TAR, Venezia, 3 aprile 2024, n. 632

L’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.

Il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo è applicabile anche successivamente all’entrata in vigore della legge n. 49/2023. Infatti, mediante l’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del codice dei contratti pubblici (nel caso in esame, del d.lgs. n. 50/2016, ma il ragionamento è analogo anche con riguardo al d.lgs. n. 36/2023) si può affermare che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”.

L’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1332 del 2023, proposto da

Società di Ingegneria Inm And Partner Ar.L, Studio D'Ambrosio & Associati S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, Francesco Gorin, in qualità di titolare dello Studio Tecnico Associato Multimoianti, arch. Chiara Parrino, tutti in proprio e nella rispettiva qualità di mandataria e mandanti del costituendo RTP, in relazione alla procedura CIG 993752510F, 99377277BF, rappresentati e difesi dall'avvocato Luigi D'Ambrosio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Ulss n. 4 “Veneto Orientale”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Diego Signor, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Manens S.p.A., in proprio e quale capogruppo e mandataria del raggruppamento temporaneo costituito con F-Project srl e con l’arch. Giovanna Mar, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucia Casella, Giovanni Scudier, Roberta Paccagnella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della deliberazione del Direttore Generale n. 1011 del 31.10.2023 della Azienda Unità Locale Socio sanitaria n. 4 “Veneto Orientale” ad oggetto <<Affidamento dell’incarico di progettazione definitiva, con opzione della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase progettuale inerente ai lavori di “Adegua-mento alla normativa di prevenzione incendi e antisismica dei PP.OO. di san Donà di Piave e Portoguaro” suddiviso in due lotti funzionali così distinti: a) Lotto Funzionale 01; P.O. di san Donà di Piave – Fase 1; b) Lotto Funzionale 02: P.O. di Portogruaro – Fase 1” (CIG lotto 01, 993752510F; CIG lotto 02, 99377277BF), recante l'aggiudicazione della procedura in favore del RTP Manens, pubblicata in data 5.11.2023 e comunicata all''''istante il 13.11.2023 e della presupposta proposta del Direttore dell''''U.O.C. Servizi Tecnici e Patrimoniali, condivisa da Direttore Generale in sede di approvazione degli atti di gara (“esaminata la questione e ritenuto di condividere le argomentazioni e le considerazioni prospettate”, pag. 10 deliberazione n. 1011/2023);

dei verbali di gara, nessuno escluso e, in particolare, di quelli del 28.8.2023 (verbale di apertura delle buste amministrative: 1^ seduta), 5.9.2023 (verbale di apertura delle buste amministrative: 2^ seduta), del 13.9.2023 (verbale di consegna delle buste tecniche alla Commissione giudicatrice), dell''''11.9.2023 (verbale di analisi della documentazione – soccorso istruttorio), del 20.9.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 1^ seduta), del 27.9.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 2^ seduta), del 5.10.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 3^ seduta), del 6.10.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 4^ seduta), del 9.10.2023 (verbale di apertura delle buste economiche: 1^ seduta), del 24.10.2023 (verbale di verifica di anomalia delle offerte: 1^ seduta);

comunque dei non conosciuti atti relativi al sub procedimento di anomalia;

del bando di gara spedito per la pubblicazione sulla Gazzetta dell''''Unione Europea in data 30.6.2023 e pubblicato sulla GURI in data 13.7.2023, del disciplinare di gara e relativi allegati e comunque della lex specialis laddove dovesse interpretarsi nel senso di consentire il ribasso sui compensi ai professionisti, in deroga alla legge sull' ''equo compenso";

di tutti gli atti presupposti, connessi, conseguenziali, ancorché non conosciuti, ivi inclusa la presupposta deliberazione del Direttore Generale n. 636 del 29.6.2023 di indizione della procedura, non conosciuta, nonché per la declaratoria di nullità del contratto ove medio tempore stipulato tra le parti ai sensi e per gli effetti degli artt. 121, co. 1, lett. c) e d), 122 e 124, d. lgs. n. 104/2010;

ed altresì per l'accoglimento

della domanda di risarcimento in forma specifica volta a conseguire l''''aggiudicazione dell’'appalto de quo e conseguente sottoscrizione del contratto previa, ove occorra e in ipotesi di intervenuta sottoscrizione del contratto con l'aggiudicataria in esecuzione dei provvedimenti impugnati, dichiarazione di inefficacia e accoglimento della domanda di subentro qui espressamente proposta.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Manens S.p.A. e dell’Azienda Ulss n. 4 “Veneto Orientale”;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2024 il dott. Andrea Gana e uditi per le parti i difensori Pastore, su delega dell'avv. D'Ambrosio, Signor e Scudier;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Le società ricorrenti, in proprio e nella qualità di mandanti e di mandataria del costituendo RTP “Società di Ingegneria INM and Partner a r.l., Studio D'Ambrosio & Associati S.r.l., Studio Tecnico Associato Multimpianti e arch. Chiara Parrino” (d’ora in poi “RTP”) hanno impugnato, formulando anche istanza cautelare, i provvedimenti, meglio indicati in epigrafe, tra cui la deliberazione del Direttore Generale n. 1011 del 31.10.2023 della Azienda Unità Locale Socio sanitaria n. 4 “Veneto Orientale” con cui è stata aggiudicata la procedura, suddivisa in due lotti funzionali, per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva, con opzione della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase progettuale inerente ai lavori di “Adeguamento alla normativa di prevenzione incendi e antisismica dei PP.OO. di san Donà di Piave e di Portoguaro.

Avverso tali provvedimenti il RTP ricorrente ha esposto, in fatto, quanto segue:

- che il disciplinare di gara ha stabilito, quale criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa da individuare sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo e ha evidenziato, per entrambi i lotti, che l’importo a base di gara è stato calcolato ai sensi del d.m. 17 giugno 2016 recante “Approvazione delle Tabelle dei corrispettivi commisurati a livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8 del Codice”, specificando in apposite tabelle le singole categorie di opere, i relativi costi, i compensi, le spese e gli oneri accessori e i corrispettivi;

- che la disciplina di gara ha previsto che “l’onorario ed il rimborso delle spese per l’esecuzione delle prestazioni oggetto del presente Capitolato, sono determinate, nel rispetto della dignità della professione in relazione all’art. 2233 del Codice Civile, tenendo conto: - delle prestazioni tecniche da svolgere; - del grado di complessità dell’opera da realizzare; - dell’importo presunto dell’opera dichiarato dalla Stazione Appaltante e derivante dal Quadro Economico finale del Progetto Esecutivo”, vincolando l’Amministrazione a tutelare gli operatori economici partecipanti secondo le stesse modalità previste dalla legge sull’equo compenso;

- di essersi collocato, nella graduatoria finale e in ragione del ribasso offerto da tutti i concorrenti, al quinto e al settimo posto, e che entrambi i lotti sono stati aggiudicati al costituendo RTP Manens S.p.A;

- che nel sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la Stazione Appaltante ha dato atto di avere tenuto conto della disciplina di cui alla l. 21.4.2023, n. 49 (“Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”), oltre che della delibera ANAC 7 20.7.2023, n. 343 (adottata in sede di prima applicazione delle norme sull’equo compenso a gara regolata con il d. l.vo n. 50/2016) e dei contributi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (circolari 31.7.2023, n. 76 e 10.10.2023, n. 93);

- di avere appreso, a seguito dell’accesso agli atti, che tutti gli operatori economici partecipanti, fatta eccezione per il ricorrente, hanno formulato offerte economiche con ribasso sui compensi, in violazione delle norme sull’equo compenso di cui alla l. 21.4.2023, n. 49 che, come espressamente affermato dalla Stazione appaltante, hanno trovato applicazione alla gara, con la conseguente illegittimità del provvedimento di aggiudicazione.

Quanto ai motivi di impugnazione, il RTP ha lamentato quanto segue.

1. Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente ha lamentato la violazione degli artt. 1, 2 e 3, l. n. 21.4.2023, n. 49, dell’art. 24, co. 8, d. l.vo n. 50/2016, dell'art. 30, co. 1 e co. 2, d. lgs. n. 50/2016, degli artt. 95 e 97, d. lgs. n. 50/2016, del principio di concorrenza e di par condicio, nonché il vizio di eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di istruttoria, per contraddittorietà, travisamento, illogicità manifesta e disparità di trattamento.

Più nel dettaglio, ed in estrema sintesi, il ricorrente ha evidenziato come a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 49/2023 in materia di “equo compenso”, le tariffe stabilite dal D.M. 17 giugno 2016 non possano più costituire un mero criterio o base di riferimento per le Stazioni Appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell'affidamento, in quanto dovrebbero essere considerate un parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e di architettura, con la conseguente impossibilità per gli operatori economici di sottoporre a ribasso la componente “compensi” nell’ambito delle procedure di gara da svolgere con il criterio di aggiudicazione dell’offerta qualitativamente migliore in base al rapporto qualità/prezzo. Ciò in quanto la legge sul c.d. “equo compenso” ha stabilito che al professionista intellettuale, all’esito della gara o dell’affidamento, deve essere riconosciuto un corrispettivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, presumendo tale equità qualora il corrispettivo venga determinato ai sensi dei decreti ministeriali adottati in base all’art. 9 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1. Al tempo stesso, la legge n. 49/2023 ha previsto la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, in quanto inferiore agli importi fissati dai parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini, consentendo soltanto al professionista di far valere tale nullità dinnanzi al giudice ordinario.

In questa logica (che sarebbe supportata anche dalla delibera ANAC n. 343 del 20.7.2023, resa in sede di precontenzioso), la Stazione Appaltante, pur apparentemente applicando tali principi, non li avrebbe utilizzati correttamente, posto che tutti gli operatori economici, incluso l’aggiudicatario, hanno formulato offerte economiche al ribasso, rispetto all’importo a base di gara, che hanno comportato una riduzione del compenso per l’attività di progettazione rispetto a quello “equo” determinato ai sensi del D.M. 17 giugno 2016; al contrario, il ricorrente ha affermato di avere presentato un’offerta economica con un ribasso limitato e tale da salvaguardare l’equo compenso, essendo comunque superiore all’importo determinato per tale voce dalla stessa Amministrazione nella disciplina di gara.

2. Con il secondo motivo di impugnazione, RTP ha lamentato la violazione dell’art. 97, d.lgs. n. 50/2016, nonché il vizio di eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di istruttoria, contraddittorietà, travisamento, illogicità manifesta, disparità di trattamento e sviamento.

Sul punto, parte ricorrente ha contestato quanto argomentato dalla Commissione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, laddove un compenso professionale, evidentemente non equo, è stato giustificato in ragione del fatto che il costo dei lavoratori dipendenti dell’operatore economico aggiudicatario risulta comunque rispettoso dei trattamenti salariali minimi previsti dal CCNL applicato.

Con il terzo motivo di impugnazione, proposto in via subordinata, il ricorrente ha osservato come la disciplina di gara dovrebbe comunque ritenersi eterointegrata dalle norme imperative previste dalla legge n. 49/2023, con la conseguenza che l’Amministrazione, anche qualora non si fosse autovincolata sul punto, non avrebbe comunque potuto aggiudicare la gara violando le norme sull’equo compenso.

Con il quarto motivo di impugnazione, il ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 32, comma 9, d. l.vo n. 50/2016 e dell’art. 8, comma 1, lett. a, d.l. n. 76/2020 conv. in l. n. 120/2020 in quanto, nel provvedimento di aggiudicazione, l’Amministrazione ha previsto di sottoscrivere il contratto in violazione del termine dilatorio di 35 giorni di cui all’art. 32, comma 9, d. l.vo n. 50/2016.

Quanto premesso, il ricorrente ha domandato, previa concessione di misure cautelari, anche inaudita altera parte, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, la declaratoria di nullità del contratto eventualmente stipulato nelle more e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno ai sensi degli artt. 121, 122 e 124 c.p.a., oltre alla rifusione delle spese di lite.

Con decreto del 4.12.2023, è stata concessa la tutela cautelare monocratica, limitatamente all’inibizione della sola sottoscrizione del contratto nelle more della trattazione collegiale della causa.

Si sono costituiti l’Azienda ULSS n. 4 “Veneto Orientale” e il RTP aggiudicatario “Manens S.p.A.” (d’ora in poi “Manens”), domandando che il ricorso venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato nel merito.

Più nel dettaglio l’Azienda ULSS n. 4 “Veneto Orientale”, con riferimento alla possibile inammissibilità del ricorso, ha formulato tre eccezioni preliminari:

1) che la disciplina di gara, regolata dalle previsioni di cui al d.lgs. n. 50/2016, ha previsto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo e ha invitato gli operatori economici a formulare un ribasso percentuale da applicare al “compenso per la propria prestazione professionale per l’incarico oggetto di affidamento, comprensivo di ogni tipo di spese e compensi accessori”. In questo quadro generale, RTP, qualora avesse voluto far valere la tesi per la quale la legge n. 49/2023 imponeva l’aggiudicazione della gara ad un prezzo fisso (non essendo più ribassabile la voce “compensi”), avrebbe dovuto tempestivamente impugnare la lex specialis in quanto non consentiva la presentazione di una offerta secondo le modalità ritenute legittime da parte ricorrente;

2) quest’ultima ha formulato, per entrambi i lotti di gara, un’offerta economica al ribasso secondo le modalità previste dalla lex specialis, salvo affermare ex post e in modo non consentito (atteso che si tratterebbe di una modifica dell’offerta successiva alla gara) che il proprio ribasso sarebbe da imputare quasi esclusivamente alle spese generali e ai compensi accessori e non alla principale parte di compenso. Ne deriverebbe, pertanto, l’inammissibilità del ricorso, atteso che il ricorrente vorrebbe ottenere l’esclusione di tutti gli operatori economici partecipanti in virtù di una condotta che egli stesso ha posto in essere;

3) in ogni caso, se anche si volesse ritenere che il ribasso sulla voce “compensi” non potesse essere offerto, il ricorrente non risulterebbe comunque aggiudicatario, in quanto la sua offerta tecnica non è stata comunque ritenuta la migliore sotto il profilo qualitativo.

La Stazione appaltante, inoltre, ha evidenziato il possibile contrasto tra la legge n. 49/2023, come interpretata dal Raggruppamento ricorrente, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE, nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost. e ha sollecitato il Collegio a formulare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia o a sollevare la questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte Costituzionale, qualora intenda accogliere la ricostruzione normativa formulata dal ricorrente.

Con ordinanza del 14.12.2023, resa all’esito della camera di consiglio, il Collegio ha concesso la misura cautelare richiesta negli stessi termini già previsti dal decreto monocratico del 4.12.2023.

In previsione dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato documenti e memorie, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., a supporto delle proprie difese.

L’Azienda ULSS n. 4 “Veneto Orientale”, con la memoria del 4.3.2024, ha dichiarato di avere annullato parzialmente la delibera di aggiudicazione della gara in quanto, per un mero errore materiale, non era stato previsto il rispetto del termine dilatorio per la sottoscrizione del contratto con l’aggiudicatario di cui al comma 9 dell’art. 32 del d.lgs. n. 50/2016. La Stazione appaltante, inoltre, ha evidenziato come, a seguito dell’esecuzione anticipata del contratto, il Raggruppamento aggiudicatario abbia completato l’attività di progettazione, trasmettendo la relativa documentazione con la conseguenza che il ricorrente non avrebbe più alcun interesse all’accoglimento del ricorso, posto che non potrebbe conseguire né l’aggiudicazione, né la riedizione della gara, dato che l’esigenza della Stazione appaltante è già stata integralmente soddisfatta.

Il ricorrente, invece, con la memoria depositata il 4.3.2024, preso atto dell’esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto, ha domandato l’accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., in funzione della successiva proposizione, in separato giudizio, della domanda di risarcimento per equivalente.

All’udienza del 20 marzo 2024, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

1. In via preliminare.

Preliminarmente, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità, formulate in rito dall’Azienda ULSS n. 4 “Veneto Orientale”. Nel processo amministrativo, infatti, “il giudice ha il dovere di decidere la controversia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 76, comma 4, c.p.a. e 276, comma 2, c.p.c., secondo l'ordine logico che, di regola, pone la priorità della definizione delle questioni di rito rispetto alle questioni di merito e, fra le prime, la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali rispetto alle condizioni dell'azione” (si v. ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 20/10/2020, n.6359).

1.1. La Stazione appaltante ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso in quanto, a suo avviso, il ricorrente lo avrebbe dovuto proporre immediatamente avverso la disciplina di gara: quest’ultima, infatti, regolata dalle previsioni di cui al d.lgs. n. 50/2016, ha previsto espressamente l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo e ha invitato gli operatori economici a formulare un ribasso percentuale da applicare al “compenso per la propria prestazione professionale per l’incarico oggetto di affidamento, comprensivo di ogni tipo di spese e compensi accessori”. Conseguentemente, a giudizio della Stazione appaltante, il ricorrente avrebbe dovuto impugnare tale disciplina per farne valere l’illegittimità in quanto non avrebbe consentito la formulazione di una offerta secondo le modalità imposte dall’applicazione della legge n. 49/2023 in base all’interpretazione sostenuta dal ricorrente. Quest’ultimo, infatti, nel ricorso introduttivo ha sostenuto che, a seguito dell’entrata in vigore della legge sull’equo compenso, l’aggiudicazione delle gare aventi ad oggetto prestazioni professionali di ingegneria, dovrebbe avvenire in base ad un prezzo fisso non essendo ribassabili i compensi del professionista, con l’esclusione del ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa “individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” o comunque con l’applicazione di tale criterio secondo modalità tali da permettere esclusivamente il ribasso sulla voce “spese e compensi accessori”.

Tale eccezione, a giudizio del Collegio, non è fondata.

Appare opportuno soffermarsi, al fine di evidenziarne l’infondatezza, sulle condizioni individuate dalla consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di ammissibilità dell'impugnativa immediata avverso il bando di gara che, in quanto atto amministrativo generale, deve ritenersi non immediatamente impugnabile per difetto di lesività diretta delle sue clausole.

Più nel dettaglio, a partire dalla nota pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 1/2003, la giurisprudenza ha progressivamente enucleato le fattispecie derogatorie del principio di non impugnabilità diretta del bando di gara riconducendole alla categoria delle cd. clausole escludenti, ossia a quelle previsioni della lex specialis che, incidendo in via immediata e diretta sulla possibilità dell'operatore economico di partecipare alla procedura, concretizzano una lesione di per sé già attuale senza bisogno di ulteriori atti applicativi e lo onerano dell'immediata impugnativa entro il termine decadenziale. Tra queste, sono state delineate le clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati, di regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile, le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendono impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente, le clausole impositive di obblighi contra ius. Nell’interpretare queste fattispecie tipologiche, inoltre, si deve sempre tener a mente il chiaro principio interpretativo per cui "il rapporto tra impugnabilità immediata e non impugnabilità immediata del bando è traducibile nel giudizio di relazione esistente tra eccezione e regola. L'eccezione riguarda i bandi che sono idonei a generare una lesione immediata e diretta della posizione dell'interessato. La ratio sottesa a tale orientamento deve essere individuata nell'esigenza di garantire la massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica e la massima apertura del mercato dei contratti pubblici agli operatori dei diversi settori, muovendo dalla consapevolezza che la conseguenza dell'immediata contestazione si traduce nell'impossibilità di rilevare il vizio in un momento successivo" (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 26/04/2018, n. 4).

Ciò sta a significare che la “ratio” sottesa a tale orientamento e alla individuazione di siffatta categoria generale, è quella di garantire la più ampia partecipazione alle procedure di evidenza pubblica e l’apertura del mercato dei contratti pubblici agli operatori dei diversi settori, in virtù della consapevolezza che l’immediata contestazione della clausola escludente è idonea a garantire, a valle della decisione dell’organo giurisdizionale, un più ampio confronto competitivo tra gli operatori economici ma anche l’impossibilità di rilevare il vizio in un momento successivo, assicurando la stabilità degli esiti della procedura di gara.

Da quanto sinora esposto deriva che la qualificazione di una clausola come “immediatamente escludente” può aversi eccezionalmente e solo a fronte di previsioni della legge di gara che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull'interesse delle imprese, precludendo, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un'utile partecipazione alla gara dell’operatore economico e la possibilità di formulare un’offerta oggettivamente competitiva.

Nel caso di specie, occorre rilevare come la disciplina di gara, oltre a prevedere il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e la formulazione, da parte degli operatori economici, di offerte economiche con un ribasso percentuale da applicare al “compenso per la propria prestazione professionale per l’incarico oggetto di affidamento, comprensivo di ogni tipo di spese e compensi accessori”, abbia determinato (art. 3.2. del Disciplinare di gara) l’importo a base di gara, per entrambi i lotti, ai sensi del Decreto del Ministero della Giustizia 17 giugno 2016 “Approvazione delle Tabelle dei corrispettivi commisurati a livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del Codice” (in seguito D.M. 17.06.2016).

In questo modo, l’Amministrazione ha quantificato, per ciascun lotto, gli importi relativi ai compensi e alle spese/oneri accessori da riconoscere per le prestazioni oggetto di gara: è opportuno precisare sin da ora, per maggior chiarezza espositiva, che il D.M. 17.06.2016 e i decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 per la liquidazione giudiziale dei compensi (a cui la legge n. 49/2023 rinvia per la determinazione dell’equo compenso) si basano sulla valorizzazione degli stessi parametri e si differenziano esclusivamente per la possibilità, del tutto eccezionale, riconosciuta al giudice di aumentare o ridurre, sino al 60%, tali importi in ragione delle peculiarità del caso concreto.

Ne consegue che, nella fattispecie in esame, ciascun partecipante alla gara è stato posto nelle condizioni di formulare un’offerta economica al ribasso salvaguardando, ove avesse voluto, la componente dei compensi, come determinata e distinta dall’Amministrazione in applicazione del D.M. 17.06.2016 e da qualificare in termini di equo compenso anche ai sensi della legge n. 49/2023: per arrivare a tale risultato, infatti, era sufficiente la formulazione di un ribasso che, applicato percentualmente all’importo a base di gara, non implicasse la proposizione di un’offerta economica inferiore ai compensi equi quantificati dall’Amministrazione.

Non può pertanto affermarsi che la disciplina di gara dovesse essere sottoposta ad immediata impugnazione da parte del ricorrente, atteso che le sue previsioni non hanno inciso con assoluta e oggettiva certezza sul suo interesse alla partecipazione alla gara, né gli hanno precluso la formulazione di una offerta economica coerente con il suo intendimento di rispettare l’equo compenso derivante dall’applicazione del D.M. 17.06.2016 e della legge n. 49/2023.

Quanto precede risulta anche conforme ai principi di buona fede e di tutela dell’affidamento (oggi codificati dall’art. 5 del d.lgs. n. 36/2023, ma in ogni caso immanenti nel sistema) in virtù dei quali può ritenersi che il raggruppamento ricorrente abbia riposto il proprio affidamento sul legittimo esercizio dell’azione amministrativa da parte della Stazione appaltante e quindi sulla circostanza che tutte le offerte economiche sarebbero state valutate in conformità alla lex specialis e a quelle norme dell’ordinamento giuridico (incluse le previsioni della legge n. 49/2023) contenenti precetti obbligatori delle quali la Stazione appaltante abbia omesso l’esplicito inserimento nella disciplina di gara.

1.2 Ciò chiarito, si deve osservare che la formulazione, anche da parte della parte ricorrente, di una offerta economica con ribasso sulla voce “compenso per la propria prestazione professionale per l’incarico oggetto di affidamento, comprensivo di ogni tipo di spese e compensi accessori”, come richiesto dalla disciplina di gara e come effettuato da tutti i partecipanti alla stessa, non può implicare, contrariamente a quanto eccepito dalla Stazione appaltante, l’inammissibilità dell’odierno ricorso.

A ben vedere, infatti, il raggruppamento ha formulato la propria offerta in coerenza con la dicitura e con le modalità richieste dalla legge di gara, che non consentivano agli offerenti di indicare il ribasso offerto specificando su quale componente del prezzo venisse praticato (ossia se si trattava di un ribasso sui compensi, sulle spese generali o su oneri accessori). Ne deriva che il ricorrente non poteva che riporre un valido e concreto affidamento sulla correttezza della modulistica predisposta dalla Stazione appaltante e, al tempo stesso, sulla circostanza per la quale la sua offerta, a prescindere dalla dicitura imposta per la formulazione dei ribassi economici, sarebbe stata valutata in conformità alla lex specialis e alle norme dell’ordinamento giuridico rilevanti nel caso concreto (comprese le previsioni della legge n. 49/2023).

Siffatta conclusione può essere supportata, a giudizio del Collegio, anche tramite il ricorso agli approdi a cui è pervenuta la Corte di Giustizia UE in materia di mancata indicazione separata dei costi della manodopera da parte dell’operatore economico. In tale ipotesi, come è noto, la Corte di Giustizia ha ritenuto non compatibile con il diritto UE la previsione dell’esclusione dell’operatore economico a fronte di “disposizioni della gara d'appalto che non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche” (così la sentenza del 2 maggio 2019, C-309/18). Ne deriva la possibilità di desumere un principio di portata più estesa, di natura pro-concorrenziale e volto a garantire la più ampia partecipazione alla gara, in virtù del quale non è possibile imputare conseguenze pregiudizievoli in capo all’operatore economico che si sia conformato alla modulistica di gara, anche qualora la stessa non consentiva di formulare quelle precisazioni che sarebbero state necessarie per dare piena ed evidente applicazione, sin dalla proposizione dell’offerta, alle norme imperative dell’ordinamento giuridico.

1.3 Da ultimo, devono essere rigettate anche le ulteriori eccezioni di inammissibilità formulate dalla Stazione appaltante, che ha evidenziato l’impossibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione della gara, anche nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, o la sua riedizione, considerata l’esecuzione anticipata della prestazione da parte del soggetto aggiudicatario.

Al riguardo, è sufficiente osservare come il ricorrente abbia dichiarato, nelle forme e nei termini previsti dall'art. 73 c.p.a., di avere interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’atto di aggiudicazione a fini risarcitori, con la conseguenza che non ha inteso far valere né l’interesse ad ottenere l’aggiudicazione, né quello alla sua riedizione.

In ragione di quanto precede, pertanto, tutte le eccezioni preliminari di inammissibilità formulate dalla Stazione appaltante devono essere rigettate.

2. Nel merito.

Il Collegio ritiene di doversi, in primo luogo, soffermare sull’esame della legge n. 49/2023, per quanto in questa sede di interesse.

Come è noto, con l’approvazione della legge 21 aprile 2023, n. 49, pubblicata sulla G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (ed entrata in vigore in data 20 maggio 2023), il legislatore ha riscritto le regole in materia di compenso equo per le prestazioni professionali con l’intento di incrementare le tutele per quest’ultime, garantendo la percezione, da parte dei professionisti, di un corrispettivo equo per la prestazione intellettuale eseguita anche nell’ambito di quei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli”.

Più nel dettaglio, la novella normativa, che trova applicazione in favore di tutti i professionisti, a prescindere dalla loro iscrizione ad un ordine o collegio, ha previsto (art. 1) che per compenso equo deve intendersi la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente:

a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;

b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

c) per i professionisti di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy.

Il successivo articolo 2, inoltre, ha specificato che la legge in esame trova applicazione ai rapporti professionali fondati sulla prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro e, infine, per le prestazioni rese in favore della Pubblica Amministrazione.

Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, come determinato dall’art. 2, introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che prevede un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza per far valere la nullità della pattuizione, chiedendo la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alla specifica attività svolta dal professionista.

Lo scopo della normativa in esame, come visto, è quello di tutelare i professionisti nell’ambito dei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli” ed emerge ulteriormente dalla previsione per la quale gli stessi ordini e i collegi professionali sono chiamati ad adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull'equo compenso.

2.1. Ebbene, è opinione di questo Collegio che non vi sia alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in oggetto).

La tesi dell’antinomia è stata prospettata, con maggior precisione, dall’Amministrazione resistente, la quale ha osservato che l’art. 95, d.lgs. 50/2016 (così come oggi l’art. 108, c. 1 d.lgs. 36/2023) ha previsto tre diversi criteri di aggiudicazione: 1) affidamento “sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”; 2) affidamento sulla base “dell’elemento prezzo”; 3) affidamento sulla base “del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita”, con competizione limitata ai profili qualitativi.

Secondo la Stazione appaltante, quindi, poiché il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è fondato “sul miglior rapporto qualità/prezzo”, a seguito dell’entrata in vigore della legge su c.d. “equo compenso”, le gare per servizi di architettura o di ingegneria dovrebbero essere strutturate e aggiudicate sulla base di un “prezzo fisso” non ribassabile, individuato dalla stessa P.a. come corrispettivo posto a base di gara, con competizione limitata alla sola componente tecnica dell’offerta e con una evidente compromissione della libera contrattazione, del confronto competitivo tra operatori economici e dei principi comunitari in materia di libertà di circolazione, di stabilimento e di prestazione di servizi.

Nel medesimo solco interpretativo, come segnalato dalla Stazione appaltante e dal Raggruppamento aggiudicatario, si è parzialmente collocata anche l’Anac che, oltre a sollecitare un intervento chiarificato del legislatore, ha evidenziato dei dubbi circa l’applicabilità della legge sull’equo compenso alla materia dei contratti pubblici.

Il Collegio ritiene la tesi in esame non condivisibile.

Si deve ricordare, in via generale, che un’antinomia può configurarsi “in concreto” allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. Ciò accade ogniqualvolta quest’ultima sia contemporaneamente sussumibile in due ipotesi normative diverse, l’applicazione delle quali, comporti, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico, conseguenze giuridiche incompatibili tra loro.

In tale ipotesi, l’interprete è chiamato ad effettuare una interpretazione letterale, teleologica e adeguatrice delle norme in apparente contrasto, al fine di determinarne il significato che è loro proprio, coordinandole anche in un più ampio sistema di norme, rappresentato dall’ordinamento giuridico.

Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.

Come già esposto, infatti, il legislatore, al dichiarato intento di tutelare i professionisti intellettuali nei rapporti contrattuali con “contraenti forti” ha espressamente previsto l’applicazione della legge anche nei confronti della Pubblica Amministrazione e ha riconosciuto la legittimazione del professionista all’impugnazione del contratto, dell’esito della gara, dell’affidamento qualora sia stato determinato un corrispettivo qualificabile come iniquo ai sensi della stessa legge.

Non a caso, l’art. 8, d.lgs. n. 36/2023, oggi prevede che le Pubbliche Amministrazioni, salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente, devono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.

Sul piano letterale e teleologico, pertanto, gli elementi sopra evidenziati depongono in maniera chiara per l’applicabilità delle previsioni della legge n. 49/2023 anche alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 50 del 2016; diversamente opinando, l’intervento normativo in questione risulterebbe privo di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale qualora il legislatore avesse inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione che, nel mercato del lavoro attuale, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia (si ricorda, a titolo esemplificativo, che con riferimento al 2021 l’Anac, in un periodo ancora condizionato dall’emergenza pandemica, ha stimato in circa 70 miliardi di euro il valore totale degli appalti di servizi aggiudicati dalle Pubbliche Amministrazioni).

Il Collegio ritiene, poi, che sia comunque applicabile, anche successivamente all’entrata in vigore della legge n. 49/2023, il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo.

Infatti, mediante l’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del codice dei contratti pubblici (nel caso in esame, del d.lgs. n. 50/2016, ma il ragionamento è analogo anche con riguardo al d.lgs. n. 36/2023) si può affermare che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”.

L’Amministrazione è chiamata a quantificare tali voci in applicazione del D.M. 17 giugno 2016 per individuare l’importo complessivo da porre a base di gara; al tempo stesso, la voce “compenso”, individuata con tale modalità come una delle voci che costituiscono il prezzo, è da qualificare anche come compenso equo ai sensi della legge n. 49/2023, che sotto tale aspetto stabilisce che è equo il compenso dell’ingegnere o architetto determinato con l’applicazione dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.

A tale conclusione si perviene in ragione del fatto che le due tipologie di decreti ministeriali (ossia il D.M. 17 giugno 2016 e il DM 140/2012 adottato ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1) sono costruiti con l’applicazione degli stessi parametri e la valorizzazione delle medesime voci; lo stesso art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, inoltre, disciplina unitariamente sia la determinazione dei compensi liquidabili giudizialmente al professionista, sia la determinazione degli importi da porre a base di gara da parte delle Amministrazioni (art. 9.2.“ Ferma restando l'abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare nel termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Entro lo stesso termine, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. Il decreto deve salvaguardare l'equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali. Ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano i parametri individuati con il decreto di cui al primo periodo, da emanarsi, per gli aspetti relativi alle disposizioni di cui al presente periodo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; con il medesimo decreto sono altresì definite le classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi. I parametri individuati non possono condurre alla determinazione di un importo a base di gara superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del presente decreto.”).

Ne deriva che il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa.

Nondimeno, trattandosi di una delle plurime componenti del complessivo “prezzo” quantificato dall’Amministrazione, l’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori.

Siffatta conclusione, oltre ad assicurare la coerente e coordinata applicazione dei due testi normativi, consente di escludere che la legge n. 49/2023 produca di per sé effetti anti concorrenziali o in contrasto con la disciplina dell’Unione Europea (profilo che sarà esaminato più ampiamente nel prosieguo dell’esposizione). Si osserva, infatti, che escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai “compensi” non è un ostacolo alla concorrenza o alla libertà di circolazione e di stabilimento degli operatori economici, ma al contrario rappresenta una tutela per questi ultimi, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto permetterà loro di conseguire un corrispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione e anche in misura superiore a quella che sarebbero stati disposti ad accettare per conseguire l’appalto; inoltre, l’operatore economico che, in virtù della sua organizzazione d’impresa, dovesse ritenere di poter ribassare componenti accessori del prezzo (ad esempio le spese generali) potrà avvantaggiarsi di tale capacità nell’ambito del confronto competitivo con gli altri partecipanti alla gara, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto su componenti accessorie del prezzo, potranno apparire in buona sostanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge n. 49/2023, sarebbe stato offerto sui compensi.

3. Da quanto finora esposto, deriva che la legge n. 49/2023 deve essere applicata anche alla procedura di gara oggetto del presente giudizio.

Al riguardo, deve essere evidenziato come la Stazione appaltante abbia espressamente richiamato la legge n. 49/2023 nell’ambito del controllo sull’anomalia dell’offerta del Raggruppamento aggiudicatario: tale richiamo non può essere derubricato ad un mero “aver tenuto conto”, come affermato dalla Stazione appaltante, posto che l’Amministrazione non è chiamata a tenere conto discrezionalmente di una legge in vigore, ma a darvi rigorosa applicazione.

Ma ciò che è dirimente osservare è che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Stazione appaltante e dal Raggruppamento aggiudicatario, la disciplina di gara deve ritenersi essere stata eterointegrata dalla legge n. 49/2023.

Tale istituto, come è noto, “ha come necessario presupposto la sussistenza di una lacuna nella legge di gara e, solo nel caso in cui la stazione appaltante ometta di inserire nella disciplina di gara elementi previsti come obbligatori dall'ordinamento giuridico, soccorre il meccanismo di integrazione automatica in base alla normativa in materia, analogamente a quanto avviene nel diritto civile ai sensi degli artt. 1374 e 1339 c.c., colmandosi in via suppletiva le eventuali lacune del provvedimento adottato dalla Pubblica amministrazione; l'invocato meccanismo sostitutivo/integrativo riesce quindi ad operare solo in presenza di norme imperative e cogenti” (si v. ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 24/10/2017, n.4903).

Nel caso in esame, il bando di gara non ha previsto, espressamente, l’applicazione della legge sul c.d. “equo compenso” e non ha precluso la formulazione di offerte economiche al ribasso sulla componente “compenso” del prezzo stabilito; tale lacuna, con riferimento ad un profilo sottratto alla libera disponibilità della Stazione appaltante, deve ritenersi integrata dalle norme imperative previste dalla legge n. 49/2023 che, come visto, ha stabilito la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata.

Il fatto che il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3, l. n. 49 del 2023 integrino un’ipotesi di norma imperativa, non può, ad avviso del Collegio essere messo in dubbio.

Premesso che la già ricordata previsione testuale della nullità rappresenta, quantomeno, un indizio “forte”, al riguardo, occorre ricordare come, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ‹‹il focus dell'indagine sulla imperatività della norma violata si appunta ora sulla natura dell'interesse leso che si individua nei preminenti interessi generali della collettività›› (Cass. civ., Sez. Un., 15 marzo 2022 n. 8472).

Nel caso di specie, l’imperatività della normativa in esame è associata non solo, come detto, alla previsione testuale della nullità, ma anche al fatto che lo scopo del provvedimento è quello di assicurare al professionista un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, sia in sostanziale attuazione dell’art. 36 Cost., sia per rafforzare la tutela dei professionisti nel rapporto contrattuale con specifiche imprese, che per natura, dimensioni o fatturato, sono ritenute contraenti forti, ovvero, per quanto in questa sede di interesse, con la P.a..

A tale riguardo, con particolare riguardo alle procedure di evidenza pubblica, è chiaro come non possono non venire in preminente rilievo anche i principi di imparzialità e buon andamento della P.a.: sarebbe irragionevolmente discriminatorio se i limiti imposti dalla normativa in esame non fossero rispettati, in modo particolarmente cogente, proprio dalla P.a. nell’ambito delle gare, laddove vengono in gioco anche interessi generali ulteriori correlati alla tutela della concorrenza e della par condicio dei concorrenti in gara.

In questo senso, con specifico riguardo alla rilevanza della disciplina sull’equo compenso nell’ambito delle procedure di gara, in combinato disposto con le previsioni contenute nel d.lgs. n. 50 del 2016, il Collegio ritiene che la natura relativa o di “protezione” della nullità in questione, così come emergente dall’art. 3, comma 4, l. n. 49 del 2023 (laddove prevede che ‹‹la nullità delle singole clausole non comporta la nullità del contratto, che rimane valido ed efficace per il resto. La nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d'ufficio››) non possa comportare l’irrilevanza della violazione dei compensi minimi in sede di gara.

Infatti, la norma in questione è di portata generale, ed è chiaramente pensata, in particolare, in funzione della già avvenuta stipula del contratto con il professionista, nell’ambito, quindi, del rapporto contrattuale con lo stesso instaurato.

D’altronde, pur non contenendo la normativa in esame una previsione puntuale in ordine alle conseguenze derivanti dalla violazione in esame nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, è evidente che, in considerazione delle finalità di carattere generale sopra evidenziate, e, in particolare, al fine di garantire il puntuale rispetto del principio di imparzialità e buon andamento dell’attività della P.a., nonché dei principi anche eurounitari alla base delle procedure ad evidenza pubblica medesime, non può ammettersi un’aggiudicazione in palese violazione di una norma imperativa, ancorché nell’ambito del rapporto contrattuale “ a valle” la nullità del contratto possa essere dedotta solo dal professionista.

Diversamente, infatti, si rischierebbe, proprio nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, una pericolosa eterogenesi dei fini: il professionista concorrente potrebbe essere “tentato” di abusare della nullità di protezione in questione, volutamente presentando un’offerta “inferiore” ai minimi, per così ottenere l’aggiudicazione e, una volta stipulato il contratto far valere la nullità parziale al fine di attivare il “meccanismo” di cui al comma 6 dell’art. 3, ai sensi del quale ‹‹il tribunale procede alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali di cui al comma 1 relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell'opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall'ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull'urgenza e sul pregio dell'attività prestata, sull'importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell'affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In tale procedimento il giudice puo' avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio››.

È evidente d’altronde, che ciò porterebbe ad un aggiramento del principio di tendenziale immutabilità dell’offerta anche in sede di esecuzione del contratto pubblico.

In questo senso, allora, la nullità relativa o di protezione si può ritenere giustificata proprio in relazione ai casi in cui il professionista è sostanzialmente “tenuto” a “subire” la previsione contraria all’equo compenso, e ciò anche eventualmente quando ad imporre la riduzione al di sotto dei minimi sia la P.a..

Diversamente, nell’ambito di gare, come quella in esame, dove la violazione della normativa sull’equo compenso non è imposta dalla P.a., ma dipende da una volontaria scelta dell’operatore economico al fine di ottenere l’aggiudicazione superando gli altri concorrenti, la natura “relativa” della nullità non può rivestire alcun rilievo, l’imperatività della normativa medesima imponendo, al contrario, un effetto escludente delle offerte con la stessa in contrasto.

Né possono deporre in senso contrario i principi di certezza del diritto o di legittimo affidamento, come valorizzato in un caso analogo dalla delibera Anac n. 101/2024. Su tale aspetto, il Collegio si limita ad osservare, trattandosi di delibera che è stata oggetto di ampia discussione orale tra le parti, che sono proprio i principi da ultimo indicati a determinare la necessaria integrazione della disciplina di gara nel caso concreto, posto che la legge n. 49/2023 ha stabilito delle norme di carattere imperativo in merito a profili che sono estranei alla libera determinazione delle Amministrazioni aggiudicatrici. Ne deriva che soltanto tramite il meccanismo di integrazione finora descritto può essere tutelato l’affidamento degli operatori economici sul legittimo esercizio dell’azione amministrativa nel caso concreto.

4. Le conclusioni a cui si è pervenuti rendono necessario scrutinare le questioni pregiudiziali poste dalla Stazione appaltante in ordine al possibile contrasto tra la legge n. 49/2023, come interpretata da questo Collegio, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE, nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost.

4.1. Più nel dettaglio, la Stazione appaltante ha osservato come l’esclusione della formulazione di ribassi sui compensi si tradurrebbe nell’imposizione da parte del legislatore di tariffe obbligatorie prive di flessibilità, idonee ad ostacolare la libertà di stabilimento, di prestazione di servizi e la libera concorrenza nel mercato europeo. Allo stesso modo, si avrebbe, a giudizio della Stazione appaltante, un evidente contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di proporzionalità e un incremento della spesa pubblica senza che la stessa legge n. 49/2023 abbia previsto le risorse con cui farvi fronte. Ciò in quanto per i contratti a cui tale legge risulterà applicabile, l’Amministrazione committente potrebbe essere condannata dal Tribunale ordinario al pagamento dei compensi per l’attività professionale svolta dall’operatore economico che abbia deciso di impugnare, entro il termine prescrizionale di dieci anni successivi alla conclusione del rapporto negoziale, il contratto, l’esito della gara o l’affidamento per far valere l’iniquità del compenso conseguito.

4.2. Il Collegio ritiene che entrambe le questioni pregiudiziali siano manifestamente infondate.

Quanto all’ipotizzata restrizione della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, si deve ricordare come dalla giurisprudenza costante della CGUE emerga che la restrizione sia configurabile a fronte di misure che vietino, ostacolino o scoraggino l’esercizio di tali libertà (v., ex multis, sentenze 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione/Italia; 5 ottobre 2004, causa C-442/02, CaixaBank France). Ciò si può configurare a fronte di misure che, per quanto indistintamente applicabili, pregiudichino l’accesso al mercato per gli operatori economici di altri Stati membri.

Più nel dettaglio, affrontando la tematica delle disposizioni italiane che hanno imposto agli avvocati l’obbligo di rispettare tariffe massime, la Corte di Giustizia ha affermato che “una normativa di uno Stato membro non costituisce una restrizione ai sensi del Trattato CE per il solo fatto che altri Stati membri applichino regole meno severe o economicamente più vantaggiose ai prestatori di servizi simili stabiliti sul loro territorio (v. sentenza 28 aprile 2009, Commissione/ Italia, cit., punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

L’esistenza di una restrizione ai sensi del Trattato non può dunque essere desunta dalla mera circostanza che gli avvocati stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana devono, per il calcolo dei loro onorari per prestazioni fornite in Italia, abituarsi alle norme applicabili in tale Stato membro.

Per contro, una restrizione del genere esiste, segnatamente, se detti avvocati sono privati della possibilità di penetrare nel mercato dello Stato membro ospitante in condizioni di concorrenza normali ed efficaci” (si v. sentenza C-565/08, Commissione/Italia).

Ebbene, nel caso in esame, il Collegio ritiene che la normativa nazionale non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea.

In primo luogo, si osserva che l’impostazione seguita dalla legge n. 49/2023 deriva dal dichiarato intento del legislatore italiano di preservare il professionista intellettuale nell’ambito dei rapporti con “contraenti forti”, inclusa la Pubblica Amministrazione.

Infatti, in ragione delle peculiarità del mercato e dei servizi in esame, tali rapporti contrattuali potrebbero concretizzarsi nell’offerta di prestazioni al ribasso, e, attraverso una selezione avversa, persino nell’eliminazione degli operatori che offrono prestazioni di qualità. Nel perseguimento di tale interesse di portata generale (già ritenuto dalla Corte di Giustizia UE idoneo a giustificare la previsione di “tariffe” minime, si v. sentenza C-377/17 Commissione c. Repubblica federale di Germania e Ungheria) la previsione dell’inderogabilità al ribasso della voce “compensi”, oltre a trovare applicazione omogenea nei confronti di ogni operatore economico, non appare in grado di ostacolare la partecipazione alle gare pubbliche.

Infatti, tale previsione si risolve nel riconoscimento, in favore dell’aggiudicatario, di un compenso equo, proporzionato alla prestazione intellettuale eseguita, e ipoteticamente anche in misura superiore a quello che avrebbe accettato qualora fosse stato ammissibile un ribasso sul proprio compenso.

Si tratta, pertanto, di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande o piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, come visto, sulle spese generali) e, ancor di più, sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. Ciò è idoneo a produrre, a giudizio del Collegio, anche effetti pro-concorrenziali in favore del piccolo operatore economico, che sarà incentivato a partecipare alle pubbliche gare nella consapevolezza che non si troverà più a competere sulla voce “compensi” con gli operatori di grandi dimensioni, che per loro stessa natura possono essere maggiormente in grado di formulare ribassi su tale voce, mantenendo comunque un margine di utile rilevante.

Pertanto, il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea. In particolare, si ricorda che, sin dalle direttive del 2014, il legislatore dell’UE ha voluto superare il criterio del minor prezzo quale strumento predominante di aggiudicazione delle pubbliche gare, favorendo il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che consente alla Stazione appaltante di strutturare l’aggiudicazione valorizzando la qualità dell’offerta tecnica, ma anche considerazioni ambientali, aspetti sociali o innovativi, pur tenendo conto del prezzo e dei costi.

Non si può pervenire ad un esito interpretativo difforme neanche alla luce della recente pronuncia della Corte di Giustizia (Causa C-438/22, sentenza del 25.1.2024) con cui è stato affermato che “L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE , in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui un giudice nazionale constati che un regolamento che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, reso obbligatorio da una normativa nazionale, è contrario a detto articolo 101, paragrafo 1, esso è tenuto a rifiutare di applicare tale normativa nazionale nei confronti della parte condannata a pagare le spese corrispondenti agli onorari d’avvocato, anche qualora tale parte non abbia sottoscritto alcun contratto di servizi d’avvocato e di onorari d’avvocato”. In tale fattispecie, infatti, gli importi minimi degli onorari degli avvocati, pur essendo stati recepiti dal legislatore nazionale, erano stati determinati dalla stessa associazione di categoria nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale, con una finalità, quindi, del tutto diversa dall’obiettivo perseguito dal legislatore italiano attraverso la novella in esame che, imponendo di preservare l’equo compenso di tutti i professionisti intellettuali nei rapporti con la P.a., nell’ambito delle procedure di gare, ove, evita l’offerta di prestazioni al ribasso e la possibile eliminazione, dalle pubbliche gare, degli operatori che offrono prestazioni maggiormente qualitative.

Tale interesse generale, peraltro, è stato perseguito mediante un intervento normativo proporzionato e ragionevole, in cui comunque si è lasciata la possibilità all’operatore economico di differenziarsi anche sotto il profilo economico a condizione di salvaguardare l’equo compenso.

In questa prospettiva, non si ravvisa alcun contrasto con l’art. 3 Cost. per come enunciato dalla Stazione appaltante. Né, tantomeno, appare fondata la questione di illegittimità costituzionale proposta in quanto dall’applicazione della legge n. 49/2023 deriverebbero maggiori oneri per la finanza pubblica, senza una adeguata previsione normativa.

Al riguardo, fermo restando che non sono stati forniti elementi precisi a sostegno della contestazione in esame, va, per contro, osservato un maggior onere per le finanze pubbliche potrebbe derivare non tanto dall’applicazione in sede di gara dalle previsioni della l. n. 49 del 2023 sul c.d. equo compenso, quanto dalla stipulazione di contratti nulli da parte delle Stazioni appaltanti, che abbiano operato in contrasto con la norma imperativa: d’altronde, non può ragionevolmente affermarsi che sia quest’ultima norma a dover stanziare le risorse economiche per far fronte alle possibili e indeterminate (sotto il profilo dell’an e del quantum) violazioni del suo contenuto.

Ne deriva, pertanto, che deve essere affermata la piena compatibilità tra la legge n. 49/2023, da applicare come finora esposto alla fattispecie sottoposta a questo Collegio, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE e gli artt. 3, 41, 81, 117 Cost.

5. È ora possibile applicare quanto precede alla fattispecie concreta sottoposta al vaglio di questo Collegio, ricordando che l’unica domanda da esaminare è quella formulata ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a. dal ricorrente, che ha dichiarato di avere interesse, a fini risarcitori, ad ottenere una pronuncia di accertamento dell’illegittimità dell’aggiudicazione in favore del Raggruppamento aggiudicatario.

Infatti, a tale riguardo, il ricorso, limitatamente alla domanda caducatoria formulata, deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento degli atti di gara, l’incarico di progettazione essendo già stato eseguito.

In primo luogo, come già esposto, la Stazione appaltante ha determinato, ai sensi del D.M. 17 giugno 2016, il corrispettivo da porre a base di gara, distinguendo i compensi da riconoscere all’aggiudicatario dalle spese e dagli oneri accessori; il compenso, determinato in tal modo, doveva essere ritenuto non ribassabile dall’operatore economico partecipante alla gara, trattandosi di “equo compenso” ai sensi della legge n. 49/2023, in ragione della piena coincidenza dei criteri di calcolo previsti dal D.M. 17 giugno 2016 e di quello adottato ai sensi dell'art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 per la liquidazione giudiziale dei compensi del professionista.

In tale quadro, nonostante la modulistica di gara prevista dalla Stazione appaltante, ciascun concorrente è stato posto in condizioni di formulare la propria offerta economica nella consapevolezza che il ribasso percentuale offerto, a seconda della sua entità, avrebbe potuto erodere i compensi equi stabiliti dall’Amministrazione. Qualora quest’ultima avesse compiuto la semplice verifica aritmetica esposta dal ricorrente, avrebbe potuto accertare agevolmente che l’offerta economica del Raggruppamento aggiudicatario era stata formulata in violazione della legge sull’equo compenso.

Infatti, la stessa Stazione appaltante, con riferimento al “Lotto n. 1 - P.O. San Donà di Piave” (Valore appalto € 1.107.850,00, art. 3.2 disciplinare) aveva stabilito l’importo di € 633.920,00 per la progettazione definitiva e € 473.930,00 per la progettazione esecutiva; nel totale del lotto il compenso per l’attività di progettazione era pari a € 969.451,31 (€ 554.730,58 + 414.720,73) mentre le spese e gli oneri ammontavano complessivamente a € 138.389,17. Con riferimento, invece, al Lotto n. 2 P. O. Portogruaro (Valore Appalto € 1.099.470,00, art. 3.2 disciplinare), la lex specialis aveva stabilito l’importo di € 629.280,00 per la progettazione definitiva e di € 470.190,00 per la progettazione esecutiva; nel totale il compenso per l’attività di progettazione era pari a € 960.965,31 (550.006,44 + 410.958,87), mentre le spese e gli oneri ammontano a € 138.499,12, pari al 14,41%.

Il Raggruppamento aggiudicatario ha offerto, con riferimento al Lotto n. 1, un ribasso del 40.500 %, con la conseguenza che l’importo complessivo offerto (pari ad euro 659.170,75, comprensivi anche delle spese generali e degli oneri accessori) era evidentemente inferiore alla sola voce dei compensi determinata dall’Amministrazione nella misura di € 960.965,31; con riferimento al Lotto n. 2, lo stesso Raggruppamento ha offerto un ribasso sempre del 40.500 %, con la conseguenza che l’importo complessivo offerto (pari ad euro 654.184,65, comprensivo anche delle spese generali e degli oneri accessori) era evidentemente inferiore alla sola voce dei compensi determinata dall’Amministrazione nella misura di € 960.965,31.

Tale palese violazione della legge sull’equo compenso è resa ulteriormente evidente dalle giustificazioni fornite dall’aggiudicatario nel sub procedimento di controllo dell’anomalia dell’offerta. Infatti, il Raggruppamento Manens ha dichiarato, per il Lotto 1, una incidenza delle spese generali pari a 165.243,02 € (corrispondenti al 25,07% dell’importo di offerta e di importo superiore a quello stimato dalla Stazione appaltante) e di costo del personale pari ad euro 400.768,84 (ampiamente inferiore ai compensi previsti dalla disciplina di gara); per il Lotto 2, una incidenza delle spese generali pari a 163.993,09 € (pari al 25,07% dell’importo di offerta e ampiamente superiori a quelle stimate dalla Stazione appaltante) e del costo del personale pari ad euro 400.768,84 (anche in questo caso ampiamente inferiore ai compensi previsti dalla disciplina di gara).

Al contrario, il ricorrente ha formulato la propria offerta economica praticando un ribasso del 3,8888% sull’importo a base di gara e offrendo la somma complessiva di € 1.064.767,04 per il Lotto 1 e di € 1.056.713,81 per il Lotto 2. In entrambi i casi, si tratta di un importo superiore a quello determinato dall’Amministrazione come “compensi”, con la conseguenza che si trattava di una offerta in grado di salvaguardare comunque l’equo compenso.

Su tale aspetto, il Collegio ritiene necessario chiarire ulteriormente che il calcolo effettuato non costituisce uno strumento con cui consentire la modifica dell’offerta economica successivamente alla gara, che era stata formulata da tutti gli operatori con un ribasso unitario su tutte le voci del corrispettivo, non essendo consentita dalla modulistica di gara una diversa specificazione; al contrario, il Collegio ha inteso evidenziare l’unica modalità con la quale l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare le offerte economiche dei concorrenti applicando la legge n. 49/2023, provvedendo a imputare il ribasso offerto alle uniche voci, essenzialmente accessorie, che potevano essere effettivamente suscettibili di una offerta al ribasso da parte dei partecipanti alla gara.

Da quanto esposto, deriva che l’aggiudicazione e gli atti di gara impugnati sono illegittimi, nei limiti sopraindicati, nella parte in cui la Stazione appaltante, in ragione della proposizione di una offerta economica formulata in violazione della legge n. 49/2023, non ha escluso dalla procedura il raggruppamento controinteressato e ha aggiudicato allo stesso l’appalto in oggetto.

3. Conclusioni e spese.

Alla luce di tutto quanto precede, pertanto, il ricorso, da un lato, deve essere dichiarato parzialmente improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, con riguardo sia alla domanda di annullamento degli atti di gara, sia alla domanda di “risarcimento in forma specifica volta a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto e conseguente sottoscrizione del contratto”; dall’altro lato, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., deve essere parzialmente accolto, e, per l’effetto, deve essere accertata l’illegittimità, nei limiti sopraindicati, dell’aggiudicazione e degli atti di gara impugnati nella parte in cui la Stazione appaltante, in ragione della proposizione di una offerta economica formulata in violazione della legge n. 49/2023, non ha escluso dalla procedura il raggruppamento controinteressato e ha aggiudicato allo stesso l’appalto in oggetto.

Le spese di lite devono essere compensate tra le parti in ragione dell’assoluta novità della questione trattata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1. lo dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, limitatamente alla domanda di annullamento degli atti di gara, e alla domanda di “risarcimento in forma specifica volta a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto e conseguente sottoscrizione del contratto”;

2. lo accoglie limitatamente a quanto previsto dall’art. 34, comma 3, c.p.a. e, per l’effetto, accerta, nei limiti e per le ragioni indicate in parte motiva, l’illegittimità della deliberazione del Direttore Generale n. 1011 del 31.10.2023 della Azienda Unità Locale Socio sanitaria n. 4 “Veneto Orientale” di aggiudicazione della procedura di gara in favore del RTP Manens e degli atti di gara impugnati nella parte in cui la Stazione appaltante, in ragione della proposizione di una offerta economica formulata in violazione della legge n. 49/2023, non ha escluso dalla procedura il raggruppamento controinteressato e ha aggiudicato allo stesso l’appalto in oggetto .

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

 

Paolo Nasini, Presidente FF

Massimo Zampicinini, Referendario

Andrea Gana, Referendario, Estensore

 

Guida alla lettura

Con sentenza n. 632 del 3 aprile 2024, il TAR Veneto si è pronunciato sulla portata applicativa della legge n. 49/2023, ossia della legge sul c.d. equo compenso, anche alla materia dei contratti pubblici.

La pronuncia prende le mosse dal ricorso proposto da un raggruppamento di società di ingegneria avverso il provvedimento di aggiudicazione di una gara per progettazione definitiva ed esecutiva in favore di altra società di progettazione che aveva offerto un ribasso considerevole sull’importo a base di gara determinato dall’amministrazione sulla scorta dei parametri stabiliti dal d.m. del 17.06.2016.

Secondo la stazione appaltante sussisterebbe un’antinomia tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici, sulla scorta anche della posizione dell’ANAC che aveva evidenziato dubbi circa l’applicabilità della legge sull’equo compenso alle gare pubbliche.

In particolare, l’ANAC, con la delibera n. 101 del 2024, resa peraltro su richiesta di parere di precontenzioso dallo stesso operatore economico che ha proposto il ricorso oggetto della sentenza in commento, aveva affermato che “principi di certezza del diritto, legittimo affidamento e dell’autovincolo impediscono che nel caso di specie possa operare l’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa disporsi l’esclusione dei concorrenti che precedono l’istante nelle graduatorie dei lotti 1 e 3 per aver formulato un ribasso incompatibile con la L. 49/2023”.

In merito, il TAR ha invece ritenuto che l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici; diversamente opinando l’intervento normativo in questione risulterebbe privo di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale qualora il legislatore avesse inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione, posto che questo mercato, come risulta dai dati statistici forniti da ANAC, nel 2021 ha avuto un valore di circa 70 miliardi di euro.

Secondo il TAR, poi, a questa tipologia di gara è comunque applicabile, anche tenendo conto dell’entrata in vigore della legge n. 49/2023, il criterio dell’aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità prezzo, posto che il compenso del professionista è soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”.

Ne consegue che su tali ultimi elementi del “prezzo” è possibile per gli operatori economici praticare uno sconto, fermo restando il dovere dell’amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto, potranno apparire in buona sostanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge sul c.d. equo compenso, sarebbe stato offerto sui compensi.

Ritiene ancora il Collegio che la normativa sull’equo compenso abbia un carattere imperativo, in quanto tesa a tutelare il professionista garantendo un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, con la conseguenza che essa ha il potere di eterointegrare la lex specialis eventualmente lacunosa sul punto.

Da ultimo, il Collegio affronta il tema della compatibilità della legge n. 49/2023 con il diritto comunitario anche alla luce della recente pronuncia della Corte di Giustizia (Causa C-438/22, sentenza del 25.1.2024) che, con riferimento ad un regolamento adottato dall’associazione di categoria degli avvocati bulgari, aveva ritenuto in contrasto con l’art. 101, paragrafo 1, TFUE la disposizione che fissava gli importi minimi degli onorari degli avvocati.

Al riguardo, i Giudici hanno ritenuto che “In tale fattispecie, …, gli importi minimi degli onorari degli avvocati, pur essendo stati recepiti dal legislatore nazionale, erano stati determinati dalla stessa associazione di categoria nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale, con una finalità, quindi, del tutto diversa dall’obiettivo perseguito dal legislatore italiano attraverso la novella in esame che, imponendo di preservare l’equo compenso di tutti i professionisti intellettuali nei rapporti con la P.a., nell’ambito delle procedure di gare, ove, evita l’offerta di prestazioni al ribasso e la possibile eliminazione, dalle pubbliche gare, degli operatori che offrono prestazioni maggiormente qualitative.

Tale interesse generale, peraltro, è stato perseguito mediante un intervento normativo proporzionato e ragionevole, in cui comunque si è lasciata la possibilità all’operatore economico di differenziarsi anche sotto il profilo economico a condizione di salvaguardare l’equo compenso.

            L’impostazione e i contenuti della decisione in commento sono stati confermati anche dal TAR Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. 8580 del 30 aprile 2024.

            In ragione delle prime applicazioni pretorie, dunque, gli affidamenti di incarichi ai professionisti devono essere disposti nel rispetto della legge sul c.d. equo compenso, che, peraltro, non si pone in contrasto con le gare da affidare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa basata sul miglior rapporto qualità/prezzo, considerato che nella parte economica possono essere valorizzati elementi che non incidono sulla voce dell’onorario in senso stretto.