T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. II, 23 aprile 2024, n. 493

Dalla lettura combinata dell’art. 225, comma 8 e del successivo art. 226, comi 1 e 5 del D.lgs. 36/2023, si deduce sia l’abrogazione, a far data dal 01.07.2023, del D.lgs. n. 50/2016 sia l’opposta soluzione ermeneutica per cui i richiami a tale ultimo decreto contenuti in disposizione legislative, regolamentari o amministrative vigenti debbano intendersi dinamicamente riferite alle corrispondenti disposizioni del nuovo codice o, in mancanza, ai principi desumibili dallo stesso.

Restano salve le disposizioni che introducono, in funzione semplificativa ed acceleratoria, norme speciali per la realizzazione di appalti finanziati con i fondi PNRR o PNC, ma ciò non consente di sostenere la riviviscenza o la permanenza in vigore tout court del D.lgs. n. 50/2016.

Ne deriva che alla gara in argomento devono ritenersi applicabili le norme del nuovo codice dei contratti pubblici nonché i relativi principi (oltre che le disposizioni speciali previste dall’ordinamento per le gare finanziate dai fondi PNRR/PNC).

La giurisprudenza peraltro ha avuto modo di puntualizzare che “per censurare utilmente l’aggiudicazione impugnata per il profilo dei costi di manodopera indicati dall’operatore aggiudicatario, parte ricorrente avrebbe dovuto contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara; di contro, non è sufficiente a invalidare l’aggiudicazione la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsiasi deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali.

 


 


N. 00493/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00133/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

                            IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 133 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto dal
Fenix Consorzio Stabile S.C. A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A0007BE46B, rappresentato e difeso dall'avvocato Elvira Riccio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Sistema Portuale Mar Tirreno Settentrionale e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri, 4;

nei confronti

Consorzio Integra Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Orsola Cortesini e Giuseppe Morbidelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento dirigenziale 26/2023, con il quale l''Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale ha aggiudicato al Consorzio Integra Società Cooperativa l''appalto integrato per la progettazione esecutiva e l''esecuzione dei lavori necessari per la realizzazione degli interventi di elettrificazione della banchina nel Porto di Livorno;

- di tutti gli atti richiamati nel predetto Provvedimento Dirigenziale 26/2023, ivi compresi i verbali di gara e la relazione del RUP acquisita al protocollo della Stazione Appaltante del 29 dicembre 2023 n. 81226;

- della nota del 2 gennaio 2024 Prot. 0000195 con la quale l''Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, ai sensi dell''art. 79, comma 5 lett. a) del D.Lgs. 50/2016, ha comunicato a Fenix Consorzio Stabile S.c. a r.l. il provvedimento di aggiudicazione;

- di tutti gli atti prodromici, connessi e conseguenziali, ivi compresi si opus sit, il bando ed il Disciplinare.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati dal Fenix Consorzio Stabile S.C. A R.L. il 23/2/2024:

- per la condanna dell'Amministrazione all'esibizione dell'offerta tecnica dell'aggiudicataria, ai sensi dell'art. 116 c.p.a.

Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato dal Consorzio Integra Società Cooperativa il 15/3/2024:

in via subordinata e nei limiti dell'interesse del Consorzio Integra Società Cooperativa e dei motivi di cui al presente ricorso incidentale:

- degli artt. 17.B e 19.1, 19.2 e 19.4 del disciplinare di gara laddove interpretati nel senso prospettato da Fenix Consorzio Stabile s.c. a r.l.;

- del provvedimento dirigenziale n. 26 del 29.12.2023 con cui l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale ha preso atto delle risultanze finali delle operazioni di gara e dei relativi verbali nella parte in cui hanno determinato il collocamento di Fenix Consorzio Stabile s.c. a r.l. al secondo posto nella graduatoria della “procedura aperta per l'affidamento, mediante appalto integrato, della progettazione esecutiva e lavori necessari per la realizzazione degli interventi di elettrificazione delle banchine (Cold Ironing) nel Porto di Livorno.”;

- degli atti richiamati nel suddetto provvedimento tra i quali in particolare: il provvedimento n. 15 del 28.8.2023 nella parte in cui sono state approvate le disposizioni del disciplinare di gara soprarichiamate; i verbali di gara nella parte in cui l'offerta Fenix Consorzio Stabile s.c. a r.l. è stata ammessa alla procedura, è stata valutata con l'assegnazione di relativi punteggi e il Consorzio si è collocato al secondo posto in graduatoria; nonché la relazione interna del RUP acquisita al protocollo della stazione appaltante n. 81226 del 29.12.2023 nella parte in cui richiama i predetti atti;

- di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, sempre nei limiti dell'interesse fatto valere dal Consorzio Integra Società Cooperativa.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Autorità Sistema Portuale Mar Tirreno Settentrionale, del Consorzio Integra Società Cooperativa e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. Marcello Faviere e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale (di seguito Autorità) ha bandito (in data 30.08.2023) una procedura aperta per l’affidamento, mediante appalto integrato, della progettazione esecutiva e lavori necessari per la realizzazione degli interventi di elettrificazione delle banchine nel porto di Livorno, per l’importo complessivo di euro 52.513.616,26, da aggiudicare con il criterio dell’aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (CIG: A0007BE46B) e finanziata con i fondi del PNC/PNRR.

La gara è stata aggiudicata, con provvedimento n. 26 del 29.12.2023, al Consorzio Integra Società Cooperativa (con un punteggio complessivo riparametrato pari a 99,92 punti, di cui 74,92 per l’offerta tecnica e 25,00 per l’offerta economica); al secondo posto si è collocato il Fenix Consorzio Stabile S.c.a.r.l. (con il punteggio complessivo di 91,08 punti, di cui 71,53 per l’offerta tecnica e 19,55 per l’offerta economica).

2. Dopo aver ottenuto parziale accesso agli atti di gara il Consorzio secondo classificato ha notificato ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione (il 29.01.2024), ritualmente depositato avanti questo Tribunale, con cui lamenta in quattro motivi, violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili, instando altresì per il rilascio di misure cautelari (cui ha rinunciato nel corso della camera di consiglio del 28.02.2024) e formulando istanza di accesso alla porzione di offerta tecnica non ancora ostesa, ai sensi dell’art. 116 c.p.a. (domanda che nel corso del giudizio è divenuta improcedibile, a seguito rinuncia del ricorrente, in ragione dell’assenso delle parti alla reciproca ostensione della documentazione di gara, come sancito dalla ordinanza di questo Tribunale n. 269/2024).

Per resistere al gravame si è costituita la Autorità (il 5.02.2024), che ha depositato memoria (il 9.02.2024), nonché il Consorzio Integra Società Cooperativa (il 12.02.2024).

Il ricorrente ha notificato ricorso per motivi aggiunti (il 23.02.2024) con cui lamenta, in due motivi, violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili sia con riferimento alla aggiudicazione della gara che alla parziale ostensione della offerta tecnica dell’aggiudicataria, formulando ulteriore istanza cautelare (cui ha rinunciato nel corso della camera di consiglio del 28.02.2024).

Il Consorzio Integra ha depositato memoria (il 26.02.2024).

Medio tempore si è costituito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la cui chiamata in giudizio è stata disposta da questo Tribunale in ottemperanza all’art. 12-bis, comma 4, del DL n. 68/2022.

Il Consorzio Integra ha altresì notificato ricorso incidentale (il 14.03.2024) con cui impugna parte del disciplinare di gara, laddove interpretato favorevolmente alla ricorrente nei sensi illustrati nel ricorso principale, nonché gli atti di ammissione della ricorrente principale la cui offerta, secondo la controinteressata, avrebbe dovuto essere esclusa.

Ha fatto seguito il deposito di memorie di tutte le parti (il 25.02.2024), nonché di memorie di replica di tutte le parti (il 29.03.2024).

Alla udienza pubblica del 10.04.2024 la causa viene trattenuta in decisione.

3. Il ricorso principale ed i relativi motivi aggiunti sono nel complesso infondati mentre il ricorso incidentale è improcedibile.

4. Come sopra evidenziato nel corso del giudizio sono venute meno le pretese ostensive del ricorrente. Ciò ha implicato la declaratoria di improcedibilità per cessazione della materia del contendere dell’istanza incidentalmente formulata, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., nonché del secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti, volto proprio a contestare l’illegittimità del parziale diniego all’accesso all’offerta tecnica della controinteressata.

4.1. Il Collegio ritiene inoltre di poter prescindere dalle eccezioni di rito sollevate dalla Autorità in ragione degli esiti della valutazione nel merito della vicenda, salvo quanto si dirà in seguito nello scrutinio del primo motivo del ricorso per motivi aggiunti.

Il Collegio ritiene, infine, di poter prescindere, in ragione degli esiti nel merito della vicenda:

- dalle eccezioni di inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti sollevate dalla l’amministrazione nelle proprie memorie;

- dalle eccezioni di improcedibilità dell’azione caducatoria, sollevate in udienza pubblica dalla controinteressata e dalle amministrazioni resistenti, dovute alla decadenza dalla possibilità di pronunciare l’inefficacia del contratto medio tempore stipulato (ai sensi dell’art. 48, comma 4, del DL n. 77/2021, come modificato dal DL 62/2022 convertito con l. n. 108/2022).

5. Passando al merito della controversia, con il primo e il secondo motivo del ricorso originario, trattati congiuntamente per ragioni di connessione oggettiva, si lamenta violazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. 50/2016, della lex specialis, dei principi generali di buon andamento, trasparenza ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità e/o carenza dei presupposti, motivazione carente.

Il ricorrente sostiene che la stazione appaltante non avrebbe proceduto, in sede di aggiudicazione, alle obbligatorie verifiche sul rispetto dei livelli minimi salariali offerti dall’aggiudicataria, con ciò violando l’art. 23 del disciplinare di gara nonché l’art. 95, comma 10, del D.Lgs. n. 50/2016.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che la stazione appaltante avrebbe aggiudicato la gara senza aver provveduto preliminarmente alla necessaria verifica degli oneri di sicurezza aziendali, indicati nell’offerta del Consorzio vincitore. Ritiene, peraltro, che tali oneri siano stati quantificati in misura insufficiente (per euro 344.636,75) laddove rapportati al costo dei lavori (pari a euro 51.932.775,28), venendosi a determinare una incidenza pari al coefficiente di 0,007, inferiore a quello minimo, pari a 0,0076, usualmente utilizzato e previsto nelle indicazioni operative sulla verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza di ITACA pubblicate il 19 febbraio 2015.

Tali oneri istruttori, sostiene il ricorrente, incombevano sulla stazione appaltante a prescindere dalla individuazione di profili di anomalia dell’offerta, per garantire la tutela del lavoro, sotto il profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori, preservata dagli artt. 32 e 36 commi secondo e terzo della Costituzione.

Le doglianze non sono fondate.

5.1. Il Collegio ritiene di dover osservare prioritariamente che la stazione appaltante ha bandito la procedura di gara successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2023 ed alla piena acquisizione di efficacia dello stesso (avvenuta in data 1.07.2023, ai sensi della disposizione di cui all’art. 229 del medesimo decreto).

La stazione appaltante ha ritenuto (come emerge dalle premesse al disciplinare di gara di cui al doc. n. 4 di parte ricorrente) di dover continuare ad applicare il regime di cui al D.Lgs. n. 50/2016 in ragione della disposizione transitoria di cui all’art. 225, comma 8, del nuovo codice dei contratti di cui al D.Lgs. 36/2023 (secondo la quale “in relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, […], si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018” (cfr. disciplinare di gara, doc. n. 4 di parte ricorrente) per come interpretato dalla Circolare del M.I.T. del 12 luglio 2023 (recante “Il regime giuridico applicabile agli affidamenti relativi a procedure afferenti alle opere PNRR e PNC successivamente al 1 luglio 2023 – Chiarimenti interpretativi e prime indicazioni operative”, che ha rimarcato l’applicabilità delle norme speciali di semplificazione, quali ad esempio quelle di cui al DL n. 77/2021 e dal DL n. 13/2023, nonché delle norme di cui al D.Lgs. n. 50/2016 richiamate dalle stesse, attribuendo valore statico a tali rinvii).

In realtà tale interpretazione non risulta del tutto coerente con il nuovo quadro normativo giacché, dalla lettura combinata dell’articolo citato e del successivo art. 226, commi 1 e 5 del medesimo codice, si deduce sia l’abrogazione, a far data dal 1.07.2023, del D.Lgs. n. 50/2023 sia l’opposta soluzione ermeneutica per cui i richiami a tale ultimo decreto contenuti in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti debbano intendersi dinamicamente riferite alle corrispondenti disposizioni del nuovo codice o, in mancanza, ai principi desumibili dallo stesso. Restano salve le disposizioni che introducono, in funzione semplificativa ed acceleratoria, norme speciali per la realizzazione di appalti finanziati con i fondi PNRR o PNC, ma ciò non consente di sostenere la reviviscenza o la permanenza in vigore tout court del D.Lgs. n. 50/2016.

La giurisprudenza ha avuto modo di sottolineare che “per le procedure di affidamento di contratti finanziati con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, per quanto non derogato o comunque non diversamente disciplinato dal d.l. n. 77/2021, deve applicarsi il d.lgs. n. 36/2023, in forza dell'art. 226 del nuovo codice dei contratti pubblici, il quale, dopo aver sancito l'abrogazione del d.lgs. n. 50/2016 dal 1 luglio 2023 e la sua residua applicazione «esclusivamente ai procedimenti in corso» (commi 1 e 2), stabilisce al comma 5 che «ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso». Infatti, al di là delle disposizioni di cui al d.l. n. 77/2021 e delle altre fonti espressamente richiamate dall'art. 225, co. 8, del d.lgs. n. 36/2023, applicabili anche alle procedure finanziate con i fondi del PNRR pur se bandite successivamente al 1.7.2021, dovranno trovare dunque applicazione le norme ed i principi del nuovo codice dei contratti pubblici, dovendosi ritenere ad essi riferito «ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50»” (T.A.R. Umbria, Sez. I, 23/12/2023, n. 758).

È stato altresì statuito che “con particolare riferimento a tale ultima disposizione [art. 225, comma 8], il Collegio rileva che essa si limita a stabilire la perdurante vigenza delle sole norme speciali in materia di appalti PNRR (tra cui gli artt. 47 e ss. d. l. n. 77/21) ma non anche degli istituti del d. lgs. n. 50/16 in esso sporadicamente richiamati; la contraria opzione ermeneutica, seguita dalla circolare del MIT del 12/07/23 (richiamata dalla “premessa” del disciplinare di gara), collide con il ricordato disposto del comma 2 dell’art. 226 d. lgs. n. 36/23, che sancisce l’abrogazione del d. lgs. n. 50/16 a decorrere dal 01/07/23 senza alcuna eccezione, e con il comma 5 della medesima disposizione, secondo cui “ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 del 2016, o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso” (TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 3/01/2024, n. 134).

Ne deriva che alla gara in argomento devono ritenersi applicabili le norme del nuovo codice dei contratti pubblici nonché i relativi principi (oltre che le disposizioni speciali previste dall’ordinamento per le gare finanziate dai fondi PNRR/PNC).

Tali profili non formano oggetto di gravame per cui, ai fini del sindacato giurisdizionale, le doglianze prospettate nei ricorsi devono essere vagliate alla luce del loro concreto contenuto, con riferimento alle disposizioni del D.Lgs. n. 36/2023 corrispondenti a quelle del D.Lgs. 50/2016 richiamate dai ricorrenti nonché ai principi contenuti nel nuovo codice dei contratti.

5.2. Tornando alle censure in esame, il disciplinare di gara prevede, all’art. 23, che “Prima dell’aggiudicazione, la Stazione Appaltante procede a: […] 3) verificare, ai sensi dell’art. 95, comma 10, il rispetto dei minimi salariali retributivi di cui al sopra citato art. 97, comma 5, lett. d)”.

L’art. 95, comma 10 citato così dispone: “nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d)

L’art. 97, comma 5, lett d) richiamato dispone l’esclusione delle offerte che risultino anormalmente basse qualora “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 23, comma 16”.

Lo stesso disciplinare all’art. 3 riferisce che “ai sensi dell’art. 23 comma 16 del D.Lgs. 50/16 e s.m.i., si segnala che il costo della manodopera è calcolato in euro 8.193.750,23 con un’incidenza del 15,89% sull’importo dei lavori”.

Tale quantificazione risulta pacificamente conforme ai valori indicati nelle tabelle ministeriali di cui al citato art. 23, comma 16 del D.Lgs. n. 50/2016.

Dall’esame dell’offerta economica dell’aggiudicataria si evince che i costi della manodopera risultano pari a euro 8.193.750,23, cioè il medesimo valore previsto nel disciplinare di gara (cfr. doc. n. 13 di parte resistente).

Dai verbali di apertura ed esame delle offerte economica si evince che la commissione di gara ha rilevato che nessuna offerta risulta anomala senza nulla determinare, in modo esplicito, in merito al rispetto dei minimi salariali (ai sensi della disciplina sopra richiamata, cfr. doc. n. 4 di parte resistente).

Orbene tale mancanza non è in grado di inficiare il comportamento della stazione appaltante.

In primo luogo, infatti, la corrispondenza tra i costi della manodopera offerta e quelli iscritti nel disciplinare di gara legittimano la Commissione di gara a presumere la congruità dei valori offerti, soprattutto in assenza di contestazioni, da parte dei concorrenti, sulla valorizzazione recata dalla lex specialis.

Sebbene la sovrapponibilità tra i costi della manodopera offerti e quelli stimati dalla stazione appaltante non ne implichi necessariamente la relativa congruità - giacché l’effettiva sostenibilità e congruità può dipendere da plurimi fattori (in primis dal contenuto dell’offerta tecnica e dalla qualità della prestazione ivi descritta) - è ragionevole ritenere che tale coincidenza serva a fondare una presunzione di congruità che, per essere contestata, necessiti quantomeno di un principio di prova.

La giurisprudenza peraltro ha avuto modo di puntualizzare che “per censurare utilmente l’aggiudicazione impugnata per il profilo dei costi di manodopera indicati dall’operatore aggiudicatario, parte ricorrente avrebbe dovuto contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara; di contro, non è sufficiente a invalidare l’aggiudicazione la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsiasi deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali” (Cons. Stato, Sez. V, 18.12.2023, sent. n. 10886).

In altri termini, per inficiare le operazioni di valutazione e aggiudicazione di una gara pubblica non basta contestare la mancanza del formale passaggio valutativo del costo della manodopera ma occorre fornire quantomeno un principio di prova sulla non correttezza dei valori di gara e delle corrispondenti offerte presentate che, nel caso di specie, il ricorrente non ha offerto.

Il comportamento tenuto dalla stazione appaltante risulta coerente con l’apprezzamento sostanziale della tenuta dell’offerta economica dell’aggiudicatario che risponde ai parametri recati nella lex specialis sia per la parte relativa ai costi della sicurezza che per la parte relativa ai costi della manodopera.

Quanto agli oneri per la sicurezza la giurisprudenza ha avuto modo di evidenziare che “ove l'offerta non sia sospettata di anomalia non è previsto alcun accertamento sull'entità degli oneri di sicurezza in relazione all'appalto, accertamento che s’impone soltanto in caso di verifica di anomalia dell'offerta. Pertanto, nella specie, non essendo l'offerta sospettata di anomalia, né la stazione appaltante era tenuta a richiedere, né l'aggiudicataria a fornire, giustificazioni relativamente agli oneri della sicurezza ovvero a qualsivoglia altro costo diverso da quello indicato per la manodopera” (cfr.: TAR Liguria, sez. II, 08/04/2019, n.307, TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 28/09/2021, n. 6071; TAR Sardegna, 27/01/2022, n. 59).

In ragione di quanto sopra esplicitato, in tema di regime giuridico applicabile alla gara, occorre evidenziare che l’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 prevede che “nei contratti di lavori e servizi, per determinare l'importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l'ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l'operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell'importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”. D’altro canto, l’art. 108, comma 9, del decreto, prevede che “nell'offerta economica l'operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro …

Secondo l’attuale regime normativo, in altri termini, le conclusioni interpretative sopra indicate sono ulteriormente rafforzate, giacché l’onere istruttorio della stazione appaltante per la valutazione del rispetto dei minimi salariali e, più in generale, dei costi della manodopera e dei profili di sicurezza scatta, oltre che nelle ipotesi di anomalia dell’offerta (ai sensi dell’art. 110 del codice), nei casi in cui l’importo offerto dal concorrente (in termini assoluti o di sconto) intacchi i valori indicati dalla stazione appaltante.

Si consideri inoltre che l’art. 108 del nuovo Codice non reca più la necessità generalizzata di procedere alla verifica d’ufficio dei costi della manodopera, come invece riportato all’art. 95, comma 10 del precedente Codice.

Ciò significa che nessun onere di esplicita o formale valutazione della congruità dei costi della manodopera e degli oneri della sicurezza può essere imputato alla stazione appaltante, laddove il concorrente abbia formulato una offerta nel pieno rispetto dei valori indicati nel disciplinare di gara, ai sensi dell’art. 41 del D.Lgs. n. 36/2023 e non emergano elementi che possano mettere in dubbio la congruità dei valori offerti.

Con riferimento specifico agli oneri per la sicurezza parte ricorrente lamenta l’insufficienza della quantificazione degli oneri offerti dall’aggiudicatario giacché sarebbero inferiori, sebbene di misura, ai coefficienti indicati dall’Istituto per l’Innovazione e Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale – ITACA (cfr. doc. n. 14 di parte resistente).

Ciò in ragione del leggero scostamento denunciato tra i due coefficienti (0,007 contro 0,0076 ritenuto congruo dal ricorrente) su cui parte ricorrente non offre alcun argomento che induca a considerarlo rilevante per il caso concreto. Come sancito anche dalla giurisprudenza tale voce di costo non deve essere valutata atomisticamente, bensì globalmente con le altre voci dell'offerta, in quanto l’eventuale sottostima di tale voce di costo può trovare compensazione in eventuali altre voci di cui l’offerta si compone, purché questa sia nel suo complesso sostenibile (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2020, n. 4308; TAR Lazio, Roma, sez. Terza Ter, 23/12/2021 sent. n. 13412).

A ciò si aggiunga che risulta credibile quanto controdedotto dall’amministrazione resistente, la quale dimostra che la quantificazione degli oneri di sicurezza offerta dall’aggiudicatario (pari a euro 344.636,75) non risulta inferiore ai coefficienti di congruità individuati nel documento ITACA, giacché laddove correttamente applicata la metodologia (secondo cui OAP = OTSA * IOSA, dove l’acronimo di OAP sta per “oneri aziendali presunti”, OTSA sta per “incidenza oneri totali della sicurezza aziendale storici presunti” e IOSA per “Importo offerto specifico appalto”) e utilizzando l’importo lavori offerto e non quello posto a base di gara, l’incidenza degli oneri offerti è superiore a quella indicata nel ricorso (0,0083 contro lo 0,007 riportato nel ricorso).

Per quanto precede, in conclusione, il primo e il secondo motivo del ricorso principale originario sono infondati.

6. Con il terzo motivo di ricorso originario si lamenta violazione dell’art. 93 del d.lgs. 50/2016, dell’art. 10 del disciplinare e dei principi di buon andamento, trasparenza e parità di condizioni; eccesso di potere per difetto assoluta di istruttoria, erroneità e/o carenza dei presupposti, difetto assoluto di motivazione.

Il ricorrente sostiene che l’aggiudicatario avrebbe prodotto una cauzione, a garanzia provvisoria dell’offerta, rilasciata dalla compagnia bulgara (Euroins Insurance Isc) sottoscritta con firma illeggibile, senza produrre la documentazione attestante i poteri del soggetto che ha rilasciato e sottoscritto la polizza e senza sottoscriverla a sua volta.

Il motivo è infondato.

Risulta dimostrato in giudizio che la polizza fideiussoria depositata quale garanzia provvisoria a corredo dell’offerta è sottoscritta da una compagnia assicuratrice con sede legale in Bulgaria, iscritta al IVASS (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, cfr. doc. n. 15 di parte resistente) e sottoscritta in forma digitale sia dall’assicuratore che dall’aggiudicatario (come risulta dalla copia del rapporto di firma della piattaforma digitale su cui la gara si è svolta, cfr. doc. n. 17).

Quanto ai poteri di rappresentanza del procuratore dell’impresa assicuratrice, il disciplinare di gara, all’art. 10, prevede che la polizza sia corredata da una dichiarazione di atto notorio del “fideiussore che attesti il potere di impegnare con la sottoscrizione la società fideiussore nei confronti della stazione appaltante”… e che “non è sanabile - e quindi è causa di esclusione - la sottoscrizione della garanzia provvisoria da parte di un soggetto non legittimato a rilasciare la garanzia o non autorizzato ad impegnare il garante”.

Orbene la polizza fideiussoria, sottoscritta dal garante con firma elettronica qualificata sulla base del modello ministeriale (Tipo 1.1 di cui al D.M. 16/09/2022 n. 193 e s.m.i.), su carta intestata della compagnia, reca esplicitamente che il sottoscrittore risulta procuratore della compagnia.

L’amministrazione ha prodotto in giudizio la procura notarile (datata 7.8.2020) con cui il firmatario della polizza risulta abilitato ad impregnare il garante (cfr. doc. n. 20 di parte resistente).

Il comportamento della stazione appaltante e la documentazione riportata in gara risultano conformi non solo alle norme richiamate nel ricorso ma anche al regime di cui all’art. 106 del D.Lgs. 36/2023.

A fronte di tali risultanze documentali il terzo motivo di ricorso risulta infondato.

7. Con il quarto motivo di ricorso originario si lamenta violazione dell’art. 79 del d.lgs. 50/2016 e dell’art. 11 del disciplinare, dei principi generali di buon andamento, efficacia, correttezza, trasparenza e parità di condizioni; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, erroneità e/o carenza dei presupposti, difetto assoluto di motivazione.

Il ricorrente lamenta che il sopralluogo, obbligatorio ai sensi dell’art. 11 del disciplinare di gara, sarebbe stato effettuato solo dalla Edinfra s.r.l. (una delle tre consorziate esecutrici) in assenza di delega sia del Consorzio che delle altre imprese preaffidatarie.

La doglianza non può essere condivisa.

Parte resistente ha dimostrato in giudizio che, in data 11.09.2023, per il Consorzio Integra hanno svolto il sopralluogo un consigliere delegato e il direttore tecnico della Edinfra S.r.l. Tali soggetti sono stati espressamente delegati, in data 07.09.2023, dal Consorzio ad effettuare tale operazione (cfr. doc. n. 19 di parte resistente).

L’art. 11 del disciplinare di gara prevede che “in caso di consorzio di cui all’art. 45, comma 2, lett. b) e c) del Codice il sopralluogo deve essere effettuato da soggetto munito di delega conferita dal consorzio oppure dall’operatore economico consorziato indicato come esecutore”.

Nel caso di specie, pertanto, ricorrono entrambe le alternative poste dalla lex specialis, in quanto non solo i soggetti che hanno svolto il sopralluogo sono stati delegati dal consorzio ma gli stessi sono comunque rappresentanti di una consorziata esecutrice. La lex specialis, peraltro, non richiedeva che, in presenza di più consorziati, il sopralluogo dovesse essere svolto da tutti i preaffidatari.

Il comportamento della stazione appaltante e la documentazione riportata in gara risultano conformi non solo alle norme richiamate nel ricorso ma anche al regime di cui all’art. 92 del D.Lgs. 36/2023.

Per tali ragioni il quarto motivo del ricorso principale originario è infondato.

8. Con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti si lamenta violazione degli artt. 94, 55 e 59 comma 3 lett. a) del d.lgs. 50/2016, della lex specialis, dei principi generali di buon andamento, trasparenza, parità di trattamento, ragionevolezza e proporzionalità; eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità manifesta, travisamento, erroneità dei presupposti, disparità di trattamento e difetto assoluto di istruttoria.

La doglianza risulta articolata in quattro punti, tutti volti a censurare le operazioni di valutazione condotte dalla Commissione di gara con riferimento ai criteri di valutazione previsti nel disciplinare di gara all’art. 17.B sub A (Adeguatezza della struttura operativa, per un massimo di 15 punti), sub B1 (organizzazione del cantiere - gestione interferenze funzionali, per un massimo di 15 punti), sub B2 (prestazione ambientale – gestione e minimizzazione materiale di scavo, per un massimo di 18 punti) e sub C (sostenibilità, per un massimo di 9 punti).

Il motivo non è fondato.

8.1. Con riferimento al criterio sub A la ricorrente lamenta che l’offerta della controinteressata non sarebbe stata redatta secondo il Modello 6 previsto dal disciplinare per la illustrazione delle caratteristiche della struttura di progettazione. Ciò avrebbe violato l’ulteriore prescrizione di conformità a quanto indicato nei modelli 1 e 4, afferenti la documentazione amministrativa. Nell’offerta la controinteressata non avrebbe indicato le esperienze di 15 dei 20 professionisti ivi indicati. Da ciò l’illegittimità dell’operato della stazione appaltante che avrebbe dovuto escludere l’offerta (ai sensi dell’art. 20 del disciplinare) o, in alternativa, assegnare alla stessa un punteggio pari a zero per l’intero criterio.

In via subordinata la ricorrente lamenta l’irragionevolezza del minor punteggio assegnato alla propria offerta (9,60 punti) a fronte di un numero più ampio di componenti il gruppo di progettazione (n. 19) per i quali sono state indicate le informazioni richieste dalla lex specialis (in particolare le esperienze maturate ed i relativi periodi).

Il disciplinare di gara prevede, per il criterio A sopra richiamato, che il “concorrente dovrà rappresentare l’adeguatezza della struttura operativa messa a disposizione per lo svolgimento dell’attività progettuale mediante l’illustrazione della qualificazione professionale dei professionisti e delle principali esperienze analoghe per le categorie di cui alle prestazioni progettuali previste (IMPIANTI: IB.08; STRUTTURE: S.03). A tal fine dovrà redigere una Relazione - secondo lo schema messo a disposizione dalla Stazione appaltante con il Modello n.6 “Relazione Criterio A Offerta tecnica” allegato al presente disciplinare - che includa la descrizione dell’organigramma della suddetta struttura, con l’indicazione del ruolo assegnato a ciascun componente e l’esperienza professionale maturata. Si evidenzia che la composizione della struttura operativa dichiarata nel suddetto Modello afferente all’offerta tecnica, dovrà coincidere con quella dichiarata nel Modello n.1 “Dichiarazione Integrative” e nel Modello n. 4 “Dichiarazioni integrative progettista” (punto 3) afferenti alla documentazione amministrativa. Sarà considerata più performante la struttura operativa che si presenterà come maggiormente qualificata sotto il profilo della specializzazione professionale sulla base delle esperienze acquisite in ordine a progettualità analoghe a quelle oggetto di affidamento.

Dalla lettura dell’offerta tecnica del controinteressato emerge che lo stesso ha optato per la presentazione di una struttura operativa per lo svolgimento dell’attività progettuale costituita da un Raggruppamento Temporaneo di Progettazione (RTP) composto da tre distinte società di ingegneria.

Il Consorzio, dopo aver illustrato i profili delle tre Società, descrive, in due distinti schemi, due gruppi di professionisti: la struttura dei team leaders (composta da 5 professionisti con il ruolo di coordinatori del gruppo, coordinatore per la sicurezza e progettisti impiantistico, elettrico e strutturale) e l’organigramma del team operativo (composto da 15 professionisti con diversi ruoli di progettazione, segreteria tecnica, Bim coordinator, CAD e progettazione di dettaglio).

Le esperienze sono evidenziate sia con riferimento ai team leaders che con riferimento alle singole società di ingegneria cui appartengono i componenti del team operativo.

Non risponde al vero, pertanto, che per i 15 professionisti non sarebbero state indicate le esperienze maturate giacché la stazione appaltante ha agevolmente imputato agli stessi le esperienze maturate dalle singole società di ingegneria.

La rappresentazione utilizzata dal Consorzio rispetta sostanzialmente la struttura del Modello 6 allegato al Disciplinare di gara, giacché consente di restituire agevolmente le medesime informazioni.

Non vi sono infatti elementi per dedurre, né parte ricorrente dimostra alcunché sul punto, che oggetto di valutazione siano stati elementi diversi da quelli previsti nel Disciplinare e presenti nell’offerta del controinteressato.

Contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente, peraltro, l’art. 20 del Disciplinare di gara non prevede specifiche clausole di esclusione per il mancato utilizzo del modello predisposto dalla stazione appaltante ma solo casi di eventuale esclusione per irregolarità dell’offerta. Il ricorrente considera violata la seguente prescrizione “presentazione di offerte parziali, plurime, condizionate, alternative, nonché irregolari, ai sensi dell’art. 59, comma 3, lett. a) del Codice, in quanto non rispettano i documenti di gara, ivi comprese le specifiche tecniche”.

Le irregolarità delle offerte, per quanto qui di interesse, risultano disciplinate all’art. 59, comma 3, lett. a) del D.Lgs. n. 50/2016 e si sostanziano nel mancato rispetto dei documenti di gara (omologa disposizione è oggi rinvenibile all’art. 70, comma 4 lett. a) del D.Lgs. n. 36/2023). Orbene tale disposizione deve essere interpretata nel senso che non ogni omissione o non conformità di domanda e offerta alla lex specialis possono condurre ad ipotesi di irregolarità insanabile foriera di esclusione, ma solo quelle che generano la mancanza di elementi essenziali dell’offerta (sul piano amministrativo, tecnico ed economico) oggetto di valutazione da parte della stazione appaltante.

A supporto delle presenti conclusioni va altresì ricordato che, come già messo in luce dalla giurisprudenza amministrativa, non esiste alcuna norma di legge che consenta di sanzionare con l'esclusione dalla gara il mancato utilizzo di un modulo predisposto dalla stazione appaltante per la redazione dell'offerta (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 19/07/2018, n. 4395; Cons. Stato, sez. V, 2/01/2019, n. 13; T.a.r. Sardegna, sez. I, 11/03/2019, n. 215; Con. Stato, sez. V, 27/01/2020, n. 680; TAR Lazio, 22/12/2023, sent. n. 19565).

Una diversa lettura condurrebbe ad un’interpretazione della lex specialis in violazione del principio del favor partecipationis nonché del principio del raggiungimento dello scopo di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023. Ciò in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui «a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola contenuta in un bando o in un disciplinare di gara, va sempre preferita la scelta ermeneutica che consenta la più ampia partecipazione dei concorrenti» (ex multis Cons. Stato, sez. III, 26 maggio 2023, n. 5177; Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2023, n. 1589) e, dunque «maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale, oltre che della tassatività - intesa anche nel senso di tipicità ed inequivocabilità –delle cause di esclusione» (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 31 maggio 2023, n. 5393).

Del pari non è riscontrabile alcuna contraddizione tra quanto emerge dal modello usato per la redazione dell’offerta tecnica e quanto risultante dalle dichiarazioni contenute nel Modello 4 allegato alla domanda di partecipazione (contenente le dichiarazioni sostitutive dei progettisti indicati nel team di cui sopra e l’elencazione dei dipendenti delle società di ingegneria, tra i quali figurano anche i componenti del team operativo, cfr. doc. n. 16, 17 e 18 di parte ricorrente).

Nello stesso senso non possono essere condivise le doglianze di parte ricorrente volte a censurare il merito della valutazione. La completezza dell’offerta tecnica, come sopra evidenziato, rende implausibile la pretesa di vedere assegnato, in alternativa all’esclusione, il punteggio zero alla offerta del controinteressato.

Occorre ricordare che, in punto di sindacato sull’operato delle commissioni di gara, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il giudice amministrativo esercita un sindacato volto a censurare casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti, oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 01/03/2023, n. 2170). Anche a voler ipotizzare la possibilità di svolgere un sindacato più penetrante, nel caso di specie non si ravvisano elementi tali da giustificare una ripetizione, secondo la tecnica del sindacato intrinseco, delle indagini specialistiche condotte dalla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 26/09/2023, n. 8512).

La valutazione della Commissione (che ha assegnato alla ricorrente 9,60 punti e all’aggiudicataria 15 punti) non presenta aspetti di palese irragionevolezza o travisamento dei fatti. Emerge in modo evidente, infatti, che il maggior punteggio attribuito al progetto dell’aggiudicataria sia stato riconosciuto a fronte di un numero superiore di soggetti complessivamente indicati (20 contro 19) dedicati al team di progettazione, con un novero di esperienze più nutrito (il consorzio infatti presenta 5 team leaders progettisti ripartiti su 41 esperienze su altrettante infrastrutture per 25 committenti; la ricorrente 19 singoli professionisti ripartiti su 12 esperienze su altrettante infrastrutture per 12 committenti). A ciò si aggiunga che parte ricorrente non offre alcun elemento per non considerare le esperienze indicate nell’offerta come non analoghe a quelle oggetto di affidamento.

Già solo tali dati, che emergono in modo palese dalla piana lettura delle offerte, evidenziano come sia stata maggiormente premiata la struttura operativa più qualificata e specializzata sul piano professionale sulla base delle esperienze acquisite, in linea con quanto previsto nel disciplinare.

8.2. Passando alle successive censure, la ricorrente lamenta:

- quanto al criterio sub B1 (“organizzazione del cantiere – gestione interferenze funzionali”, max 15 punti) che l’offerta del Consorzio non avrebbe esplicitato le modalità di organizzazione del cantiere per illustrare l’impatto delle lavorazioni con la funzionalità dell’impianto portuale, né avrebbe esplicitato le modalità di risoluzione delle criticità determinate dalle interferenze del traffico veicolare. Ciò non la renderebbe meritevole del punteggio assegnato, pari a 13.20 punti su 15, apparendo tale valutazione irragionevole e sintomo di una grave carenza istruttoria;

- quanto al criterio B2 (prestazione ambientale, max punti 18) la ricorrente lamenta che nell’offerta dell’aggiudicataria non sarebbero state illustrate le soluzioni per la gestione dei materiali provenienti da demolizioni, non si adotterebbero soluzioni per il reimpiego dei materiali, il trasporto agli impianti di riciclaggio aumenterebbe il danno ambientale correlato alla emissione di gas di scarico e, infine, non vi sarebbe un chiaro orientamento alla riduzione degli scavi. Ciò renderebbe l’offerta incompleta ed in contraddizione con il disciplinare;

- quanto al criterio sub C (sostenibilità, max punti 9) la ricorrente sostiene che l’offerta aggiudicataria sarebbe carente della indicazione delle forniture dei materiali sostenibili, dei relativi fornitori e delle relative certificazioni ambientali.

Il disciplinare di gara prevede, all’art. 17.B, punto B1, che “il concorrente dovrà identificare una propria proposta di organizzazione del cantiere, finalizzata alla mitigazione spazio-temporale degli impatti sull’operatività funzionale delle aree durante le fasi lavorative nonché alla trattazione più esaustiva degli aspetti legati alla separazione e risoluzione delle interferenze fra i flussi veicolari afferenti al traffico portuale e urbano. Sarà considerata più performante la proposta che dimostrerà in maniera più esaustiva l’organizzazione che consentirà uno sviluppo delle lavorazioni che maggiormente prescinde dalla necessità di interferire con l’ordinaria funzionalità dell’impianto portuale”.

Nel caso di specie la controinteressata e l’amministrazione resistente evidenziano in modo condivisibile come l’offerta aggiudicataria, benché corredata da una prima parte di presentazione e referenza delle imprese esecutrici, descriva le criticità interferenziali (su terra e sugli attraversamenti a mare) e le modalità organizzative delle lavorazioni, illustrando la necessità di indagini per i tracciati e sotto-servizi a terra e su banchina, le possibili interferenze su tali infrastrutture e nei canali e le relative soluzioni.

L’art. 17 del disciplinare, al punto B2, prevede che “il concorrente dovrà descrivere le soluzioni che intende adottare per la gestione dei materiali provenienti dalle attività di scavo, demolizioni e fresatura stradale (quali terre, calcestruzzi, acciaio e bitumi) anche mediante il ricorso a tecnologie/tecniche, mezzi e attrezzature, in grado di accrescere la possibilità del reimpiego dei materiali e di ridurre al minimo i conferimenti in discarica, o presso impianti di smaltimento. Sarà considerata più performante la proposta che dimostrerà la trattazione più esaustiva degli aspetti legati ad un efficiente utilizzo del suolo e minimizzazione degli scavi anche con possibilità di modifica del tracciato di progetto esclusa l’ubicazione delle cabine e della sottostazione e i punti finali di arrivo in banchina”.

Nell’offerta del controinteressato viene illustrato l’impiego di inerti riciclati e dell’impianto presso il quale conferire e ritirare i materiali (incluso quello proveniente da demolizioni). Ciò implica una riduzione delle attività di cava (e consumo di suolo), la gestione dei rifiuti e dei materiali di risulta, il reimpiego del materiale recuperato e soluzioni per la riduzione alla fonte dei volumi di scavo. Parte ricorrente, inoltre, non offre elementi per sostenere l’irragionevolezza della valutazione della Commissione con riferimento alla necessità di spostare presso i centri di riciclo gli inerti o gli scarti di lavorazione (che secondo il ricorrente indurrebbe maggior inquinamento atmosferico); tale elemento non è presente tra i criteri di valutazione ma viene autonomamente elaborato e preso in considerazione nel ricorso.

Quanto al criterio C l’art. 17 del disciplinare prevede “il concorrente dovrà produrre una relazione che illustri il rispetto dei criteri di sostenibilità connessi alle attività e forniture previste nel progetto. Sarà considerata più performante la proposta che dimostrerà la trattazione più esaustiva degli aspetti connessi alla sostenibilità delle forniture che dovranno essere realizzate con materiali prodotti attraverso processi produttivi energicamente efficienti e con ridotte emissioni di inquinanti negli ambienti dopo la messa in opera, caratterizzati dall’assenza di emissioni nocive negli ambienti e dall’elevata riciclabilità al momento della fine del ciclo di vita”.

Nell’offerta dell’aggiudicatario risultano presenti la descrizione dei criteri ambientali minimi che si intendono utilizzare per le forniture legate alle parti impiantistiche (in particolare alla scelta dei trasformatori con perdite minori rispetto al Regolamento 548/UE, sistemi di raffreddamento con acqua marina per evitare il riscaldamento ambientale, tabulazione dei materiali di installazione per massimizzare la vita elettrica e meccanica, uso di materiali metallici provenienti da processi di recupero e riciclo, riduzione degli imballaggi nelle forniture), la gestione dei diversi materiali (con indicazione dei processi di riciclaggio per la loro provenienza) e i processi di demolizione selettiva. Il fatto che non vengano indicate le singole forniture ed i relativi fornitori non rende l’esposizione contraria alla lex specialis giacché comunque emergono le caratteristiche dei materiali che saranno impiegati nelle forniture di cantiere.

8.3. Per tutti i casi sopra esaminati la Commissione di gara ha ragionevolmente utilizzato gli elementi di valutazione in suo possesso ed ha espresso giudizi coerenti con i criteri di valutazione previsti nel disciplinare.

I Criteri di valutazione, infatti, risultano così riassumibili: il primo è volto a premiare il livello della specializzazione professionale delle esperienze acquisite; il secondo esplicita una considerazione preferenziale delle modalità organizzative di lavorazione a minore impatto interferenziale con l’ordinaria attività dell’impianto portuale; il terzo accorda preferenza a soluzioni che propongono un più efficiente utilizzo del suolo e la minimizzazione degli scavi; il quarto, infine, è volto a premiare la maggiore sostenibilità ambientale ed energetica nella produzione ed impiego dei materiali utilizzati nelle e per le lavorazioni.

Il fatto che l’offerta non illustri esattamente, nei termini e con la cadenza esplicitata nel disciplinare, gli elementi descrittivi previsti non significa, di per sé, che la Commissione non potesse sussumere dal contesto dell’offerta tutti gli elementi utili per lo svolgimento delle valutazioni secondo i criteri motivazionali appena descritti.

Alla luce di quanto evidenziato, l’offerta della controinteressata non risulta carente degli elementi strutturali ed essenziali richiesti per la sua valutazione. Non si ravvisano pertanto incompletezza e contrarietà alla lex specialis e, di conseguenza, alcuna manifesta irragionevolezza o travisamento dei fatti nell’operato della stazione appaltante.

Anche in questo caso gli atti impugnati risultano in linea con le previsioni idi cui agli artt. 107 e 70, comma 4 del D.Lgs. 36/2023.

8.4. Il Collegio ritiene di evidenziare, sotto un diverso profilo, che la contestazione dei punteggi attribuiti dalla Commissione alla offerta aggiudicataria (15 punti su 15 per il criterio A; 13,20 punti su 15 per il sub-criterio B1 e 15,66 su 18 per il sub-criterio B2, peraltro entrambi inferiori a quelli ottenuto dalla ricorrente; 8,55 su 9 per il criterio sub C, cfr. doc. n. 5 allegato ai motivi aggiunti) in assenza di palesi carenze, travisamenti o contraddizioni non può formare oggetto di doglianza sindacabile dal giudice amministrativo.

Occorre ricordare, anche in questo caso, che nell'ambito delle gare pubbliche, l'attribuzione del punteggio rientra comunque nell'ambito della discrezionalità amministrativa non sindacabile dal giudice amministrativo per i noti principi in materia di separazione tra ambito riservato al potere giurisdizionale e ambito riservato alla funzione amministrativa.

Sono peraltro ritenute inammissibili le doglianze che si focalizzano sulla comparazione delle offerte concorrenti sulla base di aspetti altamente specifici dell’appalto, giungendo a contestare l'attribuzione, da parte della Commissione, di un determinato punteggio invocando l'esercizio da parte del giudice adito di un indebito sindacato sostitutorio (cfr. sul punto T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 01/08/2023, n. 1102; Cons. Stato, Sez. IV, 20/04/2023, n. 4019).

Né peraltro può mettersi in discussione il fatto che nelle gare pubbliche da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa il punteggio numerico espresso sui singoli parametri di valutazione costituisce sufficiente motivazione nei casi come quello di specie in cui in cui risulta elaborata una griglia di valutazione, articolata in sei elementi, con l’esplicitazione di precisi criteri motivazionali per l’attribuzione dei coefficienti di valutazione (cfr. ex multis T.A.R. Lombardia Milano, Sez. I, 02/11/2022, n. 2417).

Da tutto quanto precede consegue che il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti risulta infondato.

8.5. A quanto precede si aggiunga che, in coerenza con quanto previsto al succitato art. 225, comma 8, del D.Lgs. 36/2023, gli atti impugnati risultano conformi non solo alle disposizioni del D.Lgs. 36/2023, come sopra individuate, ma anche ai principi dallo stesso enunciati, con particolare riferimento al neo-codificato principio del risultato, che più pertiene alla tipologia di censure sollevate con i ricorsi in scrutinio.

Più nel dettaglio, con riferimento alle doglianze sui profili procedurali (contenute per lo più nel primo motivo del ricorso originario e nella prima parte del primo dei motivi aggiunti) occorre evidenziare che assecondare l’interpretazione formalistica prospettata nei ricorsi implicherebbe il pedissequo rispetto di regole formali che nulla aggiungerebbe alla tutela della concorrenza e della par condicio dei concorrenti, sacrificando il perseguimento degli scopi di gara e, quindi, la violazione del principio richiamato, al quale ogni procedura di affidamento deve tendere in via generale.

La giurisprudenza, infatti, ha avuto modo di evidenziare non solo l’immanenza del principio in questione ma anche che “la natura del procedimento di evidenza pubblica, come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza, non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice” (Cons. Stato, sez. III, 12.10.2023, sent. n. 8896). Per il Giudice Amministrativo il principio del risultato rappresenta quindi il criterio interpretativo a cui ricorrere per risolvere i casi di contrasto tra il “dato formale” del pedissequo rispetto del disciplinare di gara e il “dato sostanziale” individuabile nella adeguatezza delle prestazioni contrattuali offerte dall’operatore economico a soddisfare le esigenze della stazione appaltante (cfr. TRGA Trento, 15/11/2023, n. 181).

Con riferimento ai profili di doglianza sugli aspetti tecnico funzionali (sollevati per lo più con il ricorso per motivi aggiunti), inoltre, viene in considerazione una nozione di “risultato” come idoneità dell’offerta a soddisfare le necessità della stazione appaltante, quindi le ragioni di interesse pubblico che sottendono l’intera “operazione amministrativa”, da intendersi come l’insieme delle attività necessarie per conseguire un determinato risultato concreto (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26/03/2024, n. 2866), in cui rientrano sia l’efficace compimento delle operazioni di gara che la selezione di offerte adeguate alle esigenze della stazione appaltante.

Come sottolineato dalla giurisprudenza da ultimo citata, il “risultato” concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo, facendo transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili.

Nel caso di specie il risultato “concreto” è avvinto a due ordini di obiettivi: obiettivi di processo direttamente connessi alla realizzazione dell’opera (indicati all’art. 1 del Capitolato di gara, che precisa che l’appalto consiste nella realizzazione del sistema di distribuzione elettrica necessario per l’alimentazione delle navi da terra nel porto di Livorno e che il progetto recepisce le esigenze di servizio e definisce una struttura impiantistica “adeguata al presente e flessibile per adattarsi alle future esigenze legate all’evoluzione del mercato delle navi”, cfr. doc. n. 7 della controinteressata) e obiettivi di esito, dal carattere più strategico, che aiutano a individuare e valutare i benefici indotti dalla realizzazione dell’opera (l’art. 1 del capitolato esplicita che “obiettivo del sistema è garantire la piena operatività delle navi senza l’impiego delle centrali di produzione di energia di bordo”).

Le censure sollevate sui profili sostanziali e tecnici dell’offerta aggiudicataria, nel tentativo di dimostrarne l’inadeguatezza, non offrono alcun elemento di prova in grado di mettere in discussione l’idoneità della stessa al raggiungimento di tali obiettivi. Tale argomentazione offre, alla luce dell’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023, ulteriori argomenti per escludere la violazione del principio di buon andamento e proporzionalità nonché la manifesta irragionevolezza e illogicità lamentate nel ricorso.

Di riflesso, dunque, l’azione amministrativa (con particolare riferimento alle operazioni valutative della Commissione) risulta vieppiù conforme al dettato normativo di cui al D.Lgs. 36/2023.

9. Passando all’esame del ricorso incidentale, questo si presenta articolato in due motivi.

Con il primo si impugnano, in via subordinata all’accoglimento del ricorso principale, le disposizioni di cui agli artt. 17.B e 19.1, 19.2 e 19.4 del disciplinare di gara laddove interpretati nel senso prospettato da Fenix Consorzio Stabile s.c.a.r.l.

Con un secondo ordine di censure (punto II.2 del ricorso) si sostiene l’inammissibilità del primo motivo del ricorso per motivi aggiunti giacché si sostiene che lo stesso Consorzio Fenix avrebbe violato le citate disposizioni del disciplinare sui medesimi profili contestati al ricorrente incidentale, venendo contra factum proprium (incorrendo pertanto nella exceptio doli).

Orbene sotto entrambi i profili il ricorso incidentale è da considerarsi improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in ragione degli esiti dello scrutinio del ricorso principale e dei relativi motivi aggiunti.

Come noto, per la giurisprudenza comunitaria “l'articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che osta a che un ricorso principale proposto da un offerente, il quale abbia interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto a ottenere l'esclusione di un altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l'esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente” (Corte giustizia Unione Europea, Grande Sez., 05/04/2016, n. 689/13).

La necessità della disamina sia del ricorso principale sia del ricorso incidentale avente effetto paralizzante non postula che debba essere esaminato prioritariamente il ricorso incidentale.

Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si evince solo l'obbligo di decidere nel merito interamente la causa relativa ad appalti di rilevanza unionista, a condizione che ciò corrisponda anche ad un interesse meramente strumentale alla rinnovazione della gara.

Ove il ricorso principale sia infondato o inammissibile, e l'aggiudicazione debba perciò essere confermata in capo alla controinteressata, la decisione dell'eventuale ricorso incidentale risulta del tutto priva di utilità per la parte, e non potrebbe in alcun modo generare una nuova gara.

L'art. 42 c.p.a. lega l'interesse all'impugnativa incidentale alla proposizione della domanda principale, con l'effetto che il rigetto di quest'ultima in linea di principio elide quell'interesse sul piano processuale. (cfr. T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 04/12/2020, n. 1840).

Il ricorso incidentale è quindi improcedibile.

10. In conclusione il ricorso principale originario e quello per motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti; il ricorso incidentale è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

11. Le spese seguono la soccombenza nei confronti della Autorità e del controinteressato e sono liquidate come da dispositivo; spese compensate nei confronti nel Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

- respinge il ricorso originario e quello per motivi aggiunti;

- dichiara il ricorso incidentale improcedibile;

- dichiara improcedibile, per cessazione della materia del contendere, la domanda ostensiva formulata ai sensi dell’art. 116 c.p.a. dal ricorrente principale.

Condanna Fenix Consorzio Stabile S.c.a.r.l. alle spese di lite, che liquida in euro 5.000,00 (cinquemila/00), in favore della Autorità Sistema Portuale Mar Tirreno Settentrionale e in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre oneri accessori, in favore del Consorzio Integra Società Cooperativa; spese compensate per il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Cacciari, Presidente

Katiuscia Papi, Primo Referendario

Marcello Faviere, Primo Referendario, Estensore

   

Guida alla lettura

Il T.A.R. Toscana (Sez. Seconda) attraverso il pronunciamento della sentenza n. 493/2024, pubblicata il 23 aprile u.s., ha enucleato alcuni interessanti spunti esegetico-interpretativi riferentisi ad una “quaestio” alquanto complessa e dibattuta, ma quanto mai attuale e di nevralgica importanza e centralità, ossia quale sia il quadro positivo a cui si devono necessariamente informare le procedure ad evidenza pubblica finanziate con fondi direttamente provenienti ed imputabili al PNRR/PNC.

Più nel dettaglio, il “punctum dolens” che il Collegio toscano è stato chiamato a dirimere, afferiva – inter alia (in quanto, un ulteriore tema affrontato dalla pronuncia di cui in commento, seppur incidentalmente, atteneva alla verifica di congruità del costo della manodopera da svolgersi necessariamente a cura della Stazione appaltante) ad un annoso, inveterato e controverso interrogativo: alle procedure ad evidenza pubblica da realizzarsi con i fondi di cui al PNRR/PNC, stante il complesso e variegato “ircocervo” normativo stratificatosi in materia, si deve applicare, anche in ragione di un principio di ragionevole continuità, il D.lgs. n. 50/2016 (come sostenuto dall’Amministrazione di cui qui è causa), ovvero le novelle disposizioni legislative di cui al D.lgs. n. 36/2023?

Sul punto, la Stazione appaltante ha sostenuto in giudizio, sulla scorta di quanto indicato nel disciplinare di gara di aver ragionevolmente ritenuto di continuare ad applicare il regime di cui al D.lgs. n. 50/2016 sulla scorta di quanto previsto dalla disposizione transitoria ex art. 225, comma 8, del nuovo Codice dei contratti pubblici, che prevede come “in relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, […], si applicano, anche dopo il 1°luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018” per come interpretata dalla Circolare del M.I.T. del 12 luglio 2023, che ha sottolineato l’applicabilità delle norme speciali di semplificazione, quali, ad esempio, quelle di cui al D.L. n. 77/2021 e del D.L. n. 13/2023, nonché delle disposizioni di cui al D.lgs. n. 50/2016 richiamate dalle stesse, attribuendo un valore statico ai succitati rinvii.

Previamente, in relazione a quanto ut supra affermato, l’adito Collegio ha “pregiudizialmente” rimarcato la notoria circostanza di fatto secondo il quale la Stazione appaltante avesse bandito la procedura di gara, di cui al giudizio de quo, successivamente all’entrata in vigore del D.lgs. n. 36/2023 ed alla piena acquisizione di efficacia dello stesso (avvenuta in data 01.07.2023, ai sensi della disposizione di cui all’art. 229 dello stesso decreto).

Successivamente, pronunciandosi nel merito del “thema decidendum”, e “dirimendo” l’interrogativo di cui in epigrafe (ossia se alle procedure PNRR/PNC si debba applicare il previgente Codice, ovvero l’attuale Codice dei contratti pubblici), il T.A.R. ha avuto modo di porre in evidenza come la poco sopra richiamata interpretazione della questione controversa offerta in giudizio dell’Amministrazione banditrice non risulti essere in alcun modo coerente con il nuovo quadro normativo e con il prevalente formante giurisprudenziale sedimentatosi in merito, affermando “claris verbis” quanto segue: “dalla lettura combinata dell’articolo citato e del successivo art. 226, commi 1 e 5 del medesimo codice, si deduce sia l’abrogazione, a far data dal 01.07.2023, del D.lgs. n. 50/2016 sia l’opposta soluzione ermeneutica per cui i richiami a tale ultimo decreto contenuti in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti debbano intendersi dinamicamente riferite alle corrispondenti disposizioni del nuovo codice o, in mancanza, ai principi desumibili dallo stesso. Restano salve le disposizioni che introducono, in funzione semplificativa ed acceleratoria, norme speciali per la realizzazione di appalti finanziati con i fondi PNRR o PNC, ma ciò non consente di sostenere la riviviscenza o la permanenza in vigore tout court del D.lgs. n. 50/2016”.

Giacché, se ne inferisce chiaramente come alle procedure ad evidenza pubblica bandite post entrata in vigore (e, conseguente acquisizione di efficacia) del nuovo Codice dei contratti pubblici, “attinte” dal PNRR/PNC, si debba, certamente, applicare l’attuale D.lgs. n. 36/2023 (e i suoi principi ispiratori e sottostanti), oltre che, ovviamente, congiuntamente, e “a fortiori”, le disposizioni speciali previste dall’ordinamento per le gare finanziate dai fondi PNRR/PNC.

Ciò, è finanche positivamente validato da un permeante e stratificatosi orientamento giurisprudenziale, il quale rimembra che “per le procedure di affidamento dei contratti finanziati con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, per quanto non derogato o comunque non diversamente disciplinato dal d.l. n. 77/2021, deve applicarsi il d.lgs. n. 36/2023, in forza dell’art. 226 del nuovo codice dei contratti pubblici (…). Infatti, al di là delle disposizioni di cui al d.l. n. 77/2021 e delle altre fonti espressamente richiamate dall’art. 225, co. 8, del d.lgs. n. 36/2023, applicabili anche alle procedure finanziate con i fondi del PNRR pur se bandite successivamente al 01.07.2021, dovranno trovare dunque applicazione le norme ed i principi del nuovo codice dei contratti pubblici, dovendosi ritenere ad esso riferito ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” (cfr. – ex plurimis – T.A.R. Umbria, Perugia, Sez. I, 23.12.2023, n. 758 e T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 03.01.2024, n. 134).

Dopo aver chiarificato tutto quanto sinora testé rassegnato, l’adito Collegio si è soffermato sul “secondo cardine nevralgico” della pronuncia de qua, ovverosia le necessarie verifiche, previste ordinamentalmente, che l’Amministrazione procedente deve svolgere in ordine alla ribassabilità del costo della manodopera e degli oneri per la sicurezza, offerti dagli Operatori economici partecipanti alle procedure ad evidenza pubblica.

In nuce, al fine di una migliore comprensione di quanto sopra detto, Parte ricorrente (un Consorzio stabile secondo graduato in una procedura ad evidenza pubblica, id est, appalto integrato, finanziato con fondi PNC/PNRR) si doleva – con apposito motivo di ricorso – del fatto che la Stazione appaltante non avesse correttamente proceduto alla verifica dei costi di manodopera offerti per la realizzazione dell’opera, da parte dell’Operatore economico primo graduato in graduatoria (che, a detta del Consorzio, si discosterebbero eccessivamente da quanto, inoltre, indicato all’interno delle apposite tabelle ministeriali).

All’uopo, “soccorre” l’art. 95, comma 10 del D.lgs. n. 50/2016 (finanche richiamato dal già citato disciplinare di gara) il quale recita testualmente: “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto dall’articolo 97, comma 5, lettera d)”.

Il richiamato art. 97, co. 5, lett. d) dispone l’esclusione delle offerte che poi risultino anormalmente basse allorquando “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”.

In primis, il T.A.R., rilevando che i costi della manodopera offerta dal primo graduato collimano con quanto iscritto nel disciplinare di gara, afferma come ciò legittimi, pacificamente, la Commissione di gara a presumere la congruità dei valori offerti, in ispecie, mancando qualsivoglia contestazione sul punto da parte degli altri concorrenti partecipanti, rilevando, però, al contempo, come la mera sovrapponibilità tra i costi della manodopera offerti e quelli stimati dalla Stazione appaltante non ne implichi necessariamente la relativa congruità, benché sia ragionevole ritenere che tale coincidenza possa ben essere utile a fondare una presunzione di congruità che, per essere validamente messa in discussione, necessita, quantomeno, di un principio di prova contraria.

Peraltro, a riprova di quanto poc’anzi rilevato, la giurisprudenza ha avuto modo di puntualizzare che “per censurare utilmente l’aggiudicazione impugnata per il profilo dei costi di manodopera indicati dall’operatore aggiudicatario, parte ricorrente avrebbe dovuto contestarne la sufficienza, eventualmente supportando tale contestazione con la prova della loro omessa verifica da parte della commissione di gara; di contro, non è sufficiente a invalidare l’aggiudicazione la mera mancata formalizzazione di tale controllo, in assenza di qualsivoglia deduzione (supportata da elementi di prova) sul fatto che tale errore abbia prodotto conseguenze sostanziali” (cfr. – ex tantis – Cons. Stato, Sez. V, 18.12.2023, n. 10886).

Ciò sta a significare, in altre parole che, per inficiare validatamente ed efficacemente le operazioni valutative e aggiudicative di una procedura ad evidenza pubblica, non basta solamente contestare la mera mancanza del passaggio valutativo dei costi della manodopera, bensì occorre fornire, quantomeno, un principio di prova sulla non correttezza dei valori di gara e delle corrispondenti offerte presentante che, nel caso di specie, certamente il ricorrente non ha offerto.

Pertanto, in conclusione, la “summa” della sentenza de qua può, così essere sinotticamente compendiata:

  1. In relazione alle procedure ad evidenza pubblica finanziate con i fondi del PNRR/PNC, alla luce della disciplina transitoria e di coordinamento, e di una lettura combinata ed omogenea delle disposizioni ordinamentali ordinarie (Codice dei contratti pubblici attualmente e in vigore) e delle disposizioni speciali di settore (norme di semplificazione, celerità e speditezza emanate durante e successivamente al periodo pandemico, in relazione al PNRR/PNC), trovano certamente applicazione le norme (e i relativi e sottostanti principi) di cui all’attuale Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 36/2023).
  2. Mentre, per ciò che attiene ed afferisce alla verifica di congruità dei costi della manodopera da parte delle Stazioni appaltanti, e alla contestabilità, da parte degli Operatori economici, degli stessi, questi ultimi non possono solamente addurre, quale causa di mancata osservanza delle disposizioni all’uopo rassegnate dal Codice dei contratti pubblici (e dei valori contenuti nelle tabelle ministeriali) il mancato rispetto del mero passaggio formale di verifica da parte dell’Amministrazione procedente, ma, per converso, devono, quantomeno, offrire un principio di prova, sul punto, idoneo a dimostrare che i valori della manodopera offerti dall’aggiudicatario risultino essere – sostanzialmente – eccessivamente (id est, anormalmente) bassi, con susseguente causazione di evidenti conseguenze e vulnus, non solo per gli altri concorrenti, ma anche, e soprattutto, per la stessa Amministrazione procedente (e, riflessamente, per la collettività globalmente considerata).