'indizione e la realizzazione di tante gare contestuali quanti sono i lotti cui sono connessi i contratti da aggiudicare; sia nel senso che gli atti di gara (intesi non in senso cartolare) relativi al contenuto dei contratti da aggiudicare devono essere necessariamente differenziati per ciascun lotto e devono essere tanti quanti sono i contratti da aggiudicare (Consiglio di Stato, Sez. V, 20 settembre 2021, n. 6402). In questi casi, quindi, il bando è “comune”, ma non è “unitario”; è proceduralmente e formalmente unico, ma sostanzialmente plurimo (“ad oggetto plurimo”), tanti quanti sono i lotti, perché ciascun lotto autonomo è correlato ad un contratto che verrà stipulato con l’aggiudicatario. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie deve escludersi la sussistenza di un vincolo inscindibile per i vari lotti oggetto della gara bandita dall’I.N.P.S.

20.3. Tale conclusione non muta considerando la diversa posizione esposta da parte della dottrina e da alcuni settori della giurisprudenza (richiamata dall’I.N.P.S. nella memoria del 5.3.2024), le quali hanno evidenziato l’impossibilità di affermare una regola generale, preferendo un approccio relativo e casistico che si incentri sull’oggetto, la finalità e la struttura della gara (v. Consiglio di Stato, Sez. III, 18 maggio 2020, n. 3135). Procedendo, difatti, a tale verifica, si osserva come il carattere non unitario della gara emerga: i) dall’attribuzione di CIG differenti per ciascun lotto; ii) dai differenti importi a base di gara per ciascun lotto, con conseguenti differenti costi della manodopera e valori degli eventuali rinnovi e delle proroghe tecniche (v. art. 2 del capitolato d’oneri); iii) dalle regole sulla partecipazione in forma singola o associata degli operatori, calibrate sui singoli lotti (art. 4 del capitolato d’oneri); iv) dalle differenti offerte tecniche ed economiche previste per ciascun lotto (art. 6 del capitolato d’oneri) e dai diversi importi a garanzia delle offerte (art. 7.3 del capitolato d’oneri); v) dalla possibilità di partecipare per uno o più lotti distinti; vi) dai differenti punteggi tecnici previsti per alcuni lotti (v. art. 13 del capitolato d’oneri); vii) dai differenti contratti stipulati in relazione a ciascun lotto (v. i documenti depositati da Poste Italiane in data 15.6.2023).

20.4. Esclusa l’unitarietà della gara occorre approfondire l’ulteriore questione relativa alla portata dell’effetto di caducazione automatica derivante dall’annullamento di un bando ad oggetto plurimo. In sostanza, occorre verificare se, anche in relazione ad una procedura di gara ad oggetto plurimo come quella di specie, l’effetto di caducazione automatica derivante dall’annullamento della lex specialis investa necessariamente tutti i lotti.

20.5. Sul punto il Collegio osserva come tale caducazione – proprio in quanto effetto dell’annullamento della lex specialis – non possa risultare irrelata dalla portata precettiva della pronuncia, la quale dipende, in termini generali, dal contenuto concreto della domanda e dall’oggetto della statuizione del Giudice. Infatti, la portata precettiva del giudicato varia in relazione al contenuto dell’accertamento e ai motivi che sorreggono (v., in termini generali, Cassazione civile, Sezioni unite, 12 dicembre 2014, n. 26242 e n. 26343, le cui affermazioni hanno portata generale e possono mutuarsi – quanto meno in parte qua – anche nel sistema processuale amministrativo), con la conseguenza che la correlazione tra oggetto della domanda e oggetto della pronuncia è solo tendenziale. In particolare, l’estensione e la portata del giudicato dipendono dal motivo portante della pronuncia in relazione ai motivi specificamente dedotti dalla parte.

20.6. Esaminando, quindi, la domanda dell’A.G.C.M., si osserva come la stessa sia stata fondata sulle possibili illegittimità della gara indetta dall’I.N.P.S. in quanto sostanzialmente calibrata sulla posizione di Poste Italiane in ragione anche delle evoluzioni delle caratteristiche del mercato dei servizi postali. Infatti, a sostegno della domanda, l’Autorità ha esposto l’attuale posizione di mercato di Poste Italiane anche in considerazione dell’ampiezza delle aree EU2 e della loro diffusione sul territorio nazionale. Secondo l’Autorità il punto centrale delle illegittimità dedotte consisteva, infatti, non solo nella soglia di copertura particolarmente elevata ma anche nella richiesta di copertura diretta di tale percentuale che, quindi, aveva imposto all’operatore di provvedere con rete propria (o nei limiti previsti dal bando ricorrendo a r.t.i. e subappalto), ma senza possibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale, tramite la c.d. postalizzazione; in tal modo, gli operatori avrebbero potuto adempiere solo formando un r.t.i. con Poste o subappaltando parte del servizio a Poste, specie in considerazione dell’impossibilità di raggiungere le zone EU2. In forza delle clausole indicate la partecipazione degli altri operatori sarebbe stata, in sostanza, rimessa alla decisione dell’impresa in posizione dominante di partecipare con altro concorrente ad un r.t.i. o di svolgere parte del servizio in subappalto.

20.7. Dalla disamina della domanda emerge come la violazione della concorrenza sia stata predicata non solo in termini generali ma in relazione alla specifica posizione sul mercato di Poste Italiane e in ragione delle regole di gara che avevano collocato l’impresa dominante in una situazione di indubbio vantaggio, non colmabile neppure attraverso gli altri strumenti previsti dalla gara. A conferma di questo contenuto sostanziale della domanda vi è l’ulteriore dato di carattere processuale, costituito dall’evocazione in giudizio della stessa Poste Italiane che non ha sostegno nella mera partecipazione alla gara di Poste (atteso che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, in caso di impugnazione di un bando di gara non è configurabile una posizione di controinteresse; cfr.: Consiglio di Stato, Sez. V, 28 agosto 2019, n. 5926), ma proprio in ragione della posizione di Poste sul mercato e del vantaggio che la struttura della gara le avrebbe illegittimamente conferito.

20.8. In ragione di quanto esposto ritiene il Collegio che l’effetto di caducazione automatica derivante dall’accoglimento della domanda dell’A.G.C.M. non possa risultare irrelato al vincolo precettivo della statuizione di annullamento, come ricostruito alla luce dell’oggetto e del contenuto della domanda. Chiarito che la ragione che sorregge la dedotta illegittimità della gara da parte dell’A.G.C.M. consiste nell’indebito vantaggio concorrenziale che la disciplina di gara ha attribuito a Poste Italiane, ne consegue che l’accoglimento di tale domanda determina la caducazione del provvedimento di aggiudicazione in relazione ai soli lotti nei quali simile vantaggio si è effettivamente realizzato. Diversamente opinando, si giungerebbe a caducare lotti nei quali, per le specifiche dinamiche verificatesi in quella gara, il confronto concorrenziale vi è stato e, nonostante il vantaggio attribuito dalle regole di gara a Poste, l’altro operatore è riuscito ad ottenere la commessa. La caducazione integrale di tutti i lotti comporterebbe, infatti, il verificarsi di una situazione paradossale oltre che contraria ai principi giuridici sopra indicati, comportando la sottrazione di un bene della vita ad un operatore che lo ha legittimamente ottenuto mediante un confronto concorrenziale; sottrazione che dovrebbe giustificarsi in ragione dell’accoglimento di una domanda che si è fondata, in sostanza, proprio sulla dedotta impossibilità di assicurare quel confronto.

20.9. In ragione di quanto esposto, non occorre estendere il contraddittorio a Post&Service Group, atteso che la posizione soggettiva di tale operatore non è, innanzitutto, investita dalla domanda e, poi, dall’effetto di caducazione come sin qui illustrato.

21. Passando all’ultima eccezione articolata da Poste si osserva come, nella memoria di replica del 3.11.2023, la Società ha dedotto l’inammissibilità della deduzione dell’Autorità relativa alle quote-soglia indicate dalle Linee Guida dell’A.N.A.C. e dall’A.G.Com del 2022. Secondo Poste Italiane l’Autorità si sarebbe affidata nei precedenti scritti alle misure delle quote soglie ivi stabilite mentre, nella memoria conclusionale depositata in vista dell’udienza pubblica dinanzi all’Adunanza plenaria, avrebbe fatto riferimento alla valenza meramente esemplificativa delle soglie, osservando che la dimensione del lotto andrebbe verificata caso per caso. Secondo Poste Italiane queste precisazioni comporterebbero una modificazione delle censure originariamente articolate.

21.1. L’eccezione è infondata avendo l’Autorità prospettato, sin dall’atto introduttivo del giudizio, la valenza meramente esemplificativa delle soglie (v. f. 13 del ricorso introduttivo), evocando le Linee Guida del 2022 solo al fine di enfatizzare il difetto di proporzionalità e ragionevolezza delle decisioni della stazione appaltante, non supportate da un’adeguata considerazione del mercato dei servizi postali.

22. Passando, quindi, al merito del ricorso in appello il Collegio ritiene di condividere quanto già esposto nell’ordinanza di rimessione della Sezione.

22.1. Il Collegio osserva, infatti, come le clausole contestate dall’Autorità abbiano imposto la copertura diretta: i) per il lotto n. 1, di almeno l’80% della popolazione residente in Italia misurata sulla base dei C.A.P. ponderati di cui all’Allegato 9.1 della lettera di invito; ii) per i lotti da 2 a 21, del 100% della popolazione residente nel lotto misurata sulla base dei C.A.P. insistenti nel lotto di riferimento. Al fine di consentire anche agli operatori minori di adempiere a tali obblighi (e, quindi, di partecipare alla gara), la lex specialis ha previsto il ricorso a taluni strumenti, valorizzati tanto dalla sentenza di primo grado, quanto dalla decisione n. 6013/2023 di questo Consiglio. In particolare, si è consentito di partecipare costituendo un raggruppamento di operatori economici e di ricorrere al subappalto e alle prestazioni rese in forza di contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto [art. 105, comma 3, lett. c-bis), del D.Lgs. n. 50/2016]. Misure che, secondo la sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio, avrebbero costituito “strategie di compensazione” per consentire la più ampia partecipazione possibile, e delle quali avrebbe fatto parte anche la significativa riduzione dell’estensione dei lotti rispetto alla gara oggetto della sentenza n. 4200/2017 di questo Consiglio. I principi affermati da quest’ultima sentenza dovrebbero, quindi, ritenersi ancora validi, “in assenza” – ha sottolineato la decisione n. 6013/2023 – “di rilevanti sopravvenienze”.

22.2. Al contrario, la disamina del mercato di riferimento a cui si riferisce la procedura di gara disvela, come evidenziato nell’ordinanza collegiale n. 8164/2023, la sussistenza di uno scenario differente da quello preso in considerazione dalla sentenza n. 4200/2017 di questo Consiglio, e, comunque, tale da ritenere fondate le doglianze dell’A.G.C.M. Inoltre, in questo scenario di mercato le “strategie di compensazione” adottate dall’I.N.P.S. non potevano risultare, comunque, idonee ad escludere una notevole compressione dei principi a tutela della concorrenza che, a differenza di quanto evidenziato dal T.A.R., non paiono essere stati adeguatamente bilanciati con gli ulteriori interessi perseguiti dalla stazione appaltante.

22.3. Tale conclusione si fonda sul necessario congiunto operare di tre elementi della disciplina di gara: i) la misura delle soglie di copertura diretta; ii) la concreta capacità delle “strategie di compensazione” di assicurare la più ampia partecipazione in un settore peculiare come il mercato dei servizi postali; iii) l’impossibilità di ricorrere al fornitore del servizio universale.

22.4. Procedendo con ordine si osserva, in primo luogo, come la delibera A.N.A.C. n. 4/2014, pur non dettando criteri vincolanti in parte qua, avesse segnalato come “l’unico operatore in grado di coprire da solo il 100% del territorio nazionale sia Poste, e che gli operatori privati, da soli, riescano a garantire una copertura territoriale regionale, o al massimo sovra regionale”, Pertanto, al fine di “rendere effettiva la liberalizzazione del mercato postale [era necessario secondo A.N.A.C.] che le stazioni appaltanti [valutassero] nei bandi di gara l’opportunità di dividere l’oggetto dell’affidamento in più lotti di recapito distinti, ad esempio in base ad aree omogenee di territorio”. Con riferimento alla copertura minima del lotto, l’A.N.A.C. si era limitata a segnalare come il quantitativo “di regola” non fosse superiore all’80 per cento dei volumi appartenenti al lotto, con possibilità di postalizzazione del restante 20% del servizio.

22.5. Il tema in esame è stato maggiormente approfondito delle Linee Guida A.N.A.C. – A.G.Com del 13.4.2022, che, pur non rilevando direttamente ratione temporis, esprimono, comunque, un principio generale nella parte in cui hanno evidenziato che “l’individuazione dei livelli minimi di copertura e del punteggio attribuibile per la copertura offerta è effettuata sulla base di adeguate analisi di mercato, assicurando il rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza e i limiti della pertinenza e congruità rispetto all’oggetto della gara” (punto 3.3). Inoltre, tali Linee-Guida hanno ipotizzato, pur a titolo meramente esemplificativo, alcune previsioni di copertura, “con l’intento di assicurare, in un’ottica pro concorrenziale, la più ampia partecipazione alle gare di appalto” (50% per il territorio nazionale e al 70% per il territorio regionale).

22.6. Nel caso di specie, le soglie di copertura indicate dalla stazione appaltante sono state nettamente superiori sia ai valori indicati nelle Linee Guida del 2014 che in quelle del 2022 che, pur non operando ratione temporis, forniscono, comunque, parametri indicativi per verificare la proporzionalità e ragionevolezza della scelta intrapresa dalla stazione appaltante.

23. Tale valutazione deve necessariamente involgere gli altri due aspetti in precedenza illustrati che consentono di accertare l’adeguatezza delle scelte compiute dalla stazione appaltante.

23.1. Come già evidenziato, sia la sentenza appellata che la decisione n. 6013/2023 di questo Consiglio hanno evidenziato come le soglie di copertura non potessero ritenersi ex se lesive dei principi a tutela della concorrenza, tenendo conto della possibilità di costituire un r.t.i. e di ricorrere al subappalto (e - aggiunge il Collegio - ai contratti continuativi di cooperazione, servizio e/o fornitura sottoscritti in epoca anteriore alla indizione della procedura finalizzata alla aggiudicazione dell'appalto). Simili strumenti non possono, tuttavia, essere apprezzati in termini meramente astratti ma devono tener conto del mercato di riferimento e, quindi, del mercato dei servizi postali e delle peculiarità di tale settore, compresa la presenza delle aree EU2 (ove non vi è altra rete alternativa a quella del fornitore del servizio universale), sulla quale si sofferma diffusamente il ricorso in appello dell’Autorità.

23.2. A tal fine, può prendersi in considerazione quanto esposto dall’Autorità di settore nel documento relativo agli esiti della consultazione pubblica propedeutica alla delibera n. 27/22, alla quale rinvia la stessa difesa di Poste Italiane s.p.a. L’Autorità di Garanzie nelle Comunicazioni ha evidenziato, in primo luogo, come l’acquisizione da parte di Poste del principale concorrente (Nexive) avesse portato il numero dei concorrenti nazionali da cinque a tre (Fulmine, Citypost e Mail Express Poste Private). Tale acquisizione è, inoltre, “avvenuta in un contesto di mercato caratterizzato, da almeno cinque anni, da una costante riduzione del grado di concorrenza”, con progressiva crescita del disinvestimento infrastrutturale degli operatori alternativi, e, per converso, con estensione dal 6% al 13,2 %, in termini di popolazione interessata, delle aree EU2 nel periodo 2017-2019 (f. 3 dell’Allegato A alla delibera n. 27/22/Cons). L’acquisizione di Nexive (la cui quota di mercato era pari, al momento dell’acquisizione, al 16%), ha comportato – secondo la stessa A.G.Com. – l’incremento della quota di mercato di Poste Italiane, con necessaria compressione della quota degli altri operatori (già pari al solo 7% al momento dell’acquisizione).

23.3. Questi dati generali costituiscono uno dei sostrati su cui si è retta la determinazione dell’Autorità di settore sulle aree EU2 che sono state calibrate sulla copertura delle reti postali presenti in Italia. In questa parte del documento compare il passaggio ricordato da Poste Italiane nel quale l’Autorità ha evidenziato che, “in alcune Regioni (Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Toscana), la presenza di un congruo numero di operatori postali locali infrastrutturati porta ad una copertura aggregata prossima al 100% della popolazione”; pertanto, “la formula del test da applicare alle offerte di PI, presentate nell’ambito di gare e RDO regionali o sub-regionali svolte in Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Toscana, dovrebbe assumere l’ipotesi di copertura diretta dell’ipotetico operatore efficiente pari al 100%” (f. 10 del documento). Tuttavia, tale considerazione è limitata alle sole Regioni indicate, ove sussiste un congruo numero di operatori postali locali infrastrutturati che porta ad una copertura aggregata prossima al 100% della popolazione. Nelle altre Regioni, al contrario, simile situazione non si verifica, con la conseguenza che la pretesa di una copertura da parte del singolo operatore della quota pari al 100% risulta non aderente all’attuale sviluppo del mercato.

23.4. In questo contesto si è collocata, quindi, la decisione dell’Autorità che ha ritenuto: i) di “utilizzare per l’individuazione delle aree EU2 a livello di CAP, per la posta indescritta, la copertura aggregata degli operatori postali alternativi nazionali, che considera le aree coperte da almeno un operatore alternativo tra quelli che offrono, in maniera stabile e continuativa, servizi di recapito ad almeno il 25% della popolazione, che porta ad una percentuale di CAP EU2 in termini di popolazione pari al 30,4%”; ii) di utilizzare per la posta descritta “la copertura aggregata dei predetti operatori postali alternativi nazionali, inclusi i 37 operatori, originariamente recapitisti per Nexive e che, pur attualmente contrattualizzati con PI/Nexive, possono agire per conto proprio e/o di terzi, che porta ad una percentuale di CAP EU2 in termini di popolazione pari al 10,2%”. In sostanza, le aree EU non replicabili valgono, in termini di popolazione, il 30,4% del totale per il recapito della posta indescritta ed il 10,2% per la posta descritta. Questi dati non sono stati sovrastimati dalla Sezione (come dedotto da Poste, facendo anche riferimento al punto V.3 dell’allegato A alla delibera n. 27.22 dell’A.G.Com., che è, comunque, inconferente), ma costituiscono i dati indicati dalla stessa Autorità di settore che, come esposto, ha preso in considerazione gli operatori che offrono in maniera stabile e continuativa servizi di recapito senza tener conto di operatori che, invece, occasionalmente effettuano consegne in tali aree. Di conseguenza, si è tenuto conto del dato indicato dall’Autorità all’esito di un’apposita indagine sorretta da evidenze e indicazioni di metodo che il Collegio non ha ragione di disattendere.

24. Le circostanze e i dati riportati sono particolarmente significativi per due profili per la controversia all’attenzione del Collegio.

24.1. In primo luogo, tali dati testimoniano come non possano ritenersi assenti “rilevanti sopravvenienze” rispetto allo scenario di mercato preso in considerazione dalla sentenza n. 4200/2017. Al contrario, sia i dati indicati che le misure esposte nel ricorso in appello dell’Autorità testimoniano l’ulteriore decrescita di una concorrenza effettiva nel mercato dei servizi postali.

24.2. In secondo luogo, i dati e le circostanze esposte costituiscono elementi di necessario riferimento per verificare l’adeguatezza delle “strategie compensative” della procedura di gara in esame, alle quali ha fatto riferimento la sentenza n. 6013/2023 di questo Consiglio. Deve, infatti, considerarsi come aree EU2 risultino, comunque, presenti in diversi parti del territorio nazionale. Tale circostanza incide sull’effettiva possibilità per l’operatore economico di garantire la “diretta copertura” dell’ambito territoriale indicato nel lotto, pur costituendo una r.t.i. o avvalendosi del subappalto. Infatti, dalla totalità delle aree coperte dai vari operatori economici diversi da Poste Italiane, dovrebbero, comunque, sottrarsi le zone EU2 che non sono coperte dalle reti di questi operatori. Da ciò deriva la sostanziale impossibilità di garantire la copertura diretta del lotto nelle percentuali indicate dalla stazione appaltante (80 per cento per il lotto 1 e, persino, 100 % per i lotti da 2 a 21) anche avvalendosi degli strumenti valorizzati dalla sentenza di primo grado e dalla decisione n. 6013/2023. In particolare, nei lotti da 2 a 21, la soglia di copertura diretta è pari al 100% e, come tale, necessariamente involge zone EU2, ove l’antieconomicità del servizio è sancita dalla stessa Autorità di settore.

24.3. In sostanza, la combinazione tra l’elevata soglia di copertura diretta e la conseguente ricomprensione in tale ambito delle zone EU2 ha comportato la compromissione di un effettivo confronto concorrenziale che, per le ragioni spiegate, non è stato, comunque, suscettibile di idonea compensazione con gli strumenti indicati nella sentenza appellata, che non potevano considerarsi idonei a superare l’ostacolo costituito dalla presenza delle zone EU2.

24.4. Né tale argine è agevolmente suscettibile di essere colmato con le misure indicate da Poste Italiane e dall’I.N.P.S., che hanno evidenziato come il settore dei servizi postali non sarebbe caratterizzato da limiti di carattere fisico e da ingenti costi fissi ma, al contrario, è un settore ad alta intensità di manodopera con la conseguenza che, trattandosi di una risorsa facile da trovare ed agevole da organizzare, la rete è sostanzialmente replicabile e non esistono aree per definizione irraggiungibili o “antieconomiche”. Inoltre, queste parti hanno evidenziato come l’I.N.P.S. aveva previsto un affidamento triennale, in ciascun lotto regionale, di ingenti volumi di raccomandate, le quali hanno un prezzo molto più elevato e sono, quindi, più remunerative della corrispondenza ordinaria, garantendo, quindi, soglie di rimuneratività sufficienti all’assunzione di porta lettere aggiuntivi per coprire anche le aree EU2. Questa possibilità sarebbe risultata di facile realizzazione tenuto conto dei livelli di partenza di molti operatori che già avrebbero avuto coperture significative, incrementabili sia con interventi strutturali nella propria realtà aziendale sia ricorrendo ai vari strumenti associativi. Ciò anche tenendo conto della scarsità delle aree EU2 in ambito regionale, e, quindi, della dimensione di copertura richiesta dalla gara. Inoltre, Poste Italiane ha evidenziato come la postalizzazione sarebbe antieconomica in quanto le tariffe pagate dalla stazione appaltante per il recapito nelle aree extraurbane tramite il fornitore del Servizio Universale, essendo oggetto di regolamentazione, non sarebbero inferiori a quelle che invece la stazione appaltante otterrebbe attraverso un pieno confronto competitivo tra i fornitori; inoltre, il ricorso alla postalizzazione incentiverebbe fenomeni di “parassitismo”, in quanto consentirebbe ai concorrenti di stabilirsi esclusivamente nelle aree più remunerative, lasciando invece a Poste solo le aree meno remunerative.

24.5. Osserva il Collegio come l’entità delle aree EU2 indicata dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni sia, invero, particolarmente significativa, diversamente da quanto dedotto dall’I.N.P.S. e da Poste. La stessa Autorità ha, inoltre, registrato un incremento delle aree EU2 che testimonia, quindi, una progressiva crescita del disinvestimento strutturale degli operatori alternativi. In questo scenario la possibilità di colmare il divario con l’impresa incumbent mediante la mera assunzione di nuovi portalettere è ipotesi che non tiene conto dell’entità di un simile investimento, rapportato ai margini di redditività dell’appalto; inoltre, non è stata indicata neppure una stima di un simile investimento per un operatore, restando, quindi, indimostrata – neppure mediante prove statistiche o mere elaborazioni di calcolo – la fattibilità concreta di simili operazioni mantenendo, comunque, idonei margini di redditività. Del resto, la misura dei finanziamenti garantiti a Poste per l’espletamento del servizio universale (indicata nella memoria del Consorzio) è tale da rendere poco credibile la sussistenza di un margine di redditività a fronte degli investimenti necessari per la copertura diretta. Inoltre, la razionalità economica di un simile investimento risulta, invero, smentita dal confronto tra il numero di piccoli operatori indicata da Poste Italiane (circa 2.500) e il numero di operatori partecipanti alla gara diversi dalla stessa Poste (due). Infatti, ove una simile possibilità fosse realmente fattibile in modo agevole, non si spiegherebbero le ragioni per le quali solo lo 0,08 per cento degli operatori abbia assunto tale decisone e abbia ritenuto di partecipare alla gara. Appare, quindi, poco credibile la facilità di accesso alla gara per gli operatori di mercato e, al contrario, i dati concreti testimoniano come la struttura della gara abbia, in sostanza, impedito agli operatori di prendervi parte. Né una smentita reale può risiedere nella circostanza che in tre lotti hanno partecipato altri due operatori economici. In disparte la già rappresentata esiguità del numero di lotti aggiudicati ad un soggetto diverso da Poste, va considerato anche l’importo a base d’asta di questi lotti che, come osservato dal Consorzio interveniente, è stato complessivamente pari a circa il sei per cento dell’importo complessivo. In ultimo, non rilevano neppure i risultati di altre gare (come quella di ACI Informatica) non essendo stati prodotti i relativi documenti, dal cui esame verificare la sovrapponibilità di tali gare a quella all’attenzione del Collegio.

24.6. Inoltre, va considerato che strumenti come il r.t.i. e il subappalto sono di natura negoziale e necessitano, quindi, del consenso di altri operatori; pertanto, si tratta di strumenti che non possono ritenersi dei succedanei integralmente equivalenti alla strutturazione della gara in modo conforme ai principi a tutela della concorrenza. A ciò si è aggiunto l’espresso divieto di ricorrere al fornitore del servizio universale che, come esposto dall’appellante, ha inciso sulla possibilità di assicurare una copertura diretta del lotto da parte degli operatori, costringendo gli stessi a poter contare astrattamente solo sulla propria o sulle proprie reti. Situazione che, tuttavia, “sconta” i limiti in precedenza illustrati, i quali non possono, quindi, neppure essere colmati attraverso quello che sarebbe il “naturale” strumento compensativo calibrato sulla presenza delle zone EU2, e, cioè, proprio il ricorso al fornitore del servizio universale. Né il ricorso al servizio universale avrebbe comportato, necessariamente, l’incremento dei costi per la stazione appaltante, come evidenziato da Poste Italiane. Infatti, tale affermazione è meramente ipotetica e non tiene conto della possibilità – non escludibile a priori – per gli operatori economici di formulare, comunque, offerte competitive pur di aggiudicarsi il lotto, rinunciando, in ipotesi, a margini di redditività, con conseguente non necessario incremento dei costi complessivi per la stazione appaltante.

24.7. Del resto, questo confronto competitivo – volto a realizzare, in primo luogo, proprio l’interesse pubblico all’economicità della spesa, e con esso la “convenienza amministrativa” dell’acquisto – non si è, in sostanza, realizzato e ciò, verosimilmente, proprio per le clausole impugnate dall’Autorità e, in particolare, per l’inidoneità delle stesse a tener conto della reale e concreta situazione del mercato dei servizi postali, come sopra pur brevemente illustrato. Infatti, nonostante la suddivisione in lotti e l’ingente valore economico della gara, risulta che: i) la sola Poste Italiane ha presentato offerte per i lotti 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 18, 19, 21; ii) C.S.I. s.r.l. ha presentato offerte per i lotti 17 e 18 ma, con gravi carenze nelle offerte tecniche, tanto da essere stata successivamente esclusa; iii) due soli lotti su 22 sono aggiudicati all’altro solo operatore che ha presentato valide offerte; iv) per tutti i lotti (da 1 al 21), Poste Italiane ha presentato offerte pari al valore posto a base d’asta (cfr. determina di aggiudicazione dell’8.11.2022, depositata nel giudizio di primo grado da I.N.P.S.), laddove un confronto concorrenziale effettivo o comunque più significativo avrebbe con ogni probabilità determinato, invece, la necessità di un ribasso della base d’asta, assicurando altrettanto verosimilmente un risparmio all’ente committente a tutto beneficio, in ultimo, della spesa pubblica e, per mutuare un principio del nuovo codice dei contratti pubblici, del risultato perseguito dalla stazione appaltante.

25. Dalle considerazioni sin qui esposte il Collegio ravvisa l’illegittimità della disciplina di gara in quanto sostanzialmente preclusiva di un effettivo e concreto confronto concorrenziale, e, come tale, lesiva sia dell’interesse degli operatori del settore a concorrere gli uni con gli altri su un piano di non discriminazione, sia dell’interesse della stessa stazione appaltante ad avere una platea più vasta di possibili contraenti, tra i quali scegliere, in funzione del “miglior risultato possibile” nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti.

25.1. Infatti, il Collegio osserva come la legittimità di tale disciplina non possa essere sancita dalla prevalenza di ulteriori interessi pubblici nel bilanciamento con quelli sin qui esposti. Infatti, l’interesse ad ottenere il servizio al minor costo possibile non sarebbe stato necessariamente vanificato, come esposto, dalla possibilità di consentire il ricorso alla postalizzazione per le aree non coperte dalla rete dell’operatore. Al contrario, proprio l’interesse ad ottenere un servizio al costo inferiore risulta esser stato concretamente inibito dalle regole di gara che, per le ragioni esposte, hanno precluso un effettivo confronto concorrenziale, comportando l’assegnazione a Poste Italiane di 19 lotti su 21 al valore posto a base d’asta e, quindi, giova ripetere, senza alcun ribasso. Inoltre, le regole della procedura non possono neppure ritenersi giustificate da esigenze di capillarità del servizio che si sarebbe potuto, comunque, assicurare consentendo il ricorso al servizio universale per le sole aree non coperte dalla rete dell’operatore.

26. In definitiva, il primo motivo di ricorso in appello deve essere accolto per le ragioni sin qui spiegate. Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso. La previsione di un criterio premiale – anche se limitato al solo lotto 1 – deve, infatti, valutarsi alla luce delle ulteriori regole e della struttura della gara. Infatti, se un criterio premiale come quello all’attenzione del Collegio non è in grado ex se di ledere le previsioni a tutela della concorrenza, deve, comunque, considerarsi come, nel caso specifico, simile criterio finisca per concorrere alla sostanziale deprivazione del confronto concorrenziale derivante dalle regole di gara, in ragione della struttura del mercato dei servizi postali in precedenza esaminato. Infatti, la previsione di questo criterio premiale determina un ulteriore vantaggio in capo al fornitore del servizio universale che è in grado di garantire l’intera copertura del territorio nazionale e, pertanto, è nella condizione di potersi assicurare anche questo lotto, come effettivamente accaduto nel caso di specie. La clausola in esame deve, quindi, ritenersi affetta dai medesimi vizi riscontrati dal Collegio nella disamina del primo motivo e, pertanto, va accolto anche il secondo motivo di ricorso in appello, con conseguente annullamento anche in parte qua degli atti impugnati.

27. In definitiva, il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado (atteso che è transitato in rem iudicatam il capo relativo all’inammissibilità dell’intervento di Fulmine Group, non oggetto di impugnazione), devono essere annullati gli atti impugnati e deve essere dichiarata la caducazione automatica dei successivi atti e dei lotti aggiudicati (cfr., per tale principio, Consiglio di Stato, Sez. V, 27 luglio 2020, n. 4758; Consiglio di Stato, Sez. V, 6 maggio 2021, n. 3538; Consiglio di Stato, Sez. V, 10 maggio 2022, n. 3628), con esclusione dei lotti n. 17 e n. 20, non investiti dalla domanda giurisdizionale di annullamento per le ragioni spiegate supra.

28. Le questioni esaminate e decise esauriscono la disamina dei motivi, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante; cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 settembre 2021, n. 6209; Id., 13 settembre 2022, n. 7949), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

29. Dall’annullamento giurisdizionale del bando e dalla conseguente caducazione dell’aggiudicazione dei lotti indicati (tutti tranne quelli nn. 17 e 20) consegue l’obbligo per la stazione appaltante di rinnovare la procedura di gara, nell’osservanza del vincolo conformativo derivante dalla presente pronuncia. Come precisato in precedenza, tale vincolo lascia, comunque, aperte alla stazione appaltante più possibilità di strutturare la gara, potendo la stessa diminuire le soglie di copertura diretta (allineandosi alle indicazioni dell’A.N.A.C. e dell’A.G.Com, anche in ordine alla previa attività istruttoria da compiere, specie in relazione alle aree EU2) e, altresì, eliminare il divieto di ricorso al fornitore del servizio universale, purché la risultante complessiva delle scelte intraprese nella struttura della gara non risulti, come accaduto nel caso di specie, foriera di un’indebita compressione del confronto concorrenziale e della possibilità di perseguire il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione nel rispetto del limite e in forza del metodo costituito dal confronto concorrenziale (cfr.: art. 1, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 36/2023).

30. Le spese di lite del doppio grado di giudizio possono essere compensate ai sensi degli articoli 26 del codice del processo amministrativo e 92 del codice di procedura civile, come risultante dalla sentenza della Corte Costituzionale 19 aprile 2018, n. 77, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quest’ultima disposizione nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, da individuarsi nella indubbia complessità delle questioni esaminate.

Nulla spese nei confronti di Fulmine Group s.r.l. che non si è costituita in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello:

i) dichiara la tardività della memoria di replica dell’A.G.C.M. dell’11 marzo 2024;

ii) ammette l’intervento del Consorzio A.RE.L.;

iii) accoglie il ricorso in appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio e annulla gli atti impugnati nei sensi e nei limiti indicati in motivazione;

iv) dichiara la caducazione degli atti successivi nei limiti indicati in motivazione e per le ragioni ivi indicate;

v) compensa tra le parti costituite le spese di lite del doppio grado di giudizio e nulla nei confronti di Fulmine Group s.r.l.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Roberto Caponigro, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere

 

Guida alla lettura

La sentenza del Consiglio di Stato fornisce un’occasione di riflessione sulle interferenze tra la procedura ad evidenza pubblica e la possibile alterazione della concorrenza, che giustifica l’intervento dell’autorità tutoria. In via gradata, si pone il problema dei limiti dell’intervento dell’Antitrust nell’orientamento della discrezionalità amministrativa, nel contesto dell’impostazione degli atti di gara, tesa al perseguimento dell’obiettivo della scelta del migliore offerente. Si profila, in tal modo, una prospettazione dello statuto dell’azione ex art 21-bis della l. 287/90, come riferito al modello del bando con suddivisione in lotti.

Con l’art. 21-bis della l. 287 del 90, i poteri di enforcement, riconosciuti all’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sono stati incrementati. Infatti, l’attività di contrasto agli illeciti anticoncorrenziali, non è più limitata al potere sanzionatorio e al preventivo potere regolamentare. Viene in rilievo il potere di advocaty , cioè di adizione diretta dell’organo giurisdizionale per attivare una tutela caducatoria. L’Antitrust è legittimata, infatti, ad esperire l’azione di annullamento di atti generali, provvedimenti regolamenti, posti in essere dalla P.A. in violazione delle norme sulla concorrenza.

La norma ha conferito all’autorità tutoria non una legittimazione generale, bensì una legittimazione straordinaria ed eccezionale per i soli casi di violazione delle norme sulla concorrenza.

L’azione si compone di due fasi, che si esplicano rispettivamente in sede precontenziosa e in sede giurisdizionale. Una volta individuata l’attitudine dell’atto amministrativo a violare le norme sulla concorrenza e a ledere il relativo interesse, l’Antitrust segnala la criticità alla P.A. . La segnalazione integra un’ipotesi di autotutela doverosa, radicando il dovere di riesaminare l’atto segnalato come anticoncorrenziale ed esprimere una determinazione sulla sua sorte. La ratio della fase precontenziosa si apprezza nell’ottica di una deflazione del contenzioso, potendo approdare all’adozione di provvedimenti di autotutela.

La seconda fase è propriamente processuale e consiste nell’esperimento di un ricorso in annullamento dell’atto segnalato come anticoncorrenziale. II ricorso è un’extrema ratio, attuabile solo quando la P.A. non si determini alla correzione del vizio segnalato.

La Corte Costituzionale ha ritenuto lo strumento ex art. 21-bis della legge 287/90 immune da vizi di incostituzionalità, in quanto i poteri di adizione alla tutela giurisdizionale costituiscono un ulteriore strumento di tutela della concorrenza, che incrementa il numero di mezzi a disposizione dell’Antitrust.

È stato precisato che l'azione non integra un’ ipotesi di giurisdizione oggettiva in quanto l'Antitrust è, sul piano della legittimazione, portatrice di uno specifico interesse. L’interesse al corretto funzionamento del mercato è attribuito dalla legge e viene azionato in giudizio quale interesse qualificato e differenziato.

Sul piano dell’interesse a ricorrere, si discute del grado di incisione della concorrenza, rilevante ai fini dell’integrazione della lesione, necessaria per la ricorrenza delle condizioni dell’azione.

Anche in tale contesto, come per il potere sanzionatorio, è stato rilevato che la clausola de minimis, implicante la necessità di una significativa compromissione della concorrenza, va intesa come regola organizzativa dell’Antitrust. Pertanto, la percezione della lesione della concorrenza rilevante ai fini dell’attivazione dell’enforcement e’ rimessa alla valutazione dell’Antitrust. Ciò non toglie che il sindacato del giudice potrebbe rilevare che la lesione sia esigua e ritenere inammissibile l’azione.

Siffatta valutazione si inserisce nell’alveo del sindacato estrinseco di ragionevolezza.

La giurisprudenza ha enucleato ipotesi di certa inammissibilità dell’azione. In primo luogo, la mancata attivazione della fase precontenziosa ovvero il radicamento dell’azione giurisdizionale su vizi diversi da quelli prospettati in sede precontenziosa,  danno luogo ad ineluttabile inammissibilità. Ciò in quanto, le esigenze di celerità che potrebbero suggerire l’omissione del preventivo contraddittorio della PA ovvero l’introduzione di vizi non palesati in via preventiva, giammai possono sacrificare il dialogo tra Antitrust e p.a..

Sotto tale aspetto, si segnala in sentenza che l’azione ex art. 21-bis legge 287/90, manifesta indubbiamente un’anelito alla celerità, che si apprezza per la previsione della immediata impugnabilità oltre dei provvedimenti, anche gli atti amministrativi generali e dei regolamenti, senza attendere l’atto applicativo che concreti il vizio.

Un secondo requisito di ammissibilità dell’azione è costituito dalla necessità di censura di un vizio specifico e non generico. Deve trattarsi della rappresentazione di una violazione di una norma sulla concorrenza e non della generica lesione del valore concorrenziale, anche se è lamentata la violazione di una norma costituzionale. La ragione di tale necessità risiederebbe nella natura stessa di rimedio e nella correlativa legittimazione. Si tratta, infatti, di un rimedio speciale, che deve essere azionato solo nel contesto della legge che ha radicato la legittimazione straordinaria.

La necessità che sia azionata una violazione della legge n. 287/90  permette di connotare il relativo giudizio come un giudizio caducatorio di legalità e non come giudizio di merito: giammai, sarebbe ammissibile l’azione mirante all’attivazione di un sindacato di merito. Diversamente, infatti, verrebbero stimolate delle valutazioni giurisdizionali sulla opportunità dell’azione amministrativa, senza una base legale. Infatti, art. 21 bis della l. 287/90 attribuisce la legittimatio ad causam solo per l’azione, che sia introduttiva di un giudizio di legalità.

Nella fattispecie oggetto della sentenza in commento sono state impugnate  le clausole della lex specialis, che rappresentano un ostacolo alla partecipazione alla gara, risultando  attributive di vantaggi nella competizione ad alcuni operatori.

Occorre premettere, che il rispetto della trasparenza e della competitività nella procedura di evidenza pubblica, rappresentano la condizione per l’attuazione della cd. concorrenza per il mercato. Più in particolare, l’affidamento di una commessa deve avvenire secondo regole di par condicio e di competitività per evitare di risolversi in un vantaggio a favore di un’impresa o di operatore, non correlato a ragioni di soddisfacimento dell’interesse pubblico e di qualità o convenienza dell’offerta.

In tale contesto si è posta la questione se possa considerarsi inammissibile l’azione ex art. 21-bis della legge 287/90, che si limiti alla domanda di annullamento senza specificare l’effetto conformativo anelato.

Secondo il Consiglio di Stato l’effetto conformativo del giudicato non è perimetrato da una specifica domanda di parte, ma è correlato ai motivi di impugnazione introdotti con la domanda e che sono stati determinanti ai fini dell’annullamento.

L’effetto conformativo, pertanto, si ricostruisce attraverso la combinazione tra la motivazione e il dispositivo, nella loro correlazione con i motivi di ricorso. L’annullamento del bando di gara, dà luogo alla rinnovazione. Tuttavia, occorre distinguere le sentenze ad effetto vincolante strumentale, dalle sentenze ad effetto vincolante pieno. Le prime impongono alla P.A.  di rinnovare la procedura, depurandola da vizi procedurali, che hanno implicato l’annullamento. Le seconde danno luogo a un rinnovo del procedimento, quale riesercizio completo del potere, quando gli atti di gara sono stati caducati per carenza di presupposti o violazioni di termini perentori. In ogni caso, l’effetto conformativo del giudicato, sortito dalla definizione del giudizio instaurato con la domanda ex art. 21 bis della l. n. 287/90, giammai potrebbe risolversi nella violazione dell’art 34 comma 2 c.p.a. Infatti, il divieto per il giudice di pronunciarsi con riferimento a poteri non ancora esercitati, non attiene alla riedizione, bensì al tratto dell’azione antecedente al giudizio. Diversamente, la norma ex art. 34 comma 2 cpa sarebbe sospetta di incostituzionalità, per violazione del diritto di difesa e del principio di effettività.

La sentenza in commento affronta il quesito  se l’impugnativa di una gara di appalto con divisione in lotti, ex art. 21-bis della l. n. 287/90 possa diventare improcedibile per effetto della sopravvenuta conclusione dei contratti a valle, in carenza della domanda di caducazione riferita agli stessi. La questione correlata al quesito e’ se la legittimazione ex art. 21-bis l. n.  287/90, comprenda la legittimazione ad esperire motivi aggiunti avverso atti sopravvenuti.

Occorre premettere, più in particolare, che l’improcedibilità è la condizione processuale dell’azione, dovuta ad un fatto, sopravvenuto nel corso del giudizio, o ad un provvedimento inoppugnabile, forieri di carenza di interesse a coltivare l’azione. Ciò avviene quando la sopravvenienza determina l’impossibilità di realizzare il bene della vita anelato ed azionato, con conseguente inutilità della prosecuzione del giudizio. I presupposti di una pronuncia di improcedibilità vanno vagliati con attenzione dal G.a, per non incorrere in una sentenza che sia inficiata da denegata giustizia.

Applicando tali coordinate all’azione ex art. 21-bis della l. n. 287/90, la stipula del contratto nelle more del giudizio di impugnazione del bando, non rende il processo inutile anche se non sia stata formulata la domanda di caducazione. Infatti, nonostante la sopravvenienza, persiste l’interesse alla statuizione demolitoria del bando, perché alla stessa potrà seguire la determina di caducazione del contratto in sede amministrativa.

La sentenza ha, altresì, esaminato la questione della possibilità della caducazione automatica, per effetto della statuizione demolitoria del bando, delle aggiudicazioni relative a lotti, in relazione ai quali non sia stata effettuata la notifica del ricorso introduttivo.

Il bando con suddivisione in lotti ha la natura giuridica di un bando ad oggetto plurimo, che solo formalmente è connotato di unicità, ma sostanzialmente è un fascio di tante gare quanti sono i lotti. Se il ricorso è stato notificato ad un solo controinteressato e se il giudice non ha esteso il contraddittorio, si pone la questione della caducazione automatica, quale effetto della statuizione di demolizione del bando.

Il Consiglio di Stato chiarisce che non potrebbe configurarasi una caducazione asettica ed automatica. Tuttavia, saranno travolte quelle aggiudicazioni, che a valle concretano il vizio della lex specialis, in considerazione del quale è stato pronunziato l’annullamento.