Cons. Stato, Sez. IV, 15 aprile 2024, n. 3403

“La soluzione al quesito relativo all'applicabilità o meno della clausola di revisione dei prezzi passa necessariamente attraverso la previa qualificazione giuridica dell'atto con il quale è stata disposta la prosecuzione del rapporto, in quanto ai fini dell'applicabilità della revisione prezzi in presenza [di] atti successivi al contratto che ne dispongono la prosecuzione, carattere dirimente assume la verifica circa l'unicità o meno del rapporto contrattuale”(omissis)

Un'altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell'applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale.

In particolare, è stato precisato che "Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l'accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall'atto originario”(omissis)

“Deve ritenersi consolidato l'orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: "In materia di appalti pubblici, presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 - secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo - è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale".

 

Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 15 aprile 2024, n. 3403

Presidente: Carbone - Estensore: Carrano

 

FATTO E DIRITTO

1. Con contratto rep. n. 3 del 29 gennaio 2009, il Consorzio ATO LE/2 ha affidato, a seguito di gara pubblica, all'ATI costituita da Ecotecnica s.r.l. (mandataria), Bianco Igiene Ambientale s.r.l. e Armando Muccio s.r.l., l'esecuzione dei servizi di spazzamento delle reti stradali e delle aree pubbliche, di raccolta indifferenziata e differenziata e di trasporto R.S.U. di nove comuni appartenenti al suddetto ATO, tra i quali i Comuni di Bagnolo del Salento, Cannole e Sternatia.

La durata dell'appalto era fissata in nove anni dall'effettivo inizio del servizio.

Allo scadere del contratto, i Comuni di Bagnolo e di Cannole hanno adottato una ordinanza sindacale d'urgenza, di identico contenuto, con la quale hanno disposto la prosecuzione del servizio fino alla nuova aggiudicazione.

Diversamente, il Comune di Sternatia ha adottato una determina dirigenziale avente comunque le stesse premesse e considerazioni.

La società appellante, con istanza del 14 novembre 2022 rivolta al Comune resistente, ha chiesto la revisione dei prezzi per il periodo da maggio 2013 ad aprile 2022.

A fronte dell'inerzia della P.A., ha poi agito con una azione avverso il silenzio, limitatamente al periodo dal giugno 2015 al novembre 2018, di cui un primo periodo (giugno 2015-10 maggio 2018) risultava coperto dal contratto di appalto ed un secondo periodo (11 maggio 2018-11 novembre 2018) in cui il servizio è stato espletato in forza di un'ordinanza contingibile e urgente emanata dal Sindaco.

Nel giudizio di primo grado, il T.A.R., nella stessa camera di consiglio, ha accolto parzialmente i due ricorsi (solo per il primo periodo coperto dal contratto) avverso i Comuni di Bagnolo e di Cannole (che avevano adottato una ordinanza sindacale d'urgenza), mentre ha accolto integralmente il ricorso (per entrambi i periodi) contro il Comune di Sternatia (che, invece, aveva adottato una determina dirigenziale).

Con ricorso in appello, la società ha lamentato l'erroneità della sentenza per non aver qualificato l'ordinanza contingibile e urgente quale mero atto di proroga del precedente contratto, con conseguente applicazione dell'istituto della revisione prezzi.

Con apposita memoria, si è costituita l'amministrazione resistente, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

All'odierna camera di consiglio, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. In via preliminare, deve essere esaminata l'eccezione sollevata dal Comune resistente di inammissibilità dell'appello per difetto di interesse sulla base della mancata impugnazione dell'ordinanza sindacale oggetto di contestazione.

L'eccezione è infondata.

Invero, la pretesa sostanziale che la parte appellante intende far valere nel presente giudizio attiene all'applicabilità in proprio favore della clausola di revisione dei prezzi anche per il periodo in cui il servizio è stato espletato in forza di una ordinanza sindacale.

A ben vedere, però, quest'ultima, nella parte in cui dispone la prosecuzione del servizio "agli stessi patti e condizioni" di cui al precedente contratto, senza fissare un autonomo corrispettivo o prevedere una diversa disciplina, non produce di per sé alcun effetto lesivo nei confronti della società appellante, con la conseguente insussistenza di un onere di immediata impugnazione.

La società appellante, infatti, ha chiesto esattamente l'applicazione degli "stessi patti e condizioni" di cui al precedente contratto, così come previsto nell'ordinanza sindacale.

Il punto controverso attiene, invece, all'applicabilità o meno dell'istituto della revisione prezzi, dovendosi quindi stabilire se il rinvio alle precedenti condizioni contrattuali debba essere inteso o meno come inclusivo anche di tale clausola di cui all'art. 13 del contratto di appalto.

Tuttavia, l'esclusione della revisione prezzi (a cui è collegato l'onere di immediata contestazione) non poteva desumersi dal mero tenore letterale dell'ordinanza, non contenendo questa alcun esplicito riferimento sul punto.

Occorre quindi procedere necessariamente ad una interpretazione di tale atto, al fine di qualificarlo giuridicamente, il che conferma l'insussistenza di un onere di immediata impugnazione, dal momento che l'effettiva lesione si ricollega non già al provvedimento in sé considerato, quanto piuttosto ad una sua determinata interpretazione, ossia quella volta ad escludere l'applicabilità della clausola di revisione dei prezzi.

Né vale obiettare, come asserito dalla parte resistente, che se l'appellante avesse ritenuto errata la decisione di adottare un provvedimento nella forma dell'ordinanza sindacale, avrebbe dovuto impugnarla, chiedendone l'annullamento per vizi di legittimità.

Invero, in un contesto di giurisdizione soggettiva, come è quella amministrativa, l'interesse della società appellante non era certo quello del rispetto della mera legalità, mediante l'adozione di un provvedimento formalmente corretto, quanto piuttosto l'interesse sostanziale a conseguire il bene della vita, nella specie rappresentato dall'applicazione delle stesse condizioni contrattuali anche per il periodo coperto dal provvedimento, inclusa la revisione prezzi, a prescindere dalla tipologia di atto in concreto adottato dall'amministrazione.

L'eccezione, quindi, deve essere rigettata.

3. Nel merito, l'appello è fondato.

La questione giuridica che si pone nella presente controversia attiene all'applicabilità o meno della clausola di revisione dei prezzi (art. 13 del contratto di appalto, che richiama l'art. 115 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) nell'ipotesi in cui vi sia stata una prosecuzione del contratto sulla base di una ordinanza contingibile e urgente in materia di gestione dei rifiuti (art. 191 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156).

Il T.A.R., con la sentenza impugnata, richiamando un proprio orientamento su tale questione, ha optato per una soluzione negativa, ritenendo che l'istituto in esame possa trovare applicazione solo nel caso di prestazioni eseguite in forza di un contratto e non anche quando vengano eseguite in virtù di un provvedimento amministrativo, quale è appunto l'ordinanza contingibile e urgente (cfr. punto 4.1 della sentenza impugnata e precedenti ivi richiamati), ritenendo, invece, non condivisibile la tesi secondo cui si sarebbe in presenza di un atto di proroga del precedente rapporto contrattuale (cfr. punto 4.2 della sentenza impugnata).

Orbene, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata debba essere riformata in quanto, nonostante la corretta enunciazione del principio di diritto, ha tuttavia errato nella sua concreta applicazione al caso di specie, omettendo di verificare la sussistenza nella specie di un unico rapporto contrattuale prorogato ovvero di distinti ed autonomi rapporti a prescindere dalla forma dell'atto che ha imposto la prosecuzione, ed omettendo altresì di esternare le ragioni per le quali ha ritenuto non condivisibile la tesi della proroga avanzata dalla società, avendo solamente enunciato tale assunto, senza però motivare sul punto.

4. Invero, con la sentenza impugnata, il primo giudice si è limitato ad individuare la fonte pubblicistica della prosecuzione del contratto, senza qualificarla né come proroga, né come nuovo rapporto.

Tuttavia, come già accennato, la soluzione al quesito relativo all'applicabilità o meno della clausola di revisione dei prezzi passa necessariamente attraverso la previa qualificazione giuridica dell'atto con il quale è stata disposta la prosecuzione del rapporto, in quanto ai fini dell'applicabilità della revisione prezzi in presenza [di] atti successivi al contratto che ne dispongono la prosecuzione, carattere dirimente assume la verifica circa l'unicità o meno del rapporto contrattuale (in tal senso, v. C.d.S., Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053).

Nel caso di specie, l'atto che viene in rilievo è costituito da una ordinanza adottata dal Sindaco ai sensi dell'art. 191 (ordinanze contingibili e urgenti e poteri sostitutivi) del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156 (c.d. codice dell'ambiente), che consente il "ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti", anche in deroga alle disposizioni vigenti, qualora si verifichi una situazione di necessità eccezionale ed urgente per la tutela della salute pubblica e dell'ambiente.

L'art. 191, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156, dispone poi che tali ordinanze "indicano le norme a cui si intende derogare" e che devono essere adottate "su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali".

Orbene, nel caso di specie, l'ordinanza sindacale non indica alcuna norma a cui intende derogare.

In secondo luogo, è stata motivatamente adottata senza i prescritti pareri tecnici sulle conseguenze ambientali, in quanto "nel caso di specie non si rende necessario acquisire il parere tecnico-sanitario, ai sensi dell'art. 191, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i., atteso che trattasi dell'attuazione del contratto rep. 3/2009 già in essere e che per lo stesso in fase di approvazione da parte dell'ATO LE/2 sono stati prioritariamente acquisiti i necessari pareri degli Enti terzi" (cfr. ordinanza sindacale).

Pertanto, l'atto in esame, non solo differisce dal modello legale di ordinanza sindacale quanto al contenuto e alla procedura da seguire per la sua adozione (art. 191, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 156), ma contiene anche un esplicito riferimento al contratto di appalto già in essere a cui intende dare espressamente "attuazione".

Infatti, se da un lato è vero che l'art. 8 del contratto (rubricato "durata dell'appalto") stabiliva una durata di nove anni precisando che "non è prorogabile" (comma 1), tuttavia, è anche vero che lo stesso art. 8, al comma 3, prevedeva espressamente che "alla scadenza del contratto, qualora non siano state completate le formalità relative al nuovo appalto ed il conseguente affidamento del servizio, la ditta affidataria dovrà garantirne l'espletamento fino alla data di assunzione del servizio da parte della ditta subentrante. Durante tale periodo di servizio rimangono ferme tutte le condizioni stabilite nel contratto e nel relativo capitolato" (dello stesso tenore anche l'art. 2 del capitolato speciale d'appalto).

Tale disposizione contrattuale deve essere interpretata nel senso della sussistenza di un generale divieto di proroga del contratto (c.d. opzione di proroga), fatta salva l'eccezionale ipotesi in cui la proroga sia limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente (c.d. proroga tecnica).

Dal punto di vista sistematico, la distinzione tra opzione di proroga e proroga tecnica, già prevista dall'art. 106, comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è stata ulteriormente precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici, che ha distinto le due fattispecie collocandole, rispettivamente, nel comma 10 (opzione di proroga) e nel comma 11 (proroga tecnica) dell'art. 120 d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, stabilendo che il contraente originario, in entrambi i casi, è tenuto ad eseguire le prestazioni contrattuali "ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto", mentre solo nel caso di opzione di proroga troveranno applicazione le "condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante", sempre che ciò sia previsto nei documenti di gara.

Pertanto, dall'analisi del citato art. 8 del contratto di appalto, emerge la chiara sussistenza di un obbligo contrattuale di garantire il servizio oggetto di affidamento fino al subentro della nuova ditta aggiudicatrice (c.d. proroga tecnica).

Tale previsione contrattuale, peraltro, è sufficiente a rendere irrilevanti le contestazioni avanzate dalla parte resistente secondo cui, ai fini della proroga, sarebbe stato necessario un atto negoziale bilaterale, rivestito di forma scritta ed adottato dallo stesso organo che aveva la competenza a stipulare l'originario contratto.

Pertanto, deve ritenersi che l'ordinanza sindacale in esame, nella parte in cui ordina alla società appellante di eseguire temporaneamente il servizio in questione per sei mesi (fino all'11 novembre 2018) "agli stessi patti e condizioni di cui al Contratto Rep. n. 3 del 29.01.2009" con applicazione di una "clausola di risoluzione immediata in caso di avvio del servizio a seguito della gara ponte e/o del servizio unitario dell'ARO 5/LE", sia da qualificare come un atto avente natura ricognitiva di un obbligo già discendente dal contratto, essendosi limitata a dare applicazione ad una proroga tecnica già prevista contrattualmente.

5. Un'altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell'applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale.

In particolare, è stato precisato che "Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l'accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall'atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l'intervenuta mera proroga del previgente contratto" (C.d.S., Sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635).

Inoltre, deve ritenersi consolidato l'orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: "In materia di appalti pubblici, presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 - secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo - è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale" (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).

Analoghe considerazioni possono svolgersi anche nel caso in esame, sebbene venga in rilievo un atto formalmente amministrativo e non negoziale.

Infatti, esaminando il contenuto dell'ordinanza contingibile e urgente, deve constatarsi come non emergano elementi di discontinuità rispetto al rapporto contrattuale in essere tali da far ritenere che l'amministrazione abbia inteso dar corso ad un distinto, nuovo ed autonomo rapporto giuridico, ancorché di contenuto analogo a quello originario, alla stregua di un rinnovo contrattuale.

Da ciò ne consegue che il rapporto sorto con il contratto di appalto rep. n. 3 del 29 gennaio 2009 è proseguito senza soluzione di continuità fino all'11 novembre 2018, trattandosi di un unico rapporto contrattuale, come si evince dallo stesso contratto (art. 8, comma 3) nonché dal contenuto della medesima ordinanza sindacale che ad esso rinvia.

6. Tale considerazione, inoltre, consente di distinguere la presente fattispecie da quella decisa da questa stessa Sezione con sentenza del 22 maggio 2023, n. 5053, invocata dalla difesa comunale a sostegno del rigetto del ricorso.

In quest'ultimo caso, infatti, si trattava ugualmente di un servizio svolto senza soluzione di continuità, ma, diversamente dal caso di specie, risultava effettuato sulla base di diversi atti (ordinanze sindacali e contratti) adottati sulla base di distinti presupposti, con fissazione di un autonomo corrispettivo volta per volta, nell'ambito di una procedura di aggiudicazione annullata in via giurisdizionale.

In particolare, il Collegio ha ritenuto "dirimente la considerazione che, se è vero che il servizio di cui trattasi è stato svolto senza soluzione di continuità, non vi è prova dell'esistenza di un rapporto 'unico' pluriennale, tale da giustificare la revisione del compenso, che risulta peraltro essere stato fissato di volta in volta, in via autoritativa, ovvero su base negoziale" (C.d.S., Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6).

In tale giudizio, infatti, premesso che "la durata del servizio non può essere confusa con la continuità ed unicità del rapporto contrattuale" (C.d.S., Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6.8), è stato evidenziato che "il servizio è stato prestato in forza di diversi ed autonomi atti, negoziali o autoritativi, nell'ambito dei quali il riferimento alle condizioni dell'appalto originario ha svolto esclusivamente la funzione di individuare e definire il contenuto del servizio e le modalità di espletamento.

In particolare:

- gli unici contratti stipulati tra le parti hanno avuto durata pari, rispettivamente, a mesi sei (rep. n. 1902) e mesi sette (rep. 1914); ciascuno di essi, inoltre, è stato il frutto di una autonoma negoziazione (anche per quanto riguarda il compenso) o, perlomeno, non vi è prova del contrario;

- anche le ordinanze contingibili ed urgenti intervenute prima e dopo la stipula di tali contratti non possono essere considerate come sintomatiche della proroga dello stesso rapporto, poiché esse sono state adottate esplicitamente sul presupposto esattamente contrario della discontinuità del rapporto medesimo e hanno proceduto in via autonoma alla determinazione del compenso" (C.d.S., Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6.8).

La presenza dei suddetti elementi di discontinuità ha portato, dunque, ad escludere la possibilità di qualificare le ordinanze sindacali in termini di proroga di un unico rapporto contrattuale.

6.1. Più nello specifico, non può neanche condividersi la prospettazione di parte resistente che tende a valorizzare un passaggio motivazionale di tale precedente, laddove si esclude che il mero richiamo fatto nelle ordinanze sindacali alle condizioni contrattuali sia sufficiente a fondare un diritto alla revisione del prezzo.

Invero, avuto riguardo alla specificità del caso sottoposto a questa Sezione nel citato precedente, si deve evidenziare come, in quella ipotesi, l'invocata revisione del prezzo non fosse applicabile in ragione della stessa previsione contrattuale che ne differiva l'operatività a decorrere dal secondo anno del contratto oggetto di affidamento.

In particolare, è stato precisato che "Nemmeno è utile, nella fattispecie, il richiamo fatto nelle ordinanze alle condizioni dell'appalto e quindi anche all'art. 8 dello schema di contratto che prevedeva il diritto alla revisione del prezzo. Questa disposizione era infatti destinata ad operare a partire dal secondo anno del contratto pluriennale oggetto di affidamento e che, come tale, non è stato mai stipulato, in ragione dell'annullamento della gara presupposta.

In ogni caso, i contratti e le ordinanze adottate dal Comune di Matino hanno sempre disposto l'esecuzione del servizio per un periodo di tempo delimitato, stabilendo di volta in volta anche il compenso dovuto alla società" (C.d.S., Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053, § 6.6).

Ciò vale a segnare la sicura diversità della suddetta fattispecie da quella oggetto del presente giudizio, con la conseguenza che nessun contrasto viene a configurarsi con il suddetto precedente, il cui principio di diritto può invece trovare conferma anche nella presente sede.

7. In conclusione, quindi, l'appello deve essere accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve ordinarsi al Comune di Bagnolo del Salento di adottare, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, un provvedimento espresso sull'istanza di revisione dei prezzi presentata dalla società appellante anche con riferimento al periodo dall'11 maggio 2018 all'11 novembre 2018.

In caso di persistente inadempimento oltre il termine assegnato al Comune resistente, si nomina fin d'ora Commissario ad acta il Prefetto di Lecce o un suo delegato, affinché provveda a concludere il procedimento e ad adottare il sopra indicato provvedimento entro l'ulteriore termine di 30 giorni successivi al termine assegnato alla P.A.

8. Le spese di lite devono essere compensate in ragione della situazione di oggettiva incertezza derivante dalla estrema diversità della casistica giurisprudenziale esistente nella materia in questione e dalla conseguente sussistenza di precedenti apparentemente contrastanti, che rappresentano "altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni", rispetto a quelle tipizzate dall'art. 92 c.p.c., che consentono la compensazione integrale delle spese di lite (cfr. Corte cost., n. 77 del 2018).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, ordina al Comune di Bagnolo del Salento di adottare, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza, un provvedimento espresso sull'istanza di revisione dei prezzi presentata dalla società appellante anche con riferimento al periodo dall'11 maggio 2018 all'11 novembre 2018.

In caso di persistente inadempimento oltre il termine assegnato al Comune resistente, nomina fin d'ora Commissario ad acta il Prefetto di Lecce o un suo delegato, affinché provveda a concludere il procedimento e ad adottare il sopra indicato provvedimento entro l'ulteriore termine di 30 giorni successivi al termine assegnato alla P.A.

Compensa le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con pronuncia n. 3403 dello scorso 15 aprile, la IV Sezione del Consiglio di Stato si è occupata dell’ambito di applicazione della clausola di revisione dei prezzi.

In particolare, è stata analizzata l’operatività della suddetta clausola a fronte di atti successivi al contratto di appalto che ne dispongono la prosecuzione e la necessità di distinguere tra proroga del contratto e rinnovo contrattuale.

Il Collegio, prima di evidenziare le ritenute ragioni di fondatezza dell’appello, ha richiamato il principio di diritto, fatto proprio anche dai giudici di prime cure, alla stregua del quale la clausola di revisione dei prezzi può trovare applicazione solo nel caso di prestazioni eseguite in forza di un contratto e non anche quando vengano eseguite in virtù di un provvedimento amministrativo”.

 Tuttavia, il Consiglio di Stato pone in evidenza come il Tar abbia errato nella concreta applicazione del suddetto principio, omettendo di verificare se nel caso di specie sussistesse un unico rapporto contrattuale prorogato ovvero distinti e autonomi rapporti, a prescindere dalla forma dell'atto che ha imposto la prosecuzione.

Infatti, orientamento consolidato in giurisprudenza, è quello alla stregua del quale “ai fini dell'applicabilità della revisione prezzi in presenza [di] atti successivi al contratto che ne dispongono la prosecuzione, carattere dirimente assume la verifica circa l'unicità o meno del rapporto contrattuale” (in tal senso, v. C.d.S., Sez. IV, 22 maggio 2023, n. 5053).

Si statuisce, a tal proposito, che il rapporto contrattuale si deve considerare unitario ove gli atti successivi al contratto che ne dispongono la prosecuzione contengano un esplicito riferimento al contratto di appalto già in essere e possano qualificarsi come atti aventi natura meramente ricognitiva di un obbligo già discendente dal contratto stesso.

 Ad esempio, si devono qualificare come atti meramente ricognitivi di obblighi contrattuali quelli che si limitano, come nel caso di specie, a dare applicazione ad una proroga tecnica già prevista contrattualmente.

Dunque, si può ritenere che la soluzione al quesito relativo all'applicabilità o meno della clausola di revisione dei prezzi passa necessariamente attraverso la previa qualificazione giuridica dell'atto con il quale è stata disposta la prosecuzione del rapporto”.

In secondo luogo, il Supremo Consesso evidenzia un'altra distinzione dirimente ai fini dell'applicabilità della clausola di revisione dei prezzi, ossia quella tra proroga e rinnovo contrattuale.

Invero, si pone in luce il consolidato orientamento della giurisprudenza che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali.

Infatti, ai sensi del suddetto indirizzo interpretativo, "In materia di appalti pubblici, presupposto per l'applicazione della norma di cui all'art. 115 d.lgs. n. 163 del 2006 - secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo - è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale" (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).

All’uopo si specifica che "Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l'accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall'atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l'intervenuta mera proroga del previgente contratto" (C.d.S., Sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635).

Ebbene, alla luce dei principi enucleati, il Consiglio di Stato ha rilevato che, pur avendo il primo giudice richiamato l’orientamento della giurisprudenza in materia, non ne ha fatto corretta applicazione in quanto non ha esaminato nel caso di specie la qualificazione giuridica dell’atto successivo al contratto e non ha rilevato come lo stesso non presenti elementi di discontinuità rispetto al rapporto contrattuale in essere tali da far ritenere che l’amministrazione abbia inteso dar corso a un rinnovo contrattuale ostativo all’applicazione della clausola di revisione dei prezzi.

La Sezione ha – così – concluso che il ricorso di primo grado vada accolto e,  per l’effetto, vada riformata la sentenza impugnata.